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MILANO IN PARITÀ, SPREAD IN CALO A 375 - FIRMATO IL TRATTATO PER IL FONDO SALVA-STATI PERMANENTE, CI SARÀ PURE LA CINA

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1 - BORSA MILANO PRENDE PAUSA DOPO RALLY, CORRONO MEDIASET, PARMALAT
(Reuters) - Piazza Affari ha chiuso vicina alla parità, prendendosi una pausa dopo il rally di ieri, in sintonia con le altre borse europee. Sul mercato c'è inoltre prudenza in attesa dell'accordo sullo swap sul debito greco, che dovrebbe essere raggiunto entro lunedì, quando è stata convocata una riunione dei ministri delle Finanze della zona euro sul tema.

merkel

Il FTSE Mib ha terminato in rialzo di un frazionale 0,07%, il FTSE Allshare ha guadagnato lo 0,22%, mentre lo Star è avanzato dell'41%. Volumi per 2,3 miliardi di euro.In Europa l'indice FTSEurofirst ha guadagnato lo 0,2%. Positive le banche, dopo il rally di ieri alimentato dalle speranze di un ammorbidimento dei vincoli Eba e da norme più favorevoli per i buyback dei bond ibridi. MPS replica e mette a segno un balzo dell'8%, seguita da BANCO POPOLARE (+5,2%) e POP MILANO (+4,75%).

I due principali istituti italiani si fermano però poco sopra la parità: INTESA SP è salita dello 0,39% e UNICREDIT dello 0,05%. Le risparmio di Piazza Cordusio hanno fatto prezzo solo in asta di chiusura (+2,94%), dopo essere state in asta di volatilità tutta la seduta, sulla scia della decisione di Borsa italiana di inibire da oggi l'immissione di ordini senza limite di prezzo durante le fasi di asta. Lo stoxx di settore europeo ha chiuso in rialzo dell'1%.

WEN Jiabao

Brilla PARMALAT, che ha chiuso la seduta in rialzo del 7,29%, dopo aver toccato un massimo a +12%, con volumi oltre dieci volte la media giornaliera. Il titolo, che secondo un operatore in mattinata era spinto dalle voci di delisting o di dividendo straordinario, ha continuato la sua corsa anche dopo la smentita della società. Secondo un altro trader il titolo è stato sostenuto dalle indiscrezioni stampa sui risultati uscite ancora qualche giorno fa. MEDIASET ha terminato in rialzo dell'8,2%, con volumi tripli rispetto alla media. Un trader ha segnalato acquisti sul titolo da parte di un broker italiano, sottolineando che il titolo è a livelli bassi.

* BENETTON ha messo a segno un balzo del 17,09% a 4,742 euro, sopra i 4,6 del prezzo d'Opa. "Il mercato sta scommettendo su un possibile rialzo del prezzo dell'offerta", commenta un analista. FIAT è salita di circa mezzo punto percentuale dopo dopo la corsa di ieri. Debole TELECOM ITALIA Segno meno anche per TERNA e ENEL dopo che quest'ultima ieri sera ha ceduto il suo 5,1% ad investitori istituzionali a 2,74 euro per azione, anche se in diversi studi i broker danno un giudizio positivo sull'operazione per entrambre le società. FONDIARIA SAI ha chiuso in forte rialzo (+13%), mentre la controllante PREMAFIN ha ceduto il 3,4%.

Acquisti sul settore immobiliare, con un analista che cita gli effetti positivi - per un comparto così domestico e così condizionato dalla salute delle banche - di un generale re-rating, più favorevole, sull'Italia nel suo complesso. "Non escludo che in qualche caso ci possa anche essere un contagio per la febbre da delisting che sta appassionando il mercato, anche se a guardare nello specifico non vedo grandi possibilità", aggiunge. Positiva la LAZIO dopo la vittoria di ieri sera col Milan, mentre la ROMA ha ceduto il 3,1% dopo la sconfitta con il Cagliari.

wall street

2 - BORSA, SPREAD BTP-BUND CHIUDE IN CALO A 375 PUNTI BASE...
(LaPresse) - Chiude in calo a 375 punti base lo spread tra Btp e Bund a 10 anni, dopo essersi avvicinato ancora ai 400 punti base in mattinata. Il rendimento dei buoni del Tesoro italiani sul mercato secondario si attesta al 5,6%. Il differenziale tra decennali italiani e tedeschi ha terminato ieri gli scambi a 383 punti.

3 - CRISI: FIRMATO TRATTATO PER FONDO PERMANENTE SALVA-STATI ESM
Radiocor - E' stato firmato il trattato intergovernativo che istituisce il Fondo permanente salva-stati. Si chiama European Stability Mechanism ed entrera' in funzione da luglio. Non ci sono novita' rispetto a quando stabilito dai capi di stato e di governo dell'Eurozona: l'Esm 'parte' con una capacita' di finanziamento di 500 miliardi di euro effettivi, di cui 80 miliardi versati e il resto 'callable'. Resta aperta la porta a un adeguamento del capitale che sara' discusso fra un mese dai capi di stato e di governo. Il trattato e' stato firmato dagli ambasciatori presso la Ue.

4 - CRISI: WEN JIABAO, 'CINA AUMENTERA' QUOTE IN FONDI SALVA UE'
Radiocor - La Cina potrebbe aumentare la partecipazione al Fondo europeo salva Stati (il cosiddetto Efsf) e il nuovo fondo permanente Esm nato ufficialme nte oggi. 'Prevediamo di aumentare le nostre quote per aiutare l'Europa a risolvere la crisi del debito', ha sottolineato il premier Wen Jiabao durante una conferenza stampa con la cancelliera tedesca Angela Merkel.

GIUSEPPE VEGAS

5 - OCSE: EUROPA HA BISOGNO DI FIREWALL DA 1.000 MLD
(LaPresse/AP) - L'Europa ha bisogno di un fondo di salvataggio da 1.000 miliardi di euro per fermare il contagio della crisi del debito. Lo sostiene l'Ocse in un rapporto diffuso oggi, in cui sottolinea i passi necessari "per evitare una frattura dell'eurozona". Tra i punti l'Organizzazione internazionale con sede a Parigi include la possibilità di costringere i creditori privati di Atene ad accettare un haircut sulle obbligazioni della Grecia almeno del 50% e un firewall europeo maggiore degli attuali 500 miliardi di euro previsti.

6 - GRECIA, FONTE UE: AD ATENE SERVONO ULTERIORI 15 MLD
(LaPresse/AP) - Alla Grecia servono ulteriori 15 miliardi di euro, oltre al prestito di salvataggio da 130 miliardi di euro e alla riduzione del debito con gli investitori privati per 100 miliardi di euro. Lo hanno individuato gli ispettori internazionali sui conti pubblici di Atene e a rilevarlo è stata un funzionario Ue.

7 - BORSE: NYSE E DEUTSCHE BORSE RINUNCIANO A FUSIONE DOPO VETO UE
Radiocor - Nyse Euronext e Deutsche Boerse annunciano ufficialmente l'addio alla fusione (dopo trattative durate un anno) in seguito al veto espresso d alla Commissione europea. Entrambe le compagnie, riferisce un comunicato, hanno concordato sulla rinuncia all'operazione che non comportera' il pagamento di alcuna penale. Bruxelles aveva messo dei paletti all'aggregazione (del valore di circa 17 miliardi di dollari) perche' avrebbe creato un 'quasi monopolio' sul mercato europeo dei derivati, di cui la nuova entita' sarebbe arrivata a controllare una quota del 93%.

yf34 gen leonardo tricarico

8 - BANCHE: VEGAS, CON AUMENTI ADESSO RISCHI CAMBIO DEL CONTROLLO
Radiocor - Eventuali aumenti di capitale delle banche italiane per l'Eba in questa fase "possono generare rischi di veri e propri cambi del controllo con l'ingresso nell'azionariato di soggetti con strategie di business e obiettivi industriali che non sono preventivamente esplicitati al mercato". A lanciare l'allarme e' il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, in audizione al Senato. Il rischio e' legato alla bassa capitalizzazione delle italiane rispetto alla media dei grandi paesi europei e rispetto alle disponibilita' dei grandi investitori istituzionali: fondi sovrani e di private equity.

9 - UNIPOL:VEGAS, SU PREMAFIN-FONSAI NON C'E' PROPOSTA DEFINITIVA DEPOSITATA
Radiocor - Roma, 02 feb - Per l'acquisizione di Fonsai da parte di Unipol 'non abbiamo la proposta definitiva depositata' afferma il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, in audizione in Senato. Vegas, in risposta a una domanda del senatore Elio Lannutti, fa riferimento alle polemiche scaturite da un suo presunto ruolo nella fase di messa a punto della proposta. 'Il compito dell'Autorita' e' quello di controllare il mercato, ma il controllo del mercato non si fa solo quando i polli sono scappati. L'Autorita' incontra chi chiede di essere incontrato per esporre dei programmi' ha aggiunto Vegas.

MONTEZEMOLO E IL TRENO ITALO

10 - TRICARICO IN FINMECCANICA, ORSI HA IL PERSONAL ADVISOR
da "Il Mondo" - In Finmeccanica tornano i consulenti dopo lo stop imposto dalle inchieste giudiziarie. Ad affiancare l'ad e presidente Giuseppe Orsi come personal adviser è arrivato il generale Leonardo Tricarico, già capo di Stato maggiore dell'Aeronautica. Tricarico troverà una sua vecchia conoscenza: al tenente colonnello in congedo Francesco Barontini, già suo portavoce in Aeronautica, è stata affidata la gestione della pubblicità. Novità anche nel settore delle comunicazioni. Andrea Nativi, direttore di Rid e collaboratore del Giornale e di Aviation Week, è diventato coordinatore del magazine del gruppo.

11 - LIBERALIZZAZIONI: NTV A FS, I DATI NON SONO UN'OPINIONE...
(ASCA) - Nuovo capitolo della ''querelle'' tra le Fs e Ntv sullo scorporo della rete ferroviaria. Dopo le dichiarazioni di ieri delle Fs, apparse sul loro sito internet e nelle quali si boccia l'analisi della societa' guidata da Luca Cordero di Montezemolo sulla validita' del modello inglese che appunto presenta un sistema ferroviario con la rete scorporata dalla compagnia di trasporto, Ntv risponde oggi a difesa dell'operato del proprio ufficio studi, sempre via on line sul proprio sito internet con position paper intitolato ''quando i dati non sono un'opinione''.

Giuseppe Orsi

In particolare, Ntv facendo riferimento all'ultima relazione di bilancio del gestore inglese Network Rail Limited evidenzia come i costi operativi hanno mostrato una riduzione complessiva in sette esercizi rdel 34,6%, corrispondente a una riduzione media annua del 5,9%. Al termine dell'analisi, il position paper di Ntv termina affermando che ''la questione puo' finire qui. Adesso (Berlino: ADN1.BE - notizie) tocca alla nuova Authority, che potra' fare valutazioni certamente piu' approfondite. Ci auguriamo che sia messa in grado di operare il piu' presto possibile''.

 


ROMA AL SUO PEGGIO PER IL SUO SARTO PIU’ GENIALE E RIVOLUZIONARIO, ROBERTO CAPUCCI

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Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo
Paola Pisa per "Il Messaggero"

ROSSELLA SENSI

«Per me la donna è una dea. Dicono che i miei vestiti rendano le donne inavvicinabili, è proprio quello che voglio, perchè le considero esseri divini. La Lupa capitolina è il premio più bello della mia carriera: sono nato a Roma, vivo a Roma e lavoro a Roma. Qui ho aperto il mio primo atelier. Mi sento romano al cento per cento e voglio dedicare questa Lupa alla mia città». E' commosso Roberto Capucci, uno dei più grandi sarti-artisti del mondo, quando in Campidoglio riceve il riconoscimento al suo lavoro, alla sua originalità, alla sua volontà di restare lontano dalla moda urlata e commerciale.

ROSELLA SENSI ROBERTO CAPUCCI E GIANNI ALEMANNO

«Oggi creo con la stessa emozione di quando avevo vent'anni. Non è cambiato nulla». Capucci inventa abiti da sogno, sculture da indossare meravigliose e inconfondibili, visioni artistiche in tessuto che hanno fatto il giro dei musei del mondo dal momento che, trent'anni fa, ha deciso di restare lontano dalle passerelle.

La sua carriera è costellata di successi internazionali, di riconoscimenti, di clienti altolocatissime. Sostenuta da una passione che non accenna a diminuire. Inizia poco più che ventenne, nel 1951 è a Firenze scelto da Giovanni Battista Giorgini tra i talenti italiani. Nel 1952 è alla Sala Bianca di Pitti con il primo nucleo del made in Italy. Poi arriva l'atelier in via Sistina, di seguito quello, storico e per sempre, di via Gregoriana. Intanto nascevano abiti rivoluzionari, come quelli «a banjo» e soprattutto quello «a scatola» che gli è valso l'Oscar della moda. Dior ha detto di lui che era uno dei geni italiani.

ROSELLA SENSI ILARIA FENDI

Una puntata a Parigi, atelier in rue Cambon, il ritorno in Italia, le sfilate, poi l'addio e i contatti con i musei. Esposizioni in Austria, Germania, Giappone, America. Tantissime in Italia. Un abito anche alla Biennale di Venezia. E poi la Fondazione, a Firenze, a Palazzo Bardini: in quella sede Capucci ha portato 450 abiti, 300 disegni, filmati, articoli. Roma, va detto, in quel momento (era il 2007) ha perso un treno. Firenze è stata più veloce nell'offrire una location a tanta spettacolare e mirabile arte sartoriale.

ROBERTO CAPUCCI GIANNI LETTA

«Se Roma mi dicesse che ha una sede per me tornerei domani stesso», dichiara il maestro che adora la Capitale. E chissà che una novità non arrivi nelle prossime settimane. E' stato Alemanno ieri a dichiarare: «Una Casa della moda a Roma ci sarà. La prossima settimana scioglierò la prognosi. Potrebbe essere a Villa Ada, mi sembra una ottima soluzione. Anche se c'è una sorta di rivolta da parte delle organizzazioni ambientaliste che rivendicano quei padiglioni».

ROBERTO CAPUCCI GIANNI ALEMANNO

I vestiti di Capucci, sembrano farfalle, fuochi, girandole, sono ricchi di plissè fittissimi, pieghe sapienti o drappeggi infinitesimali. Dieci, cento colori abbinati insieme in un solo modello con un gusto cromatico assoluto. Dovuto in gran parte dal suo amore per l'India e i numerosi viaggi in Oriente. La sua prima cliente fu Isa Miranda, poi arrivarono Doris Duranti e Elisa Cegani. Ha vestito Marilyn Monroe, Gloria Swanson, Jacqueline Kennedy, in speciali occasioni. Suo l'abito in velluto viola, verde scuro e rosso prugna, con cui Rita Levi Montalcini ha ricevuto il Premio Nobel a Stoccolma. Suoi i vestiti di scena di grandi cantanti d'opera, come Raina Kabaivanska.

MILENA VUKOTIC E MARITO

Capucci ha sempre dichiarato che Silvana Mangano è stata un po' la sua musa, per eleganza. discrezione, bellezza. Si sente onorata Silvia Venturini Fendi, presidente di AltaRoma e riconosce che il maestro «è un grande artefice di creatività, un uomo di coraggio». E' Valeria Mangani, vicepresidente di AltaRoma a tracciare la Capucci story. Sono presenti amici, addetti ai lavori, fans, tutti uniti in un enorme, affettuoso e ammirato, applauso.

MARISELA FEDERICI PADRE SIMEONE

 

LA PROCURA DI ROMA HA AVVIATO UN NUOVO FILONE DI INDAGINE SUI GIRI DI MONETA DI LUSI PER CAPIRE SE CI SONO COMPLICI

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Da "Corriere.it"

luigi lusi

Capire se altri esponenti della Margherita erano a conoscenza della spregiudicata gestione dei fondi da parte del tesoriere Luigi Lusi. Puntano anche a questo le indagini della Procura di Roma nell'inchiesta sull'ex tesoriere del partito che allo stato è l'unico iscritto nel registro degli indagati.

Renzo Lusetti

La procura ha infatti avviato un nuovo filone di indagine sulla vicenda Lusi per verificare se ci siano state altre appropriazioni illecite di fondi. Per questo motivo gli investigatori passeranno al setaccio i documenti contabili del partito. Il procuratore aggiunto Alberto Caperna ed il sostituto Stefano Pesci vogliono vederci chiaro ed accertare se la «prassi» di prelevare danaro dai fondi ricevuti dalla Margherita sotto forma di rimborsi elettorali nel periodo 2008-2011 sia stato un fatto circoscritto.

ENZO CARRA

Potrebbero essere sentiti come testi alcuni parlamentari: tra questi Renzo Lusetti, Enzo Carra e gli altri firmatari del ricorso presentato al tribunale civile della Capitale per impugnare la validità dei rendiconti della Margherita e riguardanti il periodo 2009-2010. «Il senatore Lusi non ha mai usufruito dello scudo fiscale per far rientrare in Italia i soldi della Margherita», ha intanto fatto sapere all'Ansa il suo avvocato, Luca Petrucci.

luca petrucci

 

L’IDV CONTRO LA SPECULAZIONE DEL SENATORE CONTI - EPPURE FU LUI A COMPRARE DA DI PIETRO LA SEDE DEL SUO PARTITO

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Chris Bonface per "Libero"

Con sprezzo del pericolo fra i primi ad attaccare a testa bassa il meraviglioso affare immobiliare compiuto dall'imprenditore-senatore-politico giramondo Riccardo Conti (ha aderito a tutti gli eredi dell'ex Dc, ora è nel Pdl), c'è stata l'Italia dei valori di Antonio Di Pietro. Porta la firma del presidente dei senatori Idv, Felice Belisario, infatti l'interrogazione urgente al ministro del Lavoro Elsa Fornero sull'acquisto da parte di Conti del palazzo dietro Fontana di Trevi per 26,5 milioni di euro, rivenduto la stessa giornata all'Enpap (ente di previdenza degli psicologi) per 44 milioni di euro.

ANTONIO DI PIETRO

Belisario - come si fa in queste occasioni - grida alla «scandalosa compravendita» e attacca diretto anche l'immobiliarista del secolo: «Spetterà alla magistratura valutare se aprire un'inchiesta, ma il comportamento del senatore Pdl Conti fa sorgere gravi sospetti».

Eppure Conti doveva essere ben noto all'Italia dei Valori. Non solo perché collega parlamentare, ma proprio come immobiliarista. È stato infatti lui nel non lontano 2007 a togliere le castagne dal fuoco a Di Pietro, in una delle rare occasioni in cui l'ex pm ha avuto problemi con il gruppo dirigente del partito. Fu infatti Conti ad acquistare con una transazione di cui non si sono mai rivelati i particolari l'immobile a Roma della Antocri srl interamente posseduta da Di Pietro dove aveva all'epoca sede il partito.

Il fondatore Idv più volte è stato criticato per mischiare un po' troppo vicende e affari personali con vicende e affari politici. Così è accaduto con l'Antocri, una società immobiliare che Di Pietro aveva costituito dedicandola ai tre figli (nel nome sono contenute le tre loro iniziali). Comprò da Marco Tronchetti Provera e da una società del gruppo Pirelli real estate un immobile a Milano e poi un immobile a Roma.

Fece un mutuo su entrambi i fabbricati (quello di Milano con terreno annesso) e di fatto si fece pagare le rate dei due mutui dal partito, cui affittò i locali per qualcosina in più di 50mila euro all'anno. Pochi sapevano però che le sedi erano di proprietà personale del fondatore, e la commistione di affari pubblici e privati non piacque. Indignato lui disse ai suoi: «Cercatevi un'altra sede!». E i suoi trovarono un immobile in affitto da Inarcassa dietro la Galleria Alberto Sordi. Così fu sciolto il contratto di locazione a Roma fra l'Antocri amministrata da Claudio Belotti e l'Italia dei Valori amministrata da Silvana Mura, ex moglie dello stesso Belotti.

RICCARDO CONTI

Tutto in famiglia. Di Pietro a quel punto aveva una ex sede di partito, quella nazionale, in via Principe Eugenio 31 a Roma di cui non sapeva più che fare. Cercò qualche inquilino, ma non lo trovò. Ne fece cenno in parlamento a qualche collega di altro partito. Fu così che spuntò Conti. Bastò una stretta di mano e il politico bresciano, che all'epoca stava nell'Udc di Marco Follini, acquistò da Di Pietro la ex sede di partito romana.

L'operazione fu fatta attraverso la immobiliare Estate Due srl, e in quel caso non si capisce bene chi abbia compiuto l'affare. Nel bilancio Antocri srl l'anno della vendita fu registrata solo una diminuzione delle immobilizzazioni materiali per circa 1,2 milioni di euro. E naturalmente scomparve il mutuo con la Bnl da 400mila euro, che probabilmente fu rilevato dal nuovo proprietario. Ma nessuna cifra fu registrata ad alcun titolo in bilancio, né di minusvalenza né di eventuale plusvalenza. A leggere le cronache odierne, è probabile che l'affare l'abbia compiuto Conti. Ma conoscendo anche l'abilità di Di Pietro per gli affari, è possibile anche l'esatto contrario.

 

GRILLO: "IO A SANREMO NON CI VADO ORA NEL 2012 E NON CI ANDRÒ MAI.E CHI LO SCRIVE È UNA MERDACCIA"

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1- ADRIANO CELENTANO A SAN REMO PER EMERGENCY
Beppe Grillo sul suo blog, beppegrillo.it

Adriano Celentano devolverà il suo cachet di 700.000 a Sanremo a Emergency. Grande Adriano e grande Gino Strada, Belin, gli ha dato il 6 milione per mille! I media si ricordano di me in due occasioni, per attaccarmi con l'uso sapiente di spargimerda e per Sanremo. In questo caso si annuncia e smentisce contemporaneamente la mia presenza. I telespettatori nel dubbio si collegano e aumenta lo share. Io a Sanremo non ci vado ora nel 2012 e non ci andrò mai. Nessuno mi ha chiesto di partecipare, nessuno ha posto un veto e chi lo scrive è un fellone. Si può dire fellone? Ma forse è meglio dire merdaccia, rende meglio l'idea.

VIGNETTA DI BENNY - BEPPE GRILLO BOMBAROLO


2- GRILLO: «IO SUL PALCO A SANREMO? NÉ ORA NÉ MAI»
IL COMICO SMENTISCE DAL SUO BLOG L'IPOTESI DI UNA PARTECIPAZIONE AL FESTIVAL IN COPPIA CON ADRIANO CELENTANO

Da "Corriere.it"

ADRIANO CELENTANO

In realtà durante la conferenza stampa di presentazione del Festival non erano stati dati dettagli sulle modalità di partecipazione del «molleggiato». Non era neppure stato precisato se la presenza di Celentano sarebbe stata solo per una o più sere, con conseguente variazione di compenso. Ma qualche organo di stampa aveva ipotizzato una possibile accoppiata tra il cantante e il comico, per un'iniziativa a sfondo benefico per gli alluvionati della liguria, e le indiscrezioni avevano finito col trasformarsi in possibilità.

Al punto che un membro del Cda della Rai, Antonio Verro, era arrivato ad esortare gli organizzatori a non pagare compensi così elevati per un solo artista e, in ogni caso, a non invitare Grillo. A dire il vero era stato lo stesso Clan, l'inner circle di Celentano, a smentire con un secco annuncio ogni ipotesi di accoppiata sul palco: «È destituita di qualsiasi fondamento l'ipotesi che Adriano Celentano stia progettando di portare Beppe Grillo al festival di Sanremo». Ora l'intervento di Grillo che mette una pietra tombale sull'ipotesi.

 

POLILLO IL PUPILLO - GIANFRANCO POLILLO, SOTTOSEGRETARIO TECNICO ALL´ECONOMIA: “SILVIO HA SALVATO LA DEMOCRAZIA”

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Antonello Caporale per "la Repubblica"

sab02 gianfranco polillo signora

Gianfranco Polillo, parlando da tecnico, ha spiegato nella trentina di apparizioni televisive del periodo dicembre-gennaio, i giorni della sua iniziale attività, due-trecento cosette sul mondo. Polillo, per chi non lo sapesse, è professore di economia e sottosegretario all´Economia.

Ieri ha aperto il cuore agli ascoltatori della Zanzara, talk di Radio24. Ha parlato di Berlusconi e nell´ordine ha tecnicamente riferito che: è un «perseguitato» e «ha salvato la democrazia», e senza di lui saremmo ancora sotto la dittatura del soviet di Achille Occhetto. «E nemmeno Al Capone» è stato così preso di mira dai giudici, ha aggiunto. E comunque, malgrado gli attacchi, i veleni eccetera, il suo comportamento è stato impeccabile.

SILVIO BERLUSCONI

Statista vero, si è comportato con un tale «senso di responsabilità» che l´Italia gli dovrebbe essere grata, anche un po´ devota. «Al Paese ha dato tanto», ha infatti dichiarato Polillo. In misura sufficiente, secondo lui, per essere eletto al Quirinale: «Mi auguro che possa fare il presidente della Repubblica, perché no? Io lo stimo, al Paese ha dato tanto». Polillo è fatto così. Dice quel che pensa e mette sul piatto le cose così come le pensa. Ed è bello così.

Infatti lui era consigliere economico di Fabrizio Cicchitto e, prima che Berlusconi naufragasse, viaggiava sempre tra le seconde linee. Polillo supervisionava - da tecnico - la linea economica del partito, ne costruiva i pilastri e li consegnava - spillandoli nella cartellina - al presidente del gruppo e suo caro amico. Il problema, e forse anche per questo si è giunti alla drammatica crisi di novembre, è che i consigli di Polillo non hanno mai raggiunto Giulio Tremonti.

FABRIZIO CICCHITTO

E´ un fatto che il governo è naufragato, ed è un altro fatto che Tremonti non ha mai chiesto aiuto a Polillo. Ma dal male nasce sempre il bene. Polillo, saputo che al posto del suo Berlusconi c´era un tecnico, un collega dunque, ha consegnato a Cicchitto «il curriculum» spiegandogli che se la sarebbe sentita di fare ogni cosa. Cicchitto ha portato il curriculum a Monti, e Monti ha chiamato Polillo nella task force di via XX Settembre. «E poi, scusate, non c´erano altre persone con la mia esperienza nel campo della finanza pubblica, diciamo la verità...».

FORNERO PENSOSA

Da fine novembre a ieri Polillo ha trascorso più tempo fuori che dentro il ministero in ragione del fatto che le sue opinioni sono richieste e tutto l´esecutivo sembra invogliarlo a proseguire nella proiezione pubblica: «Monti ci ha chiesto di intensificare le presenze in tv». Quindi lui ci è andato e ci andrà: «Io prezzemolino? Non me la tiro. Mi secca dire di no, sembra quasi che abbia voglia di nascondere qualcosa».

Invece non nasconde nulla, ed è vero. Ha detto pure che la collega Fornero è un ministro che fa zampillare le lacrime manco fosse una fontana, che il referendum sull´acqua è un mezzo imbroglio e tante altre cose ancora. Lui parla. «Berlusconi potrebbe essere nominato senatore a vita, cosa ci sarebbe di male? Ne hanno nominati tanti... in fin dei conti di cosa è incriminato?». Il Pd protesta, il Pdl applaude. E la segretaria appunta felice le telefonate: «Tanti giornalisti lo stanno cercando. Stia tranquillo, il professore richiamerà».

 

FUORI C’È LA SIBERIA?TUTTI CHIUSI IN CASA DAVANTI ALLA TV!-BOOM DI ASCOLTI:QUASI 8 MLN PER SUOR ELENA SOFIA RICCI(25,2%)

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Mattia Buonocore per "www.davidemaggio.it"

ELENA SOFIA RICCI

PRIME TIME - L'ultimo appuntamento con la fiction di Rai1 Che Dio ci aiuti con Elena Sofia Ricci è in testa nel prime time di ieri con 7.848.000 telespettatori e il 25.18% di share nel primo episodio e 7.449.000 con il 27.72% nel secondo. Su Canale5 il film Robin Hood ha radunato davanti al video 3.948.000 telespettatori e il 14.35%.

Su Rai2 la seconda puntata de L'Isola dei Famosi 9 è stata seguita da 3.242.000 telespettatori con il 12.67% (presentazione al 6.74% - a.m. 2.130.000) mentre su Italia1 Le Iene Show conquista il 13.41% di share con 3.358.000 telespettatori. Su Rete4 Bones sigla il 4.25% con 1.277.000 telespettatori e su Rai3 il film K-19 arriva al 3.88% con 1.148.000 telespettatori. Su La7 Piazzapulita ha registrato il 4.13% con 990.000 telespettatori.

GIULIANONE FERRARA

ACCESS PRIME TIME - Due milioni di spettatori dividono Greggio e Frizzi. Su Canale 5 Striscia la notizia conquista 7.613.000 telespettatori e il 24.44% superando I Soliti Ignoti di Fabrizio Frizzi che si ferma a 5.533.000 telespettatori con il 17.7% di share. Su Rai1 dopo il telegiornale, Qui Radio Londra con Giuliano Ferrara si ferma al 15.62% con 4.754.000 spettatori. Su Italia 1 CSI registra il 6.43% di share con 1.958.000 spettatori e su Rete 4 Walker Texas Ranger sigla il 5.82% con 1.800.000 individui. Su Rai 3 Blob è stato seguito da 1.784.000 con il 6.27% mentre Per ridere insieme con Stanlio e Ollio da 2.250.000 per uno share del 7.56%. Un posto al sole conquista l'8.19% e 2.530.000 spettatori. Su La 7 Otto e mezzo registra il 5.89% e 1.828.000 telespettatori.

MICHELE SANTORO

PRESERALE - Cresce ancora il daytime de L'Isola. L'Eredità di Carlo Conti è stata seguita su Rai1 da 4.836.000 telespettatori e il 22.52%, che diventano 6.034.000 e il 23.29% nella ghigliottina. Per The Money Drop con Gerry Scotti i telespettatori sono stati 4.472.000 con il 19.25% (presentazione al 15.16% con 2.903.000), con 4.977.000 e il 19.59% nel segmento finale.

Su Italia 1 Studio Sport raduna 1.077.000 telespettatori (5.14%) e subito dopo Provaci ancora Gary segna il 3.27% con 788.000 spettatori mentre I Simpson ottiene 1.595.000 telespettatori e il 5.74% di share. Su Rai 2 Numbers cattura 900.000 telespettatori con il 4.40% mentre il daytime dell'Isola dei Famosi ne conquista 2.112.000 con il 7.53% (L'isola dei Famosi Oggi al 5.29% con 1.294.000 telespettatori). Tempesta d'amore su Rete 4 raduna 1.948.000 telespettatori con il 7%. Su La7 G'Day arriva al 3.29% con 804.000 individui.

SECONDA SERATA - Vespa si ferma al 12.56%. Su Rai 1 Porta a Porta ha registrato 1.324.000 telespettatori con il 12.56%. Su Italia1 Nikita incassa il 12.44% con 839.000 telespettatori nel primo episodio e il 14.10% con 530.000 nel secondo mentre su Rete4 gli ultimi due episodi di The Pacific arrivano al 3.20% di share con 452.000 telespettatori.

FRANCESCO RUTELLI

TELEGIORNALI: (edizioni meridiana e della sera in migliaia):

TG1: 4.602 - 22.75% (ore 13.30) / 6.485 - 22.58% (ore 20.00)
TG2: 3.247 - 17.57% (ore 13.00) / 2.780 - 9.09% (ore 20.30)
TG3: 2.262 - 12.25% (ore 14.20) / 3.133 - 14.60% (ore 19.00)
TG5: 3.984 - 21.25% (ore 13.00) / 6.075 - 21.17% (ore 20.00)
STUDIO APERTO: 3.242 - 21.29% (ore 12.25) / 1.743 - 9.57% (ore 18.30)
TG4: 526 - 5.73% (ore 11.30) /1.247 - 5.72% (ore 18.55)
TGLA 7: 1.103 - 5.44% (ore 13.30) /2.666 - 9.22% (ore 20.00)

CORRADO FORMIGLI


TV: ASCOLTI, OLTRE 1,6 MLN PER 'SERVIZIO PUBBLICO'...
(Adnkronos) - La puntata di 'Servizio Pubblico' di Michele Santoro che ha ospitato il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, e' stata vista da 1.632.000 spettatori raggiungendo uno share televisivo del 6,11%. L'ascolto aggrega i dati del network di tv areali che trasmette il programma, oltre a Cielo e SkyTg24 ma non conteggia invece coloro che seguono il programma in diretta streaming sul web. Ieri comunque, con i soli dati televisivi, il programma multipiattaforma si e' piazzato davanti a Rai3, Retequattro e La7. La media di servizio pubblico nelle dodici puntate andate finora e' stat del 7.91%.

MALGIOGLIO SULL'ISOLA DEI FAMOSI

 

I SOCI DI RCS SONO DIVISI SULLA RICAPITALIZZAZIONE E TRABALLANO IL CDA E LA DIREZIONE DEL CORRIERE

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Gaia Scacciavillani per "Finanza & Mercati"

Antonello Perricone

Tensione sempre più alle stelle in via Solferino, con i grandi soci di Rcs che hanno focosamente, ma finora informalmente, aperto il dibattito sulla ricapitalizzazione per sanare la questione spagnola. Mentre sotto di loro le redazioni sono in fermento e, nel mezzo, i vertici dell'azienda e la direzione del Corriere della Sera traballano.

O, almeno, questo è quanto trapela dal gruppo editoriale dove mercoledì si sarebbe consumato un duro scontro tra azionisti sull'eventuale aumento di capitale, che i più rampanti sarebbero pronti a sottoscrivere chiudendo la questione una volta per tutte; mentre i più conservatori non intendono arretrare dalle proprie posizioni.

0rep vittorio colao

Tutta colpa della crisi, che ha portato alla luce le debolezze dell'operazione Recoletos del 2007, all'epoca salutata con grida di giubilo e oggi ritenuta fonte di tutti i mali. Anche se per qualcuno è stata un buon affare. Per esempio per Jaime Castellanos, all'epoca dei fatti presidente e azionista di Recoletos, oltre che numero uno di Lazard a Madrid. E, soprattutto, cognato acquisito di Emilio Botin, numero uno del Santander che in quegli anni aveva forti interessi in Italia, che spaziavano da Generali a Mediobanca passando per Capitalia. Tutti pattisti di Rcs.

E la cui figlia, Ana, attraverso Banesto, a fine 2004 aveva finanziato l'acquisizione di Recoletos da parte dello zio, partecipando all'operazione. Anche lei, col passaggio in mani italiane della casa editrice, deve aver festeggiato il rientro di tutti i crediti prestati, mentre Castellanos brindava a una plusvalenza che qualcuno, come il quotidiano catalano El Confidencial, ha stimato in 350 milioni di euro, contro i circa 150 milioni calcolati da analisi più prudenti.

GERARDO BRAGGIOTTI

Un vero e proprio goal, sottolineava in ogni caso il giornale spagnolo ricordando che il profitto era stato realizzato in soli due anni. Qualcosina è andata anche agli advisor di Rcs che, vale la pena ricordarlo, furono Mediobanca e Banca Leonardo, con quest'ultima
Antonello Perricone fresca di passaggio nelle mani dell'ex numero uno dell'm&a europeo di Lazard, Gerardo Braggiotti.

I documenti di allora parlano di poco più di 10 milioni di euro spartiti fra i due. Non c'è traccia, invece, dei nomi delle banche che in pool avevano concesso all'editrice le linee di credito per 750 milioni, utilizzati da Rcs per prestare all'altra controllata spagnola, Unedisa, la somma necessaria per l'acquisizione da 1,1 miliardi (debiti inclusi) e che ora Unidad Editorial sta restituendo con interessi crescenti e sempre più a fatica.

ALBERTO NAGEL

Tra gli indiziati un altro dei grandi soci di Rcs, Intesa Sanpaolo, che - stando al bilancio 2010 dell'editrice - risulta titolare del 41,2% dei debiti finanziari non correnti di Rcs pari a 352,9 milioni, mentre un'altra piccola fetta, 18,7 milioni, era in capo a Mediobanca.

Non è andata male neanche a Vittorio Colao, la cui uscita da Rcs viene da alcuni imputata proprio al fatto di non essersi voluto imbarcare in Recoletos: accompagnato all'uscio con con una buonuscita di 4,8 milioni e un bonus di quasi un milione. Cifra tonda, invece, per il suo successore Antonello Perricone, che portò a termine l'operazione poco dopo l'insediamento, incassando un premio da 1 milione. Ma ora, allo scadere del mandato, dovrà far quadrare i conti.

Emilio Botin

 


LE INSURREZIONI BARBARESCHE - PROTESTE-RAI: 948 MILA € DI ANTICIPO INVECE DI 300 MILA PER LA FICTION DI LUCA BARBARESCHI

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Paolo Conti per il "Corriere della Sera"

Van STRATENLUCA BARBARESCHI

«Ma perché la fiction di Barbareschi deve avere un'attivazione, cioè un anticipo, di 948 mila euro quando, di solito, la Rai non supera quota 300-400 mila?» Con questa domanda, ieri in consiglio di amministrazione, il consigliere di centrosinistra Giorgio van Straten ha destato l'interesse del Consiglio dei sindaci, che ha ritenuto degna di analisi la contestazione e si è riservato di decidere.

Van Straten invierà la pratica anche al consigliere della Corte dei Conti, Luciano Calamaro, che dal settembre 2010 assiste ai cda Rai per seguire in tempo reale il flusso di spese Rai: ieri era assente e riceverà un'informativa.

FABRIZIO DEL NOCE

Si tratta della seconda serie di «Bentornato Nero Wolfe». La prima non è ancora andata in onda: da qui è partita la riflessione di van Straten subito dopo la relazione di Fabrizio Del Noce, direttore di Rai Fiction: perché assicuriamo alla società Casanova Multimedia di Barbareschi una cifra così alta di attivazione se nemmeno sappiamo se il prodotto, in termini di Auditel, ha funzionato? Sul sottofondo, come sempre avviene in Rai, c'è un nodo politico.

ANGELO MARIA PETRONI

Van Straten rappresenta il centrosinistra e Luca Barbareschi è deputato eletto nel Pdl, ora iscritto al Gruppo misto, e da sempre è uomo del centrodestra, ovvero della analoga maggioranza del Consiglio Rai, anche. Infatti Barbareschi contesta van Straten su quel piano: «Con disappunto e rammarico riscontro ancora una volta la polemica strumentale del consigliere van Straten, con critiche e accuse che vengono mosse solo in funzione di appartenenze a correnti politiche».

guglielmo Rositani

Barbareschi sostiene che la sua fiction è «di alta qualità» e che la quota di attivazione deve tenere conto «della lunga serialità e dell'onerosa acquisizione dei diritti internazionali. La cifra è proporzionale a questi fattori e non è una elargizione immotivata».

Ieri è stata giornata anche di polemiche politiche. Sia il consigliere nominato dal ministero dell'Economia Angelo Maria Petroni (che ha inviato una lettera a Sergio Zavoli, presidente della Vigilanza) che il suo collega Guglielmo Rositani, centrodestra (con una lettera a Mario Monti come ministro dell'Economia) hanno duramente contestato al presidente della Rai, Paolo Garimberti, di aver definito la Rai «ingovernabile». I due consiglieri sostengono che con le sue frasi Garimberti avrebbe «delegittimato i vertici Rai» e di aver «leso l'immagine dell'azienda».

LORENZA LEI

Sempre ieri circolava una voce, tra Palazzo Chigi e viale Mazzini, che non ha trovato conferme. Lorenza Lei avrebbe chiesto e ottenuto un incontro riservatissimo con Mario Monti per esporgli il pacchetto di nomine Rai prima dell'ultimo Consiglio. Monti si sarebbe limitato ad ascoltare senza esprimere alcun parere. Ma sono, appunto, solo voci.
Nel prossimo Consiglio si discuterà della richiesta, sempre di van Straten, di aprire un'indagine interna sul dossier presentato a suo tempo dal consigliere dimissionario Nino Rizzo Nervo sulle presunte violazioni del codice etico da parte del direttore generale.

 

JUVENTUS BRUCIATA-LA SOCIETÀ BIANCONERA NELLA MANI DEI RAMPOLLI DI FAMIGLIA:ANDREA AGNELLI,"JAKI"E MAGARI LAPO

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Gianfrancesco Turano per "l'Espresso"

andrea agnelli foto mezzelani gmt

È in libreria "Fuorigioco" di Gianfrancesco Turano, che racconta il potere in Italia attraverso dieci ritratti di presidenti di club di serie A. Ecco un estratto del capitolo su Andrea Agnelli, dalla primavera 2010 numero uno della Juventus. La squadra bianconera è campione d'inverno 2011-2012 dopo una serie di stagioni deludenti e forti perdite finanziarie.

La Juventus è una storia di famiglia. Nessuna squadra in serie A e nessun club di primo piano al mondo hanno un legame così antico con la proprietà. Gli Agnelli sono i padroni della società bianconera dal 1923. Circa novant'anni e parecchi scudetti dopo, alla guida della Juve c'è ancora un Agnelli, Andrea, unico maschio della sua generazione a portare il cognome del capostipite. Il trentaseienne presidente dello Juventus Football Club è un rappresentante del ramo cadetto della famiglia.

Questa situazione ha una conseguenza sostanziale sulla gestione del club: per finanziare la Juventus - com'è accaduto con l'aumento di capitale da 120 milioni di euro deciso a giugno del 2011, dopo quattro anni di disastri sportivi e finanziari - Andrea Agnelli deve avere l'autorizzazione del cugino John, detto "Jaki", più giovane di quattro mesi. E magari anche quella di Lapo, tifoso appassionato. La Juventus dunque non è solo una storia di famiglia, ma è la storia di un rapporto dialettico, spesso di contrapposizione, fra due gruppi. Da una parte l'Avvocato e adesso i suoi nipoti. Dall'altra il Dottore, Umberto, e adesso i suoi figli.

John Elkann

Guidare la Juve con successo è considerata la premessa per guidare il gruppo Fiat con successo. Anche perché la Fiat è stata per decenni l'azionista diretto della squadra, prima di passare il controllo alle finanziarie Ifi-Ifil, sparite nel 2009 per essere incorporate da Exor, attuale proprietaria dei bianconeri con il 60 per cento e della Fiat con il 30 per cento.

Nei vari riassetti del potere familiare guidare la Juve è rimasto il rito di passaggio per eccellenza, che solo per l'ultima generazione è stato affiancato da un periodo alla catena di montaggio sotto anonimato in mezzo agli operai italiani o polacchi. È un classico: il principe gentile si traveste da plebeo per conoscere e alleviare le sofferenze del suo popolo. La Juve no, non c'entra con la gentilezza. Alla Juve bisogna vincere e basta, vincere comunque. O il popolo si inquieta.

Gli equilibri di potere attuali sono la conseguenza del trauma del 2006 quando, al termine del processo sportivo di Calciopoli, la Juventus è finita per la prima volta in serie B per illecito sportivo a causa delle operazioni dietro le quinte di Giraudo, amministratore delegato e azionista del club con il 3,6 per cento, e di Luciano Moggi, direttore generale.
Dopo il ritorno in serie A, alla fine del 2009 i risultati sportivi sono stati giudicati insoddisfacenti. Il gruppo dell'Avvocato ha dovuto fare un passo indietro. Cobolli Gigli è stato ringraziato ed esonerato. Blanc lo ha seguito qualche tempo dopo con l'accusa di "incapacità" da parte di Andrea Agnelli.

LAPO ELKANN

Prima che il figlio di Umberto venisse eletto alla guida del club, per un periodo si è parlato di John Elkann alla presidenza. Ma Jaki è diventato presidente della Fiat in sostituzione di Luca Cordero di Montezemolo. L'importanza dell'incarico nella fase di integrazione con il gruppo Chrysler, le tensioni sindacali in fabbrica con i referendum sul contratto a Pomigliano d'Arco e a Mirafiori, infine la lunga lite sull'eredità del nonno che ha contrapposto la madre Margherita a due colonne portanti del gruppo come Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens, hanno dissuaso il giovane Elkann da un impegno diretto nel club di calcio.

Nel maggio del 2010 si è insediato Andrea, amatissimo dai tifosi perché Agnelli di fatto e di nome, ma soprattutto per il suo legame esibito con l'epoca in cui i bianconeri vincevano in campo e i dirigenti distribuivano agli arbitri schede sim svizzere e slovene per evitare che i colloqui più imbarazzanti fossero intercettati.

La nomina di Andrea, per una volta, non ha comportato una separazione così netta fra i due rami del potere familiare nella Juve. I due cugini, Andrea e Jaki, hanno moltiplicato le visite pastorali congiunte al centro sportivo di Vinovo dove la squadra si allena. Il loro intento è di mostrare la coesione della famiglia nei momenti di difficoltà sportiva ed economica, come dopo il bilancio 2010-2011, chiuso con una perdita record di 95,4 milioni di euro, la più grave nella storia del club. Una perdita in stile Moratti, con 141 milioni di euro investiti nel calciomercato in due anni.

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La governance della società di calcio riflette la cogestione Elkann-Agnelli. Quindi, d'accordo la cogestione del club e l'intesa cordiale fra i rami della famiglia, ma nell'accomandita, in fabbrica e in campo comandano gli Elkann. Al contrario di quanto predicava Enrico Cuccia, in casa Agnelli le azioni si contano e solo dopo, semmai, si pesano.

Nella spartizione delle responsabilità fra i cugini, Jaki segue le vicende delle fabbriche a Torino, Belo Horizonte, Detroit o Tychy, e magari spiega all'amministratore delegato Sergio Marchionne perché la Exor debba destinare 81 milioni di euro a Del Piero e compagni mentre nell'industria automobilistica gli investimenti si riducono e la battaglia globale per la sopravvivenza si gioca sulla pelle dei lavoratori.

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Macchine e pallone hanno in comune la caratteristica di essere capital intensive, cioè richiedono l'investimento di moltissimo denaro per essere efficienti e, magari, redditizie. È significativo che la famiglia Agnelli sia stata più volte tentata di cedere il settore auto mentre non ha mai parlato di vendere il club, sebbene negli anni il consumo di risorse economiche del calcio sia diventato abnorme.

Basti pensare che circa un quarto dell'ultimo finanziamento Exor alla Juventus (poco più di 18 milioni di euro sugli 81 dell'aumento di capitale) proviene dalla cessione, a metà del 2011, del palazzo di corso Matteotti 26 a Torino dove hanno vissuto Gianni con i fratelli e le sorelle e che, in seguito, è stata la sede del gruppo Fiat per decenni. Corso Matteotti, venduto con una considerevole plusvalenza, vale sette milioni in meno rispetto ai 25 milioni spesi per Diego, presunto campione brasiliano acquistato durante la gestione di Cobolli Gigli e rivenduto a 19 milioni.

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Il senso di appartenenza ha portato il presidente della Juventus a una contesa legale per recuperare lo scudetto cancellato nel 2005-2006. La riconquista della gloria passata è diventata importante quanto i campionati a venire ed è centrale nella gestione di Andrea.
La lotta per la restituzione dei titoli cancellati dalla giustizia sportiva è una battaglia nello stile della vecchia Juve, fatto di vittorie e arroganza. Il concetto di base della rivendicazione è che Calciopoli ha coinvolto tutti.

Del sistema avrebbe beneficiato anche l'Inter, che si è vista premiata con uno scudetto assegnato a tavolino, il primo vinto da Massimo Moratti. Andrea Agnelli ha affermato che le accuse rivolte al suo club erano infondate e che i fatti non sussistevano. "Semmai dovessero emergere comportamenti penalmente rilevanti sarebbero da ascrivere a Moggi personalmente". ha dichiarato il presidente. In altre parole, se Moggi non era un manovratore di arbitri, la Juve ha diritto agli scudetti.

Se lo era, la Juve ha diritto ugualmente agli scudetti perché la colpa delle manovre non è della Juventus ma di Moggi, una sorta di scheggia impazzita che agiva all'insaputa del suo diretto superiore (Giraudo, condannato per gli stessi reati di Moggi) e, a maggior ragione, degli azionisti. Agnelli ha poi aggiunto, riecheggiando un collega in rossonero, che la colpa di Calciopoli è dei giornali, perché "rivelare intercettazioni coperte da segreto è un reato".

Insomma, se i giornali non avessero denunciato che la procura federale stava dormendo sulle suddette intercettazioni, la procura avrebbe continuato a dormire, come hanno diritto di fare tutti gli enti stanchi, e l'Inter non si sarebbe impadronita di campionati altrui.

 

INTORTA-BORSE - I SOLDI DATI AI DEPUTATI PER ASSUMERE I PORTABORSE SPESSO FINISCONO NELLE CASSE DEI PARTITI

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Primo Di Nicola per "l'Espresso"

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Ci sono quelli che non ce l'hanno, come il deputato del Pdl Simone Baldelli, e che i soldi del fondo per il portaborse se li mettono direttamente in tasca: "Sono vicecapogruppo alla Camera e non ho bisogno di assistenti personali", spiega: "Se mi serve qualcosa, mi affido ai collaboratori che lavorano per il gruppo". Ci sono gli altri che invece ce l'hanno, li contrattualizzano, ma con compensi da fame. È il caso di Soaud Sbai, parlamentare del centrodestra eletta in Puglia, che di collaboratori ne ha tre, uno dei quali, Nicola Nobile, pagato appena 500 euro al mese.

E ci sono quelli, come il presidente della Camera Gianfranco Fini, già dotati di uno stuolo di segretari e collaboratori a carico del bilancio di Montecitorio, che non avendo bisogno di altri assistenti i soldi li destinano interamente al proprio partito: "Per un movimento politico nuovo come Futuro e Libertà", chiarisce, "è una risorsa importante visto che non percepisce neanche un centesimo di finanziamento pubblico".

Fausto Bertinotti

Ecco tre casi dalla giungla dei portaborse, assistenti, segretari, portavoce ed esperti dai titoli e incombenze tra le più strane e variegate, per i quali gli eletti ricevono ogni mese una ricca prebenda. Soldi in abbondanza, 3.690 euro per i deputati, 4.180 per i senatori (e vai a capire il perché di questa differenza) che dovrebbero consentire di stipulare contratti di lavoro regolari e soprattutto adeguatamente compensati. Invece, sia a Montecitorio che a Palazzo Madama le cose vanno in maniera del tutto diversa, con molti casi di lavoro in nero e compensi prossimi alla fame.

Una vera macchia per il Parlamento che Fausto Bertinotti, ex presidente della Camera, nel 2007 provò a cancellare imponendo ai deputati il deposito di regolari contratti per concedere agli assistenti gli ambiti accrediti e i relativi badge per l'ingresso al palazzo di Montecitorio. Risultato? Un clamoroso fiasco, visto che ad avere depositato i contratti con i portaborse sono stati solo 236 su 630. Un andazzo che, sotto la spinta delle lamentele e delle denunce di alcuni assistenti (vedi scheda a pag. 32) ha spinto l'ufficio del lavoro di Roma ad aprire un'inchiesta, acquisire documenti e contratti da Camera e Senato e a convocare gli stessi portaborse.

Gianfranco Fini

Le risultanze dell'ispezione dovrebbero arrivare entro tempi brevi, nel frattempo Fini e Renato Schifani, il presidente del Senato, hanno annunciato novità importanti sul trattamento degli assistenti che, sulla scorta di quanto succede al Parlamento europeo, a partire dalla prossima legislatura, grazie anche ad una apposita leggina, dovrebbero essere pagati direttamente dal Parlamento previo deposito dei regolari contratti. Ma sinora non si è visto niente.

La legge per i portaborse è ancora allo studio mentre l'unica cosa certa è che i parlamentari dovranno rendicontare al massimo il 50 per cento del fondo erogato dalle Camere. Sul resto tutto rimarrà come prima. Già, ma come sono andate sinora le cose? Come si regolano gli onorevoli con questo fondo? Lo utilizzano davvero per assumere un assistente? Che tipo di contratto scelgono e quanto li pagano? "L'Espresso" ha interpellato un centinaio di parlamentari. Non tutti hanno risposto. Le spiegazioni fornite offrono comunque uno spaccato interessante sugli usi e gli abusi del fondo per i portaborse.

Certo, sarebbe bello in epoca di invocata trasparenza, di tagli ai servizi e di grandi sacrifici richiesti ai cittadini, se i soldi stanziati per uno scopo preciso, come quello dell'assunzione di un assistente, venissero restituiti quando non sono utilizzati. Invece, ai vertici delle due Camere, tra coloro che si avvalgono di personale stipendiato direttamente dal Parlamento e che non hanno bisogno di altro personale (presidenti e vicepresidenti di Camera e Senato, segretari d'aula, questori, presidenti di commissioni, capigruppo), le cose vanno in maniera diversa.

RENATO SCHIFANI

Come nel caso del presidente del Senato Schifani che a "l'Espresso" spiega di dedicare ("Nel pieno rispetto dell'attuale disciplina", puntualizza) una parte del fondo "a tutte le iniziative politiche e culturali che il parlamentare assume sul territorio quale rappresentante della nazione", mentre un'altra parte, "mediante ritenuta diretta sul proprio conto corrente", viene dal presidente del Senato versata al Pdl. Come se i partiti non ricevessero già dallo Stato, attraverso i cosiddetti rimborsi elettorali, cifre da capogiro ad ogni tornata elettorale.

A MAL PARTITO
Sono infatti molti i parlamentari che destinano una parte del fondo alla forza politica di appartenenza. Gli eletti nel Pd e nell'Udc staccano ogni mese un assegno di 1.500 euro, 800 versano mediamente i parlamentari del Pdl, molto di più quelli della Lega. Spiega Massimiliano Fedriga, deputato del Carroccio: "Non ho un collaboratore a Roma, il servizio mi viene fornito dal gruppo parlamentare". E i soldi dei portaborse? Al partito, al quale versa circa 3 mila euro al mese, come tutti i colleghi lumbard. E non è finita. A Trieste, "dove sono coordinatore provinciale", aggiunge Fedriga, "usufruisco invece dei servizi di una società di comunicazione con una persona che mi segue e che rilascia regolare fattura".

BEATRICE LORENZIN

VIVA LA SCUOLA
Al partito, ma non solo. Confessa Beatrice Lorenzin, deputata berlusconiana del Lazio: "Ho un assistente parlamentare che pago a fatica. E la ragione è presto detta: con i soldi del plafond della Camera finanzio la mia scuola di formazione politica e molte attività sul territorio, per le quali sono arrivata persino a dover andare a comprare i gazebo all'Ikea. Comunque", aggiunge la Lorenzin, "il mio collaboratore ha un contratto co.co.pro che mi è stato indicato dagli uffici della Camera, dove l'ho anche depositato". Il compenso? "Prende sui mille euro al mese, più bonus".

Neanche Linda Lanzillotta, esponente dell'Api rutelliana spende tutto il fondo disponibile per pagarsi il portaborse. Attualmente, Lanzillotta dice di avere una giovane assistente, con contratto a tempo determinato e contributi previdenziali pagati. Sul trattamento economico non aggiunge di più anche se, afferma, "certamente non spendo tutto il contributo per l'assistente". Dove finiscono allora gli altri denari? Una parte, afferma, va all'attività di "documentazione ed elaborazione per il lavoro parlamentare"; il restante all'associazione Glocus di cui è presidente.

ANDREA RONCHI

SULLA CRESTA DELL'ONDA
Simone Baldelli non è il solo a mettersi in tasca tutti i soldi dei portaborse. A fare la cresta ci sono anche altri personaggi molto conosciuti. Come Andrea Ronchi, ex ministro per le Politiche comunitarie, da poco riapprodato nel Pdl: "Non ho collaboratori, faccio tutto da me", giura: "La mia attività è prevalentemente di livello europeo, investo in viaggi legati all'attività politica". O della levatura di Angelino Alfano. Il segretario del Pdl ha due collaboratori storici, un segretario particolare e una portavoce. Fino a qualche mese fa, cioè sino a quando è stato ministro della Giustizia, i due erano pagati direttamente dal ministero.

Diventato segretario del Pdl, sono invece passati a carico del partito. Quando divenne Guardasigilli, inoltre, Alfano annunciò anche la chiusura del suo storico ufficio di Agrigento: "Per non rischiare contatti con ambienti strani", disse. Morale: senza spese sul territorio e con i collaboratori pagati prima da via Arenula e poi da via dell'Umiltà, Alfano ha potuto intascarsi comodamente l'intero ammontare del fondo.

ALFANO

ALLA FAME
Anche quando va bene, cioè nei casi in cui contrattualizzano i portaborse, deputati e senatori non si rivelano però molto generosi. Rita Bernardini, deputata radicale che negli ultimi anni ha fatto le pulci al bilancio della Camera denunciandone sprechi e spese pazze , dice di avere due contratti depositati alla Camera. Uno di consulenza con l'avvocato Alessandro Gerardi, pagato 1.200 euro lordi, che per un legale non è certo un granché; l'altro, a progetto, con Valentina Ascione, compensata addirittura con meno: appena 900 euro lordi mensili. "Ma è tutto in regola", spiega l'onorevole, che rivela di aver superato brillantemente l'esame dell'Ispettorato del lavoro a cui ha inviato i contratti. Ciononostante, non prende bene l'intrusione de "l'Espresso": "Ma perché non chiamate anche chi fa battaglie sulla legalità e poi non ha nessun collaboratore?".

CARISSIMA MOGLIE
Molto generoso con i portaborse è invece il senatore del Pdl Lucio Malan che alle due persone assunte nella propria segreteria in questa legislatura devolve in pratica l'intero importo del fondo per gli assistenti. Ma la ragione c'è: una, Maria Termini, è la moglie; l'altra, Ilenia, è la nipote dell'amata consorte. Ma per carità, nessuno scandalo a sentire Malan, che si giustifica dicendo di avere assunto la signora nel 2006 su richiesta del gruppo parlamentare di Forza Italia di cui era dipendente. Volendo il gruppo sfoltire i ranghi, aveva chiesto ai propri senatori di assorbire qualche segretaria. Malan ha preso la consorte ("Bravissima") e successivamente, la di lei nipote, di cui ha sempre rivendicato la grande professionalità

NICCOLO GHEDINI

PORTABORSE-SHARING
E poi dicono che i parlamentari non hanno fantasia. Per risparmiare, in molti si sono inventati il portaborse-sharing, l'assistente condiviso. A illustrare l'innovazione è il senatore democratico Roberto Della Seta che racconta di avere due contratti depositati. Uno con una collaboratrice in esclusiva, Sonia Pizzi; l'altro con Daniele Sivori, collaboratore a metà con il collega Francesco Ferrante, eletto in Umbria.

Entrambi gli assistenti hanno un contratto a tempo determinato fino alla scadenza della legislatura, spiega Della Seta. Quanto al guadagno, portano a casa appena mille euro lordi al mese. Davvero poco, considerando che nel caso della Sivori lo stipendio è pagato a metà dai due senatori.

VIRTUOSI
Sono quelli che affermano di impiegare le risorse erogate dalle Camere interamente per il portaborse. Qualcuno, anzi, fa di più. Ermete Realacci, storico ambientalista democratico, ha due collaboratori contrattualizzati, Matteo Favaro e Francesca Biffi. La somma dei loro compensi, parola dell'onorevole, sarebbe addirittura superiore a 3.600 euro lordi. "Esattamente, spendo di più di quello che mi danno alla Camera". Realacci ha poi un altro giovane che lavora per lui a Pisa, suo collegio elettorale: a costui vanno invece solo 300 euro netti al mese.

Anche Barbara Pollastrini ha due collaboratori con regolare contratto a progetto. Uno dei due, Ettore Siniscalchi, giornalista, spiega che l'onorevole versa 1.300 euro netti a ciascuno di loro. Calcolando tutti i costi, compresi quelli contributivi, i due assistenti finiscono per far spendere alla Pollastrini più dei 3 mila 600 euro erogati per i collaboratori dalla Camera: "Proprio così", dice Siniscalchi, "l'onorevole ci rimette".

MICHAELA BIANCOFIORE

CI VUOLE L'AVVOCATO
Veri maestri nell'arte di arrangiarsi con i portaborse sono gli avvocati-parlamentari, anche quelli di grido. Tra questi, il senatore Piero Longo, con Niccolò Ghedini storico difensore di Silvio Berlusconi. "Certo che ce l'ho", dice Longo: "Il mio collaboratore parlamentare è una collega di studio, l'avvocatessa Anna Desiderio". Una collega di studio? "Non c'è niente di strano, il rapporto è passato al vaglio della commissione del Senato ed è stato ritenuto congruo", spiega Longo senza fornire altre spiegazioni su questa fantomatica "commissione".

Aggiunge il senatore: "A fine mese la collega rilascia regolare fattura anche per l'attività di mia assistente parlamentare. Lavora a Padova, non è necessario che venga a Roma, non mi serve ancora che mi si porti la borsa. Lei deve tenere i rapporti politici con la base e fungere da segreteria politica".

Altro caso da manuale quello di Pierluigi Mantini, deputato eletto nel Pd ma passato all'Udc, professore universitario e avvocato residente a Milano. Mantini confessa con candore di avvalersi, per la sua attività parlamentare, dei ragazzi del suo studio legale. Li tiene a progetto o a partita Iva, dice. Sui dettagli, a cominciare dagli importi dei compensi, preferisce sorvolare, inutile insistere: "Scusatemi, non ho tempo, sono in palestra". Beato lui.

DESAPARECIDOS
Sono i parlamentari che, agganciati telefonicamente, accettano a malincuore di rispondere cercando comunque di tagliare la conversazione con vaghe promesse di continuare successivamente. Qualche caso: Ignazio Abbrignani, deputato del Pdl: "Ho un collaboratore con contratto depositato". Tipo di contratto? Retribuzione? "Non lo so, se ne occupa il mio commercialista. Glielo chiedo, la richiamo". Entro breve? "Sì sì, certamente...". Stiamo ancora aspettando.

Peppino Calderisi, ex radicale, eletto nelle liste del Pdl: " Sono impegnato...", "richiami...". Lo abbiamo fatto, non ha più risposto. Colomba Mongiello, senatrice democrarica: "Sono nel traffico, richiamatemi". Dopo più di un'ora il telefono squilla ma la senatrice nemmeno risponde. Michaela Biancofiore, altra berlusconiana. Dice di avere un collaboratore nel collegio di Bolzano, con un contratto a tempo indeterminato. Non dice il nome, né la retribuzione: "Non lo vengo certo a a dire a voi quanto pago i miei collaboratori". E a Roma, com'è organizzata? "Sto per fare un contratto ad un assistente". Di che tipo? "Non ho tempo, arrivederci...".

 

IL GIOCA JOUER DI COSTA CROCIERE-SVUOTARE.SPOSTARE.ROTTAMARE.NON INQUINARE,AL VIA IL BALLETTO DELLE CIFRE SULLA CONCORDI

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Maurizio Maggi per "l'Espresso"

Nave costa concordia

Potrebbe costare anche 200 milioni di euro, ci vorrà almeno un anno di tempo dall'inizio dei lavori e saranno impegnati senza sosta oltre 200 specialisti soltanto nelle squadre di demolitori/recuperatori, senza contare cioè gli addetti ai pontoni, ai rimorchiatori e i guardiacosta. Liberare l'isola del Giglio dalla megacarcassa della Concordia incagliata sulle rocce dal 13 gennaio sarà un'impresa complicata e onerosa. Sul tappeto ci sono tre ipotesi: tappare le falle e rimorchiarla; tappare le falle, asportare alcuni ponti superiori e rimorchiarla; farla a pezzi sul posto.

NAVE

"Il primo scenario è il più allettante ma anche il più difficile da realizzarsi, visto che c'è poca acqua sotto la nave e ciò rende problematico poter applicare eventuali cassoni di spinta. Il terzo scenario è sicuramente il più devastante; segarla sul posto, con le catene o con le fiamme ossidriche, e il più pericoloso per l'ambiente, perché potrebbe finire in mare di tutto", sostiene Vincenzo Ruggiero, ex ufficiale della Marina, già docente di ingegneria navale a Genova, dov'è titolare di uno studio navale, e consulente per il ministero dell'Ambiente e della Protezione civile nei principali casi di recupero relitti della storia recente, dal naufragio della Seagull nel canale di Sicilia (1974) all'asportazione delle ultime 100 tonnellate di gasolio ancora imprigionate nella petroliera Haven nel golfo di Genova (tre anni fa).

nave

"Solo per rimuovere quel carburante ci vollero 5 milioni di euro: nella Concordia il gasolio è 25 volte tanto, e questo già fa capire a che tipo di spesa andiamo incontro", aggiunge il super-esperto. Ruggiero è convinto che l'opzione intermedia sarebbe la più semplice: "Dopo aver tamponato le falle, si tagliano e si asportano 6-7 dei 18 ponti della nave, quelli più facili da raggiungere, si riporta l'imbarcazione in posizione di galleggiamento e la si porta via".

NAVE CONCORDIA

Ma chi sceglierà il sistema per rimuovere la nave? La Costa sta predisponendo il capitolato per la ciclopica opera e le poche società specializzate al mondo affilano le armi: sarà la vincitrice della gara a fare la proposta, che dovrà poi essere accettata dal comitato tecnico-scientifico creato dalla Protezione civile per monitorare passo passo la vicenda. In prima fila c'è l'olandese Smit Salvage.

Rappresentata in Italia dalla Cambiaso Risso di Genova, la Smit già si è occupata, insieme alla Neri di Livorno, di mettere in sicurezza la Concordia e, in 28 giorni lavorativi continuativi (condizioni meteo permettendo) dovrà svuotare i serbatoi di gasolio della nave da crociera. Dice papale-papale il capo delle operazioni Smit, Max Iguera: "È il più grosso caso di recupero della storia: chi sarà incaricato avrà un'enorme visibilità. Se ce la farà, entrerà nella leggenda. Se le cose dovessero non filare per il giusto verso, si brucerà".

NAUFRAGIO CONCORDIA LE SCIALUPPE INCLINATE

Negli uffici della Titan di Jacksonville, in Florida, così come in quelli di Copenaghen della Svitzer (che appartiene al colosso danese Maersk) e dell'altra americana Resolve Marine di Fort Lauderdale, sempre in Florida, frotte di ingegneri fanno notte sfornando calcoli e simulazioni per prepararsi alla tenzone. Un drappello di uomini della Titan è arrivato in avanscoperta sui moli del Giglio a pochi giorni dal naufragio.

Su richiesta del capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, che è anche il commissario per l'emergenza Concordia, il costruttore della nave, la Fincantieri, e il Rina, il registro navale, hanno dichiarato che l'imbarcazione, sdraiata sul lato sinistro, è da considerarsi stabile se non intervengono eventi meteo straordinari. Quindi, incrociando le dita, il dibattito si va concentrando sulle modalità di rimozione dell'ex condominio navigante.

NAVE CONCORDIA

Anche se è impossibile azzardare cifre precise sull'impegno economico necessario, le stime degli addetti ai lavori ballano tra i 100 e i 200 milioni, con la sensazione che si andrà a finire nella parte più alta della forchetta. Se la Costa stabilirà che la Concordia, una volta messa nelle condizioni di essere rimorchiata, dovrà comunque essere destinata alla rottamazione, che ne sarà della ex regina dei mari?

"Sarà probabilmente trasportata sulle spiagge di Vietnam, Bangladesh o India. Non esistono cantieri demolitori per navi di queste dimensioni, in Italia", dice ancora Ruggieri. Nell'indiana Alang Bay, vero e proprio cimitero per relitti navali, e in molte altre zone del Far Est che si sono "specializzate" nel business le norme di sicurezza e igiene sono naturalmente assai più lasche di quelle europee.

NAVE CONCORDIA

Pure per Paola Gualeni, docente di Statica della nave dell'Università di Genova, andrebbe evitata la demolizione sul posto. In ogni caso, ritiene che l'operazione richiederà un impegno ingegneristico di altissimo livello. "Ora il peso della nave non è sostenuto solo dalla cosiddetta "spinta di Archimede" ma anche dalla reazione di incaglio. Dopo averla liberata dal gasolio e dopo aver rattoppato le falle, andrà sollevata per far sì che riprenda a galleggiare. Con i palloni o con le gru, o saldando dei cassoni al lato che è fuori dall'acqua. Sarà comunque una sfida complicata, perché le sue condizioni di equilibrio si modificheranno continuamente.

Le tecnologie per portarla a termine ci sono, pensi alle gru impegnate nelle piattaforme offshore e capaci di sollevare migliaia di tonnellate, ma tutto va calcolato con la massima precisione". E senza quindi farsi forzare dalle naturali pressioni degli abitanti dell'isola, ovviamente per nulla felici di convivere per almeno dodici mesi con la Concordia sdraiata sotto costa.

IL PREFETTO FRANCO GABRIELLI

Ammesso che la lunga opera di pompaggio delle 2.300 tonnellate di gasolio fili per il verso giusto, intanto, ci si continua a preoccupare per le altre sostanze ancora a bordo, molte delle quali sicuramente inquinanti. "Come la tonnellata di candeggina, che a contatto con l'acqua di mare forma i tramoletani, sostanze che in alcuni casi possono rivelarsi cancerogene anche per l'uomo, mentre i 600 chili di grassi per la manutenzione dei motori, depositandosi sul fondo, causerebbero una carenza d'ossigeno per i pesci", sottolinea Vittoria Polidori, responsabile della campagna Toxics dell'associazione ambientalista Greenpaeace.

Sulla Concordia c'erano anche 50 litri di insetticidi e molti detergenti concentrati, che a contatto con l'acqua possono divenire assai dannosi. Senza dimenticare i rifiuti hi-tech: computer, cellulari, modem, stampanti. "Tutta roba ricca di pvc e ritardanti di fiamma a base di bromo, capaci di effetti altamente nocivi per la tiroide e il sistema nervoso dell'uomo". Un motivo in più per sperare che la Concordia non venga sbriciolata davanti al Giglio, con l'inevitabile spargimento di veleni nelle azzurre acque della perla (a rischio) del Tirreno.

 

LA MERKEL VA A PECHINO PER CONVINCERE LA CINA A SGANCIARE MONETA PER IL FONDO SALVA STATI EUROPEO

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Paolo Salom per il "Corriere della Sera"

LA MERKEL A PECHINO cina

Per ora è solo una promessa. «La Cina - ha detto il premier Wen Jiabao, seduto accanto alla tedesca Angela Merkel - valuterà come sostenere l'Europa» alle prese con la crisi del debito sovrano che, comunque, «va risolta urgentemente». Nessun impegno finanziario concreto, nessuna cifra, anche se è stata ribadita «la nostra fiducia nell'euro». Con l'assicurazione che Pechino è pronta «a studiare come sostenere il Fondo salva Stati Efsf e il Meccanismo europeo di stabilità (Esm, attivo dal prossimo luglio, ndr)».

MERKEL

Arrivata ieri mattina alla testa di una folta delegazione, la Merkel per prima cosa ha pronunciato un discorso all'Accademia cinese di scienze sociali, il maggior think tank del Paese. Poi l'incontro con Wen Jiabao e quindi con il presidente Hu Jintao. Giacca violetta, pantaloni scuri, sorridente, la leader tedesca si è concessa anche una passeggiata nella gelida - ma soleggiata - Pechino degli hutong, i vicoli storici ormai diventati una rarità.

hu jintao

Parlando nell'auditorium dell'Accademia la cancelliera ha perorato la causa delle aziende tedesche, che dovrebbero «avere parità di trattamento in Cina, quando le imprese della Repubblica Popolare possono entrare liberamente nel nostro mercato». Quindi una stoccata ai Paesi che non «hanno rispettato il patto di stabilità» e ora si lamentano per il declassamento: «Auspico - ha detto - la nascita di un'agenzia di rating europea.

MERKEL SARKOZY

Ma intanto non si può sparare su quelle esistenti perché i problemi sono reali» e non serve criticare chi li espone. Ma la sua principale preoccupazione è stata quella di infondere fiducia nella capacità di tenuta dell'eurozona. La moneta unica, ha detto, «ha reso l'Europa più forte» anche se naturalmente la crisi va ora affrontata «ciascuno facendo i propri compiti a casa».

MERKEL ABBANDONA LA NAVE

Compiti che sarebbero molto più agevoli con l'aiuto di (almeno) una parte dei 3.200 miliardi di riserve in valuta (un quarto delle quali in euro) chiuse nei forzieri in Oriente. Ora, la prudenza degli ospiti cinesi - a parte una naturale predisposizione - può essere in parte spiegata con la volontà di controbilanciare le necessità europee con i desiderata di Pechino che, al momento, sono essenzialmente due: revoca dell'embargo sulle armi in vigore dal 1989, e cioè all'indomani della strage di Tienanmen; e riconoscimento dello stato di economia di mercato.

FRAU MERKEL E LA BCE MERKEL CRISI

Queste richieste, di cui non è stata fatta parola in pubblico, sono però comparse in un editoriale («L'amicizia è una strada a due sensi») del governativo China Daily. «Come dice il nostro proverbio: "Non si va al tempio per nulla" - scrive Ouyang Shi, noto esperto di Relazioni internazionali, riferendosi ai motivi reali della visita -. L'Europa, nella sua storia, non ha mai avuto tanto bisogno della Cina. La Cina, dal canto suo, vuole soltanto essere trattata da pari: e spera nell'abolizione di un embargo da Guerra Fredda e nell'accettazione della sua economia socialista di mercato».

VOLKER KAUDER E LA MERKEL

La Merkel, che rientrerà domani in Germania dopo aver visitato Canton, ha affrontato anche altri temi. Primo tra tutti, l'Iran: riconoscendo che Pechino - che compra da Teheran il 20% del totale delle sue esportazioni di petrolio - non condivide le sanzioni, la cancelliera ha però chiesto ai suoi interlocutori di «utilizzare la propria influenza per far capire» agli ayatollah che «il mondo non ha bisogno di un'altra potenza nucleare».

MARIO DRAGHI MERKEL

 

I PICCOLI BISI DELL’ERA MONTI-PASSERA - CARLO MARIA FENU, L’UOMO-OPUS CHE SUSSURRERA’ AGLI ORSI-GRIGI.

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"In principio era il Verbo
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio"
(dalla Bibbia)

DAGOREPORT

Lorenzo Borgogni

1- L'UOMO-OPUS CHE SUSSURRERA' AGLI ORSI-GRIGI.
La notiziola è stata anticipata l'altro giorno da Dagospia: dal primo marzo il nuovo direttore media di Finmeccanica sarà, Carlo Maria Fenu, proveniente da Deutsche Bank Italia. Il neo assunto, con un curriculum di tutto rispetto, prenderà (in pratica) il posto di Lorenzo Borgogni, costretto a lasciare l'azienda pubblica dopo lo scandalo delle presunte tangenti.
Della carriera professionale del giovane, conservata negli archivi, si sa che ha lavorato all'Ansa, è stato portavoce del ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa, con un passaggio poi veloce alla Popolare di Vicenza.

fenu jpeg

- TORRESCALIA, DOVE DELL'UTRI INCONTRO' SILVIO.
Nella scheda del rampante Fenu si omette, però, che egli è un militante "attivo" dell'Opus Dei, "associato" al Collegio Universitario di Torrescalia di Milano. Il college universitario dipendente dalla Prelatura della discussa Opera religiosa fondata nel 1928 da monsignor Escrivà. E fu proprio nell'ateneo della fondazione Rui, ma si tratta solo di un particolare curioso, che nel 1961 scoccò l'amicizia tra Marcello Dell'Utri e Silvio Berlusconi.

"A farci incontrare è stato un amico comune, Bruno Padula, sacerdote dell'Opus Dei", ha raccontato il sen. Dell'Utri, accusato in Sicilia di collusioni con la mafia. "Silvio era il presidente della Torrescalia e io l'allenatore della quadra di calcio, dal nome della residenza universitaria dell'Opus Dei dove io vivevo", ha rivelato ancora Dell'Utri.

berlusconi dellutri

- IL MASTER DI FEN-OPUS A PUBLITALIA '80.
Forse si tratta soltanto di un'altra piccola coincidenza, ma primo master conseguito dal nuovo capo della comunicazione di Finmeccanica è stato a Publitalia '80. L'agenzia pubblicitaria creata proprio dallo storico braccio destro del Cavaliere.
Il primo scalino per spiccare il volo nel campo della comunicazione. Per poi proseguire, a passi da gigante, in questo settore strategico della comunicazione.
"Attraverso la manipolazione dei suoi adepti, l'Opus Dei si colloca nei posti chiavi del potere dove capta risorse statali che utilizza per rafforzare se stessa", è la tesi di Emanuela Provera (ex militante dell'Opera) nel suo libro "Dentro l'Opus Dei" (Chiarelettere).

Marco Simeon

- DA CARLO FEN-OPUS A SIMENON DELL'OPUS LEI (RAI).
Le rivelazioni di Emanuela Provera e quelle di Ferruccio Pinotti autore di "Opus segreta" (Rizzoli) - con tanto di citazione del militante Carlo Maria Fenu -, se incontrano scarsa attenzione sui giornaloni (non tutti) cominciano, invece, ad avere riscontri nella magistratura.
A Roma è stata aperta un'inchiesta sulle selezioni del personale delle municipalizzate all'Elis, un altro consorzio che fa capo all'Opus Dei.

- PICCOLI BISIGNANI NELL'ERA DI MONTI E PASSERA.
"I Bisignani non finiscono mai", ha osservato ironico Alberto Statera sull'ultimo numero di Affari&Finanza ("la Repubblica"). La nota del giornalista prende spunto da un altro adepto dell'Opus Dei dalla carriera folgorante, Marco Simeon. Anzi: "una carriera della Madonna". Il figlio di un benzinaio di Sanremo che, grazie alle intercessioni del cardinale, Tarcisio Bertone, a soli vent'anni "è stato catapultato in un numero incredibile di incarichi": dalla Capitalia di Geronzi, passando per Mediobanca, fino alla Rai di Lorenza Lei.

CORRADO PASSERA

Dell'Opus Lei si è occupato Gianluigi Nuzzi su La7 a proposito dell'ultimo scandalo immobiliare del Vaticano denunciato da mons. Carlo Maria Viganò.

Ps/1. Quando Carlo Maria Fenu assunse l'incarico di portavoce Tommaso Padoa Schioppa soltanto Dagospia sollevò il caso della sua appartenenza all'Opus Dei.

Ps/2. Nel novembre del 2003 a inaugurare l'anno accademico del rinnovato Collegio Universitario Torrescalia di Milano (Opus Dei) andò l'attuale ministro dell'Economia, Corrado Passera, ai tempi amministratore delegato di Banca Intesa. Lo affiancava nella cerimonia al profumo d'incenso l'ex presidente della Montedison, Giuseppe Garofano. Da sempre considerato vicino all'opera di mon. Escrivà.

Francesco Giavazzi

2- I GRILLI PER LA TESTA DI FRANCESCO GIAVAZZI.
Ha colto di sorpresa anche il direttore Flebuccio de Bortoli, la sortita di Francesco Giavazzi sul "Corriere della Sera" contro il premier Mario Monti e del suo vice al Tesoro, Vittorio Grilli, rei di non aver sostituito ancora il direttore generale di via XX Settembre.
Difficile dare torto al professore che ambiva di sedersi nel board di Mediobanca, poltrona presidenziale ricoperta a lungo dal suocero Francesco Cingano, ma fu trombato.
Anche se le sue intemerate spesso cadono nel vuoto. O nascondono altri scopi. Così alla Bocconi tutti si scervellano di capire chi è il candidato in pectore di Giavazzi per la successione di Grilli al Tesoro.

CARLO DE BENEDETTI

3- QUANDO BISIGNANI SALVO' "LA REPUBBLICA" DI MAX.
Una volta lo chiamavano l'Ingegnere. Era l'imprenditore più spregiudicato d'Europa e una spina nel fianco per il vicino di casa, l'Avvocato. A leggere la testimonianza su Mani pulite resa a Marco Damilano, Carlo De Benedetti, invece di ricostruire la verità da bravo ingegnere della storia patria, si comporta alla pari di un geometra sbadato.

L'INGEGNERE SCONTROSO NELLA TANA DI BELZEBU'.
La sua intervista a Damilano dell'Espresso, comunque utile, regala molti spunti di goduria che l'autore del volume, ahimè, lascia cadere nel vuoto (della ricostruzione da lui operata).
Una cortesia nei confronti del suo editore-padrone?

MASSIMO GIANNINI

Certo sarebbe interessante conoscere la faccia che ha fatto il vice direttore de "la Repubblica", il Catone della virgola triste Massimo Scaltro Giannini, nell'apprendere che il quotidiano per cui lavora (e di cui aspira diventare direttore) fu "salvato" anche dall'odiato Luigi Bisignani. E molto prima che scoppiasse lo scandalo della presunta P4 che tanto ferì la moralità (altrui) di Max Giannini.

Luigi Bisignani con Giulio Andreotti

CARLO IL RIBALDO ORA SI PENTE DEL SALVATAGGIO?
Racconta Carlo De Benedetti con la solita puzza sotto il naso di certi editori "puri": "Andreotti mi chiamò a Palazzo Chigi (...) e mi disse: io non permetterò mai che Berlusconi s'impossessi di Repubblica. Dunque dovete trovare una soluzione (...) e noi l'aiuteremo a trovarla: quando uscirà da questa stanza troverà nell'anticamera chi le può dare una mano. Uscii - prosegue con tono sdegno di sorpresa l'Ingegnere - nell'anticamera ad aspettarmi c'era Luigi Bisignani...".

Già, "la Repubblica" fu poi messa al riparo dalle grinfie del Cavaliere (e della magistratura) dal Lodo Ciarrapico.
E davvero non si capisce perché - a distanza di anni e diversamente dal suo socio-principe Carlo Caracciolo - De Benedetti trovi ora così scandaloso il ruolo svolto dall'allora premier Andreotti.
Se quel "sistema" puzzava dalla testa, Carlo il ribaldo poteva benissimo evitare di andare nella tana di Belzebù. Per il "piacerino" (miliardario) svolto sicuramente il senatore a vita non fu mai contraccambiato dal quotidiano fondato da Scalfari. Anzi.

Mons Escriva Residenza Torrescalia

 

L’IL-LUSI-ONE DELLA MARGHERITA-PER I REVISORI I CONTI DI LUSI ERANO REGOLARI(“RISPETTANO IL PRINCIPIO DELLA PRUDENZA”)

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Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera"

luigi lusi

Il 23 dicembre scorso la Margherita «certificò» la regolarità dei bilanci relativi agli anni 2009 e 2010. Lo fece con una memoria depositata al tribunale civile e controfirmata dal rappresentante legale Luigi Lusi, che quindi agiva per conto del partito. Era la risposta ai parlamentari e ai consiglieri che avevano contestato la regolarità delle procedure di approvazione dei rendiconti, chiedendo al giudice di dichiararne la nullità. E adesso quelle affermazioni diventano materia dell'inchiesta avviata sulla sottrazione dei 13 milioni di euro che lo stesso Lusi è stato costretto ad ammettere, perché potrebbero rappresentare la prova di un falso.

ENZO CARRA

Si allargano le verifiche delegate dai pubblici ministeri alla Guardia di Finanza con controlli su tutti i depositi bancari gestiti dall'ex tesoriere e sulla gestione dei fondi. E si allontana la possibilità di chiudere la vicenda con un patteggiamento: la proposta di fideiussione per 5 milioni è stata infatti respinta dai magistrati che hanno ritenuto non affidabile la società finanziaria che doveva garantire il versamento del denaro.

LA «CERTIFICAZIONE» IN SETTE PUNTI
Dopo il ricorso presentato il 15 luglio 2011 da un gruppo di ex appartenenti alla formazione «Democrazia è libertà» guidati da Enzo Carra e Renzo Lusetti (gli altri sono Calogero Piscitello, Battista Bonfanti e Gaspare Nuccio), il partito deposita le proprie controdeduzioni.

La firma, a nome dell'intera formazione politica, proprio Lusi che - dopo aver contestato la legittimazione dei ricorrenti a contestare l'approvazione dei documenti contabili - afferma: «Rispetto alle temerarie illazioni avversarie, destituite di qualsivoglia fondamento in merito alle appostazioni di bilancio contenute nel rendiconto 2010, basti riportare il giudizio espresso dal Collegio dei revisori dei conti della Margherita, che ne ha riscontrato la regolarità».

Renzo Lusetti

Sin qui le affermazioni di principio, poi vengono citati i sette punti fondamentali della relazione stilata da chi aveva il compito di controllare la correttezza di ogni operazione. È scritto nella memoria: «È stato rispettato il principio economico di competenza sia per quanto attiene i proventi che gli oneri. Per quanto attiene le valutazioni delle attività e passività, esse rispettano il principio della prudenza.

Il rendiconto rappresenta le risultante della contabilità regolarmente tenuta. Risulta regolarmente appostato nel rendiconto il contributo dello Stato per rimborso delle spese elettorali ammontante a 11.869.286,22 euro. Nel conto economico risulta regolarmente appostata una somma pari almeno al 5 per cento dei rimborsi ricevuti, finalizzata a iniziative volte ad accrescere la partecipazione attiva delle donne alla politica. Le informazioni fornite dalla Relazione sulla gestione del rendiconto sono aderenti a quanto specificamente richiesto dalla legge, esposte con chiarezza e quindi utili a rappresentare in modo attendibile le varie poste di bilancio».

luca petrucci

LO SCUDO FISCALE E LA «TTT»
Per dimostrare che tutto è a posto Lusi utilizza dunque l'attestazione dei revisori ed è su questo che si concentreranno adesso gli accertamenti disposti dal procuratore aggiunto Alberto Caperna e dal sostituto Stefano Pesce. Bisogna infatti capire in base a quali criteri sia stata data l'approvazione del documento finanziario, visto che in quel momento i 13 milioni erano già stati sottratti dal conto intestato proprio a «Democrazia e libertà».

E che Lusi aveva già acquistato l'appartamento da 1 milione e 900 mila euro al centro della Capitale e la villa di Genzano, ai Castelli romani, oltre ad aver dirottato fondi su alcune società italiane ed estere a lui riconducibili. E lo aveva fatto con i soldi che arrivavano dai rimborsi elettorali e dal trasferimento di fondi dal Partito democratico. Possibile che nessuno se ne fosse accorto? Eppure le movimentazioni di denaro erano arrivate oltreconfine.

Le verifiche effettuate dalla Guardia di Finanza dimostrano che Lusi aveva portato capitali all'estero, in particolare in Canada, e li aveva fatti rientrare grazie allo scudo fiscale del 2009 proprio per comprare l'appartamento di Roma. L'avvocato Luca Petrucci, che difende Lusi ma è anche uno dei legali del Pd, sostiene che «il senatore non ha mai usufruito dello scudo fiscale per far rientrare in Italia i soldi della Margherita» omettendo di riferire che lo scudo lo ha fatto la «TTT», società dove Lusi aveva occultato il denaro sottratto alle casse del partito.

Proprio per verificare ogni passaggio, i magistrati stanno valutando la possibilità di inoltrare una richiesta di rogatoria alle autorità di Toronto. L'inchiesta, che sembrava destinata a essere chiusa con un patteggiamento, è infatti ripartita sull'onda delle polemiche quando si è scoperto che numerosi esponenti del vecchio partito avevano avanzato dubbi e sospetti sulla regolarità della gestione economica. E dunque per capire come sia possibile che i vertici non sapessero nulla, che non si fossero accorti delle ruberie da milioni di euro.

FRANCESCO RUTELLI - COPYRIGHT PIZZI

NO GARANZIE DALLA «CONFIDI»
La prossima settimana oltre a Carra e Lusetti dovranno essere interrogati i revisori e il capo della Tesoreria, dunque le persone che - nella gestione della Margherita - avrebbero dovuto controllare ogni operazione contabile. «Siamo a disposizione - dichiara l'avvocato di Lusetti, Alessandra Cacchiarelli - perché questo è il momento di fare davvero chiarezza su quanto da tempo era stato contestato da molti parla- mentari ed esponenti del partito».

La Guardia di Finanza dovrà invece verificare la movimentazione di tutti gli altri conti correnti che Lusi ha gestito nel corso degli anni. Il rischio per lui è la contestazione di nuovi reati, anche tenendo conto che il patteggiamento per il reato di appropriazione indebita non appare più così scontato.

Qualche giorno fa l'ex tesoriere aveva depositato una proposta di fideiussione da cinque milioni di euro. L'avvocato Titta Madia - che tutela gli interessi dell'ex presidente Francesco Rutelli, dell'ex presidente dell'assemblea Enzo Bianco e dell'ex presidente della Tesoreria Gianpiero Bocci - aveva mostrato disponibilità ad accettarli, nonostante la cifra fosse di gran lunga inferiore a quella contestata dall'accusa.

La pratica è stata affidata da Lusi alla «Confidi Mediterraneo» che, secondo quanto si legge sul sito Internet «è un consorzio italiano di garanzia collettiva dei fidi che svolge attività di prestazione di garanzie per agevolare le imprese nell'accesso ai finanziamenti, a breve, medio e lungo termine, destinati allo sviluppo delle attività economiche e produttive». I magistrati hanno però ritenuto che la finanziaria non fornisse sufficienti garanzie per la «copertura» della somma concordata e dunque anche questo aspetto torna in discussione, in attesa che Lusi presenti una nuova proposta.

 


FRECCERO A RUOTA LIBERA SU RIGOR MONTIS - “QUANDO PARLA AVVERTO LO SPIRITO SANTO CHE GLI TRASMETTE LA BANCA CENTRALE”

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Carlo Tecce per il "Fatto quotidiano"

CARLO FRECCERO

La sindrome dei professori a Palazzo Chigi colpisce ancora: "Pronto, parliamo di Mario Monti? Fammi pensare. Rifletto, e ci sentiamo fra dieci minuti", dice Carlo Freccero, direttore di Rai 4, che ripassa la lezione del premier a Canale 5, divisa in due tempi, come per le matricole pari e dispari, fra il telegiornale e il programma Matrix.

Poi richiama, ed esonda: "Lo Stato di eccezione si presenta come la forma legale di ciò che non può avere forma legale. Mi riferisco a Giorgio Agamben: lui diceva che a volte la democrazia si sospende, e fa l'esempio di Guantanamo, io dico che la nostra democrazia è diventata l'economia".

Scusi, Freccero, mica siamo in guerra?
"Certo, viviamo una condizione di guerra economica. Tutto è concesso se la democrazia è assente e, per il momento, irraggiungibile. Quando parla Monti avverto lo spirito santo che gli trasmette la Banca centrale europea. Notate, cavolo, le sue espressioni: ‘Basta monotonia, sintonizziamoci con Bruxelles, riformiamo le menti'".

Dove la mettiamo l'ironia?
"Non è il suo forte. L'ironia per Monti è uno strumento per confermare la sua autorevolezza. Mi ricorda il professore universitario che, guadagnata l'attenzione degli studenti, si concede con narcisismo parentesi più leggere. Ormai ha conquistato l'aula e l'opinione pubblica, da buon padrone evidenzia il consenso, e ci scherza su: 'Non ho potere sul meteo'".

monti

A Monti non dispiace la televisione, ci va volentieri a una condizione: faccia a faccia, domande e risposte, mai dibattiti. Perché?
"Semplice, ripeto: attraversiamo uno Stato di eccezione. Il confronto è sospeso perché lui è scienziato, educatore e, soprattutto, incarna il sapere. È il ministro dell'Economia che soppianta l'intero governo, che sacrifica l'articolo 18. A Matrix hanno indovinato le posizioni e le luci: Monti e Vinci, l'ospite e il conduttore, illuminati speciali e il resto buio. Quando il professore spiega non si può interrompere, si deve ascoltare con attenzione nel complicato tentativo di comprendere".

Avrà una regola mediatica oppure si muove senza spartito?
"Scherza, lui è la regola. Quella che preferisce la Banca centrale europea e che Monti conosce a perfezione, e ci ammonisce: ragazzi, io non mi interesso di etica o di bioetica o di politica, mi offro a voi per riformare le menti e riportavi al mio principio di ragionevolezza: l'economia. La sua missione si insinua con il tono serioso, raramente bonario, assolutamente autorevole".

MARIO MONTI A MATRIX

Il governo dei tecnici doveva disertare salotti e telecamere, invece le apparizioni si moltiplicano e Monti guida il gruppo. Dall'esordio di Porta a Porta a dicembre in occasione del primo decreto legge, il professore ha infilato programma in serie: Che tempo che fa, Otto e mezzo, In mezz'ora, l'intervista al Tg1. Vanità o utilità?
"Il professore rispetta gli impegni, presiede le lezioni, frequenta le aule. Il professore è sempre uguale a se stesso, e Monti non è mai cambiato, la televisione d'informazione si è adeguata ai suoi bisogni. Lui va in televisione per il suo intervento ex cathedra non può sprecare minuti preziosi per una discussione a più voci. L'unica voce che conta è la sua, l'unica regola che interessa è la sua. Non c'è motivo di cercare il giusto e l'errore. Non c'è errore per chi anima e popola uno Stato d'eccezione in cui l'economia regna. E l'Italia, per non finire tramortita come la Grecia, deve trasformarsi in una Silicon Valley d'importazione con tanti Bill Gates che odiano il posto fisso".

 

AJA CHE BOTTA! - LA CORTE DÀ RAGIONE ALLA GERMANIA: NON DOVRÀ RISARCIRE PER LE STRAGI NAZISTE IN ITALIA

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ANSA - La Corte internazionale di giustizia dell'Aja ha accolto il ricorso della Germania contro l'Italia per ottenere il blocco delle indennita' alle vittime dei crimini nazisti. Secondo la sentenza l'Italia ''ha mancato di riconoscere l'immunita' riconosciuta dal diritto internazionale'' a Berlino per i reati commessi dal Terzo Reich.

1 hitler adolf 01HITLER

La lettura della sentenza è durata 80 minuti. La Corte ha accolto tutti i punti di ricorso presentati dalla Germania che accusava l'Italia e il suo sistema giudiziario di "venire meno ai suoi obblighi di rispetto nei confronti dell'immunità di uno stato sovrano come la Germania in virtù del diritto internazionale". La Corte dell'Aja ha poi concordato con la richiesta di Berlino di "ordinare all'Italia di prendere tutte le misure necessarie" affinché le decisioni della giustizia italiana che contravvengono alla sua immunità siano prive d'effetto e che i suoi tribunali non pronunzino più sentenze su simili casi.

Il contenzioso tra Italia e Germania presso la Corte dell'Aja, il più alto organo giudiziario dell'Onu, è cominciato il 23 dicembre del 2008, quando Berlino ha deciso di ricorrere contro la sentenza della Cassazione del 21 ottobre 2008 che ha riconosciuto la Germania responsabile per essere stata la 'mandante' dei militari nazisti che il 29 giugno del 1944 uccisero 203 abitanti di Civitella, Cornia e San Pancrazio (Arezzo), sparando a donne, bambini, uomini e vecchi, compreso il parroco del paese.

hitler adolf2Adolf Hitler

La sentenza della Cassazione a suo tempo è stata considerata un 'precedente storico' sancendo per la prima volta il diritto per le vittime delle stragi naziste ad essere risarcite nell'ambito di un procedimento penale. Prima di allora c'erano state solo delle sentenze nelle cause civili per risarcimento danni chiesto dai cosiddetti 'schiavi di Hitler'. Nessun altro Paese al mondo aveva mai intentato cause di risarcimento nei confronti della Germania in ottemperanza alla clausola dell'immunità giurisdizionale. Il contenzioso tra Roma e Berlino ha portato all'iscrizione di un'ipoteca giudiziaria su Villa Vigoni, centro culturale italo-tedesco in provincia di Como.

SOLDATI NAZISTI EX-NAZISTA

 

BUBU? SETTA!-“SCIENTOLOGY È UN’ASSOCIAZIONE A DELINQUERE”:LA PRIMA CONDANNA PER LA SETTA MADE IN USA ARRIVA DALLA FRANCI

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Stefano Montefiori per il "Corriere della Sera"

CHIESA DI SCIENTOLOGY

All'inizio Alain Stoffen era entusiasta. Aspirante pianista con problemi di leggera timidezza, venne indirizzato al «Celebrity centre» di Scientology a Parigi e incoraggiato, sostenuto, apparentemente amato: «Noi valorizziamo gli artisti, come abbiamo fatto con Tom Cruise e John Travolta». Poi cominciarono i trattamenti con vitamine, le saune, e le lunghe sessioni all'«elettrometro», l'apparecchio che secondo l'organizzazione è in grado di misurare lo stato di salute mentale.

Sede Scientology

Che risulta fatalmente sempre scarso, dunque Stoffen venne indotto a pagare in totale 45 mila euro in corsi e sedute speciali. Questo è il meccanismo classico di reclutamento e spoliazione della vittima per il quale ieri la giustizia francese ha condannato in appello il «Celebrity center» di Scientology e la libreria annessa Sel a 600 mila euro di ammenda: «Associazione a delinquere con finalità di truffa» era l'accusa. Condannate anche cinque persone tra le quali il leader di fatto dell'organizzazione in Francia, Alain Frank Rosenberg: due anni di carcere con la condizionale e 10 mila euro da pagare.

TOM CRUISE

È la prima volta che la chiesa di Scientology, e non solo i suoi singoli componenti, viene condannata in Francia in qualità di persona giuridica. «I suoi giorni sono ormai contati», ha commentato con soddisfazione Georges Fenech, presidente della commissione interministeriale Miviludes contro le sette. «In caso di una nuova, probabile condanna per casi simili, Scientology sarà quasi sicuramente dissolta d'ufficio».

I credenti di Scientology in Francia sono circa 45 mila, e nel mondo il loro numero è compreso tra otto e 12 milioni, secondo le stime. L'organizzazione ha prevedibilmente protestato per l'ingiustizia, annunciando che ricorrerà in Cassazione e se necessario anche alla Corte europea dei diritti dell'uomo; centinaia di adepti si sono riuniti ieri davanti al Palazzo di giustizia di Parigi con cartelli inneggianti alla libertà di religione.

John Travolta

E questo è l'aspetto più interessante della vicenda, che non si riduce a un caso di abuso di credulità popolare alla Vanna Marchi. Non che l'«elettrometro» di Scientology abbia maggiore valore scientifico delle alghe dimagranti, ma Scientology - fondata nel 1952 dallo scrittore di fantascienza americano Ron Hubbard - si è organizzata come una religione riuscendo così a diffondersi nel mondo (in particolare in Africa, negli ultimi anni).

I giudici francesi hanno fatto attenzione a non entrare nel merito delle intuizioni soprannaturali di Hubbard (dallo stato di Clear a quello di Thetan eccetera), concentrandosi sulle comprovate - e truffaldine - estorsioni di denaro, perché il rischio è che la Francia venga accusata di non rispettare la libertà di culto teoricamente garantita dalla legge del 1905 sulla laicità dello Stato. Negli Stati Uniti, dove pure non sono mancati i processi a Ron Hubbard, Scientology è generalmente riconosciuta come una religione, e questo processo potrebbe ancora una volta evidenziare il diverso atteggiamento dell'Europa e dell'America riguardo ai culti.

Ron Hubbard

Quando nel 1996 la Francia stilò una lista di 172 sette pericolose da tenere sotto controllo (tra le quali i Testimoni di Geova e gli Hare Krishna di harrisoniana memoria) gli Stati Uniti reagirono auspicando ufficialmente un maggiore rispetto della libertà di religione, e lo stesso accadde quando Parigi proibì il velo nei luoghi pubblici. In un mondo dove i seguaci dello Jedi di Guerre stellari sono alcune centinaia di migliaia (15.070 solo in Repubblica Ceca, secondo l'ultimo censimento), la suscettibilità degli adepti dell'elettrometro va tenuta in considerazione.

 

CON LA CRISI FINANZIARIA, ANCHE LA SUPERCAPITALISTA AMERICA HA GUARDA CON DIFFIDENZA AI RICCHI IN POLITICA

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Luigi Zingales per "l'Espresso"

Corrado Passera

"Più spietato di Wall Street, arricchitosi alle spalle dei poveri lavoratori che ha licenziato". A descrivere così Mitt Romney, il favorito alla nomination repubblicana per le prossime elezioni presidenziali americane, non è la sinistra più estrema, ma Newt Gingrich, il suo rivale conservatore. Non stupisce tanto la spregiudicatezza di Gingrich (nella sua vita ha fatto di peggio) quanto il successo che questa strategia ha conseguito. Nella primaria del Sud Carolina Gingrich ha stravinto ribaltando i pronostici.

Anche la base repubblicana, quindi, è sensibile ai toni populisti. La ricchezza di Mitt Romney, stimata tra i 190 e i 250 milioni di dollari, invece che un merito, si è trasformata in una colpa.

MITT ROMNEY article

In Italia questo non sorprende. La tradizione cattolica ha sempre visto la ricchezza, anche quella accumulata onestamente, come un peccato. "È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago", recita il Vangelo di San Matteo, "che un ricco entri nel regno dei Cieli". Alla tradizione cattolica si somma quella marxista, per cui la ricchezza nasce sempre da una forma di sfruttamento.

In America, invece, la tradizione calvinista dominante ha sempre visto il successo economico come una manifestazione della predestinazione divina. Fino a poco fa la ricchezza (propriamente accumulata) era un titolo di merito. Che cosa è cambiato?
In parte questo è dovuto al modo in cui Romney si è arricchito. Pochi negli Stati Uniti obiettano alla ricchezza accumulata da innovatori come Steve Jobs, il rimpianto fondatore di Apple. Tutti conoscevano Steve Jobs perché creava beni di consumo. Ma chi sa cosa ha creato Mitt Romney, che lavorava nel "private equity"?

In genere i fondi di private equity acquistano, gestiscono e rivendono imprese. Molti in questa industria fanno i soldi in maniera opportunista, sfruttando le occasioni giuste per comprare e vendere, senza aggiungere alcun valore. Altri invece aggiungono valore. Mitt Romney fu tra questi. La sua idea geniale fu quella di applicare la consulenza aziendale al mondo delle piccole imprese in crescita.

LUIGI ZINGALES

I consulenti aziendali sono famosi per dare consigli agli altri, senza assumersi alcun rischio. Quando era manager di Bain Capital, Mitt Romney capì il valore aggiunto dalla consulenza aziendale. A questo scopo convinse i colleghi di Bain & Co di cimentarsi con le piccole imprese, non in cambio di parcelle astronomiche, ma in cambio di partecipazioni azionarie nelle imprese stesse. Se le idee funzionavano, il prezzo delle azioni saliva e i consulenti creavano profitto dai loro consigli. Se invece le idee non funzionavano, lavoravano di fatto gratis. L'idea ebbe immediato successo e fu poi copiata da tutti i rivali in private equity.

Questo rigetto di Romney, però, ha cause più profonde della mancanza di familiarità con il private equity. La prima causa è la perdita di fiducia in un benessere diffuso. In America la disuguaglianza di ricchezza veniva accettata perché era vista come un passo necessario per la crescita. Poco importa se alcuni diventano ricchi, purché anche gli altri beneficino della crescita. Purtroppo nell'ultimo decennio gran parte della crescita è finita ad arricchire la parte più ricca della popolazione. Il 50 per cento degli americani guadagna meno oggi in termini reali di quanto guadagnasse dieci anni fa.

Newt Gingrich

La seconda causa di questo cambiamento di attitudini è che gli americani hanno perso fiducia nell'equità delle regole del gioco. Il salvataggio delle banche da parte del governo e gli scandali finanziari hanno minato la fiducia degli americani in un sistema capitalista dalle regole ben definite. Il sistema sembra taroccato e chiunque vinca in questo sistema è sospettato di aver barato.

Se questo accade nella patria del capitalismo, ci viene da domandarci cosa succederà in Italia. Potrà mai un ex banchiere come Corrado Passera, che non ha certo alle sue spalle il record di successi di Mitt Romney, entrare in politica? Se le scelte di investimento effettuate da Romney sono passate al setaccio, cosa ne sarebbe di quelle di Passera? Più si impegna in politica e più spazio ci sarà per i non meno pericolosi Gingrich di casa nostra.

STEVE JOBS

 

IN INGHILTERRA I MINISTRI DANNO LE DIMISSIONI PER UNA MULTA PER ECCESSO DI VELOCITA'. COME IN ITALIA…

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Stampa.it - Il ministro dell'Energia britannico Chris Huhne, che verrà processato per una multa per eccesso di velocità che l'esponente politico ha affermato essere stata presa dalla ex moglie, ha dato le dimissioni. Huhne si è detto innocente, e ha annunciato che si difenderà in tribunale.

Il ministro dell’Energia britannico Chris Huhne

Al suo posto dovrebbe arrivare il ministro dell'Economia, Ed Davey, il cui ruolo dovrebbe essere assunto dal consigliere di Nick Clegg, Norman Lamb, scrive la Bbc. «Abbiamo concluso che ci sono prove sufficienti per accusare Huhne e la ex moglie di aver interferito con il corso della giustizia», ha detto il procuratore Keir Starmer. L'accusa contro Huhne è quella di aver falsamente attribuito nel 2003 all'allora moglie Vicky Pryce una multa per eccesso di velocità. La vicenda è emersa dopo la separazione della coppia.

 

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