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IL CINEMA DEI GIUSTI - ARRIVA “ALBERTO IL GRANDE”, TRIBUTO DI VERDONE A SORDI NEL DECENNALE DELLA MORTE

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Alberto il grande di Carlo e Luca Verdone.

verdone X SORDI sordi verdone

"Che mangiava la domenica a pranzo?", chiede Carlo Verdone a Pierina, la cuoca di Alberto Sordi. "La pasta al sugo. E come secondo le polpette. Le metteva dentro, assieme alla pasta. Se con c'era il sugo non la considerava pasta". E Verdone annuisce. "Giusto". Solo questa magistrale scena del documentario di Luca e Carlo Verdone, "Alberto il grande", presentato a Roma in questi giorni per il decennale della scomparsa dell'attore, vale da sola molto del cinema che vediamo oggi in sala.

Ci ricorda una delle scene chiave del suo ultimo, terribile film, "Incontri proibiti", quello con Valeria Marini,dove mangia appunto da solo a casa un piatto di pasta al sugo e di fronte a un piatto mezzo vuoto ordina al cameriere "E metti!". Adesso abbiamo capito...

casa sordi C foto image

E mettiamoci anche l'intervista a Emy De Sica, che spiega la buffa gag nascosta nel capolavoro di Luigi Zampa, "Il vigile", con Sordi che per fare uscire Vittorio De Sica lo prende per una mano e quello, come faceva nella realtà, gli dà una botta con l'altra mano, o l'intervista al pugile Franco Venditti detto "Raspone", che racconta il rapporto tra Sordi e il grande caratterista romano Giovanni Baghino, poco considerato dalle produzioni, anche perché comunista, anche se Raspone non lo dice questo, con Sordi che lo impone proprio sul set.

casa sordi images

O il mai visto making di Luca Verdone sul set di "In viaggio con papà", con Carlo e Albertone che scherzano come padre e figlio. Anche lì la mente vola a una "Domenica In" dove i due irrompono nello studio del programma a Via Teulada e si comportano davvero come padre e figlio. Molto più di un extra. Molti critici non avevano mai visto Sordi truccato per il provino per il "Casanova" di Federico Fellini che scherza con il suo vecchio regista facendo un Casanova sordizzato.

casa sordi casa

E' un vecchio meraviglioso programma dove Fellini veste da Casanova non solo Sordi, ma anche Alain Cuny, Marcello Mastroianni e, soprattutto, Vittorio Gassman, che era il migliore dei quattro. Poi scelse, per dovere di produzione ma forse anche per controllarlo meglio (come facevi a controllare Sordi o Gassman?), Donald Sutherland. Per poi piangere che il migliore, l'unico Casanova possibile non era certo Sutherland ma il suo stesso maestro, Roberto Rossellini...

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Ma le perle di "Alberto il grande" sono in realtà le grandi entrate di Carlo Verdone negli spazi sordiani, l'incredibile barberia della sua villa dove l'attore si truccava e il folle teatrino con cinema che si era costruito nei primi anni '60, quando "erano altri tempi", come dice Verdone. In verità la bellezza del documentario sta un po' non tanto nella rarità del materiale, quanto su quello che Carlo Verdone riesce a trasmettere a contatto col mondo sordiano.

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Ne viene qualcosa di tenero, affettuoso, totalmente romano che poco ha a che vedere con un documentario e molto con la vita. Solo Verdone poteva raccontarci una cosa simile. Per inciso ricordo due storie come extra. Biennale di Venezia di un paio d'anni fa. Avevo invitato Verdone a raccontare proprio Alberto Sordi presentando "Lo scapolo" di Antonio Pietrangeli in Sala Volpi. Verdone parla per un po' quando viene quasi interrotto da uno stizzito Michel Ciment, decano dei critici francesi, che voleva vedere il film.

Alberto Sordi la sua casa mostrata da Carlo Verdone

"Ma chi è sto stronzo?", è la giusta domanda che si fece Verdone. Ripresi come due scolaretti, davanti alla faccia offesa e stizzita di Ciment, non ce la sentimmo però, di andare molto oltre. Un'altra riguarda il vecchio Alvaro Mancori, oggi scomparso, che per tanti anni fece il direttore della fotografia dei film di Alberto Sordi. In un incontro pubblico a Roma, da moderatore feci la prima domanda a Mancori, la più semplice, cioè come andò sul set del suo primo film. Partì una storia incredibile, che andava sicuramente filmata, di come il suo primo film, "La signorina"di Ladislao Kish, uscito nel 1941, fosse anche uno dei primi film di Alberto Sordi.

Alberto Sordi la sua casa mostrata da Carlo Verdone

Un titolo che non viene mai inserito nelle filmografie sordiane girato prima della guerra a Roma, e molto raro. La storia però, era talmente dettagliata, e Mancori andava così in profondità nel ricordo, che portò via oltre un'ora e non accennava ancora a finire, ma che molto spiegava del carattere di Sordi giovane, che aveva ottenuto il ruolo dicendo di saper andare a cavallo e che al momento di girare si ritrovò su un cavallo imbizzarrito e bastardo che partì all'impazzata sul set seminando il panico. Ecco, il ricordo di Mancori e la faccia di Ciment bene ci sarebbero stati nel bel documentario dei fratelli Verdone su "Alberto il grande".

 

 


MESSI ALLA DIAVOLA O MESSI IN PIEGA? – A SAN SIRO SBARCANO I MARZIANI DEL BARCELLONA E IL BERLUSCA CHIEDE AIUTO AL CIELO

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1 - FERMI TUTTI, ARRIVANO I MARZIANI È LA NOTTE DI MILAN-BARCELLONA
Roberto Beccantini per il "Fatto Quotidiano"

Lionel Messi

Che vadano tutti al Diavolo, ma sì. Questa sera, Milan-Barcellona per l'andata degli ottavi di Champions League. Domenica, Inter-Milan per il terzo posto in campionato. L'Europa sbircia curiosa il nostro pollaio. Anche stavolta ha preteso fior di pedaggi: Juventus ko a Roma, Napoli bloccato in casa dalla Sampdoria, Inter e Lazio spazzolate a Firenze e Siena.

Il Barcellona ha la Spagna in tasca ed è, oggi, la meglio squadra al mondo. Recupera Xavi; da Guardiola a Vilanova, via Roura, non è cambiato nulla. Pregiata sartoria Messi: palla corta e ricamare. In Catalogna si continua a produrre un signor calcio, il cui limite è la noia, non certo la nausea. Il Milan, mai così lontano sul piano tecnico, non avrà Balotelli, dura lex sed lex, ha perso Flamini e Nocerino, infortunati, e si aggrappa a El Shaarawy, un anno fa riserva di Ibrahimovic.

Messi Lionel

Berlusconi si è corretto: non più tre punte, ma due (Pazzini, El Shaarawy), e Messi marcato a uomo. Da chi, di grazia? Corsi e ricorsi. Era il 2000, la Francia ci aveva appena soffiato la corona europea e il Cavaliere si scagliò contro Zoff, reo di aver trascurato Zidane. Il Ct, piccato , si dimise. Allegri, tiene duro: auguri. Più che un segno del padrone, urge un altro segno del destino, come l'autogol di Paletta.

Nei quarti dell'ultima edizione, finì 0-0 a San Siro e 3-1 per il Barça al Camp Nou, con due rigori di Messi. C'erano Nesta, Seedorf e Ibra: come non detto. La sfida è segnata più di quanto non lo sia il derby, ordalia che girerà attorno a chi c'è (Balotelli), chi non c'è (Milito) e chi non c'è più (l'Inter). Il Milan naviga a undici punti dalla vetta: i gol del "Mario giusto" hanno compensato il calo fisiologico del faraone e gli episodi, generosi, hanno gonfiato le vele.

ALLEGRI

Favorita resta la Juventus, anche se all'Olimpico "non ha giocato di squadra" (Conte dixit). Non aveva mai vinto, la Roma, nel 2013. Andreazzoli appartiene alla tribù degli allenatori "normali", né maghi né pirla. Ha lasciato sfogare i campioni e poi, fiutato il vento, ha cominciato a stuzzicarli. Fino al missile di Totti, prossimo ad agganciare Nordahl, 224 reti il pupone, 225 il pompierone. La stanchezza juventina coinvolge più la testa che le gambe. In assenza di fuoriclasse, il pilota automatico non basta a governare le turbolenze: o tutti danno tutto o il rendimento flette.

BERLUSCONI MILAN

Qual è, viceversa, il problema del Napoli? Semplice: al netto delle zolle infami e delle risse infantili attorno al calendario - Conte: è peggiore il mio; Mazzarri: senti chi parla - se non segna Cavani, sono dolori.

Il Napoli era sgonfio. Avrebbe potuto avvicinarsi, si è piantato. Domenica, Juventus-Siena. Lunedì, Udinese-Napoli. E poi, venerdì 1° marzo, Napoli-Juventus. Scrigno o polveriera, lo sapremo scuotendo il San Paolo. Una cosa è pacifica: non sarà decisiva. Per la cronaca, e per la storia, la Juventus ha già collezionato quattro sconfitte. Da quando la vittoria vale tre punti (stagione 1994-'95), soltanto in un caso la squadra campione ne ha incassate di più, sette: la prima Juventus di Lippi.

La politica del doppio binario logora, Champions ed Europa League (domani, i ritorni dei sedicesimi) potrebbero sabotare le gerarchie. A Glasgow, dopo aver liquidato il Celtic, Conte ha prenotato i quarti: la stampella più solida rimane, in chiave domestica, l'andatura zoppicante della concorrenza. Della nostra flotta, rischiano di uscire il Milan, per eccesso di avversario, e il Napoli, per difetto di stimoli, demoliti dallo 0-3 casalingo con il Viktoria Plzen.

TITO VILANOVA CON PEP GUARDIOLA

L'Inter difenderà in Romania il 2-0 strappato al Cluj, la Lazio parte da un 3-3 che, se gestito bene, la porterà oltre il Borussia Moenchengladbach. Volata scudetto (Juventus 55, Napoli 51) e zuffa per il terzo posto (Milan e Lazio 44, Inter 43, Fiorentina 42) non potranno non risentire degli scossoni europei, come documentano gli alti e bassi di Inter e Lazio: leoni in coppa, fantasmi in Toscana. Difese a pezzi, defezioni cruciali (Milito, Klose). Se ridotto all'osso, il turnover non paga. Messi e Cristiano Ronaldo non abitano qui. Dobbiamo arrangiarci.

2 - TUTTI CONTRO MESSI
Alberto Costa per il "Corriere della Sera"

Alla fine è stato proprio Silvio Berlusconi a fotografare nella maniera più realistica il senso di questa sfida tra Milan e Barcellona, la quinta negli ultimi 17 mesi: «Sarà difficile essere padroni del campo e del gioco ma ce la metteremo tutta. Nel calcio anche i miracoli sono di casa». E se Massimiliano Allegri, appellandosi all'orgoglio, rifiuta il ruolo di vittima sacrificale assegnato dai bookmaker alla sua squadra (la Snai quota infatti 5,50 il successo milanista, 4,25 il pareggio e soltanto 1,55 la vittoria del Barça), è evidente come l'ambiente rossonero nella sua interezza si renda conto delle asperità disseminate lungo la strada che porta ai quarti della Champions League.

berlu con la figlia e galliani allo stadio hsGetImage

Il calcio è uno sport che, nella sostanza, consente a tutti di sognare. Non esiste infatti una squadra invulnerabile, anche se il Barcellona è piu difficilmente battibile delle altre. Per questo è giusto che gli Allegri's guardino al futuro prossimo con un pizzico di speranza, fasciarsi la testa prima di essersela rotta non avrebbe senso.

Forse è per farsi coraggio che Adriano Galliani ricorda come il Milan abbia «più storia e più Coppe» dei catalani, il che è ovviamente inconfutabile ma, giusto per approfondire il concetto, stasera quanti saranno i veterani che hanno scritto la storia rossonera più recente, diciamo quelli dell'epopea ancelottiana?

STEPHAN EL SHAARAWY

Soltanto due: Abbiati e Ambrosini. E del resto se lo scorso anno un Milan più competitivo di quello attuale si è dovuto arrendere al Barça nei quarti di finale (0-0 a San Siro, 3-1 al Camp Nou), perché oggi, in presenza di una squadra rivoluzionata e ringiovanita, certamente imperfetta, le prospettive dovrebbero essere migliori? Non è quindi facile la scelta di campo che attende Allegri stasera.

Come si può limitare la forza del Barcellona e, in particolare, di Leo Messi, la reincarnazione maradoniana del terzo millennio? Innanzitutto presentando una squadra corta, con i reparti ravvicinati, monolitica. Una squadra che abbia capacità di corsa: polmoni a pieno regime perché il pressing sarà una delle armi fondamentali nella lotta al palleggio ospite. Il rischio, ovviamente, è quello di finire fuori giri ma contro i marziani chi non rischia è battuto in partenza.

La scelta strategicamente più importante sarà invece quella relativa alla zona di campo in cui opporsi ai catalani visto che decidere di seguirli ovunque potrebbe risultare suicida. Cercare di soffocar- ne la manovra corale alla fonte presupporrebbe un pressing molto alto con il rischio, vista l'abilità dei singoli nell'uno contro uno e nelle triangolazioni, di ritrovarsi scoperti, con tutto il fronte difensivo alla mercé di Messi, che ama tagliare dall'esterno al centro, e dei suoi scatenati fratelli.

Con Nesta e Thiago Silva si sarebbe potuto osare, con Zapata e Mexès meglio farsi il segno della croce. D'altro canto una tattica attendi- sta, con la squadra schiacciata nei pressi della propria area, potrebbe risultare un invito a nozze per gli istinti sanguinari di Pedro, Messi e Iniesta. Più probabile, pertanto, che Allegri punti a una virile opposizione in una zona media del campo, pressing più che sul portatore di palla sui possibili destinatari del passaggio allo scopo di inaridire drasticamente le soluzioni di gioco, e poi contropiede.

E in questa ottica diventa fondamentale la scelta tra Pazzini (attaccante stanziale) e Niang, ancora acerbo ma di certo più incline ai rapidi rovesciamenti di fronte. Con il ragazzino francese, con Boateng ed El Shaarawy quello milanista diverrebbe un fronte offensivo mobile, capace di negare punti di riferimento alla macchinosa retroguardia azulgrana. Una cosa invece è certamente sconsigliabile anche se l'ha ordinato il presidente: la marcatura a uomo su Messi. Perché, come sottolinea Rino Gattuso, cuore rossonero palpitante in Svizzera, «dopo mezz'ora c'è il rischio di rimanere in dieci».

 

 

VIDEO-CAFONALINO - I SUPEREROI INVADONO ROMA, O ALMENO LA GALLERIA CA’ D’ORO

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Video di Veronica Del Soldà per Dagospia

 

I SUPEREROI INVADONO ROMA


Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia

 

Roberta Petronio per "Il Messaggero"

Opere esposte Opere esposte

Invasione di pop art e fumetti da oltreoceano. Première italiana in pieno quartiere Parioli per Leonardo Hidalgo, artista scelto la scorsa estate dal sindaco di Miami per celebrare il compleanno numero 116 della città. La storica galleria Ca' d'Oro di piazza di Spagna, da qualche tempo con doppia sede Roma-Miami, ha svelato l'altra sera in un garage chic sulla direttrice per piazza delle Muse le opere spettacolari dell'artista ecuadoriano appassionato di supereroi e di super icone del cinema, come Marilyn e Sofia Loren.

I dipinti, primo ghiotto assaggio di una mostra che verrà ospitata presto a Palazzo Torlonia, sono stati presentati ad un parterre entusiasta dai curatori dell'evento Gloria Porcella e Lamberto Petrecca, insieme con Pierluigi Mauro Boccanelli. Anche l'aperitivo ha il sapore dei cartoon: vassoi avvolgenti, finger food attraente e divise di plexiglas nero per le bar-women.

Foto ricordo

Arrivano in tanti: Stefano e Marco Pulsoni, il neo presidente della Fondazione Bioparco Federico Coccia con la moglie Alba, l'imprenditrice Barbara Ricci, Flavia Vento, le creatrici di bijoux Christiane e Gaia Mercieca, Bruno Limentani, le artiste Monica Casali e Flavia Mantovan, le sorelle Francesca e Cristina Porcella con il papà gallerista Tony Porcella.

Benedetta dj

 

 

MACELLATE IN ROMANIA,TONNELLATE DI CARNE EQUINA SONO “DIVENTATE” MANZO IN FRANCIA…

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Ettore Livini e Fabio Tonacci per "la Repubblica"

carne equina lasagne findus

Come fa un pezzo di carne di cavallo macellato in Romania a diventare manzo in Francia, passando tra intermediari olandesi e ciprioti, per finire in lasagne congelate prodotte in Lussemburgo per conto della svedese Findus? Quella della carne bovina è, tra le filiere alimentari, la più controllata e la più tracciata in Europa. Di ogni partita circolante si conosce tutto: dove è nato l'animale, dove è stato allevato e macellato, gli eventuali trattamenti sanitari che ha subito.

Eppure i fatti recenti raccontano che il sistema ha delle debolezze. Non vere e proprie falle, ma passaggi intermedi nei quali la prevenzione dalle frodi è assicurata da forme di autocontrollo delle aziende. E qui, chi vuol fare il furbo ha margini di manovra. Al macello ci sono i veterinari che controllano (ante mortem e post mortem) la salubrità delle carni dell'animale: se è idoneo al consumo umano viene apposta la bollatura, il primo anello della tracciabilità. In Italia a sovrintendere tutta questa operazione ci sono i veterinari delle Asl. Alcuni paesi invece si affidano a personale ausiliario non laureato in medicina.

LASAGNE CARNE EQUINA

La Francia utilizza un decimo dei veterinari impiegati nei controlli in Italia. Eppure Oltralpe si produce molta più carne. «Tutti gli animali - spiega Francois Tomei, direttore di Assocarni - sono tracciabili, ma solo per i bovini esiste il passaporto, introdotto dopo il caso mucca pazza, ed è obbligatoria l'indicazione della provenienza sull'etichetta. Il sistema si basa anche sulla fiducia in chi maneggia bolle e documenti». A questo punto la carne è pronta per il mercato europeo, ogni partita con il suo certificato che ne attesta la tipologia e l'esatta provenienza.

LASAGNE FINDUS CON CARNE DI CAVALLO

«È così per tutti gli alimenti - assicura Paola Testori, direttore generale Salute e consumatori della Commissione europea - la tracciabilità totale esiste dal 2000». Vuol dire che in ogni punto della filiera, tra intermediari e distributori, si può risalire a chi ha prodotto gli ingredienti di ciò che finisce in tavola. Ma chi deve farli questi controlli? In prima battuta, sono gli stessi produttori. Certo, ogni stato decide quante indagini a campione fare nelle aziende e negli stabilimenti, e ci sono sempre i controlli alle dogane. Inevitabilmente, però, le maglie si allargano.

I TAGLI DELLA CARNE DI CAVALLO

«Nel caso delle lasagne - spiega ancora Paola Testori - le indagini sembrano dimostrare che è stata l'azienda agroalimentare Spanghero in Francia, registrata nell'albo del ministero della Salute francese, ad aver certificato una cosa per un'altra. Parliamo comunque di una ventina di tonnellate di carne di cavallo, che sul totale delle 110 mila consumate in Europa ogni anno è poca cosa. Il sistema è sano e vigilato». Ma le frodi esistono. Ogni settimana la Commissione riceve in media dalle varie autorità nazionali 50 rapid alert, segnalazioni di ritiro dal mercato di merci alimentari perché contenenti tossine o perché con etichetta contraffatta.

INDUSTRIA ALIMENTARE CARNE

«Anche il distributore svolge una serie di audit sulle attività del fornitore », precisa Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione. C'è poi la normativa europea, in evoluzione e perfettibile. Dal 2013 sarà obbligatoria l'indicazione dell'origine sull'etichetta anche per le carni suine, ovine e per il pollame, ma non per la carne di cavallo. È obbligatoria per frutta e verdura, ma non per la salsa di pomodoro, così ci ritroviamo a mangiare vegetali cinesi senza saperlo. E lo stesso accade per le carni quando sono ingredienti di prodotti complessi. Ma il punto dolente rimangono i controlli.

CARNE DI CAVALLO

«Ci sono paesi come la Germania - sostiene Dario Dongo, avvocato e cofondatore del portale Il fatto alimentare - in cui ci sono state in un anno tre crisi di sicurezza: il bacillus cereus nelle mozzarelle, le diossine nei mangimi e l'Escherichia coli nei germogli. Ci vorrebbe un regime di sorveglianza speciale per gli Stati che hanno rivelato gravi falle nei propri sistemi di controllo».

 

I FAN VENETI DI “FRATELLI D’ITALIA” SCODELLANO LA VIDEO-PARODIA DELLA COPPIA GAY VISTA A SANREMO

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1 - FRATELLI D'ITALIA VENETO - SPOT
http://video.corriere.it/fratelli-d-italia-veneto-spot-omofobo/3e9bfb20-7b50-11e2-ba69-3fd719869bcf

2 - SPOT OMOFOBO DI FRATELLI D'ITALIA, MELONI SI DISSOCIA: "INIZIATIVA VOLGARE, CHIEDO SCUSA"
Repubblica.it

FRATELLI DITALIA NON VOTARE CON IL CULO

"A nome di Fratelli d'Italia chiedo scusa per il video-parodia, di pessimo gusto, realizzato in maniera autonoma da alcuni esponenti padovani". Giorgia Meloni, fondatore di Fratelli d'Italia, si è dissociata. L'ha fatto poco dopo l'apparizione del video su Youtube postato da Raffaele Zanon e Alberto Pedrina, due candidati alle politiche in Veneto.

FRATELLI DITALIA VIDEO PARODIA NON VOTARE CON IL CULO

Lo spot rivede il video della coppia omosessuale Stefano e Federico, poi riproposto a Sanremo. I due candidati del Veneto seduti, col simbolo dietro, e i cartelli in mano. La stessa musica, ma per un messaggio privo di qualsiasi poesia e buon gusto. Che si conclude con i fogli: "Domenica e lunedì vota con la testa, con il cuore". E poi "Non votare con il culo".

IL VIDEO-SPOT - L'ORIGINALE
I due candidati chiudono il video con un ultimo sorrisino e un ulteriore cartello: "Noi amiamo le donne, soprattutto Giorgia Meloni". Che invece ne avrebbe fatto a meno: "Solidarizzo con le persone e le associazioni che si sono sentite offese. Ho chiesto agli autori di rimuovere immediatamente il video dalla rete e di chiedere a loro volta scusa", ha dichiarato.

FRATELLI DITALIA VIDEO PARODIA NON VOTARE CON IL CULO

"Il tema dei diritti per gli omosessuali è delicato, anche a causa delle inaccettabili discriminazioni perpetrate a loro danno nei secoli. Ribadiamo la nostra ferma condanna dunque per ogni specie di omofobia. Iniziative così volgari e superficiali non appartengono alla cultura e al modo di fare politica con cui vogliamo caratterizzare Fratelli d'Italia".

FRATELLI DITALIA VIDEO PARODIA NON VOTARE CON IL CULO

Come Meloni anche Guido Crosetto, candidato al Senato per Fratelli d'Italia, ha chiesto scusa: "Tutte le persone vanno rispettate, io non tollero chi non rispetta gli avversari politici e chi manca di rispetto a tutti gli esseri umani, qualunque sia il loro orientamento sessuale o politico", ha detto.

"Chiedo scusa a tutte le persone che si sono sentite offese e irritate da quel video, che abbiamo fatto rimuovere", ha precisato Crosetto raccontando che avrebbe voluto chiamare direttamente i due candidati veneti. "Non avevo il numero, così ho chiamato Giorgia Meloni, che mi ha risposto, urlando e dicendomi che ci aveva già parlato lei dicendogli tutto quel che andava detto...".

FRATELLI DITALIA VIDEO PARODIA NON VOTARE CON IL CULO

Il video ha suscitato una condivisa irritazione immediata. "Più che offeso, mi sento imbarazzato. L'esibizione dell'ignoranza dovrebbe far riflettere gli esibizionisti, perché nuoce gravemente alla loro immagine e alla loro credibilità. Poveracci. Bisognerà organizzare dei corsi di recupero per gli intolleranti del tempo nostro", ha detto Nichi Vendola.

FRATELLI DITALIA VIDEO PARODIA NON VOTARE CON IL CULO

"Dopo aver visto il video di Fratelli d'Italia, in cui si invita testualmente a 'non votare con il c...', mi chiedo come possa ancora esserci nel 2013 una forza politica così ossessionata dalle coppie omosessuali. Un partito che nasce per distaccarsi dal Pdl e che invece ne ripercorre gli istinti più retrivi e volgari: sono a dir poco disgustata", ha dichiarato Anna Paola Concia, candidata al Senato in Abruzzo per il Partito Democratico. "Se questo è il livello del contributo che vuole portare il partitino di La Russa nella prossima legislatura, mi auguro che rimarrà fuori dal Parlamento".

FRATELLI DITALIA VIDEO PARODIA NON VOTARE CON IL CULO

"Siamo all'omofobia elettorale. Lo spot non solo è di cattivo gusto, ma è chiaramente offensivo verso i gay" ha dichiarato Fabrizio Marrazzo, portavoce di Gay Center. "E' questa è la linea politica e di comunicazione che Fratelli d'Italia vuole adottare nei confronti degli omosessuali? L'omofobia è una brutta malattia, farla entrare in Parlamento è ancora peggio", ha concluso.

 

INCUBO DIGITALE - IL PIANO DI GUBITOSI SI IMPANTANA NEI 14 CANALI: SONO TROPPI, SI FANNO CONCORRENZA

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DAGOREPORT

LUIGI GUBITOSI

Quattordici canali digitali per la Rai sono troppi. Manca un progetto editoriale. Non c'e una strategia unitaria ne' in termini di target ne'di offerta. E' su questo punto che si e' impantanato il piano industriale di Luigi Gubitosi, che continua a prendere tempo e rinvia tutto a dopo le elezioni politiche. Gli advisor della Mc Kinsey , stressati a più riprese dal direttore generale, non sanno più che pesci prendere ma sono consapevoli che il momento della verità si avvicina.

viale mazzini

La Rai e' l'azienda che nel digitale ha investito di più ma non riesce a rendere redditizi i suoi canali. Eppure, facendo zapping tra le reti, a voler tagliare ci sarebbe solo l'imbarazzo della scelta: due canali per bambini, due sportivi, una programmazione d'archivio, come Rai storia, che ha una rete tutta sua ma che dovrebbe invece alimentare altri palinsesti. E un canale come Rai Scuola, che fa lo zero per cento di share ma che viene indicato dal dg e dalla presidente Tarantola come un modello televisivo da seguire.

Gubitosi dice di voler rivoluzionare la Rai ma sconta la mancanza di esperienza nel settore radiotelevisivo e di fatto continua ad applicare le logiche della vecchia tv lineare monopiattaforma ad uno scenario in continua evoluzione. La digitalizzazione del Tg2 sembra più un'operazione di facciata. Di fatto, sul piano del prodotto, per il telespettatore non e' finora cambiato nulla. Molto, invece, e' cambiato per la redazione con enormi difficoltà per grafici, archivio immagini e un' organizzazione del lavoro obsoleta.

Giuliano Amato

Rai Net doveva essere il volano del cambiamento , nel segno della multimedialita' ma viaggia con il motore grippato. Nonostante le assicurazioni del direttore generale, il personale promesso non e' mai arrivato, gli investimenti si sono persi per la strada e la macchina produttiva e' schiacciata dalle richieste di tutta l'azienda, che restano a muffire nei cassetti.

ANNA MARIA TARANTOLA DAVANTI AL CAVALLO DI VIALE MAZZINI

Sul totale dell'offerta web, per numero di pagine visitate , la Rai vale un sesto di Mediaset ma evidentemente per Gubitosi non e' ancora abbastanza. Tanto da fargli scegliere come "pilota " dell'offerta commerciale Rai nell' e-book uno dei più grossi flop tv del 2012: "Lezioni dalla crisi" di Giuliano Amato , il " nostro conduttore ideale"- lo aveva definito Gubitosi- con share di poco superiore all' uno per cento. La corsa in libreria e' già partita.

 

SPUTT-AMATO? CACCIA ALL’AUTORE DEL “PAPELLO-BUFALA” SULL’ACCORDO PDL/PD…

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Paolo Bracalini e Gian Marco Chiocci per "il Giornale"

Una bufala ancora in cerca d'autore, ma con molti sospetti. Parliamo della presunto «patto di ferro» tra Pd e Pdl per spartirsi le nomine a Siena (tra Mps, Antonveneta e collaterali), il cosiddetto «documento segreto » pubblicato da alcuni giornali e attribuito a Denis Verdini, coordinatore Pdl, e Franco Ceccuzzi, sindaco Pd di Siena. Entrambi hanno smentito quel che anche a prima vista sembra una bufala in piena regola (da quando le spartizioni politiche si mettono nero su bianco a futura memoria?).

PAOLO AMATO jpeg

La vera domanda è su chi l'abbia confezionata e consegnata alla Procura di Siena. I sospetti convergono su un nome: Paolo Amato, senatore ex Pdl passato con Monti dopo una rottura che ha al centro proprio Denis Verdini, fiorentino come lui. «Quando sono arrivato in Pro-cura, per essere sentito, ho visto quel documento sul tavolo del procuratore. E subito prima di me c'era stato il senatore Amato...» racconta Alberto Monaci, presidente del Consiglio regionale della Toscana, ex «montepaschino» ed esponente Pd area cattolica.

bersani_monti

Il senatore Amato aveva detto le stesse cose del «papello» in una intervista a febbraio su Repubblica («Anche il Pdl nel sistema Mps»). Si era reso protagonista di un episodio, a luglio 2012, come membro della Vigilanza Rai al momento della nomina del nuovo Cda di Viale Mazzini. Ebbene, i parlamentari del Pdl in Vigilanza votarono compatti l'indicazione del capogruppo, tranne un franco tiratore, che votò la candidata di Fli per la Rai (Flavia Nardelli). E chi fu il deputato «traditore » del Pdl?

franco ceccuzzi

Proprio lui, Amato, che qualche tempo prima era stato notato in una assemblea di Fli a Pietrasanta («Mi interessa molto cosa sta facendo Fli»).Il senatore però respinge l'accusa di essere l'autore del papellobufala sul patto tra Pd e Pdl a Siena: «Io di accordi scritti non ne ho mai visti né ne ho mai sentito parlare».

Sulla stessa linea anche il secondo indiziato, anche lui un ex Pdl ed ex verdiniano diventato acerrimo nemico e passato a Fli, Angelo Pollina. Sentito dai pm, ributta la palla al Pd: «Quel documento l'ho visto,ne prendo atto, ma non do credibilità a queste cose. Credo che questa vicenda sia frutto di una battaglia interna al Pd a livello senese».

DENIS VERDINI

E in effetti le lotte nel Pd senese non mancano, e qualche sospetto arriva anche lì. Proprio su Alberto Monaci, capo dell'ala cattolica Pd a Siena, in rotta di collisione con i diessini del Pd, molto più forti sotto la Torre del Mangia. «Io l'autore? Guardi, tutto posso fare fuorché scrivere documenti, non avrei nemmeno la forza di farli sono sincero. Chi l'ha scritto non lo so, ma la spartizione c'è stata, ne sa qualcosa il Ceccuzzi, che blatera tanto di rinnovamento ma è da 15 anni gestisce il potere a Siena. Il Pd a Siena, mi creda, invece di curare una comunità ha spianato tutto, è una tragedia questa (Monaci è del Pd, ndr ), hanno messo questo Mussari che arrivava non si capisce bene da dove... Ora dicono che fanno autocritica. Come faceva Lenin...». Che il presidente Monaci sia in procinto di passare con Monti, come suo fratello Alfredo, candidato alla Camera col Prof?

 

CLAMOROSO IN VATICANO: BERTONE È STATO FREGATO! - IL SEGRETARIO DI STATO FA RIAPRIRE IL CASO SULLA TRUFFA AI SALESIANI

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Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera"

CARDINALE TARCISIO BERTONE

I beni dei Salesiani tornano al centro di un'inchiesta giudiziaria. Con una mossa a sorpresa il giudice di Roma ordina la riapertura del fascicolo sulla presunta truffa da oltre 100 milioni di euro subita dall'ordine religioso che si ispira a don Giovanni Bosco. Ripartono le verifiche e testimone chiave sarà il Segretario di Stato Tarcisio Bertone, che ha già chiesto di essere stato ascoltato con un'istanza presentata dall'avvocato Michele Gentiloni Silveri.

CARDINALE TARCISO BERTONE

«Sono stato ingannato», aveva dichiarato. Adesso è pronto a consegnare «la prova di "mazzette" versate a un alto prelato affinché dichiarasse il falso» agevolando così la chiusura della controversia tra i nipoti del marchese Alessandro Gerini e la Fondazione che porta il suo nome, erede di tutti i beni poi confluiti nella Congregazione salesiana. Si tratta di una persona che lavora nella segreteria di Stato, che è stato stretto collaboratore dello stesso Bertone e ha partecipato a numerosi incontri che riguardavano proprio questa vicenda.

È stato scoperto grazie agli accertamenti condotti dalla gendarmeria vaticana.
La storia è ormai nota. Comincia nel 1990, quando la Fondazione - riconosciuta come ente ecclesiastico - eredita terreni, palazzi, opere d'arte che di fatto diventano patrimonio dei Salesiani. I nipoti impugnano il testamento e presentano ricorsi in sede civile e amministrativa. Nel 2007 compare sulla scena il faccendiere Carlo Moisè Silvera che si propone come rappresentante dei parenti del nobiluomo e propone all'economo dei Salesiani don Giovanni Battista Mazzali una mediazione.

don bosco

A lui spetterà il 15 per cento del valore totale dei beni che una perizia fissa in 658 milioni di euro. Viene coinvolto anche il cardinale Bertone che si convince della necessità di chiudere l'accordo e caldeggia la soluzione. Alla trattativa partecipa anche l'avvocato milanese Riccardo Zanfagna e l'8 giugno 2007 il patto è siglato.

Dopo ben 22 anni la controversia appare conclusa, ma si tratta, appunto, di apparenza. La Congregazione rifiuta infatti di pagare la cifra pattuita, dunque Silvera decide di fare ricorso al Tribunale di Milano. E ottiene il sequestro dei beni dei Salesiani per 130 milioni di euro. L'iniziativa ha effetti eclatanti: sotto sigilli finisce la sede della direzione generale di Roma e il fondo Polaris aperto in Lussemburgo.

Don Mazzali presenta invece una denuncia alla Procura di Roma sostenendo di essere stato truffato. Il pubblico ministero indaga Silvera, Zanfagna e altri personaggi che nel corso degli ultimi anni hanno avuto un ruolo nella vicenda. Bertone consegna all'avvocato Gentiloni Silveri una lettera in cui lui stesso dichiara di essere stato ingannato. Ma non serve a nulla. Il 28 novembre scorso il giudice archivia l'indagine e smentisce la tesi dei Salesiani: non c'è stato alcun raggiro.

Qualche giorno fa, l'ennesimo colpo di scena. Gentiloni Silveri presenta un'istanza di riapertura del fascicolo elencando le nuove prove a disposizione. E svela l'identità dell'alto prelato che si sarebbe fatto corrompere da Silvera per ottenere un appuntamento proprio con Bertone e così convincerlo della propria buona fede.

Sono stati gli uomini della gendarmeria a individuarlo, dopo aver scoperto l'amicizia fra i due e il fatto che anche in un altro processo relativo a un'altra eredità il religioso è accusato di aver mentito per conto del faccendiere. Nella memoria depositata al giudice viene precisato che si tratta di una persona che ha incarichi di vertice all'interno della segreteria di Stato e tanto basta perché si decida di far partire nuovi accertamenti non escludendo di poter ipotizzare, oltre alla truffa, anche la corruzione.

«Si intende coinvolgere la figura del Segretario di Stato di sua Santità - scrive l'avvocato Gentiloni Silveri sollecitando l'interrogatorio di Bertone - oltre che per le necessità istruttorie del caso, anche per sottolineare la doverosa esigenza di fare ogni sforzo per accertare se sia conforme a giustizia o meno che l'enorme somma di cui si tratta debba essere sottratta a scopi benefici della Chiesa cattolica».

 

 


AHI! TECH - SPECIALE VIDEOGIOCHI - IL FINE GIUSTIFICA QUALSIASI MEZZO: IL FOLLE MONDO DI “SCRIBBLENAUTS UNLIMITED”

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A cura di Andrea Andrei per Dagospia

1 - IL FINE GIUSTIFICA QUALSIASI MEZZO: IL FOLLE MONDO DI "SCRIBBLENAUTS UNLIMITED" APPRODA SU PC

Se siete degli ultras degli sparatutto o dei giochi che prevedono un'azione frenetica, grafica mozzafiato e scene spettacolari, potete anche fare a meno di leggere questa recensione. Ma se amate gli enigmi, se siete creativi e vi va di cimentarvi in un'avventura diversa dal solito, allora molto probabilmente il videogioco di cui parliamo oggi vi intrigherà parecchio.

SCRIBBLENAUTS UNLIMITED

Si tratta della versione per Pc di un grande successo per la console portatile Nintendo Ds. "Scribblenauts Unlimited", sviluppato da 5th Cell e distribuito da Warner Bros, esprime un concetto di gioco estremamente particolare, in cui praticamente tutto può essere modificato o creato dal nulla: oggetti, personaggi, ambientazioni. L'unico limite che viene imposto al giocatore è l'obiettivo, e cioè risolvere degli enigmi e ottenere dei risultati. Ma se il fine viene specificato di volta in volta, i mezzi sono completamente a discrezione dell'utente e della sua fantasia.

"Scribblenauts Unlimited" ha l'aspetto di una favola per bambini: è ambientato in una terra fantastica, e l'obiettivo del protagonista è liberare la sorellina da un incantesimo. Per farlo, ha a disposizione un taccuino magico ereditato dai genitori, che permette di creare o modificare ogni cosa. La grafica è minimale, in 2D, molto colorata e pulita, proprio come un fumetto (il che permette di giocare benissimo anche se non si è dotati di computer di ultima generazione). I disegni sono curati, stilizzati quanto basta.

È proprio il taccuino magico a cui abbiamo accennato lo strumento che utilizzeremo più spesso. Per creare un oggetto o un personaggio, basterà scriverlo e questo apparirà. All'oggetto creato si può anche associare un aggettivo, di qualsiasi genere, che riguardi il suo aspetto esteriore o le sue caratteristiche intrinseche. C'è una scelta vastissima da cui pescare, con migliaia di combinazioni possibili. Si possono creare e utilizzare le cose più assurde: un maiale con le ali color arcobaleno, un batterista scalmanato, una pistola rosa, un'opera d'arte.

SCRIBBLENAUTS UNLIMITED

Non solo. A differenza delle precedenti versioni di Scribblenauts, qui è stato inserito l'"object editor": in pratica ogni singolo oggetto che compare nella schermata di gioco potrà essere modificato a piacimento. Ciò avrà degli effetti anche sui personaggi presenti, che interagiranno con l'oggetto in questione e reagiranno di conseguenza.

Disponibile anche per Nintendo 3DS (dove però è assente l'"object editor") e per Nintendo WiiU, "Scribblenauts Unlimited" per Pc può essere acquistato e scaricato direttamente online su Steam, al prezzo di 20 euro e 99 centesimi.

Come abbiamo detto, potrebbe sembrare solo un gioco per bambini, ma vi basterà provarlo per rendervi conto che invece può divertire, e parecchio, anche un adulto. Il consiglio è comunque di mettervi mano a più riprese, perché lunghe sessioni di gioco rischiano di annoiare. Ma il vero limite di questo videogame è davvero rappresentato solo dalla vostra creatività: il gioco, che potrete modificare come più vi aggrada, finirà, in un certo senso, per assomigliarvi.

E se volete una ragione in più per provarlo, eccovi serviti: dar vita a un maiale a pois, installarci sopra un razzo e vederlo svolazzare in giro non è di sicuro qualcosa di comune in un videogioco.

PLAYSTATION MEETING 2013


2 - PS MEETING 2013: L'ATTESA È FINITA, SONY STANOTTE SVELERÀ LA NUOVA PLAYSTATION

C'è grande attesa fra i videogiocatori di tutte le latitudini per l'appuntamento che Sony ha fissato per stanotte alle 24 ora italiana. Al Madison Square Garden di New York, l'azienda giapponese presenterà infatti con tutta probabilità la sua nuova console, che ancora non si sa se prenderà il nome di "PlayStation 4" o "Orbis". Potrete seguire l'evento in diretta collegandovi a questo link: eu.playstation.com/meeting2013.

Intanto Sony si prepara anche all'uscita del quarto capitolo di una delle sue esclusive più seguite e apprezzate: "God of War Ascension" sarà disponibile il prossimo 12 marzo negli Usa e il giorno seguente, il 13 marzo, in Europa.


3 - ABBASTANZA SPAVENTOSO, INFINITAMENTE STILOSO: IL 26 MARZO ARRIVA "BIOSHOCK INFINITE"

È un titolo che si è sempre distinto per la cura dei particolari, per lo stile e per le atmosfere surreali e affascinanti, a metà strada tra fantascienza e horror.

Irrational Games e 2K stanno per rilasciare il terzo capitolo, attesissimo, di Bioshock. "Bioshock Infinite" sarà disponibile a partire dal prossimo 26 marzo, come annuncia ufficialmente il Creative Director Kevin Levine:

BIOSHOCK INFINITE

"Oggi sono felice di annunciarvi che il gioco è andato in gold. Questo significa che è stato approvato sia da Sony che da Microsoft (oltre agli Dei del PC) per essere mandato in produzione, caricato sui camion e portato ai negozi vicino a casa vostra per il 26 Marzo.

Il costo finale del gioco è di 5 anni, sangue, sudore e lacrime del team di Irrational.

Nessuno ha mai costruito un gioco come questo. E' uno sparatutto, ma uno sparatutto che vi porterà nei posti più angusti e pericolosi. Non posso pretendere che lo giochiate, ma posso promettervi che una volta che l'avrete fatto sarà un'esperienza che non dimenticherete facilmente.

Chi è Booker e quale debito lo spinge ad andare a Columbia? Quali sono i poteri di Elizabeth e perché è stata segregata fin da piccola? Perché Booker ha le lettere "AD" marchiate nella sua mano destra? E, per Dio, cos'è il Songbird?

Columbia è una città piena di mistero. Sono lieto di dirvi che un mistero è stato svelato: il 26 Marzo, potrete giocare a BioShock Infinite."

Un nuovo trailer del gioco, "Land of Columbia", uscito qualche giorno fa, lascia decisamente ben sperare: http://www.youtube.com/watch?v=M1v2zYyIXPg&feature=youtu.be


4 - IL DESTINO DEI GIOCHI ONLINE? GLI SVILUPPATORI DI "HALO" E ACTIVISION ANNUNCIANO L'UNIVERSO DI "DESTINY"

DESTINY

Non se ne sa ancora molto, ma i presupposti sembrano assolutamente interessanti. Gli sviluppatori di Bungie, famosi per aver dato vita alla celeberrima saga di Halo, in collaborazione con Activision, hanno annunciato il prossimo lancio di "Destiny", un progetto molto ambizioso che potrebbe rappresentare un nuovo concetto di gioco online.

Si tratterebbe di un videogame vastissimo, che si basa sull'azione in prima persona ma che offre anche delle ambientazioni sconfinate che costituiranno l'universo sul quale i giocatori di tutto il globo potranno interagire fra loro, anche nella modalità storia. Un mondo in continua evoluzione che vivrà quindi di vita propria. Un esperimento di cui gli stessi sviluppatori non conosceranno il futuro, visto che tutto dipenderà dagli utenti che lo abiteranno.

Ma Activision sottolinea che l'esordio del videogioco non è previsto per il 2013, perciò prima di vedere i risultati del lavoro dei programmatori di Bungie dovremo aspettare almeno un anno. Per farvi un'idea sommaria di quello che bolle in pentola, date un'occhiata a questo video: http://www.youtube.com/watch?v=4wQIwcEjk2g&feature=player_embedded

 

L’EREDE DI PETRUCCI AL CONI È GIOVANNINO MALAGÒ CHE BATTE A SORPRESA “L’USATO SICURO” PAGNOZZI….

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1 - CAMBIA IL POTERE AL CONI, VINCE MALAGÒ
Fulvio Bianchi per "la Repubblica"

«Lo sport che verrà sarà da traino al nostro disastrato Paese, dovrà creare sviluppo: voglio lasciare il segno». Giovanni Malagò si presenta così: è il nuovo presidente del Coni, il numero 15 in 99 anni di storia. Ha schiantato il suo rivale Raffaele Pagnozzi, sconvolgendo i pronostici che lo davano per perdente: 40 a 35 a suo favore (e una scheda nulla). È la rottura col passato. «Un avvenimento storico», dice Malagò, capace in effetti di fare breccia in un mondo granitico e molto conservatore come quello dei dirigenti sportivi.

I 76 Grandi Elettori hanno voluto invece testimoniare col voto che un certo modo di concepire lo sport come se fosse una casta o un partito politico vecchia maniera, era ormai superato. E dopo 14 anni di presidenza di Gianni Petrucci non hanno accettato passivamente il passaggio di testimone con l'ex segretario generale Pagnozzi, definito da Petrucci l'usato sicuro (e chissà se gli ha fatto un favore).

Per questo hanno scelto un manager, Malagò, che ha giocato e vinto in trasferta ("come l'Uruguay in Brasile nel ‘50"), ha 53 anni, e rappresenta la novità. Con lui, assicura, nello sport ci sarà meno Stato e più privato. «Abbiamo sopportato per anni, ora c'è voglia di cambiare: vediamo adesso di mandare a casa qualcun altro alle prossime elezioni politiche...», dice raggiante l'olimpionica Josefa Idem, che fa parte della squadra di Malagò e che sarà senatrice del Pd.

Nella nuova Giunta, con i due vicepresidenti Chimenti (vicario) e Scarso, entrano anche due grandi ex atlete: Alessandra Sensini e Fiona May. Pagnozzi ha pagato la troppa sicurezza e un pizzico di presunzione: era convinto che sarebbe stato facile, come se si trattasse di una successione dinastica (50 a 26, davano le trionfali proiezioni del suo staff). Così non è stato, in molti lo hanno tradito (almeno 15).

Ma ora si apre un problema, e non da poco. Petrucci e Pagnozzi resteranno presidente e amministratore delegato della Coni Servizi, il braccio economico dell'Ente, la cassaforte dello sport, sino al 30 giugno del 2014. Alle dimissioni non ci pensano nemmeno. Malagò ammette: «Sì, è una questione delicata, tra l'altro tutti i dipendenti sono della Coni Spa, c'è qualcosa che non quadra. Io non farei mai il doppio presidente».

Dovranno trovare l'accordo, oppure, chissà, interverrà il prossimo governo. Il segretario generale voluto da Malagò è invece, Roberto Fabbricini, ex campo della preparazione olimpica del Coni ora in pensione (ma ha promesso di lavorare gratis...) che si era lasciato con Petrucci in maniera poco amichevole. In Giunta entra anche il calcio, con Giancarlo Abete.

Malagò conferma: «Sono sincero: avevo detto ai miei di non votarlo. Non ce l'ho certo con Abete, ma dovremo gestire meglio i rapporti fra il Coni e un certo calcio, che ha dato di sé una immagine non certo positiva. Le scommesse stanno rovinando questo sport bellissimo. Il razzismo? Tolleranza zero».

Malagò è uomo bipartisan per definizione: in prima fila ieri c'erano, Gianni Letta, («che ringrazio»), e Mario Pescante ma nella sua squadra ci sono anche la Idem e Sturani (altro Pd), «ma ora dovranno togliere la casacca politica». Ci sarà forse un Ministero dello sport (e ci spera anche Petrucci...), ma dal nuovo governo il manager dell'Aniene si aspetta «una legge sugli impianti, poi attenzione, sensibilità, piena coscienza dei nostri problemi. E vedremo se ci saranno le condizioni per ripresentare la candidatura di Roma all'Olimpiade 2024...». La commozione è tutta in quell'abbraccio con le sue figlie, Ludovica e Vittoria, le gemelle che erano venute apposta dall'estero dove vivono: «Papà è un grande, è carismatico ». Ora tocca a lui.

2 - IL TRIONFO DELL'AMICO DI TUTTI UNA VITA TRA DONNE E POLITICA
Goffredo De Marchis per "la Repubblica"

Ha finalmente raggiunto il sospirato posto al sole e lo ha fatto contro ogni pronostico. Anche i suoi mille amici dovranno prenderlo sul serio, smettendo di considerarlo un Peter Pan, un eterno fanciullo attempato, simpatico sì, perfetto per organizzare feste e cene, inappuntabile padrone di casa ai Parioli e a Sabaudia.

Lì dove la sua spettacolare villa sulle dune è a disposizione degli intimi (che non sono pochi) con barca e domestici inclusi. Da ieri Giovanni Malagò, neopresidente del Coni, è un po' meno "Giovannino", un po' meno "Megalò" come l'aveva ribattezzato affettuosamente Suni Agnelli, per via della guasconaggine, della personalità ridondante. È al centro dello sport italiano, un luogo di potere certo ridimensionato dalla crisi economica, ma sempre cruciale nell'intreccio molto romano tra politica, affari, potere e soldi.

Il suo grande merito, magari ispirato dalla tendenza, in questo caso provvidenziale, alla megalomania, è stato averci creduto, praticamente da solo, perché la vittoria
del suo avversario Raffaele Pagnozzi veniva data per scontata, in virtù della staffetta tra ex presidente e segretario generale del Coni che è la cifra della gestione sportiva in Italia. Ha vinto il rottamatore allora?

Tutto il contrario. Malagò, nella sua rete relazionale, non lascia per strada nessuno. È amico di Walter Veltroni e di Gianni Alemanno, di Corrado Passera e di Luigi Abete, di Pino Daniele, di Fiorello e di Francesco Totti (è romanista sfegatato). Spesso mette insieme questi personaggi così diversi nel circolo che presiede, l'Aniene, o nel suo appartamento romano.

È un figlio purissimo del generone romano, quella categoria celebrata nei film dei Vanzina (altri suoi grandissimi amici, più Enrico di Carlo) che rappresenta i romani ricchi o ricchissimi, dove il capitalismo all'amatriciana trasforma il concessionario d'auto (seppure di lusso) come è lui, in imprenditore. Ma nella sua vita Malagò ha avuto soprattutto tre pigmalioni, tre grandi maestri.

Il primo è Gianni Agnelli, dal quale, negli anni giovanili, ha voluto mutuare soprattutto l'aspetto glamour: l'amore per il lusso e le belle donne, dalle quali è sempre circondato. L'Avvocato lo aveva preso in simpatia, lo onorava con le sue telefonate mattiniere, gli chiedeva informazioni sul gossip romano sapendo che "Giovannino" non si perdeva una serata. L'altro faro è, ancora oggi, Luca di Montezemolo, da cui ha imparato
che non esistono destra, sinistra o centro, esiste invece una lobby trasversale in cui i rapporti diventano subito amicizia, legame profondo.

L'ultimo maestro è Gianni Letta, che gli ha insegnato come ci si muove e come si gestisce il potere, un'arte che l'ex sottosegretario conosce come nessun altro. Letta, insieme con Mario Pescante, è stato il tessitore della sua vittoria, lo ha aiutato a portare dalla sua parte 40 voti partendo da una base molto più risicata. E Letta ieri era al Coni per festeggiare di persona l'ascesa del suo poulin.

Ma al di là degli "sponsor" e dei grandi elettori, Malagò ha avuto il coraggio e la forza di spezzare un circolo "vizioso" che troppe volte ha deciso le sorti del Coni e che molti presidenti federali, evidentemente, non digerivano più.

La sua è una vita fortunata che Malagò non fa nulla per nascondere. Bello, benestante, sicuro di sé, estroverso. L'elenco delle sue amiche (o flirt?) fa impressione: Monica Bellucci, Ilaria D'Amico, Claudia Gerini, Alessia Marcuzzi. Difficile trovarne una meno che bellissima. Le auto di lusso sono quelle della sua concessionaria e quando, giovanissimo, davanti a una discoteca, lanciò con nonchalance le chiavi della sportiva a un posteggiatore che invece era un ladruncolo, fece spallucce. Il giorno dopo aveva una nuova coupè.

Ha diretto l'organizzazione dei mondiali di nuoto del 2009, soffrendo per un'incriminazione legata ad alcune nuove piscine e finita con un proscioglimento. Il comitato
però chiuse l'attività con svariati milioni di buco. Cinque anni fa ha sfidato lo spirito di De Coubertin mettendo in vasca per l'Aniene, durante un torneo amatoriale tra circoli romani, l'ex campione olimpico Fioravanti contro Ugo Sansonetti, ottantottenne socio del club avversario, lo Sporting Eur.

Su 66 metri, il distacco fu di un minuto. Neanche tanto. Alle federazioni sportive ha presentato un programma ambizioso. Cambiare, innovare: aprendo ai finanziamenti dei privati, ridimensionando il ruolo del calcio, creando una struttura dello sport scolastico simile a quella anglosassone. Ha convinto i suoi elettori che queste promesse potranno essere mantenute. Che non è più "Giovannino" ma un manager in grado di guarire lo sport.

3. MALAGÒ E LA TRAPPOLA DELLA LEGGE SUGLI STADI. DOPO LE ACCUSE A PETRUCCI, RIUSCIRÀ A TAGLIARE IL TRAGUARDO?
Guglielmo Buccheri per La Stampa

Lunga è la lista dei compiti a cui dovrà dedicarsi il nuovo presidente del Coni Giovanni Malagò, da ieri e per i prossimi quattro anni. Fra le situazioni da affrontare con tempestività c'è sicuramente l'annoso tema della legge sull'impiantistica sportiva, conosciuta ormai come la legge sugli stadi. Malagò si giocherà parte della sua credibilità nei prossimi mesi proprio su questo capitolo che va avanti da più di tre anni (è del novembre 2009 la comparsa del primo disegno di legge sull'argomento impianti sportivi).

Il nuovo gran capo dello sport italiano, infatti, non ha mai perso occasione durante la sua campagna elettorale per sottolineare come la gestione precedente, quella Petrucci-Pagnozzi, non sia mai stata capace di fare lobby perchè, in Parlamento, si sbloccasse l'impasse sul provvedimento legislativo che potrebbe favorire il cambiamento del volto dell'impiantistica nazionale. "Stiamo parlando di una legge, ma il Coni qualcosa di più avrebbe potuto e dovuto fare in questi ultimi tre anni. Anche perchè quando ha voluto si è fatto sentire...", così Malagò. Adesso il pallone avvelenato è fra le sue mani.Tutti conoscono ed apprezzano la dimensione bipartisan del nuovo inquilino del Foro Italico: riuscirà a metterla in campo per far ripartire, con successo, il cammino delle legge sugli stadi una volta nato il nuovo Parlamento dalle elezioni politiche del fine settimana? Il giudizio è sospeso....

 

 

TEGOLA SUI LEGAIOLI: ESPONENTI DEL CARROCCIO COINVOLTI NELL’INCHIESTA FINMECCANICA?

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Beppe Minello per "La Stampa"

ROBERTO MARONI

L' imbarazzo è durato il breve spazio di un mattino. Rinviata la conferenza stampa nel centralissimo Hotel Cavour del governatore Roberto Cota e del presidente della Provincia Diego Sozzani, pidiellino convertitosi sulla strada della Macroregione, e tutti di corsa nella sede leghista di viale Dante. Un conciliabolo lontano da occhi e orecchi indiscreti per capire come affrontare la bufera e poi via a lavorare, giudicato il modo migliore per reagire «ché c'è la campagna elettorale da chiudere e 120 gazebo in 88 comuni del Novarese da seguire» dice Luca Bona, vicepresidente della Provincia ma soprattutto coordinatore dei leghisti dalle parti di San Gaudenzio.

Roberto Maroni

Bisogna attendere le 14,30 per conoscere il pensiero del gran capo Maroni: «Si tenta di condizionare il voto con falsità e insinuazioni su me e la Lega: questo non è giornalismo ma terrorismo». Il riferimento è agli articoli di giornale che denunciano il coinvolgimento di leghisti nell'inchiesta Finmeccanica, ma in qualche modo è una risposta anche al caso della fatal Novara: ci sono punti di contatto come Beppe Cortese, l'ex-capo della segreteria del governatore Cota, coinvolto in entrambe le vicende. Solo il capogruppo leghista in Regione, Mario Carossa, si sbilancia per dire alle agenzie che ha «qualche perplessità sulla tempistica degli avvenimenti». «Ma crede possibile - s'interroga interpellato dal cronista - che sarebbe cambiato qualcosa se le perquisizioni fossero state fatte fra qualche giorno?».

ROBERTO COTA

A Novara, roccaforte del leghismo piemontese insieme con Cuneo e il vicino Verbano, impazza invece la dietrologia. E a ragione, perché Massimo Giordano, l'assessore regionale allo Sviluppo, attorno al quale ruota l'inchiesta del procuratore Francesco Saluzzo, in pole position per andare a guidare quella di Torino, è stato sindaco di Novara per dieci anni ed era ed è figura di riferimento di quelli che vengono definiti «poteri forti», sia pur dalle parti del Ticino.

Ecco, è a quel decennio che bisogna andare per delineare almeno un po' lo scenario nel quale si sono sviluppate e incancrenite le vicende oggi oggetto dell'inchiesta penale. Un decennio perfetto per la sempre più numerosa famiglia leghista che oggi raccoglie tra il 15 e il 20 per cento dei consensi, terzo partito dopo Pdl e Pd.

SEDE FINMECCANICA

Un decennio nel quale i dioscuri leghisti, Cota e Giordano, andavano d'amore d'accordo. Il primo seduto sulla poltrona più alta di Palazzo Cabrino, il Comune, il secondo a Roma, capogruppo della Lega. E da Palazzo Cabrino, a sentire i detrattori, il buon Giordano faceva e disfaceva. E anche con una certa arroganza. Si dice che l'inchiesta sia nata attorno al centralissimo Bar Coccia, annesso all'omonimo teatro, di proprietà comunale e affidato in gestione, almeno per un certo periodo, «gratis» et amore dei al fiorentino Mario Berti, ovviamente indagato.

Beh, è illuminante la fanfaronata dei più illustri frequentatori del bar - Giordano in testa - di esibire una maglietta con la sigla «N.C.C.», cioè «Novara che conta». La risposta, forse, ai maligni novaresi che definivano gli habituée del Coccia: «La Novara "che" beve». Arroganza che ben si confà alle ipotesi di reato di favori e controfavori tra i frequentatori del bar, imprenditori e professionisti, e l'allora sindaco Giordano.

Il cui iddilio con Cota finì intorno al 2011. Conquistata insieme la Regione nel 2010, l'anno dopo, in occasione della battaglia per riconquistare il Comune di Novara, la coppia scoppiò. Giordano avrebbe voluto perpetuare il suo dominio - e a voler essere maligni si capisce anche il perché - candidando il fido Beppe Cortese mentre Cota si oppose. I leghisti si presentarono al voto con Mauro Franzinelli ma le divisioni del Carroccio favorirono il centrosinistra che da allora comanda a Palazzo Cabrino con il renziano Andrea Ballarè.

FINMECCANICA

Ora, mentre i pettegoli fanno battute del tipo: «Ueh, ma qui siamo dalle parti di Batman-Fiorito e del Celeste», i leghisti doc negano che ci siano mai state divisioni e scontri fratricidi. «Ballarè ricorda Bona - ha vinto perché forse, dopo dieci anni di governo, ci eravamo un po' seduti». «Sono assolutamente d'accordo con Cota che ha respinto le dimissioni di Giordano: quale miglior smentita di certe ricostruzioni infamanti?» dice Giancarlo Locarni, capogruppo leghista in Consiglio provinciale. Sarà.

Ma anche l'ultimo affaire attribuito dalla Procura a Giordano e ai suoi sodali, quello cioè della cordata di imprenditori «invitati» a sostenere l'avventura editoriale del quotidiano «Il Nord Ovest», porta acqua al mulino della polemica visto che uno degli argomenti preferiti dal quotidiano è una puntuta critica alla peraltro sanguinosa riforma sanitaria varata dalla giunta Cota e portata avanti dall'assessore Monferino.

 

SCONTRO “FISICO” - GOOGLE POTREBBE PRESTO APRIRE DEI NEGOZI FISICI COME APPLE E MICROSOFT

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Luca Salvioli per "Il Sole 24 Ore"

GOOGLE STORE

La grande sfida per la supremazia digitale tra Apple e Google è pronta a conoscere un nuovo capitolo. Mountain View - i cui titoli ieri a Wall Street sono saliti a livelli record frantumando la soglia degli 800 dollari - sarebbe pronta ad aprire una serie di negozi monomarca, a partire dalle principali città degli Stati Uniti per poi allargarsi al resto del mondo.

L'indiscrezione arriva dal blog molto informato "9 to 5 Google" e viene rilanciata dal Wall Street Journal che cita persone informate dei fatti, anche se non ci sono conferme ufficiali da parte dell'azienda.

La catena di store venderebbe prodotti a marchio Google, con un debutto previsto per l'anno prossimo. A oggi si tratta degli smartphone e tablet "Nexus" e dei "Chromebook", ovvero notebook con sistema operativo dell'azienda californiana.

Troverebbero spazio nei nuovi negozi anche televisioni con la piattaforma Google Tv e altri progetti non ancora sul mercato. A partire dai Google Glass. Sugli occhialini multimediali c'è molta attesa, spinta ad arte dell'azienda che ne ha mostrato alcune demo già l'anno scorso. Il debutto potrebbe essere l'anno prossimo, in coincidenza, dunque, con gli store.

APPLE STORE

All'inizio Google per i prodotti a marchio proprio si è affidata esclusivamente alla vendita online, per poi arrivare in alcuni grandi magazzini. Negli Stati Uniti, grazie alla partnership con Best Buy, già oggi ha alcuni spazi dedicati all'esposizione di cellulari, tavolette e simili.
Il modello degli store ha avuto molto successo nel caso di Apple. Voluti da Steve Jobs nel 2001, oggi sono 400 nel mondo.

Microsoft ne ha 30 nel mondo e ne sta realizzando altri 11. Il modello prevede non solo la vendita al pubblico, ma la possibilità di fare esperienza dei prodotti con l'assistenza di personale qualificato.

google-logo

La mossa renderebbe Google, sinonimo di web, un marchio di elettronica di consumo. Internet resta però il campo d'azione principale. Il modello di business si regge sulla pubblicità online. Android, secondo i dati di Strategy Analytics, domina il mercato dei sistemi operativi mobili con una presenza del 68,4 per cento.

È open source ed è quindi molto amato dai produttori di telefonini e tablet, Samsung in primis, ma non dà ricavi direttamente a Google. La strategia di Mountain View, anche sul mobile, è portare il maggior numero di persone sui siti e le applicazioni che ospitano la sua pubblicità.

Quanto all'hardware, fino a oggi Nexus e Chromebook sono stati prodotti da partner come Samsung, Lg, Acer e Asus. La gamma Nexus è diversa dagli altri prodotti con piattaforma Android perché, spiega l'azienda, risponde al 100% all'idea di Google sulla migliore ottimizzazione del sistema operativo.

IPHONE CINQUE

Mountain View lo scorso maggio ha completato l'acquizione di Motorola mobility annunciata ad agosto del 2011 per 12,5 miliardi di dollari. L'azienda ha detto che Motorola è un business separato e Android resta una piattaforma aperta, sottolineatura utile per non essere considerati concorrenti dai propri partner.

Alcune indiscrezioni dicono che nel corso del 2013 potrebbe vedere la luce il Motorola X, il primo telefono nato dopo l'acquisizione. Resta da capire se sarà marchiato Nexus, e se dunque Motorola diventerà il braccio armato di Google nel campo dei prodotti, o se invece sarà solo un partner un po' speciale.

 

IL RISIKO DELLE POLTRONE D’ORO- CON I NUOVI EQUILIBRI POLITICI POST-VOTO PARTIRÀ IL VALZER SUI VERTICI DELLE PARTECIPATE

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Gianni Dragoni per "Il Sole 24 Ore"

SEDE FINMECCANICA

Poltrone d'oro. Il mondo dei boiardi di Stato, i manager delle aziende pubbliche, è attraversato dai brividi. Molte carriere (e stipendi) dei vertici delle imprese dello Stato padrone saranno influenzate dalle imminenti elezioni.

Se ci sarà l'avvento del centro-sinistra, stando a molte previsioni, si profila un ricambio di molti capiazienda che si sono radicati nell'èra di Silvio Berlusconi e Gianni Letta, con Giulio Tremonti nei panni dell'azionista.

Eccetto Cassa depositi e prestiti (Cdp) e Fs, le caselle più ghiotte saranno assegnate l'anno prossimo: tra aprile e maggio 2014 scadranno i consigli di amministrazione di Eni, Enel, Terna, Poste e Finmeccanica. Per la holding della difesa tuttavia la partita nomine è già in corso.

AD FINMECCANICA GIUSEPPE ORSI

Dopo l'arresto per corruzione di Giuseppe Orsi il cda ha affidato la gestione al direttore generale, Alessandro Pansa, con la «qualifica» anche di amministratore delegato. Ma in cda ci sono due sedie vuote per dimissioni (Franco Bonferroni e Orsi) e manca un presidente: sarà il nuovo governo a nominarlo, il gruppo avrebbe bisogno di una guida forte per risalire la china.

L'assemblea dei soci di Finmeccanica si riunirà per completare i vuoti nel cda per il 15 aprile, dovrà anche confermare Ivan Lo Bello, già cooptato in sostituzione di Marco Iansiti. Se prima dell'assemblea si dimettesse un altro consigliere, secondo lo statuto tutto il cda di Finmeccanica decadrebbe e andrebbe nominato ex novo. Ipotesi estrema: al nuovo governo basterebbe chiedere le dimissioni al dirigente del Tesoro Francesco Parlato per azzerare tutto.

SILVIO BERLUSCONI GIANNI LETTA

Un candidato presidente è Giampaolo Di Paola, ministro della Difesa del governo Monti. Avrebbe però bisogno di una deroga, con decreto del presidente della Repubblica, alla norma che vieta ai ministri per un anno di andare al vertice di società pubbliche. Un'altra ipotesi è l'ascesa dell'a.d. di Ansaldo Energia Giuseppe Zampini, o un altro uomo forte.

Da verificare l'impatto che questo innesto avrà sul neo a.d. Pansa, indebolito dalla rivelazione, nelle carte dell'inchiesta Finmeccanica, del fatto che nel 2007-2008 aveva chiesto a Mediobanca «aiuto per risanare i debiti» della moglie americana di Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro e oggi ministro dell'Economia, sponsor di Pansa.

LOGO ANSALDO

Un altro uomo del governo che punta a una poltrona di spicco, secondo voci insistenti, è Antonio Catricalà, sottosegretario a Palazzo Chigi. Catricalà aspirerebbe alla presidenza Eni, al posto di Giuseppe Recchi. Nel gruppo energetico sembra al termine l'esperienza di un manager potente, Paolo Scaroni, che dopo tre mandati è in predicato per altri incarichi. Indagato per corruzione internazionale nell'inchiesta sulle tangenti Saipem, si è detto «totalmente estraneo».
I
l principio della probabile sostituzione al nono anno vale anche per Fulvio Conti all'Enel e per Flavio Cattaneo a Terna, arrivato nel 2005 dopo due anni alla Rai voluto da Berlusconi. Alle Poste Massimo Sarmi è in carica dal maggio 2002, quando andò a sostituire Corrado Passera.

Flavio Cattaneo FRANCO BASSANINI

Tra gli incarichi in scadenza nei prossimi mesi non ha problemi Mauro Moretti, l'a.d. delle Fs che sogna l'integrazione tra i treni e l'Alitalia («ma senza dare un euro ai Capitani coraggiosi»). Probabile la sostituzione del presidente di Fs, Lamberto Cardia. In uscita il presidente di Invitalia Giancarlo Innocenzi, ex commissario berlusconiano dell'Agcom.

La poltrona più calda della campagna 2013 è alla Cdp, la "quasi-banca" con 230 miliardi di liquidità, simile a un nuovo Iri: stando al presidente dell'Acri Giuseppe Guzzetti, le fondazioni potrebbero confermare presidente Franco Bassanini, espresso dal Pd senese legato alla fondazione Mps, ma c'è l'incognita dei rapporti interni al Pd. Più in salita la conferma dell'a.d. Giovanni Gorno Tempini, arrivato con Tremonti nel maggio 2010 dal mondo di Banca Intesa. Una nomina definita un capolavoro di Giovanni Bazoli, il presidente di Intesa Sanpaolo in scadenza con l'approvazione del bilancio 2012.

 

“LA MERKEL NON VUOLE IL PD AL GOVERNO” - CHIAMATE LA NEURO, MONTI È BOLLITO. E AL NAZARENO STAPPANO LO CHAMPAGNE

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1- ELEZIONI: MONTI, BERLUSCONI USA ILLEGALMENTE SONDAGGI
(Adnkronos) - Quando Silvio Berlusconi dice che Scelta civica probabilmente non raggiungera' il dieci per cento e che si alleera' con il Pd "fa un'affermazione falsa e illegale". Lo ha affermato Mario Monti, ospite di 'Adnkronos confronti'. "La parte illegale e' quella in cui dice che in base agli ultimi sondaggi questo centro e' probabile che non raggiunga il dieci per cento. Gli ultimi sondaggi si possono usare o no? Non credo che sia legale usarli".

Merkel e Monti

"L'affermazione falsa e' Monti ha gia' deciso con la benedizione della Merkel che collaborera' con il Pd. C'e' il condensato della falsita', perche' non e' affatto vero".

MERKEL MONTI E BERSANI VERSIONE TOTO TRUFFA jpeg

2- ELEZIONI: MONTI, MERKEL NON VUOLE PD AL GOVERNO
(Adnkronos) - "La Merkel teme l'affermarsi di partiti di sinistra soprattutto in un anno elettorale per lei, credo che non abbia nessuna voglia di vedere arrivare il Pd al governo". Lo affermato Mario Monti, ospite di 'Adnkronos confronti', smentendo la tesi di Silvio Berlusconi secondo la quale dopo le elezioni ci sarebbe l'accordo tra Democratici e Scelta civica.

3- MONTI, SE ITALIANI VOTANO BERLUSCONI PROBLEMA SONO LORO NON LUI
(Adnkronos) - "Se gli italiani votano ancora Berlusconi, il problema non e' lui ma siamo noi italiani". Lo ha affermato Mario Monti, ospite di 'Adnkronos confronti'. Il leader di Scelta civica ha ricordato che all'estero piu' volte gli e' stato chiesto "come potete avere questo strano Primo ministro che fa queste cose e fa queste dichiarazioni.

ANGELA MERKEL E SILVIO BERLUSCONI jpeg

Io l'ho sempre difeso, noi italiani l'abbiamo eletto tre volte. Forse la prima volta e' dipeso dal potere mediatico, ma se lo votiamo la quarta volta agli occhi del mondo l'imputato di stranezza non sara' Berlusconi ma gli italiani".

 

L’ARTIGLIO DELLA PALOMBA - ANDIAMO A VOTARE I NUMERI 3: NELLE LISTE NON CI SONO MONTI, RENZI NÉ GRILLO. O PASSERA, MONTE

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Barbara Palombelli per "Il Foglio"

MATTEO RENZI IN BICI

Se fosse calcio, si chiamerebbe "panchina lunga". Quando una squadra manda in campo le riserve e tiene i migliori ai bordi, i cronisti spiegano con quelle due parole la scelta tattica dell'allenatore. La compagine che andremo a valutare fra domenica e lunedì (e saranno tanti quelli che non daranno né un voto né un giudizio, forse non usciranno neanche di casa se farà tanto freddo) è davvero formata da uno strano mix di delegati, vice, portavoce, mi manda tizio, rappresento caio, sono qui per conto di, era meglio se si candidava lui ma intanto vengo io...

MARIO MONTI LEGGE RESTART ITALIA

Insomma, siamo davanti a una sfilata di numeri tre, non potremo dare il nostro consenso ai veri numeri uno della prossima partita. Non ci saranno Romano Prodi e Giuliano Amato - candidati da sempre al Quirinale - non ci sarà il premier ex premier Mario Monti, giubilato da Napolitano come senatore a vita. Non ci saranno in campo aperto le due vere star della vigilia, Matteo Renzi e Beppe Grillo.

E nemmeno Corrado Passera, vera anima e motore dell'alleanza fra laici e cattolici che ha portato alla trinità Monti-Fini-Casini. Si è chiamato fuori subito Luca di Montezemolo, ideatore di ItaliaFutura, ma ha spedito in lista Andrea Romano e Irene Tinagli. Non ha accettato alcuna candidatura il ministro Andrea Riccardi, leader della Comunità di Sant'Egidio che ha mandato il suo braccio destro Mario Marazziti (magari si è pentito, qualcuno diceva che gliel'avesse sconsigliato il Vaticano, ora chissà...).

grillo a milano

Non ci saranno Massimo D'Alema e Walter Veltroni, per me è come uno choc, dal momento che altri ben più anziani e logori si sono scannati per ottenere un posticino e alla fine l'hanno avuto. E nemmeno le due bionde Livia Turco e Giovanna Melandri, toste ed efficienti, potranno tornare in Parlamento (libere scelte, ma sono entrambe molto più giovani dei quattro leader capicoalizione che hanno i nomi stampati sulle schede).

Corrado Passera

E neppure si trova, dalle parti del Pd, un/una volontaria con qualche chance di vittoria per tentare la scalata al Campidoglio (spero tuttora in Goffredo Bettini e nella sua saggezza). Allora. Le questioni sono due. O la politica fa davvero schifo, ed è meglio aprire una pizzeria che entrare di questi tempi a far parte dell'immonda casta. Oppure, lorsignori e signore la sanno lunghissima e immaginano che fra poco salterà il banco, insieme alle banche, all'euro e forse perfino all'Unione europea.

5rf45 luca cordero montezemolo

Le scosse di preavviso ci sono tutte. Come fa un'accolita specializzata nelle bugie (mai viste tante menzogne sbugiardate come in questa campagna elettorale, ci mancava anche il master immaginario di Giannino) a mettere in salvo il paese, quando si sono dette parole non vere davanti al capo dello stato, al Parlamento, alla Banca d'Italia, ai magistrati, alla Consob, alle televisioni dove si sta mentendo su tutto, accordi, alleanze, strategie?

La vera novità di quest'anno è che i cittadini si accorgono di tutto: le nuove tecnologie, il villaggio globale, la capacità di far volare le contraddizioni nel Web hanno messo in crisi lo Spirito Santo, figuriamoci se ci beviamo le promesse per strappare un voto col trucco.

Alla vigilia di un terremoto su cui potremmo davvero giocare il nostro futuro, non so se ci rendiamo conto che sugli spalti della politica c'è una nazionale di titolari che - pur indossando maglie gloriose - si tengono alla larga dalla competizione. E perché mai noi dovremmo giocare al posto loro? Anche per questo le prossime ore regaleranno brividi e disastri piuttosto annunciati.

 


GUARDA COME RUZZLE - FACILITÀ DI UTILIZZO, SOCIALITÀ, DISTRAZIONE E UN TOCCO DI SFIDA: LA RICETTA DEL GIOCO DEL 2013

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Fabio Chiusi per "l'Espresso"

ruzzle

C'è un mistero all'origine del successo di Ruzzle, il gioco per smartphone che sta facendo impazzire 27 milioni di utenti in 150 Paesi: nessuno, nemmeno i creatori, sa quale sia stata la scintilla che ha trasformato una semplice riedizione di Scarabeo in un fenomeno planetario.

Ideato nel marzo del 2012 da un team di sei programmatori della svedese Mag Interactive, in tutto una decina di dipendenti con sede a Stoccolma, Ruzzle non diventa "virale" che negli ultimi mesi dell'anno scorso. Perché certo, l'obiettivo di diffondersi tra gli utenti svedesi, prima, e scandinavi, poi, poteva già dirsi riuscito.

Ma altra cosa è diventare la app più scaricata dell'Apple Store negli Stati Uniti, con 100 milioni di partite giocate ogni giorno, un tempo di gioco che eccede i 10 mila anni e, come vanta il co-fondatore Daniel Hasselberg a "l'Espresso", una distanza totale percorsa dalle dita a caccia di formare parole dal punteggio sempre più elevato «che supera i 100 giri intorno al mondo».

ruzzle

È dunque a dicembre che accade qualcosa: i download iniziano a salire vertiginosamente e senza sosta. L'ipotesi dei creatori, suffragata dai dati di Google Analytics, è che tutto sia partito da un gruppo di liceali di Collins, Louisiana, una cittadina poco distante da New Orleans. «Hanno semplicemente iniziato a condividerlo con gli amici», spiega l'altro co-fondatore Roger Skagerwall all'Upstart Business Journal. Poi i meccanismi che hanno trasformato il passaparola in valanghe di "cinguettii" su Twitter e "mi piace" su Facebook hanno fatto il resto.

Dimostrando così che il successo di Ruzzle sta certo nell'immediatezza di un gioco in cui si sfida un avversario, casuale o tra i propri amici sui social network, a trovare più parole di senso compiuto in tre round di due minuti a partire da una griglia di 16 lettere, ma anche e soprattutto nella totale integrazione con le reti sociali: dalla possibilità di vantarsi sulla propria bacheca per aver sconfitto l'avversario, alla chat integrata nell'applicazione stessa, che fa del gioco anche una community di persone che interagiscono tra loro.

Agli italiani, Ruzzle è piaciuto e piace da morire. Secondo i dati in possesso di Hasselberg, sono 7 milioni gli iscritti nel nostro Paese. Tradotto: su quattro smartphone venduti in Italia, uno ce l'ha installato. In media (ma i dati sono quelli della stessa Mag Interactive) nel nostro Paese si giocherebbero 30 milioni di partite al giorno: un primato mondiale - in rapporto alla popolazione - che sarebbe dovuto anche alla nostra lingua le cui parole si adatterebbero meglio di altre al giochino.

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Un fenomeno di massa, comunque. Che ha raggiunto anche la politica, quando gli abili comunicatori di Proforma lo hanno utilizzato per uno spot elettorale in favore di Nichi Vendola, 36 mila visualizzazioni su YouTube, in cui a comporre i nomi di Berlusconi, Casini e Monti si perdono punti e «l'Italia ha già perso».

Ma perché Ruzzle ci piace tanto? «La curiosità, il fatto che tanti utenti lo menzionassero su Facebook ha contato tantissimo», risponde Roberto Buffa, ideatore della trasmissione GameTime sul canale Axn. Semplicità e immediatezza lo rendono alla portata di tutti, prosegue l'esperto di gaming, e certo «c'è una componente di sfida».

Ma Ruzzle «è un fenomeno "social", che si è formato in maniera molto differente rispetto alla diffusione di altri giochi per cellulare che si rivolgono ai videogiocatori accaniti». «È veloce, giocabile anche con livelli diversi di competenza e non particolarmente frustrante», aggiunge Manuela Cantoia, docente presso la facoltà di Psicologia dell'Università Cattolica di Milano e specializzata nel rapporto tra videogiochi e apprendimento. «Inoltre si gioca in più modalità: da soli, con amici o con sconosciuti».

E non sempre gli amici sono quelli di Facebook. Per Buffa sempre più spesso giovani e giovanissimi siedono attorno a un tavolo per giocare insieme a Ruzzle, ciascuno con il suo smartphone: «Per esempio al cinema, durante l'attesa che il film inizi». Non a caso, forse, ai primi di marzo si terrà «il più grande torneo nazionale di Ruzzle», al Palalottomatica, nell'ambito di Roma Comics and Games.

ruzzle

Insomma, ai teorici della separazione di reale e virtuale, il gioco risponde fornendo una esperienza «social dal vivo» che lascia al contempo connessi e integrati. Eppure gli allarmisti sembravano aver già raggiunto i lidi di Ruzzle. «Notti in bianco in agguato», titolava l'AdnKronos il 25 gennaio ventilando, per bocca del direttore del Centro per le psicopatologie del Web del Policlinico Gemelli, Federico Tonioni, minacce come la dipendenza e la perdita di contatto con la realtà. Adesso Tonioni spiega di essere stato frainteso: «Non esiste nessun allarme Ruzzle», mette subito in chiaro. Perché se «il meccanismo di base», spiega, «è dissociativo, non è detto sia patologico. Anzi, un certo livello di distaccamento dalla realtà è funzionale al pensiero e alla razionalità, quasi come un sogno a occhi aperti».

Il che, secondo lo psichiatra, fornisce un'ulteriore chiave interpretativa del boom del gioco: «Sicuramente non è un caso che sia giunto in un momento di simile crisi sociale ed economica, in cui non si vede la luce in fondo al tunnel. C'è voglia di distrazione».

Invece di soffermarsi sui rischi, ancora del tutto ipotetici, derivanti da overdose di cruciverba 2.0, c'è chi esplora gli aspetti positivi della passione per Ruzzle. «Per giocare bene bisogna avere buon repertorio e accesso lessicale (conoscere tante parole e riuscire a recuperarle e ricostruirle in fretta)», spiega Cantoia, «ma anche capacità visuo-spaziali per analizzare lo schema di gioco (bisogna esplorare le caselle vicine in più direzioni)».

Quindi alcune persone sono più portate di altre? «In generale, potrebbero essere facilitate le persone cognitivamente flessibili che riescono ad adattare in fretta le soluzioni, in base alle disponibilità di lettere sullo schema: trasformare femminili-maschili, plurali-singolari, desinenze verbali e così via».

La positività sta nel fatto che diversi studiosi sostengono che tutte queste abilità vengano potenziate dall'uso di giochi come Ruzzle. Non solo: secondo il neuroscenziato Michael Merzenick, teorico della plasticità del cervello, «giochi che richiedono giudizi sempre più accurati e impegnativi, gesti sempre più veloci, concentrazione» e che insomma, specie in un contesto "social", forniscono «sfide cognitive sempre più ardue possono condurre a cambiamenti nel cervello che facilitino questi comportamenti».

Certo, «non ci sono ancora studi su Ruzzle», ricorda Daphne Bavelier, direttrice di un laboratorio di neuroscienze cognitive a Ginevra che porta il suo nome. E «senza prove sperimentali non si può dire che possa potenziare dei processi cognitivi», precisa Cantoia. Tuttavia, le competenze richieste sono le stesse ed esercitarle non può che giovare. Sempre che non diventi una mania, compulsione.

Un freno alla dipendenza, e a un'ulteriore diffusione, potrebbe esserci. È che su Ruzzle si può imbrogliare, e si può farlo facilmente. Sull'Apple Store sono ben dieci le applicazioni che permettono di truccare una partita, dando all'imbroglione la possibilità di accedere a una lista con tutte le combinazioni di parole (anche inesistenti, ma valide), a partire da quelle che forniscono i punteggi più elevati. «È il motivo per cui oggi non ci gioco più», dice Buffa.

A Stoccolma - vale a dire nella sede della Mag Interactive - sono ben consci del problema: «Ci stiamo lavorando, e già questo mese aggiungeremo diverse funzionalità che renderanno molto più difficile imbrogliare. E tutti gli imbroglioni che saranno segnalati verranno immediatamente sospesi dal gioco», sostiene Hasselberg.

Un intervento pesante, dunque, che tuttavia rischia di portare in Ruzzle i problemi già visti, e mai risolti, su Facebook per quanto riguarda la sospensione dei profili di utenti definiti "disturbatori" da altri utenti. E che potrebbe non risolvere nulla, dato che un semplice algoritmo per calcolare le combinazioni di parole a partire da un set di lettere è sempre possibile. Anche il limite fisiologico potrebbe essere vicino.

Poco male: il nuovo gioco dell'azienda svedese, Quizcross, ha già 300 mila iscritti. E tra le 145 recensioni, spunta quella che suona come una profezia: «Meglio di Ruzzle!».

 

LA FRASE DI GRILLO "ARRENDETEVI SIETE CIRCONDATI" È RUBATA DA UNA MANIFESTAZIONE DEL 1993 DEI GIOVANI DEL MSI

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Riceviamo e pubblichiamo:

Monica Maggioni

Lettera 1
Caro Dago,
A Mediaset non è entrato solo il nostro Direttore Monica Maggioni, ma un'intera Struttura Produttiva Rai (pullman di Regia, Assistenti, Tecnici, Regista, operatori e Direttore di Produzione), per garantire la PAR CONDICIO esattamente come il giorno prima in occasione dell'intervista al Presidente Monti. Quanto all'intervista al Presidente Berlusconi, toni e contenuti parlano da soli.
La Segreteria di Redazione di Rainews24

Lettera 2
Egregio Direttore,
in qualità di legale di fiducia dell'Avv. Raffale Giovanni Rizzi, Le chiedo, ai sensi della legge sulla stampa, di pubblicare immediatamente - con il massimo risalto possibile - la seguente rettifica:

Monica Maggioni

"In riferimento all'articolo di Luca Romano del quotidiano "il Giornale" dal titolo "MPS - Raffica di perquisizioni" riportato sul vostro sito in data 19 febbraio u.s. in cui si afferma che "L'ex capo dell'area legale di Mps, Raffaele Giovanni Rizzi, ha raccontato ai magistrati che «quando si parlava dell'operazione Alexandria, Baldassarri mi faceva intendere che i vertici della banca erano partecipi. Vigni e Mussari erano al corrente degli aspetti salienti dell'operazione e si tenevano regolarmente informati»", l'Avv. Raffalele Giovanni Rizzi smentisce di avere rilasciato tali dichiarazioni, non essendo peraltro ancora mai stato sentito dai magistrati nell'ambito della vicenda in questione. La predetta dichiarazione va probabilmente attribuita a Raffaele Ricci della Banca Nomura come evidenziato in articoli sullo stesso argomento pubblicati nella medesima data da altre testate giornalistiche".
Cordiali saluti
Avv. Maurizio Bellacosa

Lettera 3
Caro Dago,
perchè Giannino deve per forza parlare di complotto e manovre oscure per farlo fuori?
Perchè non ammette di aver fatto una grossa stronzata e basta? Non può essere che il prof. Zingales abbia fatto scoppiare la bomba solo ed esclusivamente perchè è una persona seria? E la laurea magari se la sarà sudata? O pensa il Giannino che ci sia la manina di Bersani, Berlusconi, servizi segreti etc. nell'aver fatto venire fuori la bufala dei suoi titoli? Sono stati loro a dirgli di andare in giro, per anni, a raccontare frottole sui suoi studi e sulle lauree mai guadagnate? Ma dai, un po' di serietà....
Buon lavoro
Roberto

zingales e giannino

Lettera 4
Caro Dago,
Maroni dà del terrorista a chi scoperchia gli intrallazzetti della Lega, ma ha già pronta la mossa per contrastare il tutto: in caso di vittoria, la Regione Lombardia acquisterà alcuni elicotteri Finmeccanica per stanare questi pericolosi terroristi !!!
Recondite Armonie

zingales

Lettera 5
Scovate le tracce di titoli di studio farlocchi nei ravioli dell'azienda politicante nazionale, a riprova che, forse, Oscar Giannino ha soltanto la terza elementare, adesso, grazie allo spaccio di titoli falsi, si spiega finalmente il grande mistero del liberalismo che non c'è, non c'è mai stato e non potrà giammai radicarsi in Italia. Fatto è che la religione della libertà, come direbbe Benedetto Croce, pensatore e uomo politico meno liberale di quanto si creda, avrebbe bisogno di una specie estintasi prima di apparire nella Penisola: i liberali. Giancarlo Lehner

Lettera 6
Dunque, dunque...avrà senz'altro pensato e trovato un colpo di teatro, ma forte forte (forse anche due, uno a beneficio dei partitari IVA e uno per gli stipendiati fissi)...io punto su qualcosa del tipo "Rivedrò la riforma Fornero", anzi, meglio: "Cancellerò la riforma Fornero nel corso del primo Consiglio dei ministri!", e poi "Lo stipendio di giugno sarà completamente de-tas-sa-to!", o "Abolisco il canone RAI", oppure ancora "Tutte le spese mediche e di istruzione saranno detraibili da subito"; non male anche il "Cchiù pilu per tutti", ma non affascina le elettrici...no, non si può usare...ci sono: "Uno stipendio mensile di 800 euro per tutte le mamme casalinghe".
Potrebbe andare, no?!
Giuseppe Tubi

OSCAR GIANNINO SBRAITA SUL PALCO

Lettera 7
Caro Dago, questa storia dell'imu mi sa tanto di specchietto per le allodole o trappola per i polli che ancora credono alle parole di Berlusconi. Dice di voler togliere l'imu, rimborsare l'ultima pagata, togliere l'irap e chi ne ha piu ne metta. Dice che i soldi ci sono (basta, dice, tassare di piu i fumatori, gli alcoolici, i giochi d'azzardo, ecc.).

Ma per recuperare tutti quei soldi (qualche decina di miliardi)non basteranno tali misure e da qui partiranno tagli alla sanità, alla scuola, alla sicurezza, ai trasporti e naturalmente alle spese dei comuni (che già adesso non hanno i soldi per sistemare le strade - milioni di buche pericolose - pagare le mense scolastiche , dare assistenza agli anziani ed ai portatori di handicap, sistemare i siti a rischio idreologico, ecc. ecc.). Non credete alle favole... ciò che esce dal portone (meno imu), rientrera dalla finestra (i tagli su indicati). Salvatore Mancuso

OSCAR GIANNINO

Lettera 8
Caro Dago,
in pochi hanno ricordato che Oscar Giannino, che ha "pompato" il suo curriculum millantando lauree e master mai conseguiti, è lo stesso Oscar Giannino che vorrebbe abolire il valore legale dei titoli di studio. Ora sappiamo perché ce l'ha così tanto con chi le lauree e i master se li suda sui banchi delle università. RP

Lettera 9
Caro DAGO, quei furboni che anticiparono il voto a febbraio (mai visto prima) sperando che Grillo non facesse in tempo a partecipare adesso se la fanno sotto chiedendosi se i loro atavici partiti saranno penalizzati dal maltempo in arrivo. Il classico boomerang sui coglioni.Solo per questo meriterebbero di perdere.Saluti BLUE NOTE

OSCAR GIANNINO COME DJANGO jpeg

Lettera 10
Ma Mr. Zingales, co-fondatore di FXFIF e (presumo) fortissimo alleato-amico di Giannino, visto che nessuno si era accorto, non poteva a quattr'occhi chiedergli di togliere dal CV il master di Chicago? Perché questo plateale sputtanamento? Non ha valutato, Mr. Zingales, che questo avrebbe spianato la strada a Berlusconi in Lombardia? O lo ha scientemente e tempestivamente valutato?
Carlo 46

Lettera 11
Dago darling, dopo la ricca e scicchissima ereditiera Borletti Buitoni, che sta inondando Milano con una sua raffinata brochure a favore dei separati in casa Monti e Ambrosoli [Bersani], anche il giuslavorista Ichino ha auspicato il voto disgiunto [o utile!] (Monti a Roma, Ambrosoli a Milano) e abbandonato l'ex-sindaco meneghino Albertini al suo triste declino. Per giunta, il bersaniano Ambrosoli s'e messo a fare il sirenetto corteggiando i grillini per avere anche da loro il voto disgiunto e quindi lasciare in mutande anche la signora Silvana Carcano, candidata (senza scopo di lucro) dei grillini al ricco governatorato lombardo.

Che casino! Altro che Milano capitale morale e città d'animo cattocalvinista, qui ormai siamo a una versione longobarda-bizantina della Istanbul dell'ultimo sultano ottomano... quando incombevano (e tutto travolgevano) i vigorosi (se non fosse proibito, userei il termine "arditi") e arrabbiati giovani turchi di Mustapha Kemal Ataturk. E se Grillo fosse il nostro Ataturk, o meglio AtaItal? Salamalikum
Natalie Paav

BERSANI MONTI

Lettera 12
Egregio Direttore,
La vicenda Giannino mi riporta alla mente le tante accuse fatte a Berlusconi, per aver mentito su Ruby, nipote di Mubarak. Poteva averlo informato la ragazza, qualche altro del suo staff, fatto sta che B. è stato linciato. Ora leggo un comunicato de La voce repubblicana, a difesa di Giannino:avrebbero fatto meglio ad evitarne l'uscita.

In sintesi:" magari poteva avere sei lauree e non capire niente di niente, davvero non è questo che conta in un uomo politico, conta il presente e le speranze future". Credevo che il quotidiano non esistesse più, comunque in questi ultimi 20 anni è stato " in sonno", non si è sentito mai a difesa di altri, come avrebbero saputo fare i grandi La Malfa e Spadolini o mi scuso se mi è sfuggito.
Grazie per l'attenzione e buon lavoro
L. C. G.
Montepagano (Te)

Lettera 13
Di Oscar Giannino è sicuramente più deprecabile il modo di vestirsi che l'essersi gonfiato il CV. Sono anni che dimostra le sue capacità ed il suo pensiero. E' ridicolo permettergli di lasciare tutti i suoi elettori in mezzo ad una strada a 4 giorni dalle elezioni.
Matteo d'Aloja

MONTI E BERSANI

Lettera 14
CARO DAGO
La frase di grillo "arrendetevi siete circondati" è rubata da una manifestazione del 1993 fatta a Roma dai giovani del Movimento In bocca al lupo a questa povera Italia
Paolo rip

Lettera 15
Caro Dago,
vorrei chiedere all'esimio direttore generale Rai, Luigi Gubitosi, se non ritenga che il suo iniziale voto di trasparenza collida con le voci che da settimane ormai spazzano i corridoi di viale Mazzini. Infatti, l'esimio direttore generale ha diramato una circolare che vieta i doppi incarichi in Azienda e di conseguenza persone come Giorgino e Petruni, tanto per citarne alcuni, hanno dovuto ottemperare ed indicare una preferenza.

Così non può dirsi di un altro personaggio, famoso conduttore di programmi culturali notturni, che - posto davanti a una scelta - si è dapprima trincerato sulla volontà di non aderire al dettato direzionale, volendo mantenere sia la conduzione sia il ruolo di capo struttura. Salvo poi adagiarsi sulle rassicuranti parole del più papabile dei candidati a dirigere la struttura, che ha proclamato che, nel caso dovesse essere chiamato a svolgere questo ruolo, tutto rimarrebbe inalterato e il personaggio di cui sopra, oltre a mantenere la conduzione, eserciterebbe di fatto la funzione di capo struttura.
Allora, esimio direttore generale, la sua trasparenza collide o collude?
Gioia

BERLUSCONI BERSANI MONTI GRILLO E LA PREGHIERA DELLE URNE

Lettera 16
Caro Dago,
Ma che femminuccia questo Giannino! Pizzicato per un venialissimo peccatuccio di vanità (in Italia, da sempre patria indiscussa dei falsi dottori), piange, si imbarazza, smentisce, smentisce la smentita, dà le dimissioni da candidato sperando che vengano respinte.

BERLUSCONI CON LA MASCHERA DI GRILLO

Ben altra tempra dimostrò a suo tempo la (ora non più) onorevole Santanchè in un frangente simile, avendo spacciato nel suo curriculum un semplice corsetto di aggiornamento alla Bocconi (aperto a cani e porci, non solo a laureati, e privo di qualsiasi valore accademico) per master universitario, presa anche lei in castagna da un settimanale dopo aver piazzato la bufala nientemeno che sul sito ufficiale del Governo Berlusconi, di cui era sottosegretario.

albertini monti article

Allora l' indomabile Santanchè fece fuoco e fiamme, minacciò querele (di cui non si è saputo più niente), promise di pubblicare il suo diploma di master (che poi non pubblicò), riuscí ad ammorbidire la smentita della Bocconi (declassata a "precisazione"). Cosí i giornali suoi amici e partner in affari gridarono alla "macchina del fango della sinistra" e l' affare rapidamente si sgonfiò.

Solo adesso la Santanchè, a scanso di polemiche, degrada nel proprio sito il falso master a semplice programma di formazione.
Insomma, caro Dago, che donna! Anzi, verrebbe da dire, che uomo! (secondo la nota dichiarazione della diretta interessata). Altro che il tentennante Giannino!
Lo spulciacurricula

 

CHI CON LA CUCINA CI MANGIA - SE UNA VOLTA I DIVI ERANO I CALCIATORI, OGGI I PIÙ FIGHI DI TUTTI SONO I CUOCHI

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1. MASTERCHEF, DOMANI SERA SFIDA FINALE
(ANSA) - ''Ci sono una decina di programmi di cucina: Masterchef e' diventato il format per quel genere, con una fedelta' di pubblico che ha toccato l'85% e un aumento di spettatori dalla prima all'ultima puntata del 90%''. Lo ha detto il direttore di produzioni originali Sky, Nils Hartmann, presentando la puntata finale di Masterchef che andra' in onda domani sera. Dei 18 concorrenti in gara sono arrivati in finale Andrea Marconetti, Maurizio Rosazza Prin e Tiziana Stefanelli.

CRACCO E BENEDETTA PARODI JOE BASTIANICH E LA MADRE

2. CUOCO DI CARTA
Foto di Sandro Pizzi per Dagospia

Sexy e spietato, il cuoco più amato della tivù dei talent show è sbarcato a Roma. Tra i giudici di MasterChef, il programma di culto in onda su Sky, Carlo Cracco ha incontrato alla Arion Prati fan e appassionati dei fornelli per presentare e firmare il suo nuovo libro, ‘'Se vuoi fare il figo usa lo scalogno''. Tecnica ed esperienza concentrate in sessanta ricette: "Spesso i libri di cucina sono scritti da donne per donne, il mio è un approccio diverso parlo a tutti. Il titolo fa riferimento al pudore di molti nell'ammettere che non amano la cipolla, sembra quasi sia un difetto. E invece diventa un motivo per trovare una degna alternativa, il soffritto con lo scalogno è più dolce".

CRACCO E CICCAGLIONI ALLA LIBRERIA ARION

Sul successo della celebre trasmissione, di cui è protagonista insieme a Bruno Barbieri e Joe Bastianich, è strasicuro: "Il pubblico apprezza la serietà, quella etichettata come severità. Certo, c'è anche lo spettacolo ma in questo caso la cucina non rappresenta la parte televisiva di colore, come al solito, è la storia dei concorrenti, tutto è assolutamente reale".

Un rigore "necessario perché diamo sempre l'opportunità di capire gli errori", che non perdona la mancanza di rispetto: "E' quella sia verso gli ingredienti che gli ospiti, preparando da mangiare si dona qualcosa, è un atto importante. Per questo sono fondamentali prima il palato, poi il cuore".

CARLO CRACCO jpeg

3. CELEBRITA' IN CUCINA
Emanuele Coen per "l'Espresso"

Per entrare nel mondo dei celebrity chef 2.0 basta seguire l'agenda di Jamie Oliver. La settimana comincia con il lancio del suo "Food Tube", il nuovo canale su YouTube dedicato al cibo. Piatto forte: affettare il maggior numero di peperoncini in trenta secondi ed entrare nel Guinness dei primati.

Superata la sfida, lo chef britannico innamorato dell'Italia si divide fra show tv, presentazioni di libri, consulenze e conferenze internazionali, decine di ristoranti da Sydney a San Pietroburgo. All'orizzonte c'è il Food Revolution Day, il 19 maggio: oltre 600 eventi in 400 città e 45 Paesi, dall'Alaska alla Sierra Leone, in nome del cibo "vero" e sano.

CARLO CRACCO SULLA COPERTINA DI GQ

Obiettivo: far capire a tutti, soprattutto agli americani, che l'obesità è un crimine contro l'umanità. A 37 anni, Oliver dispone di un patrimonio netto di 175 milioni di euro, secondo la classifica dei nababbi stilata ogni anno dal "Sunday Times". È lui l'imprenditore del settore più ricco e anche l'autore più pagato del Regno Unito dopo J.K. Rowling, l'inventrice di Harry Potter.

La punta dell'iceberg di un fenomeno globale: i celebrity chef costruiscono un impero commerciale attorno al proprio personaggio, ma alcuni non si accontentano e si atteggiano a maître à penser, diventano ambasciatori di progetti umanitari, attivisti per l'educazione alimentare.

JAMIE OLIVER

GUERRA IN TV. La guerra fra i divi dei fornelli si combatte anche con le frecciate rilanciate dai tabloid. «Se pretendi di insegnare agli americani come mangiar sano, almeno tu devi essere in forma», ha detto di recente Gordon Ramsay riferendosi a un collega in sovrappeso.

Ma è la tv a fare la differenza. Il biondo cuoco scozzese è la star rude e sprezzante di "MasterChef Usa" e "Hell's kitchen", gli show che trainano anche i suoi libri. Che vendono centinaia di migliaia di copie e in Italia hanno fatto la fortuna di un piccolo editore, Guido Tommasi, che in 12 mesi ha sfornato quattro volumi di mister Ramsay, tra cui "Un sano appetito", finora 35 mila copie.

CARLO CRACCO SU GQ

Un'eredità, quella del cattivo in divisa bianca, che Antonino Cannavacciuolo è pronto a raccogliere: in queste settimane registra "Cucine da incubo Italia", versione italiana (da maggio su FoxLife) del celebre "Kitchen Nightmares" con Ramsay. Il 37enne chef napoletano, che tra l'hotel ristorante Villa Crespi, sul lago d'Orta (due stelle Michelin), Locanda del Pilone e Laqua Resort ha un giro d'affari di 3,4 milioni di euro e 50 collaboratori, avrà il compito di risollevare le sorti di ristoranti sull'orlo del fallimento a causa della cattiva gestione.

CARLO CRACCO SU GQ

«Anche io, se le cose non girano, mi incazzo», premette Cannavacciuolo, che però aggiunge: «È finita l'epoca dello chef padre-padrone, vince la squadra. Ci vogliono armonia, passione e sacrificio: anche nel Napoli di Maradona c'erano Bagni, De Napoli e Bruscolotti che recuperavano palla. Lui in difesa non tornava mai».

Fatto sta che un tempo per intervistare un cuoco bastava bussare in cucina, oggi tocca scavalcare un muro di addetti stampa, pierre e agenti. È il caso di Carlo Cracco, giudice-sex simbol di "MasterChef" e proprietario del ristorante Cracco a Milano (due stelle Michelin), in questi giorni sul palco del Teatro Ariston per il Festival di Sanremo, tra i personaggi (c'è anche Benedetta Parodi) che proclamano i vincitori delle varie categorie.

Consulente del Ristorante Trussardi alla Scala, firma i menù della business e first class di Singapore Airlines e ha scritto il libro "Se vuoi fare il figo usa lo scalogno" (Rizzoli), undici edizioni e oltre 90 mila copie vendute in pochi mesi. Lo stesso editore di "Restaurant man", memoir di Joe Bastianich, che insieme a Bruno Barbieri completa la giuria del talent show culinario.

VINO E SESSO CARLO CRACCO ALLA LIBRERIA ARION

Una multinazionale, Bastianich: figlio di Lidia, una delle chef più note negli Stati Uniti, possiede una trentina di ristoranti di cui 20 sparsi per l'America (in estate aprirà il primo in Italia, a Cividale del Friuli, in una delle sue tre aziende vinicole nella Penisola), 3 mila dipendenti e un fatturato di 250 milioni di dollari. L'ultimo exploit è Eataly a New York, in società con sua madre, l'amico chef Mario Batali e Oscar Farinetti: 80 milioni di fatturato nel primo anno.

«È andata al di là di ogni previsione. Ora stiamo per aprire un altro Eataly a Chicago, poi sarà la volta di Los Angeles, Città del Messico e San Paolo», annuncia Bastianich. Per conto suo, la nuova frontiera è la Cina: due ristoranti già aperti a Hong Kong e altri due in programma a Shanghai. E il sogno di quotare il suo gruppo a Wall Street.

CIBO E SESSO

CHEF SENZA RISTORANTE. Sul magico pianeta degli chef catodici c'è chi possiede trenta ristoranti e chi nessuno. Come Benedetta Parodi, diva del programma "I menu di Benedetta", in onda tutti i giorni su La7. Il suo libro "Mettiamoci a cucinare" (Rizzoli) ha venduto finora quasi mezzo milione di copie, che si aggiungono al milione e mezzo di "Cotto e mangiato" e alle 850 mila di "Benvenuti nella mia cucina", entrambi per Vallardi.

«In tempi di crisi, il successo dei libri di cucina si può spiegare con il fatto che la gente tende a uscire di meno ma non rinuncia alla buona tavola, quindi cucina e sperimenta ricette a casa. È un po' come se si dicesse: "Una cena al ristorante di Cracco non me la posso permettere, invito lui a casa a suggerirmi un paio dei suoi piatti"», ragiona Luca Ussia, responsabile editoriale della varia Rizzoli, che pubblica Bastianich, Cracco e Parodi. La quale, malgrado la notorietà, esclude di aprire un locale tutto suo. «Ho tre figli, non voglio sottrarre tempo alla famiglia. Adoro il mio lavoro ma non mi ritengo una chef», sintetizza Parodi.

JAMIE OLIVER

Chi invece accarezza l'idea di aprire un ristorante è Alessandro Borghese, 36 anni, che dopo aver lavorato come cuoco sulle navi da crociera e in cucina a Londra, Parigi e New York, si è fatto strada in tv con programmi di successo. Oggi va in onda con il cooking show "Ale contro tutti" (SkyUno Hd) e "Cortesie per gli ospiti" (Real Time), ma il vero business fa capo alla società Il lusso della semplicità, con cui organizza catering per eventi dal Giappone agli Stati Uniti, matrimoni e consulenze, con un fatturato di oltre un milione di euro all'anno. «Sto meditando di aprire un ristorante, forse a Milano. Finora ho voluto diversificare le mie attività per riuscire a viaggiare; quando ti metti in proprio ti aspettano 16-18 ore di lavoro al giorno».

I GIUDICI MASTERCHEF

MARCHESI E DUCASSE. Chi ha viaggiato, e molto, è Gualtiero Marchesi. Il gran maestro dei cuochi italiani aprì il ristorante a proprio nome in via Bonvesin de la Riva nel 1977, dopo aver lavorato al fianco dei più importanti chef francesi. E nel 1985 fu il primo italiano a ricevere le tre stelle della guida Michelin. Oggi Marchesi, classe 1930, dirige un'organizzazione multiforme con lo slancio di un quarantenne.

Oltre ai ristoranti Il Marchesino, a Milano, e Gualtiero Marchesi nell'Albereta, a Erbusco in Franciacorta, è a capo de La Marchesiana, l'azienda di famiglia proprietaria dei marchi cui afferiscono attività editoriale, master, consulenze a grandi hotel e aziende, attività di ricerca in campo gastronomico, merchandising di piatti e posate, nonché la Fondazione Marchesi.

CARLO CRACCO ALLA LIBRERIA ARION

Per un giro d'affari di sei milioni di euro all'anno, cui il maestro affianca il ruolo di rettore di Alma, la scuola internazionale di cucina italiana nella Reggia di Colorno, vicino a Parma, con centinaia di giovani cuochi e pasticceri provenienti da ogni parte del mondo per specializzarsi. La formazione, con la Scuola di cucina a Parigi e la Scuola nazionale di pasticceria a Yssingeaux, nell'Alta Loira, è anche uno dei cardini di Alain Ducasse Entreprise, la holding del celebre chef francese, attiva da Londra a Hong Kong: venti ristoranti, tre hotel di charme e lusso, una casa editrice, 1.800 dipendenti. Una macchina che fattura 68 milioni di euro.

I GIUDICI MASTERCHEF

 

ALDO BUSI VA A RUOTA LIBERA SULLA CAMPAGNA ELETTORALE: “VOTERÒ DI SICURO AMBROSOLI PER LA REGIONE LOMBARDIA”……

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Da "affaritaliani.it"

Aldo Busi, domenica andrà a votare? Per chi?
"Certo che andrò a votare, esclusivamente come atto di rispetto e di speranza verso le nuove generazioni di italiani e innanzitutto di europei. Sarà un voto all'insegna della Realpolitik che non deve necessariamente incontrare il mio favore e appoggio personali. Se si esclude tutta la vecchia e nuova ferramenta italiota...

DA OGGI ALDO BUSI

Berlusconi, Lega, Casini, Grillo, che tanto mi ritroverò per obbligatoria alleanza governativa di qua o di là... voterò di sicuro Ambrosoli per la Regione Lombardia, mentre non dico chi voterò per le Politiche: nessuno se lo merita veramente e non mi va di fare da traino a una carretta appena appena meno traballante delle altre in circolo, vizioso. Se Grillo ha Casaleggio, un Bersani e un Monti che non abbiano Aldo Busi oggi hanno scarsissima credibilità circa i loro programmi anche solo d'intenti".

Ha seguito la campagna elettorale?
"Non particolarmente, l'ho subita come tutti, troppe trame e poco ordito visibile, quasi sfilacciato apposta da patti segreti tra poli solo apparentemente opposti, aspetto che ricamo e ricamato facciano tutt'uno e si veda il disegno finale, a me forse meno imperscrutabile che agli stessi tessitori.

monti berlu bersani voto

L'unica cosa che mi ha colpito è una non recente intervista al procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri, una delle grandi e vere coscienze civili del Paese, che ha avuto di nuovo il potere di raggelarmi il sangue, cito a braccio: 'Dagli anni Settanta in poi, le mafie hanno fatto studiare i loro eredi nelle più prestigiose università europee e americane e oggi sono chirurghi, banchieri, politici, poliziotti...

Sono professionalmente al di sopra di ogni sospetto e al contempo sono dei veri e propri capi mafia'. Non ricordo se abbia aggiunto 'giudici e preti' ma ci sta, la lista delle arti & mestieri poteva andare avanti di un bel po' per forza d'inerzia. Come scrittore immagino che l'unico colpo di vita di una mela marcia sarebbe staccarsi dal picciolo e fare autodafé. In un romanzo può succedere che un pentito non scaglioni nel tempo le sue verità a scoppio ritardato".

papa ratzinger benedetto

Beppe Grillo sta riempiendo le piazze, e il Movimento 5 Stelle preoccupa i partiti tradizionali. Anche Dario Fo e Adriano Celentano appoggiano l'ex comico. La sua "avanzata" la preoccupa?
"Almeno quanto il crocefisso che uno di queste romantiche ugole d'antan esibiva proprio l'altro ieri fuori dalla maglietta a V, che poi è sempre la solita avvertenza riciclata dell'‘in hoc signo Vinces' del chierichetto avvizzito che va sull'usato sicuro".

Antonio Ingroia

Ancora una volta, la campagna elettorale ha rilanciato Silvio Berlusconi. Pensa che gli italiani rivoteranno l'ex premier?
"Certo che lo voteranno, perché non dovrebbero votarlo e perché stupirsene? Ma se nell'imminente conclave ci sarà qualcuno che vota persino il cardinale Mahony che ha coperto i preti pedofili statunitensi!".

E come giudica la campagna elettorale di Bersani e del Partito Democratico?
"Di un tatticismo esasperato ed esasperante degno del 'Cortigiano' di Baldassar Castiglione, linguaggio sublime a parte. In soldoni: nessuno di loro... perché sono propri tanti... ha né l'umiltà del capo né la grandezza del gregario, da qui questa disgregazione suicidale. Chi non sa mettersi a servizio in un momento di nevralgica gravità... prossima a essere tragica in maniera greca... non è poi neppure in grado di mettersi a capotavola qualora pure gli riuscisse".

cover busi El specialista de Barcelona

Ha notato la "trasformazione" di Mario Monti, da leader del "governo dei tecnici" a politico a tutti gli effetti. La sua "evoluzione" convincerà gli italiani?
"Guardi, Monti meriterebbe il voto solo perché ha detto circa un paio di mesi fa che mentre Berlusconi prometteva di eliminare l'Imu, lui stava pensando di raddoppiarla a fine anno. Poi, da un punto di vista culturale e di processo di emancipazione globale del Paese, non mi rappresenta in niente e per niente, ha detto delle cose invero reazionarie sul concetto di famiglia e di diritti civili, cose che starebbero bene in bocca a un Putin o a uno dei suoi nerissimi mignon ortodossi.

Insomma, Monti farebbe meglio a portare un po' di Europa in Italia invece di portare dell'altro Vaticano in Europa. E poi vorrei ricordargli che un Primo Ministro degno di tale carica si commuove ricordando i nipotini solo se sono quelli degli altri che non mangiano a sufficienza o non hanno i soldi per la retta dell'asilo perché i loro genitori sono disoccupati e i loro nonni si sono visti decurtare la pensione di un terzo del suo valore d'acquisto in dieci anni".

dario fo

Lei ha dedicato il suo ultimo libro al magistrato Antonio Ingroia, ma non ha condiviso la sua scelta di candidarsi. La delusione resta?
"Nessuna delusione in alcun senso, non vedo con qual diritto potrei essere deluso, non ci siamo neppure mai parlati per telefono, non ho investito poi ‘sto granché sulla sua decisione. Non la condivido ma la rispetto.

E' notorio che sto aspettando la seconda ristampa de 'El especialista de Barcelona' per togliere quella dedica. Del resto, lui magistrato non lo è più, non sono io che mi rimangio alcunché. Magari un giorno la ripristinerò senza qualifica, il che significherebbe per lui un trionfo assoluto. Glielo auguro. Certo dovrà meritarsela".

CELENTANO E BEPPE GRILLO

In generale, la cultura trova pochissimo spazio in campagna elettorale: perché ai politici interessa così poco?
"Perché soffrono della sindrome della Bella Fighetta, ‘se scoprono che non sono del tutto un'oca giuliva poi gli uomini non mi vogliono più e le donne sono ancora più invidiose'. A me basterebbe che avessero una solida cultura del lavoro, ma per averla bisogna anche aver lavorato non in politica ma per mettere assieme il pranzo con la cena. Quanto al resto, adesso non esageriamo con le pretese intellettuali e cognitive e di conseguenza etiche dei politici italiani o il popolo degli elettori non vi si riconoscerebbe più".

Mentre l'Italia va al voto, in Vaticano è andato in scena un momento epocale: Papa Ratzinger ha deciso di dimettersi. La sua scelta l'ha colpita?
"Be', ha fatto pur sempre una gran bella carriera se si tiene conto che con lo Sbarco in Normandia sembrava che, aprendosi i cancelli dei campi di concentramento, alla Hitlerjugend si chiudessero in faccia tutte le porte. Ora anche le dimissioni! Come inviarsi da sé un mazzo di baccarat del porpora più divinamente sberluccicante. Un colpo di scena degno di Wanda Osiris".

BEPPE GRILLO E GIANROBERTO CASALEGGIO ALLARRIVO IN SICILIA

A luglio, al Ninfeo di Villa Giulia, potrebbe essere lei a venir votato, da candidato al premio Strega con il suo ultimo romanzo, "El especialista de Barcelona" (Dalai Editore), molto apprezzato dalla critica: cosa si aspetta dai giurati, gli Amici della Domenica?
"Del mero buon senso, e cioè che rendendo omaggio al dissoluto e cül alegher genius loci papa Giulio III colgano al volo l'occasione unica... e che mai più si ripresenterà con un capolavoro di pari levatura... e premino finalmente se stessi premiando me. Mi sto già guardando in giro perché per l'occasione non so ancora che scopa mettermi e dove. Ton-sur-ton e va bene, ma ton-sur-ton con che?".

 

 

MAL DI PANSA - GRILLI E IL NUOVO AD DI FINMECCANICA SI SONO FATTI GIÀ UNA BELLA “BAD REPUTATION”

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1- PANSA RESTA IN SILENZIO NESSUNA IPOTESI DIMISSIONI
Gianni Dragoni per "Il Sole 24 Ore"

La parola dimissioni è tornata a rimbombare nel palazzo di vetro di Finmeccanica. Ma solo per qualche ora. Il neo amministratore delegato, Alessandro Pansa, ieri non ha fatto commenti ufficiali alle rivelazioni, nelle carte dell'indagine che ha portato all'arresto di Giuseppe Orsi, di una sua richiesta ai vertici di Mediobanca nel 2007-2008 per ottenere aiuto «per risanare i debiti per circa 400.000-500.000 euro» dell'allora moglie di Vittorio Grilli, Lisa Lowenstein. Richiesta rigettata dall'a.d. Alberto Nagel e dal vicedirettore generale Maurizio Cereda.

VITTORIO GRILLI FOTO ANSA

Un'analisi del Sole 24 Ore mostra che i rapporti d'affari tra Finmeccanica e Mediobanca sono molto stretti. Sono arrivati al culmine nel 2008, quando la holding della difesa ha fatto l'impegnativo acquisto dell'americana Drs, per 5,2 miliardi di dollari (3,4 miliardi in euro) compresi i debiti, con il sostegno finanziario di Mediobanca.

ALESSANDRO PANSA

All'epoca Grilli era direttore generale del Tesoro, oggi è ministro dell'Economia. Grilli è lo sponsor dell'ascesa di Pansa, il 13 febbraio lo ha fatto nominare a.d. di Finmeccanica; il 4 maggio 2011 lo aveva fatto promuovere direttore generale.

Pansa ha rinfoderato l'ipotesi delle dimissioni che aveva fatto balenare in una conversazione telefonica con il giornalista del Fatto quotidiano, Marco Lillo, pubblicata ieri. «Se voi scrivete questa cosa, dovrò trarne le conseguenze», ha detto Pansa al Fatto. Nel senso che si dimette? «E secondo lei che cosa dovrei fare?».

LISA LOWENSTEIN EX MOGLIE DI VITTORIO GRILLI.

Salvo poi precisare: «Non ho un ricordo preciso di un evento di questo genere. Se anche lo avessi fatto, si è trattato solamente di una cortesia, a titolo personale. (...) E questa cosa non ha dato adito a nulla». Alcuni dirigenti e consiglieri di Finmeccanica definiscono queste risposte «un'ingenuità», ma non ritengono che alterino la fiducia nel nuovo amministratore delegato. Dopodomani c'è una riunione del cda, non discuterà di dismissioni.

Una ricostruzione fatta dal Sole 24 Ore mostra un intenso rapporto con Mediobanca, tra le banche d'affari preferite della holding della difesa, insieme a Goldman Sachs. Nel 2000 l'Iri ha venduto più del 45% di Finmeccanica, incassando 5,5 miliardi di euro. Mediobanca guidava il gruppo di tre banche coordinatrici del collocamento e ne ricavò ricche commissioni. L'anno successivo Pansa venne assunto in Finmeccanica come direttore finanziario(Cfo).

GIUSEPPE ORSI

Fin dal 2000 Mediobanca ha detenuto una quota dell'1% circa in Finmeccanica che ha periodicamente consentito alla banca di far eleggere da tre a quattro consiglieri. Nomine in realtà concordate con Finmeccanica e con il governo (su indicazione di Claudio Scajola Mediobanca ha candidato il giurista Piergiorgio Alberti). Solo in anni recenti Mediobanca è uscita dal capitale di Finmeccanica, nelle nomine del 2011 non c'è la sua firma nella lista di minoranza.

Nel marzo 2006 Mediobanca ha guidato con Goldman Sachs il collocamento in Borsa di Ansaldo Sts, che ha fruttato a Finmeccanica circa 400 milioni. Da allora Cereda è nel cda di Sts, della quale è presidente Pansa.

Maurizio Cereda

Nel 2008 l'affondo americano su Drs: Mediobanca è tra le banche che hanno organizzato il prestito ponte da 3,2 miliardi di euro per Drs (insieme a Goldman, Intesa e Unicredit) ed è stata il global coordinator con Goldman dell'aumento di capitale da 1,2 miliardi di Finmeccanica. Nel 2011 Mediobanca ha avuto l'incarico per il riassetto del settore trasporti del gruppo.

GOLDMAN SACHS


2- LETTERA DI VITTORIO GRILLI AL "SOLE 24 ORE"
Caro Direttore, sono costretto, di nuovo, ad intervenire sulla fantomatica vicenda di presunte consulenze che sarebbero state elargite alla mia ex moglie, sig.ra Lisa Lowenstein, dalla quale sono separato dal 2008 ed ufficialmente divorziato con sentenza del Tribunale di Milano, n. 1500/2013.

Tale intervento segue, al solo fine di ribadire e confermare, quanto da me già chiarito con una lettera a Lei indirizzata, e pubblicata sul suo giornale il 3 Ottobre 2012, con articolo avente titolo «Perché sono solo false insinuazioni».

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1) Non ho mai chiesto favori per me o per la mia ex moglie Lisa Lowenstein, dalla quale sono separato da 5 anni e, allo stato, legalmente divorziato. Le autonome iniziative economiche della mia ex moglie non solo non sono state da me condivise, ma le stesse sono state causa, non ultime, della mia separazione risalente, come premesso all'anno 2008.

2) Tale circostanza, pur non volendo considerare le smentite pervenute dai soggetti coinvolti, è stata confermata dall'audit interno di Finmeccanica, commissionato in data 5 Settembre 2012, dall'allora Presidente ed Amministratore Delegato della stessa, ingegnere Giuseppe Orsi, al fine di «evidenziare ed analizzare» l'affidamento di incarichi professionali da parte delle società del Gruppo alla signora Lowenstein, nel periodo 1° Gennaio 2005 - 30 Giugno 2012.

VITTORIO GRILLI E LA SUA FIDANZATA ALESSANDRA FERRUCCIO

Le verifiche effettuate hanno dato esito negativo, così come evincibile dall'estratto delle risultanze delle stesse che recita come segue «Dalle verifiche svolte è emerso che nel periodo oggetto di analisi nessuna società del Gruppo Finmeccanica ha intrattenuto rapporti commerciali né con la signora Lisa Caryl Lowenstein, né con le tre Società menzionate: Made in Museum srl, MIM Merchandising srl e Style Muffin LLC». A tali fatti non ho nulla da aggiungere.

CORRADO PASSERA E VITTORIO GRILLI


3) Apprendo dalla stampa odierna che negli interrogatori resi agli Organi Inquirenti l'11 Ottobre 2012, i Dottori Alberto Nagel e Maurizio Cereda di Mediobanca, avrebbero riferito che il dott. Alessandro Pansa, all'epoca Condirettore Generale di Finmeccanica, per il quale ho stima professionale e da anni amicizia personale, avrebbe chiesto - tra il 2007 ed il 2008 -, se fosse stato possibile ristrutturare il debito contratto dalla signora Lowenstein o da società a lei riconducibili. Richiesta alla quale gli stessi avrebbero poi dato risposta negativa. Anche a tale circostanza, irrilevante e già chiara nelle modalità in cui si è svolta, non ho nulla da aggiungere.

VITTORIO GRILLI


4) Infine, per quanto utile possa essere ai fini della chiarezza che impropriamente mi viene richiesta di fare, posso solo ribadire di non aver mai chiesto alcun aiuto, in favore della mia ex moglie, signora Lisa Lowenstein, per sanare la situazione debitoria di quest'ultima, relativa alla sua autonoma attività imprenditoriale.
Cordialmente, Vittorio Grilli

 

 

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