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DOPO I PRIMI NO, TANTO PER CAMBIARE LA LEGA POTREBBE DIRE SÌ ALLA NOMINA DI MALGARA ALLA BIENNALE

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Paolo Conti per il "Corriere della Sera"

galan malgara

Oggi prima riunione della commissione Cultura alla Camera per esaminare la candidatura di Giulio Malgara, fondatore e presidente dell'Auditel, al vertice della Biennale di Venezia come successore di Paolo Baratta, presidente uscente. Il voto sarebbe previsto già per domani. Non è vincolante ma solo consultivo: eppure il passaggio si annuncia pieno di sostanza politica per il vasto fuoco di sbarramento ostile alla designazione del ministro per i Beni e le attività culturali, Giancarlo Galan.

GIULIO MALGARA

E già si è verificato un incidente di percorso. Il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, ha scritto alle commissioni Cultura della Camera e del Senato chiedendo di essere ascoltato come vicepresidente di diritto della Biennale. Ma non ha ricevuto alcuna risposta: si potrebbe arrivare a un voto senza aver ascoltato il sindaco della città che ospita la Biennale, assicurandole non solo il nome ma anche spazi di proprietà comunale, dalla sede di Ca' Giustinian in giù. Orsoni è ostile a una presidenza Malgara e ha definito «inadeguato» l'imprenditore.

Oggi il deputato Emerenzio Barbieri, pdl, illustrerà alla commissione la proposta di Galan e si aprirà il dibattito. Che non sarà un semplice atto formale poiché fanno parte della commissione Cultura, solo per fare alcuni esempi, Giovanna Melandri, ex ministro per i Beni culturali, pd. O Fabio Granata di Futuro e libertà, che da sempre si occupa di questioni culturali. La candidatura di Giulio Malgara ha scatenato non solo accesissime polemiche, ma è diventata persino oggetto di una raccolta di firme.

LUCA ZAIA

«La Nuova Venezia» continua a ricevere consensi intorno a un appello in cui si chiede al ministro Galan di tornare sui suoi passi e di non disperdere l'esperienza di Paolo Baratta. In sostanza, si sollecita la sua conferma. Ieri era già superata quota 3.500 firme. Hanno aderito personaggi che raramente sottoscrivono appelli (Alberto Arbasino) e un'associazione molto significativa del settore come Federculture.

GIOVANNA MELANDRI

Ma da oggi lo scontro diventa politico, in parallelo con le grandi questioni nazionali. E anche in questo caso il confronto è tra Pdl e Lega. Da una parte il ministro Galan, dall'altra gli esponenti leghisti in commissione, prima tra tutte Paola Goisis, considerata il referente del nodo Biennale. Fino a due giorni fa il voto favorevole a Malgara della Lega appariva incerto.

Luca Zaia, presidente leghista della regione Veneto, ha sempre avuto parole di grande stima per Baratta e le sue prime reazioni alla scelta di Malgara sono apparse a dir poco fredde. Così come molto sconcerto ha destato anche la decisione di Galan di indicare nel consiglio di amministrazione il proprio capo di gabinetto Salvo Nastasi, gesto considerato da molti a Venezia come una sorta di «commissariamento» della Fondazione Biennale.

giorgio orsoni

Galan, vista la freddezza della Lega, ha cominciato una trattativa promettendo nuovi finanziamenti per l'Arena di Verona e un rinvigorito interesse per il centenario verdiano: due manifestazioni che interessano territorialmente la Lega. Il confronto è in corso e potrebbe cambiare un voto su Malgara che, fino a qualche giorno fa, appariva a dir poco incerto. Ma Galan sembra disposto a giocare tutte le carte a sua disposizione: Malgara è una sua scelta personale, e il ministro non solo la rivendica ma la difende a spada tratta.

Paolo Baratta

 


IL PATTO TRA IL BANANA E BOSSI DEVE ANDARE AVANTI FINCHÈ PROSTATA NON LI SEPARI

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A cura di Minimo Riserbo e Pippo il Patriota

Silvio Berlusconi

FINCHE' PROSTATA NON LI SEPARI...
Padroni a casa propria, dicevano i vecchi manifesti della Sega Nord. Ma se ti sei venduto tutto dal notaio, anche se controlli un pacchetto di voti strategico, poi dopo dove vai? Alla pensione Stella alpina con il girello? E allora il Patto della Prostata tra il Cavalier Paghetta e il Dito Medio di Bossi deve andare avanti finche' morte non li separi.

Tanto qui si puo' dire e fare tutto e il contrario di tutto, specie grazie a queste opposizioni imbelli e a un sistema informativo pavido e sempre bisognoso di provvidenze. Lorsignori se ne stanno chiusi dentro i saloni affrescati di Palazzo Chigi. Non aprite quella porta finche' non vedrete un rivolo di bava passare sotto.

Giusto due titoli per non morire di noia. "Il tormento leghista e il fantasma del '94. "Se rompiamo, il Colle non ci fa votare" (Repubblica, p. 5). Il Pompiere della Sera registra: "Altola' di Silvio all'amico: stavolta non c'è un piano B" (p. 5). Del resto e' da tempo che per Silvio c'è solo il "lato B".

IL DITO MEDIO DI BOSSI

OLTRE IL NANO, LA PROTESI...
Pero' il cambiamento e' sempre una speranza. "Il Cavaliere pronto a gettare la spugna. "Stavolta potrei fare il passo indietro". L'allarme del Quirinale: gli impegni si rispettano. L'ipotesi Letta o Schifani" (Repubblica, p. 3). "L'orgoglio del Cavaliere: nessuno puo' darci lezioni. Il premier e l'ipotesi di un governo affidato a Letta" (Corriere delle Elite corrucciate, p. 3). Ma sul Giornale di Zio Paolino vanno a chiedere lumi a Fidel Confalonieri, che secerne il suo disinteressato consiglio: "A Silvio consiglio di tenere duro" (p. 3). Neppure lui lo vuole in ditta tra i coglioni.

NON FA SOSTA LA SUPPOSTA...
Chi ha pagato pagherà sempre di più e chi ha evaso troverà il modo di cavarsela con poco, come al solito. Nel paese dei furbi, che cosa aspettarsi dal Primo Furbo? "Ecco a cosa serve il decreto: a sistemare l'eredita' di B. Nella bozza una norma che garantirebbe il controllo di Fininvest a Marina e Pier Silvio. Tra le ipotesi anche 12 tra condoni e sanatorie, ma il ministero dello Sviluppo smentisce" (Cetriolo Quotidiano, p. 3)
Repubblica (p. 6 : "Via le pensioni di anzianita' e privatizziamo i servizi locali". Lettera del premier alla Ue. Sul mercato i treni regionali" (questa e' buonissima)

Gianni Letta e Renato Schifani - Copyright Pizzi

'ANVEDI COME SMAZZA BISY BISI...
"C'e' un governo Draghi del cazzo". La previsione la fa Luigi Bisignani a Paolo Cirino Pomicino: dopo la guerra tra Berlusconi e Fini, non restera' che affidarsi a un tecnocrate (sempre che Tremonti non si muova)". Sul Cetriolo, Malcom Pagani continua a spiattellare tutti i cazzi dei clientes di Bisy Bisi. Impressionante carrellata di piaggerie, manovre meschine e volgarita' varie con Luchino di Monteprezzemolo, Ciliegino Regina, Renato (Profumato) Arpisella, Maso Masi, Cirino Pomicione e l'immancabile Bocchino, il Niccolai della politica e delle inchieste giudiziarie. Bisi parla anche di Belpietro e Feltri: "Due cretini che fanno a gara a chi ce l'ha più' duro, in mano a degli editori assurdi" (pp. 8-9).

Intanto "da domani a processo Papa e Bisignani per la P4. Il tribunale di Napoli decidera' se il deputato sara' in gabbia, in manette o accanto ai legali. Vietato l'accesso a fotografi e tv. L'ex magistrato ha chiesto 150 testimoni, tra cui Gianni Letta e D'Alema" (Repubblica, p. 13).

FEDELE CONFALONIERI

NOTIZIE CON LA BAVA...
Corriere delle Elites rarefatte: "Bankitalia, inizia l'era Visco. Draghi: siamo in buone mani" (p. 34). Le sue.

POTERI MARCI IN MANOVRA...
Innovazione. Sorprendere il mondo. Sono queste le parole chiave del successo di Monteprezzemolo (trovata gigantesca). E quindi anche con ItaliaFutura sorprende: "Decisioni o dimissioni". Il Corriere ordinatamente registra. E non contenti delle due colonne a pagina 8, don Flebuccio de Bortoli regala anche un piedone a pagina 9 al giro di Lacca e Futuro, a firma Ostellino. In via Solferino per Luchino non si bada a spese.

LINGOTTI IN FUGA...
"Anti-italiano chi non investe". Marchionne lo grida dalla prima di Illustrato Fiat. Non precisa dove va fatto l'investimento perche' per lui il tema diventerebbe scivoloso. Sull'addio a ConfBoiardi: "Il nostro addio non è avvenuto per ragioni politiche, vogliamo solo liberarci da inutili freni e essere più efficienti" (Repubblica, p. 24). A quel punto il produttore di freni Bombassei ha iniziato a agitarsi.

MARINA E PIERSILVIO medium

Ma il Tagliatore (di tasse) di Zug ha piagnucolato anche ieri come si legge nel catenaccio di Repubblica a pagina 24 "Marchionne: ci mettono il bastone tra le ruote, illogica pretesa Consob di dare dettagli". Allora è un problema ambientale: tutti quelli che frequentano il Lingotto vogliono fottere la Consob. E i risparmiatori. E le regole. E i lavoratori. Invece, per la serie "Manager che sanno il fatto loro" e non risparmiano sulla paga degli operai, "Volkswagen accelera sulle vendite entro l'anno sorpasso su Toyota" (Repubblica, p. 25).

LOMBROSIANI PER SEMPRE...
Ritagliare e rimirare la suggestiva immagine di Sergio ed Emma che si baciabbracciano. Il titolo del Corriere recita: "Marchionne e la crisi dell'auto: 'In Italia non licenzieremo" (p. 35). La rigorosa Polato dimentica di registrare la seconda parte del discorso: "Lo abbiamo gia' fatto".

veronica berlusconi

ULTIME DAL VENTENNIO A COLORI...
"La Tav opera strategica. Manette a chi viola i cantieri. Il sito della discordia equiparato a quelli militari: si rischia l'arresto fino a un anno" (Stampa, p. 9). Nel pezzo, solita agile prosa dell'appuntato Numa Massimo.

Non male, come atmosfere, anche questo titolo del Giornale di Zio Paolino: "E in Edison va in scena la provocazione di Edf ai soci italiani" (p. 9). Provocazione fascista?

Luigi Bisignani

DISECONOMY...
Le risatine si pagano. "Edf vuole comprare Edison senza fare l'Opa" (Repubblica, p. 26). "Parigi ci sfila pure l'energia elettrica. Dopo Parmalat tocca a Edison: le difese patriottiche dei padani vanno gambe all'aria". Sul Cetriolo Quotidiano, Vittorio Malagutti ricorda le fanfaronate elettriche della Lega e sbertuccia Giulietto Tremendino: "E pensare che l'affare poteva gia' chiudersi a marzo a condizioni addirittura migliori. Ma allora Tremonti disse no "per difendere l'industria italiana". E trovarsi sette mesi dopo con le spalle al muro. Geniale" (p. 5).

ITALO BOCCHINO

DESKISTI AL DESCO...
Corsera a pagina 31. Sotto la testatina "gastronomia" si legge "Farinotti, folpetti e fellata abruzzese. L'alta cucina di strada". Poi il sottopezzo: "Belluno, i bilanci in rosso e l'asta (deserta) per Pomodoro". Si riferiscono allo scultore.

 

L’ASSESSORE MAJORINO: IL CENTROSINISTRA SCIOLTO IN UNA FORMAZIONE “ARANCIONE”, NIET DEL PD

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Franz Brambilla Perego per Dagospia

Pierfrancesco Majorino

1 - L'ACIDO...
L'assessore Pierfrancesco Majorino, scrittore e nipote di poeta prestato alla politica, propone lo scioglimento dei partiti della coalizione di centrosinistra milanese in un'unica formazione "arancione". Lo stoppa subito quell'omone di Emanuele Fiano, deputato meneghino del PD: collaborazione sì, scioglimento no. Effettivamente la parola scioglimento non è la più felice. Il pensiero va subito all'acido. Mmmm, però...

Roberto Biolchini

2 - MAULLU: COLAZIONE DA DIGOS...
Ma c'è vita anche dall'altra parte. L'assessore provinciale Stefano Maullu, pidiellino, è stato denunciato dall'associazione Sos Racket e Usura per corruzione e concussione. Secondo il presidente dell'associazione Frediano Manzi: "È prassi consolidata e continuata che l'assessore Stefano Maullu, insieme a sua cognata, falsifichi le note spese per rimborsi di pranzi o cene, indicando di volta in volta nomi di persone che fittiziamente sono stati a pranzo, al fine di ottenere rimborsi per cene o pranzi".

Stefano Maullu

Ovviamente Maullu controbatte punto su punto, negando l'uso improprio della carta di credito della Provincia e affidando il suo pensiero ad affaritaliani.it: "Per motivi precauzionali è ormai consuetudine che quando incontro più persone, per incontri politici, io mandi preventivamente una nota con luogo data ora e partecipanti alla Digos di Milano". Chi non vuole comparire nei faldoni della Digos non vada a pranzo con Maullu. Al massimo un caffè in piedi al bar dell'angolo.

3 - REQUIEM IDV...
Il consigliere della Provincia di Milano Roberto Biolchini, fino alla scorsa settimana capogruppo dell'Italia dei Valori, è passato all'Unione di Centro. Il partito di Di Pietro risulta così rappresentato dal solo consigliere Luca Gandolfi, mentre l'Udc conterà due esponenti, il capogruppo Alessandro Sancino e Biolchini. Milano non si è mai rivelata molto amichevole verso il trattorista di Montenero di Bisaccia; e non sembra che col tempo la situazione sia migliorata.

 

RINGHIO NON MOLLA - GATTUSO SOFFRE DI UNA PARALISI A UN NERVO DELL’OCCHIO SINISTRO: “DURANTE LA PARTITA CON LA LAZIO HO VISSUTO I 20 MINUTI PIÙ BRUTTI DELLA MIA VITA. SEMBRAVO UBRIACO, VEDEVO IBRA IN QUATTRO POSIZIONI DIVERSE” - DUBBI SUI TEMPI DI RECUPERO, PERSINO SE POTRÀ DAVVERO TORNARE A GIOCARE (GALLIANI LO CONSOLA: “C’È BISOGNO DI LUI ANCHE IN ALTRI SETTORI”) - “CASSANO CON IL MIO OCCHIO HA TROVATO IL SUO GIOCO E SI DIVERTE. MI VEDE STRABICO E MI FA I VERSI”…

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Laura Bandinelli per "la Stampa"

Gattuso con la benda all'occhio

"Sto lottando contro l'uomo invisibile, da cinquanta giorni vedo doppio e la mia vita non è più la stessa». Rino Gattuso si è tolto la corazza da uomo duro per raccontare il suo dramma. Una paralisi al sesto nervo cranico sta pregiudicando la sua carriera e condizionando la quotidianità. «Non nascondo che quando mi sveglio al mattino apro prima l'occhio buono poi piano piano l'altro, sperando di vederci in modo normale. Non mi angoscia il pensiero di smettere di giocare perché ho pensato a cose peggiori.... È brutto non poter portare i miei figli a scuola perché non posso guidare.

È brutto andare al computer e non riuscire a scrivere la lettera che hai in mente perché sbagli a toccare tasto. Oppure provi a guardare la televisione, e la vedi in un posto diverso da dove sta. Quando mi fanno la Tac il mio pensiero è per la famiglia, all'inizio si era parlato anche di tumore al cervello. Escluse le ipotesi peggiori, ho tirato un sospiro di sollievo».

Gattuso bendato

Il medico sociale rossonero Rodolfo Tavana, che siede al suo fianco, annuisce. Qualche istante prima aveva spiegato: «Siamo partiti escludendo le ipotesi peggiori come un tumore al cervello, un ictus, una malattia degenerativa o una paralisi dovuta ad un evento traumatico. Rino è stato visitato da vari specialisti e ci siamo messi in contatto anche con un luminare negli Stati Uniti. Purtroppo per questo tipo di patologia il decorso varia dai due ai sei mesi». L'odissea di Gattuso è cominciata quattro giorni prima di Milan-Lazio giocata il 9 settembre: «In allenamento mi sono fermato perché vedevo delle macchie.

Rino Gattuso

Il medico mi ha subito fissato un appuntamento, doveva essere di lunedì, ma io ho voluto giocare a tutti costi contro la Lazio. Lui non voleva e io l'ho quasi appeso al muro perché non ero d'accordo. Ho seguito il diavolo cattivo che c'è in me e sono sceso in campo. Sono stato costretto a uscire dopo uno scontro con Nesta, ma non è questa la causa della mia paralisi. In quella partita ho passato i 20 minuti più brutti della mia vita. Sembravo ubriaco, vedevo Ibra in quattro posizioni diverse».

gattuso milan lap

Soltanto a quel punto, Gattuso ha alzato bandiera bianca ma non in maniera definitiva: «Ne ho sentite di tutti i colori sul mio conto e si è ipotizzato anche un mio ritiro, ma ci vuole ben altro per abbattermi. Nella vita c'è di peggio, basta pensare a Simoncelli o a chi si trova in ospedale». Nessun medico gli ha dato certezze sulla guarigione e non è neppure chiara la causa della paralisi. Esistono soltanto delle tappe da oltrepassare: «Tra quattro mesi dovrò fare un'operazione per mettere a posto i gradi dell'occhio, mercoledì invece, farò un'altra puntura di botulino. La prima ha avuto effetto: prima vedevo triplo. Andiamo avanti così, nella speranza che ci siano altri miglioramenti».

galliani foto mezzelani gmt

Adriano Galliani gli ha fatto sapere che il Milan non lo abbandonerà: «Adesso va meglio, ma 25 giorni fa un dottore mi ha detto che c'era il rischio che non potessi più giocare. Galliani anche in quell'occasione non ha perso tempo: Rino c'è bisogno di te in altri settori».

I compagni di squadra, invece, hanno deciso di aiutarlo sdrammatizzando il problema: «Cassano con il mio occhio ha trovato il suo gioco e si diverte. Mi vede strabico e mi fa i versi». E ieri gli sono arrivati anche gli auguri di pronta guarigione da parte di Joe Jordan, vice allenatore del Tottenham, che con Rino diede vita a una mega rissa durante la scorsa Champions.

 

NON È STATO BUTTATO IN MARE COME OSAMA, MA POCO CI MANCA: GHEDDAFI SEPPELLITO ALL'ALBA NEL DESERTO

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Orlando Sacchelli per Giornale.it

Cadavere di Gheddafi gli ultimi istanti di gheddafi

La salma di Muammar Gheddafi è stata seppellita all'alba di oggi in una località sconosciuta nel deserto del Sahara libico. La segretezza del luogo è imposta dall'esigenza di evitare che la tomba possa divenire un luogo di pellegrinaggio o, al contrario, essere oggetto di vandalismi. Tumulato anche il corpo del figlio Mutassim e quello del ministro della Difesa, Abu Bakr Yunes. La sepoltura è avvenuta alla presenza di quattro testimoni del Cnt e del Consiglio locale di Misurata.

Al Jazeera riferisce che i membri della tribù di Gheddafi hanno potuto pregare sulla sua salma prima che venisse portata nel luogo segreto della sepoltura.

GHEDDAFI MORTO Aysha la figlia di Gheddafi

I cadaveri sono stati portati via dalla cella frigorifera di Misurata, dove erano stati collocati. Un reporter ieri sera ha notato tre veicoli lasciare il magazzino dove si trova la cella frigorifera e qualche minuto più tardi, entrando nella struttura, ha appurato che la cella era vuota. Nel suo testamento Gheddafi aveva chiesto di esser sepolto a Sirte. Ma non si sa, e forse non si saprà mai, se la sua ultima volontà è stata rispettata o meno.

SAIF GHEDDAFI e ef e c bab afa b

LA FUGA DI SAIF Secondo quanto riferisce il Cnt Saif al Islam, il secondogenito del colonnello sfuggito alla cattura giovedì scorso, si troverebbe nel triangolo fra Niger e Algeria, a sud di Ghat, l'area di Ghat. "Gli è stato dato un falso passaporto libico della zona di Murzuq", ha rivelato una fonte all'agenzia Reuters. L'ex capo dell'intelligence di Gheddafi, Abdullah al Senussi, sarebbe coinvolto nel tentativo di fuga: "Nel sud sono state intercettate comunicazioni via Thuraya (telefoni satellitari). Abdullah Senussi è stato nella zona di frontiera per organizzare l'uscita" di Saif al Islam, e "anche una fonte di intelligence" di un Paese vicino "ci ha dato una soffiata a riguardo".

MUTASSIM GHEDDAFI

La moglie e i figli di Gheddafi riparati dallo scorso agosto in Algeria si trasferiranno presto in Sudafrica. Lo scrive il quotidiano algerino Al-Shuruk. In Algeria si trovano dal 29 agosto scorso la moglie Safia, la figlia Aisha e i figli Muhammad e Hannibal, di cui le nuove autorità libiche hanno chiesto l'estradizione. Secondo quanto riferisce il quotidiano algerino, anche Saadi Gheddafi, riparato in Niger, e Saif al Islam, in fuga, vorrebbero raggiungere la famiglia in Sudafrica.

saadi-gheddafi AL PERUGIA

 

BPM REALITY - CON LA LETTERA DI BANKITALIA ANCHE ENZO CHIESA DEVE SALTARE - SALVATORI E MODIANO IN POLE

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Francesco Spini per "la Stampa"

ENZO CHIESA E MASSIMO PONZELLINI

Chi si aspettava, dopo l'assemblea della svolta al duale, un lunedì più tranquillo per Banca Popolare di Milano si sbagliava di grosso. Il caos, se possibile, è aumentato: l'attuale direttore generale Enzo Chiesa è a un passo dal lasciare la banca. Dopo la pubblicazione - pretesa dalla Consob - della lettera indirizzata da Banca d'Italia al nuovo presidente del consiglio di sorveglianza Filippo Annunziata è ormai chiaro che Chiesa non potrà diventare consigliere delegato.

ANDREA BONOMI

I dipendenti soci, gli «Amici» insomma, rischiano di perdere il perno su cui poggiava l'intesa col finanziere Andrea Bonomi, pronto a guidare la banca coi suoi uomini, ma preoccupato per le sorti dell'aumento di capitale, legato al piano industriale firmato da Chiesa. E Bonomi ieri si sarebbe precipitato in Banca d'Italia per cercare una soluzione e avrebbe quindi tentato di convincere Chiesa a rimanere in banca come dg (e fuori dal consiglio di gestione) almeno per il tempo necessario ad accompagnare l'aumento di capitale.

Anna Maria Tarantola

Ma il manager sarebbe intenzionato a rifiutare forzature o soluzioni di ripiego. Pesa la durezza della missiva di Via Nazionale: «Alla luce delle criticità gestionali delineate dal sopralluogo ispettivo - vi si legge - e degli ulteriori elementi» emersi «nel corso del corrente mese di ottobre, la Banca d'Italia richiede, a presidio della sana e prudente gestione della Bpm, che i componenti del nuovo consiglio di gestione siano prescelti tra professionalità esterne, che non abbiano tra l'altro mai ricoperto in Bpm o nelle sue controllate incarichi di amministrazione, direzione o controllo, così da promuovere il definitivo superamento delle passate logiche gestionali».

logo BPM

Nonostante le offerte, dunque, Chiesa sarebbe pronto a chiedere la risoluzione consensuale del contratto. A meno che Bonomi e Annunziata (che tornerà dal Libano oggi) non trovino il modo di convincere Bankitalia a tornare sui propri passi. Missione impossibile, o quasi. A loro difesa invocano lo statuto, approvato col 98% dei voti dopo l'ok di Bankitalia, che non prevede «sacrifici» del genere. Sarebbero pronti a negoziare, concedendo un posto nel consiglio di gestione a un esponente delle minoranze (nella lista Messori però aumentano le defezioni) o intervenendo sugli eletti «sgraditi» a Bankitalia nel consiglio di sorveglianza.

Carlo Salvatori

Altra soluzione sarebbe quella di ottenere più tempo per l'aumento, e con l'aiuto di Bankitalia prorogare il consorzio di garanzia che scade il 31 del mese. Altrimenti si tratterà di trovare - in poco tempo: domani si riunisce il cds per eleggere il cdg - un banchiere che accetti un piano «al buio» per portare a casa l'aumento da 800 milioni. Molti intravedono l'uomo giusto in Carlo Salvatori, altri in Pietro Modiano che potrebbe comunque sedere nel cdg accanto a Bonomi (presidente), Dante Razzano e Davide Croff, in alternativa c'è Alessandro Foti. Il titolo tracolla in Borsa: -3,35%. La nottata non è ancora passata.

PIETRO MODIANO

 

MERKEL E SARKOZY VOGLIONO CHIUDERE L’INCIDENTE DI BRUXELLES: “LE RISATE SU DI VOI? UN EQUIVOCO

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Marina Verna per "la Stampa"

merkel e sarko ridono di berlusconi

«Nessuno può dare lezioni ai partner Ue». All'indomani del Consiglio europeo, il premier Silvio Berlusconi risponde indirettamente alla Cancelliera tedesca e al Presidente francese, che a Bruxelles avevano fatto chiare pressioni sul governo italiano e, con sguardi e sorrisetti d'intesa, avevano lasciato intendere in quale conto lo tengano. Un atteggiamento che ha profondamente irritato e offeso non solo il premier e la sua coalizione, ma anche l'opposizione, in particolare D'Alema e Prodi. Ma da Berlino spiegano che si è trattato di un «equivoco»: Merkel e Sarkozy «si sono scambiati un sorriso di incertezza su chi dovesse rispondere per primo alla domanda sulla situazione italiana».

prodi dalema 2006 2 lap

In una lunga nota dedicata ai temi della crisi, Berlusconi ha attaccato il direttorio «Merkosy», che continua a spiegare al governo italiano le misure da prendere, e i tempi e i modi in cui prenderle: «Nessuno nell'Unione può autonominarsi commissario e parlare di governi eletti e di popoli europei. E nessuno ha da temere dalla terza economia dell'Ue e da questo straordinario Paese fondatore. L'Italia non è un Paese a rischio». La tensione maggiore è con la Francia, molto risentita per le mancate dimissioni di Lorenzo Bini Smaghi dal board della Bce, e per questo particolarmente aggressiva.

Anche il ministro degli Esteri Franco Frattini è tornato sulla reazione stizzita di Sarkozy alle mancate dimissioni di Bini Smaghi: «Il Presidente sa che non è possibile rimuovere d'autorità un banchiere centrale. Cercare gesti ed espressioni ridicolizzanti non è opportuno».

bini smaghi big

Berlino, meno coinvolta in problemi collaterali, vuole chiudere l'incidente di Bruxelles, definisce l'Italia «uno dei nostri partner più stretti». Per voltare pagina e preparare un clima meno avvelenato in vista del vertice cruciale di domani - dove l'Ue dovrà dare ai mercati «risposte unite e soprattutto credibili sulla crisi dell'euro» - il portavoce del governo tedesco, Seibert, ha parlato di «grande fiducia nella conduzione italiana della crisi», aggiungendo che «Francia e Germania considerano l'Italia un Paese economicamente molto forte, un importante membro Ue».

Dallo «Spiegel» però arrivava una nuova bordata per bocca del «padre nobile tedesco», Helmut Schmidt, che, mentre lanciava la candidatura di Steinbrück a Cancelliere, a una domanda sulla nazionalità del nuovo presidente della Bce Mario Draghi rispondeva: «Che sia italiano non è così grave. Più grave è il fatto che gli italiani non abbiano un capo di governo apprezzato da tutti».

HELMUT SCHMIDT

A complicare il vertice di domani ci sono i problemi con la Gran Bretagna, dove i media hanno accusato Sarkozy e Merkel di gestire come «cosa loro» l'Europa. Il premier Cameron aveva chiesto che mercoledì a Bruxelles fossero presenti anche i Paesi che non fanno parte dell'eurozona. Sarkozy, esasperato, aveva gridato: «Siamo stufi delle vostre critiche e di sentire da voi cosa dobbiamo fare». Ma la partita è finita a favore di Londra: Cameron e gli altri nove ci saranno. E le polemiche probabilmente pure.


2 - CANCELLIERA A CACCIA DEI SÌ PER IL NUOVO SALVA-STATI
A. Al. per "la Stampa"

Alla fine Angela Merkel si è piegata alle richieste dell' opposizione e mercoledì, prima di volare a Bruxelles per il secondo round del vertice dei capi di Stato e di governo europei, passerà al Bundestag per chiedere il sì dei deputati tedeschi alle modifiche al fondo salva-Stati Efsf. Una decisione che arriva a sorpresa, visto che fino allo scorso fine settimana il governo voleva far votare solo la Commissione Bilancio sulle linee guida dell'Efsf ed evitare un dibattito in seduta plenaria.

David Cameron

La svolta maturata ieri nasconde non poche insidie per la cancelliera: a differenza del passaggio parlamentare del 29 settembre stavolta il tempo per serrare le fila e ottenere una maggioranza assoluta, lanciando così un forte segnale di coesione politica, è scarso. La cancelliera è andata a parlare coi capigruppo e i leader dei partiti presenti in Parlamento e ha indicato due cifre: grazie alla leva la disponibilità del fondo Efsf dovrebbe salire dagli attuali 440 miliardi a «oltre 1.000 miliardi»; inoltre la sforbiciata del debito greco dovrebbe essere compresa «tra il 50 e il 60%». Alle 12 di domani, poi, Frau Merkel si presenterà al Bundestag e illustrerà per 20 minuti le misure condensate nelle linee guida del fondo salva-Stati.

 

NICHI IL “VEGGENTE” - VENDOLA E IL PD SEMPRE BENE INFORMATI SULLE MOSSE DEI PM. SOLO COINCIDENZE?

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Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica per "Il Giornale"

VENDOLA

Il preveggente. Fra le qualità del governatore pugliese, la più sorprendente è quella relativa alla conoscenza delle inchieste dei pm della sua regione, che Nichi Vendola, come D'Alema nel caso della «scossa», sembra «vedere» in anticipo. Non si dica a Nichi e a Max che ciò è dovuto alle buone entrature del centrosinistra nella procura di Bari.

ALBERTO TEDESCO

Sì, l'ex pm Emiliano è diventato sindaco col Pd, l'ex pm Nicastro, che indagò per anni sul ministro Fitto, è assessore nella giunta Vendola, il pm in aspettativa Carofiglio è parlamentare del Pd, sua moglie Francesca Romana Pirrelli si è occupata di reati di pubblica amministrazione, l'ex pm Maritati (quello che si informa direttamente col pm Scelsi sui dalemiani coinvolti nel caso Tarantini) è senatore del Pd. Ma perché pensar male?

MASSIMO DALEMA

QUELLE TANTE COINCIDENZE
Ovviamente sono coincidenze. Come l'anticipazione dell'inchiesta a carico di Fitto, rivelata da Vendola nel 2005 alle telecamere di Telerama, che un anno dopo si seppe esser stata data a poche ore dall'iscrizione del ministro sul registro degli indagati. Lasciamo stare poi la coincidenza della celerità con cui Vendola, d'accordo con Tedesco, a tre ore dall'agenzia di stampa che rivelava l'inchiesta sull'assessore alla Sanità (oggi senatore Pd) annunciò la defenestrazione del fidato assessore.

vendola emiliano

E lasciamo stare pure la insolita richiesta di «accesso agli atti» fatta al pm Scelsi dal successore di Tedesco alla Sanità, Tommaso Fiore, che per «verifiche interne» chiede e ottiene dal pm, a luglio 2009, parte degli atti d'indagine. Guardiamo, invece, negli atti dell'inchiesta di Tedesco i tanti riferimenti, preveggenti pure questi, che esponenti del centrosinistra pugliese fanno al lavoro dei magistrati di Bari.

giancarlo carofiglio

LA TRADECO E «QUELLA COSA»
Una delle magagne di Tedesco riguarda un appalto di smaltimento rifiuti, nel quale per la procura l'assessore avrebbe «sponsorizzato» la ditta Tradeco. A margine, emergono altri rumors. Per esempio, in una telefonata di novembre 2008 con l'assessore, il perito Antonio Coscia, che a verbale si definisce «vicino al centrosinistra», e «accreditato come persona di fiducia di forze dell'ordine e di alcuni magistrati», rassicura Tedesco che un'acquisizione atti avvenuta nella Asl barese riguardava la Tradeco e non «quella cosa». Gli inquirenti chiedono a Coscia cos'era «quella cosa», e il testimone replica: «Quello che lo poteva preoccupare... allora si parlava sempre delle indagini».

Alberto Maritati

L'AVVISO DI GARANZIA «POLITICO»
Il consigliere regionale Pd De Caro a maggio 2008 chiama Tedesco: «Albe' mi è arrivata una telefonata di Possin, che dice che si è diffusa una notizia politica, non giudiziaria, relativa a un avviso di garanzia che avresti presto tu».

LE «CARTE» DI NICHI CONTRO TEDESCO
Il 10 giugno 2008, Tedesco chiama il sindaco di Bari, all'epoca segretario regionale del Pd, Emiliano. Che gli rivela l'intenzione di Vendola di farlo fuori o di tenerlo «sotto scacco» con «carte». Tedesco: «Me lo ha detto il capo di gabinetto (...) mi ha fatto capire che le carte gli erano state date dagli ambienti del Pd». Emiliano: «(...) io invece temo un'altra cosa (...) sostanzialmente voglia tenerci in scacco su alcune cose». Il 21 giugno, stessi interlocutori, Tedesco aggiunge che Vendola gli ha detto di aver saputo da Zazzera (Idv) «che a settembre riprenderà un'offensiva nei miei confronti che sarà anche di carattere giudiziario».

Giuseppe Scelsi

VENDOLA E LE INTERCETTAZIONI
Il 6 febbraio, tramite Ansa, Tedesco scopre di essere indagato e si dimette. Tre giorni dopo, al telefono con Vendola, scopre qualcosa di più. Vendola: «Ci sono molte intercettazioni, molte tue in cui parli male di Lea (Cosentino, direttore dell'Asl di Bari, in rotta con Tedesco e scaricata da Vendola, ndr)». Sui giornali non c'era traccia di indiscrezioni sulle intercettazioni, come faceva a saperlo? Il successore di Tedesco, Fiore, vedrà «ufficialmente» parte delle carte solo 5 mesi dopo.

Lea Cosentino

Ma già il 9 settembre 2008 il direttore dell'Asl Bat, Polemio, dice al braccio destro di Tedesco, Mario Malcangi: «Un amico mi ha detto che mercoledì Alberto si dimetterebbe per anticipare la procura...». E quando Malcangi chiede al fratello oculista di Vendola, Enzo, se è vero che Nichi voglia sostituire l'assessore, si sente rispondere: «Mario, no comment. Quattr'occhi». Lo stesso Enzo Vendola, il 7 ottobre, è ancora più esplicito con Malcangi: «Non possiamo parlare più per telefono di questi fatti (...) perché l'aria si è fatta proprio irrespirabile, capito?».

 


MARPIONNE HA MESSO UNA LAPIDE SUL TORMENTONE PER SALVARE LA FIAT.

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1- I PECCATI DELLE "LOCUSTE" DELLA FINANZA MONDIALE HANNO CREATO SGOMENTO NEI PALAZZI VATICANI
Anche il Vaticano entra di prepotenza nel dibattito sulla crisi mondiale dell'economia e lo fa con un ponderoso documento che perfino il giornale cattolico "Avvenire" definisce "impressionante".

Vaticano

Mentre nel perimetro che va da Palazzo Grazioli a Palazzo Chigi fino a lambire le stanze di via XX Settembre, si cerca qualche brandello di genialità per rispondere ai diktat di Bruxelles, la Chiesa alza il tiro con una lunga nota che ha per titolo "Per una riforma del sistema finanziario internazionale". Sarebbe sbagliato pensare al solito bla bla bla dove si invoca l'introduzione dell'etica nella finanza. Su questo tema il Magistero si è pronunciato fin da quando è uscita l'enciclica "Pacem in Terris" e quello che è stato presentato ieri si smarca per l'estrema concretezza delle proposte.

Flaminia Giovannelli

A metterci le mani è il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, l'organismo creato nel luglio del '67 da Paolo VI e riconfermato nelle sue funzioni nell'88 da Papa Wojtyla. Si tratta di un organismo affollato da cardinali e monsignori di tutti i continenti ed è guidato da un arcivescovo nero del Ghana che si chiama Peter Turkson. Accanto a lui si trova con il ruolo di sottosegretario Flaminia Giovannelli, una donna di 62 anni, figlia di diplomatici, che parla quattro lingue, viaggia in bicicletta con cappellini colorati ed è una delle poche presenze femminili che bazzica i piani alti del Vaticano.

È stata lei a tirare le fila del lavoro di un gruppo di consultori del Pontificio Consiglio tra i quali si trovano docenti delle università italiane (Simona Beretta, Stefano Fontana, Edoardo Greppi, Stefano Zamagni) e il direttore della Civiltà Cattolica, Gianpaolo Salvini, che ha scritto il libro "Il buono dell'economia" insieme al barbuto professore di Chicago, Luigi Zingales.

ARCIVESCOVO PETER TURKSON MICHEL CAMDESSUS

Il documento presentato ieri è interessante perché al di là di un inevitabile attacco alla cupidigia collettiva e alla tecnocrazia, contiene quattro proposte concrete. La prima riguarda la creazione di una Banca centrale mondiale che regoli il flusso e il sistema degli scambi monetari e qui si sente la mano di un altro membro eccellente del Pontificio Consiglio, Michelle Camdessus, il banchiere francese che dall'87 al 2000 ha guidato il Fondo Monetario in maniera meno peccaminosa di Strauss-Khan.

Dopo questa proposta che appare di difficile realizzazione, la nota vaticana si spinge a chiedere una tassa sulle transazioni finanziarie e la ricapitalizzazione delle banche con fondi pubblici (a condizione che il sostegno sia legato a comportamenti "virtuosi" e finalizzati a sviluppare l'economia reale). E per finire ecco spuntare anche un sottile distinguo tra le attività di credito ordinario e di investment banking in modo da disciplinare i "mercati ombra" privi di controlli e di limiti.

Luigi Zingales

Per la prima volta nella sua storia millenaria la Chiesa si spinge su un terreno così pragmatico e questo è il segno che i peccati delle "locuste" della finanza mondiale hanno creato sgomento nei palazzi vaticani.


2- MARPIONNE HA MESSO UNA LAPIDE SUL TORMENTONE PER SALVARE LA FIAT.
È stato davvero commovente l'abbraccio con cui Emma Marcegaglia e Sergio Marpionne si sono salutati ieri davanti agli 800 industriali riuniti a Torino per un convegno.

Anche il sindaco Fassino che nella sua vita ne ha viste di tutti i colori, era commosso, e sull'onda dell'emozione si è lanciato in un discorso a difesa della vocazione manifatturiera della sua città. Il buon Fassino forse non ha ancora capito che la prima capitale dell'automobile sta diventando una cartolina ingiallita, ma a ricordarglielo è stato l'intervento di Sergio Marpionne, il manager dal pullover sgualcito al quale dal 1° giugno 2004 la Sacra Famiglia degli Agnelli ha messo nelle mani il ferrovecchio della Fiat.

SERGIO MARCHIONNE EMMA MARCEGAGLIA

E tanto per non smentire la sua fama di uomo duro e verace, il capo di Chrysler è salito sul palco e ha fatto cadere sulla platea parole raggelanti. Questa volta non ha fatto discorsi carichi di significato politico e di rimpianti come quello pronunciato a ottobre dell'anno scorso a Firenze davanti ai Cavalieri del Lavoro quando disse che l'Italia aveva perso il senso delle Istituzioni e si erano aperti i cancelli dello zoo. E nemmeno ha ripetuto i concetti di un articolo di gennaio quando senza mezzi termini ha scritto: "in certi momenti mi sono chiesto se ne valeva la pena".

MARCHIONNE E CORDERO DI MONTEZEMOLO

Con il candore apparente che lo distingue, il figlio del carabiniere Concezio ha semplicemente detto che Fabbrica Italia, il famoso piano per rilanciare l'azienda nel nostro Paese, "era solo una dichiarazione di intenti". Se Fassino, Cota, la Marcegaglia, Tronchetti Provera, l'ex-ambasciatore Spogli e gli altri 800 imprenditori presenti avessero capito al volo il significato autentico di un'affermazione così grave, avrebbero dovuto alzarsi e in silenzio lasciare la "Sala Giovanni Agnelli". Perché una cosa è certa: con le sue parole così inconsuete sulla bocca di un manager di fama internazionale, Marpionne ha messo una lapide sul tormentone che dall'aprile 2010 è stato sbandierato come la ricetta miracolosa per salvare la Fiat.

A dire il vero la sua ricetta il manager italo-svizzero-canadese-amerikano l'aveva già annunciata il 22 dicembre 2009 durante l'incontro che si svolse a Palazzo Chigi davanti ai ministri, Gianni Letta, i presidenti delle Regioni e ai sindacati. In quell'occasione Marpionne si divertì a buttare sul tavolo un documento di 39 pagine con 59 slides (scelte e disegnate da lui stesso) in cui tracciava le linee generali del Piano industriale per i successivi due anni.

ROBERTO COTA

Dopo pochi mesi Luchino di Montezemolo lasciò la Fiat e la Borsa schizzò all'insù all'idea che si fosse chiuso un ciclo storico e che Fabbrica Italiana sarebbe diventata la chiave del cambiamento. C'è poi chi ricorda che dopo la presentazione del nuovo progetto-Italia avvenuta in aprile con grandi squilli di tromba, sui televisori italiani apparve uno spot curato dall'agenzia di pubblicità Leo Burnett che in 60 secondi spiegava agli italiani la promessa della Fiat. Era il giugno 2010 e lo spot fece piangere milioni di famiglie perché si vedeva un padre che cullava il suo bambino e ragionava ad alta voce su "Fiat Fabbrica Italiana", un'idea vincente per il futuro.

PIERO FASSINO

Da allora quel bambino, scelto dal regista Luca Lucini, è cresciuto, mentre Fabbrica Italia è dimagrita fino a rotolare tra i piedi della platea torinese come "una dichiarazione di intenti". È inutile adesso che Fassino insista sulla vocazione manifatturiera della sua città e che la Marcegaglia si scomponga la chioma in un abbraccio affettuoso con il figlio del carabiniere Concezio. In questo anno gli operai di Mirafiori hanno lavorato 35 giorni su 205 e i sei stabilimenti italiani sono stati utilizzati al 55,8% delle loro potenzialità.

Il destino è segnato e a nulla vale chiedere spiegazioni al grande manager. Qualcuno ha provato a farlo ma si è sentito rispondere: non ci pare logico che la Fiat debba fornire dettagli di previsioni pluriennali".

Più chiaro di così?


3- RICAPITALIZZARE UNICREDIT COSTA 5 MILIARDI
Ai piani alti di Unicredit le orecchie sono tese su ciò che avverrà domani a Bruxelles per risolvere almeno in parte i problemi delle banche.

Ieri sulle scrivanie di piazza Cordusio è circolata l'ultima Lettera Economica della Fondazione Einaudi, una pubblicazione molto accurata, in cui si legge che ciascuna delle più grandi banche francesi e tedesche avrebbe bisogno di circa 33 miliardi, mentre l'esborso per l'Italia è di circa 7 miliardi di euro di cui 5 a carico di Unicredit e 2 a MontePaschi. Ormai gli analisti danno per scontato che la banca di Ghizzoni e Rampl debba far fronte nei prossimi mesi a un aumento di capitale e c'è chi ritiene 5 miliardi una cifra inadeguata rispetto ai 9,5 stimati dentro la City.

Federico Ghizzoni ROBERTO NICASTRO DIETER RAMPL UNICREDIT Palenzona

Qualcosa di più chiaro su questo tema dovrebbe venir fuori domani dalla Giornata del Risparmio che si celebra a Roma alla presenza di Draghi, del presidente dell'Abi, Peppiniello Mussari, e delle più alte autorità. Tra loro dovrebbe esserci anche l'ex-camionista di Genova Fabrizio Palenzona che oltre alla carica di vicepresidente di Unicredit è il dominus della Fondazione piemontese Crt che ieri ha annunciato di essere pronta a erogare il prossimo anno 140 milioni di euro a sostegno del territorio.

Non si capisce invece quanti quattrini le Fondazioni socie di Unicredit siano pronte a dirottare per l'inevitabile aumento di capitale della banca. Palenzona si tiene coperto, non strilla come presidente della Fondazione Banco di Sicilia, e sta cercando di capire qualcosa del pasticcio creato dall'alto dirigente di Unicredit che si fa chiamare "ministro".

Costui - come già Dagospia ha spiegato - lavora al fianco di Ghizzoni e ha un'esperienza diplomatica, ma finora ha dimostrato una scarsa sensibilità culturale che lo ha portato a liquidare Paolo Savona dalla direzione scientifica delle tre Riviste economiche di Unicredit.

PAOLO SAVONA

Dopo questo colpo di mano, il cosiddetto ‘ministro' ha convocato uno ad uno gli illustri economisti che fanno parte del Comitato scientifico (tra questi Rey, Pedone, Salvatore, Tantazzi e Cipolletta) per annunciare che la direzione della rivista passerà dalle mani di Paolo Savona a quelle di Paolo Guerrieri, un docente della Sapienza esperto di questioni internazionali. Ha aggiunto inoltre che a curare l'edizione sarà una piccola società romana che si interessa della distribuzione di riviste come "Internazionale" e "Left".

Bernab e marco patuano

Questa iniziativa, che porta un'inequivocabile impronta di sinistra, non è piaciuta a Palenzona che ha cercato di saperne di più ed è riuscito a scoprire che il cosiddetto "ministro" ha trovato dentro la banca un formidabile alleato in Serena Massimi, moglie di uno dei tre top manager che guidano Unicredit.

4- CONCLAVE SEGRETO TRA I PIÙ ALTI DIRIGENTI DI TELECOMITALIA
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che nei giorni scorsi si è svolto un conclave segreto tra i più alti dirigenti di TelecomItalia.

La convention a porte rigorosamente chiuse ha occupato ben tre giornate di lavoro ed è servita per mettere a punto la nuova strategia industriale dell'azienda. La maggior parte dei manager che hanno partecipato all'evento, ha cercato di capire lo stato dei rapporti tra Franchino Bernabè e Marco Patuano che guidano l'azienda con deleghe quasi simili e non sembrano viaggiare in grande armonia".

MASSIMO DI CARLO

5- BPM, LA CARTA COPERTA DI NAGEL
Avviso ai naviganti N.2 - "Si avvisano i signori naviganti che il candidato coperto per il vertice di Banca Popolare Milano (dove sono ormai rotolate le teste di Ponzellini e del direttore Chiesa) e' Massimo Di Carlo, un manager 48enne di Rovereto, bocconiano e calvo, che e' stato assunto in Mediobanca nell' 87 e dal marzo 2006 ricopre la carica di Vice Direttore Generale.
La sua eventuale nomina rappresenta il sigillo di Piazzetta Cuccia e del pallido Nagel sull'Istituto che piaceva tanto a Matteuccio Arpe.

ALBERTO NAGEL

 

TORNA IL GF E VINCE (24%), IN PRIME TIME TESTA A TESTA CON LA FICTION DI RAIUNO (21%)

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Ornella Petrucci per "Il Velino"

Alessia Marcuzzi - Grande Fratello 12

In 6 milioni 121 mila telespettatori, con il 21,62 per cento di share, hanno visto ieri in prima serata su Rai1 la seconda e ultima parte della fiction "Dove la trovi una come me?" con Gabriella Pession, Daniele Pecci, Giorgio Lupano e Josè Maria Blanco. Su Canale5 la dodicesima edizione del "Grande fratello", condotto da Alessia Marcuzzi, ha debuttato con 5 milioni 268 mila telespettatori e il 24,96 per cento di share.

Gabriella Pession

In particolare, nella sovrapposizione, dalle 21.23 alle 23.04, il reality show dell'ammiraglia Mediaset ha ottenuto 6 milioni 133 mila telespettatori con il 21,66 per cento di share, mentre la fiction di Rai1 6 milioni 121 mila con il 21,62 per cento. Risultati sotto i tre milioni per il resto della programmazione di prime time.

Su Italia1 il telefilm "CSI: Miami" ha totalizzato 2 milioni 660 mila telespettatori e il 9,26 per cento di share. Su Rai2 il programma "Voyager", condotto da Roberto Giacobbo, ha interessato 2 milioni 268 mila telespettatori, con l'8,14 per cento di share. Su La7 "L'Infedele", condotto da Gad Lerner, è stato seguito da un milione 622 mila telespettatori, con il 6,96 per cento di share.

Gad Lerner phMarinoPaoloni

Su Rai3 il film "Sfida senza regole", di Jon Avnet, con Al Pacino e Robert De Niro, ha ottenuto un milione 536 mila telespettatori e il 5,29 per cento di share. Su Rete4 il film "U.S. Marshals. Caccia senza tregua", di Stuart Baird, con Robert Downey Jr., Wesley Snipes e Tommy Lee Jones, ha registrato un milione 464 mila telespettatori e il 5,88 per cento di share.

In seconda serata "Grande fratello live", in onda dalle 00.49, ha siglato il 25,62 per cento di share, con un milione 423 mila telespettatori. Su Rai1 "Porta a Porta", in onda dalle 23.29, ha raccolto un milione 329 mila telespettatori e il 12,85 per cento di share. Su Rai3 il programma "Correva l'anno", in onda dalle 22.55, è stato seguito da 749 mila telespettatori, con il 4,14 per cento di share. Su Rai2 il film "Frailty-Nessuno è al sicuro", di e con di Bill Paxton, in onda dalle 23.30, ha ottenuto 597 mila telespettatori e il 5,58 per cento di share.

AVANTI UN ALTRO - PAOLO BONOLIS

Su Italia1 "Real CSI", in onda dalle 23.57, ha realizzato 518 mila telespettatori e il 5,56 per cento di share. Su Rete4 il film "La recluta", di e con Clint Eastwood, in onda dalle 23.55, ha riportato il 7 per cento di share, con 474 mila telespettatori. Su La7 il telefilm "Crossing Jordan", in onda dalle 0.30, ha totalizzato 190 mila telespettatori e il 3,12 per cento di share.

Mimun foto mezzelani gmt

Sul fronte dei tg delle 20: il Tg1 ha raccolto 5 milioni 807 mila telespettatori e il 22,04 per cento di share; il Tg5 ha ottenuto 5 milioni 805 mila telespettatori e il 22,02 per cento di share, il TgLa7 ha realizzato 3 milioni 292 mila telespettatori e il 12,34 per cento di share. In access prime time "Striscia la notizia", in onda su Canale5, ha vinto con 7 milioni 565 mila telespettatori e il 25,36 per cento di share, aggiudicandosi la palma di programma più visto della giornata.

Su Rai1 "Qui Radio Londra", in onda dalle 20.35, ha realizzato 4 milioni 660 mila telespettatori e il 16,59 per cento di share; a seguire, dalle 20.44, "Soliti Ignoti" ha ottenuto 5 milioni 232 mila telespettatori e il 17,64 per cento di share. Su La7 il talk "Otto e mezzo" ha registrato 2 milioni 473 mila telespettatori e l'8,33 per cento di share.

Lilli Gruber

Nel preserale il programma di Carlo Conti, "L'eredità", ha realizzato nella "sfida dei 6", in onda dalle 18.47, 4 milioni 65 mila telespettatori e il 21,98 per cento di share; nella parte finale, dalle 19.46, 5 milioni 331 mila telespettatori e il 22,88 per cento di share.
Su Canale5 il programma di Paolo Bonolis, "Avanti un altro!", in onda dalle 19.06, ha raccolto 4 milioni 109 mila telespettatori e il 20,12 per cento di share.

giuliano-ferrara

Nel pomeriggio bene Canale5 con "Beautiful", un onda dalle 13.40, con 3 milioni 406 mila telespettatori e il 18,84 per cento di share; e a seguire, dalle 14.11, "Cento Vetrine", in onda dalle 14.11, che ha riportato il 19,91 per cento di share, con 3 milioni 297 mila telespettatori. Infine nelle 24 ore Canale5 si è aggiudicata lo share più alto con il 21,49 per cento.

 

BOSSI DICE CHIARO CHE SULLE PENSIONI “SI RISCHIA LA CRISI, E NON FAREMO GOVERNI TECNICI” - ADDIO IPOTESI LETTA?

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Da "LaStampa.it"

SILVIO BERLUSCONI UMBERTO BOSSI

Umberto Bossi, per la prima volta, lo dice chiaro e tondo: «Stavolta si rischia la crisi». Lo dice al termine di un vertice Pdl- Lega sul nodo delle pensioni. E aggiunge: «Noi non facciamo governi tecnici», rispondendo all'ipotesi di un esecutivo tecnico guidato da Gianni Letta.

«Stiamo trattando. Mi pare ci sia questa ipotesi che il governo possa cadere, ma i margini di trattativa ci sono», aveva detto stamane il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, interpellato dai cronisti sull'ipotesi di caduta del governo dovuta al nodo pensioni.

Bossi Berlusconi

Al summit a palazzo Grazioli hanno partecipato, oltre al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, i ministri della Lega Nord Roberto Maroni e Roberto Calderoli, il segretario del Pdl Angelino Alfano e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta. In un secondo momento sono arrivati a palazzo Grazioli anche il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri, il suo vice Gaetano Quagliariello e il collega della Lega nord Federico Bricolo, con il capogruppo alla Camera del Pdl Fabrizio Cicchitto e quello della Lega Marco Reguzzoni. Della partita, infine, anche il ministro del Lavoro Roberto Sacconi.

MATTEOLI

La riunione serve a fare il punto sulle misure da presentare al Consiglio Europeo di Bruxelles e, in particolare, a tentare di sciogliere il nodo della riforma previdenzale, a cui la Lega si oppone.

Sulle pensioni c'è fronte sempre più compatto dai sindacati: il segretario generale Cisl Raffaele Bonanni si dice stamane «decisamente contrario» a interventi sulle pensioni e chiede che prima il governo metta in campo la patrimoniale, incida sui costi della politica e venda il patrimonio pubblico: «Il governo dia l'esempio - ha detto - chi ha di più metta a disposizione quello che ha»

GIANNI LETTA

Ha precisato che sul nodo delle pensioni, «sostanzialmente -ha sottolineato Matteoli- siamo tutti d'accordo che è meglio non tagliarle. Però, se non si tagliano le pensioni, bisogna trovare qualche altra soluzione, il che non è facile». Il ministro delle Infrastrutture, che ha parlato a margine dell'inaugurazione della nuova sala crisi dell'Enac, ha ricordato le misure già varate dal governo: «Abbiamo già preso due provvedimenti, uno a luglio e uno ad agosto; i ministeri hanno subito tagli importanti e ci sono stati molti tagli alla spesa per la politica». «Qui non è in discussione il fatto che c'è un partito di coalizione che è favorevole ai tagli delle pensioni e uno che è contrario. Siamo tutti contrari. Nessuno ci ha chiesto di tagliare le pensioni, e nessuno propone di tagliarle, si parla di allungare l'età pensionabile».

RENATO SCHIFANI RAFFAELE BONANNI

 

LANDE DESOLATE - I GIUDICI: CONSOB E BANKITALIA RESPONSABILI CIVILI DELLA TRUFFA DEL MADOFF

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Ilaria Sacchettoni per il "Corriere della Sera"

Gianfranco Lande

La decisione che spiana la strada ai risarcimenti arriva dopo 2 ore di camera di consiglio. Consob e Bankitalia sono da considerare responsabili (civili) per la truffa del «Madoff dei Parioli». Sollievo nell'aula affollata dalle molte vittime (eccellenti e non) dei derivati finanziari di Egp, Egf, Dharma Holding e altre società (solitamente abusive) che hanno ingoiato gli investimenti di 1.680 clienti. Ora, se Lande fosse condannato, 230 di loro potrebbero rivalersi sulle autorità di vigilanza.

Gianfranco Lande

È la prima buona notizia da mesi per i truffati del «Madoff». La seconda viene dalla Francia, dove l'ente di sorveglianza - al lavoro dal 2008 contro le operazioni abusive della Egp di Lande - ha il timbro del Fonds de Garantie des Dèpots. Poche righe rivolte ai magistrati e, in allegato, una lista di nomi di ex clienti di Lande che hanno diritto al risarcimento immediato. Su questo il pm Luca Tescaroli darà il parere nei prossimi giorni.

E se la Consob annuncia il ricorso (15 giorni fa il giudice aveva accolto la richiesta di costituirsi parte civile contro Lande, ma sono due cose separate), l'avvocato Irma Conti prepara la citazione per 60 truffati: «Ora attendiamo il risarcimento». Replica la Consob: «Siamo stati noi a informare le autorità francesi circa la Egp (Européanne de Gèstion Privée di Lande, ndr)».

CONSOB

Ma le indagini proverebbero altro. Oltre alla denuncia di un cliente che, sia pure in forma anonima, informò la stessa Consob, a luglio 2009, sullo «stravagante» modus operandi di Lande e soci, affiorano nuovi dettagli su una possibile inerzia della vigilanza. Nel 2008, l'omologa autorità francese (Amf), dopo accurate ispezioni, sanzionò la Egp di Lande.
Possibile, ci si chiede ora in Procura, che la Consob abbia ignorato quel provvedimento?

han 22 giuseppe vegas

Ci sono poi le lettere, elusive secondo i magistrati, inviate dalla Consob al Nucleo valutario della Finanza. In una di esse ci si trincera dietro «direttive europee» che non avrebbero consentito approfondimenti sul «Madoff»: eppure, si sa, che, in seguito, furono disposti approfondimenti.

In un'altra lettera compare addirittura un refuso o un errore di battitura sul nome di Roberto Torregiani, socio di Lande (a processo ma con rito abbreviato) e responsabile dei rapporti con le banche. Nei «nostri archivi», scrive un dirigente della commissione, «non risulta alcun Roberto Torrigiani»: una «i» al posto della «e» che suscita perplessità nei magistrati.

Davvero - ci si chiede in Procura - il dirigente era tanto «sciatto» da scambiare un nome? Sul fronte delle banche: gli assegni inviati ai clienti investitori portano il timbro di Carispaq, di cui il padre di Torregiani era uno dei manager. Ma su tre dirigenti di filiale iscritti nel registro degli indagati, solo uno di loro si è sottoposto all'interrogatorio, mentre gli altri si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.

 

PRIMARIE PD A GENOVA: IL GOVERNATORE DELLA LIGURIA BURLANDO MANDA UN PIZZINO A MARTA VINCENZI

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http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/24/una-poltrona-per-i-trombati-del-pd/166075/

Ferruccio Sansa per "il Fatto quotidiano"

Claudio Burlando

"A chi perde le primarie un posto di prestigio", titolava oggi Il Secolo XIX. Un articolo breve, ma significativo. Di come il Pd ancora prima di andare al Governo già prometta poltrone. Dell'approccio con cui affronta le primarie, una prova di potere e clientela più che di democrazia.

Non si tratta di una dichiarazione rubata, ma di un discorso pronunciato alla Fiera di Genova, davanti agli stati maggiori del Pd ligure dal presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando. Una frase che colpisce, almeno quanto il silenzio con cui è stata accolta. Come dire, è ovvio. Scontato. Inutile fare le anime candide. Nemmeno uno che abbia alzato il sopracciglio.

CLAUDIO BURLANDO

Proclama Burlando: "Ognuno scelga chi preferisce tra i candidati in campo (alle primarie per il sindaco di Genova, ndr). Chi perde farà altre cose importanti, molto importanti". Insomma, pare proprio una promessa di incarichi di governo e sottogoverno. Se non bastasse il Governatore specifica: "Nel 1989 fui eletto dal Congresso segretario del Pci... Gli altri due candidati Francesco Mariani e Claudio Montaldo uscirono sconfitti, ma siamo tutti e tre vivi e attivissimi". Vero, Burlando lo sa benissimo, visto che Mariani (già socio di Franco Pronzato, l'ex consulente di Burlando, poi dirigente Pd arrestato per le mazzette Enac) divenne dirigente delle Ferrovie quando Burlando era ministro dei Trasporti e oggi guida il porto di Bari. Mentre Montaldo è oggi assessore alla Sanità della Regione Liguria con Burlando. Insomma, chi perde nel Pd ha l'assicurazione sulla vita. I posti si trovano, meglio se in amministrazioni ed enti pubblici.

Un messaggio che pareva chiaramente diretto all'attuale sindaco di Genova, Marta Vincenzi, invisa al potere burlandiano che domina la Liguria e quindi in odore di trombatura: se ti fai da parte senza tante storie, avrai un bel posto di prestigio. Non siamo molto distanti, nell'approccio e nella mentalità, dallo stile usato da Berlusconi con i vari Scilipoti di turno.

Marta Vincenzi

Ma non è Burlando il problema, la sua attenzione per gli amici è cosa nota e documentata. Il discorso è molto più ampio e riguarda tutto il Pd che dalla platea ascoltava e applaudiva: qui pare proprio di essere alla promessa di cariche, ancora prima di arrivare al Governo. Non solo: la promessa di poltrone, perché di questo in sostanza pare trattarsi, non è certo esempio della nuova politica di cui tutti sentiamo bisogno. Ancora più stupefacente, però, è che venga da un uomo che occupa un incarico istituzionale.

E in fondo emerge un'altra questione: è questa la ben misera idea che il Pd ha delle primarie? Una battaglia in cui tutti vincono, il candidato e anche i trombati che poi saranno ricompensati, magari con incarichi pubblici. Una sfida falsata, i cui partecipanti possono essere blanditi con l'annuncio di altri compiti "molto importanti".

Una gaffe, verrebbe da dire, se a parlare non fosse stato Burlando, un uomo tutt'altro che stupido e sprovveduto. No, questa è una dichiarazione programmatica. Pronunciata davanti a una platea inerte, quella dei dirigenti Pd, che non si è neanche accorta della sua gravità. Meglio tacere, e aspettare il proprio turno per accaparrarsi una poltrona. Sarà questo il nuovo governo di centrosinistra?

 

STALLO SULLE PENSIONI - BOSSI: LA LETTERA DELLA BCE UNA FUCILATA A BERLUSCONI SCRITTA DA UN ITALIANO

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1. SARKOZY...
Jena per "La Stampa"
- Jena ridens

umberto bossi

2. CATTIVERIE...
Da "Spinoza.it"
- Indagato D'Alema. Davvero un periodaccio per gli amici di Berlusconi

3. A VERTICE E' STALLO, NO LEGA A RIFORMA PENSIONI...
(ANSA)
- E' ancora stallo al vertice di maggioranza convocato da Silvio Berlusconi a palazzo Grazioli con la Lega e il Pdl sul tema principale delle pensioni. Lo riferiscono fonti presenti all'incontro, sottolineando tuttavia che la trattativa prosegue ancora. Il nodo resta quello del no del Carroccio ad una riforma delle pensioni ipotizzata dallo stesso capo del governo dopo il vertice di Bruxelles. Al momento il presidente del Consiglio, i ministri e i vertici dei due partiti sono ancora chiusi a via del Plebiscito.

4. BOSSI, LETTERA BCE E' FUCILATA A BERLUSCONI. L'HA SCRITTA UN ITALIANO...
(ANSA)
- "Abbiamo un sistema pensionistico che è più a posto di quello francese e tedesco. La lettera" della Bce "é una fucilata a Berlusconi. Sembra più un attacco a Berlusconi". Così il leader della Lega, Umberto Bossi. Il ministro aggiunge: "Chi fa quella roba lì, è un italiano. Chi ha scritto la lettera è un italiano".

BERLUSCONI

"Chi ha scritto la lettera" della Bce "é un italiano. Ora l'Europa parla italiano", sottolinea Umberto Bossi. "Addirittura la lettera dice che bisogna privatizzare le farmacie. E' una stupidaggine, sono cose comunali. La lettera è una fucilata a Berlusconi, più che altro", aggiunge.

5. BOSSI, INTESA MOLTO DIFFICILE,ASPETTO PROPOSTE...
(ANSA) -
L'accordo sulla riforma delle pensioni "é difficile, molto difficile". Così il ministro delle Riforme e leader della Lega, Umberto Bossi. A chi gli domanda se incontrerà Berlusconi, risponde: "No. Penso che starò lì a guardare le proposte che mi fanno tra poco".

6. BOSSI, IMPOSSIBILE TOCCARE LE PENSIONI, LA GENTE CI AMMAZZA...
(ANSA)
- "Non è possibile portare le pensioni a 67 anni per far piacere ai tedeschi. Non possiamo farlo, la gente ci ammazza". Così il leader della Lega Umberto Bossi, risponde ai giornalisti al suo ingresso a Montecitorio

7. BOSSI, SE CADE, SI VA A ELEZIONI...
(ANSA)
- "Sì. Ebbé, che vuoi fare?". Così il leader della Lega Umberto Bossi risponde a chi gli domanda se in caso di governo lo scenario siano le elezioni. "Mica possiamo fare un governo tecnico", aggiunge.

NAPOLITANO

8. NAPOLITANO, ANNUNCI PREMIER SU SVILUPPO SIANO DEFINITI...
(ANSA)
- "Gli sforzi già avviati e gli elementi positivi della nostra situazione sono stati certamente già illustrati a Bruxelles. Ma dobbiamo compiere tutte le scelte necessarie per ridurre il rischio a cui sono esposti nei mercati finanziari i titoli del nostro debito pubblico, rendere più credibile il nostro impegno ad abbattere tale debito e a rilanciare la crescita economica". Lo afferma in una nota il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

9. NAPOLITANO, OK SFORZI ITALIA, RENDERLI PIU' CREDIBILI...
(ANSA) -
Dopo gli sforzi già avviati, "Dobbiamo compiere tutte le scelte necessarie per ridurre il rischio a cui sono esposti nei mercati finanziari i titoli del nostro debito pubblico, rendere più credibile il nostro impegno ad abbattere tale debito".Lo afferma Giorgio Napolitano.

10. NAPOLITANO,NESSUNO AVANZI PRETESE DA COMMISSARIAMENTO...
(ANSA)
- "Nessuno minaccia l'indipendenza del nostro paese o è in grado di avanzare pretese da commissario. Ma da 60 anni abbiamo scelto - traendone grandissimi benefici - di accettare limitazioni alla nostra sovranità, in condizioni di parità con gli altri Stati". Lo afferma in una nota il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

barroso

11. UE ASPETTA LETTERA IMPEGNI ITALIA ENTRO DOMANI...
(ANSA) - "La Ue aspetta una lettera di Berlusconi con impegni specifici sulle rapide misure per la crescita che l'Italia intende adottare, e finora non ha ancora avuto nessuna indicazione da Roma": lo ha detto oggi il portavoce del presidente della Commissione José Barroso.

12. COMMISSIONE UE, ITALIA MANTERRA' IMPEGNI...
(ANSA)
- L'Italia farà quanto promesso: lo ha detto il portavoce della Commissione europea riferendosi all'impegno preso da Silvio Berlusconi per presentare a Bruxelles entro domani informazioni precise sui provvedimenti che intende prendere. Il governo italiano è "determinato" e anche pronto ad "accelerare" se necessario.

13. SIRCANA, PARTITO FRANTUMATO E BERSANI NEL BUNKER...
(ANSA)
- "Sono molto preoccupato per lo stallo provocato nel Pd da un'eccessiva frantumazione". Lo dice in un'intervista al Corriere della Sera il senatore del Partito Democratico Silvio Sircana, aggiungendo di guardare con favore alle "ventate" dei giovani, a patto però che non siano "l'ennesima corrente". "Ricordo - aggiunge l'ex portavoce del secondo governo Prodi - che una delle parole chiave con le quali Prodi vinse la prima campagna elettorale nel '96 fu 'insieme'.

SARKOZY E MERKEL

Ora quel termine è stato sostituito da quattro parole: 'ognuno per conto suo'". Sircana si dice "preoccupato" anche per la "sindrome del bunker" che caratterizza a suo avviso i vertici del Pd. "Una volta arrivati in segreteria - spiega - ci si sente talmente poco supportati da frange anche consistenti del partito che spesso si cade nell'errore di chiudersi nel recinto con i fedelissimi senza aprirsi all'esterno".

14. MORETTI SU ‘EL MUNDO': "LA SINISTRA HA PAURA DELLA PROPRIA OMBRA"...
Da "la Stampa"
- Sono passati 10 anni da quel famoso «con questi dirigenti non vinceremo mai», e Nanni Moretti non ha cambiato idea sulla sinistra italiana. «Ci sono state troppo poche novità in questi anni - dice in un forum online su El Mundo -. Troppe lotte intestine, troppi personalismi e troppa paura di affermare un'identità propria».

SILVIO SIRCANA

15. PENTITO, PROVENZANO DISSE CHE ANDREOTTI SAPEVA...
(ANSA) - "Le stragi sono state la rovina. In pochi sappiamo la verità: io, Totuccio (Riina n.d.r) e Andreotti". Confidandosi con Stefano Lo Verso, mafioso ora pentito, il boss Bernardo Provenzano si sarebbe lamentato della strategia stragista di Cosa nostra cominciata con gli attentati a Falcone e Borsellino. Lo ha rivelato il collaboratore di giustizia al processo al generale Mori accusato di favoreggiamento alla mafia.

NANNI MORETTI

16. PENTITO, BOSS MI FECE NOME SCHIFANI....
(ANSA)
- "Nicola Mandalà (mafioso di Villabate n.d.r.) mi disse che 'avevano nelle mani Schifani, Dell'Utri, Cuffaro e Romano'". Lo ha rivelato, deponendo al processo al generale dei carabinieri Mario Mori, accusato di favoreggiamento alla mafia, il pentito Stefano Lo Verso.

"Mandalà me lo disse per tranquillizzarmi perché io avevo dei problemi per la realizzazione di una chiesa a Ficarazzi. Allora lui mi rassicurò dicendomi che eravamo coperti a livello nazionale e locale". Il mafioso avrebbe rivelato a Lo Verso anche che Renato Schifani, ora presidente del Senato, era socio di suo padre, Nino Mandalà, recentemente condannato per mafia.

Andreotti

 

EUROPA, FUCK YOU - IL ‘NEW YORK TIMES’ SEPPELLISCE LA VECCHIA EUROPA DEI GOVERNI MOSCI

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Carlo Antonio Biscotto per il "Fatto quotidiano"

Paul Krugman

Non c'è pace per Silvio Berlusconi affannosamente impegnato a difendere l'indifendibile a Bruxelles e bruscamente richiamato alla realtà dai partner europei che lo aspettano al varco mercoledì prossimo. Con un certo sarcasmo è sceso in campo anche Paul Krugman sulle pagine del New York Times. L'incipit è tagliente: "Se non fosse tragica, l'attuale crisi economica europea sarebbe comica. Mentre crollano come carte, uno dietro l'altro, i piani di salvataggio, i pomposi e autoreferenziali leader europei appaiono sempre più ridicoli".

SARKOZY MERKEL

Krugman - evidentemente in vena di scherzi - ha ricordato il ritornello della canzoncina popolare "C'è un buco nel secchio". La canzone parla di un contadino pigro che si lamenta di avere il secchio bucato. La moglie gli suggerisce una serie di rimedi che si rivelano tutti inattuabili. Alla fine, spazientita, intima al consorte di andare a prendere l'acqua al pozzo.
Senza tanti giri di parole Krugman punta il dito sull'Italia, il cui debito rappresenta al momento il maggiore pericolo per il vecchio continente.

Gli investitori per paura di un default chiedono interessi più alti e, così facendo, aumentano le probabilità che un default si verifichi realmente. Il classico serpente che si mangia la coda. La profezia che si autoavvera. Come scongiurare il pericolo? Creando un fondo che, in caso di necessità, presti all'Italia grosse somme di denaro a tassi meno esosi. Ma qui si profila un altro rompicapo. Per creare un fondo del genere è necessario il "credibile" impegno dei principali governi europei. Quello italiano è uno dei governi principali. Si può essere credibili prestando denaro a se stessi?

Banchieri Centrali Shirakawa Bernanke Trichet Draghi King

Ma per quale ragione Gran Bretagna, Giappone e Stati Uniti - gravati da debiti sovrani e deficit non inferiori a quelli dei paesi dell'Eurozona - continuano a rastrellare denaro a tassi bassissimi? Perché le loro Banche centrali, a differenza della Bce, dispongono di riserve monetarie e della possibilità di stampare carta moneta. L'aspetto, al contempo buffo e tragico della vicenda, è che l'euro è nato per sventare la minaccia di un ripetersi di quanto accaduto negli anni '70 e, di conseguenza, questa Linea Maginot si è rivelata di cartapesta dinanzi al rischio di un nuovo '29.

q NYtimes prima pagina

La diagnosi di Krugman è impietosa: quanto di buono hanno fatto i Paesi europei nel secondo dopoguerra rischia di essere vanificato dall'arroganza e insipienza di un ceto politico che ha legato le sorti dell'economia a un sistema rigido come quello del "gold standard" degli anni '30 rivelatosi una trappola mortale.

 


IL PARTITO ISLAMICO “MODERATO” SI APPRESTA A VINCERE LE ELEZIONI TUNISINE COL 40% - LAICI BATTUTI

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1 - ACCUSE A ENNAHDHA, HA BARATO - NON BROGLI, MA SFACCIATE VIOLAZIONI REGOLE ELETTORALI...
(ANSA)
- Anche se da parte dell'Alta istanza per le elezioni e degli osservatori anche internazionali non sono state segnalate sostanziali irregolarità nel voto in Tunisia, sono in molti ora a puntare il dito contro Ennahdha, accusando il partito di avere, sfacciatamente, violato le prescrizioni relative alla campagna elettorale.

RACHID GHANNOUCHI

Al partito che ha vinto le elezioni si addebita, sostanzialmente, di avere violato la tregua della campagna scattata venerdì sera continuando a fare propaganda sin dentro i seggi. A sostegno di queste accuse ieri sera c'é stata una manifestazione nel centro di Tunisi, dove sono state elencate quelle che, per gli autori della protesta, sono le infrazioni addebitate al partito confessionale.

2 - LA DERIVA ISLAMISTA CONTAGIA TUTTO IL MAGHREB
Paolo Hutter per il "Fatto quotidiano"

Tunisia, avamposto dell'anno delle rivolte arabe, prime elezioni, una prova cruciale. Dopo il giorno è venuta la notte? La domenica sotto il sole è stata un successo al di là delle previsioni. Non era scontato il 70% di partecipazione al voto e soprattutto non era scontato il clima, quello di una manifestazione di massa per la democrazia, per mostrare a sé stessi e al mondo che si è all'altezza.

rached ghannouchi

Dopo il buonumore generale, addirittura la allegria e la commozione nello spirito unitario della partecipazione alle elezioni, viene il momento di fare i conti, nel senso letterale del termine. E l'onda di Ennahda , gli islamisti che si dichiarano moderati e "alla tunisina", dilaga. I risultati dopo la chiusura dei seggi non arrivano come da noi con exit poll e parziali: circolano solo voci, e le ricostruzioni di chi ha sommato un po' di seggi diversi. Alla sede di Ettakatol - il partito iscritto alla Internazionale Socialista che ha per simbolo il pesce, riferimento nel campo progressista-laico - gli umori non sono così buoni, nonostante il buon successo delle loro liste.

Arriva la notizia che in Francia l'islamista Ennahda ha quasi la metà dei voti e che i secondi sono quelli del Cpr di Marzouki, partito-rivelazione, di origine se vogliamo laico-liberale, dalla Lega per i Diritti Umani, ma ultimamente in percorso di alleanza con Ennadha.

Moncef Marzouki

Vado direttamente ai seggi del centro di Tunisi, che non sono i ricchi dei quartieri laici residenziali nord ma neanche il popolo semplice della maggioranza del Paese. Arriva la semplificazione politica, su 80 liste pochissime prendono piu di 10 voti sui circa 750-800 validi a seggio. Qui il pesce socialdemocratico di Ettakatol supera il 20% ma Ennahda, nella zona in cui dovrebbe essere più debole, supera il 30 e il Cpr di Marzouki sfiora il 15%. Cominciano ad avere il muso lungo gli esponenti dei partiti laici progressisti.

Ennahda

Soprattutto quelli del Polo Democratico Modernista e del Pdp, risultati una forza di elite. Potranno essere imbarcati in un governo di unità nazionale, ma in posizione subalterna rispetto agli islamisti. Dopo un anno di Assemblea Costituente si tornerà ad elezioni, stavolta anche presidenziali. È presto per fare previsioni precise, scende in campo la Politica con la p maiuscola e con astuzie mediterranee, se non vogliamo dire arabe. Bisogna anche attendere la traduzione definitiva dei voti in seggi, che dovrebbe essere comunicata oggi.

ABDELFATTAH MOUROU FONDATORE DI ENNAHDHA

In un collegio come l'Italia il meccanismo elettorale ha dato a Ennadha 2 seggi su 3, che vanno a un ragazzo e una ragazza di meno di 30 anni. In Tunisia però gli islamisti potrebbero avere una percentuale di seggi inferiore al 40- 45% dei voti che si dice prendano. È inevitabile collegare in qualche modo la vittoria di Ennahda in Tunisia con la forza dei Fratelli Musulmani in Egitto, e con le dichiarazioni islamiste dei nuovi dirigenti libici. Perché abbattuti i tiranni si torna al Corano?

In Tunisia ci sono più risposte convergenti: la persecuzione esercitata da Ben Alì contro l'islamismo è tornata indietro come un boomerang, e Ennadha è il partito che più facilmente ha saputo comunicare di essere onesto e popolare. Inoltre è riuscita nel capolavoro di smarcarsi ampiamente dai salafiti senza che però i "barbuti" avessero qualcun altro da votare. Hanno anche messo una donna non velata e non praticante tra i capolista.

BEN ALI benali

Sono astuzie, inizia un processo vero di convivenza, o una polarizzazione più acuta? Riguardando ancora, nelle foto e nei video, i volti di questa grande manifestazione di massa che sono state le elezioni viene da ipotizzare che le aspirazioni della gente non siano poi così diverse da prevedere grossi conflitti nei prossimi mesi. Tutto sommato, a parte gli inevitabili conflitti tra gli addetti ai lavori politici, la Tunisia dopo le queste elezioni costituenti inizierà solo a prepararsi alle prime elezioni "normali". Che non verteranno solo sul Corano.

 

VOLANO “CORVI” SULLA SANTA SEDE - IL DUELLO POLITICO TRA IL CAPO DEI VESCOVI, BAGNASCO, E IL SEGRETARIO DI STATO, BERTON

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DAGOREPORT

giuseppe profiti

Venti di guerra in Vaticano. A guastar ancor di più i rapporti tra il presidente dei Vescovi italiani, Angelo Bagnasco, e il segretario di Stato, Tarcisio Bertone, mancava solo il Cavalier Patonza.

I due alti prelati sono politicamente lontani sul giudizio da dare sul governo Berlusconi. Se il berluscone Bertone liquida il Cavalier del Bunga Bunga alla stregua di un mero "peccatore", il sinistro Bagnasco, che un dì era su posizioni di destra, si inventa il convegno a porte chiuse dei cattolici a Todi (no politici, sì ai banchieri Passera e Palenzona) per dare sepoltura a premier e concretizzare un dopo-Berlusconi in chiave democristiana.

PROFITI hsGetImage

Secondo: da un po' di tempo il Vaticano è in subbuglio. Destino vuole, come è prassi eterna della Curia romana, che i prelati che si sentono emarginati dalle nomine del potere bertoniano si divertano a scrivere letterine anonime, attaccando questo e quello al muro. Ultimamente le gesta letterarie e poco cristiane del "Corvo" sono rimbalzate sui giornali, innescando un forte malumore ala Segreteria di Stato.

I boatos dei Sacri Palazzi aggiungono che ci sono altre due esplosive missive anonime che ancora non sono uscite alla ribalta mediatica e una delle due sarebbe indirizzata contro Bertone e l'operazione di acquisire il San Raffaele di Milano, un complesso ospedaliero (e altro) fallito sotto il peso di oltre un miliardo di debiti.

Tarcisio Bertone

Bertone, che come tutti i salesiani ha la fissa di occuparsi di ospedali, ospizi, scuole professionali etc., come insegna del resto il magistero del loro Don Bosco, accarezza da tempo un polo della sanità cattolico che veda in prima fila, oltre al Bambin Gesù di Roma, la Cattolica di Milano (che contiene l'istituto Toniolo, cassaforte della chiesa italiana), l'ospedale di San Pio da Pietralcina e l'impero decaduto di Don Verzè.

CARDINALE TARCISO BERTONE

E il Corvo punterebbe il suo aguzzo becco contro il duplex Bertone-Profiti. Dove c'è Tarcisio, c'è infatti il presidente dell'ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma. Cinquantenne calabrese, cugino dell'ex direttore generale della Rai Agostino Sacca, Giuseppe Profiti ha fulminato Bertone, all'epoca arcivescovo di Genova, nel suo ruolo di presidente dell'ospedale pediatrico e ostetrico Gaslini.

Biografizza così Profiti un fantomatico Monsignore su "Repubblica.it" del 20 luglio 2011: "già direttore generale della regione Liguria destinatario di una condanna a sei mesi della Corte d'appello genovese per una vicenda di turbativa d'asta in cui fu coinvolto con altri esponenti della politica locale negli appalti per la mensa del comune e dell'osperdale Galliera di Genova. Ospedale dove lo stesso Bertone in qualità di presidente del consiglio di amministrazione del Galliera, lo nominò suo vice per poi portarlo a Roma a capo del Bambin Gesù".

bagnasco

E nella capitale dove c'è Bertone, c'è Profiti. Un trait-union che trasforma subito Profiti in un "aggancio" per arrivare al Segretario di Stato. Aggiungere che è stato subito preposto dal Segretario di Stato alla vice presidenza del San Raffaele(con il cda che gli ha delegato tutti i poteri), è il cerchio si chiude.

bagnasco

Rimane il problema di queste maledette letterine del "Corvo", che hanno scocciato mica poco Bertone. Al punto che avrebbe affidato al capo della gendarmeria vaticana Domenico Giani l'incarico di scovare l'anonimo estensore. Pare che Giani non abbia tirato fuori un corvo dal buco e che abbia chiesto aiuto ai servizi italiani. L'affare s'ingrossa...

 

 

EDITORIA USA MARCIA COME LA FINANZA DI WALL STREET: GRUPPI IN CRISI, LICENZIAMENTI, MA MANAGER STRAPAGATI

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Carlo Antonio Biscotto per "il Fatto quotidiano"

OCCUPY WALL STREET

I manifestanti del movimento "Occupy Wall Street" hanno aperto una breccia, ma sul banco degli imputati di una società dove speculazione, facile arricchimento e sprechi sono la regola, non ci sono solamente i banchieri e i finanzieri di Wall Street. La pratica degli extra-dividendi, dei bonus e delle stock option ha dilagato un po' dappertutto senza risparmiare case editrici e mezzi di informazione.

RAGAZZI DEL MOVIMENTO _OCCUPY WALL STREET_

Emblematica la vicenda di Craig Dubow, presidente e amministratore delegato della Gannett Inc. proprietaria di 82 testate giornalistiche tra le quali Usa Today. L'ha raccontata sul New York Times, David Carr. Dal 2005, anno della nomina di Dubow, la quotazione di Borsa di una azione Gannett è precipitata da 75 a 10 dollari e il numero dei dipendenti è sceso da 52.000 a 32.000. Insomma una gestione disastrosa. Craig Dubow, direte, sarà stato cortesemente accompagnato alla porta? Nemmeno per sogno. Ha dato le dimissioni per ragioni di salute ottenendo a titolo di buonuscita la considerevole somma di oltre 37 milioni di dollari che vanno ad aggiungersi ai 16 milioni guadagnati negli ultimi due anni.

Scontri tra polizia e manifestanti a Wall Street

Forse - potrà pensare qualche ingenuo - questo è il prezzo che la Gannett doveva pagare per far entrare una ventata di aria fresca dalle finestre dei suoi uffici. Sbagliato. Dubow è stato sostituito da Gracia C. Martore in tutto e per tutto sua complice nella fallimentare gestione e pronta, a sua volta, a riempirsi le tasche di bonus e stock option .
Ma in questa corsa ai soldi facili e allo sperpero nel settore dei media, la Gannett non è né prima né sola. Nel 2007 Sam Zell ha acquistato The Tribune Company, proprietaria di quotidiani quali il Los Angeles Times, il Chicago Tribune e il Baltimore Sun, e di numerose emittenti tv.

NYT

Nel giro di meno di 4 anni l'ha affondata e costretta a chiedere il fallimento concordato dopo aver pagato decine di milioni di dollari sotto forma di bonus e aver licenziato oltre 4.000 dipendenti. A farne le spese sono stati solo Randy Michaels e pochi altri mentre ben 600 manager sono ancora al loro, ben retribuito, posto. Come spiega un avvocato che assiste nel procedimento fallimentare alcuni creditori, il fallimento è diventato un business: si tagliano i costi - 800 milioni di dollari negli ultimi 3 anni - e si genera un notevole cash flow - 517 milioni di dollari nel 2011.

Nella storia della Tribune Company ritroviamo il marchio di fabbrica di Wall Street: dai costi gonfiati alla cultura dell'arricchimento personale. In buona sostanza le ragioni per cui gli indignati di "Occupy Wall Street" sono in piazza. Comportamenti che i giornali criticano e i loro editori praticano. I giornali di tutto il mondo sono in crisi, le tirature diminuiscono, i tagli dei costi e i licenziamenti sono all'ordine del giorno. In questo panorama come è possibile che i top manager del settore continuino a guadagnare come rockstar?

Sul suo blog Words and Ideas" Peter Lewis, ex dipendente del Times e del Des Moines Register, ha provato a fare un po' di chiarezza: "C'è qualcuno disposto ad affermare che l'informazione dei giornali del gruppo Gannett è migliorata o che è migliorato il servizio che questi giornali rendono ai cittadini? Dubow ha licenziato molti giornalisti, ha ridotto lo stipendio alla maggior parte dei redattori, ha preteso orari di lavoro disumani. Quando il valore delle azioni è crollato, le tirature sono colate a picco e gli utili sono svaniti, Dubow e e gli altri dirigenti che hanno fatto? Si sono aumentati lo stipendio e i bonus".

E quanto scritto da Lewis vale per molte altre imprese editoriali e, diciamola tutta, per buona parte dell'economia americana che un tempo generava profitti producendo qualcosa di tangibile mentre oggi alimenta la bulimia dei manager facendo debiti e licenziando. Mentre i quotidiani chiedono sacrifici ai dipendenti e chiedono ai lettori delle edizioni online di cominciare a pagare un servizio fino a poco fa gratuito, gli editori farebbero bene a prestare ascolto al messaggio che viene dai dimostranti del movimento "Occupy Wall Street". Riguarda anche loro.

 

ITALIA È TUA BY DE MAGISTRIS SALTA UN GIRO: SE SI VOTA IN PRIMAVERA NIENTE SIMBOLO ARANCIONE SULLE SCHEDE

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Carlo Tarallo per Dagospia

de magistris con la bandana


1 - ITALIA È TUA SALTA UN GIRO: SE SI VOTA IN PRIMAVERA NIENTE SIMBOLO ARANCIONE SULLE SCHEDE

Italia è Tua salta un giro: se si vota in primavera, il simbolo del partito di Luigi de Magistris non sarà sulla scheda. Troppo stretti i tempi, ancora in alto mare l'organizzazione, in calendario per la metà di novembre un incontro riservatissimo tra Giggino ‘a Manetta e Tonino Di Pietro per capire se e come consumare il divorzio dell'anno. Possibilità allo studio: inserire candidati "arancioni" in una lista del centrosinistra (Idv in pole position, ma non si escludono intese con Pd o Sel), sul modello dell'ospitalità offerta dal Partito Democratico ai radicali alle scorse elezioni...

giuseppe narducci

2 - ASSESSORI CONTESTATI IN PIAZZA DANTE
Stamattina due assessori arancioni, Anna Donati e Giuseppe Narducci, delegati rispettivamente alla mobilità e alla sicurezza, hanno avuto la brillante idea di tenere una conferenza stampa in piazza Dante per presentare la nuova zona a traffico limitato, ma sono stati contestati aspramente da alcuni commercianti, professionisti e cittadini, insoddisfattissimi del provvedimento.

ALFONSO PAPA

In attesa di una eventuale replica su mandanti occulti e torbide frequentazioni politiche dei contestatori, ecco le immagini da youreporter. Intanto, che fine hanno fatto le biciclette che dovevano sostituire le auto blu in dotazione al Comune di Napoli? Ah saperlo...
http://www.youreporter.it/video_Assessori_del_sindaco_De_Magistris_contestati_a_Napoli

3 - SU TELEPOGGIOREALE DOMANI IN ONDA IL PROCESSO AL PAPA CARCERATO...
Tutto pronto per lo show dell'anno sotto ‘o Vesuvio: al Grande Fratello su Canale 5 Telepoggioreale risponde con il processo al deputato - carcerato Alfonso Papa e a Luigi Bisignani. Domani alle 9 si comincia: Bisi in aula non ci sarà. Davanti alla prima sezione del Tribunale di Napoli, presieduta da Vincenzo Lomonte, sarà presente invece il Papa Carcerato, in galera da 100 giorni. Rito immediato, Papa avrà di fronte i suoi accusatori, i titolari dell'inchiesta P4, ovvero il procuratore aggiunto Francesco Greco e i pm Francesco Curcio ed Henry John Woodcock.

Valter Lavitola WOODCOCK E FRANCESCO CURCIO

Torre delle Manette in fibrillazione, alberghi del lungomare esauriti, decine di giornalisti in arrivo, e il primo giallo è quello relativo alla presenza in aula di telecamere e fotografi. Farà il giro di tutti i tg l'immagine del Papa Carcerato in manette, o nella gabbia degli imputati, dimagrito di 20 chili, barba incolta e sguardo assente? Non si sa. Molte le richieste di tv e fotografi depositate al Tribunale, e a quanto pare i legali di Alfonso Papa non si opporrebbero alla presenza delle telecamere. Sarà il collegio giudicante a decidere: probabile una soluzione di compromesso, con operatori e fotoreporter autorizzati a riprendere i primi istanti del processo e poi invitati a lasciare l'aula....

4 - GIGGINO ‘A MANETTA VS TGR CAMPANIA
Giggino ‘a Manetta vs TgR Campania: dopo la pubblicazione delle intercettazioni tra Valter Lavitola e Mauro Masi su curriculum e raccomandazioni in Rai il sindaco de Magistris attacca: "Appare evidente - smanetta sul suo blog - la volontà di controllare l'informazione pubblica regionale da parte dei potentati politici del territorio, magari in passaggi chiave come le elezioni amministrative, portando a convergenza anche storici "antagonisti" politici (un direttore del TgR può servire diversi padroni, accomunati dallo stesso desiderio di asservimento dell'informazione)".
http://www.luigidemagistris.it/

pasquale scotti Mauro Masi

5 - IL NARCISINDACO COSTITUZIONALISTA? WHY NOT, HA PURE SCRITTO IL LIBRO
Manco il tempo di chiedersi come mai il narcisindaco di Napoli abbia deciso di iniziare questa mattina un ciclo di lezioni sulla Storia della Costituzione agli studenti parte-nopei e parte-appallatissimi (sei incontri, da ottobre ad aprile 2012, che coinvolgeranno 73 scuole napoletane, gli studenti coinvolti saranno 1.500 in tutto) che immediatamente si scatenano i maligni: "Ha scritto un libro sulla Storia della Costituzione per la Loffredo editore che viene utilizzato nelle scuole - spiffera una addetta ai livori - ed ecco che organizza il corso...".

Scheda del volume di Giggino "La Costituzione e noi" (10 euri e vi passa la paura)
http://www.loffredo.it/home/art1/0/5009/14223/14223.html

LA COSTITUZIONE E NOI di De Magistris

6 - IL LATITANTE SCOTTI SOTTO LA MADUNINA...
Camorra alla milanese? Sul Cetriolo Quotidiano spunta un'ipotesi inedita: il boss cutoliano Pasquale Scotti, latitante da 30 anni, del quale la polizia ha recentemente diffuso un ipotetico identikit attuale, potrebbe avere interessi sotto la Madunina...
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/24/pasquale-scotti-affarista-superlatitante-e-lultima-business-sotto-la-madonnina/166026/

pasquale scotti prima e dopo

 

NELLA BIOGRAFIA DI STEVE JOBS SCRITTA DI WALTER ISAACSON NUOVE CHICCHE SULLA VITA DEL GURU DI APPLE

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Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"

STEVE JOBS

Duro con Obama («Sarai il presidente di un solo mandato») e coi sindacati («Finché ci saranno loro di mezzo sarà impossibile riformare la scuola»), insofferente delle regole come un vecchio «padrone delle ferriere» («Troppi vincoli negli Usa, è molto più facile aprire un'azienda in Cina»), lo Steve Jobs che viene fuori dalla biografia scritta da Walter Isaacson è molto diverso dal profeta di una nuova religione - quella della tecnologia - santificato da milioni di «fan» in tutto il mondo.

I ragazzi che hanno trasformato Steve in un'icona culturale, che hanno acceso candele davanti alla sua immagine e decorato migliaia di mele con struggenti dichiarazioni d'amore, resteranno sconcertati nel leggere di un Jobs che, contro la decadenza della qualità dell'istruzione, aveva proposto al presidente Usa una ricetta drastica: scuole aperte 11 mesi l'anno e lezioni fino alle 6 di sera. Lui che a scuola fu sempre un allievo problematico e che mollò l'università al primo anno. Obama l'aveva fatto infuriare facendogli capire che non era una strada praticabile.

STEVE JOBS

La monumentale biografia, l'unica autorizzata, realizzata dall'ex capo della Cnn ed ex direttore del settimanale Time, verrà pubblicata (in Italia da Mondadori) all'inizio della prossima settimana. Già ieri, però, le anticipazioni concesse al New York Times, all'Huffington Post e a qualche altro «media» americano hanno fatto venir fuori i tratti salienti del racconto. Isaacson, che ha incontrato Jobs più di 40 volte nell'arco di diversi anni e che ha intervistato anche i suoi familiari, gli amici e imprenditori concorrenti come Bill Gates, disegna il profilo di un uomo inquieto, un «perfezionista compulsivo» ossessionato dalla volontà di controllo in ogni situazione.

obama

Un genio la cui creatività, il desiderio di andare sempre controcorrente, la filosofia del «meglio pirata che arruolato in Marina», sono stati sicuramente plasmati negli anni giovanili: quelli della fascinazione per l'India, l'adesione al buddismo, le esperienze «hippy», la droga, l'immersione nella controcultura degli anni 70. Sensibilità che, a distanza di molti anni, si ritrovano nel suo raffinatissimo gusto estetico e nella sciagurata scelta di affidarsi alla medicina alternativa anziché al chirurgo una volta scoperto il cancro al pancreas, ma che sono quasi totalmente scomparse dalla sua filosofia imprenditoriale.

L'amore per i suoi prodotti, il desiderio insaziabile di perfezione, lo hanno reso durissimo coi suoi dipendenti ed esigente con tutti. Un capitalista poco tollerante che apostrofa il presidente democratico con gli accenti critici di un conservatore liberista. Anche se poi richiama Obama e si offre di aiutarlo nella campagna elettorale 2012 dandogli consigli per l'immagine. Una consulenza analoga l'aveva proposta anche nel 2008. Una collaborazione finita nel nulla perché David Axelrod, lo stratega dell'elezione di Obama, lo fece arrabbiare col suo atteggiamento «poco deferente».

ANDROID-GOOGLE

IL CANCRO
Walter Isaacson ha raccolto quasi con incredulità una confessione di Jobs: quando scoprì di avere una rara forma di tumore al pancreas, nel 2003, per quasi dieci mesi il fondatore della Apple si ostinò a curarsi con diete, agopuntura e farmaci omeopatici. «Non volevo che il mio corpo fosse violato» dal bisturi, si è giustificato col suo intervistatore. La moglie Lauren, che fin dall'inizio cercò di spiegargli che «il corpo esiste per servire lo spirito», lo convinse solo molti mesi dopo. Da allora Jobs ha sperimentato le terapie mediche e chirurgiche più avanzate. Probabilmente troppo tardi.

walter isaacson-steve jobs BIOGRAFIA UFFICIALE

LE DONNE
Evidentemente segnato dall'abbandono alla nascita da parte dei suoi genitori naturali, Steve Jobs ha sempre avuto rapporti difficili con le donne. In gioventù una storia piena di passione, ma poi da lui brutalmente troncata, con la cantante Joan Baez. Negli anni 80 una relazione importante con la consulente informatica Tina Redse finì, dopo quattro anni, nel 1989, quando Steve le chiese di sposarlo. Lei rifiutò: «Mi avrebbe fatto diventare matta», spiegò agli amici.

Poco tempo dopo, il primo gennaio 1989, Steve la proposta di matrimonio la fece a un'altra donna: Lauren Powell, un'operatrice di finanza che aveva lavorato come trader alla Goldman Sachs. Proposta accettata, ma poi per mesi Jobs non parlò più di matrimonio. A settembre, piantato dall'esasperata Lauren, l'imprenditore corse ai ripari, presentandosi da lei con l'anello e la data delle nozze. Lauren gli ha dato tre figli ed è stata al suo fianco fino all'ultimo minuto.

STEVE JOBS CON LA MOGLIE LAURENE

GOOGLE
«Questo è un furto gigantesco contro il quale mi batterò fino all'ultimo respiro, a costo di dover spendere tutti i 40 miliardi di dollari di liquidità della Apple»: Isaacson racconta di non aver mai visto Jobs tanto infuriato come quando gli parlò di Android: il sistema operativo per la telefonia cellulare sviluppato da Google e rapidamente divenuto, sul mercato, l'alternativa alla piattaforma usata dalla Apple per il suo iPhone. Per molto tempo Apple e Google erano stati alleati in chiave anti Microsoft.

Eric Schmidt di Google

L'amministratore delegato dell'azienda di Mountain View, Eric Schmidt, per anni ha fatto parte del «board» dell'azienda fondata da Jobs. Che evidentemente ha considerato quella collaborazione all'origine del furto. «Spenderò ogni mia energia fino alla morte per distruggere Android perché è un prodotto rubato», ringhiò Jobs a un attonito Isaacson dopo aver denunciato la piattaforma rivale per violazione del brevetto. Ma non spiegò mai al suo biografo perché scelse come bersaglio della sua azione legale Htc e altri produttori di telefonini utilizzatori di Android e non direttamente Google, la società che ha realizzato quella piattaforma.

 

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