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LA GIRAVOLTA A "U" DI RENZI: DA EURO-ROTTAMATORE A DIFENSORE D'UFFICIO DELL'UNIONE EUROPEA

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Francesco De Dominicis per "Libero"

MATTEO RENZI GIURA AL QUIRINALE DA NAPOLITANO

Matteo Renzi (segretario del Partito democratico) 2 gennaio 2014: «Se all'Europa proponi un deciso cambio delle regole del gioco ti applaudono anche se sfori il 3%. È evidente che si può sforare: si tratta di un vincolo anacronistico che risale a 20 anni fa». Matteo Renzi (presidente del consiglio) 24 febbraio 2014: «L'Europa non è la madre dei nostri problemi, nella tradizione europeista l'Italia ha un futuro. Dobbiamo arrivare al primo luglio avendo fatto i compiti a casa».

fazio con matteo renzi

In appena 53 giorni, l'ormai ex sindaco di Firenze ha fatto una giravolta. Un salto di qualità clamoroso nella visione dell'Unione europea da parte del neo premier italiano che ha suscitato non poca curiosità dentro e fuori i «palazzi romani». Non a caso, il cambio di passo del premier è stato oggetto, ieri, delle chiacchiere nei corridoi di palazzo Madama e Montecitorio.

merkel renzi

Dacché era una sorta di eurorottamatore, Renzi pare improvvisamente diventato una specie di difensore d'ufficio di Bruxelles. Da una linea non troppo diversa a quella di Beppe Grillo e del Movimento 5 Stelle che tifano per portare l'Italia fuori del recinto della moneta unica, a una posizione sostanzialmente sovrapponibile a quella di Mario Monti che da inquilino di palazzo Chigi, tra il novembre 2011 e la primavera del 2013, ha ispirato tutti i provvedimenti del suo governo tecnico al rigore e all'austerity imposti dall'Ue. Che poi vuol dire salassi e stangate di varia natura sulla testa dei contribuenti.

ANGELA MERKEL E MARIO MONTI

Come si spiega la svolta a 180 gradi del nuovo presidente del consiglio? La ragione è piuttosto semplice: finita l'era degli slogan, delle primarie del Pd e delle campagne elettorali, ora la musica è cambiata. E Renzi sa che, formalmente alla guida dell'Italia, non è lui il direttore d'orchestra. Alla Leopolda di Firenze dava la sensazione di voler stravolgere gli equilibri in Europa, lasciando intendere di avere l'intenzione di alzare la voce con le cancellerie del Vecchio continente e pure con la Commissione Ue.

Arrivato a Roma, però, il Capo del governo - che ieri ha parlato al Senato e oggi si appresta a incassare la fiducia della Camera - si è dovuto adeguare. Non a caso, già domenica, una delle prime telefonate fatte dal suo nuovo ufficio a palazzo Chgi è stata ad Angela Merkel.

Al centro del colloquio con la cancelliera tedesca, le relazioni tra Italia e Germania alla vigilia del vertice di Berlino del prossimo 17 marzo. Non solo. La conversazione ha toccato pure il comune impegno nel processo europeo. Il senso del colloquio via cavo è stato sintetizzato alla perfezione in un articolo dell'agenzia di stampa Bloomberg, secondo cui Renzi prende di fatto ordini da Berlino. Di qui la corsa a incassare la fiducia prima da Merkel che dal Parlamento italiano.

LA CONDANNA DI BERLUSCONI BLOOMBERG

Renzi obbedisce ai tedeschi? Probabilmente si adegua. Del resto, se l'Italia davvero spera di poter incassare qualche sconto sui paletti di bilancio, in modo da poter avere un po' di risorse finanziarie da investire sulle imprese per spingere la ripresa economica, il nuovo esecutivo non può permettersi strappi.

A mettere in chiaro i rapporti di forza, sabato, aveva già pensato Olli Rehn. Con una dichiarazione «sibillina», il commissario Ue agli Affari economici, rivolgendosi al ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, aveva detto «sa cosa bisogna fare». Una specie di europizzino mandato proprio per far capire che la strada da seguire, anche per questo nuovo governo, è la stessa: rigore e austerità.

PIER CARLO PADOAN

Altro che rottamazione, insomma. Che Renzi abbia capito che si deve scendere a compromessi, peraltro, era già apparso evidente con la lista dei ministri concordata venerdì nelle due ore e mezza di «colloqui» col presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Oltre ai dicasteri concessi agli alleati (Nuovo Centrodestra e Scelta civica), in effetti, nella squadra di governo sono spuntati tre nomi «suggeriti» da altrettanti «ambienti di riferimento», centri di potere o lobby varie.

Padoan all'Economia, a esempio, trova il placet dell'establishment europeo e finanziario. L'altro pezzo da novanta è Federica Guidi, a cui è stata assegnata la responsabilità dello Sviluppo economico. Ex leader dei giovani di Confindustria, Guidi è chiaramente gradita a viale dell'Astronomia, nonostante il presidente, Giorgio Squinzi, ieri, abbia dichiarato che non si parlano da anni.

Federica Guidi

Come se servissero contatti diretti. E poi c'è Giuliano Poletti che dal mondo delle cooperative (presidente di Legacoop) si è trovato catapultato sulla poltrona di ministro del Lavoro. Manuale Cencelli alla mano rivisto in versione lobby, Renzi ha accontentato tutti i poteri forti. E ora prende gli ordini dalla Germania.

Giuliano Poletti

 

GIORGIO SQUINZI E CECCHERINI A BAGNAIA

LE POLEMICHE DEL FESTIVAL NON FINISCONO MAI: L’OPPOSIZIONE CONTRO IL SINDACO FORZISTA DI SANREMO

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1 - FESTIVAL: SCOPPIANO LE POLEMICHE POLITICHE A LIVELLO LOCALE
Gianni Micaletto per "La Stampa - Imperia"


Il Festival è finito ma le polemiche non finiscono mai. Le riaccende il consigliere d'opposizione Daniela Cassini, accusando il sindaco Maurizio Zoccarato di aver usato il palco dell'Ariston per fini elettorali, impugnando il microfono per un paio di annunci nella notte delle premiazioni.

sindaco di sanremo zoccarato

«Una conclusione del Festival giocata in chiave elettorale, dopo giorni grigi di critiche - attacca - Il sindaco si è ricordato delle due più importanti istituzioni culturali della città (Premio Tenco e Orchestra Sinfonica) solo a due mesi dal voto. Ben vengano, comunque, i ripensamenti dell'ultima ora. Peccato, però, che questa Amministrazione con le ultime Convenzioni-Festival firmate abbia cancellato il Tenco dalle riprese e dalla messa in onda Rai, diminuendo fortemente anche il contributo accordato e quindi mettendo il Club in grave difficoltà.

E peccato che la Sinfonica, con tutta la città, abbia dovuto subire la beffa dell'omaggio al maestro Abbado suonato dall'orchestra della Fenice di Venezia, fino alle giustificazioni dell'assessore al Turismo circa immotivate impossibilità tecniche e con richiami inesatti».
E ancora: «Quest'iniziativa finale non intacca certo il nodo vero emerso: spettacolo debole, scarsa attrazione in città, la Rai chiusa nel suo fortino. E' il frutto di un evidente disimpegno della TV di Stato, di mancanza di investimenti per Sanremo, dovuta alla sicurezza di avere ormai «incassato» il Festival fino al 2017.

L'Amministrazione ha ceduto il suo potere contrattuale pur di avere dalla Rai l'anticipo nel 2013 dei 7 milioni del 2014 per coprire i buchi di bilancio, senza garanzie sulla valorizzazione della nostra manifestazione più importante. E la Rai, che ha la direzione artistica, non ha quindi creduto nè investito in questa edizione».

Festival-di-Sanremo-2011-Sala-Stampa-Ariston-Roof-.jpg

Infine: «E' la dimostrazione che il rinnovo anticipato non ha fatto il bene del Festival, anzi l'ha impoverito. Come ha impoverito la città, con una bislacca promozione, minore attrattiva per eventi collaterali, minori ascolti e minori presenze (se non per l'ultimo giorno), minori introiti e maggiori costi per il Comune, considerate le sedi che abbiamo dovuto mettere a disposizione della Rai al Palafiori.

Ma ormai la frittata è fatta. E anche la provocazione del sindaco su una ridiscussione della Convenzione è priva di fondamento in quanto non è prevista la rescissione contrattuale per volontà (o per scherzo), ma solo per inadempienze. Il sindaco dovrebbe quindi assumersi la responsabilità di contestare inadempienze alla Rai».

Ernesto Galli Della Loggia

2 - RAI, LA BANALITA' IN ONDA
Ernesto Galli Della Loggia per "Style Magazine"


«Abbiamo solo 30 secondi!». L`annuncio/ intimazione - pronunciato con voce perentoria - punteggia implacabile i programmi d`informazione che caratterizzano soprattutto il primo canale di Radio Rai: potrebbe essere quasi il loro motto. Le parole fatali le pronuncia regolarmente il conduttore/conduttrice di turno sul finire dei vari Prima di tutto, Baobab, Start, Radio Anch`io e simili.

E servono sempre allo stesso scopo: a chiudere la bocca all`«ospite» chiamato a dire la sua, il quale non c`è volta che non accada - non si accorge, tapino, che la sta facendo troppo lunga rispetto al tempo assegnato alla trasmissione. La chiusura sincopata è il non casuale esito di come la radio pubblica italiana concepisce l`informazione. Al di là dei notiziari sempre e solo in un unico modo, direi: come dibattito. Per la Rai l`informazione non è qualcuno che sulla base di una sua specifica competenza e conoscenza dà delle notizie su qualcosa. Per l`appunto «informa».

No, per la Rai l`informazione è essenzialmente l`opinione su qualcosa. Le trasmissioni cosiddette d`informazione tendono così a trasformarsi fatalmente in un fiume di chiacchiere, di pareri più o meno motivati, di punti di vista personali, che scorre inarrestabile dalla mattina alla sera. È come se i giornali fossero fatti solo di interviste. Il che, come si capisce, nell`ottica di viale Mazzini presenta almeno due vantaggi.

MIELI DE BORTOLI GALLI DELLA LOGGIA MARCHETTI

Innanzi tutto consente di soddisfare quotidianamente l`ansia di protagonismo di qualche decina di politici. In un modo o nell`altro sono quasi sempre i politici, infatti, i massimi protagonisti dei programmi «d`informazione»: pronti naturalmente a dire la loro su tutto. Si aggiungono i giornalisti della carta stampata e, dal momento che un po` di cultura ci sta bene, anche una spolverata di professori universitari (qualche volta pure il sottoscritto). Collaborazioni tutte gratuite, come si capisce, e ciò rappresenta il secondo vantaggio dell`informazione radiofonica così concepita: costa pochissimo.

Antonio Preziosi

Naturalmente questo tipo di trasmissioni, perlopiù in diretta, richiede ai conduttori due requisiti non proprio comuni: da un lato essere in pratica onniscienti, conoscere ogni argomento e intervenire e fare domande, su tutto; dall`altro essere capaci di padroneggiare adeguatamente gli interventi degli «ospiti», evitandone lungaggini e divagazioni.

GIULIO ANSELMI E ANTONIO PREZIOSI

Qui però casca l`asino. Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, si capisce benissimo che tutto quello che il povero conduttore sa è solo quanto ha letto (in fretta) la mattina sui giornali o sulle agenzie: a stento un`infarinatura. Le sue domande, allora, diventano fatalmente banali, prive di curiosità e di capacità di approfondimento; e le risposte degli «ospiti» desolatamente generiche e autopromozionali. E poiché questi ospiti sono, come dicevo, perlopiù esponenti politici, e dunque bisogna invitarne più d`uno per dare voce a tutti i partiti, aggiungendoci l`immancabile «esperto» fanno sempre almeno tre o quattro persone.

Troppe per trasmissioni compresse in genere in mezz`ora. A questo punto, così, al povero conduttore preme una sola cosa: riempire i silenzi e soprattutto che la trasmissione finisca a tempo. Più il termine si avvicina più, allora, il tono della sua voce si fa incalzante, imperioso, convulso. Dall`altra parte l`ospite non la finisce più, parla a mitraglia, «un`ultima cosa», «ancora un attimino». Finché sopraggiunge la musica a coprire tutto, ed è la fine.

 

È MORTO HAROLD RAMIS, MITICO EGON SPENGLER DI “GHOSTBUSTERS”

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Paolo Mastrolilli per ‘La Stampa'

HAROLD RAMIS

Se non ricordate il suo nome, la colpa è vostra. Oppure non avete studiato bene l'impatto di Harold Ramis sul cinema comico contemporaneo, e basterà ricordare qualche titolo per capire: National Lampoon's Animal House, Meatballs, Caddyshack, Stripes, Ghostbusters e Groundhog Day. Ramis, che è morto ieri a Chicago per le complicazioni di una rara malattia vascolare, ha creato un genere e una scuola, a cui si ispirano oggi molti registi e attori.

HAROLD RAMIS

Erano i primi anni Settanta, quando Harold aveva costruito un'amicizia complice con due ragazzi di nome John Belushi e Bill Murray. Giovani e sconosciuti allora, miti della commedia americana oggi. Insieme si era trasferiti a New York, per condurre la trasmissione The National Lampoon Radio Hour, e da allora in poi erano stati incontenibili. A partire ovviamente da Animal House, che proprio Ramis aveva scritto nel 1978.

HAROLD RAMIS

Il pubblico ricorda la sua faccia soprattutto per l'apparizione in Ghostbusters, vicino a Murray e Dan Aykroyd, ma Harold ha avuto un'influenza che resterà nella storia del cinema in particolare per quello che ha fatto dietro alla macchina da presa, come sceneggiatore e regista. Animal House ormai è un classico, che ha creato un genere avviando la «Renaissance» della commedia americana. Con gli stessi attori, e soprattutto con l'amico Murray, Ramis ha poi scritto o diretto Groundhog Day, National Lampoon's Vacation e Caddyshack.

Non si era fermato a quella generazione, però, e quando il filone legato al suo gruppo originale di amici si era esaurito, anche per la morte di Belushi, o aveva preso direzioni diverse, anche lui alla fine degli anni Novanta aveva trovato un'altra strada altrettanto attuale e divertente.

Con Analyze This e Analyze That, aveva praticamente lanciato la nuova carriera di Robert DeNiro come attore comico. Vecchi boss mafiosi alle prese con la psicoterapia, un tema che poi avrebbe fatto anche la fortuna della serie drammatica dei Sopranos. Aveva 69 anni, Ramis, e molte altre trovate con cui sorprendere e divertire ancora.

 

 

LA CASSAZIONE CHIUDE IL CASO ABU OMAR ANNULLANDO LE CONDANNE PER POLLARI E MANCINI

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Paolo Colonnello per ‘La Stampa'

Un verdetto obbligato quello di ieri con cui i giudici della Cassazione hanno definitivamente chiuso il tormentone del sequestro Abu Omar annullando senza rinvio la condanna d'appello con cui l'ex capo dei servizi segreti militari Niccolò Pollari e l'ex numero uno dell'antiterrorismo Marco Mancini erano stati condannati rispettivamente 10 e 9 anni di reclusione, insieme ad altri tre funzionari dell'ex Sismi, Luciano Di Gregorio, Giuseppe Ciorra e Raffaele Di Troia ciascuno con sei anni di reclusione.

Roberto Mezzaroma e Nicola Pollari

I magistrati di piazza Cavour infatti non hanno potuto che prendere atto della sentenza con cui la corte Costituzionale aveva duramente bacchettato la decisione sia della sezione d'appello di Milano sia della Cassazione con cui gli agenti erano stati condannati per sequestro di persona, sostenendo la prevalenza del segreto di stato sulle indagini della magistratura.

Il concetto alla base della sentenza della Consulta «La disciplina del segreto involge il supremo interesse della sicurezza dello Stato-comunità alla propria integrità ed alla propria indipendenza», si leggeva nelle motivazioni.

«L'apposizione del segreto da parte del Presidente del Consiglio dei ministri - cui spetta in via esclusiva l'esercizio della relativa attribuzione di rango costituzionale, in quanto afferente la tutela della salus rei publicae, e, dunque, tale da coinvolgere un interesse preminente su qualunque altro, non può impedire che il pubblico ministero indaghi sui fatti di reato, ma può inibire all'autorità giudiziaria di acquisire ed utilizzare gli elementi di conoscenza coperti dal segreto.

MARCO MANCININICOLO POLLARI

Un ambito, questo, nel quale il Presidente del Consiglio dei ministri gode di un ampio potere discrezionale, sul cui esercizio è escluso qualsiasi sindacato dei giudici comuni, poiché il giudizio sui mezzi idonei a garantire la sicurezza dello Stato ha natura politica».

É, di fatto, la pietra tombale sulla vicenda iniziata quasi dieci anni fa, quando un commando della Cia prelevò a Milano Abu Omar, predicatore islamico già allora in odore di estremismo e poi condannato per terrorismo internazionale. Sia per Pollari che per Mancini, inizialmente la Corte d'Appello di Milano aveva dichiarato il "non luogo a procedere". Ma la Cassazione, il 19 settembre di due anni fa, aveva annullato la sentenza disponendo un nuovo giudizio che aveva portato il 12 febbraio 20013, ad un verdetto di condanna.

abu omar

Quindi il governo aveva sollevato i conflitti di attribuzione e le sentenze sono state travolte dal pronunciamento della Corte Costituzionale. Così, quando ieri la Cassazione ha aperto l'ultima udienza, non ha potuto che prendere atto di quanto stabilito dalla Corte Costituzionale. Rimarrà il dubbio o la curiosità di sapere nel sequestro dell'imam, che venne in seguito torturato in Egitto, quale fu davvero il ruolo dei nostri servizi. «Inesistente», come ha sempre sostenuto il generale Pollari. «Attivo e complice» come hanno sostenuto i magistrati nelle indagini.

 

 

LA MERKEL GELIDA SULLA TIMOSHENKO: ‘HA GIA’ SPRECATO LA SUA CHANCE’ - DIALOGO VIVO CON PUTIN…

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1. IL DOPPIO FRONTE DELLA MERKEL - GELO CON YULIA, DIALOGO CON PUTIN
Tonia Mastrobuoni per ‘La Stampa'

Yulia Timoshenko subito dopo la scarcerazion

«Benvenuta nella libertà», le ha detto. Offrendosi anche di ospitarla in Germania, per consentirle di curarsi quei lancinanti mal di schiena che la costringono alla sedia a rotelle, come si è visto nelle immagini di Maidan.

Ma il resto della telefonata di domenica tra Angela Merkel a Yulia Timoshenko, dopo la liberazione della «pasionaria» ucraina e il suo acclamato passaggio nella piazza più famosa di Kiev, è stata tutt'altro che euforica. Anzi, fonti Cdu parlano di un colloquio «teso», durante il quale la cancelliera avrebbe invitato l'eroina della «rivoluzione arancione» a impegnarsi per garantire la coesione dell'Ucraina.

Merkel l'avrebbe invitata esplicitamente a occuparsi anche dei cittadini della parte orientale, filorussa del Paese.Il fatto è che a Berlino non sono piaciute affatto le prime parole alla piazza dell'ex capa della rivoluzione arancione, quelle accuse contro una parte dell'opposizione che si sarebbe mostrata troppo debole verso Yanukovich e la sua apparente noncuranza rispetto allo spettro agghiacciante della scissione che si sta allungando sul Paese.

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Merkel avrebbe insistito molto sull'unità dell'Ucraina con la leader, che tuttavia sembra già in piena campagna elettorale per le presidenziali. Inoltre l'idea diffusa, a Berlino, è che Timoshenko (che pure il 6 marzo andrà al congresso del Ppe) abbia già avuto la sua occasione e che l'abbia sfruttata male, non riuscendo da premier a fermare la china del Paese verso la bancarotta. «Non è trasparente e divide troppo», sintetizza la fonte.

Il motivo della cautela di Merkel è chiaro anche da un altro punto di vista. In questi ultimi, densissimi giorni in cui si è passati dalla sanguinosa repressione di Yanukovich alla sua precipitosa fuga, all'annuncio di nuove elezioni a fine maggio, la cancelliera non ha mai spezzato il filo con Mosca.

Anche domenica, dopo il colloquio con la «pasionaria», Merkel ha nuovamente parlato con Putin. In questo, fra l'altro, il governo è più coeso che mai. Anzi, il ministro degli Esteri socialdemocratico Steinmeier è ancora più convinto della necessità di un dialogo costante con Mosca, suscitando persino qualche perplessità in alcuni esponenti importanti della Cdu, che chiedono a volte una durezza maggiore nei confronti di Putin.

In sostanza, anche se su Kiev Merkel si è mossa in prima persona - assieme all'attivissimo Steinmeier - la consapevolezza che l'Europa si sia caricata un compito pesantissimo, è assoluta. E la cancelliera cresciuta dietro la Cortina di ferro sa bene che non si può parlare di Ucraina senza coinvolgere la Russia, che considera da sempre il «granaio» d'Oriente la propria anticamera.

Tymoshenko - Putin

E quanto sia pesante il dossier ucraino lo dimostrano le prime reazioni ufficiali - durissime - dei russi al cambio di guardia a Kiev registrate ieri. Ma anche l'imbarazzo con cui a Bruxelles hanno preso nota della dichiarazione del ministro delle Finanze ucraino: per scongiurare la bancarotta, ha chiesto 35 miliardi di dollari in due anni. Mosca, com'è noto, ne aveva promessi 15, ora congelati. Adesso la Ue e il Fmi dovranno discutere quanto concedere a Kiev, ovviamente «in cambio dell'impegno a fare riforme» come ha sottolineato la direttrice del Fondo, Lagarde.

Nella prima fila dei negoziatori si sono spinti ora anche gli Stati Uniti, che hanno ripetuto di essere pronti ad aiuti finanziari. E il vice segretario di Stato, William Burns, sarà oggi e domani a Kiev, dove incontrerà il premier ad interim e presidente del Parlamento, Oleksander Turcinov. Il quale già ieri ha incontrato il capo della diplomazia Ue, Ashton, che avrebbe insistito sul «rilancio immediato delle negoziazioni tra Ucraina e Ue» per un accordo di associazione e libero scambio congelato a fine novembre.

IL NUOVO CELLULARE DI ANGELA MERKEL


2. GAS, AFFARI E TRADIMENTI - MAIDAN NON SI FIDA PIÙ DELL'EROINA ARANCIONE
Anna Zafesova per ‘La Stampa'

La mitica treccia bionda appiccicata sui capelli ormai ridiventati scuri dopo mesi di carcere è stata forse il segno più eloquente di quanto Yulia Timoshenko fosse impreparata a tornare in libertà e in politica. Con la sua mente lucida e la volontà di ferro, la detenuta politica simbolo del regime di Yanukovich sicuramente si era prefigurata diversi scenari, trionfali, del suo ritorno. Ma la prima sorpresa l'aspettava già sul Maidan, la piazza di cui era stata eroina 10 anni fa.

La sua berlina nera è stata fermata dal servizio d'ordine dei manifestanti: dobbiamo controllare l'auto. Al Maidan si arriva a piedi, attraversando barricate. Per Yulia, nonostante fosse in sedia a rotelle, non sono state fatte eccezioni: «I vecchi tempi sono finiti, per tutti», ha borbottato uno dei rivoluzionari perquisendo l'auto.

ANGELA MERKEL A DACHAU jpeg

I «vecchi tempi», quelli di Yanukovich ma anche di Timoshenko, gli anni delle faide, dei clan oligarchici contrapposti, dei cambi di schieramento, di incriminazioni clamorose, intercettazioni, colpi bassi. La «principessa del gas» è stata indagata e incarcerata diverse volte. Salvo l'ultima accusa, che le è valsa sette anni e che è considerata sia in Ucraina che in Europa un pretesto per la vendetta di Yanukovich, le altre (un ricco assortimento tra tangenti, evasione fiscale, frode e abuso d'ufficio) sono tutte cadute.

Ma non è tanto un problema di ricchezze illecite: dopo gli sfarzi del clan Yanukovich eventuali trucchi di Yulia di 10 anni fa non fanno troppo scalpore. La donna che ha animato la piazza della rivoluzione arancione è considerata da molti anche colei che l'ha affossata. Dopo appena sette mesi come premier sotto il presidente Viktor Yushenko, portato al potere da lei, si è dimessa.

Christine Lagarde direttore del Fondo Moneteario internazionale

Intelligente, decisa, carismatica, appassionata, si è rivelata però anche radicale e spericolata, pronta a sconfinare e a rompere patti, tra rischiose privatizzazioni e abile populismo. L'ex alleato la accusò di approfittare dei suoi poteri per sgravare dai debiti la sua ex società energetica. L'odio con Yushenko è arrivato a un punto tale che testimoniò contro di lei al processo.

L ex presidente Viktor Yanukovich

Finora è sempre riuscita a risorgere, a uscire dalla galera, a farsi scagionare, a rivincere le elezioni. Ma forse è proprio questa sua abilità che spaventa il popolo del Maidan-2, rigoroso come ogni rivoluzione fresca di poche ore. «Yulia libera ma non potente», scandivano sul Maidan, e questa filastrocca riecheggia in quasi tutti i commenti di media e politologi. Proprio adesso che, dopo averla odiata e temuta Mosca la considera il male minore, il suo Paese la ama ma non la vuole più. «Faccia il simbolo nazionale, prenda la presidenza del suo partito, stia in parlamento, ma lasci ad altri la guida del Paese», è il senso un po' di tutti gli editoriali come dei commenti dei militanti. Vincere due rivoluzioni sembra impossibile, perfino per la Timoshenko.

Quando la battaglia di Kiev imperversava

 

Oltre i morti a Kiev ci sono stati molti feriti

 

IL CIBO DELLE TRUPPE IN AFGHANISTAN? I SAPORI DI CASA MA SOLO GLI ITALIANI BEVONO ALCOL

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da www.dailymail.co.uk

Pate zuppa di pesce e budino al cioccolato per le truppe francesi

VIDEO http://www.youtube.com/watch?v=bJxpV_uoGAw

I soldati del mondo si nutrono delle cose più diverse, ma le loro razioni sono sempre in modo da farli sentire a casa.

Le razioni di cibo sono in scatola, precotte e liofilizzate. Le truppe britanniche in Afghanistan gustano pollo tikka masala, pasta vegetariana e biscotti con marmellata, tè Typhoo, caffè Kenco e il Tabasco per condire i pasti.

Alle truppe francesi un tempo era concesso vino rosso, ora paté di cervo, zuppa di pesce e budino al cioccolato, mentre quelle italiane sono le uniche ad avere accesso all'alcol, sotto forma di una boccetta di Cordiale, oltre a pasta, insalata di riso e barrette energetiche. I soldati estoni mangiano spratto affumicato e halva, quelli tedeschi hanno salsiccia di fegato da spalmare e pane di segale.

Le razioni sono andate in beneficenza a Kabul

I soldati canadesi si nutrono di filetto di salmone, couscous vegetale e pasticcini Bear Paw, gli spagnoli hanno a disposizione fagioli, prosciutto e calamari, quelli di Singapore noodles di pollo, riso coi funghi e latte di soia, gli australiani carne, formaggio e pasta con polpette.

I soldati tedeschi si nutrono di salsicce di fegato

Molte truppe che prestano servizio a Kabul e in Afghanistan hanno raccolto, su iniziativa del "Guardian", le razioni per una cena di beneficenza per School of Leadership, Afghanistan e The Afghan Schools Trust, a cui hanno partecipato anche diplomatici, volontari e ufficiali. Agli americani non è consentito dare via le razioni di cibo e non hanno partecipato all'evento. Loro mangiano burro d'arachidi, sidro alle mele, torta di mandorle, e mirtilli.

 

 

Le truppe italiane sono le uniche a poter bere Cordiale le razioni australiane contengono pasta con le polpette

REAL CARLO – IMBATTUTO DA 26 PARTITE, ANCELOTTI HA GIA’ CANCELLATO MOU E SOGNA LA ‘DECIMA’

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carlo ancelotti - il mio albero di natale

Roberto Condio per ‘La Stampa'
Zitto zitto, Carlo Ancelotti è tornato davanti a tutti. Là dov'è quasi sempre stato da quando, nel 2009, ha lasciato il calcio italiano. Campione d'Inghilterra al primo tentativo con il Chelsea, re di Francia alla prima stagione intera con il Psg e ora leader in Spagna con il Real Madrid, che non guardava tutti dall'alto da 63 giornate. Ha detronizzato il Barcellona, ha ridimensionato l'Atletico-rivelazione, ha ribaltato con la forza dei nervi distesi ma anche di scelte decise una stagione che, dopo i ko di inizio autunno contro le due grandi rivali, si stava complicando.
E invece, dopo l'1-2 del Camp Nou accompagnato dalle critiche, Ancelotti non ha più sbagliato un colpo: 22 vittorie e 4 pareggi in 26 partite. Solo con Beenhakker, nel 1988/89, la Casa Blanca centrò un filotto più lungo, arrivando a 34. Il Real che arrancava ora vola: è a +3 nella Liga, è in finale di Copa del Rey con il Barça e domani riprenderà la corsa in Champions in casa dello Schalke.

Carlo Ancelotti

«Sogno il primo triplete nella storia del Real», dice Casillas, portiere-totem che Carletto fa giocare solo in coppa. Decisione audace, rumorosissima. Ancelotti ne ha prese altre, nei suoi primi mesi castigliani. Il lento inserimento di Bale, la rinuncia a Özil, la convinta difesa di Di Maria, la freddezza su Isco, il lancio di Jesé, il cambio di modulo dal 4-2-3-1 al 4-3-3. Sono arrivati fischi e polemiche, lui ha tirato dritto e adesso ha Madrid ai suoi piedi: un pubblico esigente e una stampa soffocante, che però non ne potevano più della strategia della tensione con la quale Mourinho aveva attraversato le ultime tre stagioni, vincere poco.

carlo ancelotti panchina milan lap

Ancelotti, invece, oggi è in corsa per vincere tutto. Compresa la «Decima», quella Champions inseguita vanamente dal 2003. «Non si parla d'altro, qui - ammette -. Ma non può e non deve essere un'ossessione, bensì solo una grande motivazione». Parole sagge, come sempre. «È da luglio che parlo di equilibro, per squadra e ambiente. Ma la gente vuole sentire parlare solo di titoli, di vittorie. Lavoriamo per questo, adesso: la casa l'abbiamo costruita, ora non ci resta che decorarla».

Partendo da una certezza molto «italiana»: una difesa che nelle ultime 15 partite ha preso appena 5 gol. Merito anche di un centrocampo ridisegnato grazie al rientro di Xabi Alonso, con Modric e Di Maria ai suoi lati. Poi, là davanti segnano tutti: 10 gol negli ultimi tre turni di Liga, anche senza lo squalificato Ronaldo che tornerà domani in Germania, bello riposato.

ancelotti carlo02

Sì, è davvero irriconoscibile questo Real. Passando da Mou ad Ancelotti ha ritrovato i risultati e riscoperto pace e armonia. Persino nei rapporti con i media. I campi di Valdebebas erano blindati dal 2006, Carletto la scorsa settimana ha fatto il grande passo: allenamento a porte aperte e poi tapas, sangria e quattro chiacchiere in libertà con i giornalisti. La Spagna si conquista anche così.

 

 

DA KIEV A CARACAS, LA MORTE IN PIAZZA - S’INFIAMMANO LE PROTESTE CONTRO IL GOVERNO MADURO

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Rocco Cotroneo per ‘Il Corriere della Sera'

MADURO ACCOGLIE LA BARA DI CHAVEZ

Il generale sul balcone di casa: mitra in spalla, giubbotto antiproiettile su camicia scozzese e smartphone in mano. «Non mi avrete, sbirri! Servi di Cuba! Andate via o sparo». La rivolta in Venezuela - dopo due settimane e tredici morti - offre ogni giorno immagini forti.

Sabato scorso il leader oppositore Leopoldo López si è fatto arrestare in piazza, con un mazzo di fiori bianchi in mano; poi la povera miss Turismo, Genesis Carmona, che spira tra le braccia di un ragazzo che la sta portando in ospedale. Aveva 22 anni, e le sue colleghe per ricordarla hanno prodotto un video su YouTube , «Misses por la paz» (in Venezuela le reginette di bellezza sono un'istituzione).

E poi ogni giorno barricate, lacrimogeni, squadracce in moto, sangue sull'asfalto. Lenta agonia di un Paese in crisi, al momento senza via d'uscita. Gli oppositori hanno molte, forse troppe idee su cosa sia meglio fare; il governo chavista minaccia, colpisce e censura ma non cerca lo showdown: guarda i fatti di Kiev e sa che potrebbe costargli caro. È la stessa tattica usata per 15 anni da Hugo Chávez, calpestare la democrazia pezzo a pezzo senza diventare un dittatore.

Chavez insieme al suo vice Nicola Maduro

Il generale Ángel Vivas, per esempio, è stato accusato in tv dal presidente Nicolás Maduro di aver fatto stendere cavi ad altezza uomo sulle strade di Caracas. Uno ha ucciso un ragazzo che passava in moto, un simpatizzante del governo. All'arrivo dei soldati che dovevano arrestarlo, Vivas si è fatto trovare armato sul balcone, urlando e mandando messaggi su Twitter, mentre un gruppo di simpatizzanti bloccava l'accesso per proteggerlo.

Dopo alcune ore, temendo un bagno di sangue, i militari hanno desistito e se ne sono andati. Ora gli hanno tolto acqua, luce e gas, per vedere quanto resiste. Vivas è un antico oppositore di Chávez. Fedele al governo fino al 2008, divenne celebre quando il leader bolivariano decise di cambiare il motto dell'esercito in «Patria, socialismo o muerte. Venceremos!», di sapore cubano.

capriles

Prossimo alla pensione, il generale si ribellò con un ricorso al Tribunale supremo di giustizia. Il quale fu ignorato, e Vivas finì in prigione per qualche mese. Le accuse contro di lui per la morte del ragazzo in moto si poggiano su un tweet nel quale suggeriva ad un amico «in caso di mancanza di nylon, di usare filo galvanizzato, ben spesso».

MISSES FOR LA PAZ REGINETTE DI BELLEZZA VENEZUELANE CONTRO IL GOVERNO

«Ho solo spiegato alla gente innocente e disarmata come difendersi dai motociclisti killer di un governo terrorista e narcotrafficante», si è difeso Vivas. Con Leopoldo López ancora chiuso in carcere, l'altro leader dell'opposizione, Henrique Capriles, ha ripreso la scena sottolineando la sua contrarietà alla «spallata», l'idea che il chavismo possa cadere presto sotto la pressione della piazza, esasperata per la crisi economica. Capriles ha chiesto al governo solo la liberazione degli arrestati, la fine della censura, la repressione dei paramilitari che sparano sui manifestanti.

ANGEL VIVAS GENERALE IN PENSIONE ASPETTA COL MITRA SUL BALCONE A CARACAS leopoldo lopez arrestato

Ha invitato gli studenti a continuare la protesta, ma non di notte, quando possono essere più facilmente vittima di cecchini. Per il governo, invece, si tratta di un complotto: alla testa l'oligarchia venezuelana alleata con i media internazionali, per puntare al colpo di Stato.

È il messaggio che penetra nella gran parte delle case in Venezuela, adesso che non esistono più canali tv vicini all'opposizione e un canale allnews colombiano è stato oscurato. Maduro spera che la bufera passi, come avvenne tante volte durante gli anni di Chávez, tra repressione e stanchezza degli oppositori. Ma del «Comandante eterno» il discepolo non ha il carisma e l'arguzia politica. E nel regime le preoccupazioni crescono, invece di diminuire .

MISSES FOR LA PAZ REGINETTE DI BELLEZZA VENEZUELANE CONTRO IL GOVERNO MISSES FOR LA PAZ REGINETTE DI BELLEZZA VENEZUELANE CONTRO IL GOVERNO

 

 


DISASTRO PER “BALLARҔ SU RENZI (6,8%), CONTRO DEL DEBBIO (4,8%) E FORMIGLI (4,1%)

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Da www.davidemaggio.it

claudio santamaria

Ascolti tv prime time
Su Rai1 Non è mai troppo tardi ha conquistato 5.932.000 spettatori pari al 21.06%. Su Canale 5 Il Tredicesimo Apostolo 2, con Claudia Pandolfi e Claudio Gioè, ha raccolto davanti al video 3.306.000 spettatori pari al 12.49% di share. Su Rai2 Rex ha registrato 1.866.000 spettatori (6.21%), nel primo episodio, e 1.676.000 spettatori con il 6.24% nel secondo episodio. Su Italia1 Lo spaccacuori ha intrattenuto 2.409.000 spettatori (8.77%). Su Rai3 Ballarò Speciale (dalle 20:31 alle 22:19) ha raccolto davanti al video 2.024.000 spettatori (6.83%) mentre su Rete4 Quinta Colonna totalizza 1.140.000 spettatori (4.79%). Su La7 il talk Piazza Pulita è stato visto da 920.000 spettatori (4.12%).

Access prime time
Tempesta d'Amore non va oltre il 4.44%.

Su Rai1 Affari Tuoi è stato seguito da 5.808.000 spettatori e il 19.54% di share mentre su Canale 5 Striscia la notizia ha fatto segnare 5.934.000 spettatori (19.85%). Su Italia1 CSI ha registrato il 4.54% di share con 1.327.000 spettatori mentre Lol :-) su Rai2 il 3.41% con 1.035.000. Su Rete4 Tempesta d'amore ha siglato il 4.44% con 1.324.000 individui all'ascolto. Otto e Mezzo su La7 ha ottenuto 1.578.000 e il 5.34%.

Preserale
Sconosciuti si ferma al 3.68%.

formigli

Nella fascia preserale L'eredità - La Sfida dei 6 ha ottenuto un ascolto medio di 3.674.000 spettatori (20.22%) mentre L'Eredità ha raccolto 5.014.000 spettatori (22.61%). Su Canale 5 Avanti un Altro ha raccolto 4.430.000 spettatori con il 20.26% (Avanti il primo al 17.62% con 3.107.000 spettatori). Su Italia1 CSI ha totalizzato 769.000 spettatori (3.19%). Su Rai2 la serie Squadra Speciale Cobra 11 ha interessato 809.000 e 1.485.000 ascoltatori (4.12% - 5.79%). Il Segreto in replica su Rete4 è stato seguito da 1.347.000 telespettatori con il 5.12%. Su Rai3 Blob si porta al 5.36% con 1.347.000 spettatori mentre Sconosciuti segna il 3.68% con 990.000 spettatori. Su La7 la serie Il Commissario Cordier ha appassionato 597.000 spettatori (share del 3.15%).


Daytime Mattina
Agorà sopra la media.

PAOLO DEL DEBBIO

Su Rai1 Uno Mattina dà il buongiorno a 904.000 telespettatori con il 16.76% nella prima parte e 781.000 spettatori con il 16.4% nella seconda parte. Uno Mattina Storie Vere segna il 15.41% con 711.000 spettatori mentre Uno Mattina Verde registra il 15.07% con 755.000 spettatori. Su Canale5 Tg5 Mattina ha informato 1.188.000 spettatori con il 18.97%. Federico Novella e Federica Panicucci al timone di Mattino Cinque hanno convinto 617.000 spettatori (12.22%), nella prima parte, e 679.000 spettatori (14.63%) nella seconda parte. Una Mamma per Amica su Italia1 ha ottenuto 194.000 e 263.000 con il 3.04% e il 4.87%. Su Rete 4 la fiction Carabinieri è piaciuta a 331.000 spettatori con il 7.04%. Sulla stessa rete Sai cosa mangi? ottiene 280.000 spettatori con il 6.09%. Su Rai3 Agorà segna l'11.69% con 636.000 spettatori mentre Mi Manda Rai3 convince il 5.1% con 240.000 spettatori. Su La7 Omnibus conquista il 3.4% di share (140.000) e Coffee Break il 6.81% (318.000).

Daytime Mezzogiorno
Ottimo risultato per la Clerici.

Su Rai1 Uno Mattina Magazine porta a casa 882.000 spettatori con il 13.35%. A seguire Antonella Clerici con La Prova del Cuoco si aggiudica 2.433.000 ascoltatori (19%). Su Canale 5 Forum arriva al 15.09% con 1.333.000 telespettatori. Su Rai2 I Fatti Vostri ottiene 872.000 spettatori col 9.95%. Su Italia1 la serie Dr House ha interessato 339.000 spettatori con il 4.3%. Subito dopo Studio Aperto, Sport Mediaset ha ottenuto 1.480.000 con l'8.88%.

matteo renzi a otto e mezzo da lilli gruber

Su Rai3 Il Pane Quotidiano ottiene 646.000 spettatori (4.44%) mentre Il Tempo e la Storia, con Massimo Bernardini, arriva al 2.84% con 491.000. Su Rete4 il telefilm Un Detective in Corsia è stato seguito da 748.000 telespettatori con il 6.09% e subito dopo La Signora in Giallo si porta al 6.83% con 1.146.000. Su La7 L'Aria che Tira ha raccolto 450.000 spettatori con il 7.5%, nella prima parte, e 549.000 spettatori con il 4.29%.

Daytime Pomeriggio
Il Segreto tocca il 29.42% e traina la D'Urso - che ospitava gli operai che hanno protestato a Sanremo - al 21.4%.

Su Rai1 Tg1 Speciale Parlamento ottiene il 13.49% con 2.096.000 telespettatori. A seguire l'anteprima di Vid Italia in diretta (dalle 15.49) ha interessato 1.539.000 spettatori con il 13.19%. La Vita in Diretta ha convinto 1.926.000 spettatori (15.98%) nella prima parte, e 2.281.000 spettatori (16.23%) nella seconda parte. Su Canale5 Beautiful ha raccolto 3.619.000 telespettatori con il 20.16%, la soap CentoVetrine ha conquistato il 17.96% con 3.020.000 spettatori. Uomini e Donne ha convinto 3.124.000 spettatori con il 22.35% (finale al 27.44% con 3.211.000 spettatori). A seguire Il segreto ha convinto 3.440.000 spettatori con il 29.42%.

ANDREA SCANZI

Pomeriggio Cinque ottiene 2.528.000 spettatori (21.4%) nella prima parte e 2.186.000 spettatori (15.44%) nella seconda parte. Detto Fatto ha raccolto su Rai2 774.000 e 877.000 spettatori e il 4.51% e il 6.41% di share nei due rispettivi segmenti di messa in onda. Su Italia1 Futurama segna il 6.96% con 1.250.000 spettatori, I Simpson arrivano al 9.66% con 1.696.000; Dragon Ball ottiene 1.202.000 telespettatori con il 7.37%. The Big Bang Theory 6 in prima tv free segna il 4.69% e il 4.55% con 691.000 e 606.000 spettatori mentre Due Uomini e Mezzo segna il 4.19% e il 4.18% (501.000 - 482.000 spettatori).


How I Met Your Mother ha divertito 398.000 - 406.000 spettatori con il 3.4% e il 3.45. Su Rete4 Lo Sportello di Forum è stato seguito da 1.093.000 spettatori con il 6.85%. Su Rai3 Geo ha convinto 1.125.000 spettatori (8.44%). Su La7 lo Speciale Tg (13:47 - 18:12) ha informato 856.000 spettatori con il 6.29%. Su Real Time/+1 Amici ha ottenuto 604.000 spettatori (3.5%), al primo passaggio, e 232.000 spettatori (1.5), con la replica social.

SI RIDE ALLA GRANDE MAX GIUSTI ADRIANO PANATTA ALDO CAZZULLO FOTO ANDREA AARIGA

Seconda Serata

Il ritorno "a sorpresa" di The Good Wife in prima tv al 4.21%.

Su Rai1 l'appuntamento con Porta a Porta totalizza 1.612.000 spettatori per uno share del 13.88%. The Good Wife porta Rai2 al 4.21% con 792.000 spettatori. Su Rai3 Rai Parlamento Speciale Senato ha interessato 1.320.000 spettatori con il 6.24%. In 760.000 si sono sintonizzati su Canale 5 per seguire Houdini L'ultimo mago (share dell'8.2%). Su Italia1 Tiki Taka ha appassionato 559.000 spettatori (7.59%). Su Rete 4 Terra ha interessato 229.000 spettatori con il 2.99%. Su Rai 4 Il Trono di Spade in versione integrale segna l'1.57% e l'1.93% con 281.000 e 174.000 spettatori.

Telegiornali
(edizioni meridiana e della sera in migliaia):

Richi Cavallero Aldo Cazzullo

TG1: 4.156 (23.52%) / 6.243 (23.32%)
TG2: 2.745 (17.3%) / 2.044 (7.09%)
TG3: 1.285 (7.82%) / 2.225 (11.12%)
TG5: 3.136 (19.49%) / 5.338 (19.89%)
STUDIO APERTO: 2.117 (16.43%) / 1.065 (6.67%)
TG4: 495 (7.26%) / 908 (4.51%)
TGLA7: 966 (5.54%) / 1.825 (6.76%)

Ascolti per Fasce Auditel
Rai 1 17,80 11,75 17,74 15,26 17,59 13,81 20,96 19,97 16,63
Rai 2 5,70 3,32 2,23 5,51 9,26 4,98 4,89 6,13 4,30
Rai 3 7,06 3,56 12,06 7,95 7,06 5,16 8,60 6,61 6,30
Rai 4 1,14 1,87 0,69 1,51 0,92 0,77 0,80 1,34 1,69
Rai 5 0,14 0,27 0,08 0,06 0,10 0,30 0,05 0,16 0,14

Rai Movie 1,10 1,15 0,37 1,11 0,45 0,83 0,81 1,39 2,12
Rai Premium 0,84 1,14 0,65 0,72 0,82 1,32 0,69 0,82 0,67
Rai YoYo 1,23 0,47 3,26 2,01 1,03 1,68 1,70 0,89 0,23
Rai Sport 1 0,35 0,09 0,39 0,26 0,09 0,30 0,11 0,31 1,05
Rai Sport 2 0,15 0,17 0,12 0,26 0,03 0,10 0,24 0,18 0,11

Rai News 1,03 3,15 2,29 0,97 0,83 1,38 0,91 0,46 1,22
Rai GULP 0,47 0,18 1,36 0,25 0,31 0,56 0,75 0,43 0,16
Rai Scuola 0,00 0,00 0,00 0,00 0,01 0,00 0,00 0,01 0,00
Rai Storia 0,13 0,17 0,07 0,10 0,03 0,08 0,07 0,27 0,18
Rai Specializzate 6,56 8,65 9,29 7,24 4,61 7,33 6,14 6,26 7,57
RAI 37,12 27,28 41,32 35,95 38,51 31,28 40,59 38,96 34,80

PIERLUIGI PARDO

Canale5 16,88 12,58 17,36 14,45 17,91 24,47 18,75 14,68 11,40
Italia1 6,11 3,55 3,14 4,59 9,09 3,80 3,85 6,91 8,26
Rete4 5,02 3,72 2,88 6,20 6,18 5,56 4,77 4,53 4,64
Boing 0,84 0,51 2,06 0,85 0,90 1,03 1,14 0,70 0,17
Iris 1,30 1,40 0,85 0,65 0,84 0,82 0,72 1,67 2,73
La5 0,99 1,00 0,49 1,16 0,60 0,48 0,56 1,20 2,12

Mediaset Extra 0,57 1,88 1,17 0,82 0,50 0,84 0,34 0,28 0,66
Italia 2 0,38 0,24 0,08 0,19 0,17 0,32 0,54 0,52 0,44
Cartoonito 0,50 0,43 0,89 0,77 0,31 0,56 0,63 0,54 0,27
Top Crime 1,13 1,83 0,55 0,58 1,14 1,09 1,18 1,11 1,38

Premium Calcio HD 0,96 0,07 0,13 0,02 0,06 0,06 1,21 2,29 1,29
Mediaset Specializzate 6,68 7,35 6,21 5,04 4,54 5,21 6,32 8,32 9,05
MEDIASET 34,69 27,20 29,59 30,28 37,72 39,04 33,69 34,45 33,35

GIANPIERO MUGHINI INMUGHINATO

La7 4,83 3,22 3,96 6,58 4,99 6,71 4,33 4,17 4,33

Totale editore Discovery 4,86 12,11 4,14 5,16 4,52 5,71 4,15 3,61 6,07
Totale editore LT Multimedia 0,26 0,32 0,19 0,46 0,35 0,34 0,16 0,14 0,29
Totale editore MTV-VIACOM 1,15 2,40 1,21 1,87 0,94 0,99 0,96 0,95 1,56

 

SOROS SONDA L’ITALIA DI RENZIE PER INVESTIMENTI (ANDRA’ MEGLIO CHE CON LA ROMA?)…

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1. ORA SOROS PUNTA SULL'ITALIA PRONTA A INVESTIRE NELLE BANCHE
Alessandro Barbera per ‘La Stampa'

L'ultima volta - e forse l'unica - in cui ha pensato di scommettere sull'Italia risale al 2008, quando la famiglia Sensi decise di rinunciare al controllo della Roma. Nei bar e nei taxi della Capitale non si parlò d'altro per settimane. Capì subito che la mossa avrebbe potuto essere molto popolare, ma al dunque non se ne fece nulla. «Ho avuto molta più pubblicità per questo che per anni di devozione alla causa dei Rom», raccontò.

Soros ha intestato la casa di Manhattan a Tamiko

A parte quell'episodio - e uno sporadico investimento in titoli pubblici un paio d'anni fa - George Soros in Italia non ha mai investito uno spillo. Non per una banca, né per un'azienda. Ora però l'aria sembra cambiata. Qualcuno lo chiamerà subito effetto fiducia o effetto Renzi, il segno che la crisi è davvero alle nostre spalle. La verità, a voler essere prudenti, è che abbiamo raschiato il fondo del barile, e dall'altra parte dell'Atlantico l'euro non è più visto solo come una bomba pronta ad esplodere.

Lo dimostrano le notizie rimbalzate la scorsa settimana da Wall Street su un investimento ribassista del Fondo Soros sull'indice Standard and Poor's. E lo conferma un'intervista del finanziere ungherese allo Spiegel domenica: «Io credo nell'euro», «anche se temo che l'area possa finire in una stagnazione come quella subita per 25 anni dal Giappone». In ogni caso «il mio team di investimenti sta cercando di trovare il modo di fare un po' di soldi in Europa, ad esempio investendo nelle banche che hanno rapidamente bisogno di capitale». Fra i Paesi considerati più appetibili c'è proprio l'Italia.

Il miliardario George Soros

Gli uomini di Soros avevano già incontrato Fabrizio Saccomanni durante la sua visita a New York, lo scorso Natale. La scorsa settimana - secondo quanto risulta da più fonti - il team incaricato degli investimenti nell'Europa del Sud questa volta è volato a Roma per alcuni incontri riservati. L'obiettivo era capire se il nuovo governo di Matteo Renzi sarà in grado di dare la stabilità politica, la precondizione per un investimento almeno a medio termine.

Quel che i banchieri americani hanno capito con certezza è che di qui a qualche mese, dopo i nuovi stress test della Banca centrale europea e dell'Autorità europea sulle banche sui requisiti di capitale molti istituti avranno bisogno di fondi. Mps lo dovrà fare per tre miliardi di euro, Carige per 800 milioni, Banco Popolare ha in cantiere un rafforzamento pari ad 1,5 miliardi, Bpm per 500 milioni.

Ma pochi giorni fa - era il 3 febbraio - il governatore della Banca d'Italia Visco ha lasciato intendere che la questione potrebbe investire molte più banche, soprattutto dopo aver fatto chiarezza sui cosiddetti «crediti deteriorati» che dovranno emergere dai test. «La profondità della crisi ha avuto ripercussioni sulla qualità dei prestiti, soprattutto quelli alle imprese. Potranno configurarsi in alcuni casi esigenze di ricapitalizzazione».

Logo "Standard Poors"

Basti citare il caso di Intesa Sanpaolo, che nelle stesse ore ha ipotizzato la creazione di una «bad bank» nella quale far confluire 55 miliardi di quelle sofferenze. O il progetto della stessa Intesa che, insieme a Unicredit, potrebbe coinvolgere il fondo di investimento americano Kkr.

Insomma, agli attuali valori di Borsa, tuttora deboli, la sensazione restituita al grande capo è che in Italia si possono fare ottimi affari. E che in nome di questo potrebbe essere rivisto il portafoglio degli investimenti in Europa, oggi esposto soprattutto verso Paesi come la Spagna. Sarebbe un'ottima notizia, sempre che nel frattempo la politica non dia nuova linfa ai pregiudizi che i mercati hanno avuto per troppo tempo - e non a torto - nei confronti di un Paese spesso inaffidabile.

2. I CAPITALI USA NEL VECCHIO CONTINENTE - L'AMERICA SCOMMETTE SULLA RIPRESA
Paolo Mastrolilli per ‘La Stampa'

Ignazio Visco

Fuga di capitali, verso l'Europa. Dall'inizio dell'anno al 19 febbraio scorso, in meno di due mesi, gli investitori americani hanno scommesso 24,3 miliardi di dollari sui titoli del Vecchio continente. A questo va aggiunto che cinesi e indiani stanno facendo lo stesso, mentre George Soros dice al settimanale tedesco «Der Spiegel» che «la mia squadra punta a fare un sacco di soldi in Europa molto presto, ad esempio pompando soldi nelle banche che ne hanno bisogno».

Cosa sta succedendo? Cosa ha messo in marcia questo treno, su cui l'Italia potrebbe salire in fretta, visto che gli investitori puntano soprattutto ai grandi affari possibili nei Paesi più colpiti dalla crisi?

Partiamo dai dati, raccolti dal «fund tracker» Epfr Global. Dall'inizio del 2014 ad oggi, anzi a mercoledì scorso, gli investitori hanno acquistato titoli europei per 24,3 miliardi di dollari. Al contrario, i fondi americani hanno perso 5 miliardi. Tre dei quattro che hanno ricevuto più liquidità, cioè Vanguard Ftse Europe, iShares Msci Emu e Vanguard Ftse Developed Markets Etfs, sono esposti soprattutto nel Vecchio continente.

Secondo il «Wall Street Journal», le compagnie più ambite sono quelle dei Paesi più solidi, tipo l'azienda farmaceutica tedesca Bayer, le olandesi Royal Dutch Shell e Unilever, o le tecnologiche francesi Atos e Sopra, perché sono competitive, ma costano meno delle concorrenti americane.

logo intesa san paolo

Nello stesso tempo, però, gli investitori stanno guardando con molta attenzione ai Paesi più in difficoltà, tipo Spagna, Italia, Irlanda, Portogallo e la stessa Grecia, perché se arriva la ripresa queste sono le regioni dove si possono ancora concludere gli affari più convenienti.

MATTEO RENZI GIURA AL QUIRINALE DA NAPOLITANO

Lo stesso discorso riguarda la Cina, dove per la prima volta gli investimenti fatti all'estero stanno superando quelli ricevuti in casa. Non si tratta solo di aziende che aprono stabilimenti nei Paesi asiatici vicini dove il lavoro costa meno, ma anche di compagnie che acquistano partecipazioni nel settore del lusso o dei prodotti di alta qualità europei, per poi penetrare meglio il loro stesso mercato domestico in continua crescita. Se questo non bastasse a creare una tendenza, JP Morgan ha appena lanciato lo Europe Dynamic Equity Offshore Fund, che punta a convogliare verso l'Europa gli investimenti dei ricchi indiani.

MATTEO E TIZIANO RENZI

Parlando con «Spiegel», Soros è stato molto chiaro: «Io credo nell'euro». Perciò sta cercando di fare soldi finanziando le banche che ne hanno urgente bisogno, ma pensa anche di scommettere su casi estremi come la Grecia: «Le condizioni economiche nel Paese sono migliorate. La domanda ora è se si può guadagnare su base sostenibile. Se è possibile, investiremo».

Soros dice che in realtà la ripresa non è ancora partita, l'eurozona «rischia una lunga fase di stagnazione», e la Germania dovrebbe mettere da parte l'austerità e concentrarsi sulla crescita. Eppure vuole pompare soldi nel Vecchio continente. Una delle ragione di questa tendenza sta nel fatto che anche se la ripresa non è imponente, le cose si cominciano a muovere e questo è il momento per approfittarne.

L'altra ragione è che proprio a causa della timidezza della crescita e della bassa inflazione, la Bce probabilmente sarà costretta a proseguire le iniziative di stimolo che invece la Fed ha già iniziato ad abbandonare. Questo dovrebbe favorire almeno in una certa misura il travaso degli investimenti dal mercato americano a quelle europeo, a patto di essere pronti ad accoglierli.

 

 

SARTORI BUM! BUM!: ‘’UN GOVERNO DI INCOMPETENTI GUIDATO DA UN INCOMPETENTE’’

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Conversazione con Giovanni Sartori di Francesco Bonazzi per Dagospia

‘'Un governo di incompetenti guidato da un incompetente''. Quando hai ottant'anni, sei uno dei politologi più stimati e ascoltati di tutto l'Occidente, e in più sei un uomo profondamente libero. Insomma, quando ti chiami Giovanni Sartori e sei pure fiorentino, ti puoi permettere giudizi netti come questo sul primo governo Renzi.

Il professore con una lunga carriera accademica negli Usa non è stato tanto colpito da una certa genericità del programma esposto alle Camere ("Lo sapevamo già che è solo uno con la chiacchiera facile"), ma dall'idea di concedere la cittadinanza agli stranieri dopo cinque anni di scuola. "E' la proposta di ius soli più stupida, superficiale, avventata e sconcertante che abbia mai ascoltato", dice a Dagospia. E su La Pira, grande mito di Matteuccio, apre l'armadio dei ricordi in modo quasi definitivo. Indimenticabile anche il suo primo incontro con Renzi, molto simile a uno spot.

Lorenza Foschini Giovanni Sartori e Isabella Gherardi e Claudio Strinati

Professore, ancora poche ore e avremo il Renzi Uno nel pieno dei poteri. Che dice del suo giovane concittadino diventato premier?

"Ho sempre espresso i miei dubbi sulle vere capacità di quest'uomo, che è sicuramente molto bravo nel parlar svelto e con furbizia, abilissimo nella dichiarazione pubblica..."

Però?
"Però nella composizione del governo ha dimostrato poca capacità nello scegliersi i collaboratori. Sempre che non se li sia fatti imporre, ma lui dice di no. Ha solo messo insieme una squadra per metà di uomini e per metà di donne. Punto".

Per l'elevata presenza femminile ha ricevuto grandi elogi.

"Ma vanno benissimo, le donne. Il fatto è che gran parte dei suoi ministri non mi sembra competente. Non mi paiono persone con la preparazione e l'esperienza necessarie a risolvere i problemi dell'Italia. Il difetto del governo Renzi è tutto qui, e non è poco: non è competente lui e non sono competenti loro".

Giovanni Sartori e Isabella Gherardi

Ha dato un'occhiata ai progetti di Renzi?

"Guardi, mi ha colpito più che altro la sua nuova proposta sullo ius soli, anche se per ora l'ha messa in secondo piano. Come è noto, io sono contrarissimo allo ius soli, ma di tutti i progetti che sono stati tirati fuori su questa materia, quello di Renzi è il più stupido, superficiale, avventato e sconcertante che abbia mai sentito, perché prevede di concedere la cittadinanza italiana a chiunque faccia cinque anni di scuola".

E non bastano?

"Ma davvero vogliamo credere che bastino cinque anni alle elementari per fare un cittadino italiano? Per essere un cittadino italiano devo aver consapevolmente accettato il principio di separazione tra Stato e Chiese e aver rigettato il diritto teocratico o di Allah. Ma come si fa a dare la cittadinanza dopo cinque anni di scuola, senza distinguere se un bambino è islamico?"

Populismo o buonismo?

renzi e berlusconi italicum

"No, è irresponsabilità grave. Perché non solo già oggi non sappiamo dove mettere gli immigrati, visto che noi italiani abbiamo ripreso a partire per l'estero alla ricerca di un lavoro, ma concediamo loro tutti i diritti, compresi quelli di voto. E un giorno saranno la maggioranza anche in questo Paese, come ho appena scritto nel mio prossimo libro".

Nel discorso di ieri al Senato, il segretario del Pd ha esposto più i titoli dei capitoli che un vero programma. E c'è chi comincia a dire che il programma di Renzi è semplicemente Renzi. Lei che ne pensa?

MARIANNA MADIA MARIA ELENA BOSCHI STEFANIA GIANNINI FEDERICA MOGHERINI IN SENATO FOTO LAPRESSE

"Purtroppo condivido i suoi dubbi, ma per me non sono una novità. Non è che fosse necessario aspettare il suo discorso in Parlamento per scoprire che Renzi ha la chiacchiera facile e...."

E...?

"E basta".

Ma se è così, da fiorentino a fiorentino, bischero lui o bischeri noi?

"Ho lasciato Firenze da cinquant'anni, ne ho vissuti trenta negli Stati Uniti e ora abito a Roma. Ma sono senza dubbio un fiorentino. Di Renzi posso solo dire che ha l'accento di un fiorentino ripulito. Potrebbe fare concorrenza a Grillo, un altro che sa parlare veloce e sa usare bene l'elettronica. Però a criticare sono tutti bravi, mentre tirare fuori una proposta costruttiva richiede altre doti. Comunque, per Renzi, è giusto aspettare: vediamo che cosa fa in concreto anche se, lo ripeto, questa sua trovata sullo ius soli è di una gravità assoluta perché appartiene alla categoria di errori senza rimedio".

Maria Elena Boschi e Marianna Madia

Contento, almeno, di alcune figure botticelliane al governo?

"Io non sono più un giovanotto e questa delle Boschi e delle Madia è una generazione che non conosco. In compenso conoscevo bene Giorgio La Pira".

Che Renzi cita sempre e quasi venera. Gli ha perfino dedicato la tesi di laurea.

"Ecco, appunto. La Pira l'ho conosciuto per vent'anni, lui insegnava a Giurisprudenza e io a Scienze politiche e mi divertiva parecchio. Era un grandissimo bluff, un gran furbacchione sul quale gira pura mitologia. Distribuiva mantelle ai poveri, ma poi ne faceva comprare 400 al Comune e se ne metteva subito un'altra. Un personaggio davvero pittoresco, non solo come sindaco".

E Renzi lo conosce?

"Ci ho parlato un paio di anni fa e lui si è fatto fotografare con me, abbracciandomi subito. Poi, fatta la foto, è partito per nuove avventure".

MATTEO RENZI CON LA MOGLIE AGNESE RENZI, BOSCHI,

 

GIGANTI DALLE TASCHE BUCATE – DOPO IL RITIRO LE STAR DI BASKET NBA FINISCONO SUL LASTRICO…

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SPECIALE LUGLIO I PERSONAGGI PI RAPPRESENTATIVI DEGLI USA MICHAEL JORDAN

Andrea Rossi per ‘La Stampa'
C'è chi crede che Michael Jordan non sarebbe mai diventato il più grande giocatore di basket di sempre senza un pretoriano come Scottie Pippen. Sentite cosa disse un giorno Phil Jackson, l'allenatore dei Chicago Bulls dei sei titoli Nba tra il 1991 e il 1998: «Se il genio di MJ mi meravigliava sempre, avevo un senso d'orgoglio quasi paterno nei confronti del successo di Scottie. Fu lui ad aiutare i compagni a trovare una propria importanza nel contesto della squadra». Uno era il killer, l'altro il collante. Oggi il killer naviga nell'oro, il collante è in bancarotta.

jordan michael

Scottie Pippen ha guadagnato circa 170 milioni di dollari in vent'anni, si è ritirato nel 2004 e pochi mesi dopo era già vicino al collasso, colpa di uno stile di vita folle, sintetizzato dall'acquisito di un jet da 4 milioni (più uno speso per ripararlo), mai decollato perché difettoso. Non è un'anomalia: Forbes ha calcolato che il 60 per cento dei giocatori Nba è in bolletta entro cinque anni dal ritiro dai parquet, nonostante lo stipendio medio viaggi intorno ai 5 milioni a stagione.

scottie pippen and michael jordan michael jordan scottie pippen first game

Allen Iverson, un altro grandissimo, ha dissipato in un amen i 200 milioni incassati in 15 anni. Poco tempo fa in un'aula di tribunale, durante l'ennesima causa di divorzio, si è frugato nelle tasche dei pantaloni dicendo: «Non ho i soldi nemmeno per un cheeseburger».
Di Antoine Walker, ex stella dei Miami Heat, sua madre - cui ha acquistato una villa con dieci camere da letto - ha detto: «Ha dilapidato più di 100 milioni mantenendo un entourage di 70 persone». Generoso. E innamorato delle auto: Bentley, Mercedes, Cadillac, Hummer. Una corsa finita in manette a Las Vegas, dopo che aveva provato a rifilare dieci assegni scoperti agli addetti di un casinò.

Robert Horry, sette volte vincitore dell'anello (con Houston, Los Angeles e San Antonio), si è ritirato nel 2008 avendo accumulato oltre 50 milioni e da allora ha iniziato la sua carriera di commentatore tv. Salvato dagli studi in economia e finanza al college e da un impiego al Bbva, il gigante finanziario spagnolo, quando gli hanno chiesto perché tanti suoi colleghi annaspino ai margini dell'indigenza ha risposto così:

larsa scottie pippen

«È lo stile di vita Nba. Odio dirlo, perché sono parte di quella cultura, ma capita più spesso agli atleti di colore: sentono di dover sempre mostrare di avere i soldi. Diavolo, lo sanno tutti chi sei, non hai bisogno di comprare un orologio da 40 mila dollari ogni volta che esci di casa».

Pippen

Consulenti avidi, ignoranza, entourage sterminati, investimenti sballati, bella vita: così le star della Nba divorano i loro guadagni. Bob Young, direttore di Apex Wealth Management, sostiene che gli atleti spesso non sappiano nemmeno chi gestisce le loro finanze. Sembra aver ragione, a giudicare da certe storie surreali: Latrell Sprewell (squalificato per 68 turni dopo aver preso a pugni il suo allenatore) rifiutò un contratto da 21 milioni in tre anni. Troppo poco: «Ho una famiglia da sfamare». Ora ha dovuto vendere a metà prezzo il suo yacht. Shawn Kemp invece lavora in un bar.

E che dire di Jason Caffey, dieci figli con otto donne, arrestato per non aver pagato gli alimenti? O di Derrick Coleman, uno con i creditori alle calcagna per aver accumulato 5 milioni di debiti (dopo averne guadagnati 87) investendo in operazioni immobiliari a Detroit, una città fallita?

iverson

Sprovveduti. Incapaci di pianificare la propria vita: la carriera di un giocatore Nba dura in media quattro anni; una matricola su quattro dopo un anno è già fuori. Non tutti giocano un decennio o più incassando 19 milioni l'anno, quanto Miami dà a LeBron James, senza contare i 40 milioni degli sponsor. Non si possono permettere la casa da 9 milioni a Miami, il ranch di 350 mila metri quadri in Ohio, la quota di minoranza del Liverpool e l'anello di fidanzamento per la moglie da 350 mila dollari.

La disparità di salari è feroce: la cenerentola della Lega, Mario West dei Brooklyn Nets, guadagna 20 mila euro. Finire in bancarotta è un attimo, se sei un giocatore qualunque. Altra cosa è sei ti chiami Scottie Pippen e sei stato il gemello del più grande di sempre. Solo che Michael Jordan incassa ancora adesso 80 milioni l'anno, mentre il povero Scottie è senza un dollaro.

 

 

RISANAMENTO LENTO – VINCE UNICREDIT E GLI IMMOBILI FRANCESI SI VENDONO A CHELSFIELD…

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Laura Galvagni e Carlo Festa per ‘Il Sole 24 Ore'

Il parere del notaio Mario Notari è arrivato sul tavolo del vertice di Risanamento e, anche in questo caso come nei due precedenti, viene dato il via libera alla valorizzazione degli asset francesi. In particolare, si apprende, il documento di 22 pagine presentato da Notari specifica che l'accordo ex articolo 182 bis firmato a suo tempo da banche e società e depositato al Tribunale di Milano per evitare il fallimento del gruppo non impedisce la vendita degli asset.

Luigi zunino

Al contempo precisa che «l'esecuzione della valorizzazione» degli immobili parigini non richiede modifiche al vecchio accordo né impone una nuova intesa. Insomma, è un via libera pieno al proseguimento del processo di cessione. Un ok che giunge a poche ore dalla conferma, da parte di Chelsfield, della propria offerta su Parigi. Il fondo di Olayan Group ha terminato nelle scorse ore la due diligence sugli asset francesi e ha ribadito contenuti e numeri della proposta a suo tempo presentata: 1,225 miliardi per i nove palazzi.

Quindi tutto sembra concludersi come era nelle previsioni, anche se alla società e alle banche azioniste negli scorsi giorni era arrivata una nuova offerta da parte degli alleati Colony Capital e Luigi Zunino, l'ex-proprietario di Risanamento che sta provando da diversi mesi a rientrare in possesso della sua ex-azienda.

Barrack e Zunino avevano proposto, come alternativa all'acquisto del patrimonio francese da parte di Chelsfield, il lancio di un'Opa sull'azienda quotata a Piazza Affari. Con la perizia favorevole a Chelsfield, vince la posizione di alcune banche, in particolare Unicredit che si sarebbe opposta anche all'ultima versione dell'offerta di Barrack e Zunino di settimana scorsa. L'unico istituto che, invece, anche in virtù del suo ruolo di finanziatore di Sistema Holding, resta a favore dell'ex-patron del gruppo resta il Banco Popolare.

Tom Barrack con la moglie Laurel guido rossi

Ora resta da vedere cosa farà proprio Zunino, in qualità di socio di minoranza di Risanamento con Sistema Holding. L'imprenditore di Nizza Monferrato, assistito da Guido Rossi, ha presentato alle banche azioniste nelle scorse settimana una perizia legale del professor Gaetano Presti, alternativa a quella di Notari e che attesterebbe che la cessione degli immobili parigini non rientrerebbe all'interno delle operazioni consentite in una procedura tutelata dal tribunale con un 182 bis.

In particolare, per Zunino con la cessione del portafoglio francese verrebbero a mancare i presupposti della continuità aziendale in quanto l'incasso ottenuto da Chelsfield con la vendita di Parigi non andrebbe a coprire gli oltre 400 milioni di euro di debiti (fra esposizione verso le banche, vertenze fiscali e altro) e sarà quindi necessaria nuova finanza da parte degli istituti di credito per tenere in piedi l'operazione, con le banche che restano in parte divise.

lapr guido rossi 11

Ora la disputa sembra quindi spostarsi sul lato legale. Tuttavia la tabella di marcia è ormai stata scritta dalla società. In virtù della perizia positiva sulla vendita, Risanamento riunirà il consiglio di amministrazione il prossimo giovedì 27 febbraio per provare a chiudere il cerchio. In quella sede, verrà presentato, probabilmente, anche l'accordo raggiunto con Milanosesto sull'ex area Falck. Accordo che prevede il riconoscimento a Milanosesto, a fronte della rinuncia fatta dalla stessa al giudizio arbitrale e al giudizio cautelare, di 80 milioni per i costi di bonifica.

In ragione di ciò, il prezzo ultimo per la cessione dell'area si può calcolare in circa 325 milioni di euro, meno dei 405 milioni a suo tempo concordati nel momento in cui veniva predisposto l'accordo di ristrutturazione ex-articolo 182 bis.

 

LA ROTTAMAZIONE DEGLI SMARTPHONE - DOPO SOLI 10 MESI, SAMSUNG LANCIA IL NUOVO GALAXY

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1. SMARTPHONE
Jaime D'Alessandro per ‘La Repubblica'

Una sfilza di Galaxy

Democrazia, la parola d'ordine è democrazia. Una sorta di mantra che rimbalza da una conferenza all'altra, in un discorso collettivo interrotto e ripreso di continuo. Non ci sarebbe nulla di strano se non si trattasse del Mobile World Congress, la grande fiera dedicata agli smartphone che ha appena aperto i battenti a Barcellona.

Ma essendo stati venduti un miliardo di iPhone e simili in appena un anno, record, a qualcuno è venuto in mente che in tecnologia non ci sia niente di più democratico. E lo sarà sempre di più vista la corsa appena iniziata: dare un telefono intelligente ad ognuno, grazie ad un'ondata di dispositivi sotto i 200, i 100 e addirittura i 50 euro.

«Vogliamo portare internet in tutto il pianeta. Perché solo un terzo della popolazione ha accesso al web», ha raccontato ieri sera Mark Zuckerberg, il gran capo di Facebook, in un incontro letteralmente preso d'assalto. Era a Barcellona per presentare Interent.org, un'iniziativa che intende offrire per pochi soldi un accesso base alla Rete con Wikipedia, fare ricerca online, accedere ai social network.

SAMSUNG GALAXY S

Stephen Elop, che guida la Nokia, in mattinata aveva detto cose simili anche se da una prospettiva diversa. Ricalcando a sua volta le parole pronunciate da Richard Yu, amministratore delegato di quella Huawei che da cenerentola cinese è diventata il terzo colosso della telefonia mobile alle spalle di Samsung e Apple.

«Viviamo nello stesso mondo. E non si capisce perché in Africa dovrebbero navigare sul web con un telefonino antesignano ». Le previsioni del resto parlano chiaro: il traffico dati da e per i dispositivi mobili, anche e soprattutto lì dove oggi è scarso, aumenterà di undici volte nel giro di appena quattro anni. Di qui il Nokia X che per la prima volta usa il sistema operativo Android di Google. Schermo da 4 pollici, processore dual core, macchina fotografica da 3 megapixel. Quanto basta per navigare, ascoltare musica, controllare la posta e il proprio profilo sui social network, giocare con qualche app. Tutto a 89 euro.

SAMSUNG

L'Acer e la Archos hanno modelli simili che costano poco di più. Oppure c'è il nuovo progetto della Mozilla: ha in canna uno smartphone con Firefox Os da 25 dollari, al cambio attuale poco più di 18 euro, per far accedere alla Rete le persone dall'Africa al Bangladesh. «Il mondo è attraversato dalla crisi economica», spiega Chul Bae Lee, vicepresidente della Lg e a capo del reparto design della multinazionale di Seoul. «Siamo già capaci di realizzare dispositivi trasparenti, con schermi curvi e fotocamere come una Reflex. Ma costerebbe una fortuna. L'arte sta nel compromesso: il massimo possibile al minor prezzo possibile».

Sarà per questo che i prezzi stanno crollando un po' ovunque. Le prime avvisaglie si erano avute in autunno, con l'uscita di modelli di alto profilo come il Nexus 5 di Google prodotto sempre da Lg e venduto ad appena 349 euro. Poco per le sue caratteristiche. Da allora è stato un crescendo, o un calando se preferite.

A breve per 200 o 300 euro saranno disponibili telefoni e tablet che fino a ieri sarebbero costati il doppio. Con una ristretta categoria di prodotti di alto livello rimasti a difendere la fascia da gioielleria, detta premium, dove gli schermi si fanno sempre più ampi quasi a dare un senso a prezzi tanto alti. Il sottilissimo Sony Xperia Z2 con display da 5,2 pollici ad esempio, che costa ben 699 euro, o ancora il G Pro della Lg o il prossimo iPhone che dovrebbe anche lui avere schermo da oltre 5 pollici e il solito costo stellare.

MARK ZUCKERBERG

O ancora il Galaxy S5 della Samsung, appena presentato, con il suo display da 5,1 pollici, fotocamera da 16 megapixel, il processore ai vertici. Un alto concentrato di tecnologie nuove e già viste per 650 euro circa. E pensare che la prima a parlare di democrazia, qui al Mobile World Congress fu proprio la casa coreana ormai quattro anni fa.


2. IL SENSORE CHE CONTA I BATTITI E UN LETTORE DI IMPRONTE DIGITALI - SAMSUNG SVELA IL NUOVO GALAXY
Paolo Ottolina per ‘Il Corriere della Sera'

Se il telefonino è da tempo un'estensione del nostro corpo allora non c'è da stupirsi che impari a conoscerci sempre meglio. Con l'iPhone 5s aveva imparato a leggere la nostra impronta digitale. Con il nuovo Galaxy S5 di Samsung saprà tenere sotto controllo anche il battito cardiaco.

È una delle novità del nuovo modello di punta del gruppo coreano, da tempo numero uno al mondo tra gli smartphone: uno ogni tre venduti è suo. Dopo soli 10 mesi, Samsung sostituisce al vertice della sua gamma il Galaxy S4. A ottobre aveva toccato la vertiginosa cifra di 40 milioni di pezzi venduti (in circa 6 mesi) ma l'azienda ne attendeva di più (il 15-20% secondo alcune stime). E così al Mobile World Congress di Barcellona è stato svelato il suo erede, uno dei due modelli più attesi dell'anno dagli appassionati di tecnologia (l'altro è - ovviamente - l'iPhone 6, che si vedrà però nella seconda parte del 2014).

logo apple

Il mercato degli smartphone inizia a somigliare a quello dei personal computer di alcuni lustri fa. I nuovi modelli si susseguono a ritmo serrato ma le vere innovazioni scarseggiano. I produttori aggiungono schermi un po' più grandi, processori più potenti, fotocamere migliori. Si compete soprattutto sul prezzo e sul momento giusto per uscire nei negozi. E allora Samsung, per convincere il pubblico a scucire una cifra importante (uscirà l'11 aprile in 150 Paesi Italia compresa a un prezzo non comunicato ma intorno ai 700 euro), ha cercato di rendere il suo smartphone sempre più «smart».

Galaxy S5 è resistente ad acqua e polvere (finora un cavallo di battaglia degli Xperia di Sony), ha un sensore per l'impronta digitale che serve a sbloccare il telefono ma soprattutto, come detto, ha un sensore di battito cardiaco. Una primizia assoluta. Con questa mossa, Samsung fa un passo verso la e-health , la sanità digitale.

Un settore a cui tanti guardano con interesse, con la popolazione dei mercati più ricchi che invecchia. Con un cardiofrequenzimetro Samsung può portare un prodotto di massa, come lo smartphone, dentro questo settore e quello del fitness. S5 comunicherà questo tipo di informazioni anche attraverso accessori come i nuovi smartwatch (orologi intelligenti) Gear 2, Gear Neo e Gear Fit, specificamente pensato per l'attività fisica.

Logo Nokia

Galaxy S5, così come gli altri smartphone di Samsung, funzionano con Android, il sistema operativo mobile di Google che domina il mercato. Ma i nuovi Gear no. Sono i primi dispositivi con Tizen, una piattaforma su cui Samsung (insieme a partner come Intel) lavora da anni.

Samsung

Si era fantasticato di un possibile abbandono di Android per far spazio a Tizen ma la mossa degli orologi sembra dar corpo a un'altra ipotesi: Samsung e Google resteranno «amici per forza» a lungo (di recente hanno stretto un'intesa per condividere brevetti) e Tizen potrebbe diventare utile per altri settori. Come appunto i wearable device , i dispositivi da indossare, o magari le smart tv. Se l'alleanza Google-Samsung va tenuta d'occhio, quella di Nokia con Android è una novità di Barcellona: la casa finlandese ha lanciato i primi smartphone, la serie X, compatibili con le app del mondo Google. Forse poche aziende amano Big G ma sembra che nessuno (tranne Apple) possa farne a meno.

 

ENTI SERPENTI – ANCHE A GENOVA SCONTRO TRA CARIGE E FONDAZIONE SULL’AUMENTO DI CAPITALE

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1-FONDAZIONE CARIGE: RINVIARE L'AUMENTO
Raoul de Forcade per ‘Il Sole 24 Ore'

Stoppare di fatto (prorogandolo) l'esercizio di delega del cda di Banca Carige per portare a compimento l'aumento di capitale fino a 800 milioni, che oggi è fissato al 31 marzo; oppure dare il via libera, entro la fine del prossimo mese, alla ricapitalizzazione, facendone però slittare l'esecuzione a giugno. Sono le due opzioni che il cda di Fondazione Carige ha inserito nell'ordine del giorno della delibera (approvata all'unanimità) con cui, dietro indicazione del consiglio di indirizzo (che ha approvato a maggioranza), richiede «la convocazione urgente dell'assemblea straordinaria» della banca, di cui controlla il 46,5%.

carige

Alla fine, il confronto tra l'istituto di credito genovese e il suo ente di riferimento a corto di liquidità (e perciò al momento non in grado di sottoscrivere un eventuale aumento di capitale), è giunto alla sfida finale. E nonostante alcuni consiglieri della Fondazione abbiano voluto sottolineare che la richiesta «è finalizzata a concordare un percorso tra banca e fondazione in un' ottica di condivisione e non di conflittualità» e dicano di non voler «dare l'impressione che ci sia uno scontro tra noi», sottolineando la necessità «di far rispettare le nostre esigenze ma senza entrare in conflitto», lo scontro c'è.

Anche perché la banca, che era parzialmente al corrente di quanto si è discusso ieri pomeriggio, per lunghe ore, nelle riunioni del cdi e del cda, si aspettava che la proposta del presidente della Fondazione, Paolo Momigliano, poi approvata, contenesse solo una voce all'ordine del giorno. Quella relativa alla «eventuale assunzione della deliberazione entro il 31 marzo 2014 con esecuzione dell'aumento al mese di giugno 2014». Non anche (e per prima nell'odg) l'opzione di una «eventuale proroga del termine stabilito per l'esercizio della delega», conferita al cda dall'assemblea del 29 aprile 2013.

BANCA CARIGE

Il documento approvato dalla Fondazione mette anche in chiaro che l'advisor dell'ente (Banca Imi) «ha presentato un memo circa l'opportunità e la convenienza, sia per la banca sia per la fondazione, di un differimento temporale per l'esecuzione del deliberando aumento di capitale sociale». E che i «consulenti giuridici» ritengono che «un'esecuzione differita dell'aumento di capitale» non rappresenterebbe «a quanto allo stato consta, una violazione delle prescrizioni dell'organo di vigilanza».

Ora, però, la palla passa, oltre che alla banca, proprio alle autorità di vigilanza (Bankitalia per Carige e Mef per la Fondazione). Via Nazionale, da parte sua, vedrà già oggi, a Roma, i vertici di Banca Carige, ossia il presidente, Cesare Castelbarco, e l'ad, Pier Luigi Montani. La notizia è emersa ieri mentre cda e cdi della fondazione erano in corso. A quanto risulta, la convocazione avrebbe carattere ordinario e non sarebbe inerente al braccio di ferro tra l'istituto e l'ente azionista. Sembra difficile, però, che, alla luce degli avvenimenti di ieri, l'argomento non sia trattato.

Cesare Castelbarco Albani saluta Ignazio Visco

Ieri, peraltro, anche i sindacati hanno preso posizione sulla vicenda. Dircredito, Fabi, Falcri, Fisac-Cgil, Fiba-Cisl e Uilca rilevano che «un aumento di capitale di 800 milioni per una banca che, ad oggi, ha una capitalizzazione di borsa di poco superiore agli 850 milioni, assomiglia molto, nei fatti, a un formale annuncio di messa in vendita della capogruppo».

Le organizzazioni sottolineano, poi, che, con una simile ricapitalizzazione «la fondazione sarebbe destinata a rimanere con quote di capitale quasi insignificanti e cesserebbe di essere il socio di riferimento, con ovvie conseguenze negative sul rapporto con i territori». Dicono, inoltre, che il comunicato con cui Carige ha annunciato l'avvio dell'aumento sembra prevedere «il rinvio o la rinuncia alla cessione di asset non strategici annunciati lo scorso aprile».

Ancora, il sindacato denuncia che «continuerebbero ad essere in fase avanzata di studio iniziative come la chiusura/vendita di sportelli o come l'attivazione di un fondo esuberi, che comporterebbero sensibili perdite di posti di lavoro e metterebbero a rischio l'integrità del gruppo». In tutto questo, il titolo Carige ieri è salito dell'1,15% arrivando a quota 0,413.

GIOVANNI BERNESCHI FOTO INFOPHOTO

2-L'ANNUS HORRIBILIS DI GENOVA
Marco Ferrando per ‘Il Sole 24 Ore'

Proprio un anno fa, alla data di oggi, Banca Carige annunciava il suo piano di rafforzamento da 800 milioni, per «raggiungere una dotazione patrimoniale pienamente conforme ai più elevati coefficienti richiesti dal nuovo quadro regolamentare», come sottolineava la banca in una nota diffusa in serata in contemporanea ai primi risultati delle elezioni politiche del 2013.

Una maxi operazione inattesa disposta dalle autorità di controllo, Bankitalia e Consob, che di fatto ha finito per aprire un vero e proprio annus horribilis per il gruppo: prima le tensioni tra la Fondazione e la banca per il delicato equilibrio tra aumento cash e cessioni, poi la tregua raggiunta in occasione dell'assemblea di fine aprile (quando davanti ai soci si presentò anche il presidente della Fondazione, Flavio Repetto) e quindi l'accordo conquistato in estate per vendere l'Sgr ad Arca.

cesare castelbarco albani Carige

Un deal, formalizzato solo con la fine del 2013, che di fatto ha rappresentato l'unica buona notizia ricevuta nel corso dell'intero anno: ad agosto arrivano prima le dimissioni di alcuni consiglieri e poi la decadenza dell'intero board, a fine settembre la nuova assemblea che sancisce la fine dell'era Berneschi ed elegge Cesare Castelbarco alla presidenza.

Ma neanche questo è l'epilogo: sciolto il nodo dell'avvicendamento in banca e individuato in Piero Montani il nuovo amministratore delegato, la resa dei conti si sposta subito in Fondazione, che a fine ottobre sfiducia il suo presidente, Flavio Repetto. Un mese di trattative, il pericolo - scampato - che il nuovo terremoto in Fondazione possa ripercuotersi sulla banca e poi a inizio dicembre la scelta di Paolo Momigliano, che avvia subito la ricerca di un advisor che affianchi la Fondazione nel delicato passaggio dell'aumento di capitale.

Alla fine, mentre la Procura accende più di un faro sull'intera vicenda, la scelta cade su Banca Imi. Ma è solo un piccolo passo in avanti: a un anno di distanza, con il titolo quasi dimezzato (in forte controtendenza con il settore), si è allungato l'elenco delle banche in cerca di capitali freschi ma intanto il piano di rafforzamento di Carige è nei fatti ancora al palo e l'equilibrio tra banca e Fondazione quanto mai precario, proprio come a Siena. Un dossier urgente, e tutt'altro che facile, per il neo ministro Pier Carlo Padoan, considerato che il Mef - autorità di vigilanza sulle Fondazioni - può agire con incisività sulle sorti dell'ente e quindi, indirettamente, della banca. Che oggi, a sua volta, è stata convocata in Via Nazionale per fare il punto - ancora una volta - sull'aumento di capitale.

PIER CARLO PADOAN

 

flavio repetto

TE LO DO IO IL BRASILE! LE FOTO DEGLI INDIGENI DESSENA NELLA MERAVIGLIA AMAZZONICA

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da www.dailymail.co.uk


A 3.000 miglia da Rio de Janeiro vive la tribù Dessana, circondata da foreste e cascate. Si può accedere alla zona solo via barca, salpando da Manaus, dove l'Inghilterra a giugno giocherà la prima partita dei Campionati Mondiali di Calcio.

Il trentenne australiano David Lazar ha fotografato la tribù che vive sulle rive del fiume in Amazzonia e mantiene intatte le sue tradizioni. I bambini suonano il flauto di Pan, giocano felici fra gli alberi, e si dipingono il viso coi colori dei pappagalli, il capotribù è sorridente e indossa il tipico copricapo piumato, le donne si mostrano accoglienti. Lazar descrive i Dessana amichevoli e pacifici, una comunità che si stringe affettuosamente intorno ai più piccoli.

Racconta: «Volevo mostrare l'altro Brasile, alternativo a quello pubblicizzato per le Olimpiadi estive del 2016. Amo gli scatti che non riflettono il mondo moderno e potrebbero essere stati fatti cento anni fa».

 

 

 

 

LATITANZA? A OLTRANZA! - SEQUESTRATI 2,5 MLN € CHE PAOLO LIGRESTI VOLEVA PORTARSI IN SVIZZERA

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Ottavia Giustetti per ‘La Repubblica'

Tutto era pronto per far "emigrare" i soldi in Svizzera, due milioni e mezzo di euro tra azioni e denaro di proprietà di Paolo Ligresti. Il sospetto è che dovessero essere messi al sicuro dalle migliaia di azionisti che chiedono di costituirsi parte civile nel processo contro di lui a Torino. Ma la Guardia di Finanza con un provvedimento urgente li ha sequestrati ieri a garanzia delle spese di giustizia.

GERONIMO LA RUSSA BARBARA BERLUSCONI PAOLO LIGRESTI FOTO LAPRESSE

Dopo che aveva scoperto che la Compagnia Fiduciaria Nazionale, per conto dei Ligresti, ne aveva disposto il trasferimento. Ed è ancora braccio di ferro sul patrimonio tra la Procura di Torino e la famiglia dell'immobiliarista di Paternò nell'ambito dell'inchiesta Fonsai.

Dopo il congelamento di 250 milioni ad agosto dello scorso anno, poi annullato dai giudici, quello di ieri è stato il tentativo di "salvataggio" di quel che resta in mano alla società Pegasus, del terzo figlio di Salvatore, delle quote di Fondiaria dopo la diluizione e la fusione. «Il sequestro di cui discutiamo ha una natura conservativa e non sostiene in alcun modo la natura illecita del trasferimento di denaro - dice l'avvocato difensore di Paolo, Davide Sangiorgio - l'operazione finanziaria che è stata bloccata non ha nulla di illegittimo».

Giulia Paolo Jonella e Salvatore Ligresti

L'avvocato farà ricorso per chiedere il dissequestro. L'allarme è scattato quando la fiduciaria che opera per conto della famiglia Ligresti, la Compagnia Fiduciaria Nazionale, ha disposto che 2 milioni e mezzo di euro in titoli e denaro fossero trasferiti da una banca italiana in territorio elvetico, su un conto intestato a Pegasus, la società di diritto lussemburghese di proprietà di Paolo Ligresti. Proprio in quei giorni si celebrava l'udienza preliminare dell'inchiesta nella quale è accusato di falso in bilancio e aggiotaggio informativo, e 1500 piccoli azionisti chiedevano di costituirsi parte civile per ottenere il risarcimento.

sgp78 paolo ligresti mo barbara

Paolo Ligresti non è mai rientrato dalla Svizzera dove gode dei diritti di cittadinanza e da dove ha osservato, libero, tutte le tappe dell'inchiesta su Fonsai che hanno portato in carcere il 17 luglio scorso il padre Salvatore e le due sorelle, Giulia Maria e Jonella, oltre agli ex manager della compagnia assicurativa che ora ha completato la fusione con Unipol ed è diventata Unipol-Sai.

GUARDIA DI FINANZA

Un milione e centomila euro del valore sequestrato ieri dalla Guardia di Finanza del Nucleo tributaria era proprio in azioni Unipol-Sai e corrispondeva al controvalore dei titoli di proprietà di Paolo Ligresti, quello che era rimasto a lui dopo la diluizione del capitale della famiglia in vista della fusione. Il provvedimento non è però parte di un nuovo filone d'inchiesta o di un'altra ipotesi di reato, ma di un sequestro cautelare a scopo conservativo a tutela dell'erario e degli azionisti che, in caso di condanna, dovranno essere rimborsati: Paolo Ligresti potrebbe essere processato e il giudice vuole assicurarsi che non disperda il patrimonio.

 

MONTE DEI PACCHI DI STATO - CONTINUA LA MELINA DELLA FONDAZIONE PRESIEDUTA DALLA MANSI

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Marcello Zacché per ‘Il Giornale'

monte dei paschi di siena antonella mansi

Ancora due settimane per il Monte dei Paschi di Siena, poi l'ingresso dello Stato nel capitale diventerà un'ipotesi concreta. Anche perché nella città che è un tutt'uno con la sua banca, si raccolgono pareri sorprendenti: se si svolgesse ora un referendum per scegliere se si preferisce un socio privato forte, magari estero, o lo Stato, vincerebbe quest'ultimo, visto come più tranquillizzante, una più naturale continuazione dell'incestuoso rapporto del passato tra politica e banca.

La Fondazione azionista al 31,5%, dopo aver determinato il rinvio dell'aumento di capitale da 3 miliardi da gennaio a maggio - votando contro il vertice della banca nell'assemblea di dicembre - non è ancora riuscita a trovare un compratore per gran parte della sua quota. Il presidente Antonella Mansi aveva parlato di fine febbraio per la chiusura dell'operazione, che dovrebbe portare l'Ente a mantenere una quota intorno al 5% e con il ricavato a rimborsare i 340 milioni di debiti in scadenza, oltre a partecipare all'aumento per non diluirsi ulteriormente. Ma negli ultimi due mesi ha ceduto sul mercato meno del 2%, senza intavolare trattative ufficiali con eventuali compratori interessati. Di possibili fondi arabi si è sì sentito dire, ma non è finora emersa alcuna evidenza concreta.

monte-dei-paschi-di-siena-sede

Alcuni banchieri del consorzio di garanzia dell'aumento messo in piedi a dicembre dal presidente Alessandro Profumo con l'ad Fabrizio Viola per rimborsare i 4 miliardi di Monti bond emessi nel 2012, fanno filtrare «grande preoccupazione» per la melina dell'Ente, che incorpora un elemento di grande incertezza per chi dovrà collocare le azioni di nuova emissione, rendendo difficile l'operazione. E forse impossibile anche perché nel frattempo sono sempre più numerose le banche che potrebbero andare sul mercato prima dell'estate.

ALESSANDRO PROFUMO E FABRIZIO VIOLA

Inoltre, dicono le stesse fonti bancarie, Mansi avrebbe avuto a disposizione una propizia fase di mercato, tra fine dicembre e le prime settimane di gennaio, per cedere pacchetti azionari. Ma ha preferito aspettare e ora i tempi stringono: l'11 marzo il cda esaminerà il bilancio e se per allora non saranno emerse novità le operazioni per l'aumento di capitale partiranno «al buio».

L'assemblea di approvazione del bilancio sarà il 29 aprile e la ricapitalizzazione dovrà partire subito dopo: Profumo e Viola hanno previsto, con il consorzio, la partenza per il 12, il 19 o al massimo il 26 di maggio. Poi la finestra si chiude perché vengono a mancare i tempi tecnici per avere in cassa le risorse necessarie a pagare allo Stato la cedola da 330 milioni dei Monti bond, scadenza primo luglio.

Alessandro Profumo Fabrizio Viola PIER CARLO PADOAN

Inoltre, la Commissione Ue può imporre il rimborso del 70% dei 4 miliardi di Monti Bond. Ecco perché, se l'operazione non si riuscirà a fare, non ci sarà più tempo: allo Stato bisognerà dare subito azioni di nuova emissione e inizierà la nazionalizzazione. Che, a differenza di quanto si pensa in città, non sarebbe una passeggiata. Per questo, proprio in queste ore, al neoministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, che ha poteri di controllo e moral suasion sulle Fondazioni, il dossier Mps è già stato messo in bella vista sulla scrivania.

 

 

DOPO LE MUTANDE VERDI DI COTA, PER IL PIEMONTE POTREBBE ESSERCI IL TACCO 12 DELLA SANTADECHÉ

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Alessandro Mondo per ‘La Stampa'-Piemonte

daniela santanche sugli sci a courmayeur

Acque agitate nel centrodestra, alla ricerca di un capitano e di una squadra da opporre a Chiamparino. Una parola: non è un caso se, a tre mesi dal voto, in Piemonte siamo alle dichiarazioni d'intenti, e nemmeno univoche.

La «Pitonessa»
Le prime sorprese, semmai, filtrano da Roma. Cominciando dalla disponibilità di Daniela Santanchè a guidare la coalizione se dovesse sfumare la candidatura di Guido Crosetto, Fratelli d'Italia. Proprio lei, la «Pitonessa» di Forza Italia: peraltro legata a Crosetto da una solida amicizia, entrambi sono della provincia di Cuneo, e oggetto di indiscrezioni. Quanti ne conoscono il temperamento giurano che non sarebbe una candidatura di bandiera ma ce la metterebbe tutta per rendere a Chiamparino la vita difficile. Notizia destinata ad aumentare la temperatura dentro il partito del Cavaliere, e nel centrodestra.

Daniela Santanche e Anselma Dell Olio

Pichetto in pole
Mentre le primarie di coalizione impallidiscono, le altre candidature restano le stesse. La più accreditata è quella di Gilberto Pichetto: ieri ha incassato il sostegno di Progett'Azione, confluita in Forza Italia. Crosetto resta in pista: i siluri contro di lui, tutti in arrivo dai dintorni di Arcore, sembrano motivarlo. A seguire, primarie permettendo, Porchietto, Coppola, Leo, in quota Ncd, Napoli (Forza Italia), Ghiglia (FdI-An).

Tommaso Cerno e Guido Crosetto

La «lista del presidente»
Il più attivo è Pichetto, che oltre a tenere i rapporti con gli alleati lavora alla sua candidatura. In quest'ottica pensa a una «lista del presidente», in appoggio a quella di Forza Italia, dove confluirebbero nomi di spicco della società civile. E magari i consiglieri regionali indagati per «Rimborsopoli», sussurrano i maliziosi: probabilmente rinviati a giudizio (l'udienza del gip è fissata per il 9 aprile) e quindi da candidare, ma in sordina, nella lista collegata.

Ipotesi respinta dall'entourage di Pichetto. Stando a indiscrezioni Porchietto, alla quale l'Ncd starebbe stretto, potrebbe dare una mano nell'operazione (a stretto giro di posta, la smentita dell'interessata). Coppola, pur incrociando al largo, valuterebbe il da farsi.

Gli impresentabili
Partita aperta sui consiglieri indagati, verso i quali Pichetto ha un atteggiamento pragmatico: a fare la differenza, nel ripescaggio in lista, sarebbe non tanto il rinvio a giudizio quanto la gravità degli addebiti contestati dai magistrati.

LUCA REMMERT E SERGIO CHIAMPARINO

Frizioni con Ncd
Sempre tesi i rapporti tra Forza Italia e gli alleati, oggetto di un primo confronto a Torino nel fine settimana. Le frizioni maggiori si registrano con l'Ncd. Il movimentismo del partito di Alfano, tentato di correre con propri candidati alle amministrative per tastare il polso dell'elettorato, suscita nervosismo in Forza Italia. Tanto più che l'eventualità - bollata come «terrorismo psicologico», uno strumento di pressione per farsi valere nella partita delle regionali - riguarderebbe non solo Alba e Vercelli ma la stessa Biella, feudo di Pichetto. Praticamente un affronto. Staremo a vedere.

roberto cota

 

 

SORGENIA DI DEBITI - OGGI ENNESIMO VERTICE TRA LE BANCHE CREDITRICI DELLA UTILITY...

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Cheo Condina per ‘Il Sole 24 Ore'

Le banche stringono i tempi sulla ristrutturazione del debito di Sorgenia, anche se la situazione appare ancora fluida e aperta a tutte le soluzioni. Come annunciato settimana scorsa dalla controllante Cir, la società energetica ha un autonomia finanziaria limitata (ad oggi circa tre settimane) in assenza di uno stand still e anche gli istituti di credito puntano a individuare una soluzione che salvaguardi, per quanto possibile, i propri prestiti, pari a circa 1,8 miliardi di euro.

sorgenia LOGO

La sensazione è che la svolta non sia imminente, - «siamo solo all'inizio delle discussioni», ha dichiarato ieri l'ad di Unicredit, Federico Ghizzoni - ma il vertice tra gli istituti previsto per oggi, in cui l'advisor Rothschild presenterà i possibili scenari per uscire dall'impasse, rappresenterà comunque una tappa importante del processo. Sorgenia, nel nuovo piano industriale presentato a dicembre, ha chiesto lo stralcio di 600 milioni di credito dall'esposizione della capogruppo.

Rodolfo De Benedetti con figlia e moglie Emmannuelle

Il tema è come arrivare a questa cifra: le banche vorrebbero un aumento di capitale da 300 milioni, Cir non si muove da 100 milioni. Una possibile intesa si sarebbe potuta raggiungere a quota 200, ma il socio austriaco Verbund si è sfilato dalla partita rendendola impraticabile Di qui l'incontro di oggi (dopo quello di lunedì), in cui la possibile conversione del debito in equity (ipotesi peraltro ventilata già nel vertice di gennaio tra Cir e le banche) potrebbe essere solo una delle ipotesi sul tavolo.

mondardini

Al momento, infatti, nessun scenario andrebbe escluso, compreso il ricorso alla procedura concorsuale in caso di mancato accordo (ipotesi esaminata da un cda tenutosi lunedì sera da Sorgenia). La stessa conversione dei crediti in capitale potrebbe assumere due forme diverse, con conseguenze e significati ben diversi.

L'utilizzo di strumenti partecipativi, una forma ibrida di equity, consentirebbe uno stralcio del debito e un ingresso più "morbido" delle banche nella società, anche a livello di governance. Viceversa, la conversione del debito in azioni implicherebbe conseguenze ben più radicali sugli assetti di Sorgenia, con le banche che prenderebbero di fatto il timone della società energetica.

ASSEMBLEA GENERALI DI BANCA DITALIA FEDERICO GHIZZONI E LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO FOTO LA PRESSE

L'utilizzo di strumenti partecipativi, fanno notare alcuni, permetterebbe alle banche di minimizzare gli impatti a livello di bilancio e al tempo stesso di permettere loro di usufruire dell'eventuale recupero della società alleggerita dagli oneri finanziari, senza tenere conto di un possibile incremento del capacity payment.

Tra stralcio del debito e vendita delle rinnovabili, si stima infatti, largo circa, che le attuali passività verrebbero dimezzate. Ciò in un'ottica di medio periodo, in cui il gruppo energetico potrebbe rientrare in un fisiologico processo di consolidamento del settore.

 

CARLO DE BENEDETTI E CORRADO PASSERA
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