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FLASH! - DAVID DI CULATELLO: AVREBBE VINTO TUTTO, FILM E REGIA, “CESARE DEVE MORIRE” DEI TAVIANI - MIGLIORI ATTORI PROTAGONISTI: MICHEL PICCOLI PER “HABEMUS PAPAM”, ZHAO TAO PER “IO SONO LI”. NON PROTAGONISTI: FAVINO E MICHELE CESCON PER “ROMANZO DI UNA STRAGE”…


LUIGI MARTINELLI HA FATTO IRRUZIONE ARMATO ALL’AGENZIA DELL’ENTRATE PER UN DEBITO CON IL FISCO DI MILLE EURO!

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Da "la Stampa"

LA SEDE DELLAGENZIA DELLE ENTRATE IN CUI SI E BARRICATO LUIGI MARTINELLI jpeg

Un debito di mille euro per delle cartelle esattoriali, forse in parte anche già condonate. È questo che ha scatenato la follia del piccolo imprenditore, Luigi Martinelli, che ha fatto irruzione ieri con un fucile, 2 pistole e un coltello, negli uffici dell'Agenzia delle entrate di Romano di Lombardia in provincia di Bergamo, tenendo per ore in ostaggio un dipendente e sparando un colpo a scopo intimidatorio.

LARRESTO DI LUIGI MARTINELLI jpeg

L'uomo, che ora rischia 8 anni di carcere, si era rivolto due volte all'agenzia per spiegare i suoi problemi, ma, ha raccontato agli investigatori nella notte, era sempre stato «trattato in malo modo. Se fossi venuto prima a parlare con voi - ha detto ai carabinieri - forse, tutto questo non l'avrei fatto». «Non si tratta, come si vede, di una somma enorme - ha commentato il procuratore aggiunto di Bergamo, Massimo Meroni - ma non si sa mai che cosa può avvenire nella mente di una persona».

LARRESTO DI LUIGI MARTINELLI jpeg

Martinelli, durante il suo raid, ha anche chiesto di parlare col presidente del Consiglio, Mario Monti, che si era detto disponibile a contattarlo telefonicamente. «Ho visto che era molto arrabbiato, ma ho capito che era una persona normale, e ho puntato tutto sull'umanità», ha spiegato il vice brigadiere dei carabinieri, Roberto Lorini che è riuscito a convincere il sequestratore ad arrendersi.

«Abbiamo parlato della vita quotidiana delle nostre famiglie, dei nostri figli, ho capito che era una persona semplice e gli ho anche parlato in dialetto bresciano. Gli ho fatto capire che siamo tutti umani e che non valeva la pena di prendersela con noi. Gli ho anche detto che io, lui e l'ostaggio eravamo tre amici e lo saremmo rimasti per sempre». Dopo l'arresto è stato accompagnato alla Stazione dei carabinieri. Chi era con lui lo descrive «molto tranquillo, rassegnato, e consapevole di ciò che aveva fatto».

LARRESTO DI LUIGI MARTINELLI jpeg

Poi è stato trasferito nel carcere di Bergamo con l'accusa di sequestro di persona. Gli uffici dell'Agenzia delle Entrate di Romano di Lombardia intanto hanno aperto regolarmente alle 8.30 di questa mattina. Quasi tutti i dipendenti sono al lavoro: unico assente giustificato, Carmine Mormandi, l'impiegato rimasto per ore nelle mani del sequestratore. «Non so perché se l'è presa con me - racconta - diceva "tu non mi piaci, mi sei antipatico". Ho davvero avuto paura che in un eccesso d'ira mi sparasse. Ho pregato tanto».

 

 

“APOCALYPSE MURDOCH” DI GLAUCO BENIGNI, 6° PUNTATA - MURDOCH COMPARE IN 116 MLN DI DOCUMENTI SU GOOGLE

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Videoblog di Glauco Benigni
http://www.youtube.com/user/glaucobenigni/featured

RUPERT MURDOCH

Il libro è acquistabile online
http://www.bandashop.it/product.php?id=18

Formulare una giusta, equilibrata, esauriente, neutrale e impeccabile definizione di Rupert Murdoch è impossibile. La sua storia, le sue abili mosse, il suo successo, la sua fama parlano da soli la lingua del potere delle immagini, e delle immagini del potere. Indagare sulla sua persona, sulla percentuale di verità e di menzogna che ci viene comunicata dai suoi uffici stampa o dalle sue rare dichiarazioni è un sogno velletario. Non è difficile, invece, imbattersi in migliaia di commenti che lo riguardano: arguti, intelligenti, documentati, polemici, avventati, di parte avversa o a sostegno.

RUPERT MURDOCH CON IL SUN A TRENTATRE ANNI DI DISTANZA

Commenti di amici e nemici, di parenti e dipendenti, di sostenitori, di detrattori, di biografi autorizzati e non, di astrologi, di analisti prezzolati, di politici infastiditi e persino riflessioni che Murdoch fa su se stesso. Tutto ciò che si è scritto e detto su di lui alla fine consente di ricostruire un puzzle nel quale la sua immagine pubblica assume contorni abbastanza netti: appare una figura forte, unica nel panorama contemporaneo, con delle zone molto marcate, con altre zone sfumate e altre ancora assolutamente buie.

Se si digita "Rupert Murdoch" su Google, il numero di documenti in cui compare il suo nome all'interno della rete Internet è 116.000.000 (nel 2003 era 120.000), una cifra imbarazzante che lo pone in quella classe di appartenenza dove si rinvengono Gandhi, Vladimir Putin, George Bush Jr. John F. Kennedy e addirittura Giovanni Paolo II. Niente di paragonabile ai nuovi giganti del web quali Steve Jobs che supera il miliardo e Barach Obama che sfiora il miliardo. Ma comunque una classe che è 3 - 4 volte superiore a quella di Silvio Berlusconi, di Che Guevara o di Bob De Niro e comunque 10 volte superiore a quella in cui si colloca Mario Monti e 20 volte superiore a quella in cui si rinviene Mario Draghi. (Meditate!)

RUPERT MURDOCH

È già un dimensionamento. Non è una ricerca esaustiva. Non ha niente a che vedere con il valore e l'importanza degli uomini citati, ma è così. Disegna una scena.
In quei 116 milioni di documenti, così come nei libri e nei ritagli stampa, si rinvengono alcune «perle», alcune dichiarazioni e commenti, attualissimi o datati nel tempo, eppure carichi della loro forza rappresentativa. Vediamo.

Sul sito www.mega.nu, in una pagina denominata Power Addicts (‘Drogati di Potere') si legge che nel 1985 il Presidente degli Usa, Ronald Reagan, sir James Goldsmith (uno dei maggiori sostenitori dell'euroscetticismo) e Rupert Murdoch si incontrarono per discutere e dare un seguito al British American Project for the Successor Generation, un'operazione tesa a coinvolgere l'élite del potere globale al fine di alimentare e perpetuare le speciali relazioni esistenti tra i due lati dell'Atlantico.

Il progetto sarebbe stato finanziato con qualsiasi cifra ritenuta indispensabile e Murdoch si sarebbe occupato dei media. (Vero? Falso? Vero in parte? Vero con diritto di voto? Vero ma non si deve sapere? Non sappiamo. Certo questo chiarirebbe tante cose.)

RUPERT E WENDI MURDOCH CON LE FIGLIE

Il consolidamento di Murdoch negli Stati Uniti avviene dal 1985 in poi. Le cifre a sua disposizione sono immense e non è sempre facile individuarne l'origine. Le agevolazioni nei suoi confronti della Federal Communications Commission in America e dell'Antitrust in Europa, sono quasi sempre sorprendenti. Le sue perdite in Asia apparirebbero, al dunque, il prezzo da pagare per condurre la Cina nella Wto. Se poi si coniuga questo ai legami antichi della famiglia Murdoch con Lord Northcliffe, seguace di Cecil Rhodes, la parte più buia di Murdoch si illumina improvvisamente.

Ma tutto questo rischia di sconfinare in «dietrologia», dicono i santommasisti, e sebbene sullo sfondo dell'intera vicenda Murdoch, per lo meno dalla battaglia di Wapping (1985-86) a oggi, si intraveda sempre un disegno strategico complessivo di gestione del potere planetario a favore di qualcuno che è al di la della Destra e della Sinistra, nessuno è in grado di dimostrare la correlazione degli eventi. Come altre, questa interpretazione fa parte della «leggenda Murdoch», quella che comunque si racconta a quattrocchi nei convegni e nei mercati internazionali. Tutti hanno una zona oscura: questa è quella di Rupert Murdoch.

RUPERT E WENDI DENG MURDOCH

MA IL SUO PERCORSO KARMICO QUAL È?
Secondo «Personology» - disciplina che coniuga astrologia, statistica, e numerologia - "i nati come lui l'11 marzo sono spesso dotati di alcune capacità sorprendenti e hanno l'innata abilità di aspirare a obiettivi apparentemente impossibili. Sono sulla Terra per diffondere il proprio orientamento sociale e far sì che la luce sfolgorante della loro individualità unica continui a brillare. Un giorno potranno guardarsi intorno e scoprire che molte persone dipendono da loro (Murdoch ha 50.000 dipendenti e alimenta circuiti industriali per decine di miliardi di dollari l'anno).

rupert murdoch

L'insidia principale del loro percorso karmico è che l'interesse personale può trasformarsi in egocentrismo o narcisismo. Spesso il destino li chiama a svolgere un ruolo di comando, ma per assumerlo è necessario sentirsi a proprio agio sotto le luci della ribalta e accettare l'attenzione e l'ammirazione dei propri compagni. La cosa migliore per loro è la sfida continua, che spesso trova la sua massima espressione sul posto di lavoro. Seguendo questo percorso si troveranno permeati di una grande quantità di energia aggressiva.

Anche se la partecipazione a club, gruppi o organizzazioni dominerà i loro primi anni, con il tempo e con l'età abbandoneranno questi coinvolgimenti a favore della libertà di inseguire interessi più solitari (sebbene già ottantunenne, in relazione a quest'aspetto Murdoch appare un po' fuori percorso, però...n.d.A).

Quando cominciano a scoprire chi sono, i loro atteggiamenti, le loro opinioni, i loro desideri e perfino la loro appartenenza politica cambiano in modo radicale (c'è speranza dunque ... n.d.A). I sudditi di un tale sovrano lo vedono come una personificazione delle loro aspirazioni collettive e dei loro sogni (è vero, basta andare in uno qualsiasi degli uffici di Murdoch, nel mondo, per averne conferma...n.d.A). Tuttavia si tratta pur sempre di un individuo: i monarchi migliori lo sanno e riescono a separare il mito pubblico dalla realtà privata".

6/ Continua...

Rupert Murdoch

APOCALYPSE MURDOCH - PRIMA PUNTATA
http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/dagospia-presenta-apocalypse-murdoch-di-glauco-benigni-ogni-settimana-due-miliardi-di-persone-leggono-38253.htm

APOCALYPSE MURDOCH - SECONDA PUNTATA
http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/dagospia-presenta-apocalypse-murdoch-di-glauco-benigni-2-puntata-chi-ha-finanziato-lo-squalo-38304.htm

APOCALYPSE MURDOCH - TERZA PUNTATA
http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/dagospia-presenta-apocalypse-murdoch-di-glauco-benigni-3-puntata-il-clan-dei-murdoch-attraversa-38422.htm

rupert murdoch 50

APOCALYPSE MURDOCH - QUARTA PUNTATA
http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/dagospia-presenta-apocalypse-murdoch-di-glauco-benigni-4-puntata-squalo-sul-lavoro-pesce-lesso-38486.htm

APOCALYPSE MURDOCH - QUINTA PUNTATA

http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/apocalypse-murdoch-di-glauco-benigni-5-puntata-la-terza-moglie-wendi-deng-che-ha-38535.htm

 

 

GRANDE FESTA PER IL 64ESIMO ANNIVERSARIO DELL’INDIPENDENZA: UN “LEGAME INDISSOLUBILE” CON ISRAELE

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Foto di Mario Pizzi da Zagarolo

TAGLIO DELLA TORTA

ALTA SOCIETÀ...
Carlo Rossella per "il Foglio" - Grandi bandiere dello stato di Israele sventolano a villa Miani. Grande festa per il sessantaquattresimo anniversario dell'indipendenza. L'ambasciatore Gilon è in grande forma e nonostante sia qui da pochissimo tempo ha già imparato bene l'italiano. Shalom.

UMBERTO VATTANI E SIGNORA

MONTI A FESTA 64 ANNI ISRAELE, UN LEGAME INDISSOLUBILE
(ANSA) - Un legame saldo e "indissolubile" tra Israele e l'Italia, per il primo ministro Mario Monti, un'amicizia "speciale, perché apolitica e bipartisan", per l'ambasciatore di Israele in Italia, Naor Gilon. E' stato questo il leit motiv della cerimonia per il 64/mo anniversario della Fondazione dello Stato ebraico a villa Miani a Roma, prima festa offerta dal diplomatico israeliano e dalla consorte Orly, arrivati a Roma da pochi mesi.

SHULAMITH ORVIETO E MARISA PINTO OLORI DEL POGGIO

Tra gli ospiti il premier Monti, i presidenti di Senato e Camera, Renato Schifani e Gianfranco Fini, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, diversi ministri (la Guardasigilli Paola Severino e il titolare per la Cooperazione e l'Integrazione Andrea Riccardi), vari ambasciatori oltre che l'intero gotha della comunità ebraica capitolina.

SCHIFANI FINI MONTI

Israele è un "grande Paese", sono state le prime parole di Monti salendo sul palco riservato alle autorità, non prima di sbarazzarsi del suo cellulare che stava provocando una fastidiosa interferenza con il microfono. Il suo pensiero non poteva non andare al recente viaggio compiuto in Israele che ha rafforzato "il senso di ammirazione e stima" per il popolo ebraico.

Il Professore ha poi voluto voluto ripercorrere la storia dei rapporti tra i due Paesi ricordando le vicende di un gruppo di contadini di San Nicandro Garganico che nel 1945 lasciarono la Puglia per andare in Palestina. E proprio a loro - ha spiegato il premier - si riconduce la frase: "quando si è sicuri di far fiorire il deserto si può avere fiducia nel futuro". Poi ha citato un altro italiano emigrato anch'esso in Palestina, che prese il nome di Yoel De Malach (Giulio De Angelis) che inventò nel suo kibbutz Revivim, una particolare tecnica di irrigazione, che Israele esportò in tutto il mondo.

ROSELLA SENSI GIULIO TREMONTI CON DAVID THORNE

Guardando al futuro l'ambasciatore Gilon ha sottolineato che l'obiettivo che il suo Paese non ha ancora raggiunto è la "pace". Proprio per questo il diplomatico ha apprezzato il contributo dell'Unifil, guidato per la seconda volta dall'Italia che in Libano contribuisce alla stabilità della regione. Il diplomatico ha poi voluto sottolineare l'apporto dell'Italia, come Paese capofila in Europa per esercitare pressione economica sull'Iran per farlo desistere dal suo programma nucleare. L'Italia - ha proseguito - dimostra un "grande senso di responsabilità internazionale nonostante il prezzo economico che è costretta a a pagare".

 

 

I CAZZOTTI DI UN GALANTUOMO - MUGHINI SMUGHINEGGIA IN DIFESA DELL’EX ALLENATORE DELLA FIORENTINA DELIO ROSSI

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Giampiero Mughini per "Libero"

delio rossi delio rossi ljaijc

Mercoledì scorso, a poco più di trenta minuti dall'avvio della 36° giornata del torneo di calcio di serie A, un uomo di 52 anni che di mestiere fa l'allenatore di calcio e che tutti dipingono come persona solitamente perbene e a modo, Delio Rossi, ha perso la testa e dunque la misura dei suoi atteggiamenti e delle sue reazioni. Sfottuto e irriso da un suo giocatore che aveva appena sostituito, Rossi si è avventato contro di lui, letteralmente avventato.

A mani nude lo ha colpito, più ancora ha tentato di colpirlo. Con ferocia, completamente dimentico che il suo avversario era solo uno stronzetto di vent'anni. La società di calcio che a Rossi pagava lo stipendio, la Fiorentina di proprietà dei fratelli Della Valle, lo ha subito licenziato e già sostituito con un altro allenatore, Vincenzo Guerini.

Anche il giocatore che ha irriso il mister, uno che sino al momento della sua sostituzione non aveva letteralmente toccato palla, sarà punito e multato. I giornali di ieri erano compatti nel deprecare il comportamento del mister, e figuriamoci se non siamo d'accordo nel deprecare chi usa le maniere forti: chi pensa di vedere meglio rappresentate le sue ragioni dai cazzotti e dai calci.

FABIO CAPELLOAlessandro Del piero

E a proposito di calci, resta memorabile nella storia del football moderno l'episodio di quel grande giocatore francese che militava in una squadra inglese, Eric Cantona, il quale all'uscita di una partita dove forse non aveva brillato, si trovò di fronte un tifoso esasperato che insultò e Cantona e sua madre.

Al che il grande giocatore francese (squisito protagonista più tardi di un film che gli è stato dedicato) gli sferrò un gran calcione al petto al modo delle arti marziali giapponesi. Un gesto acrobatico e superplateale che gli costò non ricordo più quante giornate di squalifica. Tante. Fossi stato al posto di Cantona, che cosa avrei fatto?

Esattamente quel che fece lui e anche se non so nulla di arti marziali giapponesi. Voglio dire con questo che ogni volta è giustificato e giustificabile un "eccesso di legittima difesa"? Ma certo che no. Per questa strada si finirebbe col giustificare l'automobilista che alcuni anni fa uccise con un punterolo un altro automobilista reo di averlo sorpassato.

roberto baggio

Ma certo che Delio Rossi non doveva mettere le mani addosso allo stronzetto, e per quanto si fosse comportato da stronzetto. No, non doveva assolutamente. Epperò il discorso non finisce lì, se vogliamo capire a fondo e i personaggi e le situazioni di cui ci stiamo occupando. In fatto di reazioni di giocatori sostituiti, noi che amiamo il calcio abbiamo a disposizione un intero album di ricordi e di immagini.

Le tante volte che Fabio Capello sostituì Alex Del Piero, e da quest'ultimo mai una parola, mai un ghigno. La volta che il mister della nazionale italiana sostituì Giorgio Chinaglia durante una partita in cui era stato pressocché nullo, e lui subito si esibì nel gestaccio. (E basterebbe questo a dire la distanza fra due giocatori come Del Piero e Chinaglia).

arrigo sacchi

La faccia attonita di Roberto Baggio la volta che Arrigo Sacchi lo mise fuori perché la nazionale era rimasta in dieci e a lui occorrevano guerrieri prima che poeti: Baggio fece la faccia stupita ma nient'altro che questo. Il giocatorino della Fiorentina di mercoledì sera, è invece andato molto oltre.

A quanto mi riferiscono gli amici che curano le pagine sportive di Libero, prima ha irriso Rossi e poi lo ha insultato "pesantemente". E non che Rossi avesse fatto qualcosa di personale contro di lui, solo aveva reputato che alla squadra occorresse uno migliore al posto di Ljajic, il giocatore congedato. Ha agito da mister, non da kapo in un lager.

roberto baggio

Ha fatto quel che fanno Allegri o Conte, sostituire ora Pato ora Vucinic. Che succederebbe in quei casi se Pato o Vucinic o chiunque altro si mettessero a fare gestacci e pernacchie e allusioni alla famiglia dei mister in questione? E poi, come dimenticare che stiamo parlando di un ambientino che non somiglia all'Accademia dei Lincei ma molto di più a un circo o a una corrida dove tutto è esasperato e fuori misura?

Dalle curve di tutti gli stadi dove sono pronunciati ogni ora e ogni minuto gli insulti più belluini ai giocatori di pelle nera, a quello stadio di Genova dove orde di tifosi si sono precipitati giù in campo a minacciare e ricattare i giocatori che in quel momento indossavano la maglia del Genoa. Squisitezze su squisitezze, e chi più ne ha più ne metta.

 

LA STORIACCA DELLA LAUREA DEL TROTA COMPRATA NEL “DIPLOMIFICIO” DI TIRANA FA INCAZZARE L’ALBANIA

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Da "Libero"

RENZO BOSSI CON LA MAGLIETTA DEL TROTA FRANCESCO BELSITO

La laurea comprata dal Trota, Renzo Bossi, indigna pure l'Albania (il titolo fu acquistato a Tirana, la capitale): il Paese si spacca per le polemiche. L'Alleanza Rosso Nera, il nuovo partito di ispirazione nazionalista nato sjull'onda della polemica contro il censimento, ha infatti manifestato venerdì mattina davanti al Ministero dell'Istruzione chiedendo le dimissioni del ministro Mygerem Tafaj, accusato di aver contribuito al degrado del sistema universitario segnato da corruzione diffusa e di cui lo scandalo del diploma a Renzo Bossi è stato bollato come l'ultima "vergognosa vicenda".

Sul caso della falsa laurea del Trota è intervenuto anche il leader socialista Edi Rama, che giovedì era in Italia per un incontro con gli studenti universitari albanesi di Firenze. Secondo Rama, con la riforma del 2005, che ha liberalizzato il sistema universitario, si sono aperte molte università "alcune buone, altre fabbriche di diplomi a pagamento". E proprio di uno di questi "diplomifici" avrebbe usufruito il Trota.

PIER MOSCA

Come sulla stampa italiana, su quella albanese e nei commenti dei lettori dei siti del Paese si è scatenata l'ironia sui leghisti e sul loro razzismo antialbanese, una delle prime bandiere sventolate dal Carroccio sin dagli esordi politici. Il Trota è stato bersagliato dai commenti di scherno di chi lo sfotteva perché avrebbe sostenuto esami in lingua albanese.

UNIVERSITA' KRISTAL DI TIRANA

Nel frattempo l'Università Kristal (quella da cui ha ottenuto il diploma Renzo Bossi), con una nota ha confermato l'iscrizione del Trota e di Perangelo Moscagiuro (la bodyguard di Rosi Mauro) all'Ateneo. La Kristal ha poi cercato di respingere il sospetto che Renzo Bossi possa aver completato il corso di studi in poco più di un anno invece dei tre previsti dalla legge, spiegando che l'immatricolazione risale all'anno 2007-2009, aumentando ulteriormente i sospetti sul proprio operato visto che il figlio di Bossi si è diplomato solo nel 2009 e quindi in ogni caso non poteva contrariamente a quello che asserisce l'Università avere i documenti in regola.

 

LA STAMPA BRITANNICA, CHE NE APPREZZA IL LOW PROFILE, TIFA PER ROBERTO DI MATTEO E NE CHIEDE LA CONFERMA

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Emilio Marrese per "l'Espresso"

DI MATTEO

C'è un governo tecnico italiano che sta conquistando l'Europa, ma sempre gli toccherà vedersela coi tedeschi. Roberto Di Matteo sarà il primo allenatore italiano a guidare dalla panchina una squadra straniera (il Chelsea) in una finale di Champions League: impresa mai riuscita a gente come Capello, Trapattoni o Ancelotti, per dire, al cui confronto il curriculum di Di Matteo è un sms. La vicenda surreale ricorda quella di Chance Giardiniere in "Oltre il giardino": un impareggiabile Peter Sellers che, ingenuo analfabeta, viene spacciato a sua insaputa per un genio della strategia politica e si ritrova candidato alla presidenza degli Usa.

Col solo merito di essere passato di lì e la semplicità come unica arma, l'emigrato precario del pallone Di Matteo irrompe direttamente nella scena finale, cominciando la sua carriera di allenatore dal vertice della piramide, quello che i più inseguono e non raggiungono neanche dopo una vita: Bayern-Chelsea sabato 19 maggio all'Allianz Arena di Monaco di Baviera. Ma solo regalando la prima coppa con le orecchie della storia al suo club, il coach "ad interim" otterrà il rinnovo del contratto.

Roberto Di Matteo

Il destino ha una fantasia pazzesca e su questo ragazzo di 42 anni, scaltro quanto pudico, si sta divertendo un mondo da tempo, manco fosse uno yo-yo. Dieci anni fa, ad esempio, Di Matteo era un ex calciatore caduto in depressione dopo una traumatica fine di carriera: un incidente di gioco, la gamba che si spezza in tre punti, dieci interventi chirurgici, il rischio di vedersela amputata e infine la resa.

Il catenaccio del Chelsea è la cosa più italiana nel bagaglio genetico di Di Matteo, che qui da noi in realtà ha solo vissuto tre anni dal '93 al '96. È nato a Schaffausen, in un angolino lassù di Svizzera tedesca, dove i genitori erano emigrati in cerca di lavoro da un paesino abruzzese chiamato Paglieta in provincia di Chieti.

A 23 anni vinse il campionato svizzero con l'Aarau ma da straniero, rifiutando anche le nazionali elvetiche per conservare il passaporto italiano anche calcistico. Vide giusto: quando Sacchi lo convocò in azzurro dichiarò: "Sarei rimasto italiano anche solo per lavorare in fabbrica" in un furbo impeto di retorica paisà. Una delle pochissime frasi memorabili di una carriera senza mai una polemica, uno slogan, un concetto qualsiasi da titolo: solo sorrisi e sguardi levantini.

Roberto Di Matteo

Ai Mondiali del '94 in Usa però non poté andare a causa di una frattura al gomito verso la fine del suo primo campionato in Italia dei tre con la Lazio, dal '93 al '96, prima con Zoff e poi con Zeman. La sua prima partita in biancoazzurro la giocò entrando al posto di Gascoigne, l'Inghilterra nel destino. Nato difensore, era riuscito a imporsi come mediano di regia moderno in un calcio che stava cambiando, chiedendo ai centrocampisti lotta e governo, più muscoli che idee.

Nel '96, dopo lo sfortunato Europeo in Inghilterra (ancora) dell'Italia di Sacchi, fu venduto per 8 milioni di euro al Chelsea, non ancora russo, del quale divenne una bandiera sgobbona e silenziosa, italiano atipico nella squadra di Gullit e Vialli. Vinse da protagonista la Coppa delle Coppe del '98 (gol di Zola con Vialli allenatore), ma soprattutto segnò due reti decisive nelle due finali conquistate di Coppa d'Inghilterra a Wembley, nel '97 al Middlesbrough e nel 2000 all'Aston Villa.

Poi l'incidente - quando aveva già lasciato la Nazionale dopo 34 partite in 4 anni - proprio contro una squadra svizzera, il San Gallo, nel settembre 2000 e il successivo calvario molto probabilmente dovuto ad un errore del chirurgo, l'ex portiere della nazionale svizzera Berbig che, evidentemente, non aveva mani prodigiose per tutto.

A 32 anni la vita senza calcio lo infilzò in contropiede, come ha appena fatto la sua squadra col Barcellona. "Ero un atleta e all'improvviso rischiavo di restare menomato per tutta l'esistenza", ha raccontato alla "Gazzetta dello sport", "ora mi resta solo un brutto ricordo che mi ha insegnato ad affrontare la vita ad un certo modo". Anni bui e un vuoto da riempire con lo studio (corso in business e management), i commenti annoiati per la tv svizzera e gli affari: due ristoranti a Londra (Friends a Chelsea e il Baraonda vicino Piccadilly) e investimenti in Thailandia.

Roberto di matteo

Il pallone torna nella sua vita nel 2008: c'è da allenare la squadretta di Milton Keynes, campagna industriale senza cuore né anima a nord della capitale, nota soprattutto per essere la sede della scuderia di Formula Uno Red Bull e non certo per i Dons che Di Matteo guida in terza divisione. L'anno dopo riesce a promuovere il West Bromwich Albion in Premier League ma viene esonerato nel successivo inverno e si ritrova di nuovo a spasso finché il Chelsea non lo richiama come vice del portoghese André Villas Boas, giovane guru costato ad Abramovich una barca di milioni nell'illusione di aver trovato il clone di Mourinho.

Ma il Chelsea è una squadra di vecchi leoni spelacchiati che non ha più voglia di fare le acrobazie pretese dal piccolo chimico in panchina: non sono più giocatori da plasmare o resettare come un'applicazione dello smartphone e, alla fine, chi viene scaricato dal gruppo è il 35enne Special Two. I senatori gli tolgono la fiducia, la banda gli gioca contro. Ma Di Matteo nega di aver soffiato sul fuoco dell'ammutinamento: "Non ho segato la panchina a Villas Boas. Con lui era nata una vera amicizia".

Sta di fatto che la stagione sembra perduta, lo zar licenzia il maghetto e affida quel che resta a Di Matteo, come farebbe col parcheggiatore di un resort a sette stelle: portami la Rolls in garage senza graffiarla. E quello, invece, parte a razzo e comincia a vincere di tutto, dai rally ai gran premi. Come fai a chiedergli indietro le chiavi? "Cosa deve fare di più?" titolava il Mirror, riferendosi alla conferma di Di Matteo sulla panchina del Chelsea. Perché da quando c'è lui al comando, giorno 4 marzo, i senatori - per dimostrare che la congiura aveva un senso - si sono messi a giocare e la squadra a vincere in tutte le competizioni, raggiungendo anche un'altra finale, quella di Coppa d'Inghilterra (lassù molto più importante della nostra analoga competizione) il 5 maggio contro il Liverpool.

Roberto di matteo

Ma il capolavoro a sorpresa l'ha confezionato in Champions. Eliminate Napoli e Benfica, l'italian job di Di Matteo ha fatto la vittima più impensabile e illustre di tutte: il Barcellona, considerato la squadra più forte del mondo. Ce l'ha fatta con la tattica dei deboli, l'unica possibile: tutti in difesa e fiondate di contropiede (e fortuna) nell'occhio del gigante. Brevetto Rocco. "Non sono difensivista: è che, semplicemente, non mi piace prendere gol. Non c'era altro modo per affrontare il Barcellona". Il resto è solo buon senso.

Saper parlare ai giocatori, ricreare il famoso spirito di gruppo, fondamentalmente presentarsi nello spogliatoio come il tecnico della caldaia: i padroni di casa siete voi, io son solo di passaggio per darvi una mano. "Dovevo ridare fiducia a un gruppo di giocatori spaesati".

E c'è riuscito ricevendo in cambio la benedizione della vecchia guardia, da Lampard a Terry e Drogba, che ora ne sponsorizzano la riconferma, mettendo in imbarazzo il magnate Abramovich che già aveva la lista dei successori possibili (Deschamps, Loew, Klopp o Blanc). E da buon oligarca non riesce nemmeno a contemplare la possibilità che si possa ottenere la cosa migliore senza staccare assegni disumani.

 

 

L’ULTIMO SONDAGGIO PRIMA DEL BALLOTTAGGIO DÀ HOLLANDE VINCENTE CON IL 52,5% E SARKOZY AL 47,5%

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Da "Ansa.it"

HOLLANDE E SARKOZYSARKOZY E HOLLANDE GIOCANO A CALCIO

Francois Hollande vincerebbe con il 52,5% (-0,5) dei voti contro Nicolas Sarkozy che ne raccoglierebbe il 47,5% (+0,5) al ballottaggio di domenica prossima per le presidenziali francesi, stando a un sondaggio dell'istituto Ipsos realizzato giovedì per Le Monde, France Televisions e Radio France.

HOLLANDE: SARZOZY MI HA SOTTOVALUTATO - "Nicolas Sarkozy mi ha sottovalutato": lo ha detto venerdì in un'intervista a radio RTL il candidato socialista alle presidenziali francesi, Francois Hollande. Hollande ha anche assicurato che il sostegno che gli è arrivato giovedì da Francois Bayrou non era frutto di "alcun accordo" preventivo con il centrista.

HOLLANDE TRANQUILLIZZA BERLINO SU FISCAL COMPACT - In un recente incontro riservato tra diplomatici tedeschi e membri dello staff del candidato socialista alla presidenza francese, Francois Hollande, quest'ultimi hanno relativizzato "all'unisono" le dichiarazioni relative alla necessità di ridiscutere il fiscal compact. Lo scrive venerdì il quotidiano Sueddeutsche Zeitung citando un documento diplomatico. Hollande sarebbe pronto a trovare una "soluzione pragmatica", scrive la Sueddeutsche Zeitung (Sz), in un'eventuale disputa sul fiscal compact con la Germania.

STRETTA DI MANO TRA SARKOZY E HOLLANDE

Ci sarebbero già proposte concrete, "discusse informalmente con Berlino", per un completamento del patto di bilancio europeo con un piano per la crescita da discutere nel prossimo vertice Ue di giugno. Un'ipotesi già peraltro prospettata dalla stessa cancelliera Angela Merkel. Secondo quanto hanno riferito i diplomatici tedeschi presenti all'incontro, Hollande non intende comunque aprire un nuovo corso politico né nei confronti della Germania, né dell'Unione europea. Il candidato socialista, avrebbe inoltre assicurato il suo staff, non cambierà il piano di riduzione del debito: entro il 2013 il rapporto debito-pil tornerà "sicuramente" sotto il tetto del 3%.

ANGELA MERKEL E NICOLAS SARKOZY

PORTAVOCE MERKEL, MAI AVUTO PAURA DI HOLLANDE - La cancelliera tedesca Angela Merkel "non ha mai avuto paura di Francois Hollande". Lo ha detto venerdì a Berlino il portavoce di Merkel, Georg Streiter, rispondendo a una domanda relativa a un articolo del quotidiano Sueddeutsche Zeitung in cui si riferisce di contatti tra diplomatici tedeschi e membri dello staff del candidato socialista, in cui quest'ultimi avrebbero rassicurato che alla linea di Parigi con Berlino e Bruxelles non saranno apportati cambiamenti significativi dopo l'eventuale elezione di Hollande.

WOJTYLA

SARKOZY CITA WOJTYLA, NON ABBIATE PAURA - "Oggi voltare le spalle alle nazioni significa voltare le spalle all'avvenire": lo ha detto il presidente uscente della Francia Nicolas Sarkozy, nel suo ultimo comizio elettorale a Les Sables d'Olonne, che ha chiuso con le parole di Papa Giovanni Paolo II: "Non abbiate paura". Durante il comizio, Sarkozy - che si è detto vittima dell"intolleranza" - è tornato ad insistere sui temi della nazione e delle frontiere, in un ultimo tentativo di conquistare i voti dell'estrema destra di Marine Le Pen, che al primo turno presidenziale ha ottenuto il 17,9% delle preferenze. "La parola frontiere non è una parolaccia", ha avvertito Sarkozy, criticando l'attuale sistema di Schengen. Al termine del comizio, Sarkozy ha ricordato ai suoi elettori le parole di Giovanni Paolo II. "Un grande Papa ha detto: 'Non abbiate paura', abbiate fiducia in voi, se mobilitate, se ci credete, il 6 maggio sarà la vostra vittoria, e non la mia, sarà la vittoria della Francia".

francois bayrou lap

SARKOZY, NEL 2007 HO VINTO SENZA BAYROU - "Francois Bayrou ha il diritto di fare la sua scelta. E' anche piuttosto costante, perché nel 2007 aveva indicato che, in nessun caso, avrebbe votato per me. Ma questo non mi ha impedito di vincere le elezioni". Così il presidente candidato Nicolas Sarkozy ha commentato su Europe 1 la decisione annunciata giovedì dal centrista del MoDem di votare domenica per Francois Hollande. "Nel 2007 - ha continuato Sarkozy - Bayrou lanciò l'appello a votare contro di me ed io vinsi lo stesso".

 


CHI È QUEL POTENTONE CHE IERI HA CONVOCATO IN GRAN SEGRETO IN QUEL DI FIRENZE UN DRAPPELLO DI AGENTI IMMOBILIARI?

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1- Fantastico titolo dell'Ansa: "Cina: in fuga dissidente Chen, è giallo". Non solo di pelle...

NICHI VENDOLAcfrea05 giulio lattanzi stefano eco

2- Semba che per il new ad dell'Rcs si vada a una soluzione interna, Giulio Lattanzi. Gli altri manager contattati avrebbero rifiutato non avendo avuto garanzie sui propri poteri. Dopo Perricone, un altro passacarte?

3- Sublime! Antonello Caporale per "la Repubblica" - "Noi consentiamo persino alle minoranze e ai forestieri di vivere in questa città" - Nichi Vendola, comizio a Taranto

4- Domenica, a "Quelli che il calcio", incontro al vertice tra Dago e il suo grande imitatore Ubaldo Pantani...

Da "Libero" - Oggi è la signora Passera. E' sposata bene, molto bene. Ha due figli, Luce e Giovanni e appare sempre molto compassata nelle foto accanto al marito, il ministro dello Sviluppo economico. Questa è Giovanna Salza oggi. Ma tanti anni fa, correva l'anno 2001, lei faceva l'addetta stampa alle Poste italiane ed era una single per forza. Il quotidiano la Repubblica la descriveva come la vera Bridget Jones.

I DUE GNAMMANTI UBALDO PANTANI E ZORO DIEGO BIANCHI CORRADO PASSERA SUPERSTAR CON MOGLIE e

La ragazza alle prese con improbanili storie d'amore, innamorata degli uomini sbagliati, la gaffeuse più famosa d'Inghilterra che poi ha conquistato tutto il mondo. Alla giornalista Giovanna Salza che allora aveva appena 27 anni, diceva: "Sabato ero a un matrimonio: al mio tavolo 5 coppie, poi io e una sedia vuota. Il cameriere continuava a chiedermi: ma suo marito quando arriva?". Come a dire che per tutti una bella ragazza della sua età doveva necessariamente essere accompagnata. Invece, no: Giovanna era irrimediabilmente sola. Ha aspettato diversi anni, poi però ha impalmato l'uomo giusto: ex banchiere ed ora ministro del governo tecnico Monti.

5- Gabriella Sassone per Dagospia - Il mitico Rocco Siffredi, che oggi compie 48 anni, domani sera sarà la guest star del programma di Antonellona Clerici "E' stato solo un flirt". Rocco va alla ricerca del suo primo amore. Chissà se il re del porno ha mai ricevuto un due di picche, una donna che gli ha detto di no...

- Che ci facevano Den Harrow e Valeria Marini insieme al Twiga di Marina di Pietrasanta? I due ex naufraghi, sorridenti e rilassati, si godevano la serata sorseggiando drink e scambiandosi sguardi complici. Lei, ormai lanciatissima nella moda, ha presentato l'ultima collezione del suo brand "Seduzioni Diamonds", mentre il cantante ha promosso il nuovo singolo "2 Meet Me", remix del suo primo pezzo del 1982.

DEN HARROW E VALERIA MARINIROCCO SIFFREDI

Già nella tribolata atmosfera dell'Isola i due avevano dimostrato di avere affinità di carattere, sostenendosi a vicenda durante gli screzi e le incomprensioni con alcuni dei compagni d'avventura. Dopo essere uscito dal gioco, Harrow aveva scommesso senza indugi sulla vittoria dell'amica: "E' meravigliosa. Sa fare la star, ma sa fare anche la persona umile, qual è". Valeria non ha vinto, ma l'amicizia nata in Honduras con Den si rafforza sempre più, lontano dalle telecamere...

- Indovina indovinello: chi è quel potentone che ieri ha convocato in gran segreto in quel di Firenze un drappello di agenti immobiliari di Roma, Napoli, Firenze e Milano, per dir loro che ha almeno 40 milioni di euro da spendere in palazzi e appartamenti e di trovargli il meglio su piazza? Ah saperlo...

INFELICE TITOLO DELL ANSA SUL DISSIDENTE CINESE CHEN

6- Da "Novella 2000" - Dopo quindici anni di collaborazione con radio Deejay, il rapporto tra Mauro Coruzzi, in arte Platinette, e Linus, direttore della radio, si è consumato. Divergenze artistiche e incompatibilità caratteriali alla base della rottura lavorativa, e ora Platinette sta pensando di cambiare arie e soprattutto radio. Pare che i due nemmeno si salutino quando si incontrano, creando grande imbarazzo negli studi. Intanto Nicola Savino, in onda lunedì 30 aprile, con "Deejay chiama Italia", ha ribattezzato lo show Antonella Clerici "È stato solo un flirt" in "È stato solo un flop" visti i bassi ascolti dell'ultima puntata.

7- Da "Novella 2000" - In questo periodo Nina Zilli ascolta spesso e volentieri solo le canzoni di Francesco Renga, l'uomo di Ambra Angiolini. Le melodie del cantante la mettono sempre di buon umore...

 

 

IL CINEMA DEI GIUSTI - HA FATTO IL PIENO DEI DAVID "CESARE DEVE MORIRE" DEI FRATELLI TAVIANI

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Marco Giusti per Dagospia

Michel PiccoliI FRATELLI TAVIANI VINCONO L ORSO D ORO AL FESTIVAL DI BERLINO

David di Donatello. Ha fatto il pieno "Cesare deve morire" dei fratelli Taviani. Miglior film, miglior regia, miglior produttore, miglior montaggio, miglior fonico. "Habemus Papam" di Nanni Moretti si deve accontentare di vincere il miglior attore protagonista, Michel Piccoli, che non e' venuto, miglior scenografia, migliori costumi.

NANNI MORETTI

"Romanzo di una strage" di Marco Tullio Giordana vince per la coppia Pinelli, cioe' Michela Cescon, miglior attrice non protagonista, Pierfrancesco Favino, miglior attore non protagonista. "This Must Be The Place" di Paolo Sorrentino vince per la miglior sceneggiatura, la miglior fotografia di Luca Bigazzi, la miglior musica e la miglior canzone originale, grazie a David Byrne, che non e' venuto.

scialla nigro,giallini, favino in ACAB

La megastar cinese Zao Tao vince come miglior attrice protagonista per "Io sono Li" di Andrea Segre. "Scialla" di Francesco Bruni vince come miglior opera prima e David giovani. Insomma, nulla di nuovo o di originale. Ma i premi sono abbastanza giusti. Il film dei Taviani era il più completo e il più giusto, rispetto agli altri. E "Scialla" come opera prima e' meglio costruito, anche se non meglio diretto rispetto a "Acab". In realta' le opere prime quest'anno erano migliori dei film maggiori. Quanti ai migliori attori e' buffo che vengano premiati due attori stranieri.

 

 

IL “CERCHIO MAGICO” DI RATZINGER E’ FORMATO DA QUATTRO BADANTI DI ‘’COMUNIONE & FATTURAZIONE’’

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Marco Lillo per Il Fatto

Dopo 30 anni di assenza, un pontefice torna al Meeting di Cl a Rimini. Papa Ratzinger terrà un discorso alla grande kermesse di Comunione e Liberazione che quest'anno avrà come tema il rapporto tra l'uomo e l'infinito. Non è solo una voce ma un impegno preso nero su bianco da Benedetto XVI e dal segretario di Stato Tarcisio Bertone in un carteggio inedito che pubblichiamo.

PAPA RATZINGER OCCHIALUTO bertone papa big

In un giorno d'estate compreso tra il 19 e il 25 agosto nei padiglioni della fiera il pontefice tedesco abbraccerà decine di migliaia di seguaci e simpatizzanti del movimento fondato da don Luigi Giussani nel 1954 e guidato dopo la morte del "Don" nel 2005 da don Julian Carron.

L'ultimo Papa a partecipare al meeting è stato Giovanni Paolo II nel 1982. E proprio alla ricorrenza del trentennale si richiama la presidente del Meeting, Emilia Guarnieri, per chiedere a Benedetto XVI di tornare. La professoressa Guarnieri scrive il 23 novembre 2011 al segretario di Stato Tarcisio Bertone: "Il 1982 fu l'anno della storica visita al meeting del Beato Giovanni Paolo II. Il medesimo anno vide anche il riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione. Il 2012 pertanto rappresenta per noi un duplice e significativo trentennale ed un contesto estremamente suggestivo per accogliere il Santo Padre".

DON GIUSSANI CON I SUOI ALLIEVI NEL jpeg

La professoressa, nella sua lettera a Bertone ricordava un incontro del 19 giugno a San Marino, nel quale il Papa le disse: "È molto tempo che non ci vediamo! Lei lavora ancora per il Meeting?" in memoria delle antiche partecipazioni dei primi anni novanta dell'allora cardinale Joseph Ratzinger alla kermesse. E la lettera si concludeva con una preghiera a Bertone: "Affido alla Sua paternità e alla Sua benevolenza questo invito".

Cardinale Scola

Il segretario di Stato non si è risparmiato e nel volgere di due settimane ha ottenuto il sì del Pontefice. Il 9 dicembre del 2011 Tarcisio Bertone scrive al segretario del Papa don Georg Ganswein perché annoti l'impegno: "Con la presente Ti informo che nell'Udienza a me concessa il 5 dicembre 2011, il Santo Padre ha preso visione della lettera del 23 novembre 2011 della professoressa Emilia Guarnieri, Presidente del Meeting di Rimini. Considerando i due anniversari che cadono nel 2012, il Santo Padre ha espresso il suo favore per una breve visita e un suo intervento al Meeting di Rimini in data da stabilire".

In fondo però quella che si sta preparando da mesi è solo la consacrazione di un legame che sempre di più sta diventando un elemento caratterizzante di questo e forse persino del prossimo pontificato, se troveranno conferma le voci dell'investitura dell'arcivescovo di Milano di provenienza ciellina, Angelo Scola. Proprio il Fatto ha pubblicato nel febbraio scorso un documento anonimo nel quale si annunciava la fine del papato di Ratzinger entro novembre 2012. Un annuncio di morte reinterpretato da alcuni osservatori come una previsione certa di "dimissioni" del Papa per far posto al suo successore preferito, cioè proprio Angelo Scola.

DON LUIGI GIUSSANI IN PIAZZA SAN PIETRO A ROMA jpeg

Una soluzione "anomala" ma possibile, secondo l'interpretazione dottrinaria che lo stesso Ratzinger avrebbe avallato in un'intervista. Vera o falsa che fosse, la profezia della staffetta tra Ratzinger e Scola ha portato allo scoperto il peso crescente di Cl negli equilibri vaticani.

FORMIGONI IN BRASILE FOTO ESPRESSO

Non è un mistero che siano cielline le quattro signore cinquantenni che dormono nell'appartamento papale e sono ammesse a pranzare e cenare con il Pontefice tanto da formare la cosiddetta famiglia papale. Per l'esattezza sono aderenti ai Memores Domini, associazione laicale i cui membri vivono i consigli evangelici di povertà, castità perfetta e obbedienza sotto l'egida di Comunione e Liberazione. Anche l'arcivescovo di Milano Angelo Scola condivide la quotidianità con alcune signore aderenti ai Memores.

Il legame tra Cl e Scola è molto stretto. Il Fatto ha rintracciato una lettera del marzo 2011 al Nunzio Apostolico in Italia Giuseppe Bertello dal leader di Cl don Julian Carron. In questa lettera Carron suggerisce di nominare Scola anche per la sua sensibilità all'area politica di centrodestra. "Rispondo alla Sua richiesta permettendomi di offrirle", scrive Carron "in tutta franchezza e confidenza", ben consapevole della responsabilità che mi assumo di fronte a Dio e al Santo Padre, alcune considerazioni sullo stato della Chiesa ambrosiana".

Jullian Carron - Foto Pizziformigoni scola

La diagnosi del leader di Cl è spietata: "Il primo dato di rilievo è la crisi profonda della fede del popolo di Dio... perdura la grave crisi delle vocazioni... la presenza dei movimenti è tollerata, ma essi vengono sempre considerati più come un problema che come una risorsa". Poi Carron arriva al dunque: "dal punto di vista poi della presenza civile della Chiesa non si può non rilevare una certa unilateralità di interventi sulla giustizia sociale, a scapito di altri temi fondamentali della Dottrina sociale, e un certo sottile ma sistematico ‘neocollateralismo', soprattutto della Curia, verso una sola parte politica (il centrosinistra) trascurando, se non avversando, i tentativi di cattolici impegnati in politica, anche con altissime responsabilità nel governo locale, in altri schieramenti".

Il nome di Formigoni non c'è ma chiunque intravede dietro queste righe la figura del governatore. "Questa unilateralità di fatto... finisce per rendere poco incisivo il contributo educativo della Chiesa al bene comune, all'unità del popolo e alla convivenza pacifica".

Papa RatzingerBaciamano di Bossi al Papa Ratzinger Ansa

Per tutte queste ragioni, conclude Carron: "l'unica candidatura che mi sento in coscienza di presentare all'attenzione del Santo Padre è quella dell'attuale Patriarca di Venezia, Card. Angelo Scola. Tengo a precisare che con questa indicazione non intendo privilegiare il legame di amicizia e la vicinanza del Patriarca al movimento di Comunione e Liberazione, ma sottolineare il profilo di una personalità di grande prestigio e esperienza...".

L'arcivescovo di Milano, con la raccomandazione di Cl, oggi è dato per favorito a prendere il posto di Benedetto XVI. È questo il paradosso di Cl: proprio nell'anno della sua massima potenza e della annunciata benedizione del Papa con la sua visita al Meeting, esplodono gli scandali e le indagini della magistratura. Dopo gli arresti di due ciellini amici di Formigoni come Antonio Simone e Pierangelo Daccò e la pubblicazione delle fotografie dei resort a cinque stelle dove il presidente della Lombardia è stato in vacanza persino don Julian Carron ha scritto a Repubblica: "Sono stato invaso da un dolore indicibile dal vedere cosa abbiamo fatto della grazia che abbiamo ricevuto. Se il movimento di Comunione e Liberazione è continuamente identificato con l'attrattiva del potere, dei soldi, di stili di vita che nulla hanno a che vedere con quello che abbiamo incontrato, qualche pretesto dobbiamo aver dato".

formigoni_e antonio simone

Una lettera che finora non ha fatto cambiare idea sul suo viaggio a Rimini a Benedetto XVI.

 

AVVVISO AI NAVIGANTI: MERCOLEDÌ VENDONO L7. CDA CONVOCATI. SU CHI SE LA METTE IN TASCA, GIRA DI TUTTO

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1- DAGOREPORT
Avvviso ai naviganti: mercoledì vendono La7. Cda convocati. Su chi se la mette in tasca, gira di tutto. Urbano Cairo. Carlo De Benedetti. Tarak Ben Ammar. Fondi esteri. Bernabè vorrebbe cedere il 100 per cento. Richiesta di Nagel, capataz del prima azionista di Telecom Italia, Mediobanca. Il momento è favorevole, le elezioni sono alle porte.

2- IL FUTURO DEI GIORNALI SARÀ NELLA MULTIMEDIALITÀ"
DOGLIANI -
Paolo Griseri per La Repubblica

CARLO DEBENEDETTI E IL FIGLIO RODOLFO

Comperare La7? «Un anno fa ci pensavo ma Bernabé preferì tenere il giocattolo anche se la sua azienda si occupa di telefonia. Oggi la crisi ha mutato lo scenario. Credo che oggi dovrebbe essere Bernabé a venirmi a pregare». Il presidente del gruppo Espresso, Carlo De Benedetti, ha risposto così a chi gli chiedeva se fosse ancora interessato a rilevare la tv di Mentana. E quando Giovanni Minoli ha fatto notare che «questa risposta è un inizio di trattativa», De Benedetti ha sorriso ma non ha commentato.

BENE BERNABE E SIGNORA

Accade a Dogliani, in provincia di Cuneo, dove l´editore ha casa: «Sono qui perché mi sento un doglianese». Con Minoli si parla di nuovi media, internet, tv e giornali: «Quel che conta - dice De Benedetti - è il contenuto. È lui il re. Gli strumenti possono cambiare nel tempo. Il miliardo gli utenti di facebook dimostra che c´è una grande richiesta di comunicazione».

Il futuro è dunque nelle piattaforme multimediali, nei brand che uniscono diversi media. I giornali di carta, prevede De Benedetti, «non spariranno, muteranno la loro funzione. Perderanno copie e numero di pagine, aumenteranno il prezzo e soprattutto la qualità perché offriranno analisi sui fatti più che annunciarli».

I giornali saranno affiancati da altri media: «Oggi l´Ipad raccoglie già l´8 per cento dei lettori di Repubblica». Sulla multimedialità scommette anche Minoli osservando come «i giovani utenti di internet sono i più affezionati spettatori di Raistoria. I linguaggi e i mezzi si integrano talvolta in modo sorprendente».

 

 

MATTATOIO MESSICANO - NELLE ULTIME ORE LA NARCO-GUERRA HA RAGGIUNTO IL SUO PICCHIO DI SANGUE

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Guido Olimpio per Corriere della Sera

NARCOS-MESSICO

Marcano il territorio con i corpi smembrati. Con le persone lasciate penzolare da un ponte. Con i giornalisti imbavagliati per sempre con una raffica di mitra. Nelle ultime ore - non molto diverse da quelle che le hanno precedute - la narco-guerra messicana ha raggiunto uno dei suoi picchi di sangue. È inutile cercare di fare il bilancio definitivo, perché c'è sempre un morto ammazzato da aggiungere.

NARCOS-MESSICO

APPESI A UN PONTE - Solo a Nuevo Laredo, città al confine con il Texas, almeno 23 vittime, trucidate in modo orrendo. Poi quattro reporter freddati nello stato di Veracruz. E decine i «caduti» nella battaglia che dal 28 aprile infuria attorno a Choix, Sinaloa. Riprendiamo il filo (di sangue) da Nuevo Laredo.

NARCOS-MESSICO

Sono le 1.30 della notte tra giovedì e venerdì. La polizia è avvisata che ci sono 9 impiccati appesi ad un ponte. Cinque uomini e quattro donne. Li hanno picchiati in modo selvaggio, poi li hanno messi lì. Come segno di ammonimento. C'è la «firma». Su un lenzuolo i Los Zetas hanno scritto il loro comunicato dove accusano le vittime di appartenere al cartello rivale del Golfo.

NARCOS-MESSICO

Una volta trescavano insieme, oggi sono nemici agguerriti. Con i primi ci sono quelli di Juarez e i «gatilleros» (killer) dei Beltran Leyva. Il Golfo, invece, ha il sostegno dei killer di Sinaloa, il cartello del boss dei boss, El Chapo Guzman. La polizia non fa a tempo a rimuovere i cadaveri che c'è un'altra chiamata. Alle 8.57, nei pressi degli uffici doganali lasciano dei sacchi neri e delle ghiacciaie. Gli agenti sanno già cosa li aspetta: nei sacchi corpi fatti a pezzi di 14 persone. Nelle ghiacciaie le teste. Non si esclude che la seconda strage sia una vendetta per gli impiccati.

NARCOS-MESSICO

RIVALITÀ PIÙ FORTI - I due episodi segnano soltanto uno dei punti di scontro. È l'intero narco-fronte ad essere in movimento. Le rivalità tradizionali si sono fatte ancora più forti per il tentativo di Sinaloa di «mettere a posto» i Los Zetas che ribattono colpo su colpo. Se tu entri nel mio territorio, io ti colpisco nel tuo. E cerco di formare alleanze tattiche con le gang giovanili o bande locali.

NARCOS-MESSICO

Servono molte bocche da fuoco. Non sono scaramucce ma sparatorie che metterebbero in fuga anche i talebani. Di sicuro i narcos sono meglio armati dei guerriglieri. Nelle montagne attorno a Choix, ad esempio, non hanno esitato ad attaccare l'esercito con i Kalashnikov, i temuti fucili Barret in grado di bucare le blindature dei mezzi, i lanciagranate.

I soldati, però, erano pronti e si sono inseriti nel «duello» tra Zetas e Sinaloa usando anche gli elicotteri. I gangster sono morti a decine: le cifre al ribasso parlano di 28 morti ma secondo altre fonti sono più di 50. Tutto provvisorio. Perché anche se dovessero calmarsi a Choix «scalderanno la piazza» da qualche altre parte.

 

 

LADY LUSI VUOTA IL SACCO - LA PROVENIENZA DEI SOLDI, GLI INVESTIMENTI IMMOBILIARI, LO SPOSTAMENTO DEL DENARO

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Valeria Pacelli per Il Fatto

L'interrogatorio di Giovanna Petricone, moglie dell'ex tesoriere Luigi Lusi, è tutta un'ammissione. La provenienza dei soldi, gli investimenti immobiliari, lo spostamento del denaro nelle società Canadesi. E in più parla anche di un altro investimento, ancora non noto. Si tratta dell'acquisto di un terreno a Toronto dove Lusi e consorte avrebbero voluto costruire una casa, per vivere in tranquillità.

luigi lusi LUSI E SIGNORA

Sono queste le ultime novità dopo il deposito al senato della richiesta di arresto per l'ex tesoriere accusato dalla magistratura romana di essersi appropriato di una somma -almeno per quanto è stato accertato finora - di 23 milioni, ma che secondo gli investigatori potrebbe essere anche di più alta, dato che gli accertamenti sono ancora in corso.

Ma a dare un contributo per fare chiarezza in questa vicenda è proprio Giovanna Petricone, sentita dai pm Alberto Caperna e Stefano Pesci lo scorso 3 marzo. Nei suoi confronti, il gip Simonetta D'Alessandro ha disposto gli arresti domiciliari in quanto, si legge nell'ordinanza, sua complice in "fraudolenta appropriazione". Ed è proprio questa donna di 46 anni e di origini canadesi, che confessa le operazioni fatte dal marito per svuotare pian piano le casse della Margherita, senza che nessuno se ne accorgesse.

"Nel 2006 - racconta Giovanna Petricone ai magistrati - Luigi diventò senatore della Margherita ed in quel momento mi espresse la sua preoccupazione per il futuro del partito, che immaginava destinato ad una prossima estinzione. Mi disse che il suo progetto era quello di gestire i fondi della Margherita in modo del tutto autonomo. Voleva investire in immobili per alimentare il futuro della sua carriera politica e mi disse che, se la sua carriera fosse finita, il patrimonio sarebbe rimasto alla nostra famiglia". Un'idea questa che si concretizza poco prima del 2007, quando si fondano le società dove sarebbero confluiti i soldi.

LUIGI LUSIFRANCESCO RUTELLI E LUIGI LUSI

"Cominciammo a realizzare l'idea di Luigi ad aprile 2007 - prosegue la moglie di Lusi - quando la Margherita era già di fatto inattiva come partito politico. Lui versava gli assegni sul mio conto Unicredit. Quando raggiungevo 200-300mila euro trasferivo la somma in Canada tramite bonifico". Poi aggiunge: "La Luigia Ltd fu costituita nel 2006, con amministratore mio fratello Francesco Giuseppe, per investire in Canada. Mio marito mi disse che due milioni provenivano dai risparmi personali che aveva salvato dalle spese legate alla fine del suo precedente matrimonio. Lo ritenni plausibile".

E infatti secondo le indagini del nucleo tributario e dei magistrati romani che seguono l'inchiesta, da giugno del 2007 a giugno dell'anno dopo, Luigi Lusi avrebbe trasferito sul conto della moglie circa 2 milioni di euro, di cui 1,6 vengono poi bonificati mediante sei operazioni alla società canadese Luigia Ltd. "Alla fine del 2007- prosegue la signora Lusi - costituimmo la Filor per investire in Canada i risparmi di Luigi. Comprammo un terreno edificabile a Toronto per 850mila dollari canadesi (valore che corrisponde a 653mila euro). Avere una casa in Canada era un mio grande desiderio".

Poi i magistrati vogliono approfondire sulla questione dei numerosi immobili acquistati dall'ex tesoriere, e a quel punto la Petricone ammette di avere partecipato attivamente anche all'individuazione degli altri affari immobiliari in cui Lusi ha investito parte dei soldi sottratti al partito.

"Fui io a trovare l'attico in via Monserrato a Roma - prosegue la moglie di Lusi - Mio marito infatti mi aveva detto che serviva una dimora per la rappresentanza nel centro storico. Ricordo che il prezzo era intorno ai 3 milioni. Fui sempre io a trovare la villa di Genzano. Luigi curò i dettagli degli acquisti. Per completare l'acquisto di Ariccia stipulammo un mutuo. Non sono a conoscenza del perché fu stipulato il mutuo, ma mi rendevo conto che mio marito era ben consigliato, non so da chi. Si consultava spesso con Mario Montecchia e Giovanni Sebastio".

LA VILLA DI LUSI A GENZANOLuigi Lusi

Si tratta dei due commercialisti di Lusi finiti ai domiciliari, e accusati di "mendaci scritture contabili" per coprire la sottrazione dalle casse della Margherita per i 23 milioni di euro per ora accertati. A questo punto i pm chiedono a Petricone se fosse consapevole che i soldi provenivano dal partito. "Davo per scontato che la provenienza fosse quella. Pensavo che i soldi venissero in parte da lì e in parte dai risparmi di Luigi". E su Francesco Rutelli, la Petricone conclude così: "Luigi era molto preoccupato della reazione di Rutelli. Mi disse che la sua priorità era proteggere me".

 

 

DI TASSE SI MUORE - AVEVA RICEVUTO UNA CARTELLA ESATTORIALE DI 15MILA EURO E STAMATTINA SI E' SPARATO CON LA SUA PISTOLA

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Ansa.it

Sono definite "assolutamente disperate e senza possibilità di recupero" le condizioni di Pietro Paganelli, l'uomo di 72 anni che oggi ha tentato il suicidio a Napoli. Secondo Maurizio Postiglione, responsabile Rianimazione dell'ospedale Loreto Mare, il paziente, "che si è sparato alla tempia, non ce la può fare".

L'uomo è giunto in ospedale in condizioni "assolutamente disperate". "Non c'é una possibilità di poterlo recuperare, non ha neanche alcun tipo di opzione chirurgica. Attualmente - ha riferito Postiglione - respira ancora spontaneamente, ma è in stato di coma grave". A chi gli chiede se ci sia una possibilità di vita per l'anziano, Postiglione risponde: "Assolutamente non credo ce la possa fare, sono lesioni che non sono suscettibili di cura. E' una lesione cranica aperta con fuoriuscita di materiale cerebrale".

tasseBerkeley 4 - Studente protesta contro le tasse alte

Paganelli da qualche tempo aveva ricevuto una cartella esattoriale di 15mila euro e stamattina si e' sparato con la sua pistola. Ai suoi cari ha lasciato un biglietto: ''La dignita' vale piu' della vita''.

L'uomo vive a Pozzuoli (Napoli) mentre la sua officina, dove riparava barche, è a Napoli, in via Fedro: lì dove ha tentato il suicidio e dove è stato trovato dal figlio. Solitamente il sabato mattina, l'anziano andava in barca. Stamattina, però, quando i suoi familiari si sono accorti che le chiavi della barca erano in casa e che al telefono cellulare non rispondeva, si sono preoccupati e hanno allertato i carabinieri.

 

 


UNA NOTTE BRAVA CON 4 ESCORT. È L'ULTIMA “PRODEZZA” DI BALOTELLI - DOPO 6 ORE LE RAGAZZE APPARIVANO “DISTUTTE"

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Corriere.it

Una notte brava con 4 escort. È l'ultima «prodezza» di Mario Balotelli, almeno secondo il tabloid The Sun. L'attaccante del Manchester City, come si legge sull'edizione online del giornale, all'1.30 di giovedì ha ricevuto le ragazze nella sua casa di Alderley Edge. Tre escort, ingaggiate per circa 245 sterline a testa, sono andate via verso le 7.45, a poche ore dall'allenamento in programma nel centro tecnico del City. La presenza delle giovani non è sfuggita ai vicini del calciatore.

CHLOE EVANS E MARIO BALOTELLI

«DISTRUTTE» - Secondo le testimonianze raccolte dal tabloid, dopo la festa di circa 6 ore le ragazze apparivano «distrutte». L'agenzia, a quanto pare la stessa a cui si è rivolto in passato anche Cristiano Ronaldo, ha inviato quattro ragazze a casa di Mario a tarda notte - ha raccontato un'anonima fonte -. Era in programma una grande festa con lui e i suoi amici.

L'ESCORT DI BALOTELLI

Le ragazze di solito non lavorano dopo le 2 del mattino, ma stavolta hanno fatto un'eccezione perché si trattava di un cliente famoso. Una di loro è andata via alle 5 del mattino, ma le altre 3 hanno prolungato l'orario e sono rimaste. Mario ha una piscina e serve champagne, di sicuro si sono divertite«.

Balotelli, che sarebbe reduce da una lite con la fidanzata Raffaella Fico, si è presentato regolarmente all'allenamento pomeridiano e, in serata, ha partecipato alla cerimonia organizzata dal club per premiare i migliori giocatori dell'anno. La formazione allenata da Roberto Mancini si sta giocando il titolo della Premier League e domani, sul campo del Newcastle, è impegnata in un match fondamentale. (fonte: Adnkronos)

 

ASPETTANDO L’ESPLOSIONE DELLA BOMBA GRILLO SUI PARTITI MORTI, DEFLAGRA MINA! SARCASTICA LETTERA AL BLOG DI BEPPE

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"I POLITICI E L'IMENOPLASTICA", DI MINA

Mina Stralunata con Giorgio Gaber

Da www.beppe grillo.it
Un saluto dell'immensa Mina al MoVimento 5 Stelle.

"Si chiama imenoplastica. È un intervento semplice, poco doloroso, dal costo accessibile e di grande effetto, a patto che il chirurgo rispetti la deontologia del segreto professionale e che gli utilizzatori terzi (del pezzo) successivi siano diversi dai precedenti. Anche un po' più faciloni e di bocca buona, a dire la verità. Chi vi si sottopone solitamente mantiene un riserbo strettissimo e vive in solitudine e privatezza il proprio rinascimento, per dare alla riapparizione l'eclatanza dovuta. Queste tacite regole comportamentali hanno fin qui garantito miracolose riacquisizioni di vita e speranze inimmaginabili a donne, non necessariamente di malaffare, con pretese e doveri nei confronti di se stesse e di chissà quale tipo di pretendente.

1960 Mina

Oggi si affaccia una nuova tendenza che stravolge i canoni dell'imenoplastica. Neanche il più basilare si salva, cioè quello riguardante il sesso dei pazienti cui riservare questa stravagante e miracolosa ristrutturazione. Si sostiene che l'imene e la verginità, conseguente e correlata, appartengano sia a maschi che a femmine, credo per una questione di pari opportunità.

BEPPE GRILLO STRABUZZA GLI OCCHI

A reclamare tale ammodernamento anatomico si sono impegnati i grandi uomini della prima, della seconda, della terza, della quarta, della ennesima repubblica. Leggermente sputtanati e disfatti in decenni di infernale e volgare promiscuità e sfrenato onanismo, senza controllo e con autoreferenzialità, stanno rivalutando all'improvviso il concetto di purezza.

BEPPE GRILLO SULLA COVER DEL MALE

Non è raro ammirare gruppi di quelli che una volta si chiamavano politici, in vestaglia dal gusto classico, reduci e convalescenti dal suddetto trattamento, seduti su poltrone di similpelle bordeaux nelle hall di cliniche di chirurgia ricostruttiva. La schiera dei "rifatti" comprende anche politologi, finedicitori di politica, economisti dell'ultima ora e bellimbusti di contorno, giornalisti compiacenti, adulatori prezzolati.

VIGNETTA DI BENNY - BEPPE GRILLO BOMBAROLO

Vestali di ritorno, risettati nella morale situata negli organi genitali, si apprestano a riprendere il rituale dei baccanali. Si guardano vicendevolmente, non hanno neppure il tempo per gesti di intesa, non arrossiscono, ammiccano a chi li sorprende e soltanto ad uno sguardo esperto non sfuggirà una patetica rappresentazione di rinnovata forza, che sembri, però, forza mai perduta.

Le sale operatorie traboccano, la fila è lunga, la lista d'attesa pure. Le poltrone delle hall scarseggiano, le dimissioni per lasciare posti liberi incalzano, le guarigioni e le cicatrizzazioni non sono così tanto garantite. Il fenomeno dell'affollamento ha diverse spiegazioni. Prima di tutto c'è un po' di tempo. Qualcun altro si sta occupando delle faccende cui dovrebbe essere dedicato il loro retribuito lavoro.

ALFANO BERLUSCONI CASINI BERSANI

Usufruiscono di un congedo temporaneo. E quale migliore momento per riconnotare il look? Tutti si stanno affrettando nella ricomposizione, pressati come sono da immancabili appuntamenti di prossimi rapporti intimi (si fa per dire), già previsti nelle scadenze e negli istituzionali obbiettivi.

BERSANI - MONTI - ALFANO - CASINI DA TWITTER

Tutti insieme, nella tipica ammucchiata che caratterizza, secondo la loro comune concezione epicurea, ogni mandata elettorale, si dovranno presentare al meglio delle proprie capacità polisessuali, belli e appetibili come tanti anni fa, come tante repubbliche fa, come tante degradazioni fa.

Al teatrino non deve mancare nulla perché la rappresentazione possa ripartire nella sua completezza. La hall della clinica si anima di continuo per le prove. Il fruscio delle vestaglie non smette fino a notte inoltrata. Truccatori e costumisti intervengono con circospezione ed efficacia, intanto che gli illibati di seconda mano si organizzano nel controllo della timidezza e dell'emozione e gargarizzano per dare alla voce un non so che di limpidezza.

Mina nel alla Bussola di Bernardini

Azzardano la strutturazione di nuovi gruppi di recita, dai nomi poco evocativi di precedenti sconcezze e, d'altra parte, ancora ammiccanti per prossime clientele. Si va da "Rondini passeggere" a "Stelle filanti", da "Luci del mezzogiorno" a "Stivale immacolato", da "Ronda del Tanaro" a "Pizza incatenata", da "Regione pura" a "Mistero costituzionale". Le giornate trascorrono tra queste amenità.

Gli operati stanno radicandosi nell'appropriazione di una definita identità accettabile e prendono pillole a base di fiori di loto per annebbiare i ricordi e scongiurare gaffe. I cronisti di eventi di buona sanità gongolano. I media sono un po' sbalestrati in questo momento di limbo, ma confidano che la loro presenza sarà sempiternamente utile alla pantomima.

Beppe Grillo in vacanza a Porto Cervo Olympia

Scalpitano per la ridiscesa in campo dei vecchi ringiovaniti compagni. Non ne possono più di gente seria e seriosa che incombe sull'attualità senza un minimo di osé e prouesse. Un filino di burlesque, suvvia, cosa vuoi che sia! Le loro deflorazioni o non sono neppure ipotizzabili o sono talmente indicibili da sfuggire ad esplorazioni superficiali.

Ma una nube grigia o forse anche nera si abbatte sulla clinica delle vacanze a disturbare la convalescenza e, può darsi, a compromettere il risultato di tanta fatica. Compaiono con maggiore frequenza del solito gli aggiornamenti dei sondaggi descritti in torte o colonne definite da grandezze percentuali.

I giornalisti, ancora in pigiama, vengono mandati allo sbaraglio per riprendere posizione. Devono allestire immediatamente gli spazi per accogliere i biancovestiti in una sorta di ballo di debuttanti di secondo pelo. Ai politici non è mai importato niente di chi fosse ciascuno di noi. Tanto, ognuno di noi è sempre rintracciabile in una colonna o in una fetta di torta e tanto basta.

ELLEKAPPA - Beppe Grillo e Berlusconi - Da Repubblica

Loro non dovranno mai perdere tempo con istanze singole, distinte, specifiche o da class action. Hanno sempre avuto fiducia che, comunque, le poltrone rosse delle camere (parlamentari, in questo caso) fossero sempre a loro disposizione in quantità più che sufficiente. Non come quelle in similpelle bordeaux della clinica, che cominciano a scarseggiare.

grillo

Nella sala della televisione, tra impicci di flebo ricostituenti e giornali spiegazzati per l'incredulità, i principi dell'inconsistenza e dell'imbroglio aspettano dai loro portavoce la costruzione di opinioni di speranza, redenzione. Una specie di clima da tappeto rosso per il loro ritorno. Però tutto sembra difficile. Proprio di questi tempi sondaggisti e sondaggiati sembrano impazziti e procurano grattacapi ai poveri degenti fremebondi e assatanati di nuovi piaceri e piaceri nuovi.

La più consistente delle fette di torta sembra proprio quella che non si può spartire e neppure assaggiare. Gli intenzionati a non votare sono diventati la maggioranza vera. Saranno i puritani, i pentiti, i redenti, i vecchi impotenti, i pigri, gli scafati, gli scazzati irrimediabilmente, gli invalidi permanenti da lesione da padulo? Mah.

L'orrore si ingrossa ulteriormente con la quota degli indecisi, quelli che, una volta, si diceva facessero flanella nei casini, tipo guardoni con arrapamento sufficiente e disponibilità insufficiente. Poi c'è il popolo con l'obiettivo della scheda bianca, quella posizione di privatissima protesta intimistica, di resa non violenta, di "ti vedo e non ti vedo".

Mina in Posa

Tutte insieme queste categorie fanno la maggioranza assoluta dell'elettorato e costituiscono più della metà della torta. Davanti alla rappresentazione grafica di tale incubo, i nostri vestagliati si abbattono sulle poltrone e si domandano se valesse la pena di sprecare tempo a ritoccarsi o se non fosse stato meglio depravarsi ancora di più fino all'abuso. Eppure, su questi pensieri, usando le loro provatissime e riconosciute abilità digestive e compromissorie, non si dannano e considerano la questione aperta e la dialettica ancora possibile.

E poi il colpo finale, la mazzata che ammutolisce la sala della televisione. Beppe Grillo. Incontrollabile, sottovalutato, diverso, è adesso minaccioso veramente. Compare sostanzioso nella sua percentuale e inarrestabilmente spacca equilibri e logiche. Non ne avevano mai parlato. Nel calderone dell'antipolitica ci stava tutto, Beppe Grillo compreso.

BEPPE GRILLO IN CARLO MARX

Che bisogno c'era di aver paura di un'alternativa senza qualifica, appartenenza, categoria di riferimento? L'ideologia del bunga e dell'antibunga erano sufficienti a eletti ed elettori per il funzionamento di Stato, società e politica estera. Ora bisogna fare i conti con lo spauracchio. Prima regola che si impongono i neovergini è quella di non nominare mai il nome dell'interessato.

La volgare citazione appare scritta negli sfondi degli studi e, al massimo, velocissimamente pronunciata da scioglilinguisti allenati. Vengono impegnati, poi, scrittori dal costo elevato per la edificazione della muraglia di discredito che comprenda intelligentissimi riferimenti al qualunquismo, all'utopia, al populismo, alla sovversione, all'anacronismo, all'irrispettosità, all'inconsistenza. Contenti delle strategie impostate, appagati ogni tanto da un "più zero, qualcosa", si godono il prurito dei genitali riparati".

Mina

 

Mina in costume

ADDIO AL PRESIDENTE BLING-BLING –I GENERALI GOLLISTI GIÀ COMINCIANO LA BATTAGLIA FRATRICIDA PER LA SUCCESSIONE

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Massimo Nava per il Corriere della Sera

L'impossibile non è francese. Forse, nell'ultima notte prima del verdetto, Sarkozy avrà pensato a una frase celebre di Napoleone, accarezzando il mito della vittoria insperata, quindi tanto più storica e gloriosa. Da più di un anno i sondaggi prevedono Waterloo, ma quelli delle ultime ore una sconfitta di stretta misura. Qualche mese fa, Sarkozy confessava fragili speranze e propositi di abbandono della politica: «Sulla carta, le elezioni sono perse, ma la crisi è drammatica, può essere che s'insinui nella gente l'idea di affidarsi a chi ha più esperienza di governo».

NICOLAS SARKOZY VEDE ARRIVARE LA SCONFITTA SARKOZY E HOLLANDE GIOCANO A CALCIO

Mentre i socialisti fanno preparativi per la festa alla Bastiglia, i generali gollisti già cominciano la battaglia fratricida per la successione, pensando al 2017. Un altro brutto segno. E siccome la sconfitta è orfana, Sarkozy non si è mai sentito così solo. Solo con errori di cinque anni e maldestre correzioni degli ultimi mesi. Solo con complicati calcoli sul voto di sette milioni d'indecisi, dell'estrema destra, di quanti francesi nel segreto dell'urna potrebbero preferire la continuità indigesta alle incognite del cambiamento, l'energia o la simpatia, il realismo o la speranza.

Solo. Ma con una qualità che tutti gli riconoscono fin da quando faceva a pugni o gareggiava con i compagni di scuola: il carattere irriducibile di uno che non si dà mai per vinto, anche se gli avversari sono all'evidenza più avanti e più forti. «Il giorno in cui non abbiamo più voglia di batterci vuol dire che siamo vicini al riposo finale».

La rimonta, negli ultimi mesi è stata costante, grazie alla spregiudicata seduzione degli elettori del Fronte nazionale e all'attacco frontale al programma di Hollande, «candidato delle tasse e della spesa pubblica fuori controllo». Se sarà sconfitta, sarà onorevole, con percentuali insperate all'inizio della corsa.

Nicolas Sarkozy SARKOZY CON LA TORRE EIFFEL ALLE SPALLE

«Si giocherà sul filo del rasoio», ha detto Sarkozy nell'ultimo intervento e anche lo sfidante sembra temerlo, per quanto anche le cancellerie si stiano preparando all'alternanza socialista. L'annunciato voto del centrista Bayrou per Hollande potrebbe creare l'effetto contrario, poiché la sua base moderata non condivide la scelta di campo. E poi, chissà, la fortuna, il destino, la giornata piovosa, la Vandea contro la Rivoluzione. Tutto conta in queste ore, compresa l'illusione che i sondaggi abbiano preso un clamoroso abbaglio, praticamente per trecento volte di fila dal novembre scorso.

Comunque vada, resta sorprendente la parabola discendente di un leader che aveva entusiasmato il Paese e fatto scoprire all'Europa un'altra idea di destra e di Francia. Il leader che voleva riformare e modernizzare senza dividere, lascia alcune riforme importanti (pensioni, università) ma un Paese lacerato, che infatti partecipa oggi a un referendum sulla sua persona.

FRANCOIS HOLLANDE NICOLAS SARKOZY

Il presidente dell'apertura alla gauche e alla diversità sociale ed etnica, della discriminazione positiva all'americana, della ricompensa al merito individuale, rischia di regalare interamente alla sinistra un Paese che resta per mentalità conservatore e che non ha creduto a chi predicava: «Il modello sociale che funziona è quello che dà lavoro, non quello che generalizza sussidi». Dunque, per la maggioranza dei francesi con posto fisso e impiego pubblico, meglio salvare il modello esistente, meglio la rivoluzione conservatrice e protettiva di Hollande.

FRANCOIS HOLLANDE NICOLAS SARKOZY

L'uomo che voleva costruire una Francia più aperta al mondo e più europea ha finito per inseguire Marine Le Pen sulla necessità di barriere fisiche o immaginarie contro la fuga d'industrie e l'ingresso di stranieri. L'ultimo erede del gollismo è stato accostato a Petain. Un insulto per chi ha lontane origini straniere ed ebraiche, che però dà la misura del rigetto e del rovesciamento di giudizi, rispetto al tempo in cui attirava anche la sinistra intellettuale.

Ma al di là dei bilanci, occorre ricordare che il consenso cominciò a crollare già pochi mesi dopo le elezioni. I francesi hanno giudicato la persona prima dell'azione, i tic e le caricature prima della capacità d'interpretare la parte, i weekend sulle barche dei finanzieri prima dei progetti di legge, la deriva bonapartista prima dei concreti propositi di limitare i suoi stessi poteri.

FRANCOIS HOLLANDE NICOLAS SARKOZY

E il successo mediatico si è rovesciato in disfatta. La democrazia emotiva dell'effetto annuncio lo ha tradito. L'opinione pubblica non gli ha perdonato nulla dalla sera dei festeggiamenti al lussuoso hotel Fouquet's, dopo il trionfo. L'etichetta di «presidente dei ricchi» gli è rimasta incollata, con pettegolezzi, vicissitudini matrimoniali, capricci della corte, agitazione scambiata per dinamismo, dissacrazione di un ruolo che i francesi considerano appunto sacro.

HOLLANDE E SARKO

La sua onnipresenza, dalle platee internazionali alle fiere di paese, è stata una prova di generosità e energia, che lo ha esposto oltremisura, con il paradosso che il primo ministro - intercambiabile parafulmine di tutti i presidenti - ha tenuto il basso profilo ed è diventato più popolare.

Il presidente può essere di destra o di sinistra, ma nell'immaginario dei francesi deve apparire padre e monarca. Hollande è vincente anche perché si atteggia a Mitterrand. Sarkozy è stato piuttosto capopopolo e capoclan, con una nota di provincialismo esterofilo e filo-americano che non piace ai francesi.

SARKOZY E IL BACIAMANO A CARLA BRUNI

Ha presto sostituito jeans e Rayban con tristi cravatte nere, ma era già tardi. Arroganza e impulsività lo hanno indebolito, dilapidando simpatie e consenso, persino fra fedelissimi, spesso maltrattati e inascoltati. Si sussurra di qualche gollista doc che si augura la sconfitta: «Se ce la facesse, Sarko non avrebbe più limiti». Meglio chiudere la sua parentesi e prepararsi alla rivincita.

 

 

PRIMI EXIT POLL DAL BELGIO - ALL'USCITA DEI SEGGI TRA LE 8 E LE 11 DI QUESTA MATTINA: HOLLANDE 52,3% - SARKOZY 47,5%

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Ansa.it

veltroni e hollande

Piove anche per il secondo turno delle presidenziali francesi che vedono oggi alle urne 46 milioni di francesi per la scelta del settimo presidente della Quinta repubblica. Il socialista Francois Hollande è avanti nei sondaggi, ma il suo vantaggio sul presidente uscente Nicolas Sarkozy si era ridotto venerdì, secondo gli ultimi sondaggi ufficiali, a soli quattro punti (52% a 48%).

Primo dei due contendenti a votare, Hollande è arrivato attorno alle 10.30 nel seggio del suo feudo elettorale del centro della Francia, a Tulle, dove rimarrà - insieme con la compagna Valerie Trierweiler - per tutta la giornata in attesa dei risultati. Alla chiusura delle urne farà una breve dichiarazione sulla piazza della cittadina, quindi raggiungerà i socialisti a Parigi. Se avrà vinto, parteciperà alla festa alla Bastiglia.

FRANCOIS HOLLANDE NICOLAS SARKOZY

Sarkozy è andato a votare in un liceo del XVI arrondissement di Parigi insieme a Carla, lui un po' teso, lei sorridente. E' stato applaudito dai molti presenti e ha stretto le mani dei sostenitori. In serata, appuntamento alla Mutualité, nel quartiere latino, dopo i risultati del voto.

VALERIE TRIERWEILER E FRANCOIS HOLLANDE jpeg

Fra gli altri protagonisti del primo turno, il centrista Francois Bayrou - che ha optato personalmente per Hollande rompendo con la tradizione del suo partito e suscitando polemiche - ha votato all'apertura del seggio a Pau, nell'ovest, mentre Jean-Luc Melenchon, del Front de gauche, ha messo la scheda nell'urna a Parigi ricordando che al secondo turno "si vota per eliminare" il candidato che non si vuole vedere all'Eliseo.

Nel suo caso, l' "eliminato" sarebbe Sarkozy. I seggi chiuderanno alle 18.00 in tutta la Francia, ma resteranno aperti fino alle 20.00 nelle grandi città. Un milione di francesi hanno già votato da ieri nei Territori d'Oltremare e nei seggi all'estero. L'affluenza - 30,66% a mezzogiorno - è molto elevata e in aumento rispetto al primo turno, come tradizione. Non al livello, però, di quella record del ballottaggio del 2007, 34,11%. Al primo turno, il 22 aprile, Hollande è arrivato in testa con il 28,63% dei voti contro il 27,18% di Sarkozy.

La chiave del voto di oggi sta nel comportamento degli elettori di Bayrou (9,13%) e di Marine Le Pen (17,90). Né il centrista, né la leader del Fronte nazionale (estrema destra) hanno dato esplicite consegne di voto, ma si sono esposti personalmente: Bayrou per il candidato socialista, la Le Pen per la scheda bianca.

Dominique Strauss Kahn Franc ois Hollande et Se gole ne Royal STRETTA DI MANO TRA SARKOZY E HOLLANDE

Se Hollande vincesse, diventerebbe il secondo presidente socialista della Quinta repubblica, dopo Francois Mitterrand che guidò il Paese per due mandati di sette anni, dal 1981 al 1995. Sarkozy, che nel 2007 batté al ballottaggio la socialista Segolene Royal, allora compagna di Francois Hollande, sarebbe il secondo presidente a non essere confermato all'Eliseo dopo un mandato, dopo Valery Giscard d'Estaing, battuto nel 1981 da Mitterrand. Una vittoria di Sarkozy sarebbe in controtendenza con la situazione che si profila in diversi paesi europei, dove i governi non riottengono la fiducia degli elettori, essenzialmente per gli effetti della crisi finanziaria.

BAGNO DI FOLLA PER SARKOZY E CARLA BRUNI

PRIMI EXIT POLL DAL BELGIO, HOLLANDE 52-53% - Secondo i primi exit poll, realizzati da alcuni istituti di sondaggi, Francois Hollande risulterebbe vincitore delle presidenziali francesi con il 52-53%. Lo riporta il sito del quotidiano belga Le Soir.

In particolare, secondo Ipsos e Bva Hollande sarebbe al 52,5% e Sarkozy al 47,5%; secondo Tns Sofres Hollande sarebbe al 53,5% e Sarkozy al 46,5%; secondo Ifop, Csa e Harris Hollande sarebbe al 53% e Sarkozy al 47%. I dati vengono da indagini realizzate all'uscita dei seggi tra le 8 e le 11 di questa mattina.

 

 

COME PRENDEREBBE LA SCONFITTA LA TATTICA CARLA BRUNI: PRESTO POTREBBE RITROVARSI CHITARRINA IN MANO DA FAZIO

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Quirino Conti per Dagospia

CARLA BRUNI CARLA BRUNI

Prima che il dado sia tratto e dunque si compia quel che deve compiersi (così come il Fato va tessendo), e senza che quindi una riflessione come questa possa apparire ingenerosa, sleale o spietata, sarà bene gettare un penultimo sguardo - come prevedono gli analisti, ma non è detto - sulla coppia Sarkozy, o meglio, Bruni-Sarkozy: per la quantità di contributi al disastro - eventuale e già forse persino non inevitabile - che la, sembrerebbe già ex, Prima Signora di Francia ha accumulato in questo suo ennesimo ciclo biografico finalmente tutto dedito, come si maligna, a sanare la sua incontenibile frenesia di preminenza.

E varrebbe la pena iniziare dal "corpo del monarca", anzi, dalle sue gambe. A paragone, quelle memorabili nostrane (in tenuta immacolata, con seguito di idioti identicamente conciati, in corsa da qualche parte), benché miserande, sarebbero poi parse, nel confronto tra i due satrapi autocrati, persino olimpiche.

Anche lui dunque, l'aristocratico ungherese, colto - si fa per dire - in un momento di estemporaneo exploit sportivo, in bermuda (ignobili; seppure gli uomini francesi siano effettivamente, in genere, i peggio vestiti al mondo), calzettoni (sventurati) e dunque, per quel che ne restava, polpacci come lacerti sbilenchi di carni informi.

SUPERSIRINGATE DI BOTOX: CARLA BRUNI

Con l'espressione solita: caricata da un eccesso di fuori sesto del mento, à la Totò, e da un esterrefatto e sorpreso autocompiacimento; come a dire: vedete che po' po' di fisico?! A quel punto non potè non tornare alla memoria, simile a tuono, quel che Giuliano Ferrara con veemente dogmaticità, quasi un pugno sul tavolo, aveva ribadito nel corso di un dibattito televisivo alla vigilia delle precedenti elezioni francesi, e cioè: "Sarkozy? È anche un bell'uomo!". Certo, contro una sinistra di brutti e livorosi.

SARKOZY E IL BACIAMANO A CARLA BRUNI

Comunque, bello o brutto (naturalmente, più brutto), non è questo il problema: quello vero e stringente riguarda piuttosto lei, e come prenderebbe un'eventuale sconfitta la tattica e, invece, sicuramente bella Bruni, che dopo quell'"innamoramento" (un colpo da niente!) così tanto da subito in odore di strategia comunicativa e di combine (via una, avanti l'altra), e persino, da qualche mese, una Delfina data alla nazione, dopo una così evidente immolazione estetica, presto potrebbe persino ritrovarsi - ma non è detto, va precisato -, chitarrina in mano, nuovamente da Fazio a falcidiare ogni nostra residua resistenza scrotale con le sue roche, memorabili cantilene.

Certo, ricordarla ricca e altera nei backstage, a tutti i costi determinata a esserci anche lei in quell'esclusivo olimpo di celebratissime top model (solo a sentirlo, ora, quel nome raccapriccia), ricordarla agli esordi del suo cursus, fa davvero stringere il cuore. Troppo "tutto", eppure, praticamente senza sguardo - tanto i suoi occhi pungenti erano e sono minuti -, per taluni un disastro in pedana: ma lei non cedeva.

Carla Bruni con la chitarracarla bruni

Quindi, le sue complesse e mitologiche storie d'amore e finanche familiari, queste sì da feuilleton o da romanzo decadentista. Per arrivare al soglio di questa specie di Carlo X, di questo curioso monarca sproporzionato in tutto. Lei, che solo per una serata da qualche parte a bere qualcosa, prima di scegliersi l'accompagnatore quasi indiceva un casting. Commisurando potere e avvenenza su modelli aurei.

Lei, dunque, ritrovarsi così, tra le braccia di un fascistello di tal fatta, lei che aveva persino cavalcato la sinistra. Cinguettando con filosofi dal corpo magnifico e dal pensiero audace: tra castelli, collezioni d'arte, musica d'avanguardia e cinema d'autore. Comunque celebri, miliardari, belli e da Bateau ivre.

LA PRIMA FOTO DI GIULIA LA FIGLIA DI SARKOZY E CARLA BRUNI

Che ne sarà dunque, eventualmente, di lei? Tra l'altro, delle sue generose scarpine senza tacco, per non sopravanzarlo, il monarca berlusconesque; di quei mesti soprabitini, e di quelle tocque così tanto Jacqueline. E dei suoi sguardi, piccoli e aguzzi è vero, ma voraci, fulminei e rapinosi - prima di farsi abilmente timidi e sottomessi -, se il tema era, ad esempio, il letto e riletto Les Fleurs du Mal. E delle molte Légion d'honneur, da lei rese festose e confidenziali, praticamente una cosa tra amici. E di tutti quegli eversori portati come decoro e "pour faire beau le paysage" all'Eliseo? Mah!

CARLA BRUNI

Speriamo davvero che le conservino il posto. Nel caso contrario, chi se la sente di riaffrontare i mugugni orgasmatici di Fazio mentre lei riattacca lamentosa con la solita lagna? Né basterebbe per evitarseli, quei sospiri di compiacimento, non essere sintonizzati. Perché ormai quegli spasimi sono nell'aria: e basta un colpo di vento per ritrovarseli in casa passati come spifferi da una fessura qualunque.

CARLA BRUNI E NICOLAS SARCOZY

Ma per tornare a lei, l'inesausta Diana di Poitiers, e al suo inconfondibile stile Chenonceau, quali sorprese ci potrebbero attendere ancora se, il Cielo ne scampi, dovesse lasciarla davvero la s di quei mesti soprabitini una reggia! "Après lui seulement Dieu"?

 

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