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SAVIANO QUERELA IL “CORRIERE DEL MEZZOGIORNO” E IL VICEDIRETTORE DEL TG1 E CHIEDE UN MEGARISARCIMENTO

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ROBERTO SAVIANO

Carlo Tarallo per Dagospia

Saviano in croce! Manco il tempo di bearsi dello share di "Quello che non ho" e sul Gomorroico si abbattono polemiche e critiche a go-go. Questa mattina la notizia choc: Roberto Saviano trascina in tribunale l'editore del Corriere del Mezzogiorno (Giorgio Fiore, presidente di Confindustria Napoli) e l'attuale vicedirettore del Tg1 Genny Sangiuliano. Roberto chiede un risarcimento di 4,7 milioni di euro per quella che a suo giudizio sarebbe stata una "campagna diffamatoria" nei suoi confronti.

GENNARO SANGIULIANO E SIGNORA

Una "macchina del fango" che sarebbe scattata per il "pregiudizio alla reputazione" del telescrittore seguita alla querelle filologica tra lo stesso Roberto Saviano e Marta Herling la nipote del filosofo napoletano (querelata anche lei?) che contestò la ricostruzione "savianica" degli ultimi attimi di vita del padre di Benedetto Croce, morto sotto le macerie della sua casa di Casamicciola distrutta dal terremoto del 28 luglio 1883.

La tesi di Saviano, illustrata durante i monologhi di "Vieni via con me", è che il padre di Croce abbia detto, prima di morire, al figlio: "Offri centomila lire a chi ti salva". Ma la Herling contestò la ricostruzione e quella frase in particolare. La vicenda tenne banco per qualche giorno in Tv e sui giornali, ma stamattina un editoriale del direttore del Cormezz, Marco Demarco, ha reso di pubblico dominio l'azione legale intentata da Saviano nei confronti dell'editore del "dorso" napoletano del Corsera (prima udienza a giugno).

Marta Herling

Da lì a scoprire che anche il vicedirettore del Tg1 era stato chiamato in causa per un'intervista alla Herling il passo è stato breve. Tra l'altro, a quanto apprende Dago, Sangiuliano avrebbe querelato a sua volta Saviano per una apparizione a La 7 in quei giorni bollenti del 2011, e avrebbe chiesto 40 milioni di euro da devolvere alle vittime della mafia. Reazioni? Sul web anche i "fans" più accaniti del Saviano inpasserato prendono le distanze dalla sua decisione. "E la libertà di stampa?": si chiedono sbigottiti i "robertiani", delusissimi dal loro "eroe".

Tra l'altro, lo stesso Roberto Saviano aveva collaborato proprio con il Corriere del Mezzogiorno agli esordi della sua carriera. Dubbio del giorno, quello che si rincorre nelle redazioni di tutta Napoli: "Un giornalista di Repubblica che querela il Corriere... ma dove andremo a finire?". E adesso? Chi si schiererà con Saviano? E chi invece con i querelati? Ah saperlo...

MARTA HERLING CONTRO SAVIANO
http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/arte_e_cultura/2011/8-marzo-2011/saviano-croce-casamicciola-mistifica-storia-memoria-190177181801.shtml

Benedetto Croce

2 - MARCO DEMARCO PER IL "CORRIERE DEL MEZZOGIORNO - CORRIERE DELLA SERA"
L'aspetto curioso della vicenda è che alla fine saranno i giudici a dire se è vera o falsa la notizia della «mazzetta» o, se si vuole, della mancia di centomila lire offerta da Benedetto Croce a chi lo tirò fuori dalle macerie di Casamicciola. Si parla del terremoto del 1883, del terremoto dei ricchi, come si scrisse a quel tempo, essendo già allora Ischia meta estiva di famiglie possidenti. L'aspetto inquietante è invece il seguente: per accertare la verità, Roberto Saviano, che la storia l'ha raccontata come vera, ha citato per danni il Corriere del Mezzogiorno, che invece ha ospitato una lettera critica di Marta Herling, segretario generale dell'Istituto italiano per gli studi storici, nonché nipote del filosofo.

Roberto Saviano chiede 4,7 milioni all'editore del Corriere del Mezzogiorno
I dubbi di quest'ultima sull'attendibilità dell'episodio, la loro pubblicazione e quindi i successivi articoli apparsi su questo giornale e su altre testate avrebbero dato vita, secondo Saviano, ad una vera e propria campagna diffamatoria con conseguente «pregiudizio» per la reputazione dell'«istante».

Conclusione: quattro milioni di risarcimento per danni non patrimoniali e 700 mila per danni patrimoniali. Somme che vengono chieste complessivamente ai vari responsabili della campagna. Tra questi, non compare il sottoscritto, direttore del Corriere del Mezzogiorno, che quella lettera ha pubblicato e commentato, ma il rappresentante legale dell'Editoriale del Mezzogiorno, l'azienda che pubblica il nostro quotidiano.

Marco Demarco

Vale a dire l'unico, in sostanza, che di tutta questa vicenda, posso ben dirlo io, non si è mai occupato. La tesi di Saviano, che la storia di Casamicciola l'ha raccontata prima in diretta tv da Fazio due anni fa, e poi in un libro, è che Croce non smentì mai la voce dell'offerta ai soccorritori. La tesi di Marta Herling, la cui lettera è stata pubblicata l'8 marzo del 2011, è invece che quell'episodio non fu mai raccontato dall'unico testimone oculare, che fu, appunto, lo stesso Benedetto Croce.

Il quale descrisse più volte, in libri e interviste, gli attimi terribili in cui perse i genitori e la sorella, ma mai accennando al particolare della «mazzetta». E tanto per capire quanto valessero allora centomila lire, si tenga conto che per le vittime del terremoto di Casamicciola, Papa Leone XIII, il papa della Rerum Novarum e della dottrina sociale della Chiesa, stanziò molto, ma molto meno: ventimila lire.

La nostra tesi, mia e di Giancristiano Desiderio, infine, è che tutte le fonti finora citate da Saviano (prima Ugo Pirro su Oggi del 13 aprile del 1950 e poi Carlo Del Balzo, autore di un libro pubblicato poco dopo i fatti) portano, a loro volta, ad una fonte anonima, probabilmente influenzata dalle polemiche che già al tempo divamparono sul terremoto dei ricchi. E quella di Croce era appunto considerata una famiglia ricca.

Nessuno può escludere che Croce possa essersi autocensurato per ragioni morali, ma perché credere più a fonti anonime che all'unico testimone? È stato questo il quesito da me posto a Saviano. La risposta l'avrò ora con l'aiuto dei giudici napoletani. Nel frattempo mi limito a condividere ciò che Saviano ha scritto più volte sulla libertà di stampa. In modo particolare le parole da lui usate su Repubblica il 29 agosto 2009, a proposito delle domande a Berlusconi: «Nessun cittadino, sia esso conservatore, liberale, progressista, può considerare ingiuste delle domande. (...)

saviano b

Spero che tutti abbiano il desiderio e la voglia di pretendere che nessuna domanda possa essere inevasa o peggio tacitata con un'azione giudiziaria. È proprio attraverso le domande che si può arrivare a costruire una società in grado di dare risposte». Parole sagge, allora come oggi. Proprio per questo mi colpisce che, mentre si torna in tv a celebrare il valore della parola, la si sospetti, per quanto ci riguarda, di intenti diffamatori.

 


ABBIAMO ‘TOCCATO’ IL FONDO (MONTERARIO INTERNAZIONALE) - IL FMI “IMPRESSIONATO” DAI TAGLI DI SUPERMARIO…

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Stefano Feltri per "il Fatto Quotidiano"

CHRISTINE LAGARDE

Anche al Fondo monetario internazionale incrociano le dita e sperano che vada tutto bene (o non troppo male) e che Mario Monti riesca a essere il mediatore che serve all'Europa per limitare i danni della linea tedesca del rigore. "L'Italia è a un buon punto e ha fatto notevoli progressi negli ultimi sei mesi", annuncia il capo del Fmi in Europa Reza Moghadan, in una conferenza stampa al ministero del Tesoro mentre Monti e il suo viceministro Vittorio Grilli sorridono soddisfatti.

MARIO MONTI E IL DITINO ALZATO

Dopo due settimane di ispezione, i funzionari del fondo annunciano i risultati del monitoraggio annuale che compiono su tutti i Paesi (noto come "articolo 4"). I toni sono entusiastici, ricorre l'aggettivo "impressive", impressionante, i tecnici si lanciano addirittura in una mirabolante stima: se l'Italia adotta le riforme strutturali e riesce ad arrivare in linea alla media Ocse (qualunque cosa significhi), il Pil crescerà del 6 per cento. Che significa? Poco. Ma è utile per i titoli dei giornali.

SILVIO BERLUSCONI

A leggere bene il testo del comunicato che riassume l'esito della missione del Fmi, i toni sono un po' diversi. In tutta la conferenza stampa c'è soltanto un vago accenno al punto due del testo che parla di rischi al ribasso delle previsioni di crescita - già sono molto più basse di quelle del Tesoro -1,9 per cento nel 2012, contro -1,2 - dovuto al "rinnovato tumulto finanziario " che farà crescere il costo del debito, aggraverà la stretta creditizia bancaria, e un rallentamento dell'economia reale.

barroso

Non solo. Quando il fondo chiede un "consolidamento fiscale più amico della crescita" (growth-friendly) intende chiaramente dire che finora tasse e tagli hanno aggravato la recessione, anche se hanno migliorato i saldi. Ma Moghadan e gli altri due funzionari, Aasim Husain e Kenneth Kang non enfatizzano i problemi dell'Italia, l'abituale richiesta di privatizzazioni (punto dolente per Monti) è confinata al punto 16, c'è la richiesta di attuare subito la riforma del lavoro e di ridurre il costo del personale nel pubblico. Ma anche questo passaggio non merita più che un accenno in conferenza stampa.

Sono lontani i giorni del G20 di Cannes, a novembre 2011, che Monti evoca con un certo compiacimento, in cui il governo Berlusconi doveva chiedere al Fmi un'assistenza straordinaria, con un programma apposito di consulenza, sulle riforme da fare (era il primo passo per un allora eventuale ma probabile prestito di emergenza). Il premier rivendica: "Il nostro Paese ha dimostrato di poter fare le riforme da solo".

angela_merkel

Di quell'assistenza straordinaria si sono perse le tracce, è stata abbandonata con discrezione, non serviva più senza Berlusconi. Oggi Monti è il referente di tutto l'asse atlantico, dalla Casa Bianca a Londra al Fondo monetario, per sostenere le ragioni della crescita in Europa nel tentativo di far ragionare la Germania, e quindi fanno di tutto per blindarlo, almeno fino al 2013 quando l'Italia tornerà a essere un'incognita politica. Peccato che ci siano i mercati, ieri lo spread tra titoli italiani e tedeschi è rimasto alto, sopra i 430 punti. "Non possiamo indicare una soglia massima dello spread sostenibile", schiva le domande Aasim Husain, vicedirettore del dipartimento europeo del Fmi.

FRANCOIS HOLLANDE Mariano Rajoy

Dietro l'ottimismo e i sorrisi, però, c'è il timore che le cose in Europa siano sempre più compromesse. Il vertice di martedì sera tra il presidente francese François Hollande e la cancelliera Angela Merkel non ha prodotto risultati. Il presidente della Commissione europea, José Barroso, come sempre piccato quando ci sono vertici bilaterali che scavalcano Bruxelles, ha dichiarato: "Noi vogliamo che la Grecia resti nella nostra famiglia, nell'Ue e nell'euro, la Commissione sta lavorando instancabilmente a questo scopo, ma la decisione finale di restare nell'Eurozona deve arrivare dalla Grecia".

mario draghi

Pilatesco quasi quanto il presidente della Bce, Mario Draghi: "Preferiamo che la Grecia resti nell'euro" ma visto che nei trattati non è prevista l'uscita di un Paese dalla moneta unica "ritengo che non sia un argomento su cui la Bce debba decidere". Facciano i greci, insomma. Che hanno già dimostrato col voto del 6 maggio di non avere più fiducia nei partiti europeisti.

Difficile che cambino idea da qui al 17 giugno, quando si tornerà a votare visto che è fallito ogni tentativo di formare un governo. I problemi dei greci non sono più soltanto dei greci da molto tempo. E già circolano le prime stime sulle ripercussioni che avrebbe una crisi bancaria greca, conseguente all'uscita dall'euro, sugli altri due Paesi più deboli. Spagna e Italia.

 

NATA CORONATA - I RIMPIANTI DI ELISABETTA II: “SE NON DIVENTASSI REGINA, MI PIACEREBBE VIVERE IN CAMPAGNA”…

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Enrico Franceschini per "la Repubblica"

REGINA ELISABETTAregina elisabetta

«Mio padre mi ha sempre avvertito che la gente ricorderà ogni mia parola». Non si sbagliava, Elisabetta II, quando fece questa affermazione, e per questo è sempre stata parca di dichiarazioni: al di fuori dei discorsi ufficiali, in pubblico Sua Maestà praticamente non apre mai bocca. In vita sua non ha mai dato un´intervista, men che meno una conferenza stampa.

Non farà eccezione nemmeno per il Giubileo di Diamante, la lunga festa per i suoi sessant´anni di regno: anniversario che culmina il 3 giugno prossimo con la regata di mille imbarcazioni sul Tamigi, guidata dalla sovrana su una chiatta, seguita il giorno dopo da un grande concerto rock a Buckingham Palace. Il prologo è domani, al castello di Windsor, dove la regina riceverà a pranzo tutte le teste coronate del pianeta: dall´imperatore del Giappone al re di Spagna, dal sultano del Brunei al principe di Monaco, dai sovrani scandinavi a quelli mediorientali, senza dimenticare il re di Swaziland e il re di Tonga.

REGINA ELISABETTA

Ma neppure in questo caso è previsto un suo incontro con la stampa. Per farla parlare, non resta che spulciare tra le rare battute che si lascia scappare qui e là: puntualmente annotate da cronisti e biografi, come preziose rivelazioni del suo pensiero. Il padre aveva ragione: non ci siamo scordati neanche una sua parola. Eccole.

Saloni di Buckingham Palace

Infanzia. «Adoravo guardare la gente e le macchine che passavano sotto le finestre di

Buckingham Palace. Sembravano tutti così occupati. Mi chiedevo cosa facessero, dove andassero e come fosse la vita là fuori».

Ambizioni. «Se non diventassi regina, mi piacerebbe vivere in campagna con un sacco di cani e cavalli».

Fuga. «Una volta, a 19 anni, sono uscita da palazzo reale con mia sorella Margaret e ci siamo mescolate alla folla. Eravamo terrificate all´idea di essere riconosciute, mi sono tirata il cappellino sugli occhi e abbiamo camminato a testa bassa fino a Whitehall, emozionate e felici».

la regina elisabetta

La vittoria del 1945. «Ho scritto sul mio diario: Trafalgar Square, Piccadilly, Pall Mall, camminato per miglia. Visti i genitori sul balcone di palazzo a mezzanotte e mezza, rientrata, mangiato, fatto festa, a letto alle 3 del mattino».

Ascesa al trono. «Non ho avuto un apprendistato. Mio padre è morto troppo giovane e così all´improvviso. Bisogna accettare che è il tuo destino, maturare poco per volta nella parte, capire che la continuità è importante. E che è un lavoro a vita».

Regina Elisabetta

Successo. «Puoi realizzare molto, se vieni bene addestrato, e io spero di esserlo stata».

Popolarità. «I governi possono misurare il loro consenso alle urne. Per noi non è così semplice».

Famiglia. «Come nelle migliori famiglie, anche noi abbiamo le nostre eccentricità, i nostri bisticci e i nostri giovani impetuosi».

Comicità. «A casa nostra nessuno fa le imitazioni come me».

Faccia. «Ho il tipo di viso che, se non sorrido, sembro arrabbiata».

Dieta. «Per colazione mi piacciono le uova».

Salute. «Sono figlia di mia madre (morta a 101 anni, ndr)».

Doveri cerimoniali. «Qualche volta preferirei essere all´aria aperta».

LA REGINA ELISABETTA SALE AL TRONO (1952)

Filippo. «È sempre stato il mio punto di appoggio».

Divorzi. «Non possiamo avere dubbi che separazioni e divorzi sono causa di dolore».

buckingham palace

Calcio. «È un business difficile, pieno di primedonne, ma è un gioco meraviglioso».

Ritratti. «È piacevole stare lì seduti, zitti e immobili, per ore, davanti al pittore. È come essere occupati a far niente».

Televisione. «Faccio una gran fatica a orientarmi con il telecomando. Ci sono troppe frecce».

Pensione. «Io non faccio un mestiere da cui ci si può dimettere».

 

 

PANTANELLERIA - A PANTELLERIA SPUNTA UN ALTRO PEZZO DELL’ENORME PATRIMONIO DI BONANIMA GHEDDAFI

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Natale Bruno per "il Giornale"

MUAMMAR EL GHEDDAFI

Il leader libico Muammar Gheddafi aveva possedimenti anche a Pantelleria, l'isola più vicina all'Africa rispetto all'Italia che gli arabi chiamano «Bent el Riah», la figlia del vento.

LA VILLA DI GHEDDAFI A PANTELLERIA

Poca «roba», appena una ventina di milioni di euro, rispetto all'ingente patrimonio, per un valore complessivo di oltre 1,3 miliardi di euro, che il Rais aveva messo in cassaforte con investimenti nel Belpaese durante la sua dittatura. E così dopo le partecipazioni azionarie in Unicredit, Eni, Finmeccanica, Fiat, Fiat Industrial e Juventus finiscono nelle casse dello Stato pure un complesso alberghiero e dei terreni in una località forse tra le più belle e suggestive del'isola siciliana.

A decidere il sequestro dei beni sono stati i giudici della Corte d'appello di Roma al termine di un delicato lavoro di ricerca su tutto il territorio italiano, affidato ai militari del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza della Capitale. E così sono saltati fuori l'albergo e i terreni: il complesso alberghiero che si affaccia a strapiombo sul mare di «Punta Tre Pietre», molto conosciuto sull'isola è di proprietà di una società maltese riconducibile al rais defunto, guarda l'Africa e stona di fronte alle incontaminate coste pantesche. Fu ristrutturato infinite volte, ma è chiuso dagli anni Ottanta per volontà della proprietà.

gheddafi muammar 01 lapgheddafi muammar

Dalle terrazze altissime a strapiombo sul mare, quando il tempo è buono e c'è discreta visibilità, è possibile scorgere le coste libiche, scrutare in lontananza le cale da dove quasi per un tragico paradosso partono i barconi carichi di immigrati che spesso si incagliano poco distante da quello che, tutti sull'isola, chiamano «l'albergo di Gheddafi».

L'attività delle Fiamme gialle che è sfociata nel sequestro milionario si inserisce nella rogatoria internazionale richiesta dal tribunale penale internazionale de L'Aia nell'ambito del procedimento per crimini contro l'umanità nei confronti di Gheddafi, del figlio Saif Al Islam e dell'ex capo dei servizi segreti Abdullah Al Senussi, finalizzata a cautelare il patrimonio degli imputati, ma soprattutto per garantire un equo risarcimento delle vittime del regime libico.

figlio di Gheddafi

L'azione del Tribunale de L'Aja, a sua volta, si basa su decisioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e su regolamenti del Consiglio dell'Unione Europea, con cui i due organismi, di fronte al precipitare della situazione politica in Libia, avevano richiesto alla comunità internazionale di procedere al congelamento di tutti i beni riconducibili alla famiglia di Muammar Gheddafi.

Aysha la figlia di Gheddafi

Meno di due mesi fa le Fiamme Gialle avevano sequestrato il tesoro di Gheddafi in Italia ovvero beni ed immobili, quote societarie e conti correnti riconducibili alla famiglia dell'ex leader libico e a membri del suo entourage per un valore complessivo di oltre un miliardo e trecento milioni di euro. Fra gli asset patrimoniali sequestrati vi erano partecipazioni azionarie in Unicredit, Eni, Finmeccanica, Fiat, Fiat Industrial, Juventus, nonché un immobile in Roma, 150 ettari di bosco sull'isola di Pantelleria e due motoveicoli, fra cui una fiammante Harley Davidson.

 

SE RUBO E LEDO, C’È ROBLEDO - PARLA IL SUPER-MAGISTRATO ALFREDO ROBLEDO, QUELLO CHE HA SGAMATO LA LEGA LADRONA

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Paolo Biondani per "L'Espresso", in edicola domani

Alfredo Robledo

Tra una rogatoria internazionale e un'intercettazione scottante, si ritempra leggendo Marziale in latino. Cita a memoria le più belle quartine di Omar Khayyam, filosofo, matematico e poeta persiano dell'Undicesimo secolo, «uno dei libri che mi hanno cambiato la vita».

I suoi fidati ufficiali di polizia giudiziaria vanno fieri dei trofei conquistati sui campi giudiziari di mezzo mondo: «Il dottore ha ricevuto lettere di elogi e solenni ringraziamenti da personalità come il procuratore di New York o l'ex governatore della banca centrale americana Paul Volcker». Ma lui tiene tutto in un cassetto, tra le infinite librerie di casa, minimizza e ci scherza sopra, in greco antico: «Panta rei, tutto scorre».

Paul Volcker

Forse ci voleva proprio questo magistrato intellettuale napoletano per smascherare le ruberie padano-tanzaniane della Lega ladrona. Alfredo Robledo, classe 1950, procuratore aggiunto senza tessere di corrente, è il capo dei pm milanesi che indagano sulle nuove Tangentopoli. Il presunto patto tra Pdl e Carroccio per spartirsi le mazzette milionarie dell'urbanistica e della sanità lombarda.

Lo scandalo dei rimborsi elettorali incamerati dal cerchio magico di Bossi. L'ex assessore regionale berlusconiano Nicoli Cristiani arrestato con una bustarella da 100 mila euro che puzza di discarica d'amianto. Il giallo dell'asta per la Sea che imbarazza la giunta Pisapia. I conti esteri con i fondi neri del tesoriere ciellino Alberto Perego, convivente del governatore Formigoni. E molte altre inchieste ancora segrete, che promettono nuovi colpi di scena. Mani pulite, vent'anni dopo: cosa è cambiato?

«Posso fare solo una riflessione generale, delle indagini non parlo», risponde Robledo, sfilandosi il casco della rombante moto nera con cui sfida ogni giorno il traffico di Milano e quando ha fretta anche i vigili: «Probabilmente stiamo peggio di prima. I danni economici della corruzione sono più gravi. E abbiamo un problema ulteriore: non c'è più la politica».
Il suo ufficio al palazzo di giustizia è come sempre sotto assedio.

nicoli cristiani

Per chiudere un discorso, bisogna aspettare la fine di un diluvio di telefonate, vertici con finanzieri e carabinieri, visite di avvocati e viavai di cancellieri con pacchi di carte urgenti. «Mani pulite è stata un grande inizio, ma è rimasta incompiuta. È stata fermata da un sistema processuale inadeguato. Che si è voluto lasciare inadeguato. Già prima della prescrizione breve che dal 2005 rende quasi certa l'impunità, sono state approvate leggi che di fatto hanno reso inutilizzabili prove già acquisite favorendo l'impunità per certi reati. Il risultato è che la vecchia classe dirigente non è stata sostituita da una nuova.

Scomparso il sistema di Tangentopoli, c'è stata una frammentazione che ha moltiplicato i livelli di corruzione. Da una parte ritroviamo personaggi che sapevano fare solo quel mestiere e continuano a farlo per rafforzare la propria posizione di potere all'interno di un partito, corrente o movimento. Dall'altra si sono creati diversi sotto-sistemi di corruzione, paralleli e coesistenti: in un Paese che, come dice il sociologo De Rita, ha "un'innata vocazione all'illegalità minuta", oggi non è più sufficiente un solo protettore».

Umberto Bossi

Quali sono i settori a più alto tasso di corruzione? «Edilizia, rifiuti e sanità». Perché parla di sotto-sistemi? «Edilizia, rifiuti e grandi appalti formano un ciclo. L'imprenditore inserito nel sistema acquista sottoprezzo terreni inquinati, paga tangenti su permessi e controlli, finge di bonificare e nasconde i rifiuti sotto palazzi, centri commerciali o grandi opere. L'importante è fare affari, arricchirsi individualmente a danno dell'intera collettività: finiti i lavori, chi va a vedere cosa c'è sotto il cemento? In alcuni cantieri delle nuove autostrade lombarde rischiamo di ritrovarci con gli stessi guai della Salerno-Reggio Calabria».

Il danno, «il costo sociale della corruzione», per Robledo è una fissazione: i suoi genitori erano funzionari pubblici e gli hanno insegnato «il senso dello Stato». «Ho sempre voluto fare il magistrato: la giustizia come utilità sociale». Sono le due del pomeriggio. Robledo deve affrontare un dramma esistenziale: la dieta. Per scoprire la trattoria con il più straordinario rapporto qualità-prezzo, basta pedinare il pm buongustaio. Inflessibile sul lavoro, spassoso a tavola.

Un decennio fa, dopo una sparata di Bossi contro i magistrati meridionali «delinquenti razziali in camicia nera», l'Anm non reagiva e a quel punto così parlò Robledo: «È un concetto ormai acquisito nella coscienza occidentale che non esistono razze inferiori. Ce n'è invece una superiore: quella napoletana».

ACHILLE SERRA

Nato e cresciuto a Napoli, maturità classica al Sannazzaro, laurea in giurisprudenza con tutti 30 e molte lodi, l'attuale procuratore aggiunto di Milano inizia a lavorare a vent'anni per mantenersi all'università: vende libri dell'Einaudi porta a porta. «Il nostro gruppo andava tanto bene che Giulio Einaudi ci chiamò a Torino per conoscerci». Poi Robledo stravince una borsa di studio, diventa assistente e insegna per quattro anni diritto civile. E perché ha mollato l'Einaudi? «Guadagnavo troppo per la mia età. Volevo più libertà e responsabilità».

Superato il concorso in magistratura, fa il pm a Monza e poi il capo della pretura di Desio, dove ottiene le prime condanne di politici per traffici di rifiuti. In prima pagina ci finisce, con l'ex poliziotto Achille Serra, quando risolve il sequestro di Simonetta Lorini (1980), figlia di un industriale, segregata in Calabria: ostaggio libero, arrestati e condannati otto capi e gregari dell'ex banda Vallanzasca. In Procura a Milano dal '95, è lui, con il pm Alberto Nobili, a incastrare i rapitori di Alessandra Sgarella: 15 condanne definitive che rilanciano l'allarme 'ndrangheta al Nord, a lungo inascoltato. Il suo «maestro assoluto» è il procuratore Saverio Borrelli, «magistrato eccezionale e uomo straordinario, sempre coerente tra ciò che dice e ciò che fa».

David Mills

Ancora Robledo, con Fabio De Pasquale, indaga sui fondi neri della Fininvest e scopre la lettera-confessione dove l'avvocato inglese David Mills rivelava di non aver detto la verità su Berlusconi ai tribunali italiani, in cambio di 600 mila dollari. Nel 2002, quando il centrodestra vara la legge ammazza-rogatorie, sono quei due pm a convincere tribunali e Cassazione che va «disapplicata», perché non rispetta il diritto internazionale e rischia di distruggere le prove raccolte all'estero da tutte le procure italiane. Ai politici che sparlano di toghe rosse, replica così: «Rosse sì, ma del sangue di tanti magistrati uccisi».

Estraneo per natura a salotti e circoli di potere, Robledo si è convinto che «anche le correnti della magistratura siano diventate soffocanti: al di là delle buone intenzioni di tanti giudici onesti e capaci, hanno esaurito la loro spinta propulsiva alla partecipazione. Oggi purtroppo la struttura preponderante è una macchina da nomine. In una società liquida, in piena crisi di valori, servirebbe una nuova idea di giustizia».

Un esempio? «Di solito alla corruzione si contrappone l'etica. Bernard De Mandeville, nella "Favola delle api", fece un paradossale elogio di una ricchezza creata con mezzi illeciti, ma redistribuita. Oggi la corruzione aggrava la disuguaglianza: la ricchezza resta intrappolata in cricche e nicchie del segmento più alto della società, a fronte dei problemi di sopravvivenza e povertà di tanti, anzi di troppi».

vllspd16 silvio berlusconi serioso

Dal caso Telecom alle maxi-elusioni fiscali, Robledo ha indagato a fondo anche sul malaffare economico: con l'inchiesta-pilota sui derivati ha spinto quattro banche internazionali a restituire 455 milioni di euro al Comune di Milano. La crisi servirà almeno a riformare l'economia? «Ciò che si profila dalle indagini è l'assoluta autoreferenzialità delle grandi banche. Se sono troppo grandi per fallire, significa che non avvertono più limiti nell'assumere rischi. Neppure l'amministrazione Obama è riuscita a regolare i derivati. Sarebbe necessario discutere rimedi netti come la separazione tra banche commerciali e d'affari».

Insomma, alla base del diritto dovrebbe esserci un'economia più giusta. «Prendiamo la retorica sulle spese per le intercettazioni. L'inchiesta del pm Tiziana Siciliano sulla clinica Santa Rita è costata 98 mila euro , ma ha fatto recuperare più di 17 milioni. Le intercettazioni sono indispensabili: perché non cominciamo a considerarle un investimento?».

E per uscire da Tangentopoli, oltre a rafforzare la giustizia, da dove si parte? «Dalla riforma elettorale. La legge attuale elimina il rapporto tra cittadini ed eletti, minando le basi della democrazia. E senza responsabilità politica, restano solo gli interessi e l'arroganza di pochi a danno di tutti».

 

RUTELLI, BIANCO E RENZI RISPONDONO A LUSI: “LADRO REO CONFESSO CHE NON SI DIMETTE. MA OTTERREMO GIUSTIZIA”

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1 - LUSI: RUTELLI, LADRO SVERGOGNATO,MENTITORE,INQUINATORE
(ANSA) - "Lusi? Un ladro senza vergogna. Un mentitore e inquinatore pericolosissimo, ormai paragonabile nei comportamenti al ben noto calunniatore Igor Marini". Lo dichiara in una nota Francesco Rutelli, che annuncia una nuova denuncia alla procura di Roma per "le gravissime calunnie" pronunciate ieri davanti alla Giunta del Senato.

FRANCESCO RUTELLI E LUIGI LUSI

Lusi, prosegue Rutelli, "ha cambiato versione per la terza o quarta volta. Presenterò immediatamente una nuova denuncia alla Procura della Repubblica di Roma per le gravissime calunnie che, ho appreso, sono state pronunciate ieri notte davanti alla Giunta del Senato. Io alla Margherita ho dato tantissimi denari (con i rimborsi elettorali conquistati, con i voti e con numerosissime iniziative di autofinanziamento e, direttamente, con i miei contributi personali) e non ho mai preso un centesimo per me. Ci vuole pazienza, ma chi ha sempre agito correttamente e onestamente otterrà giustizia, ed egli pagherà per tutte le sue malefatte, tenute nascoste per anni in modo malvagio", conclude Rutelli.

luigi lusi

2 - LUSI:BIANCO,TUTTO A LUCE DEL SOLE NON MI INTIMIDISCONO
(ANSA) - Tutto ciò di cui si parla in merito ai fondi della Margherita "è stato fatto alla luce del sole, come è nella mia storia e nella mia tradizione politica. Cercare di distrarre l'attenzione dalle malversazioni di o peggio ancora di intimidire, suscita in me un sentimento di profonda indignazione". Lo afferma in una nota Enzo Bianco.

"L'ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi - scrive Bianco - ha ribadito ieri sera in Senato quanto già ampiamente diffuso attraverso i giornali, con malcelato scopo intimidatorio, il 3 e il 9 marzo scorsi" e cioé "che, con le risorse del partito venivano finanziate attività politiche, come è normale che sia". "Nel percorso che porta alla liquidazione della Margherita - spiega infatti Bianco - sono stati incentivati esodi, e il personale dipendente che lavorava per me è stato opportunamente sostituito da contratti di collaborazione e di prestazione di servizi. In modo assolutamente trasparente, con accrediti bancari, in forza di regolari contratti le cui spese sono documentabili sino all'ultimo centesimo, si è proceduto in questa direzione".

RENZI

"Tanto gli accrediti quanto le fatture - passate attraverso una società che ha un regolare contratto con la Margherita per la fornitura di servizi in questione - erano riferite a retribuzione di collaboratori, affitto di sedi, stampa dei manifesti, organizzazione di convegni, pubblicità nei giornali. Attività, per un soggetto politico, non solo lecite, ma doverose. Io non ho trattenuto un solo centesimo, e se Lusi o chiunque altro afferma il contrario, lo trascinerò in tribunale".

3 - LUSI:RENZI,QUERELERO' LUI E CHI DICE CHE HO PRESO BUSTARELLE
(ANSA) - Matteo Renzi querelerà l'ex tesoriere della Margherita e senatore del Pd Luigi Lusi. Lo ha annunciato il sindaco di Firenze, parlando con i giornalisti a margine di una conferenza stampa. "Faremo - ha spiegato Renzi - tutte le azioni, di natura civile e penale, verso chi dice cose non corrette; anche verso chi su Twitter scrive che ho preso bustarelle da 70 mila euro. Gli eventuali risarcimenti andranno in beneficenza all'ospedale pediatrico Meyer di Firenze". Ai giornalisti che gli hanno chiesto se ha, in queste ore, ricevuto messaggi di solidarietà, Renzi ha risposto: "No, da parte di chi? Da parte del Pd ?".

ENZO BIANCO

"Ho ricevuto - ha continuato il sindaco - tanti messaggi dai miei amici amministratori locali, da Torino a Palermo, ma da personalità nazionali no. E' evidente che la battaglia contro il finanziamento pubblico ai partiti segna su questo punto un elemento evidente". A chi invece gli ha chiesto se crede ad un 'disegno' contro una sua eventuale candidatura alle primarie, il sindaco-rottamatore ha spiegato di non credere "ai complotti, alle macchine del fango. Io non ci credo, la realtà dei fatti verrà fuori; con serenità, aspettiamo le carte".

4 - LUSI, RENZI: E' REO CONFESSO DI FURTO, DOVREBBE DIMETTERSI
(LaPresse) - "Il senatore Lusi avrebbe il dovere di dimettersi immediatamente visto che è reo confesso di furto. Se un cittadino ruba un portafoglio va dentro, se un parlamentare ruba milioni di euro si fa scudo dell'immunità". E' quanto scrive il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, rispondendo alle accuse che gli avrebbe rivolto l'ex tesoriere della Margherita sentito ieri in giunta per le Immunità del Senato. "Questo atteggiamento - prosegue il sindaco di Firenze - è insopportabile. Ma io non avevo paura dei ladri neanche da bambino. Non inizierò certo adesso. Possono usare tutti i messaggi in codice che vogliono. Io vado avanti a viso aperto, sapendo che le insinuazioni passano, la realtà dei fatti resta".

 

LA RESA DEI BONDI - L’UOMO CHE HA RISANATO LA PARMALAT CI SALVERÀ? MADDECHÉ!...

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Giorgio Meletti per "il Fatto Quotidiano"

ENRICO BONDIENRICO BONDI

Ma che fa Enrico Bondi? Il commissario che deve tagliare la spesa pubblica studia. "È già entrato nel business", annuncia trionfante il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, che una volta era un tecnico e adesso è un politico, membro però di un governo tecnico.

Parlando dei tagli alla spesa pubblica (spending review, in english), Giarda è incorso in un leggendario lapsus freudiano: "È in corso l'autoanalisi dei singoli ministeri". Confusione di ruoli e di linguaggi. L'autoanalisi è una pratica, appunto, freudiana. L'idea di ministri, sottosegretari, capi di gabinetto e direttori generali intenti a discutere i rispettivi sogni aventi per argomento le spese del proprio dicastero è surreale, e perciò coerente con quanto accade in questi giorni.

Enrico Bondi

C'è un manager di 77 anni, laureato in Chimica, che ha sempre lavorato nell'industria privata e non ha alcuna esperienza di Pubblica amministrazione, al quale il governo dei tecnici ha chiesto di fare in un anno (tanto durerà il suo mandato) ciò che gli stessi tecnici non sono riusciti a fare nei 25 anni appena trascorsi.

Enrico Bondi

Non ha esperienze specifiche. Ha risanato la Parmalat chiedendo soldi indietro alle banche accusate di essere state complici di Calisto Tanzi nella bancarotta da 14 miliardi. Ma i tagli che si ricordano a Collecchio sono le auto aziendali e lo spaccio interno che dava i prodotti della casa scontati ai dipendenti. Però è l'immagine che conta, e Bondi ha quella del sobrio inflessibile, coltivata anche con il sapiente uso del silenzio. Per esempio ha sempre evitato di spiegare quanti dei 32 milioni incassati dal governo per la gestione commissariale della Parmalat sono rimasti nelle sue tasche e quanti sono andati agli altri membri dello staff.

CALISTO TANZI MALATO IN TRIBUNALE

Giarda, parlando con i suoi collaboratori, l'ha ammesso onestamente: "Bondi deve fare quei tagli di spesa che se li propongo io come ministro mi sbranano". Bondi può farcela perché è dotato sulla carta di poteri senza precedenti sulla pubblica amministrazione, è la via di mezzo tra un commissario e un'autorità indipendente, che, dice il decreto istitutivo all'articolo sei, "opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione".

PIETRO GIARDA

Venticinque anni fa, precisamente nel 1987, il governo Goria insediò la Commissione per la "verifica della spesa pubblica". Ne faceva parte, tra gli altri, Giarda, che era presidente della Commissione tecnica della spesa pubblica. Avete letto bene: la commissione Giarda c'era già da alcuni anni, ma ne fecero una seconda, che doveva in quattro mesi valutare "efficienza e produttività della spesa pubblica" e "individuarne possibili riduzioni". Nè l'una commissione nè l'altra hanno combinato molto.

VITTORIO GRILLI

I politici da quell'orecchio non ci sentivano. E per questo adesso si sono invertite le parti. Nel 1987 il ministro del Tesoro che inventò la commissione doppia era Giuliano Amato, braccio destro di Bettino Craxi e vicesegretario del Psi. Adesso Giarda fa il ministro e Amato il tecnico.

E dunque che cosa fa Bondi? Arriva tutte le mattine al ministero di via XX settembre alla guida della sua auto (sobriamente), e si siede nell'ufficio che gli è stato assegnato proprio accanto a quello di Fabrizio Barca, il dirigente del Tesoro momentaneamente distaccato a fare il ministro. Coadiuvato da una segretaria studia le carte che gli procurano gli uffici del ministero e della Ragioneria. Fa sobrie riunioni con il vice ministro Vittorio Grilli, il capo di gabinetto Mario Fortunato e il vice Marco Pinto. Si prepara a riferire le sue intenzioni al Senato, martedì prossimo, dove è stato convocato dalle commissioni che devono convertire in legge il decreto istitutivo dell'ufficio di commissario.

Mario Baldassarri

"L'avrei visto bene a fare il tagliatore di costi al ministero della Salute", sostiene l'economista Mario Baldassarri, per anni vice ministro con Giulio Tremonti, "perché per il resto la spending review non sarebbe complicata. Lo Stato ha 800 miliardi di spese e 740 di entrate, se non vogliono aumentare ancora le tasse devono tagliare 60 miliardi di spese. E le voci tagliabili sono i 140 miliardi di acquisti di beni e servizi e i 40 miliardi di trasferimenti alle imprese a fondo perduto".

FABRIZIO BARCA

Per Baldassarri basterebbe trasformare il fondo perduto in credito d'imposta: "Si risparmierebbero un sacco di miliardi, visto che secondo uno studio di Fabrizio Barca il 90 per cento delle imprese che prendono soldi dallo Stato dopo tre anni non esistono più". L'idea è buona, e magari Bondi è quello che la realizza. Servisse solo a questo, sarebbe già un bel risultato.

 

IN SPAGNA LA PAURA PER IL DESTINO DELL’ISTITUTO DI CREDITO “BANKIA” HA DATO IL VIA ALLA CORSA AGLI SPORTELLI

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Enrico Marro per il "Sole 24 Ore"

bankia

È rischio panico per Bankia, uno dei principali istituti di credito spagnoli: l'ingresso del Governo in qualità di azionista, deciso la scorsa settimana, non ha rassicurato i mercati, e - nello scenario complessivo di tensioni in tutta Europa - il titolo è arrivato oggi a perdere fino al 30% a quota 1,187 euro, con una perdita di capitalizzazione che negli ultimi 10 giorni ha toccato i 2,4 miliardi di euro. A metà pomeriggio il titolo si è orientato a un più morigerato, si fa per dire, meno 12,08 per cento.

manifestazione-spagna

Ma, come rivela il quotidiano "El Mundo", l'elemento più inquietante è dato dalla corsa agli sportelli dei clienti di Bankia che negli ultimi giorni, hanno ritirato più di un miliardo di euro agli sportelli. Le notizie del giornale iberico sono però state smentite dalla banca e dallo stesso Governo spagnolo. Il sottosegretario all'Economia, Fernando Jimenez Latorre, ha spiegato che «non è vero che c'è una fuga di depositi in questo momento da Bankia, non c'è preoccupazione di una possibile fuga, non ve ne è motivo».

Mariano Rajoy

Nonostante il crollo in Borsa la Consob spagnola non ha deciso di sospendere la negoziazione del titolo di Bankia, osservando come tale misura si applichi solo «quando non ci sono abbastanza informazioni di rilievo» su un certo titolo, e questo non è il caso dell'istituto nazionalizzato.

Intanto la Spagna è tornata a chiedere un intervento della Bce a sostegno del mercato dei titoli di Stato spagnoli, alla luce del rialzo dei tassi di interesse, per contrastare la speculazione. Il sottosegretario al ministero dell'Economia Fernando Jimenez Latorre, riferisce Bloomberg, ha sottolineato che «una forma di sostegno per bloccare movimenti speculativi, fra le altre cose, sarebbe giustificata e così i mercati sarebbero consapevoli che mosse speculative hanno un costo e un rischio».

 

 


“BONFO È BONFO” - CHI È FRANCO BONFERRONI, ACCUSATO DA COLA E BORGOGNI DI AVER PRESO 300MILA € DA DARE A CESA E CASINI

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1 - MAZZETTE FINMECCANICA: INDAGATO L'UOMO DELL'UDC
Rita Cavallaro per "Libero"

FRANCO BONFERRONI

L'inchiesta sulle tangenti di Finmeccanica scuote anche l'Udc. A gettare ombre sul partito di Pierferdinando Casini è l'iscrizione nel registro degli indagati di Franco Bonferroni, accusato dai magistrati romani di finanziamento illecito ai partiti. A tirare in ballo il consigliere di amministrazione di Finmeccanica, in quota Udc, è stato il superconsulente Lorenzo Cola, che in un interrogatorio del 9 dicembre 2010 ha detto ai pm di aver personalmente consegnato nelle mani di Bonferroni una mazzetta da 300mila euro.

Pierferdinando Casini

Una consegna che sarebbe avvenuta nell'ufficio di Lorenzo Borgogni, l'uomo delle relazioni istituzionali che con le sue dichiarazioni sta facendo tremare i partiti della Seconda Repubblica. Il denaro, proveniente da fondi neri ricavati grazie al sistema delle sovrafatturazioni, secondo Cola era destinato all'Udc. Gli inquirenti vogliono ora capire se Casini fosse al corrente di quel flusso di denaro che sarebbe finito a rimpinguare le casse del suo partito.

A mettere nei guai Bonferroni sono state le dichiarazioni di Cola, che nell'ambito dell'inchiesta Enav racconta il meccanismo delle sovrafatturazioni, la creazione dei fondi neri per le tangenti e i flussi di denaro. L'incontro in cui sarebbe stata consegnata la tangente al consigliere di Finmeccanica è avvenuto agli inizi del 2008.

LORENZO CESA

«Portai a Borgogni 300/350mila euro in contanti, che mi furono consegnati da Iannilli e che provenivano da sovrafatturazioni di società che lavoravano con Selex, delle quali Iannilli (Marco, ndr) era formalmente il commercialista », spiega Cola, chiarendo che «in sintesi Borgogni mi aveva fatto la richiesta di denaro, io la girai a Iannilli, che preparò il contante e me lo fece trovare in una busta nella mia auto guidata dal mio autista».

Cola aggiunge che «raggiunsi l'ufficio di Borgogni, dentro vi trovai due persone, una delle quali mi venne presentata da Borgogni come il Bonferroni, cui venne consegnato il denaro. In seguito », si legge nel verbale, «ho verificato effettivamente che la persona in questione era Bonferroni». Non una parola su chi fosse l'altra, su chi avesse accompagnato l'onorevole in una così delicata circostanza. Tanto che i magistrati chiedono a Cola come facesse a dire che la mazzetta fosse destinata al partito di Casini se all'epoca Bonferroni non era più parlamentare dell'Udc. La risposta è chiara: «Per noi del gruppo Bonferroni era espressione dell'Udc e [...] costituiva un riferimento politico preciso».

Lorenzo Borgogni

L'iscrizione nel registro degli indagati di Bonferroni emerge da un documento integrativo di Finmeccanica richiesto dalla Consob e consegnato agli azionisti in occasione dell'assemblea. Il consigliere di amministrazione il 2 maggio scorso aveva già informato l'azienda di aver ricevuto l'avviso di garanzia a fine marzo. Lo aveva fatto nel corso di una riunione congiunta tra il comitato per il controllo interno e il collegio sindacale della società.

Bonferroni aveva spiegato di aver chiesto di essere ascoltato dai pm romani e l'interrogatorio, in cui l'indagato ha dichiarato la propria estraneità ai fatti, è avvenuto il 21 aprile scorso. Finmeccanica ha intanto rinviato all'esito delle indagini in corso «ogni valutazione sulle iniziative da assumere» nei confronti del consigliere. Quello di Bonferroni, comunque, non è il primo presunto caso di tangenti che scuote il partito di Casini.

tommaso di lernia jpeg

Nell'inchiesta Enav, infatti, è coinvolto anche il tesoriere dell'Udc, Giuseppe Naro, nelle cui mani il dominus della Print System, Tommaso Di Lernia, avrebbe consegnato 200mila euro. Soldi che Di Lernia avrebbe portato a Naro in via Due Macelli e che «erano destinati a Casini. Vennero consegnati al tesoriere dell'Udc», ha raccontato, «perché erano assenti sia Cesa (Lorenzo, segretario del partito, ndr) che Casini, impegnati in un'operazione di voto».


2 - UNA VITA PASSATA A SCHIVARE INCHIESTE...
Elisa Calessi per "Libero"

Calisto Tanzi

Se esistesse un guinness dei primati in fatto di inchieste, Franco Bonferroni l'avrebbe vinto. È dal 1993 che al suonare di ogni vicenda giudiziaria riguardante i rapporti tra politica e affari, lui finisce in mezzo. Finora, bisogna dirlo, è sempre uscito immacolato. Ma la cosa stupefacente è che, nonostante i guai giudiziari, non ha mai smesso di surfare sulla cresta del potere. Magari cambiando referenti. Ma sempre restando sull'onda. Chi lo conosce, alza le spalle: «Il Bonfo è il Bonfo».

Uno che «sa sempre trovare la soluzione». O che ci prova. «Adesso ti spiego io...», è una sua tipica frase. Ma chi è, esattamente, Franco Bonferroni? La sua prima vita è politica. Nato a Reggio Emilia nel 1938, ragioniere, presidente della Camera di Commercio, viene eletto per la prima volta in Parlamento con la Dc nel 1979. Corrente di Arnaldo Forlani, fedelissimo dell'ex ministro dei Trasporti Giovanni Prandini, amico del Cardinal Ruini (ha celebrato nel 2003 le nozze della figlia), esce dal Palazzo nel 1994.

gianniletta

Quattro legislature, è stato sottosegretario all'Industria e al Commercio nel VI governo Andreotti ('89-'91), poi al Commercio estero nel VII governo Andreotti ('91-'92). Un cursus honorum che gli ha ottenuto un vitalizio di 5.076 euro al mese. Un tipico esemplare di «sotto-governo», lo descrive chi lo conosce. Uno, cioè, capace di tenere i rapporti tra la politica e i potenti. I suoi guai cominciano nel '93, quando inizia Tangentopoli. Il 9 marzo gli arriva il primo avviso di garanzia dalla Procura di Trento.

FEDELE CONFALONIERI

L'inchiesta riguarda gli appalti Anas per la superstrada Merano-Bolzano. L'imprenditore Paolo Pizzarotti, di Parma, gli avrebbe consegnato un miliardo di lire, in quanto braccio destro di Prandini. Il 15 marzo è indagato dal pool di Mani Pulite, sempre per gli appalti dell'Anas. L'accusa, anche qui, è di corruzione. Poi è la volta della Procura di Roma. Due avvisi di garanzia per concussione. Un mese dopo torna nel mirino della Procura di Milano, che chiede al Parlamento l'autorizzazione a procedere nei confronti suoi e dell'ex ministro Prandini.

Un nuovo avviso di garanzia gli arriva in luglio. Questa volta per la ristrutturazione dello stadio "Galleana" di Piacenza. Al centro dell'inchiesta una Fiat Croma che gli avrebbe regalato un imprenditore piacentino, Costantino Trabucchi. Secondo i pm si tratterebbe di una tangente. Bonferroni, per sbarazzarsene, avrebbe poi regalato la Croma all'allora vescovo di Reggio Emilia, Paolo Gibertini. Sia Bonferroni, sia Trabucchi vengono assolti. Intanto va avanti il filone Anas. Finisce davanti al Tribunale dei ministri. Viene condannato a 3 anni e 8 mesi per corruzione.

Licio Gelli x

Quindi prosciolto. Nel 2004 è Calisto Tanzi, il patròn di Parmalat, a chiamarlo in causa tra i politici a cui avrebbe dato soldi. Lui, con Libero, ammette: «Mi ha dato contributi elettorali nel '79, nell'83 e nell'87», le tre volte in cui è stato eletto alla Camera. Il suo nome era spuntato anche nell'affaire P2, tra gli affilati della Gran Loggia d'Italia. Venne deferito ai probiviri della Dc. E assolto. Dal '94 si ritira dalla politica. Ma non dal potere. Diventa amico di Lorenzo Cesa, ma anche di Gianni Letta e Fedele Confalonieri. Entra nel cda di Finmeccanica. E siamo a oggi.

 

 

LISTE IRREGOLARI E FIRME FALSE, IL TAR ANNULLA LE ELEZIONI REGIONALI 2011 DEL MOLISE IN CUI VINSE IORIO. BISOGNERÀ RIVOT

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1- ELEZIONI: ANNULLATE REGIONALI MOLISE 2011
(ANSA) - Le elezioni regionali del Molise dello scorso ottobre sono state annullate dal Tar che ha accolto il ricorso presentato dal centro sinistra. Il voto dunque dovrà essere ripetuto.

ANTONIO DI PIETRO


2- MOLISE. DI PIETRO: ILLEGALITA' HANNO GAMBE CORTE. OGGI GIUDICI CI DANNO RAGIONE


"Le illegalità hanno le gambe corte e prima o poi vengono scoperte. L'avevamo detto dal primo giorno: in Molise il governatore Iorio aveva vinto con il trucco e oggi i giudici ci hanno dato ragione. Ma questa è solo la beffa. Il danno è molto più grave ed è già stato commesso. Ed è quello di un presidente della Regione che ha governato per troppi anni in modo padronale, nepotistico, familistico e fallimentare. Tanto è vero che è stato necessario, da parte del governo, nominare un commissario ad Acta per riparare ai suoi errori.

antonio di pietro idv

Peccato che un governo un po' cieco e un po' complice, invece di nominare un commissario terzo che non avesse le mani in pasta sulle irregolarità commesse, abbia nominato lo stesso presidente della Regione. Un po' come affidare il controllo del pronto soccorso a Dracula". Lo afferma in una nota il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro.


3- MOLISE, CONSIGLIERI RISCHIANO DI ANDARE A CASA: LEGGE PER SALVARE POLTRONA
Da www.ilmessaggero.it del 10 maggio 2012

Mentre soffia sempre più forte il vento della protesta contro gli sprechi della politica, la più piccola regione d'Italia, il Molise, sforna una nuova leggina "salva-casta".

antonio di pietro idv

LA POLTRONA È SALVA.
Per evitare di andare a casa se i giudici amministrativi dovessero annullare, come appare possibile per irregolarità nella presentazione delle liste, le elezioni 2011, la maggioranza a guida Pdl del Consiglio regionale sforna un provvedimento, a forte rischio di incostituzionalità, che permetterà ai 30 consiglieri (stipendio di circa 10.100 euro netti al mese) di rimanere in carica per almeno 8 mesi, posticipando al 2013 le nuove elezioni. Il tutto, si legge nero su bianco nella legge, «per avere il tempo di tagliare i costi della politica».

"MISURE URGENTI PER L'ADEGUAMENTO AMMINISTRATIVO-ISTITUZIONALE DELL'ORDINAMENTO REGIONALE".
La leggina del Molise, già balzato agli onori delle cronache nazionali per la dispendiosa gestione del governatore del Pdl Michele Iorio, passa sotto l'altisonante classificazione di «ulteriori misure urgenti per l'adeguamento amministrativo-istituzionale dell'ordinamento regionale». Cinque articoli appena, che stanno per essere approvati in una forsennata corsa contro il tempo e che presto dovrebbe ottenere il via libera dell'aula.

Michele Iorio

COSA STABILISCE LA LEGGE.
Ribattezzato subito legge "salva-casta", il provvedimento stabilisce che qualora i giudici del Tribunale amministrativo dovessero annullare le elezioni regionali dello scorso ottobre, a forte rischio per "gravi irregolarità" nella presentazione delle liste, il Consiglio del Molise non verrà sciolto come stabilisce la legge (che lascia in carica solo il presidente per l'ordinaria amministrazione), ma resterà in carica per almeno altri otto mesi. Proprio così: un accanimento terapeutico che mette al riparo la casta regionale dal rischio di perdere poltrona e indennità.

L'OPPOSIZIONE: UN GOLPE.
La proposta contro la quale la minoranza di centrosinistra in Consiglio regionale si è scagliata al suono di "golpe" e "operazione truffaldina" e "legge porcata", scovata dal sito Primonumero.it è stata ammantata di un nobile intento: ridurre i costi della politica. Il Consiglio regionale del Molise, lo stesso che meno di un anno fa voleva portare il numero dei consiglieri da 30 a 32 (costretto a un ripensamento in extremis davanti alla protesta dei cittadini) deve infatti modificare lo Statuto per adeguarsi alla manovra varata dal governo nel settembre scorso che sforbicia consiglieri, assessori e indennità.

Un adeguamento che finora, nonostante siano trascorsi già sette mesi, i consiglieri si sono ben guardati dal fare. Per recepire gli obblighi statali e tagliare poltrone e emolumenti la Prima Commissione consiliare della regione Molise si è data infatti 18 mesi di tempo. Da qui la pensata per salvare poltrona e stipendio.

Antonio Di Pietro

Alla vigilia della temuta decisione dei giudici amministrativi arriva la genialata di una legge ad hoc che recita: «Nel caso di scioglimento anticipato per una delle ipotesi diverse da quelle previste dalla Costituzione (sfiducia del governatore, morte dello stesso, dimissioni, pesanti violazioni di legge), ivi compreso l'eventuale annullamento delle elezioni (ecco il vero casus belli) - senza che la commissione abbia elaborato la proposta entro i 18 mesi, non si può procedere all'indizione delle nuove elezioni prima che siano trascorsi otto mesi». Facendo due facili conti si arriva al marzo 2013, data in cui si potrebbe tornare alle urne per l'elezione del nuovo parlamentino regionale, magari sistemando prima l'attuale presidente Iorio su un'altra poltrona.

APPROVAZIONE LAMPO.
E sì che quando vogliono i consiglieri molisani sono veloci come fulmini. La famigerata leggina "salva-casta" andrà in Consiglio per l'approvazione venerdì a pochi giorni dal parto. Altro che 18 mesi.

 

L’ITALIA SI PREPARA AL RITORNO DEI CENTROSINISTRI AL GOVERNO (PER ASSENZA DI AVVERSARI) E COMINCIANO LE GRANDI MANOVRE

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PIERLUIGI BERSANI Sandra Zampa

1 - PD: PARLAMENTARI ULIVISTI 'SUONANO LA SVEGLIA' A BERSANI, "ASSUMA L'INIZIATIVA"...
(Adnkronos) - I parlamentari del Pd Antonio La Forgia, Sandra Zampa e Albertina Soliani, ulivisti e prodiani, 'suonano la sveglia' al leader Pier Luigi Bersani. Di fronte alla
crisi economica che incalza, all'incubo contagio dalla Grecia e alla crisi di credibilita' della politica, con lo spettro di Grillo e dell'antipolitica dietro l'angolo, i tre esponenti emiliani del Pd chiedono al partito uno scatto in avanti.

"A Bersani chiedo che assuma l'iniziativa per rispondere a quanto la gente ci chiede ormai da troppo tempo" sintetizza Zampa, per la quale "il tema non e' quello della leadership", quanto piuttosto la necessita' di ritrovare "l'entusiasmo, che sembra ormai lontano, ma che c'e' stato attorno all'iniziativa referendaria" per la cancellazione del porcellum. Una valanga di firme che pero' si e'

ROMANO PRODI EUGENIO SCALFARI

bloccata davanti alla sentenza di innammissibilita' del quesito emessa dalla Consulta. Una riflessione che prendera' corpo sabato prossimo a Bologna con l'incontro 'Democrazia? Democrazia!' in programma dalle 10.30 alle 17.30 al nuovo cinema Nosadella. Al dibattito, oltre ai tre parlamentari promotori, parteciperanno anche l'ex ministro Arturo Parisi, il politilogo Angelo Panebianco e l'ex presidente della Cassa Depositi e Prestiti e federalista europeo Alfonso Iozzo. Ci sara' anche l'ex premier Romano Prodi. (segue)

2 - PD: BONDI (PDL), GRUPPO DE BENEDETTI VUOLE LISTA CIVICA?...
(AGI) - "Due elementi mi fanno riflettere: l'editoriale di domenica scorsa del dottor Eugenio Scalfari si concludeva con l'ipotesi, ritenuta opportuna, della presentazione alle prossime elezioni politiche di una lista civica apparentata con il Pd e rappresentativo del principio di legalita; oggi infine la notizia dell'appuntamento dato alla propria community di lettori a Bologna dal 14 al 17 giugno per La Repubblica delle idee, la prima festa organizzata dal quotidiano diretto da Ezio Mauro. Non sara - si chiede il coordinatore del pdl Sandro Bondi - che il gruppo editoriale che fa capo al dottor Carlo De Benedetti si prepara a patrocinare una lista civica a fianco del Pd per condizionare e influire ancor di piu nella vita politica italiana?", conclude Bondi.

3 - ACEA: VELTRONI, VIOLENZE INACCETTABILI DA NON SOTTOVALUTARE...

(AGI) - "Violenze e aggressioni come quelle verificatesi contro il Gruppo Caltagirone, a cui va la mia solidarieta, sono gravi inaccettabili e da non sottovalutare, specie in un momento come questo in cui alle difficolta e alle tensioni sociali qualcuno cerca di mescolare provocazioni e gesti teppistici". Lo sottolinea in una nota Walter Veltroni. "Si tratta - prosegue il parlamentare del Pd, ex sindaco di Roma - di un episodio da condannare duramente da parte di tutti: cosa c'entra la rivendicazione dell'acqua pubblica con queste violenze e intimidazioni e davvero incomprensibile agli occhi di tutti i romani".

4 - NAPOLITANO BYE BYE...
Sognava la riconferma, il bis quirinalizio che nessuno ha mai raggiunto. Ma per Giorgio Napolitano inizia invece la stagione degli addii. La sua creatura, il governo Monti, è arrivato virtualmente al capolinea. Tra crisi economica, partiti in campagna elettorale e gaffe, Rigor Monti arriverà forse a fine legislatura, ma senza più carte da giocare. Ma i veri grattacapi per Napolitaner sono altri. Le dimissioni del sottosegretario Zoppini non sono passate inosservate sul colle più alto della politica romana. Il giovane avvocato, infatti, condivide con Michel Martone, altro membro del governo finito nell'occhio del ciclone mediatico in passato, una importante amicizia: quella con Giulio Napolitano, figlio del presidentissimo.

5 - LA REPUBBLICA DELLE IDEE, COSÌ IL CLUB DI MAURO SI BUTTA IN POLITICA (FORSE)
Alessandra Sardoni per "il Foglio"

CARLO DE BENEDETTIEZIO MAURO FOTO AGF REPUBBLICA jpeg

Volare alto, altissimo. Più di Roberto Saviano, che per ora nel programma ufficiale di decollo non c'è, forse per eccesso di pesantezza (metaforica) in tv. Librarsi, per evitare lo spiacevole effetto imitazione delle già collaudate feste del Fatto quotidiano (Pietrasanta) o di Internazionale (Ferrara). Perché nessuno possa dire "è la festa dell'Unità di Repubblica", malignando sulla scelta del luogo (Bologna).

A Largo Fochetti non si parla d'altro che del grande evento di giugno, "La Repubblica delle idee", quattro giorni di dibattiti, reading, monologhi. Tentazione platonica nel titolo, un po' meno negli obiettivi, la manifestazione sarà aperta in piazza Santo Stefano da Ezio Mauro in persona. Dal 14 al 17 giugno il giornale- partito si farà corpo: gli intellettuali, le firme di punta del Gruppo, artisti di casa come Baricco, Bergonzoni, Bertolucci, De Gregori, alcune guest star straniere (David Grossman, Tahar Ben Jelloun e Anthony Giddens) e gli economisti Nouriel Roubini e il Nobel Thomas J. Sargent occuperanno palazzi storici e cortili.

SANDRO BONDI WALTER VELTRONI

Previsto per il 16 il momento clou: Mauro e Scalfari intervisteranno insieme Mario Monti. Quanto basta a dichiarare, contemporaneamente, surclassati i succitati modelli nonché il Corriere, che avrà pure avuto fin qui un rapporto migliore con il premier, ma che la festa non ce l'ha. L'editore Laterza è partner dell'iniziativa e schiera i suoi autori. Ci saranno tutti quelli che è naturale ci siano, quelli che "la sera leggono Kant", come disse al Palasharp Umberto Eco, ovviamente presente.

Da Zagrebelsky a Scalfari fino a Ilvo Diamanti, ma anche Concita De Gregorio e Zucconi, Merlo e Pirani. Per L'Espresso ci sarà il direttore Bruno Manfellotto. E Lucia Annunziata, in veste di neodirettore dell'Huffington Post versione italiana. Sarà la celebrazione della "community", come piace dire a Ezio Mauro, già sperimentata nell'era delle grandi campagne anti berlusconiane, degli appelli e delle domande, con tanto di mobilitazione on line e gazebo in piazza del Popolo e che ora ritorna con ambizioni politico culturali. Se non fosse parola dalle connotazioni forti, si potrebbe dire ideologiche.

ROBERTO SAVIANO giorgio napolitano

Perché questo sembra il lato A dell'iniziativa: la salvaguardia del mondo azionista, moralista, e il suo aggiornamento. Il lato B è politico e ha già fatto scattare l'allarme di una parte del Pd. Almeno a voler leggere in sequenza l'annunciato evento bolognese e l'ultima colonna dell'editoriale di Scalfari di domenica scorsa, in cui si lanciava l'idea di "una lista civica apparentata al Pd", nel caso in cui dovesse restare il Porcellum.

"Rappresentativa" - scriveva Scalfari - "del principio di legalità del cui recupero c'è urgente bisogno e che interpella la società civile prima ancora dei partiti politici". Persone "competenti e civilmente impegnate", molto somiglianti alle star della Repubblica delle idee. Come se il giornale del gruppo l'Espresso volesse serrare le file e riavviare in forme nuove l'eterodirezione, o semplicemente promuoversi nel ruolo di "fornitore di contenuti" per un Pd considerato in difficoltà e minacciato da grillismi vari.

"Non è che ora candidano davvero Saviano, con la storia della lista civica?", si chiedeva un tantino smarrito un dirigente del Pd a Montecitorio. "Bersani sembrava tentato dall'abbraccio, nell'intervista all'Unità", osservava un altro perplesso. Tutto sa di una nuova stagione di impegno, coerente con le tesi dell'ultimo saggio di Carlo Galli, altro editorialista di Repubblica, "I riluttanti", in uscita a fine mese proprio per Laterza: le élite devono ritrovare il senso della loro responsabilità, smetterla di esitare. A giudicare dal programma, la riluttanza delle élite di Rep. sembra essere superata.

ALESSANDRO BARICCO Sergio de gregorio

Gli insider però si concentrano sul lato industriale: la caccia al pubblico più giovane, poco interessato al quotidiano di carta, ma target fondamentale per le sperimentazioni tecnologiche, Internet, iPad, e grande frequentatore dei festival. E' ancora tutto da dimostrare che il rito della riunione di redazione in trasferta dal sito a Bologna e rappresentata in pubblico possa essere calamita per le giovani generazioni, ma pare che il direttore ci tenga molto. Quanto all'editore, ospite d'onore al festival dell'Economia di Trento, non è ancora chiaro se farà un salto anche nella Bologna delle Idee di Ezio Mauro.

 

 

IL DUPLEX BALDUCCI-ANEMONE NON FINISCE MAI DI STUPIRE! - FINANZIAMENTI AI FILM INTERPRETATI DAL FIGLIO DI BALDUCCI…

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da "Il Sole 24 Ore"

Angelo Balducci

Il Comando provinciale delle Fiamme Gialle di Roma ha sequestrato beni per circa 16 milioni di euro, di proprietà di Diego Anemone e Angelo Balducci, nonché un conto corrente intestato a Gaetano Blandini per 9mila euro.

ANEMONE ALL'USCITA DAL CARCERE

Sequestrata anche la villa di Montepulciano di Balducci
Fra i beni oggetto della misura cautelare le quote sociali della Società Sportiva Romana Srl, proprietaria del Salaria Sport Village, ventisei fra unità immobiliari di pregio e terreni siti a Roma, Siena e Belluno - tra cui la villa di Montepulciano di Angelo Balducci - , undici conti correnti, una cassetta di sicurezza e un'auto di lusso. Il reato contestato è il concorso in corruzione continuata.

Indagini sulla scia del flussi di denaro proveienti dagli apparti "Grandi eventi"
Le indagini, svolte dal Nucleo Polizia Tributaria di Roma e coordinate dalla locale procura della Repubblica, hanno riguardato i flussi di denaro provenienti da appalti di opere pubbliche relative ai cosiddetti "Grandi eventi" che, dopo essere transitati sui conti correnti intestati alla Medea Progetti e consulenze srl (società riconducibili al gruppo Anemone), sono stati dirottati a una società di produzione cinematografica riconducibile alle famiglie Anemone-Balducci (la Edelweiss Production srl), per la produzione di film che hanno utilizzato come attore Lorenzo Balducci, figlio di Angelo.

LORENZO BALDUCCI

Finanziamento per 1,8 milioni di euro per film interpretati dal figlio di Balducci
È emerso anche il coinvolgimento di Gaetano Blandini, all'epoca dei fatti a capo della Direzione generale per il cinema presso il ministero per i Beni e le Attività Culturali che - in cambio di alcuni lavori di ristrutturazione svolti su richiesta di Angelo Balducci da imprese di fiducia di Diego Anemone presso la sua abitazione e della cessione a prezzo di favore di un'autovettura alla propria consorte - ha deliberato finanziamenti pubblici per 1,8 milioni di euro a società di produzione cinematografica per la realizzazione di film interpretati da Lorenzo Balducci.

GAETANO BLANDINI

La Procura indaga sul sistema di corruzione per aggiudicarsi appalti pubblici
L'attività è parte della più ampia indagine coordinata dalla procura di Roma che indaga sul sistema di corruzione grazie al quale le imprese del gruppo Anemone sono riuscite, nell'arco di un decennio, ad aggiudicarsi appalti pubblici per un valore complessivo di circa 300 milioni di euro, fra cui quelli relativi al vertice G8 presso l'isola della Maddalena, ai Mondiali di Nuoto del 2009 e alle celebrazioni per il 150° Anniversario dell'Unità d'Italia.

Le accuse mosse a Balducci
Angelo Balducci è accusato di aver assegnato o fatto assegnare gli appalti delle opere pubbliche con procedura negoziata - evitando cioè la celebrazione di gare pubbliche - a imprese direttamente o indirettamente riconducibili alla famiglia Anemone.

 

 

DI COSA SONO ‘CAPACI’? - NUOVE RIVELAZIONI DI SPATUZZA SULL’ATTENTATO A FALCONE…

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Alfio Sciacca per "Corriere.it"

paolo borsellino lapGASPARE SPATUZZA

A pochi giorni dal ventesimo anniversario della strage di Capaci arrivano nuove rivelazioni di uno dei pentiti considerati più attendibili dai magistrati siciliani. Gaspare Spatuzza, che ha già permesso di riscrivere la verità giudiziaria sulla strage di via D'amelio in cui fu ucciso Paolo Borsellino ora fa delle rivelazioni, in parte già note, che potrebbero contribuire a chiarire i restroscena anche della strage di Capaci in cui furono uccisi Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della scorta.

Il pentito ha infatti rivelato ai magistrati di Caltanissetta di avere reperito anche l'esplosivo utilizzato per compiere l'attentato di Capaci. Ora stralci dei verbali vengono pubblicati dal Giornale di Sicilia. «Ricordo - dichiara Spatuzza - che Fifetto Cannella mi chiese, circa un mese prima dell'eccidio in cui morirono Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta di trovare una macchina voluminosa».

Strage via d'Ameliofalcone giovanni

A PORTICELLO - Spatuzza, che procurò anche la Fiat 126 utilizzata in via D'Amelio aggiunge: «Ci recammo a Porticello dove trovammo un certo Cosimo di circa 30 anni ed assieme a lui andammo su un peschereccio attraccato al molo da dove recuperammo dei cilindri dalle dimensioni di 50 centimetri per un metro legati con delle funi sulle paratie della barca. Successivamente constatai che al loro interno vi erano delle bombe».

«Recuperati i fusti - prosegue Spatuzza - li caricammo sulla autovettura per dirigerci verso la mia abitazione. Una volta arrivati a casa di mia madre, ubicata in un cortile, scaricammo i bidoni all'interno di una casa diroccata di mia zia che era a fianco di quella di mia madre e che noi usavamo come magazzino».

Strage Capaci

Successivamente, sempre secondo il racconto del pentito, venne «recuperato altro esplosivo in alcuni bidoni alla Cala, (vicino al porto) legati ad un peschereccio». «Nessuno mi ha mai detto esplicitamente a cosa servisse l'esplosivo», conclude Spatuzza che tuttavia collega la circostanza con l'attentato di Capaci.

 

 

LA “DART MANAGEMENT” È LA FINANZIARIA ‘AVVOLTOIO’, CON SEDE NELLE CAYMAN, CHE STA SPOLPANDO ATENE

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Ugo Bertone per "il Foglio"

FONDI AVVOLTOI

L'avvoltoio è già ripartito dai cieli di Atene. Ma tornerà presto. Il 90 per cento dei capitali, 436 milioni di euro, che la Repubblica greca ha rimborsato due giorni fa per evitare la bancarotta è finito nelle mani di uno dei più spietati e abili "fondi avvoltoio" (vulture funds) che s'aggirano a caccia di prede, per lo più stati sovrani: il Dart Management, finanziaria ultra segreta che ha la sua base nelle isole Cayman, paradiso fiscale che ospita questo diavolo dei capitali che oggi, tra i pochi, ha motivo di festeggiare su quel che resta della Grecia.

Ad aprile tutti i detentori di bond greci hanno dovuto accettare un taglio del valore dei titoli che avevano in mano, fatta eccezione per un manipolo di hedge fund testardi. Tra questi c'era Dart che, pochi mesi fa ha fatto incetta di titoli greci emessi a Londra sotto le leggi della City (perciò immuni dal taglio volontario degli interessi concordati a Bruxelles) a meno del 70 cento del valore nominale.

Ma il ministero delle Finanza di Atene, nel momento di massima debolezza politica, martedì ha dovuto versare l'intero importo nominale. Insomma, i gestori di Dart hanno intascato più di 120 milioni di profitti nel giro di pochi mesi, solo l'antipasto dell'abbuffata futura: almeno 6 miliardi dei 7,6 miliardi fuori dall'accordo con la Ue sono nelle mani di Dart e dei colleghi di Elliott, di Hemisphere di Peter Grossman o degli altri vulture funds che hanno spolpato, negli ultimi 20 anni, le finanze di Congo, Ghana o Perù.

FONDI AVVOLTOI

Senza trascurare i vecchi debitori: due mesi fa Dart ed Elliott hanno presentato un'ingiunzione di pagamento per sequestrare i dollari dell'Argentina posteggiati presso la Federal Bank di New York. L'assalto, per ora, non è riuscito: ma Kenneth Dart non dispera. Già, esiste un mister Dart, da 16 anni cittadino delle Cayman. L'ironia della sorte vuole che la fortuna della ditta di famiglia, aperta dal nonno nel 1937 a Mason nel Michigan, sia decollata grazie allo sforzo dei soldati americani: nonno Dart, infatti, ebbe il fiuto di mettersi a produrre per primo le targhette di riconoscimento dei soldati Usa alla vigilia della Seconda guerra mondiale.

Poi, nel 1960, il vero salto di qualità: il padre di Kenneth, piccolo genio della chimica, diede vita a Styrofoam, destinato a diventare uno dei colossi mondiali dei contenitori alimentari in plastica. Gli indignados di piazza Syntagma non lo sanno, ma quando bevono una Coca in bicchiere di cartone o mangiano un'insalata in una vaschetta di plastica, probabilmente pagano una royalty all'avvoltoio che tiene in scacco il fisco statunitense. Nel '91 Kenneth decise che era l'ora di smetterla di versare soldi a Washington.

Prima pensò di prendere la cittadinanza del Belize senza muoversi dalla casa di Sarasota, Florida. Ma quando il governo del Belize si fece avanti chiedendo l'apertura di un consolato guidato da un Beliziano in quel di Sarasota, non ci volle molto a capire che la sede era proprio la casa della signora Dart. La povera donna da allora si divide tra le Cayman, dove Dart ha avviato progetti urbanistici rivoluzionari, all'insegna del verde (per i miliardari ovviamente) e la villa/palazzo in Florida.

BANCA CENTRALE GRECA

Qui, nel 2005, aveva allestito una cena in favore di Bill Clinton e della sua Fondazione. Ma l'ex presidente, una volta conosciuta l'identità del principe degli evasori, sbattè la porta e se ne andò: la fuga dorata di Dart era stata una delle figuracce peggiori della sua gestione. Kenneth non se l'è presa. I suoi avvocati continuano a inseguire i suoi debitori ovunque ci sia odore di quattrini sfuggiti ai suoi crediti: a Londra, Hong Kong o New York. Con un occhio rivolto ad Atene.

La diagnosi degli "avvoltoi" è lucida e spietata: la Grecia, prima o poi, dovrà fare default per la seconda volta. Allora, quando la repubblica avrà l'acqua alla gola, i "vultures" faranno di nuovo incetta di titoli che varranno poco più che carta straccia. Poi non resterà che attendere. Infine l'avvoltoio, con il bottino tra le zampe, farà rotta di nuovo verso l'isola dei Caimani.

 

J-BID MORGAN - IL CASINO DI JP MORGAN È SOLO ALL’INIZIO - OLTRE ALLE INCHIESTE DI SEC E FBI, PARTONO LE PRIME DENUNCE

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Marco Valsania per "Il Sole 24 Ore"

Scattano le prime denunce degli investitori contro Jp Morgan e il suo amministratore delegato Jamie Dimon per la debacle sui derivati. Due soci della banca hanno accusato la banca di aver ingannato gli azionisti sull'entità dei rischi corsi nel trading, che hanno scavato perdite per oltre due miliardi in due settimane. Al centro del ricorso per danni è anzitutto la conference call del 13 aprile sul bilancio del primo trimestre quando Dimon aveva minimizzato i sospetti di eccessive scommesse.

JAMIE DIMON DI JP MORGAN

Le denunce dovrebbero procedere di pari passo con le inchieste delle autorità, Sec e Fbi, che esaminano possibili irregolarità finanziarie e nella comunicazione al mercato. Sviluppi nelle indagini potranno condizionare l'esito delle battaglie legali dei soci, tra i quali il fondo Saratoga Advantage che ha proposto un'azione collettiva a nome di tutti gli azionisti nel periodo tra il 13 aprile e il 10 maggio.

«Le scommesse sui derivati sono state terribilmente sbagliate - afferma nel suo esposto al tribunale - risultando in miliardi di dollari di perdite e altri miliardi persi in capitalizzazione di mercato».

jp morgan

Sotto esame delle authority sono la tempestività delle informazioni sulle perdite, quando i vertici hanno saputo e quando l'hanno detto, e le pratiche contabili. Al Chief investment office, la divisione delle perdite, quest'anno era stato permesso di usare un Value at risk, misura delle potenziali perdite quotidiane, meno rigido di quella del resto della banca.

Tanto che quando con la scoperta delle perdite la divisione è tornata al vecchio Var, l'indicatore di è impennato da una media di 67 milioni in aprile a 129 milioni in maggio.
Dalla banca è filtrato ieri che un altro dei protagonisti del disastro, il trader Bruno Iksil soprannominato la "Balena" per le dimensioni delle sue puntate, lascia la banca. Un accordo sarebbe ormai stato raggiunto. Nei giorni scorsi era già uscita di scena Ina Drew, responsabile del Chief Investment Office, e altri dirigenti di Londra sono in partenza.
Nuova luce è stata gettata anche sul labirinto delle loro scommesse.

Bruno Iksil

Una ricostruzione del Wall Street Journal mostra un'operazione che ad almeno tre livelli: un hedge iniziale, contro il rischio Europa, fatto puntando su derivati legati a bond aziendali ad alto rendimento e che rendevano in caso di crisi, vale a dire di cadute dei prezzi delle obbligazioni. Davanti però ai miglioramenti in Europa a inizio d'anno, la banca si è messa a vendere protezione, derivati Cds, su un indice di corporate bond di alta qualità. Infine con la terza mossa ha anche comprato Cds su bond di alta qualità, affiancandola con una manovra per guadagnare dalla differenze sul costo della protezione in scadenza nel 2012 e nel 2017.

wall street

Modalità e tempi della strategia sono diventati sempre più complessi e sono sfuggiti di mano, in un gioco funambolico di puntate su indici diversi e hedge che spesso con coprivano le precedenti scommesse. Con il dubbio che anziché motivata da prudenza la strategia fosse ormai aggressivamente rivolta a cercare profitti. Non manca una paradossale e imprevista mossa finale: uno degli stessi fondi comuni di Jp Morgan, lo Strategic Income Opportunities Fund, ha scommesso oltre 300 milioni di dollari contro le fallimentari posizioni della Balena di Londra. E ieri a Wall Street i titoli della più grande banca americana hanno ancora perso ancora qualche punto (circa l'1,5%) per scendere sotto quota 35,7 dollari.

 


“FOGLIO” DI VIA PER FAZIO E SAVIANO - FERRARA PROSEGUE LA SUA CROCIATA CONTRO LO SGOMORRISMO RADICAL-FAZIO

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1 - ANDREA'S VERSION...
Andrea Marcenaro per "il Foglio"

GIULIANO FERRARA

Ammazza che sfiga, gli manca proprio molto a quelli lì. Bravi, però, convincenti, commoventi, per lo più poetici e tutti con un buzzo, un friccico che da dove sgorgava, da dove gli verrà mai quel gran talento, ti domandavi, che gran fortuna, come faranno? Portavano le loro parole come formichine. Ci giravano intorno, ci virtuoseggiavano su. Francesco Guccini, Ettore Scola, Rocco Papaleo, Nicola Piovani, Massimo Gramellini, non uno che non fosse deprivato di qualcosa, a questo mancava "passeggiare", a quell'altro il "sole", oppure la "leggerezza", ma anche l'"aria", perfino l'aria gli mancava. A Paolo Rumiz, poveretto, le "scarpe": "Non è con il taccuino o le mani, ma con i piedi che credo si scriva". Tempi di crisi. Culo poi ha voluto, tra quelli di "Quello che (non) ho", che nessuno abbia nominato i "soldi".

facci13 andrea marcenaro

2 - LA TV DOLORISTA E I COUCH POTATOES...
Giuliano Ferrara per "il Foglio"

Su Saviano ci siamo sbagliati. Il successo di pubblico è arrivato, come previsto, quello di critica no, eppure ci avevamo scommesso. L'Italia abbonda di couch potatoes, il largo pubblico infantilizzato dalla televisione che si accuccia sul divano, sgranocchia patatine e noccioline e prolunga così l'ozio lamentoso che la tv del dolore sociale gli insegna e gli mostra come tenebroso spettacolo per tre ore consecutive (siamo l'unico paese al mondo in cui la lagna dura nove ore e si spalma su tre serate perdute per la gioventù degli addict de La7).

ROBERTO SAVIANO E FABIO FAZIO IN _QUELLO CHE NON HO

Un sacco di gente ha guardato Saviano, ha ascoltato la tiritera dei suicidi economici, si è compiaciuta del dramma che vive e non vive, ha pensato di essere intelligente guardando uno che non lo è abbastanza per farsi perdonare le sue ideuzze, ma stavolta non ha solo visto: lo ha anche guardato e ascoltato. Saltato il tappo, i guru del commento hanno raccolto, a parte il critico televisivo del Corriere Aldo Grasso che non è nuovo di questi boschi e si è pronunciato a caldo, subito, il malumore delle chattering classes, altro nome appena più elegante per i couch potatoes, e lo hanno rilanciato.

ETTORE SCOLA

Mentre gli impaginatori (il giornale di Ezio Mauro non ha un critico televisivo) relegavano l'evento su Repubblica a una paginetta spettacoli imbarazzata, la numero 47, destituendo di sapore l'epica evenemenziale, e in generale la posizione in pagina sui giornali di sinistra era un tutto-sommatochissenefrega, la recensione del giorno dopo era spietata di tono.

ROCCO PAPALEO E SIGNORA

Perfino Beppe Severgnini, twittarolo com'è, ha sentito la botta filtrante sul Web, diventato luogo di mugugno malmostoso contro l'eroe del banale, e ha predicato una melliflua esigenza di speranza a una trasmissione di un pessimismo corrivo, condotta da un terribile consolatore di folle afflitte, Fabio Fazio, che dalla rete in cui (ri)trasmetteva se ne era andato via anni fa con una paccata di milioni che nemmeno il compianto Enzo Biagi.

MASSIMO GRAMELLINI DA FABIO FAZIO A CHE TEMPO CHE FA

E una deliziosa Stefania Carini su Europa illustrava la "tetraggine" savianea dicendo che "la parola rimbomba, e risuona vuota", che lo show "si crede più nobile e nobilitante" della tv ordinaria e invece manca di "umiltà, professionalità, allegria".

francesco guccini

Insomma, l'evento è stato inscenato come al solito, ma è stato recepito in modo diverso dal solito. Qualche volta dirla tutta è utile. E, comunque, quello che non ho e non abbiamo è un ministro di stato cinico come William Hague, capace di dire che bisogna lavorare di più, se necessario darsi da fare all'estero, invece di rompere i coglioni dalla mattina a sera tarda.

 

LA GUERRA DI SADO-MASI - L’EX DG RAI: “TUTTE LE STAR DELL’INFORMAZIONE TV SONO ORIENTATE A SINISTRA, ECCETTO VESPA”

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Estratto dal libro di Mauro Masi e Carlo Vulpio, "Un nemico alla Rai - 800 giorni "contro" nella tv pubblica", Marsilio

Mauro Masi

Chi, come più volte hai affermato, dall'interno della Rai ti ha fatto la guerra per tutti i ventisei mesi del tuo mandato?

MAURO MASI CARLO VULPIO - UN NEMICO ALLA RAI

Tutti quelli che fanno riferimento a un mondo politico minore, che «esiste» solo in quanto ha una sponda in Rai. Un mondo che però ha uno scarsissimo consenso politico nel paese. Costoro mi hanno fatto una guerra guerreggiata senza precedenti. Tutti i giorni. E poiché in genere si tratta di gente che, pur di vedere morto Berlusconi farebbe qualsiasi cosa, mi ha eletto a bersaglio privilegiato, in quanto direttore generale Rai nominato a ricoprire questa carica in un momento in cui Berlusconi, da un punto di vista mediatico, attraversava un periodo molto difficile.

Per quale motivo muovere guerra a te?

Perché la prima cosa che ho fatto quando sono arrivato in Rai è stata ribaltare il principio «quieta non movere», norma di condotta sacra ai dinosauri della Tv pubblica.

Mauro Masi

In concreto?

Ho osato smascherare questa gente, e sono stato il primo a farlo, mostrandola per quello che è: incardinata nelle proprie posizioni di privilegio e smaniosa di popolarità, soldi, potere. Insomma, stiamo parlando di gente come Fazio, Saviano, Santoro, Dandini, Floris, che l'ha messa sempre sul piano dei soldi «in nome» della libertà di espressione. Questi signori, resi più forti dal fatto che il Gruppo Editoriale L'Espresso li ha appoggiati, spalleggiati e persino «adottati», dalla Rai hanno sempre voluto, e ottenuto, un pacco di soldi. Aver detto questo, aver osato affermare che «il re è nudo», spogliato da ogni retorica fondata sull'«ideale» e smerciata come «impegno civile», ha scatenato l'inferno. È stato come mettere in discussione un dogma religioso.

MAURO MASI E FIGLIO

Una «guerra guerreggiata», hai detto. Cosa significa questa espressione, applicata al «palazzo» Rai?

Significa che si è giunti persino a fare in modo che un pezzo del consiglio di amministrazione della Rai sposasse in toto la linea del tanto peggio, tanto meglio, facendo continue dichiarazioni pubbliche che potevano far pensare che l'azienda, peraltro una società per azioni, andasse il peggio possibile. Oh, dico... ma ci rendiamo conto? Se lo facesse un politico, sarebbe grave ma potrei anche capirne la logica. Ma che lo facciano dei consiglieri di amministrazione - seppure, diciamo così, di minoranza - di una spa...

Veniamo al punto: esiste un «Partito Rai»?

MAURO MASI

Certo che esiste. Anzi, forse ce n'è più di uno. Ed è un partito che può anche marciare diviso, ma che, quando si muove per difendere i propri privilegi, colpisce unito. Anche perché, e non lo scopro io, la Rai è oggettivamente vicina al mondo della politica.

Tutti «politicizzati» quelli che lavorano in Rai?

Intendiamoci. La Rai è fatta anche di gente che le vuol bene, persone che sono la «spina dorsale» dell'azienda: maestranze, tecnici, dirigenti, tutti quelli che, potremmo dire, «hanno fatto» e tutt'ora «fanno» la Rai. Poi c'è il Partito Rai...

ROBERTO SAVIANO E FABIO FAZIO IN _QUELLO CHE NON HO

Un partito vero e proprio?

Un partito che certamente non ha le sezioni e le cellule - non le hanno più da tempo nemmeno i partiti tradizionali -, ma che è un partito a tutti gli effetti, nel senso proprio del termine, formato da gente che nel tempo ha acquistato un grande potere in azienda. Anche questa, però, non è una novità, non è una cosa che scopro io. È sotto gli occhi di tutti, è stato così per decenni, e alla fine lo ha ammesso anche Bernabei.

Ti riferisci a ciò che Ettore Bernabei - democristiano, oltre che il più longevo direttore generale Rai, in carica dal 1961 al 1974 - ha detto a Giorgio Dell'Arti nel libro "L'uomo di fiducia" ?

Sì. In fondo, cos'ha detto Bernabei, se non che la Rai all'inizio era un feudo Dc, poi è diventata una proprietà Dc-Psi e infine un podere in cui è entrato anche il Pci? La «costruzione» di Rai 3 dal 1980 in poi rispondeva esattamente a questa esigenza, dare al Pci una sua rete e perfezionare il sistema della cosiddetta «lottizzazione ». Dopodiché, si è giunti alla massima condivisione consociativa del potere, al consociativismo all'ennesima potenza.

Santoro Dandini A PARLA CON ME

Però siamo ancora in quella che convenzionalmente chiamiamo Prima Repubblica. Da allora ne sono accadute di cose...

Ci stavo arrivando. Con il crollo della cosiddetta Prima Repubblica, i punti di riferimento tradizionali si sgretolano e «l'asse» Rai si sposta verso un'area politica di sinistra-centro. Al mutato equilibrio interno segue, con cronometrica puntualità, «l'assorbimento» da parte dell'azienda di una pletora di giornalisti: la cosa passa, di fatto, come una misura antidisoccupazione intellettuale, in realtà è una manovra strategica di politica clientelare, che all'interno della Rai produce un enorme consenso. Da quel momento, siamo agli inizi degli anni novanta, rispetto ai feudi tradizionali, in Rai comincia a formarsi un nuovo monopolio di sinistra-centro.

GIOVANNI FLORIS

Ma non si dice sempre che i «vuoti» in politica non esistono e che, se ci sono, c'è sempre qualcuno che li occupa?

Infatti. Non sto mica sostenendo che questo processo sia avvenuto in maniera illegittima. Sto dicendo che ciò che trovo meno legittimo è che questa «nuova maggioranza» creatasi in azienda si sia trasformata in una «nuova egemonia», consolidata dal collante dell'antiberlusconismo a prescindere. Attenzione: non dal collante di uno spirito aziendale anti Mediaset, che potrebbe anche essere considerato un elemento positivo, espressione di una sana voglia di concorrenza, no, ma proprio da un collante ad personam, anzi contra personam, cioè anti Berlusconi.

Basta questo a spiegare la nuova egemonia in Rai?

ETTORE BERNABEI

No. Non si capirebbe bene lo stato delle cose se non si considerasse anche un altro elemento molto importante, quel particolare meccanismo che con il tempo si è sviluppato in Rai e nella Tv in generale, vale a dire il ruolo delle star dell'informazione e dell'approfondimento giornalistico. Tutte le star dell'informazione Tv sono orientate a sinistra, eccetto Vespa. È un dato di fatto. Questo crea uno squilibrio evidente e questo squilibrio rende il «modello» dei programmi prodotti - che pure interessano molto la gente, anche perché siamo il paese degli eterni guelfi e ghibellini - più falso e più pretenzioso.

Però fanno audience.

E allora? Basta l'audience a giustificare programmi che ormai sono diventati il terreno privilegiato per influenzare direttamente e profondamente la politica? Floris e Santoro, per fare un esempio, si sono inventati dal nulla un Vendola come politico di livello nazionale. Mentre il programma di Vespa, per fare un altro esempio, è stato considerato addirittura «la terza Camera» del Parlamento.

Era dunque su queste cose che volevi incidere come dg ed è stato per queste cose che lo scontro si è trasformato in una guerra?

Paolo Ruffini

La mia vicenda in Rai è stata caratterizzata quotidianamente dallo scontro con questi Signori della Tv, che, come i Signori della guerra, si sentono speciali, più uguali degli altri, e non hanno mai voluto rispettare le regole. Quando mi sono azzardato a voler mettere in pratica il «rivoluzionario» principio che ci sono delle regole e che queste regole devono essere uguali per tutti, i Signori della guerra hanno puntato contro di me le loro armi.

Rivendicavano il pluralismo politico...

Tiravano in ballo il pluralismo politico - che non è stato mai messo in discussione - soltanto come pretesto, questa è la verità. Il loro obiettivo era occupare

MAURO MAZZA

Quindi tu ti presentavi davanti a un cda la cui maggioranza era, in realtà, a dir poco instabile, mentre la minoranza era la vera maggioranza?

Di fatto era così. La componente del «fortino», come l'ho definita prima, era molto più coesa, fino al «tutti per uno, uno per tutti». È stato grazie a questa coesione che, sebbene minoranza in cda, quella parte politica ha fatto sentire meglio la propria voce, ottenendo maggiori risultati.

Eppure, in virtù del tanto decantato spoil system, questi problemi non dovrebbero esserci...

Forse io stesso devo fare autocritica per non essere riuscito a portare il cda su posizioni unitarie. Per esempio, su alcune nomine importanti, come quelle dei canali digitali, che sono la Tv del futuro. O come l'interim lunghissimo a Rai 2, dopo l'uscita del direttore del Tg 2, Orfeo [ora al «Messaggero», n.d.r.], oppure la decisione sulla destinazione del direttore di Rai 3, Ruffini...

BIAGIO AGNES E SIGNORA

Quanto ha pesato in tutto questo la fuoriuscita di Gianfranco Fini dal Pdl?

Be', è evidente che quella «maggioranza» in cda di 5 a 4 è diventata più precaria. Il consigliere finiano è rimasto in maggioranza, ma tutto un mondo aziendale tradizionalmente vicino ad An, da quel momento in poi ha avuto sbandamenti e si è sentito in bilico. Per carità, è un travaglio politico che capisco e rispetto profondamente, ma che tuttavia ha avuto ricadute aziendali.

E i direttori delle tre reti, Mazza, Liofredi e Ruffini?

MASSIMO LIOFREDI

Non è un mistero che anche loro, all'occorrenza, remassero contro. Ruffini per ragioni ideologiche. Mazza e Liofredi più per motivi di governance, perché la Rai è una realtà molto complessa dal punto di vista di una governance efficace.

Mentre il «fortino» si dimostrava sempre compatto?

Più i problemi di questo tipo aumentavano, più il «fortino», attraverso la sua espressione paradigmatica, l'Usigrai, si dimostrava coeso e deciso a prendere tutto ciò che poteva prendere.

Vi siete incontrati, vi siete parlati?

BRUNO VESPA

Con l'Usigrai, il contratto aziendale, che era aperto da ben cinque anni, l'ho chiuso io. Un buon risultato, mi sembra, no? Ma poiché li avevo mostrati «nudi» e rifiutavo il consociativismo e la loro assurda pretesa di voler contare in tutti gli aspetti aziendali, anche quelli in cui non c'entravano affatto, per loro restavo il nemico pubblico numero uno. E così, invece di governare la fortezza Rai, mi toccava ingaggiare ogni giorno una battaglia per espugnare il «fortino», ero obbligato dai Signori della guerra a sostenere un conflitto falso.

Gianni Morandi presenta Sanremo 2011

Come, falso? Non hai appena detto che si trattava di una guerra guerreggiata?

Sì, ma le ragioni di questa guerra erano false. Non era una guerra per la libertà di espressione, rappresentata dalle star dell'informazione, contro la censura, rappresentata da me, che sono un liberale e un democratico e mai ho concepito il ruolo di dg della Rai come censore. Lo sapevano e lo sanno bene anche loro che non era e non è così. Eppure hanno spinto la loro guerra fino al ridicolo, organizzando persino un referendum interno per la sfiducia nei miei confronti.

Un referendum sul dg, in Rai, mi pare non ci sia mai stato, vero?

Mai. Non ci sono precedenti. E tuttavia, pur non essendo previsto da nessuna parte e pur non avendo alcun valore giuridico, hanno tenuto un referendum il cui oggetto è stato la sfiducia a Masi. Affluenza? Bulgara. Risultato? Bulgaro.

ELISABETTA CANALIS

Cioè?

Novanta per cento dei votanti contro di me.

Conseguenze?

Nessuna, ovviamente. La sfiducia non c'è mai stata perché il referendum era solo un gesto politico, privo di qualunque valenza aziendale e men che meno istituzionale. Ma per loro, ciò che contava era questo, il gesto politico.

Quanto ha pesato in tutto questo il fatto che tu provenissi da fuori, che fossi un «esterno» al mondo Rai?

Molto. Sono stato subito percepito come lo «straniero » arrivato a dettare un proprio ordine laddove nessuno aveva mai osato mettere nemmeno un dito.

BELEN RODRIGUEZ

E qual è stata la tua «colpa» più grave?

Aver voluto fare l'editore. Quando ho chiarito che ritenevo mio dovere occuparmi della linea editoriale e mettere ordine nella governance dell'azienda, caratterizzata da nebulose linee di demarcazione tra le competenze del dg e dei direttori di rete, di testata e così via, ecco, da quel momento è scattata l'azione contro di me. Un'azione non episodica, non a fasi alterne, ma organica e senza interruzioni.

Stai dicendo che hai condotto una lotta impari e che la parte debole eri tu, il dg della Rai? Sembra una «controstoria » rispetto alla versione comunemente divulgata. Pensi che ti crederanno?

So bene che sembra incredibile. Del resto, questo è il risultato di una rappresentazione dei fatti distorta, manipolata, rovesciata, che nel tempo ha prodotto i suoi frutti marci e ha saputo spacciarli per buoni. Ma ciò che sto dicendo è la verità ed è facilmente dimostrabile. Infatti, in questa guerra, in cui il bersaglio ero io, è venuto fuori in tutta la sua forza il consociativismo della Rai.

Sempre in ossequio al famoso quieta non movere?

MONICA SETTA

Naturalmente. La Rai si è dimostrata la patria del consociativismo, il luogo in cui la «flessibilità» della pratica consociativa riesce a trovare i suoi momenti più alti. Masi vuole davvero fare il direttore generale e decidere su questioni che nessun altro ha mai messo in discussione? Ma chi crede di essere? Questo è stato il ragionamento. D'altra parte, come potevano pensarla diversamente in un ambiente in cui nemmeno Bernabei e Biagio Agnes [democristiano, dg della Rai dal 1982 al 1990, n.d.r.], che pure sono stati i patriarchi del consociativismo, decidevano da soli?

I potentissimi Bernabei e Agnes non decidevano da soli?

Certo che non decidevano loro. Con tutto il rispetto per Agnes, che è morto, e per Bernabei che ha novant'anni, non si può mica raccontare che Gesù Cristo è morto di freddo! Non sceglievano e non decidevano un bel niente di veramente importante da soli.

Aver voluto fare l'editore ti ha creato guai, oltre che sul piano politico, anche su quello della governance?

Per forza. Lo ripeto, se arrivi in un posto in cui va bene tutto a tutti - a spese dei cittadini - e vuoi vederci chiaro, fare un po' d'ordine, stabilire poteri e limiti per ogni ruolo e in base alle competenze, ti sei messo nei guai. Tant'è vero che, quando da dg ho cercato di fare l'editore, spesso sono entrato in rotta di collisione con alcuni direttori di rete non per ragioni politiche, ma per questioni di governance.

Mi ricordo per esempio dello scontro con Mazza, direttore di Rai 1, sulle scelte per Sanremo 2011: lui ha voluto Morandi, Canalis e Belén, io volevo Vespa nell'inedita veste di presentatore ironico affiancato ogni sera da una donna diversa. Per le stesse ragioni entrai in polemica con Liofredi, direttore di Rai 2, che a condurre il programma Il fatto quotidiano aveva messo Monica Setta, che a me sta anche simpatica, ma il cui modo di fare Tv non mi piaceva per niente. Con Ruffini, direttore di Rai 3, le polemiche erano su entrambi i piani, politico e di governance, ed erano quotidiane.

MICHELE SANTORO

C'erano di mezzo fatti personali?

Con Ruffini c'è stata un'immediata antipatia reciproca. Ma non era questo il motivo dei nostri scontri. Con lui le cose sono andate sempre peggio, anche per la sua propensione a dare pubblicità immediata a qualunque fatto, critica, diversità di opinione, o incontro, anche riservato, che avevamo per ragioni di lavoro. Un comportamento che francamente trovavo insopportabile.

Potrà aver agito in questo modo per garantire trasparenza assoluta alla Rai?

Ma per favore. La strategia era sempre la stessa. Trasformare anche le più normali critiche aziendali in alti lai per la libertà di informazione in pericolo... Ruffini spifferava tutto ciò che era stato oggetto di discussione interna alle agenzie di stampa e poi una pattuglia di parlamentari peones della sua parte politica, che puntualmente lo spalleggiava in questa azione, faceva partire una raffica di decine di dichiarazioni contro di me. Il finale di questo copione, devo dire, era sempre uguale e sempre un po' ridicolo.

Come andava a finire?

C'era sempre, ogni volta, la dichiarazione finale del portavoce dell'IdV, Leoluca Orlando Cascio, come lo chiamava il mai troppo rimpianto presidente Cossiga. E se non parlava lui, dalla panchina si alzava a prenderne il posto Pancho Pardi, «due braccia sottratte all'agricoltura », come egli stesso dice sé nelle proprie note biografiche... Non c'era modo di vedere un finale diverso.

Sempre lo stesso schema?

saviano

Sempre. Un copione scritto in anticipo.

Qual è il modello di dg che andrebbe bene al Partito Rai?

Andrebbero bene tutti, secondo me, purché non si occupino della linea editoriale. Il Partito Rai accetterebbe - e ha effettivamente accettato - anche un dg eletto dal centrodestra, alla Agostino Saccà [dg Rai dal 2002 al 2003, n.d.r.] o alla Flavio Cattaneo [dg Rai dal 2003 al 2005, n.d.r.], molto orientati a intervenire sul business aziendale e molto meno sulla linea editoriale... Da questo punto di vista, io non li facevo dormire tranquilli, li tenevo in tensione continua. Ma non perché volessi «censurare». Questo è ciò che hanno detto loro, tutti quelli che non volevano mutare di un pollice lo stato di cose esistente.

E così hai deciso di andare in video a esporre le tue ragioni...

Una decisione che mi ha procurato ulteriori critiche e che tuttavia era l'unica cosa che potessi fare. Come ho già detto, in Rai non esiste una governance che consenta di affrontare questioni del genere, perciò sono stato praticamente costretto a comparire in video. Cosa dovevo fare, per esempio, quando Santoro e Saviano mi hanno attaccato in Tv sostenendo una falsità assoluta, e cioè che non volevo pagare come ospite il maestro Riccardo Muti perché il mio fine era quello di danneggiare i loro programmi? L'unica cosa che potevo fare, e che ho fatto, è stata «andare in Tv» a mia volta per dire la verità.

Ma così non hai fatto, ancora una volta, una grande pubblicità a chi volevi sbugiardare?

Sì, è vero. Involontariamente, in questo modo sono stato un grande promoter di questi personaggi e dei loro programmi. Al tempo stesso, però, molta gente ha capito chi sono davvero queste persone e come sappiano dissimulare bene - dietro la loro presunta battaglia per l'informazione e per il pluralismo - la loro ricerca di protagonismo, di spazi Tv e di soldi. Tanti soldi.

 

FACEBOOK: IPO DEI RECORD O FLOP DEL SECOLO? - ALLA VIGILIA DEL D-DAY IN BORSA ARRIVANO SEGNALI DI SCETTICISMO…

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Marco Valsania per "Il Sole 24 Ore"

FACEBOOK

Facebook conta su schiere di nuovi azionisti, ma per la strada perde vecchi amici. Segno che l'entusiasmo per la Ipo dei record, venerdì, è venato anche da crescente scetticismo: General Motors, il terzo inserzionista americano, ha cancellato tutta la pubblicità a pagamento dal social network - che di pubblicità vive e prospera. I vertici della casa di Detroit hanno semplicemente concluso che come investimento non rende, non si traduce in auto comprate dai consumatori.

general-motors-sede

Un altro investimento potrebbe rendere meno di quanto immaginato, quello nelle azioni con il simbolo Fb: dopo aver alzato il prezzo la società ha aumentato di un quarto i titoli che andranno in Borsa, a 421,2 milioni. All'apparenza segno che il collocamento va a ruba e rimane «oversubscribed». Quelle che aumentano enormemente per soddisfare la domanda, però, sono le vendite a nuovi «amici» da parte di soci della prima ora, che si scoprono meno fedeli: fondi e banche, da Goldman a Tiger, hanno deciso di sbarazzarsi spesso di almeno metà dei loro titoli.

Vogliono cioè, per dirla con gli americani, «cash out», intascare i soldi subito. E hanno riaperto le polemiche tra «smart money» e «dumb money», i capitali cosiddetti intelligenti - grande finanza e insider - e meno - risparmiatori o comunque chi non è addentro ai segreti degli Ipo.

zuckerberg

Le cifre del collocamento, dunque, si gonfiano: potrebbe ora rastrellare tre miliardi in più, 18,4 miliardi, il maggior sbarco hi-tech di sempre e tra i primi tre negli Stati Uniti. Mentre la valutazione è lievitata fino a 104 miliardi e sulle ali della frenesia potrebbe impennarsi al debutto. Ma diverse sono le prospettive di più lungo periodo: essere snobbati da Gm mette in dubbio non l'esistenza di un esercito mondiale di 900 milioni di utenti, bensì un modello di business, la monetizzazione di questo esercito.

Facebok dipende per oltre l'80% da entrate pubblicitarie e per giustificare le valutazioni odierne deve farle marciare e ritmi forsennati per anni. Invece è davanti a una prima, visibile, incrinatura nei suoi disegni e che potrebbe allargarsi: circolano voci di dubbi tra altre firme del largo consumo. Anche se non mancano società che non si ritirano affatto, tra cui case automobilistiche rivali quali Ford a Subaru. E se la stessa Gm rimane impegnata a gestire pagine sul network: con un budget annuale per le inserzioni da 1,8 miliardi, spende 30 milioni per mantenere le pagine e solo dieci per comprare pubblicità su Facebook.

LA SEDE DI GOLDMAN SACHS A NEW YORK jpeg

Le diserzioni di vecchi azionisti si affiancano a quelle degli inserzionisti e potrebbero sollevare altrettante perplessità. Goldman, che doveva vendere il 13% della sua quota, cederà il 50 per cento. Tiger Global venderà a sua volta il 50% anzichè il 7 per cento. Ancora: i russi di DST Global e Mail.ru si sbarazzeranno del 40% e non del 23 per cento. E anche due esponenti del bord di Facebook sono della partita: Peter Thiel, che cederà il 50% invece del 20%, e la Accel Partners di James Breyer, cederà il 28% e non il 22 per cento. Tiene duro il 28enne chief executive Mark Zuckerberg, che non altera i piani di vendere il 6% della sua quota. A conti fatti, però, lui potrà vantare il controllo dell'intero gruppo con il 55,8 per cento dei diritti di voto.

 

 

MILANO -1,5%, SFIORATI I MINIMI STORICI - SPREAD A 444 - FMI: CHIUDIAMO I CONTATTI CON LA GRECIA FINO ALLE ELEZIONI

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1 - BORSA: ASTA SPAGNOLA PENALIZZA EUROPA, MILANO CHIUDE SOPRA MINIMI
Radiocor - I continui timori sulla situazione finanziaria greca e il balzo dei rendimenti nell'asta spagnola hanno penalizzato le borse europee, che hanno pero' recuperato sul finale. Milano, arrivata in mattinata a sfiorare i minimi record del 9 marzo 2009 sotto quota 13 mila punti, ha chiuso a -1,46%.

PIAZZA AFFARI - MAURIZIO CATTELAN

In netto calo le banche, sulle voci di un declassamento di 21 istituti iberici da parte di Moody's, mossa che seguirebbe la bocciatura delle 26 banche italiane. A Piazza Affari Mps ha ceduto oltre il 5% e Unicredit il 4,7%. La migliore sul Ftse Mib e' stata Tod's (+3,35%), seguita da A2a (+3%) e Fiat Industrial (+2%), che ha beneficiato dei risultati migliori delle attese annunciati dalla concorrente Usa Deere. Nel resto del listino, sono balzate di oltre l'11% Yoox, sulle voci di un accordo con la francese Ppr e Fonsai, nel giorno cruciale per l'integrazione con Unipol.

CHRISTINE LAGARDE

Sul fronte dei cambi, l'euro tratta a 1,2705 (1,2719 ieri) e 101,146 yen (102,24). Il dollaro/yen si e' attestato a 79,613 (80,371). Il petrolio tratta sulla parita' a 92,89 dollari al barile.

2 - RENDIMENTO BUND ANCORA GIU', NUOVO MINIMO A 1,42%, SPREAD 444
(ANSA) - Ulteriore discesa del rendimento del Bund a 10 anni che aggiorna il minimo storico a 1,42%. La fuga dal rischio premia i governativi tedeschi ed enfatizza il movimento degli spread: il differenziale con il Btp si è ampliato fino a 449 punti base, per poi ripiegare a 444, e quello con i Bonos ha superato quota 490.

TSIPRAS

3 - BORSA, A MOSCA INDICE MICEX CADE A MINIMI DA 5 OTTOBRE SCORSO
(LaPresse/AP) - L'indice principale della Borsa di Mosca, il Micex, ha toccato i minimi dallo scorso 5 ottobre perdendo il 3% a 1.296 punti. I mercati finanziari russi risentono molto del calo del petrolio (-12% in un mese), oltre che delle turbolenze legate all'eurozona. Anche il rublo è sceso dello 0,9% nei confronti del dollaro a 31,2 rubli. Pesano inoltre le incertezze legate alla formazione del nuovo governo russo.

4 - GRECIA: FMI, STOP A CONTATTI FINO A NUOVE ELEZIONI
Radiocor - Il Fondo Monetario Internazionale rimanda a dopo le elezioni in Grecia del mese prossimo una missione di monitoraggio ad Atene e 'attende di prendere contatto con il nuovo Governo, quando sara' formato'. Lo ha detto il vicedirettore delle relazioni esterne dell'istituto David Hawley, durante la conferenza stampa bisettimanale, sottolineando che 'c'e' un programma in atto per aiutare il Paese'.

LA SEDE DI GOLDMAN SACHS A NEW YORK jpeg

Per quanto riguarda le parole del direttore generale del Fmi, Christine Lagarde, che durante un'intervista a una televisione olandese ha detto che 'bisogna essere tecnicamente pronti a tutte le opzioni, compresa l'uscita della Grecia dall'Eurozona, perche' questo e' il nostro lavoro', Hawley ha detto che 'si deve guardare allo scenario ottimale, quello in cui la Grecia resta nell'Eurozona, fatto che rappresenta il desiderio di tutti'. La stessa Lagarde, ha ricordato il portavoce, ha detto che un'uscita di Atene dall'Eurozona 'sarebbe estremamente costosa' e 'non e' la soluzione desiderabile'.

5 - SNAM: GOLDMAN SACHS ADVISOR CDP PER 1.000 EURO
(ANSA) - Sarà di soli 1.000 euro il corrispettivo che la Goldman Sachs incasserà per il ruolo di advisor della Cassa depositi e prestiti nell'operazione di scorporo di Snam dall'Eni. Secondo quanto si apprende da fonti vicino all'operazione, l'istituto si è aggiudicato la gara, alla quale erano state invitate una quindicina di banche, la cui base di partenza era di 149 mila euro.

GORNO TEMPINI

6 - FACEBOOK: CNBC, FISSATO PREZZO IPO, COMUNICAZIONE DOPO BORSA
(ANSA) - Il prezzo dell'ipo di Facebook è stato fissato e sarà comunicato dopo la chiusura di Wall Street. Lo riporta la Cnbc, sottolineando che il prezzo potrebbe anche essere superiore del 20% rispetto alla forchetta identificata di 34-38 dollari per azione.

7 - FMI: PER ITALIA BENEFICI SOSTANZIALI DA RIFORME, BANCHE RESISTENTI
Radiocor - I benefici potenziali per la crescita italiana 'derivati da riforme strutturali sono sostanziali'. Lo ha detto il vicedirettore delle relazioni esterne dell'istituto David Hawley, durante la conferenza stampa bisettimanale, rimandando a quanto gia' detto nel documento diffuso a conclusione della missione Articolo IV in Italia. Il portavoce dell'istituto di Washington ha fatto riferimento al paragrafo in cui si parla di 'importanti riforme messe in atto dal Governo per deregolamentare il settore servizi e rendere il settore del lavoro piu' inclusivo e flessibile'.

MARK ZUCKERBERG

Rispondendo alla domanda di chi chiedeva un commento sullo stato di salute delle banche italiane, alla luce del downgrade di 26 istituti deciso dall'agenzia di rating Moody's, Hawley ha fatto nuovamente riferimento al documento conclusivo della missione e in particolare al paragrafo in cui l'istituto che parlava di base retail 'ampia e stabile', di un modello di credito che 'ha limitato l'esposizione ad asset rischiosi' e di 'resistenza del sistema sostenuta da supervisione e regolamentazione degli istituti'.

ignazio visco

8 - BANKITALIA: GIÙ PREZZI CASE NEL I TRIMESTRE, MA CALANO COMPRAVENDITE
(LaPresse) - Calano i prezzi delle case ma le compravendite non ritrovano slancio. E' quanto emerge dal sondaggio congiunturale sul mercato delle abitazioni in Italia condotto da Bankitalia. Nel primo trimestre del 2012 la quota di agenti che hanno segnalato una diminuzione dei prezzi rispetto al periodo precedente è ulteriormente cresciuta, al 69,1% dal 66,5 della precedente indagine.

L'incidenza di coloro che hanno indicato un aumento delle quotazioni ha continuato a collocarsi su livelli estremamente contenuti (meno del 2%); ne è derivato un più consistente saldo negativo tra le percentuali di risposte 'in aumento' e 'in diminuzione' (-67,3 punti contro -65,9 nello scorcio del 2011), concentrato al Sud e nelle aree urbane. La quota di agenzie che all'inizio del 2012 hanno venduto almeno un immobile è diminuita rispetto al trimestre corrispondente del 2011 (da 69,3 a 63,8%). La quota si è ridotta anche rispetto al 72,1 per cento del trimestre precedente; quest'ultimo calo è stato particolarmente marcato nel Nord Ovest (64,8%, da 75,3).

FAMIGLIA LIGRESTI

9 - PREMAFIN: DOMANI FIRMA ACCORDO SU RISTRUTTURAZIONE DEBITO
Radiocor - chiusura della ristrutturazione del debito in arrivo per Premafin. Domani, secondo quanto risulta a Radiocor, sara' siglata l'intesa definitiva d a parte delle banche che sara' subordinata al riassetto anche a valle della catena e, quindi, al salvataggio di Fonsai e della Milano Assicurazioni. L'accelerazione arriva per poter presentare l'accordo in tempo per l'assemblea della holding della famiglia Ligresti che si terra' lunedi' prossimo.

WARREN BUFFETT

10 - USA, BUFFETT COMPRA 63 GIORNALI DA MEDIA GENERAL PER 142 MLN DOLLARI
(LaPresse/AP) - Il raider della finanza Usa, Warren Buffett, mette a segno la sua più grande incursione nel mondo dell'informazione comprando 63 giornali da Media General. L'accordo da 142 milioni di dollari include l'acquisizione da parte della Berkshire Hathaway di Buffett del Richmond Times-Dispatch e del Winston-Salem Journal. Media General terrà per sé solo i giornali di Tampa, in Florida, in particolare il Tampa Tribune, per la cui cessione è in trattativa con altre società. Buffett è da decenni l'editore del Buffalo News di New York e di recente ha comprato il giornale della sua città natale, l'Omaha World-Herald. Il miliardario statunitense ha difeso i giornali, sostenendo che potranno avere un futuro dignitoso nonostante internet, se continueranno a fornire notizie originali e che non possono essere trovate gratuitamente online.

y bag22 marisa monti riffeser

11 - RESTO DEL CARLINO/ QN CHIEDONO LO STATO DI CRISI
http://affaritaliani.libero.it/ - Il Resto del Carlino, La Nazione e Il Giorno sono in stato di crisi. La Poligrafici Editoriale chiederà al Ministero del Lavoro che venga dichiarato lo stato di crisi di tutto il gruppo. La decisione è stata presa in seguito all'andamento economico negativo dell'azienda anche se le dichiarazioni ufficiali facevano pensare al contrario. Per far fronte alla crisi la Poligrafici potrà trattenere una somma dagli stipendi dei suoi dipendenti in misura proporzionale ai loro compensi e mandarli in pensione.

Il risultato netto del bilancio consolidato del 2011 è +0,3 milioni di utili di esercizio ma ottenuto solo grazie alla vendita per 4 milioni di un terreno in Toscana; il risultato senza la vendita del terreno sarebbe una perdita e confermerebbe il trend negativo degli ultimi esercizi: -12 milioni nel 2008, -4 milioni nel 2009, -2 milioni nel 2010. E' quanto risulta da un documento ufficiale, di cui siamo venuti a conoscenza in esclusiva, e che la direzione ha presentato in questi giorni: "Piano di riorganizzazione in presenza di crisi 2012 - 2014", che contiene la proposta di ridimensionamento del numero di dipendenti. La Poligrafici è la casa editrice del gruppo Riffeser Monti ed è il quinto gruppo editoriale italiano. Aveva un fatturato di 242 milioni di euro nel 2009 e 1180 dipendenti.

Il Quotidiano Nazionale-QN è il network del gruppo che ha una larghissima diffusione nel centro- nord Italia e fa perno su tre principali città: Bologna con Il Resto del Carlino, Firenze con il quotidiano La Nazione, Milano con Il Giorno.. Il documento recita: "Sul piano diffusionale il mercato è in fase di ripiegamento in pressoché tutte le sue componenti. Sul piano pubblicitario è in atto una forte diminuzione degli investimenti che interessa tutti i mezzi e con particolare intensità quelli stampati".

Enrico Cucchiani

12 - INTESA SANPAOLO: CITA PER DANNI AGRICOLE IN USA, CHIEDE 180MLN DLR
Radiocor - Intesa Sanpaolo ha citato per danni a New York il Credit Agricole, suo azionista, su un prodotto strutturato. Come emerge dalla documentazione sui conti trimestrali della Banque Verte, consultata da Radiocor, la richiesta di risarcimento avanzata da Intesa e' di 180 milioni di dollari, piu' interessi e altre compensazioni. 'Il 9 aprile scorso - ricostruisce il documento del CA - Intesa Sanpaolo Spa ha citato avanti alla Corte Federale di New York il Credit Agricole Cib, il Credit Agricole Securities Usa, diverse societa' del gruppo Magnetar e la Putnam Advisory Company per un Cdo strutturato dal Credit Agricole Cib e denominato 'Pyxis Abs Cdo 2006-1''.

Intesa - si legge ancora nella relazione - 'essendo stata indotta a concludere con il Credit Agricole Cib un Credit Default Swap di un importo di 180 milioni di dollari sulla tranche super senior del Cdo, ritiene di avere subito un danno dalla strutturazione del Cdo e chiede un risarcimento di 180 milioni di dollari, piu' interessi su questa somma, come pure risarcimenti compensativi e punitivi e rimborso di spese ed onorari, ad oggi non quantificabili'. Il Credit Agricole Sa, veicolo quotato del gruppo CA, un tempo primo azionista di Intesa (ante fusione con il Sanpaolo), attualmente detiene il 2,9% della banca italiana dopo avere ceduto lo 0,9% nel primo trimestre.

Luciano Benetton

13 - BANCHE, FITCH: SERVONO ALTRI 566 MLD DOLLARI PER SODDISFARE BASILEA 3
(LaPresse) - Le maggiori 29 istituzioni finanziarie internazionali di importanza sistemica dovranno raccogliere circa 566 miliardi di dollari entro il 2018 per soddisfare i nuovi criteri di capitale di Basilea III. Lo sostiene un rapporto dell'agenzia di rating Fitch, che sottolinea che questa necessità potrebbe limitare la capacità delle banche di aumentare i dividendi ed effettuare acquisti di azioni proprie. I 566 miliardi di dollari rappresentano un aumento del 23% rispetto al patrimonio netto aggregato delle istituzioni finanziarie, pari a 2,5 trilioni di dollari.

14 - AUTOGRILL RINNOVA CONCESSIONE ATLANTA, ATTESI 1,2 MLD DOLLARI RICAVI
(LaPresse) - Autogrill, attraverso la divisione americana HMSHost, ha rinnovato le concessioni per i servizi food&beverage e retail all'interno dell'aeroporto internazionale Hartsfield Jackson di Atlanta, dove il gruppo opera dal 1994. Lo comunica in una nota Autogrill. La società gestirà le attività di ristorazione per ulteriori 10 anni e quelle retail per altri 7, per un totale di ricavi stimati in oltre 1,2 miliardi di dollari nel periodo di durata complessiva dei contratti. L'accordo riguarda 44 punti vendita, 31 di ristorazione e 13 retail, che si aggiungono ai 35 nei quali HMSHost già opera, per un totale di 79 negozi gestiti.

 

HITLER E MUSSOLINI VOLEVANO SPEZZARE “LE RENI ALLA GRECIA”, MERKEL E MONTI LO STANNO FACENDO

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Riceviamo e pubblichiamo:

GIULIANO FERRARA

Lettera 1
Dago darling, non ho il coraggio di verificare, ma mi pare di capire che persino un grande vecchio del giornalismo italiano come Giuliano Ferrara s'é messo a cinguettare su Twitter. Spero che il suo cattivo esempio non sia seguito dal più grande venerato maestro ancora vivente: Eugenio Scalfari. Sennò verrebbe di dire che ormai siamo proprio sotto (non solo su) il marciapiedi, e non solo alla frutta!
Natalie Paav

EUGENIO SCALFARI

Lettera 2
Caro DAGO
stamani ero per lavoro nella sede milanese di una banca lombarda, in un prestigioso palazzo del centro. Il funzionario mi diceva che prima era l'hotel Excelsior, in cui fu firmato da Hitler e Mussolini il "patto d'acciaio"; di lì a poco, lo "spezzeremo le reni alla Grecia" e poi piazzale Loreto e il bunker di Berlino.
La Merkel, dopo i voltafaccia in Polonia, Ungheria, Islanda, Francia, Grecia, Spagna ecc., è restata sola con Monti, anche lui (come il crapùn) privo di un voto popolare alle spalle. E dàlli sulla Grecia. Guarda te la storia come sostanzialmente si ripete. Ciao BLUE NOTE

Lettera 3
Al Cavalier Pompetta, dopo aver appoggiato questo governo, rimane solo una cosa da fare: salire sulla sponda del lettone di Putin a mo' di predellino e fondare un nuovo partito riunendo la vecchia Forza Italia ed il nuovo corso della Lega.
Il nome del nuovo partito a cui potra' dedicarsi totalmente, sara' una composizione delle due sigle corrispondenti alle vecchie formazioni: FI-GA
Stefano55

Lettera 4
Caro Dago, sulla "vendita" di un tratto della via Aurelia a Roma.
Avendo intrapreso un'attivita' commerciale per vendita di carne straniera di prima scelta, pochi pezzi, ma di livello ( categoria merceologica : alta mignotteria), sarei interessato a l'acquisto di un pezzo di via Salaria. Chiedo a chi rivolgermi per un preventivo circa il prezzo a metro lineare della strada citata. Inoltre, sapere se e' prevista la clausola del subaffitto e se nel contratto e' applicabile il regime di trombo a equo canone.
Saluti, Labond

ANGELA MERKEL

Lettera 5
Caro Dago il Monti Divino Senatore dixit: pagare le tasse e' un dovere ma serve un fisco meno intrusivo. E' una esortazione da New Economy di alta scuola della madre di tutti i sapientoni nell' aprire banchetti di aria fritta cosi' come dovere pagheremo volentieri le tasse ma in cambio il fisco ci assicurera' che sara' meno intrusivo nell' accertare l'aria che friggiamo e i nostri conseguenti lauti guadagni ..
Biassanott

Lettera 6
Caro Dago,
Monti ha detto che pagare le tasse è un dovere. Sono pienamente d'accordo con lui, ma avrei voluto sentire da lui che, rendere quanto percepito e rinunciare definitivamente al finanziamento futuro, è un dovere maggiore da parte dei partiti, dal momento che gli elettori l'avevano bocciato. Questo dovere è ancora più
impellente, dopo che abbiamo letto che fine hanno fatto e che avrebbero fatto, senza l'intervento della Magistratura, questi finanziamenti.
Cordiali saluti.
Annibale Antonelli

MARIO MONTI

Lettera 7
Dagogeyseriani, come mai non si parla più dell'Islanda, quel Paesetto nel nord quasi polare che, di recente, ha mandato a forsi fottere l'euro e i suoi tecnocrati, tornando alla sua economia e alla sua sovranità monetaria, dopo che era stata precettata da FMI, UE, Inghliterra, Olanda (Paesi fortemente creditori) e altri compagnucci di merende massoniche/farisaiche. Ebbene cosa è successo? Che l'Islanda non è crollata. Ha avuto un periodo difficile, ha sistemato i casini fatti dalle sue banche mettendo in galera i colpevoli, e non mantenendoli vivi e vegeti a continuare a mangiare a tavola (vero Obama ?), e adesso si è ripresa. Islanda che sta mettendo i conti in ordine, sta crescendo più viva che mai.

E allora? Non è che la Grecia venga salvata a tutti i costi solo per non far perdere i soldi ai finanziatori tedeschi, francesi, fondi vari? E' così difficile capirlo? Più passano i giorni e più pare di sì anche per gli struzzi europei. Se putacaso, dopo la "nascosta" Islanda, anche la Grecia dovesse saltare e poi riprendersi col turismo, con la dracma, per la Finanza sarebbero cazzi. Spagna e Italia, Portogallo e Irlanda potrebbero fare altrettanto.
Luciano.

RENZO BOSSI CON UMBERTO BOSSI

Lettera 8
Solidarietà di Monti ai dipendenti di Equitalia. Qualcuno lo ha avvertito che i suicidati sono quelli che le lettere le ricevono, non quelli che le scrivono?
Max

Lettera 9
Caro Dago,
rivoluzione geografica ? Il Trota in Marocco ? Ma non aveva detto che non sarebbe mai sceso sotto di Roma ?
Mah...
Recondite Armonie

NICHI VENDOLA E MICHELE EMILIANO

Lettera 10
Caro Dago,
Lungi da me, man dom (uomo d'origine meridionale) l'idea di difendere la Lega. Sacrosanto che paghino, se non altro per aver razzolato diversamente da come predicavano. Non posso, però, non rilevare l'abnorme sproporzione tra il can can che si fa su Bossi Trota & Company, e la minimizzazione, se non l'omertoso silenzio ( e relativa mancata diffusione di intercettazioni della premiata ditta PM & Travaglio ) sul Penatigate, sull'affaire Vendola, sulle spigole di Emiliano, sugli intrallazzi dei Dalemiani, su Errani, Montepaschi eccetera, eccetera. Aggiungi l'assordante silenzio sullo scoop di Affari
Italiani per i 450.000 euro dell'IdV, volatilizzatisi a Bologna. Ora, come sempre, si prevale la teoria dei Sommersi e Salvati.
Salve
Natalino Russo Seminara

 

 

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