1- I PECCATI DELLE "LOCUSTE" DELLA FINANZA MONDIALE HANNO CREATO SGOMENTO NEI PALAZZI VATICANI
Anche il Vaticano entra di prepotenza nel dibattito sulla crisi mondiale dell'economia e lo fa con un ponderoso documento che perfino il giornale cattolico "Avvenire" definisce "impressionante".
Vaticano
Mentre nel perimetro che va da Palazzo Grazioli a Palazzo Chigi fino a lambire le stanze di via XX Settembre, si cerca qualche brandello di genialità per rispondere ai diktat di Bruxelles, la Chiesa alza il tiro con una lunga nota che ha per titolo "Per una riforma del sistema finanziario internazionale". Sarebbe sbagliato pensare al solito bla bla bla dove si invoca l'introduzione dell'etica nella finanza. Su questo tema il Magistero si è pronunciato fin da quando è uscita l'enciclica "Pacem in Terris" e quello che è stato presentato ieri si smarca per l'estrema concretezza delle proposte.
Flaminia Giovannelli
A metterci le mani è il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, l'organismo creato nel luglio del '67 da Paolo VI e riconfermato nelle sue funzioni nell'88 da Papa Wojtyla. Si tratta di un organismo affollato da cardinali e monsignori di tutti i continenti ed è guidato da un arcivescovo nero del Ghana che si chiama Peter Turkson. Accanto a lui si trova con il ruolo di sottosegretario Flaminia Giovannelli, una donna di 62 anni, figlia di diplomatici, che parla quattro lingue, viaggia in bicicletta con cappellini colorati ed è una delle poche presenze femminili che bazzica i piani alti del Vaticano.
È stata lei a tirare le fila del lavoro di un gruppo di consultori del Pontificio Consiglio tra i quali si trovano docenti delle università italiane (Simona Beretta, Stefano Fontana, Edoardo Greppi, Stefano Zamagni) e il direttore della Civiltà Cattolica, Gianpaolo Salvini, che ha scritto il libro "Il buono dell'economia" insieme al barbuto professore di Chicago, Luigi Zingales.
ARCIVESCOVO PETER TURKSON
MICHEL CAMDESSUS
Il documento presentato ieri è interessante perché al di là di un inevitabile attacco alla cupidigia collettiva e alla tecnocrazia, contiene quattro proposte concrete. La prima riguarda la creazione di una Banca centrale mondiale che regoli il flusso e il sistema degli scambi monetari e qui si sente la mano di un altro membro eccellente del Pontificio Consiglio, Michelle Camdessus, il banchiere francese che dall'87 al 2000 ha guidato il Fondo Monetario in maniera meno peccaminosa di Strauss-Khan.
Dopo questa proposta che appare di difficile realizzazione, la nota vaticana si spinge a chiedere una tassa sulle transazioni finanziarie e la ricapitalizzazione delle banche con fondi pubblici (a condizione che il sostegno sia legato a comportamenti "virtuosi" e finalizzati a sviluppare l'economia reale). E per finire ecco spuntare anche un sottile distinguo tra le attività di credito ordinario e di investment banking in modo da disciplinare i "mercati ombra" privi di controlli e di limiti.
Luigi Zingales
Per la prima volta nella sua storia millenaria la Chiesa si spinge su un terreno così pragmatico e questo è il segno che i peccati delle "locuste" della finanza mondiale hanno creato sgomento nei palazzi vaticani.
2- MARPIONNE HA MESSO UNA LAPIDE SUL TORMENTONE PER SALVARE LA FIAT.
È stato davvero commovente l'abbraccio con cui Emma Marcegaglia e Sergio Marpionne si sono salutati ieri davanti agli 800 industriali riuniti a Torino per un convegno.
Anche il sindaco Fassino che nella sua vita ne ha viste di tutti i colori, era commosso, e sull'onda dell'emozione si è lanciato in un discorso a difesa della vocazione manifatturiera della sua città. Il buon Fassino forse non ha ancora capito che la prima capitale dell'automobile sta diventando una cartolina ingiallita, ma a ricordarglielo è stato l'intervento di Sergio Marpionne, il manager dal pullover sgualcito al quale dal 1° giugno 2004 la Sacra Famiglia degli Agnelli ha messo nelle mani il ferrovecchio della Fiat.
SERGIO MARCHIONNE EMMA MARCEGAGLIA
E tanto per non smentire la sua fama di uomo duro e verace, il capo di Chrysler è salito sul palco e ha fatto cadere sulla platea parole raggelanti. Questa volta non ha fatto discorsi carichi di significato politico e di rimpianti come quello pronunciato a ottobre dell'anno scorso a Firenze davanti ai Cavalieri del Lavoro quando disse che l'Italia aveva perso il senso delle Istituzioni e si erano aperti i cancelli dello zoo. E nemmeno ha ripetuto i concetti di un articolo di gennaio quando senza mezzi termini ha scritto: "in certi momenti mi sono chiesto se ne valeva la pena".
MARCHIONNE E CORDERO DI MONTEZEMOLO
Con il candore apparente che lo distingue, il figlio del carabiniere Concezio ha semplicemente detto che Fabbrica Italia, il famoso piano per rilanciare l'azienda nel nostro Paese, "era solo una dichiarazione di intenti". Se Fassino, Cota, la Marcegaglia, Tronchetti Provera, l'ex-ambasciatore Spogli e gli altri 800 imprenditori presenti avessero capito al volo il significato autentico di un'affermazione così grave, avrebbero dovuto alzarsi e in silenzio lasciare la "Sala Giovanni Agnelli". Perché una cosa è certa: con le sue parole così inconsuete sulla bocca di un manager di fama internazionale, Marpionne ha messo una lapide sul tormentone che dall'aprile 2010 è stato sbandierato come la ricetta miracolosa per salvare la Fiat.
A dire il vero la sua ricetta il manager italo-svizzero-canadese-amerikano l'aveva già annunciata il 22 dicembre 2009 durante l'incontro che si svolse a Palazzo Chigi davanti ai ministri, Gianni Letta, i presidenti delle Regioni e ai sindacati. In quell'occasione Marpionne si divertì a buttare sul tavolo un documento di 39 pagine con 59 slides (scelte e disegnate da lui stesso) in cui tracciava le linee generali del Piano industriale per i successivi due anni.
ROBERTO COTA
Dopo pochi mesi Luchino di Montezemolo lasciò la Fiat e la Borsa schizzò all'insù all'idea che si fosse chiuso un ciclo storico e che Fabbrica Italiana sarebbe diventata la chiave del cambiamento. C'è poi chi ricorda che dopo la presentazione del nuovo progetto-Italia avvenuta in aprile con grandi squilli di tromba, sui televisori italiani apparve uno spot curato dall'agenzia di pubblicità Leo Burnett che in 60 secondi spiegava agli italiani la promessa della Fiat. Era il giugno 2010 e lo spot fece piangere milioni di famiglie perché si vedeva un padre che cullava il suo bambino e ragionava ad alta voce su "Fiat Fabbrica Italiana", un'idea vincente per il futuro.
PIERO FASSINO
Da allora quel bambino, scelto dal regista Luca Lucini, è cresciuto, mentre Fabbrica Italia è dimagrita fino a rotolare tra i piedi della platea torinese come "una dichiarazione di intenti". È inutile adesso che Fassino insista sulla vocazione manifatturiera della sua città e che la Marcegaglia si scomponga la chioma in un abbraccio affettuoso con il figlio del carabiniere Concezio. In questo anno gli operai di Mirafiori hanno lavorato 35 giorni su 205 e i sei stabilimenti italiani sono stati utilizzati al 55,8% delle loro potenzialità.
Il destino è segnato e a nulla vale chiedere spiegazioni al grande manager. Qualcuno ha provato a farlo ma si è sentito rispondere: non ci pare logico che la Fiat debba fornire dettagli di previsioni pluriennali".
Più chiaro di così?
3- RICAPITALIZZARE UNICREDIT COSTA 5 MILIARDI
Ai piani alti di Unicredit le orecchie sono tese su ciò che avverrà domani a Bruxelles per risolvere almeno in parte i problemi delle banche.
Ieri sulle scrivanie di piazza Cordusio è circolata l'ultima Lettera Economica della Fondazione Einaudi, una pubblicazione molto accurata, in cui si legge che ciascuna delle più grandi banche francesi e tedesche avrebbe bisogno di circa 33 miliardi, mentre l'esborso per l'Italia è di circa 7 miliardi di euro di cui 5 a carico di Unicredit e 2 a MontePaschi. Ormai gli analisti danno per scontato che la banca di Ghizzoni e Rampl debba far fronte nei prossimi mesi a un aumento di capitale e c'è chi ritiene 5 miliardi una cifra inadeguata rispetto ai 9,5 stimati dentro la City.
Federico Ghizzoni ROBERTO NICASTRO DIETER RAMPL UNICREDIT
Palenzona Qualcosa di più chiaro su questo tema dovrebbe venir fuori domani dalla Giornata del Risparmio che si celebra a Roma alla presenza di Draghi, del presidente dell'Abi, Peppiniello Mussari, e delle più alte autorità. Tra loro dovrebbe esserci anche l'ex-camionista di Genova Fabrizio Palenzona che oltre alla carica di vicepresidente di Unicredit è il dominus della Fondazione piemontese Crt che ieri ha annunciato di essere pronta a erogare il prossimo anno 140 milioni di euro a sostegno del territorio.
Non si capisce invece quanti quattrini le Fondazioni socie di Unicredit siano pronte a dirottare per l'inevitabile aumento di capitale della banca. Palenzona si tiene coperto, non strilla come presidente della Fondazione Banco di Sicilia, e sta cercando di capire qualcosa del pasticcio creato dall'alto dirigente di Unicredit che si fa chiamare "ministro".
Costui - come già Dagospia ha spiegato - lavora al fianco di Ghizzoni e ha un'esperienza diplomatica, ma finora ha dimostrato una scarsa sensibilità culturale che lo ha portato a liquidare Paolo Savona dalla direzione scientifica delle tre Riviste economiche di Unicredit.
PAOLO SAVONA
Dopo questo colpo di mano, il cosiddetto ministro' ha convocato uno ad uno gli illustri economisti che fanno parte del Comitato scientifico (tra questi Rey, Pedone, Salvatore, Tantazzi e Cipolletta) per annunciare che la direzione della rivista passerà dalle mani di Paolo Savona a quelle di Paolo Guerrieri, un docente della Sapienza esperto di questioni internazionali. Ha aggiunto inoltre che a curare l'edizione sarà una piccola società romana che si interessa della distribuzione di riviste come "Internazionale" e "Left".
Bernab e marco patuano Questa iniziativa, che porta un'inequivocabile impronta di sinistra, non è piaciuta a Palenzona che ha cercato di saperne di più ed è riuscito a scoprire che il cosiddetto "ministro" ha trovato dentro la banca un formidabile alleato in Serena Massimi, moglie di uno dei tre top manager che guidano Unicredit.
4- CONCLAVE SEGRETO TRA I PIÙ ALTI DIRIGENTI DI TELECOMITALIA
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che nei giorni scorsi si è svolto un conclave segreto tra i più alti dirigenti di TelecomItalia.
La convention a porte rigorosamente chiuse ha occupato ben tre giornate di lavoro ed è servita per mettere a punto la nuova strategia industriale dell'azienda. La maggior parte dei manager che hanno partecipato all'evento, ha cercato di capire lo stato dei rapporti tra Franchino Bernabè e Marco Patuano che guidano l'azienda con deleghe quasi simili e non sembrano viaggiare in grande armonia".
MASSIMO DI CARLO
5- BPM, LA CARTA COPERTA DI NAGEL
Avviso ai naviganti N.2 - "Si avvisano i signori naviganti che il candidato coperto per il vertice di Banca Popolare Milano (dove sono ormai rotolate le teste di Ponzellini e del direttore Chiesa) e' Massimo Di Carlo, un manager 48enne di Rovereto, bocconiano e calvo, che e' stato assunto in Mediobanca nell' 87 e dal marzo 2006 ricopre la carica di Vice Direttore Generale.
La sua eventuale nomina rappresenta il sigillo di Piazzetta Cuccia e del pallido Nagel sull'Istituto che piaceva tanto a Matteuccio Arpe.
ALBERTO NAGEL