Fiorenza Sarzanini per il Corriere della Sera
FRANCESCO BELSITOSono almeno dieci i dossier illegali su politici e manager che Francesco Belsito era pronto a utilizzare. E tra le persone che il tesoriere della Lega teneva «sotto controllo» c'erano anche Roberto Castelli, che come componente del comitato di gestione gli chiedeva chiarimenti sugli investimenti all'estero, Rosi Mauro e il suo body guard Pier Moscagiuro.
Lo dice lui stesso nelle conversazioni con la segretaria amministrativa del Carroccio Nadia Dagrada. E la conferma arriva dal primo esame delle migliaia di files trovati nei suoi personal computer. Oltre a Roberto Maroni e ai suoi «barbari sognanti» nel mirino dell'uomo che gestiva la cassa, erano finiti altri potenziali «nemici» come Marco Reguzzoni e Giancarlo Giorgetti, ma anche personaggi inseriti nel «cerchio magico» di Umberto Bossi che avrebbero potuto rappresentare un pericolo.
LA RISTRUTTURAZIONE DELLA CASA DI BOSSI A GEMONIO CHE BELSITO METTEVA IN CONTO ALLA LEGAE dunque nei loro confronti erano state raccolte informazioni riservate e personali da utilizzare per possibili ricatti. Belsito aveva un programma informatico che consentiva di criptare i documenti ottenuti attraverso accessi abusivi nei sistemi informatici di aziende come Finmeccanica e Fincantieri, di Enti e di Istituzioni. Ma non è escluso che altre carte segrete possano essere nascoste in una cassetta di sicurezza a Genova. Un «forziere» finora sfuggito alle perquisizioni disposte dai pubblici ministeri.
FRANCESCO BELSITOLE MIGLIAIA DI FILES
Il lavoro degli investigatori della Dia e della polizia postale coordinato dal pubblico ministero di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo ha consentito di estrapolare migliaia di files archiviati dal tesoriere. Informazioni ottenute sguinzagliando un investigatore privato, ma anche potendo contare su una «talpa» interna alle forze dell'ordine che accedeva alle banche dati.
Notizie che Belsito condivideva poi con Romolo Girardelli, il procacciatore d'affari della 'ndrangheta diventato suo socio. Castelli rappresenta una minaccia quando comincia a chiedere conto degli investimenti in Tanzania e a Cipro, quando vuole vedere le carte e soprattutto pretende il rientro dei capitali. Belsito è pronto evidentemente a contrastarlo.
FRANCESCO BELSITO E RENZO BOSSI jpegIl 7 febbraio 2012 il tesoriere parla con la Dagrada proprio delle possibili contromosse da prendere con Umberto Bossi per le spese sostenute a favore della sua famiglia e con lo stesso Castelli.
Dagrada: tu digli (a Bossi) che gli porti anche il fornelletto per scaldarla (la focaccia), ma quando ci sarà la testa di Castelli
Belsito: ah per forza ... il verme hai chiesto?
Dagrada: sì, ci faccio su quello che vuoi, questo (Castelli) lavora tutto alle spalle ...
Belsito: e quanto ho pagato di sua moglie dei cazzi e mazzi... io ho tutto scritto eh! Vuoi che io vado a portare tutto sui giornali?
«METTI TUTTO NELLA CASSETTA»
Il giorno dopo «Belsito riferisce che Bossi l'ha convocato a Roma perché vuole parlargli e delle sue probabili dimissioni». È la famosa intercettazione nella quale parla della registrazione «compromettente» per la Lega della quale è in possesso. Ma c'è un'altra parte di quel colloquio che, è la convinzione degli inquirenti, dimostra come in quei giorni fosse stata intensificata l'attività di dossieraggio.
Annotano gli investigatori: «Dagrada gli consiglia di farsi tutte le copie dei documenti che dimostrano i pagamenti fatti e nascondere gli originali in una cassetta di sicurezza». Testualmente la donna afferma: «Quelli sono capaci che entrano nell'ufficio e portano via, io li conosco i miei polli, fidati! Fai le copie, porta via la cartellina dietro con te e quando torni te la porti via la cartellina e la vai a mettere in cassetta a Genova».
ROSI MAURO E PIER MOSCADalle carte sequestrate durante le perquisizioni delle scorse settimane e soprattutto dalle conversazioni intercettate emerge il ruolo di un professionista genovese che potrebbe essere il vero regista degli investimenti finanziari all'estero compiuti da Belsito e avere un ruolo di raccordo anche con gli altri personaggi - primo fra tutti l'imprenditore Stefano Bonet - accusati di riciclaggio. Si tratta di Amerigo Alunno che in molti colloqui «captati» dagli uomini della Dia viene indicato come il vero regista delle operazioni economiche.
ILLUSTRAZIONE MANNELLI ROSI MAURO DAL FATTO jpeg BOSSI E MARONIIL CONTO CIFRATO DI LUGANO
Una traccia fondamentale per ricostruire il passaggio dei soldi certamente potrà arrivare analizzando le movimentazioni sul conto svizzero che Belsito ha utilizzato grazie al rapporto con l'avvocato Bruno Mafrici, accusato di aver gestito parte dei fondi della «cosca De Stefano».
Ieri c'è stato un contatto tra il pubblico ministero Lombardo e i suoi colleghi di Napoli titolari dell'altro fascicolo sulla Lega e sui soldi che sarebbero arrivati attraverso la gestione degli appalti, compresi quelli ottenuti da Bonet in Vaticano. Nelle carte dei magistrati partenopei ci sarebbe infatti una traccia che porta allo stesso deposito di Lugano.
Il sospetto, avvalorato dai primi riscontri effettuati dagli investigatori della Dia, è che su quel conto cifrato siano transitati i soldi del Carroccio e quelli della 'ndrangheta in una commistione che serviva proprio a «ripulirli». Per questo, in attesa della rogatoria con le autorità elvetiche, si stanno riesaminando tutte le movimentazioni che partono dai conti della Banca Aletti di Genova, dove la Lega riceveva il denaro relativo ai rimborsi elettorali e ai tesseramenti.