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SARZANINI: IL MERITO, IN ITALIA, VALE SOLO PER LE DONNE? - MINISTRE ATTACCATE, UOMINI NO

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1. MA IL MERITO IN ITALIA VALE SOLO PER LE DONNE?
Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera"

FIORENZA SARZANINI

Otto donne su sedici ministri, la metà esatta. Nasce così il governo guidato da Matteo Renzi. Ed è la prima volta che accade. Ma le consuetudini sono evidentemente difficili da superare e quando si arriva ad esaminare la componente femminile il livello di critica inevitabilmente si alza. I giudizi si fanno taglienti, addirittura sprezzanti. Soprattutto ci si sofferma sulla mancanza di esperienza di alcune, sull'incapacità (presunta) delle altre. Con la convinzione, neanche troppo velata, che siano state scelte per una questione di immagine, per ottenere un risultato politicamente corretto.

L'Italia sta attraversando un momento difficile a causa della crisi economica, la questione dei marò ci ha esposti anche dal punto di vista internazionale. Nessuno è disponibile a concedere cambiali in bianco, tanto meno ad un governo nato con una «manovra di palazzo». Ma non si capisce perché, aprioristicamente, l'eventuale fallimento dovrebbe essere determinato - come già qualche analista prevede - dal fatto che «le ministre» non hanno (o non avrebbero?) le competenze giuste.

Perché questo criterio non viene applicato anche per giudicare i loro colleghi? Come mai questa necessità di meritocrazia viene auspicata soltanto quando si tratta di donne?
Se riguardo ad una nomina ci sono sospetti di «anomalie» è giusto che ciò venga espresso, ma non si può essere intransigenti a priori, tantomeno prevenuti.

RENZI-GOVERNO

Dirà il tempo se Federica Mogherini sia davvero in grado di guidare un ministero strategico come la Farnesina. Ma lo stesso vale per Andrea Orlando, chiamato a gestire una materia difficile e complessa come quella della Giustizia. Analogo discorso si può fare per Maria Elena Boschi o Marianna Madia, così come per Maurizio Martina o Gian Luca Galletti.

Tutti i sedici ministri possono essere criticati. È legittimo, è giusto esprimere delle riserve e chiedere all'intero esecutivo di mostrarsi all'altezza della situazione. Ma questo - è evidente - deve avvenire a prescindere dal sesso dei componenti.

MATTEO RENZI AL QUIRINALE PRESENTA LA SQUADRA DI GOVERNO

Non è questione di quote o controquote: solo di buon senso e di qualità della politica. A meno che non si pensi, senza avere il coraggio di dirlo, che il solo fatto di affidarsi a una donna offra meno garanzie, suscitando così maggiori diffidenze. Come se, fino a quando non si è posta la questione delle pari opportunità, il merito fosse stato la regola di questo Paese.


2. MADIA, L'ARTE DI AMMINISTRARE UN BEBÈ
Silvia D'Onghia per "il Fatto Quotidiano"

Il viso arrotondato, lo sguardo addolcito, le ballerine ai piedi, i capelli raccolti: già nell'inquadratura che la riprende seduta, Marianna Madia è inconfondibilmente incinta. All'ottavo mese di gravidanza, per la precisione. E infatti quando si alza per andare a giurare davanti al presidente della Repubblica, il nuovo ministro della Pubblica amministrazione appare in tutto il suo profilo da quasi mamma.

MARIANNA MADIA AL GIURAMENTO

Del secondo figlio: stavolta una femmina, futura sorellina di Francesco. Non è la prima volta che al giuramento sfila una ministra incinta, ma nelle precedente occasione - Stefania Prestigiacomo nel 2001 - la pancetta di tre mesi era appena visibile e l'allora titolare delle Pari opportunità aveva ancora parecchio tempo davanti per farsi conoscere. Quando si insediò, aveva invece partorito da pochi giorni Giovanna Melandri, che subito dopo fece realizzare una nursery al ministero.

Le ministre non sono lavoratrici subordinate e non sono quindi costrette a fermarsi cinque mesi per la maternità. Ma un figlio appena nato, e un altro ancora piccolo in casa, è un impegno enorme. Marianna Madia promette di organizzarsi ("è pieno di donne che allattano e lavorano" , ha detto ieri al Corriere ) e di tornare al lavoro quanto prima, ma certo non sarà facile. Chissà se in quest'ultimo mese riuscirà quanto meno ad avviare il lavoro nel suo nuovo ufficio e chissà quando riuscirà a tornare.

Strada ne ha fatta, e anche tanta, da quando - appena 27enne - nel febbraio 2006 fu presentata da Veltroni come una delle tre capoliste under 30 del nuovo Pd. Allora, dopo aver ringraziato il segretario-ex-sindaco di Roma, Enrico Letta "che a una ragazzina non ancora laureata ha dato la possibilità di entrare all'Arel" e Giovanni Minoli "maestro di vita", aveva enunciato le sue priorità: "La Terra e il suo stato di salute, il tempo delle idee e dell'amore, il ruolo delle donne".

MOGHERINI ALFANO

A Veltroni era legata a filo doppio, come figlia di Stefano, attore, giornalista e consigliere comunale della Roma del Giubileo, morto nel 2001 a neanche 50 anni. Il sindaco l'aveva notata proprio durante il funerale di suo padre e l'aveva seguita negli anni a venire. Erano gli anni in cui Marianna frequentava Giulio Napolitano, figlio di Giorgio, relazione che non poche accuse di favoritismi le è costata. Oggi è moglie di Mario Gianani, 10 anni più di lei, produttore cinematografico, fondatore - insieme con Saverio Costanzo e Lorenzo Mieli - della Wildside, la società che ha prodotto Boris (il film) e Pif (La mafia uccide solo d'estate).

Ieri non ha perso occasione per tacere, il segretario della Lega, Matteo Salvini: "Ci presentano come una novità l'aver proposto come ministro una donna incinta, pensando così di aver risolto ogni tipo di problema - ha detto -. Non fa nulla però se poi quella donna incinta è amica dell'amica dell'amica, è una donna chic che non ha certo i problemi delle tante donne incinte delle nostre periferie e non sa neppure quanto costino i pannolini".

 


PUTIN: IL SOGNO DI SOCHI, L’INCUBO DI KIEV - LO ZAR VEDE FRANARE IL SUO DOMINIO IN UCRAINA

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1. UCRAINA:MERKEL-PUTIN,PRESERVARE INTEGRITÀ TERRITORIALE
(ANSA-AFP) - Angel Merkel e Vladimir Putin vogliono "preservare l'integrità territoriale dell'Ucraina": lo rende noto Berlino. I due leader hanno avuto oggi una conversazione telefonica. "I due responsabili sono d'accordo sul fatto che l'Ucraina si debba dotare rapidamente di un governo in grado di agire e che l'integrità del Paese debba essere preservata", si legge in una nota della cancelleria tedesca.

VLADIMIR PUTIN


2. SOCHI: MEDAGLIERE FINALE, RUSSIA DOMINA CON 13 ORI
(ANSA) - Russia, Norvegia e Canada. E' questo il 'podio' finale del medagliere ai Giochi invernali di Sochi. La Russia chiude anche con il maggior numero di medaglie (33), Kazakistan fanalino di coda con un solo bronzo. L'Italia conclude con otto medaglie totali, anche se manca l'oro (due argenti e sei bronzi). oro argento bronzo totale Russia 13 11 9 33 Norvegia 11 5 10 26 Canada 10 10 5 25 Stati Uniti 9 7 12 28 Olanda 8 7 9 24 Germania 8 6 5 19 Svizzera 6 3 2 11 Bielorussia 5 0 1 6 Austria 4 8 5 17 Francia 4 4 7 15 Polonia 4 1 1 6 Cina 3 4 2 9 Corea del Sud 3 3 2 8 Svezia 2 7 6 15 Repubblica ceca 2 4 2 8 Slovenia 2 2 4 8 Giappone 1 4 3 8 Finlandia 1 3 1 5 Gran Bretagna 1 1 2 4 Ucraina 1 0 1 2 Slovacchia 1 0 0 1 Italia 0 2 6 8 Lettonia 0 2 2 4 Australia 0 2 1 3 Croazia 0 1 0 1 Kazakistan 0 0 1 1.

PUTIN NEL SALOTTINO


3. PUTIN A SOCHI DAL TRIONFO ALL'INCUBO LO ZAR RISCHIA DI PERDERE LA PARTITA
Paolo Valentino per il "Corriere della Sera"

Vladimir Putin vive un sogno. Vladimir Putin vive un incubo. Per il signore del Cremlino è il migliore dei tempi possibile. Per il signore del Cremlino è il peggiore dei tempi possibile.

Nella monade di Sochi, il presidente russo chiude questa sera un'Olimpiade invernale, che sotto ogni aspetto e per ammissione generale è stata un successo per lui e la sua Russia, che si vuole «Grande, Nuova, Aperta», come recitano i cartelloni apposti a ogni angolo del parco olimpico. Ma nelle strade di Kiev, culla e mito della civiltà russa, uno scenario di violenza, sangue e cataclisma politico pone una sfida senza precedenti a tutto quello che Vladimir Vladimirovich ha costruito negli anni al potere, arrivando a minacciarne potenzialmente le fondamenta.

viktor yanukovich

A inquietare Putin non è tanto la sorte personale di Viktor Yanukovich, un leader che lui disprezza, considerandolo incompetente e non all'altezza della situazione. Memore della profezia di Lenin, secondo cui se «l'Unione Sovietica avesse perso l'Ucraina, avrebbe perso la testa» e testimone diretto della sua realizzazione nel 1991, quando fu la secessione di Kiev a innescare la fine dell'Urss, il presidente russo sa che l'allontanamento dell'Ucraina dalla sua sfera d'influenza comporterebbe rischi incalcolabili.

Manderebbe in frantumi il suo progetto dell'Unione euroasiatica, con Kazakistan, Armenia e Bielorussia, che senza Kiev diventerebbe un piccolo club di autocrati o poco più. Priverebbe la Russia di un pezzo della sua anima slava e ortodossa, che più di mille anni fa ebbe nella Rus il suo battesimo. Ma, soprattutto, manderebbe un segnale esplosivo all'opposizione interna al Cremlino: se può succedere a Kiev, può succedere anche a Mosca.

Detto altrimenti, Putin paventa che il caos, lo stato di natura che teme di più, dall'Ucraina possa tracimargli in casa. Tanto più che il leader del Cremlino è assolutamente convinto, che dietro la crisi di Kiev ci siano le manovre occidentali, l'eterno complotto per limitare il raggio d'azione di Mosca e ridimensionarne le ambizioni strategiche.

Yulia Timoshenko subito dopo la scarcerazion

Eppure, secondo l'opinione prevalente di analisti ed esperti, non c'è molto che il nostro possa o voglia fare, per cercare di influenzare e orientare il corso degli avvenimenti. Ha commesso un grave errore di valutazione, Putin in novembre, nel forzare la mano di Yanukovich, convincendolo a respingere l'accordo di associazione offerto dall'Unione Europea (un accordo senza qualità e sostanza, occorre ricordarlo) e offrendogli in cambio 15 miliardi di dollari di aiuti economici. Ha trascurato il dettaglio che più di metà della popolazione rifiuta l'abbraccio soffocante di Mosca, che odora di gas e cattivi beni di consumo.

Ma ora che la situazione è precipitata, il bagno di sangue si è consumato e Yanukovich è addirittura fuggito dalla capitale, Putin appare privo di opzioni. A cominciare da quelle militari. Impensabile, per esempio, che possa venire incontro alle richieste della componente (maggioritaria) russofona in Crimea, tornata a chiedere la secessione, approfittando del fatto che a Sebastopoli sia di stanza la potente flotta russa del Mar Nero, con 26 mila militari in organico.

sochi foto mezzelani gmt

Più verosimile, ma politicamente complicata vista la debolezza e l'inadeguatezza di Yanukovich anche agli occhi della popolazione filo-russa, è l'ipotesi che in caso di nuova escalation del conflitto, Mosca possa essere tentata da una partizione di fatto del Paese, stabilendo rapporti economici e politici più stretti con le regioni dell'Est e Sud-Est, dove vive la minoranza russofona. Ma lo scenario di un collasso dell'Ucraina come entità statale ha molte controindicazioni anche per Putin.

Il nervosismo del Cremlino traspare anche dalle parole del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, che in un colloquio telefonico con il segretario di Stato americano John Kerry ha lamentato il rifiuto dei rivoltosi di Kiev di deporre le armi. Sempre ieri Lavrov ha chiamato i suoi omologhi di Germania, Francia e Polonia per ribadire che l'opposizione «non solo non ha rispettato i suoi obblighi, ma continua ad avanzare nuove richieste sotto l'influenza di estremisti armati e rivoltosi le cui azioni costituiscono una diretta minaccia alla sovranità dell'Ucraina e all'ordine costituzionale».


4. «VLADIMIR NON STARÀ A GUARDARE ATTENTI ALLE MOSSE A SORPRESA»
Ennio Caretto per il "Corriere della Sera"

UCRAINA NEL SANGUE SCONTRI E MORTI A KIEV

«L'opposizione sembra controllare la situazione, ma Putin non accetterà di perdere. L'America e l'Europa devono avvisarlo che non tollereranno interferenze russe negli affari interni ucraini. La crisi è dovuta anche alle loro divisioni e alla loro debolezza nei confronti del Cremlino».

Al telefono da Washington l'ex sottosegretario alla Difesa Richard Perle, che a metà degli anni Ottanta sotto i presidenti Reagan e Gorbaciov negoziò la riduzione degli armamenti atomici degli Usa e dell'Urss, si dice «estremamente allarmato» dagli eventi a Kiev: «Trovo inquietanti tanto l'invio ai negoziati dei giorni scorsi di un oscuro funzionario di Putin quanto il rapido ritiro della polizia ucraina ieri, non vorrei che fossero il preludio a una più massiccia azione di forza».

UCRAINA NEL SANGUE SCONTRI E MORTI A KIEV

Come evitarla?
«L'America e l'Europa devono aiutare l'Ucraina a superare le sue gravi difficoltà economiche fornendole aiuti anche energetici, neutralizzando il ricatto russo. Che dichiarino ufficialmente che all'Ucraina è aperta non solo la strada dell'Ue ma anche quella della Nato».

Non pensa che Putin la prenderebbe come una provocazione?
«Siamo rimasti a guardare quando Putin le ha offerto 15 miliardi a Kiev e abbiamo chiuso gli occhi di fronte al suo disegno di ricostruire almeno in parte l'Impero sovietico. Putin è un ex guerriero della Guerra Fredda, non ci ama, fa i suoi interessi e cerca di metterci con le spalle al muro. Capisce principalmente il linguaggio della forza».

Un voto all'Europa?
«L'iter decisionale della Ue è troppo lento e complesso. Le sue misure, l'embargo ad esempio, lasciano il tempo che trovano. Ma la colpa è anche degli Usa. George W. Bush, non accolse l'Ucraina nella Nato quando avrebbe potuto e dovuto, ossia quando la Russia non avrebbe potuto farci nulla. E l'attuale presidente non ha abbastanza polso. Putin invece è capace di tutto».

putin- obama

Potrebbe invadere l'Ucraina?
«Ha altri mezzi a sua disposizione: armare Yanukovich, mandare forze speciali in Ucraina, gridare al golpe a Kiev e alla necessità di proteggere l'alleato o alla guerra civile e alla necessità di porvi fine, cosa che lo farebbe apparire il grande pacificatore, Putin ci ha sempre visto lasciargli l'iniziativa, e crede che noi europei e americani non reagiremmo se agisse di sorpresa. Le Olimpiadi di Sochi possono avergli fatto da freno, ma stanno finendo».

Teme una guerra civile?
«L'opposizione sospetta che il governo abbia preso tempo per attuare una più spietata repressione. L'Europa è a una delle svolte più importanti del dopo Guerra Fredda».

PUTIN OBAMA

Si parla di due Ucraine ...
«La divisione in due Stati mi sembra una possibilità remota. Ma è vero che nel Paese gli elettori schierati con Mosca e quelli schierati con Bruxelles più o meno si equivalgono. Due Ucraine però non sono nell'interesse della pace come non lo furono due Germanie».

 

 

ANCHE LE IENE PIANGONO - REBEKAH BROOKS IN LACRIME AL PROCESSO

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Gaia Cesare per il Giornale

REBEKAH BROOKS WADE E ANDY COULSON

La sentenza non è ancora arrivata ma la legge del contrappasso colpisce in queste ore la regina del «gossip» Rebekah Brooks gettandola in un inferno emotivo con lo stesso sadismo con cui lei ha colpito vip e comuni cittadini con i suoi scoop senza scrupoli.

REBEKAH BROOKS WADE E ANDY COULSON CON I RISPETTIVI CONIUGI

L'ex direttrice del Sun e del News of the World è finita in lacrime ieri quando ha testimoniato per il secondo giorno davanti alla giuria del Tribunale penale di Old Bailey dove è alla sbarra per intercettazioni telefoniche illegali, corruzione e ostacolo al corso della giustizia, tutte accuse che continua a negare.

MURDOCH E REBEKAH BROOKS

Dopo aver pubblicato le cartelle cliniche del figlio malato dell'ex premier Gordon Brown, dopo aver ascoltato -grazie al telefono che lei stessa le aveva regalato- le chiamate di una madre disperata dopo la morte della figlia Sarah Payne per mano di un pedofilo, dopo aver sbattuto in prima pagina amori segreti, miserie e viltà di ogni star del pianeta, la «pupilla» di Rupert Murdoch crolla in udienza quando tocca a lei riferire i dettagli della sua vita privata: la storia d'amore clandestina con il suo vice e poi portavoce del governo di David Cameron, Andy Coulson, mentre era sposata con l'attore Ross Kemp, i suoi problemi di fertilità, l'impossibilità di avere figli che ha portato alla rottura del primo matrimonio e al ricorso di una madre surrogata, la cugina, per poter avere una figlia dal nuovo marito, l'addestratore di cavalli Charlie Brooks, a processo anche lui.

IL SUN SUL BIMBO MALATO DI GORDON BROWN

È un'altra Rebekah quella che si è vista ieri a Londra. Capelli tirati, occhiaie evidenti, un sorriso appena accennato offerto ai fotografi fuori dal tribunale ma uno sguardo perso dietro ai guai giudiziari che potrebbero costarle il carcere. «Adesso tutti sanno che la mia vita privata è stata un macello per molti anni», dice in aula dopo aver dovuto precisare quali fossero i suoi rapporti col suo vice Coulson, definito «miglior amico» con cui condivideva tuttavia «periodi di intimità».

ANDY COULSON AL PROCESSO SUL TABLOID GATE

Una lettera trovata nell'appartamento di lei a Chelsea e finita agli atti - «confido in te, cerco i tuoi consigli, ti amo» scriveva «la rossa» a Coulson - è considerata la dimostrazione di una relazione clandestina tra i due, durata sei anni tra il 1998 e il 2004, e la prova che fra loro non ci fossero segreti e che dunque l'accusa di «cospirazione» per intercettare le comunicazioni telefoniche sta in piedi.

MURDOCH CON COULSON E CAMERON

Rebekah si difende sostenendo che, nonostante «l'intimità» quella con Coulson non può definirsi una relazione. Ma è quando è costretta a raccontare del rapporto con i suoi due mariti e dei problemi con le gravidanze che Rebekah «la spietata» esita, chiede un fazzoletto e infine una pausa al processo. Quella stessa pausa che non ha mai concesso alle «vittime» dei suoi tabloid.

 

 

BONCOMPAGNI: “LA VERITÀ È CHE SANREMO DA SEMPRE È UNA SERIE DI IMMONDE CANZONACCE"

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Malcom Pagani per il Fatto quotidiano

Il tono è grave: "Ho una terribile notizia, ma devo trovare le parole giuste per comunicarla". Poi nelle steppe della pausa postprandiale Gianni Boncompagni sale a cavallo della verità, libera le briglie e galoppa leggero: "Devo liberarmi, tutti devono sapere".

MARCO TRAVAGLIO RAFFAELLA CARRA E GIANNI BONCOMPAGNI resize x

Cosa Boncompagni?
La verità sul destino toccato in sorte a chi a Kiev si è macchiato di gravi delitti.

La conosce?
Ho appena letto un dispaccio. Fonte riservata, ma di provata sicurezza. Roba di prima mano. Nero su bianco. Non ci si sbaglia. È su carta intestata del ministero dell'Interno della Repubblica ucraina.

E lei legge il cirillico?
Dall'anno scorso, conquistato dall'ubriachissimo coro dell'Armata Rossa con Fabio Fazio e Toto Cotugno, non ho potuto farne a meno. Una vocazione . Un'urgenza insopprimibile. Lezioni di russo e dialetti caucasici, tutti i giorni. Sono un'autorità ormai.

Torniamo al dispaccio.
Il dispaccio certo. Dice cose incontrovertibili. Per i congiurati, in luogo delle previste punizioni corporali, c'è una sentenza atroce. Sono stati tradotti in ceppi nella pancia di un aereo militare e catapultati a Sanremo. Seduti in prima fila all'Ariston. Condannati a seguire tutto il Festival senza mai addormentarsi di fronte a uno dei consueti pistolotti della truppa. Mi hanno detto che in quanto a moralismo non si scherzava.

FAZIO SILVAN LITTIZZETTO

Non li ha ascoltati direttamente?
A dire il vero, no. Ho visto distrattamente. In compenso ho trascorso molte ore al telefono.

Con chi Boncompagni.
Con la Polizia, i Carabinieri, la Finanza, la Guardia Forestale e i testimoni di Geova. Nel dubbio mi son permesso di chiamare anche l'Onu, la Cee, la Nato e i mercenari di ogni risma. Avevo un obiettivo composito. Un piano industriale.

Ce lo svela?
Staccare il segnale Rai. Ma ha sentito le canzoni?

CROZZA A SANREMO

Non le son piaciute?
E come no? Testi altissimi, ispirati alla filosofia teoretica. La verità è che Sanremo da sempre è una sola cosa. Anzi, una cosa sola.

Quale?
Una serie di immonde canzonacce urlate a squarciagola tra uno spot e l'altro. Un incubo del quale chiamando chi davvero è deputato a decidere, mi son fatto carico in prima persona. Non ci si può lamentare e basta, bisogna agire. Così mi son permesso di suggerire l'esigenza di una legge apposita.

bonco carra

Ispirata a quali princìpi?
All'assoluto divieto di trasmettere il Festival di Sanremo. Una legge speciale. Come durante il maccartismo o gli anni di piombo. Roba definitiva, netta, senza mezze misure.

Avrebbe potuto chiamare in causa il suo vecchio sogno. La Polizia televisiva.
Non basta. Nell'avanspettacolo sanremese è tutto molto antico, ma chissà perché sembra indispensabile. Improvvisamente spariscono dai radar Delrio, Grillo e Renzi, la recessione e le rivolte nell'Est Europa, le carestie e i drammi mediorientali e in primo piano, a reti unificate, va questa cosaccia indefinibile di cui parliamo da giorni. Mamma mia, povera Italia.

Ha saputo di Fabio Fazio?
Cos'ha fatto in particolare?

Ha fatto outing pronunciando la prima parolaccia della sua vita in conferenza stampa. Gli imputavano eccessivo buonismo e ha tralignato. "Mi sono rotto le palle", ha detto.
Accidenti, ma è gravissimo. Povero Fazio, puniranno anche lui. Già per Luciana Littizzetto tirava una bruttissima aria.

RON

Ha notizie anche su questo?
Ma con chi crede di parlare? Certo che le ho. Avevano pensato di ghigliottinarla sul palco, ma le è andata bene. Si è salvata per le difficoltà logistiche. Uno dice ghigliottina e pensa a un giochino. E invece è complicato. A Roma sono tutte occupate, a Sanremo non ce n'è traccia e l'unica perfettamente lubrificata si trova a Parigi. Trasportarla costa e i soldi mancano.

NOEMI

Quindi?
Considerati preventivi e consuntivi, costi del ghigliottinaro e introiti, si è deciso di soprassedere e, poveraccia, di perdonare Littizzetto. Il boia è esoso, chiedeva troppo e lo spettacolo sarebbe stato comunque vietato ai minori. Sa come vanno queste cose, no? Le ragioni dei pubblicitari sovrastano tutte le altre. Già nelle passate edizioni c'erano stati momenti degni di un film di Tarantino. A quell'ora siamo pur sempre in fascia protetta e qualche testa era rotolata tra gi spettatori creando forti disagi e mancamenti nel pubblico pagante.

LAETITIA CASTA

Poi c'è il mistero dei due aspiranti suicidi.
No per carità, preferisco Raffaella Carrà e Arbore. Li conosciamo, ma sono stati bravissimi. Gli unici capaci di restituire vita al mortorio. Forse se avessero lasciato un po' di libertà agli autori anche Sanremo avrebbe potuto essere migliore. Invece li hanno rinchiusi in un posto senza finestre. Lo sapeva?

Lo ignoravamo.
Han passato un allegro mesetto nel bunker di Hitler circondati da vecchi ricordi, reliquie e videocassette enciclopediche. Dallo Zecchino d'o ro al Maestro Manzi non mancava nulla. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. A proposito, sono andati male anche gli ascolti di ieri?

 

 

IL MULTITASKING FRANCESCHINI, IERI TRA LE GAMBE DI LETTA, OGGI ZERBINATO SOTTO I PIEDI DI MATTEUCCIO

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LA CATTIVERIA
Il primo ministro ad arrivare è stato Franceschini. Doveva togliere i poster di Letta dal suo ufficio
www.spinoza.it  

Franceschini franceschini leopolda ALFANO FRANCESCHINI ENRICO LETTA

SLURP! SLURP! È MATTEUCCIO RENZI CHE TRACCIA IL SOLCO, MA È LA LINGUA CHE LO DIFENDE!

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Intervento di Marco Travaglio

Marco Travaglio per il Fattoquotidiano.it

Il governo delle facce nuove" (La Stampa). "Più donne e giovani" (Corriere ). "La nuova generazione", "Le signore della competenza" (la Repubblica ). "I due partiti maggiori... stanno compiendo un atto coraggioso. Sanno che per loro questa è l'ultima chiamata. Sanno che non possono fallire" (Pigi Battista, Corriere ). "Questa è l'ultima spiaggia della Penisola: più in là c'è solo il mare in tempesta e un azzardo pericoloso... L'Italia ha voglia di novità. È primavera: bisogna cambiare aria nelle stanze e nel cervello" (Beppe Severgnini, Corriere ).

RENZI-GOVERNO

"L'Italia, paese considerato gerontocratico, fa un salto in avanti inatteso e si colloca all'avanguardia in Europa" (Aldo Cazzullo, Corriere ). "Il risultato corrisponde pienamente all'impegno preso... con una presenza femminile mai verificata prima... Se i fatti corrisponderanno alle parole molte sofferenze saranno lenite e molte speranze riaccese" (Eugenio Scalfari, Repubblica ). Ecco, questi erano i commenti di dieci mesi fa sul governo Letta.

Viceversa, ecco quelli sul Renzicchio. "Giovani e donne: nasce il Renzi-1" (Sole-24 ore). "Un governo giovane e di donne" (l'Unità). "Giovani e donne, il governo Renzi" (La Stampa). Negli editoriali, oltre al concetto di ultima spiaggia già usati per Monti e Letta, si nota lo sforzo sovrumano di rendere credibile l'excusatio non petita di Sua Altezza che rassicura: "con Renzi nessun braccio di ferro".

MATTEO RENZI GIURA AL QUIRINALE DA NAPOLITANO

Come nella scena de Il dormiglione, con Woody Allen e Diane Keaton che corrono per l'ospedale dicendo "siamo dottori, non siamo impostori!", così tutti capiscono che sono impostori e cominciano a inseguirli. Solo che, nella stampa italiana, tutti si bevono l'impostura, o almeno fanno finta.

MATTEO RENZI AL QUIRINALE PRESENTA LA SQUADRA DI GOVERNO

Napolitano ha "dissipato ogni interpretazione maliziosa sul lungo colloquio con Renzi", turibola Marcella Ciarnelli dell'Unità. Ha "rimarcato la serenità del colloquio e il fatto che né ieri né prima vi sia stato alcun ‘braccio di ferro'", salmodia l'altra vestale Antonella Rampino sulla Stampa. Le tre ore di tortura nello studio della Vetrata son cosa normale, anche perché Renzi ne ha approfittato per svolgere "un lavoro parallelo": non sapendo che fare, è salito al Quirinale tre ore prima e ha sbrigato un po' di corrispondenza, poi "in un salottino attiguo ha colmato le caselle che, a effetto-domino, si erano riaperte attorno alla Giustizia".

Conti Cazzullo Passera e Severgnini

Per il braccio di ferro su Gratteri? No, anzi, "non sapremo mai se Renzi aveva inserito in quella casella il giudice Gratteri": la verità - rivela la Rampino - è che la "riconosciuta saggezza dell'argomentazione presidenziale" ha posto una questione filosofica mica da ridere: "È opportuno un magistrato per via Arenula, quando il governo ha in programma di riformare la giustizia?". No che non lo è.

renzi fazio ape

Purtroppo analoga saggezza il Monarca non manifestò con B. nel 2011, quando firmò senza batter ciglio la nomina a Guardasigilli del magistrato Nitto Palma, che però aveva il merito di essere amico di Nick Cosentino (così come fece nel ‘95 Scalfaro, nominando il giudice Filippo Mancuso nel governo Dini). Gli inquisiti e gli imputati possono fare i ministri, i generali (da Corcione a Di Paola) andare alla Difesa come nei governi golpisti, i prefetti andare all'Interno e alla Giustizia, specie se amici di Ligresti (tipo Cancellieri), ma i pm antimafia alla Giustizia no, specie se onesti e capaci.

"Meglio, molto meglio - scrive il Corriere - un esponente politico con esperienze parlamentari e di governo già acquisite". Cioè Andrea Orlando, che con la sua maturità scientifica è quasi un tecnico e soprattutto un "garantista" (cioè beniamino del partito degli imputati: infatti s'è già espresso - sul Foglio, e dove se no?- per cancellare l'ergastolo e l'azione penale obbligatoria). Non a caso è l'unico ministro che piace al Giornale e a Libero, assieme alla berlusconiana Guidalberta Guidi.

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Tutto è bene quel che finisce bene: pussa via Gratteri, brutta bertuccia. Aldo Cazzullo conia nuove categorie semantiche ad hoc. La Mogherini, avendo 40 anni, non è solo quarantenne, ma addirittura una "neoquarantenne", per meglio sottolinearne la quarantennitudine. Fermo restando che - siccome "i quarantenni sono troppo poco solidali tra loro per riuscire a fare rete", come purtroppo sperimentato da Letta - "ora tocca ai trentenni". Anzi, ai neotrentenni. Tipo la Madia, "33 anni e incinta di 8 mesi", "un segno di apertura al futuro in un paese a volte gerontocratico". A volte. Neo.

A vanificare gli sforzi papillari del pur bravo collega corrierista provvede Giuliano Ferrara, che sfodera sul Foglio due metri di lingua extralarge a doppio pennello, riuscendo a leccare Matteo e Silvio in un colpo solo: "Partenza grandiosa", "governo perfetto", "Renzi, come Berlusconi, è un colpo di scena vivente", "se sta attento a non litigare con il Cav.,se non per finta, il Cav. coautore di questo capolavoro che ha la metà dei suoi anni, ce la farà", "il governo Leopolda è il migliore possibile".

Maria Elena Boschi e Marianna Madia ALDO CAZZULLO FOTO ANDREA ARRIGA

A questo punto Renzi si gratterà: gli manca il bacio della morte di Scalfari ed è spacciato. La Stampa, oltre a titolisti da Istituto Luce ("Poletti il cooperatore", "Padoan da teorico dell'austerità a suggeritore della svolta-crescita", "La Botticelliana e la Giaguara: Madia & Boschi, l'avanzata delle ‘amazzoni ' di Matteo", "Priorità Giannini: scuole più sicure"), schiera agiografi da vite dei santi.

Molto apprezzato Mauro Baudino sul neoministro della Cultura: "Con la sua quarta prova narrativa, aveva dato un avviso che sta fra Borges e l'amato Pessoa". Sta parlando di Franceschini. I suoi romanzi sono pregni di una "vena fantastica e ironica", ma senza diventare "armi nelle mani degli avversari", forse perché sfuggiti ai più. "Il Franceschini scrittore guarda a spiriti acri e ribelli, magari un Bolano, certamente uno Zavattini" e "ha sempre avuto un buon successo di critica". De Santis? Sapegno? No, "Jovanotti" che lo "definì ‘visionario'. Come scrittore, non come politico". Viene in mente il miglior Calvino: "Nel Visconte dimezzato, quando le due metà di Medardo di Torralba incrociarono le spade per il duello finale, fu un'apoteosi". Slurp.

ROBERTA PINOTTI NICOLA GRATTERI

Sempre su La Stampa, Teodoro Chiarelli segnala un altro portento: "Renzi non è il solo scout al governo. Anche Roberta Pinotti ha un passato fra i seguaci di sir Robert Baden Powell. Il suo primo pensiero? Ovviamente per i nostri marò. Dobbiamo riportarli a casa" e lei ha "idee già chiare". Un blitz alla Chuck Norris, "Missing in action" con un pugno di scout pronti a tutto. La scoutessa ha financo "volato su un Mb339 delle Frecce Tricolori". Insomma, è fatta.

Quando, ormai in vista del traguardo, la classicissima Lecchino d'Oro 2014 pare una corsa a tre Cazzullo-Baudino-Chiarelli , ecco spuntare dalle retrovie un Francesco Merlo in grande spolvero, che stacca il gruppone e allunga la lingua oltre il fotofinish proprio sul filo di lana. "Basta con la demagogia della giustizia che non è politica, Gratteri... sarebbe stato l'ennesima supplenza di un magistrato". Dunque viva "Napolitano che, secondo il giudizio di Malaparte, ‘non perde mai la calma neppure dinanzi all'Apocalisse'" e "ha imposto a Renzi il passo".

BIANCA BERLINGUER MARCO PANNELLA ANTONELLA RAMPINO - Copyright Pizzi

In Matteo "la gioia era genuina... Ebbene, questa è l'allegria del rilassamento, l'evviva del dopo-partita, la felicità della vittoria. Un presidente del Consiglio così raggiante è una novità per l'Italia". E vai con le papille di velluto: "Solo grazie alla prudenza di Napolitano che lo ha dosato e sorvegliato, Renzi è rimasto l'attor giovane con il bellissimo torto di prendersi il futuro".

Il tempo di tirare il fiato e la lingua riprende a vibrare: "Il vecchio e il giovane, appaiando la spada che ferisce e separa con la spada che cuce e ripara hanno tenuto a battesimo la nuova classe dirigente". È l'aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende. Il finale è chapliniano: il Vecchio e il Giovane incedono scattanti e sicuri, pancia in dentro e petto in fuori, verso il tramonto: "Sorridono sia l'uomo della politica sia quello dell'antipolitica, il principe Ippolito e il garibaldino Lando". Che meraviglia, che commozione. Ha vinto Merlo, gli altri si rassegnino, chapeau.

Sarah Varetto Beppe Severgnini

 

BYE BYE MADE IN ITALY - ANCHE KRIZIA PASSA IN MANI STRANIERE. SE LA PAPPANO I CINESI…

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Vittoria Puledda per ‘La Repubblica'

KRIZIA

La chiusura formale dell'operazione non c'è ancora stata - è attesa entro aprile - ma sembra fatta: la divisione moda di Krizia sta per abbandonare l'Italia. Come tanti marchi tricolore, da Poltrona Frau a Bulgari, da Loro Piana a Paul Zileri, a Fendi, a Pomellato, anche la storica maison fondata sessanta anni fa da Mariuccia Mandelli, bergamasca di nascita e da sempre con la passione per la moda nel sangue, sta per passare di mano.

L'acquirente è un gruppo cinese, leader nell'area asiatica per il pret-aporter di fascia alta: Shenzhen Marisfrolg Fashion. Un gruppo a sua volta fondato da una donna, Zhu Chongyun, che ha fondato la società nel 1993 e da allora l'ha portata ad essere un vero e proprio impero finanziario.

Pier Luigi Loro Piana left Sergio Loro Piana right JLT

«Siamo felici di avere incontrato la signora Zhu - ha commentato Mariuccia Mandelli - con cui mi sono trovata subito in profonda sintonia. Penso che abbia la forza e il talento per continuare al meglio il nostro lavoro e portare Krizia a raggiungere nuovi successi nel mondo».

Dichiarazioni analoghe sono state fatte dalla stilista cinese, che si è dichiarata «orgogliosa» e determinata a «dare continuità allo stile di Krizia, con collezioni tutte made in Italy». La manager cinese, che sarà presidente e direttore creativo della casa di moda milanese, ha aggiunto di essere «decisa a rafforzare il mito di Krizia nel mondo, seguendone lo stile e ripetendone i grandi successi».

Montezemolo Poltrona Frau

I dettagli tecnici dell'operazione si conosceranno solo quando ci sarà la chiusura ufficiale: «Le pratiche di ufficializzazione dell'accordo sono ancora in corso», si legge in una nota della maison milanese, ma se le cose procederanno per il verso giusto è prevista
per febbraio 2015 la prima collezione del nuovo corso; nei prossimi cinque anni invece è prevista l'apertura di numerosi nuovi negozi a insegna Krizia nel mondo: in Cina ovviamente (Pechino, Shangai, Guangzhou, Shenzhen e Chengdu) ma è anche pianificata la riapertura di punti vendita nelle principali città in Europa, Giappone e Stati Uniti.

LOGO POMELLATO

Ed è proprio questo probabilmente il nodo della cessione di Krizia: la stilista, classe 1925, ha ancora la fantasia e la determinazione giusta per creare: la sua ultima
collezione, appena presentata a Milano, è stata considerata una delle più riuscite; però alcuni osservatori hanno notato che forse per la prima volta nella sua lunghissima carriera - la stilista non è uscita per sfilare in passerella, con le sue modelle.

E subito dopo è arrivato l'annuncio della cessione, probabilmente l'unica strada per un gruppo che negli ultimi anni ha vissuto una progressiva (e forse inesorabile, senza iniezioni esterne) cura dimagrante: nel 2011 il gruppo fatturava ancora 18,6 milioni (licenze incluse) mentre nel 2012 - ultimo bilancio disponibile, si era già scesi a 10,8 milioni, con una perdita di un milione, mentre l'anno prima aveva guadagnato due milioni e mezzo, ma solo perché aveva realizzato una ricca plusvalenza vendendo la Evex by Krizia alla società licenziataria in Giappone, per 10,5 milioni. Da allora è stato ceduto anche il contratto di affitto della buotique di Roma, in Piazza di Spagna, e più recentemente è stato

fatto lo stesso con il negozio di Parigi.

 

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L’IRRESISTIBILE ASCESA AL POTERE DI MATTEO RENZI: IL BERLUSCONISMO SENZA BERLUSCONI

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a cura di colinward@autistici.org (Special Guest: Pippo il Patriota)

1 - IL BERLUSCONISMO SENZA BERLUSCONI
Franco Cordero: "Non tollera le vie mediate; sceglie d'istinto la più corta, come il caimano quando punta la preda". "Vuol riscrivere la Carta, vestendo poteri imperiali". E ancora, è un "autocrate", un "egoarca". Nanni Moretti: "La sua vittoria è questa: ormai la bassa qualità della democrazia italiana è considerata un fatto normale, marginale".

FRANCO BERNABE LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO

Romano Prodi: "Mi aspetto che vada a fare le telepromozioni. Tra poco venderà tappeti in televisione". Rileggere alcune delle cose che sono state scritte su Silvio Berlusconi in questo triste ventennio è un buon esercizio di memoria. Specie dopo la presa del potere da parte di Renzie e il suo primo discorso al Senato.

Il Rottam'attore ha trattato i senatori come un barattolino di sottaceti che scade tra due giorni e si è rivolto alla tele-nazione promettendo la qualunque, senza degnarsi mai di specificare come e con che soldi. Ha spaziato su tutto il fronte del marketing sentimentale, dalla donna sfigurata con l'acido a Sandro Pertini che torna dalla Spagna con la coppa del mondo, passando per la sicurezza "dei nostri figli nelle scuole". In questi giorni ha ripetuto incessantemente che non ha bisogno della scorta perché lui è amato dalla gente.

Ieri Renzie non ha esposto un programma di governo, semplicemente perché qui "il premier è il programma", come scrive oggi Massimo Giannini sulla Repubblica dei renziani. Chissà se qualcuno, tra i molti chierici e commentatori che in questi anni ci hanno illuminato sulla natura autocratica e populista del potere berlusconiano, avrà il coraggio e la voglia di applicarsi con la medesima lena al primo sindaco d'Italia.

FRANCO CORDERO

2 - LA PRIMA VOLTA IN QUEST'AULA SORDA E GRIGIA
Mentre tutti i giornaloni si interrogano variamente sul reale significato di quelle mani in tasca quando parlava in Senato (ma è molto semplice, è pure maleducazione), Renzie si prepara alla doppietta a Montecitorio partendo dai 169 voti incamerati a Palazzo Madama. Sono solo otto in più della soglia di sopravvivenza e sono quattro in meno di quelli che aveva Lettanipote. Per sua fortuna, "Il Cavaliere plaude al discorso di Renzi. ‘Ha fatto come me, ha parlato all'Italia. Nessun timore reverenziale verso l'aula'. E Verdini rassicura i colleghi: il patto sull'Italicum tiene" (Repubblica, p. 8).

ISABELLA FERRARI CON NANNI MORETTI CAOS CALMO

Il Corriere sorvola con generosità sul nulla del discorso di ieri ("Le parole non contano", è il titolo dell'editoriale in prima) e Massimo Franco osserva giustamente che "politicamente, lo stato di necessità e il paracadute berlusconiano sono una sponda solida, e aprono davvero orizzonti di legislatura". Il problema è nel partito del premier: "Le maggioranze variabili del leader. Ma la vera insidia oggi è nel suo Pd. Il premier e le possibili convergenze con Fi o Sel. I malumori dei bersaniani" (p. 5).

La Stampa, pensando di far cosa gradita, riprende uno degli slogan più compiaciuti del Renzie di giornata: "La scuola in primo piano. ‘E' il motore dello sviluppo. Interverremo sull'edilizia". Ogni settimana Renzi visiterà un istituto" (p. 2). Nelle stesse ore la ministra Giannini studia come bloccare gli scatti ai professori. Ai prof converrà travestirsi da carpentieri, visti i progetti del premier. Ben disposto anche il Messaggero, che titola a tutta prima: "Fiducia a Renzi, sfida su lavoro e fisco".

MATTEO RENZI ROMANO PRODI

Il Giornale strizza l'occhietto a Matteuccio: "Fiducia a Renzi. Premier furfante. Snobba i senatori, parla più di un'ora senza dire nulla, incassa il via libera con soli 169 voti. E prepara lo scherzetto", ovvero mandare subito in Aula l'Italicum ma agganciarlo alle altre riforme (p. 1-3).

3 - NON FA SOSTA LA SUPPOSTA
Dopo il record mondiale di smentita (dai propri uffici) messo a segno domenica da Delrio, si ragiona ancora su come e quanto spremere i soliti noti: "I dubbi del Tesoro sulla tassazione dei Bot. ‘Finirebbe per colpire solo le famiglie'. Fuoco di fila contro la proposta. Renzi frena e Delrio smentisce" (Repubblica, p. 10). C'è poco da ridere anche sulla Stampa: "La crescita è sotto le attese. Sul deficit trattative difficili. Oggi le stime della Commissione Ue. Pressing sul governo per le riforme. Per evitare di sfondare il tetto del 3% l'esecutivo può lavorare abbassando il debito" (p. 8).

Mario Monti e Silvio Berlusconi e prodi l medium

Invece il Corriere già si esercita sulle magnifiche e progressive sorti del cuneo fiscale annunciate da Renzie in persona personalmente: "Benefici per buste paga, pensioni e aziende. Il taglio a doppia cifra sarà di 10 miliardi" (p. 8). Benissimo, ma come ricorda il Sole 24 Ore in prima pagina, "Le proposte ci sono, non le coperture" (p. 1).

Intanto è bello prendere atto della seguente scoperta: "Italiani sempre più poveri. Il 52% si sente ormai parte della classe medio-bassa. Settimo rapporto dell'Osservatorio europeo sulla sicurezza. Il 73% dichiara di essere preoccupato soprattutto dalla crisi economica" (Repubblica, p. 10). Il secondo dato, nella sua fragilità scientifica, è molto importante perché vuole dire che tre italiani su quattro vivono nella paura. Messo insieme al 40% di astensionismo, ci dice che siamo una nazione pericolosamente esposta all'arrivo dell'Uomo forte, o dell'Uomo della Provvidenza. Forse è già arrivato e stiamo ancora a guardare se tiene le mani in tasca.

berlusconi prodi

4 - I PRIMI MIRACOLI DI SAN MATTEO (E IL RITORNO DI SOROS)
"La rivoluzione fiscale. Solo un click per pagare". Ma si sogna anche con "In campo la Cassa depositi per azzerare i debiti dello Stato. Ossigeno all'economia" (Stampa, p. 5). Ossigeno all'economia o fiato ai tromboni? Ma sarà per questo, perché siamo prossimi all'Eldorado, che Soros "punta sull'Italia ed è pronto a investire nelle banche" (Stampa, p. 9). Come racconta Alessandro Barbera, gli emissari del finanziere sono stati a Roma la scorsa settimana.

RENZI E DELRIO

E a proposito di banche, ecco il warning di Antonio Patuelli, gran visir dell'Abi: "Aspettiamo i fatti, eliminare l'addizionale Ires sulle banche. Livellare le regole fiscali fra tutti gli istituti europei e favorire gli investimenti provenienti dall'estero" (Messaggero, p. 7). Augh.

5 - AGENZIA MASTIKAZZI
Luciano Violante ex cathedra: "La competenza di Padoan è una garanzia" (Corriere, p. 11). Senza dubbio, ma per chi?

Soros ha intestato la casa di Manhattan a Tamiko

6 - UNA DIVERSA IDEA DI EUROPA
E ora, finalmente, qualcosa di concreto: "Aziende trasferite, Parigi alza il muro. Passa la legge anti-delocalizzazione. Chi lascia la Francia rischia le sanzioni. L'imprenditore obbligato a cercare un compratore. La destra ricorre alla Consulta" (Repubblica, p. 17). Non vi fate illusioni. La legge francese è stata molto edulcorata dalle solite lobby, ma intanto ci dice che non è sacrilegio provare ad affrontare a livello nazionale lo sconcio del dumping fiscale e del dumping sociale all'interno della stessa Unione europea. Certo, per farlo bisogna essere una nazione e non avere la suprema classe dirigente totalmente nelle mani di tecnocrazie aliene, diciamo così.

Antonio Patuelli

7 - IL SOR-GENIO DE BENEDETTI, LE BANCHE E IL CAPITALISMO DI RELAZIONE
Pagina da staccare e incorniciare sul Corriere delle banche. "Sorgenia, spunta la conversione in azioni. L'istituto più esposto con il hgruppo che fa capo a De Benedetti è il Monte dei Paschi di Siena. Domani nuovo summit con le banche. L'ipotesi per 500 milioni di euro. La società energetica è esposta per oltre 1,8 miliardi di euro e ha un mese di disponibilità finanziaria".

RENZI E PADOAN

Dietro agli accorti senesi, ci sono anche Unicredit, Intesa Sanpaolo, Bpm, Ubi Banca e Banco Popolare. Ma proprio sotto a questo triste articolone il cervello prende aria con "Bazoli: il capitalismo di relazione? Non è questo il problema dell'Italia" (p. 29). Vallo a dire alle piccole e medie imprese che non vengono imbottite di credito così facilmente.

Nicolais e Luciano Violante

Il Giornale non molla l'osso su Sorgenia e avverte il governo: "Repubblica attacca la Guidi per i debiti di De Benedetti. Dietro l'ostilità del quotidiano contro il ministro dello Sviluppo economico c'è il dossier Sorgenia. Polemica anche su Poletti, da leader delle Coop al Lavoro" (p. 7).

HOLLANDE E DAVID CAMERON

8 - E A TRIESTE HANNO ANCHE UNA PROCURA
Come raccontato e annunciato variamente da questo modesto sito, c'è un giudice perfino a Trieste: "Inchiesta sugli ex vertici Generali. Spariti i dossier su sette operazioni. Perissinotto e Agrusti accusati per alcuni investimenti. L'ipotesi di reato è ostacolo all'attività di vigilanza" (Stampa, p. 21). La notizia vale uno stento colonnino sul Messaggero di Calta-azionista.

A COSA SERVONO I GIORNALI
Imperdibile recensione su Repubblica per "Tubì, tubì", romanzo pubblicato per Sellerio da una giovane e promettente scrittrice. "Quando il destino è un gioco di parole", scrive Daria Galateria. Ma sarebbe stato meglio titolare "Quando il cognome non è un gioco di parole", visto che l'autrice si chiama Neige De Benedetti, figlia di Rodolfo e nipote di Carletto (p. 49)

Rodolfo De Benedetti con figlia e moglie Emmannuelle

 

CARLO DE BENEDETTI E CORRADO PASSERA

L’UGANDA INTRODUCE L’ERGASTOLO PER GLI OMOSESSUALI: “IL SESSO TRA MASCHI FA VENIRE I VERMI”

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Giampaolo Cadalanu per ‘La Repubblica'

Non sia mai che gli ugandesi lo considerino poco virile, se si lascia influenzare: Yoweri Museveni ha ignorato i richiami di mezzo mondo, definendoli «un tentativo di imperialismo sociale», e ieri ha firmato la cosiddetta legge anti- gay, rivendicando con orgoglio l'indipendenza del suo Paese. Le pressioni internazionali hanno fatto cancellare almeno la pena di morte, ma resta la possibilità dell'ergastolo per i recidivi, per chi ha rapporti con minori e per i sieropositivi.

yoweri museveni

«Ci dispiace vedere che voi in Occidente viviate come vivete, ma non ci intromettiamo», ha detto l'uomo forte di Kampala ai giornalisti. Sulle tendenze sessuali, Museveni ha idee originali: sarebbero stati proprio gli occidentali a introdurre il vizio in Uganda, reclutando nelle scuole. «La bocca è fatta per mangiare e per baciare, il sesso orale omosessuale fa venire i vermi», teorizza il presidente, definendo i gay «anormali» e le lesbiche «affamate di sesso a causa di matrimoni con uomini sbagliati».

Museveni aveva anche chiesto lumi a scienziati locali ed "esperti" americani, per capire una volta per tutte se le tendenze omosessuali siano naturali o apprese. Nella prima ipotesi, sarebbero state tollerate. Ora, però, ne è certo: «Nessuno può dimostrare che l'omosessualità esista per natura ». E per questa verità si possono sfidare l'indignazione mondiale, i rimproveri, già arrivati, degli Usa, e i tagli agli aiuti, annunciati dall'Olanda e in arrivo da altri Paesi.

Don Schmierer Scott Lively Lee Caleb Brundidge

Il tema è tabù in tutta l'Africa: i rapporti fra persone dello stesso sesso sono vietati in 38 nazioni. Ma l'Uganda è un caso particolare. L'entrata in vigore della nuova normativa è il risultato di una campagna cominciata già nel marzo 2009 da tre predicatori evangelici americani. Lo ha denunciato già quattro anni fa, dopo un lungo reportage in incognito, il prete anglicano dello Zambia Kapya Kaoma: la crociata è partita dopo l'arrivo a Kampala di Scott Lively, Caleb Lee Brundidge e Don Schmierer.

Caleb Lee Brundidge

Il primo è uno storico revisionista, autore di libri omofobi: secondo lui, i nazisti erano tutti omosessuali e il movimento gay sta cercando di prendere il potere nel mondo. Il secondo si definisce "ex gay convertito" e propone seminari di "guarigione" per riportare chi sbaglia sulla retta via dell'eterosessualità. Il terzo è rappresentante di Exodus International, un gruppo la cui missione è «mobilitare il corpo di Cristo per portare grazia e verità in un mondo colpito dall'omosessualità».

Già nel 2010, il New York Times definiva i tre religiosi «ampiamente screditati negli Stati Uniti».Appena un mese dopo il convegno in cui gli americani tuonavano contro il peccato di sodomia, il deputato ugandese David Bahati presentava la sua proposta di legge che proponeva il patibolo per gli omosessuali.

Don Schmierer

Da allora, i tre predicatori hanno cercato di ritrattare le tesi virulente espresse a Kampala, ma era troppo tardi: Bahati aveva visto la possibilità di un ruolo politico di primo piano, grazie a un tema popolare, e lo ha cavalcato fino in fondo, stringendo legami con gruppi cristiani fondamentalisti Usa.

SCOTT LIVELY

La crociata è andata avanti: giovanissimi in corteo per le vie di Kampala con striscioni come "Uniti contro la sodomia". Liste di proscrizione con tanto di foto e indirizzi dei viziosi che volevano «reclutare i bambini per l'omosessualità », pubblicate sulla stampa. Giornali popolari che strillavano in prima pagina "Impiccateli". Ora il percorso è compiuto: pregiudizio e nazionalismo si sono uniti. Per capire come finirà, basta ricordare il 2011, con la storia di David Kato, militante gay, indicato come obiettivo da una rivista e assassinato in casa a colpi di martello.

yoweri museveni

 

yoweri museveni

IDEA (SOR)GENIALE - E SE LE BANCHE CONVERTISSERO IL DEBITO DI SORGENIA DIVENTANDO SOCIE?

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Fabrizio Massaro per ‘Il Corriere della Sera'

Rodolfo De Benedetti con figlia e moglie Emmannuelle

Le banche studiano il piano «B» per il caso Sorgenia, il gruppo di energia controllato dalla Cir della famiglia De Benedetti, che rischia l'avvitamento finanziario a causa di 1,86 miliardi di debiti - di cui 600 milioni in eccesso - contratti per la costruzione delle centrali a gas che ora, in una fase prolungata di crisi dell'economia, producono sì e no al 30% della capacità.

Ieri un secondo summit tra i banchieri più coinvolti - gli amministratori delegati di Mps, Fabrizio Viola, di Unicredit, Federico Ghizzoni, di Banca Imi, Gaetano Micciché, di Bpm, Giuseppe Castagna, di Ubi Banca, Victor Massiah, del Banco Popolare, Pierfrancesco Saviotti, alcuni in conference call - è stato aggiornato a domani, quando l'advisor Rothschild esporrà i vari scenari nell'ipotesi che Cir non immetta i 300 milioni che i 21 istituti creditori hanno chiesto per ristrutturare il debito. E lo scenario più forte è la conversione del debito in capitale.

Rodolfo De Benedetti

Insomma, le banche diventerebbero socie di Sorgenia. La posizione della Cir - già espressa nell'incontro tra i banchieri e i vertici della holding Rodolfo De Benedetti e Monica Mondardini lo scorso 13 febbraio - è la disponibilità a immettere non più di 100 milioni di capitale. La posizione è rimasta ferma anche per la ritirata del secondo socio, l'austriaco Verbund, che ha svalutato a zero il suo 46% ed è indisponibile a versare denaro: «Non c'è alcun obbligo di immettere altro capitale neanche nel caso di insolvenza di Sorgenia», ha detto ieri Gilbert Frizberg, presidente di Verbund.

AMMINISTRATORE DELEGATO REPUBBLICA MONICA MONDARDINI

Le banche hanno però difficoltà ad accettare di tagliare il debito (e dunque di portarsi a casa la perdita) per 500 milioni, specialmente mentre si preparano agli esami della Bce sui bilanci. Inoltre sostengono che l'azionista Cir abbia cassa sufficiente per fare la sua parte, avendo incamerato 330 milioni netti dal Lodo Mondadori, anche se questi - afferma Cir - potrebbero servire a rimborsare anticipatamente (proprio a causa della crisi di Sorgenia) un bond da 259 milioni.

Così l'ipotesi alternativa allo studio è la conversione del debito, in equity o in strumenti partecipativi. Ma non è facile, né ci sarebbe sul punto unanimità di vedute tra gli istituti. Rothschild dovrebbe illustrare i vari scenari a seconda dei livelli di conversione, da 500 milioni in giù.

sorgenia LOGO

La banca più coinvolta è Mps, con 600 milioni di debiti. Certamente, nell'ipotesi estrema gli istituti diventerebbero gli azionisti di maggioranza. Una via per alleggerire le posizioni sarebbe il coinvolgimento maggiore di Gaz de France in Tirreno Power, di cui il gruppo francese è già socio di controllo. Gdf avrebbe dato alle banche la disponibilità a scrivere e a portare avanti un piano industriale nuovo.

mps

A dicembre l'amministratore delegato di Sorgenia, Andrea Mangoni, ha presentato un piano di ristrutturazione chiedendo alle banche una moratoria fino a luglio 2014. Secondo la Cir, in assenza di sostegno da parte delle banche, Sorgenia «tenuto conto delle restrizioni e delle revoche intervenute nel corso degli ultimi mesi, potrebbe avere un'autonomia finanziaria di circa un mese».

 

ITALICUM E RIFORMA DEL SENATO ENTRO 1 ANNO: RENZI SI TIENE LE MANI LIBERE, CAV DELUSO

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Ugo Magri per ‘La Stampa'

RENZI E BERLUSCONI PROFONDA SINTONIA

Innervosito dal discorso della mattina, il Cavaliere ha fatto sapere a Renzi che si attendeva da lui parole definitive sulla riforma elettorale: intende approvarla subito per andare al voto tra un anno, oppure vuole dare la precedenza alle riforme costituzionali in modo da arrivare al 2018? La risposta doveva tradursi in un sì o (come sperava Berlusconi) in un no all'emendamento Lauricella, che subordina l'entrata in vigore dell'«Italicum» all'abolizione del Senato, se e quando questa avverrà...

Dunque Silvio si è sistemato a sera davanti al televisore per ascoltare la replica del premier. Ma è rimasto deluso. Renzi non ha aggiunto una virgola rispetto al discorso mattutino, quando era stato a dir poco ambiguo. In particolare, il premier ha sorvolato sull'emendamento Lauricella, cattivo segnale per Berlusconi.

Ma di qui a sostenere che ha vinto Alfano, però, ne corre. Il premier lancia una corsa contro il tempo per fare tutto entro l'anno, riforma del Senato compresa. Il che renderebbe possibile un ritorno alle urne tra 12 mesi, come teme Angelino... La realtà è che Renzi cerca di tenersi entrambe le strade aperte, in modo da decidere a tempo debito e in base alle proprie convenienze. Se avrà una concreta certezza di vittoria, tornerà alle urne già nel 2015. Se invece rischierà di perdere, non avrà la minima fretta di anticipare il «redde rationem». Nell'attesa, eviterà di legarsi le mani.

renzi e berlusconi italicumRENZI E PADOAN

 

 

SILENZIO, PARLA ABRAMO BAZOLI – “NON E’ IL CAPITALISMO DI RELAZIONE IL PROBLEM ITALIANO”

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Francesca Basso per ‘Il Corriere della Sera'

GIOVANNI BAZOLI E JOHN ELKANN

«Oggi va per la maggiore l'opinione comune che la causa dei fallimenti del sistema economico e finanziario italiano sia il cosiddetto "capitalismo di relazione". Invece io penso che dobbiamo considerare che la storia di qualsiasi società, così come quella di ogni gruppo sociale, famiglia e nazione, sia sempre una storia di relazioni».

Giovanni Bazoli, 81 anni, presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sampaolo spiega così al Financial Times l'essenza del capitalismo italiano, che in più occasioni è stato oggetto di attenzione da parte del quotidiano economico della City.

GIOVANNI BAZOLI E GIUSEPPE GUZZETTI

È un lungo ritratto quello dedicato al banchiere bresciano, con un titolo che affonda le radici negli anni Ottanta: «Un banchiere nato da una morte misteriosa». L'articolo parte dalla morte di Roberto Calvi nel 1982 e dal salvataggio del Banco Ambrosiano da parte di Bazoli, chiamato dall'allora ministro del Tesoro Beniamino Andreatta, per arrivare alla nascita di Intesa Sanpaolo: «Bazoli in tre decadi ha creato il più grande gruppo bancario italiano, con 4.200 filiali dalla Sicilia alla Lombardia».

Il Financial Times descrive il banchiere bresciano come «una risposta all'idea che i banchieri moderni sono principalmente concentrati su calcoli e algoritmi. Per Bazoli - scrive il quotidiano - fare banca è una questione di relazioni e difende questo approccio contro le tesi per cui ciò soffoca l'economia italiana».

GIUSEPPE MUSSARI GIUSEPPE GUZZETTI GIOVANNI BAZOLI resize

Bazoli parte invece dalla «convinzione, che si è rafforzata con l'esperienza e l'età, che le relazioni personali sono i valori più importanti della nostra vita». La causa delle difficoltà del sistema economico e finanziario italiano non sta nel capitalismo di relazione. Per il banchiere «l'unico vero problema delle relazioni che intervengono negli affari è un altro: è una questione di qualità delle relazioni, se esse sono positive o negative, corrette e trasparenti oppure corrotte e intricate».

Roberto Calvi

Nell'intervista Bazoli difende anche le fondazioni bancarie, definite dal quotidiano «i controversi gruppi caritatevoli che sono i principali azionisti di Intesa Sanpaolo e della maggior parte delle banche italiane, e che sono accusate di essere provinciale espressione dei salotti». Il banchiere italiano rimarca il sostegno delle fondazioni accordato al sistema nei momenti più difficili.

«Ci dicono spesso - sottolinea Bazoli - che le fondazioni non dovrebbero essere azioniste delle banche. Potrebbe anche essere così, ma ci dovrebbe essere un'ordinata transizione verso investitori istituzionali di alta qualità. Servirà tempo e dobbiamo assicurarci il supporto di questa nuova categoria di investitori».

MATTEO RENZI E LA BOMBA A ENRICO LETTA

L'intervista, rilasciata il giorno dopo la staffetta tra Matteo Renzi e l'ex premier Enrico Letta (perciò «troppo presto per trarre conclusioni»), si chiude con una riflessione sull'avvenire del Paese: «Credo nel futuro dell'Italia. Magari non domani, ma dopodomani. Credo - conclude Bazoli - che la generazione dei miei nipoti riporterà l'Italia in luce, sono molto qualificati».

 

IL CINEMA DEI GIUSTI - “UNA DONNA PER AMICA”, VERONESI TORNA ALLA COMMEDIA ROMANTICA

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Marco Giusti per Dagospia

una donna per amica

Una donna per amica di Giovanni Veronesi

Almeno non si parla di grande bellezza. Si discute se è possibile essere davvero amici tra uomini e donne. Di cosa fare con le forbici al pisello di tuo marito se sostiene che era solo amico di una certa ragazza: "180 punti di sutura sul cazzo". Si cerca anche di dare un significato politico al nostro disagio sentimentale: "Questo paese produce ansia sui sentimenti!". Non lo dite a Renzi. Si scopre che qualche vecchietto centenario non è così simpatico: "Mi sono cacato addosso, testa di cazzo".

Si presenta Valeria Solarino come tossica e tatuata, ma non la si giustifica affatto. Anzi. E neanche si cerca di redimerla, rimane tossica e perdipiù punkabbestia. Ma non si parla mai, per fortuna di grande bellezza. Così, alla fine, questo ritorno alla commedia sentimentale di Giovanni Veronesi, "Una donna per amica", che ha scritto il film assieme a Ugo Chiti, è decisamente superiore al più pretenzioso e autoriale "L'ultima ruota del carro", presentato in apertura al Festival di Roma pochi mesi fa, che pretendeva di raccontarci la Roma degli artisti degli anni '70.

una donna per amica

L'appunto che possiamo fare qui a Veronesi e Chiti è un po' il dare per scontati i tempi comici, la costruzione del racconto, pensare che bastino quattro facce di Fabio De Luigi, bravo e simpatico come sempre ma un filo ripetitivo, per far ridere, o che il solo fatto di mettere in scena la bellissima Laetitia Casta, terribile attrice anche se, davvero, riempie lo schermo con un sorriso e le lunghe gambe, già funzioni per costruire la storia sentimentale.

Per non parlare del dover ambientare tutto il racconto, che potrebbe vivere ovunque, in un paesino pugliese ricostruito fra Trani e Otranto, anche se non capisci che ci facciano lì un avvocato e attivista ambientalista del nord come Fabio De Luigi, la francese Laetitia Casta con sorella tossica finto toscana Valeria Solarino, il romano Adriano Giannini come uomo della forestale (non si vede un albero...), l'umbra Valentina Lodovini come assistente di De Luigi, la sarda Geppy Cucciari che è finita pure in prigione per la tentata evirazione del marito e la romanissima Virginia Raffaele come bella ragazza che parla tanto rapidamente che non ci si capisce nulla.

una donna per amica x

E non sono in vacanza, attenzione. Ai pugliesi, che avranno messo i soldi della Film Commission penso, vengono riservati i ruoli minori, e sono tutti notevoli, da Rino Diana a Vito Signorile alla anonima e incomprensibile portiera cicciona. Ma più che un film girato in Puglia si ha l'idea di una Puglia invasa da cinematografari. Detto questo, invece, trovo geniale l'idea di non spiegare il vero cuore del problema da parte di Veronesi e Chiti. La Casta e De Luigi sono amici solo perché lui è pazzamente innamorato di lei, ma lei, che trombicchia in qua e in là con parecchi maschi, non lo è. E così, solo per starle vicino, lui accetta il ruolo dell'amico.

Una Donna per Amica Giovanni Veronesi x

Ma non riesce a accettare proprio l'idea di essere innamorato in maniera tossica, da addicted, come ci spiegherà bene la Solarino. Ovvio che qualsiasi altro rapporto che lui tenti, a cominciare da quella con la Lodovini, sia malato perché lui non è uscito da questa falsa idea di amicizia. In questo caso, accennarcelo, non dircelo esplicitamente, rende il film più leggero ma anche più intelligente. Fotografato con grande eleganza di Arnaldo Catinari, il film funziona di più nella parte romantica che non nella parte della commedia e possono disturbare i tentativi eccessivi di farci ridere con battute un po' ingiustificate, come il vecchio che si presenta a De Luigi con "mi sono cacato sotto". Orrore!

una donna per amica

De Luigi ha gran garbo sempre, ma avrebbe forse funzionato di più, come credibilità romantica, senza tic e battute riprese dal suo repertorio comico. In pratica, sembra come che riempia i vuoti di sceneggiatura con le gag, anche quando forse non servono. Il meno è il meglio, diceva Enzo Cannavale. Altrimenti si scivola nel Dash. Il personaggio di Laetitia Casta non è granché sviluppato. E si rischia di vederla come un personaggio negativo, la stronza che approfitta dell'amico innamorato per convenienza affettiva. Ma forse è proprio così, nella vita.

fabio de luigi valeria solarino una donna per amica

E il fare della Solarino tossica il personaggio saggio mi sembra una bella trovata. Scordavo le presenze di Miriam D'Almazio e Antonia Liskova, altre belle ragazze che scorrono nella vita dell'avvocato in questa Puglia piena di attrici. Geppy Cucciari e Virginia Raffaele fanno ridere, ma ci sono troppo poco. Probabile un buon incasso, dopo tutta la pubblicità fatta a Sanremo. In sala dal 27 febbraio.

 

I FURTI AI GIOVATORI DEL NAPOLI? UN COMPLOTTONE DI UN GRUPPO ULTRÀ

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Dagoreport

de laurentiis de magistris jpeg

1 - "CAROGNA" DI UN TIFOSO...
Rapine e scippi ai giocatori del Napoli fanno parte di una precisa strategia criminale. Sono le vendette dei teppisti di stadio. A spiegarlo in aula è un pentito, chiamato a testimoniare nel processo per il furto del Rolex del calciatore Valon Beherami. "C'è un complotto ordito dai Mastiffs per punire i calciatori del Napoli che non presenziano agli eventi organizzati dai tifosi", ha detto Salvatore Russomagno. Al comando di questa Cupola - secondo quanto riporta Il Mattino - ci sarebbe un tizio che ha un soprannome che è tutto un programma. "Sono spietatissimi, il loro capo è conosciuto come la 'carogna', ha lui in mano il potere dei Mastiffs".

2 - PARLA RENZI, BASSOLINO RUSSA
Ronf, ronf... Avrà pure votato il sindaco di Firenze alle primarie, Antonio Bassolino, ma non c'è andato leggero, ieri, su Twitter. Più che un "cinguettio", quello fatto vibrare ieri nello spazio web, è una rasoiata. Ha scritto l'ex governatore: "Forse è solo per simpatia con il gatto che dormiva sulle mie gambe ma durante il discorso di #Renzi mi sono appisolato".
E ora sotto con l'hashtag #antoniosvegliati

vesuviosegreto@gmail.com

 

FIDUCIA AL GOVERNO RENZI IN SENATO FOTO LAPRESSE BASSOLINO PRESENTA IL LIBRO FOTO BY GENNY MANZO

MONETA VIRTUALE, PANICO REALE - BLOCCATO IL SITO “MT.GOX”, DOVE SI SCAMBIANO I BITCOIN

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Manolo De Agostini per www.tomshw.it

tax_bitcoins-

L'exchange Bitcoin Mt.Gox è irraggiungibile, la dirigenza non parla. Salgono i timori di un'insolvenza, dovuti a furti di Bitcoin e non solo. Il valore della criptomoneta è in caduta libera.

Il sito di Mt.Gox, famoso Bitcoin exchange, è irraggiungibile e questo sta scatenando il panico nella comunità Bitcoin. Si parla d'insolvenza e per questo il valore della criptomoneta è in forte calo, con un ribasso di circa 100 dollari nelle ultime 24 ore. Ora siamo ben al di sotto dei 500 dollari.

Nelle scorse settimane l'exchange aveva bloccato i prelievi a tempo indeterminato dopo aver rilevato "attività insolite", sulla scia di pesanti attacchi DDoS e problemi legati alla malleabilità delle transazioni che hanno afflitto anche altri siti web. In rete però è apparso un documento, chiamato "Crisis Strategy Draft", in cui s'illustra il presunto piano di "spegnere Mt.Gox per un mese, con una landing page rinominata" da completarsi entro il mattino del 25 febbraio (in Giappone). Scadenza che però è già stata superata.

Mt Gox CEO Mark Karpeles bitcoin btc china

Nel documento, di cui non si può confermare la veridicità, si afferma che Mt.Gox avrebbe perso nel corso degli anni 744.000 BitCoin, per un valore di circa 350 milioni di dollari, per furti dovuti al problema della malleabilità. Il documento riporta che l'obiettivo sarebbe quello di tornare con il nome Gox, con un nuovo amministratore delegato e dirigenti. Gox.com è, effettivamente, un indirizzo acquistato da Mark Karpelès, attuale AD di Mt.Gox, che tuttavia non è ancora intervenuto in alcun modo per fare chiarezza sulla vicenda.

quotazione bitcoin dopo il blocco di mt gox litecoin

Rimane quindi solo la voce della comunità Bitcoin, che ha emesso un duro comunicato ufficiale. "Questa tragica violazione della fiducia degli utenti di Mt.Gox è il risultato delle azioni di una società e non riflette la resilienza o il valore di Bitcoin e dell'industria della moneta digitale. Ci sono centinaia di aziende affidabili e responsabili coinvolte in Bitcoin. Queste realtà continueranno a costruire il denaro del futuro rendendo Bitcoin più sicuro e facile da usare per i consumatori e i commercianti. Come in ogni nuova industria, ci sono alcuni attori cattivi che devono essere estirpati, ed è quello che stiamo osservando oggi. Mt. Gox ha confermato i suoi problemi in discussioni private con gli altri membri della comunità Bitcoin".

bitcoin

"Al fine di ristabilire la fiducia venuta meno per l'inottemperanza di Mt.Gox, i responsabili degli scambi di Bitcoin stanno lavorando insieme, impegnandosi per garantire il futuro di Bitcoin e la sicurezza di tutti i fondi dei clienti. Come parte dello sforzo per rassicurare i clienti, nei prossimi giorni i seguenti servizi coordineranno gli sforzi per rassicurare pubblicamente i clienti e il pubblico che tutti i fondi continueranno a essere protetti e sicuri: Coinbase, Kraken, BitStamp, Circle e BTC Cina".

MT GOX IL SITO PER SCAMBIARE BITCOIN

Mark Karpeles, amministratore delegato di Mt.Gox, ha lasciato il consiglio della Bitcoin Foundation nelle scorse ore. "Sembra che l'azienda sia finalmente crollata", ha affermato Kolin Burges, trader di Bitcoin che ha iniziato a protestare fuori dal quartier generale di Mt.Gox a Tokyo il 14 febbraio. "La questione ora è se le persone riotterranno i loro asset oppure no".

mtgox bitcoin

 

 

 

GLI ANTI-RENZIANI DEL PD URLANO, DISSENTONO E POI S’ALLINEANO PER “DISCIPLINA DI PARTITO”

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Francesca Schianchi per ‘La Stampa'

MARIANNA MADIA MARIA ELENA BOSCHI STEFANIA GIANNINI FEDERICA MOGHERINI IN SENATO FOTO LAPRESSE

Nel Pd si riuniscono in mattinata: nessuno mette realmente in dubbio il voto di fiducia, ma dubbi, perplessità, maldipancia su questo governo, per com'è ma soprattutto per lo strappo provocato per farlo nascere, se ne sentono tanti. «Io voto la mia sfiducia in questa sede, ma voterò la fiducia in Aula», sospira il senatore Mario Tronti, filosofo, docente universitario, tra i fondatori della teoria dell'operaismo negli anni '60.

E perplessità le esprimono anche il civatiano Walter Tocci, il bersaniano Miguel Gotor, l'ex sindaco di Brescia, Paolo Corsini. Un clima di freddezza che si coglie in Aula, quando a punteggiare oltre un'ora di discorso del neopremier arrivano appena 14 applausi, pochissimo calore anche dal Pd. «Renzi forse non ha capito la differenza tra un Consiglio comunale e l'Aula del Senato. Ha tenuto un piccolo comizio da modesto segretario di partito», critica apertamente Corsini.

MADIA BOSCHI GIANNINI FIDUCIA AL GOVERNO RENZI IN SENATO FOTO LAPRESSE

Ma anche nel Nuovo centrodestra si riuniscono, dopo aver sentito le parole del neo premier, pure loro con qualche dubbio, per quei riferimenti a una legge sulla cittadinanza, dopo che già erano rimasti spiazzati dalle dichiarazioni di domenica sulla tassazione dei Bot («facciamo finta che non abbia detto nulla, utilizziamo la moviola», propone Formigoni): la fiducia, anche qui, non si mette in dubbio («la maggioranza al Senato sarà meno esigua di quanto qualcuno possa pensare», assicura dallo speciale di "Ballarò" il leader Angelino Alfano), ma «siamo perplessi su alcune sue dichiarazioni, lei ha detto che sarà il governo più di sinistra degli ultimi vent'anni, speriamo sia una battuta», ammette nel corso del dibattito il senatore Bruno Mancuso.

Così, mentre gli interventi in Aula proseguono fino a tardi, con il neo premier per la prima volta seduto tra quegli stucchi e velluti attorniato dai suoi giovani ministri ad ascoltare, nei gruppi che sostengono il governo e di lì a poco voteranno la fiducia restano comunque dubbi e maldipancia.

FIDUCIA AL GOVERNO RENZI IN SENATO FOTO LAPRESSE

«L'intervento del presidente del Consiglio sorprende per la scarsezza dei contenuti programmatici e per avere assunto in alcuni passaggi i toni di un vero e proprio comizio di piazza», è il giudizio tranchant di Miguel Gotor, già consigliere politico di Bersani, a cui è ancora vicinissimo (nei giorni scorsi è andato a trovarlo nella sua casa di Piacenza): anche lui la fiducia a sera la vota, ma solo «per disciplina di partito», mentre sottolinea «una presa del potere nel segno dell'avventura», in cui «anche il fatto che Renzi abbia contraddetto in pieno i cardini della sua narrazione politica rivela la debolezza dell'operazione», che ha portato a un governo in cui «in alcuni casi i nomi dei ministri scelti si limitano a rispondere a esigenze di immagine».

Gotor

E anche da chi è vicino all'ex premier defenestrato Letta arriva una fiducia altrettanto tiepida: «La voterò», garantisce Francesco Russo, ma «da sincero e leale amico di Letta, potete immaginare con quale difficoltà», e lancia l'hashtag #matteostaisereno, che ricalca quello che Renzi dedicò a Letta, spiegandolo maliziosamente con un «io la parola data la mantengo».

Mario Tronti

Così come resta faticosa la fiducia per l'area Civati: «Pensiamo debba farsi carico di alcuni elementi specifici senza i quali perderà la nostra fiducia», avverte Lucrezia Ricchiuti, ed elenca diritti civili, giustizia, burocrazia, e Sergio Lo Giudice confessa di votare «il governo non perché mi abbia convinto, ma per continuare a puntare sul Pd», ma non è per nulla rassicurato dal passaggio del discorso del premier sui diritti civili. Lo stesso Pippo Civati, che voterà oggi la fiducia alla Camera, è il più tormentato: «La mia è una sfiducia di fatto», spiega.

Nella maggioranza, Scelta civica sarà compatta nel voto, ma anche da quelle parti Linda Lanzillotta ci tiene a ricordare che «saremo molto vigili» e punzecchia la squadra di governo, per la presenza di ministri «alcuni competenti, altri un po' meno». Anche nel gruppo dei Popolari per l'Italia in due restano dubbiosi fino all'ultimo. Ma, nonostante gli scetticismi, la fiducia, quando è ormai notte, è destinata ad arrivare.

Jean Paul Salome e Corradino Mineo

 

 

Walter Tocci

CLESSIDRA PROVA A VESTIRE HARMONT & BLAINE - THREADNEEDLE PUNTA A EI TOWERS DI MEDIASET

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Da "Il Sole 24 Ore"

1-CLESSIDRA PROVA A VESTIRE HARMONT & BLAINE
Dovrebbe essere questa la settimana decisiva per individuare il socio finanziario di minoranza di Harmont & Blaine, la società di abbigliamento nota per il marchio del bassotto. Secondo indiscrezioni raccolte in ambienti finanziari, si dovrebbe infatti riunire il consiglio di amministrazione della società guidata da Domenico Menniti per scegliere il partner a cui affidare un'esclusiva per arrivare all'accordo definitivo.

Chi sarà? L'advisor Ubs avrebbe selezionato nell'ultimo mese una rosa di 4-5 nomi, tra cui scegliere. Fra questi ci sarebbero private equity italiani e stranieri, ma secondo i rumors il prescelto potrebbe essere Clessidra. Quest'ultimo gruppo finanziario starebbe seguendo da tempo la società napoletana e avrebbe discusso dell'investimento anche in termini di governance. Il nuovo socio entrerà con una quota del 25-30 per cento tramite un aumento di capitale riservato. L'obiettivo finale per Harmont & Blaine sarà la quotazione a Piazza Affari nel giro di qualche anno. (C.Fe.)

FONDO CLESSIDRA

2-I FONDI SI SINTONIZZANO SULLE TORRI EI TOWERS
Un affondo in sordina. Una piccola quota, che in tempi non sospetti passerebbe inosservata. Se non fosse che l'ingresso del fondo Threadneedle in Ei Towers (la ex Dmt passata sotto Mediaset), con un lillipuziano 2%, ha un forte valore strategico. Perché? Perchè si sta per aprire una battaglia sulle torri di tlc, infrastruttura cruciale per il Paese. A breve Telecom Italia metterà in vendita le sue torri: 8mila siti disseminati lungo tutto il Paese, per un valore di circa un miliardo di euro.

E tra gli aspiranti compratori ci sarebbe proprio Ei Towers. Che però deve fare i conti col prezzo: un miliardo di esborso, molto per un'azienda, la Ei Towers, che fa circa 250 milioni di fatturato. Non a caso, da tempo nella società stanno cercando un socio finanziario. L'ingresso di Threadneedle è dunque molto tattico: un eventuale blitz su Telecom farebbe diventare Ei Towers un big e gli inglesi si sarebbero piazzati sul titolo in tempi non sospetti. Oppure, chissà che non possano essere proprio loro quel partner finanziario che a Cologno cercano. (S.Fi.)

Antenne Mediaset

3-LE PAURE DI ATENE SUGLI AIUTI ALLE BANCHE
La ricapitalizzazione delle banche greche potrebbe essere il nuovo buco nero di Atene? È possibile visto che la troika e il governo Samaras devono condividere una strategia prima del prossimo eurogruppo del 10 marzo, ma per ora litigano sulle dimensioni della seconda "ciambella" di salvataggio da lanciare agli istituti che sono andati in crisi a causa dei loro investimenti in bond governativi ellenici, obbligazioni che hanno subito un haircut pari a 100 miliardi di euro.

Belen Rodriguez

Evento che ha avuto effetti devastanti sui bilanci delle banche locali. Lo scontro di cifre è riportato dal FT, che spiega come secondo le autorità elleniche il settore bancario nazionale necessiterebbe di meno di 6 miliardi di euro di capitali freschi mentre la troika parla di 20 miliardi. Una bella differenza anche se sul piatto ci sono pronti 50 miliardi per la ricapitalizzazione, di cui 28 già utilizzati la scorsa estate. Le diverse stime di capitale dipendono dal tipo di scenario prescelto: la Troika assume altri due anni di recessione, Atene una ripresa dall'anno prossimo. (V.D.R.)

4-ROTHSCHILD IN POLE PER L'ADVISORY SU ENAV
Rothschild sarebbe in pole position per il ruolo di advisor del ministero per l'Economia nel processo di privatizzazione dell'Enav. Il consulente sarebbe stato individuato dalle strutture tecniche del dicastero e dall'amministratore unico della società, Massimo Garbini. Ma la caduta del governo Letta e l'avvicendamento con il nuovo esecutivo Renzi hanno messo in stand-by la scelta, in attesa che il nuovo ministro per l'Economia riprenda in mano i vari dossier.

Per ora le procedure delle privatizzazioni vanno avanti, anche se per le decisioni specifiche si aspetta il nuovo ministro. Rothschild, come del resto Lazard, che ha già avuto l'incarico analogo per le Poste, sono tra le banche più accreditate per questi ruoli perchè non hanno la struttura di marketing che rende più appetibile (dal punto di vista economico) aggiudicarsi il ruolo di global coordinator in caso di quotazione. E per Enav la strada dell'Ipo era stata individuata dal governo Letta come percorso preferenziale. (L.Ser.)

5- TAGLI SUL COSTO DEL LAVORO - I SINDACATI FRENANO ALITALIA
Da ‘La Stampa'
Alitalia chiede altri 40 milioni di risparmi sul costo del lavoro. Ma i sindacati frenano, pretendendo che prima si concretizzi l'arrivo di Etihad: con l'accordo sugli esuberi i lavoratori hanno già garantito sacrifici per oltre 80 milioni e quindi ora, prima di valutare ulteriori interventi, le sigle chiedono certezze e scenari solidi.

alitalia

È questo l'esito dell'incontro di ieri per avviare il confronto sul costo del lavoro, che è proprio una delle condizioni (insieme alla rimodulazione del debito) chieste da Abu Dhabi per l'investimento. I sindacati sono tornati al tavolo ieri per riprendere la trattativa dopo l'accordo del 14 febbraio scorso sugli esuberi. Intanto con la compagnia degli emirati prosegue il lavoro sulla due diligence, che dovrebbe concludersi entro la metà di marzo. Per la chiusura dell'intera operazione Del Torchio ha indicato l'orizzonte di un paio di mesi.

6- PUBBLICITÀ OCCULTA CON BELEN L'ANTITRUST MULTA MONDADORI
Da ‘La Stampa'
L'Antitrust ha multato Mondadori, Unifarm e Philips per una pubblicità occulta inserita in un servizio sulla maternità di Belen Rodriguez pubblicato dal settimanale «Chi». Le sanzioni decise sono pari a 70mila euro ciascuno per Mondadori e Unifarm e a 50mila euro per Philips.

RENZI E LETTA

In particolare, spiega l'Autorità, in un servizio intitolato «Belen con il suo Santiago» erano riportate, ingrandite, riquadrate in rosso e isolate dal contesto, le immagini di un latte per neonati, Neolatte1, e di un biberon della Avent.

Nelle didascalie che accompagnavano le foto venivano specificati prezzi e proprietà dei due prodotti: nell'impaginazione, inoltre, mancava qualsiasi accorgimento o indicazione che rendesse evidente ai consumatori la natura promozionale delle immagini. La Federazione nazionale della stampa italiana plaude all'iniziativa dell'Antitrust: «La decisione - spiega in una nota - non può essere che condivisa»

 

 

IL POVERO BERNABÈ È PASSATO DAL TOTOMINISTRI ALLA ROGNA DEL PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI

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Alessandro Capponi per ‘Il Corriere della Sera - Roma'

Il futuro del Palaexpo potrebbe essere a una svolta. È di ieri il contatto telefonico tra il sindaco Ignazio Marino e il manager - al quale è stato dato un mandato esplorativo di quindici giorni - Franco Bernabè. Le due settimane per «confrontarsi con la città» e «dialogare con i soggetti legati all'azienda e con le realtà del mondo culturale della Capitale» sono praticamente trascorse.

Franco Bernabe

E infatti Bernabé, che vanta nel suo curriculum la presidenza della Biennale di Venezia e del museo Mart di Rovereto, ha pronunciato al sindaco Marino parole inequivocabili: «Il piano di rilancio per il Palaexpo? È pronto, almeno in bozza». L'appuntamento è già fissato: si vedranno lunedì. Quel giorno, ovviamente, il futuro del Palaexpo - che racchiude la gestione di Scuderie del Quirinale, Palazzo delle Esposizioni e Casa del Jazz - sarà infinitamente più chiaro. Ma già da oggi, forse, è possibile notare che alcuni passi importanti sono stati mossi. Vediamo quali.

IGNAZIO MARINO FUNERALI DELLA TRANS ANDREA QUINTERO FOTO LAPRESSE

Intanto c'è la posizione di Franco Bernabè, il quale anche nel colloquio con il sindaco Marino pare voler mantenere la parola data: «Mi ero impegnato a presentare entro quindici giorni la mia analisi della situazione e il piano di rilancio per il Palaexpo, cosa che farò tra qualche giorno. Il piano di rilancio è praticamente ultimato, mancano giusto i dettagli». Marino gli ha spiegato di non volere anticipazioni, né gli ha chiesto alcunché del lavoro svolto in questi giorni.

Ma è chiaro che la posizione di Bernabè sembra, oggi, moderatamente vicina a quella del Campidoglio: «Non voglio dare alcuna informazione in merito - ha detto ieri il manager contattato telefonicamente - vediamo quello che succederà nell'incontro con il sindaco Ignazio Marino. Di certo, come avevo promesso, mi presenterò con una dettagliata analisi della situazione e con le mie idee per il rilancio del Palaexpo». Inutile chiedergli se ciò equivale ad un implicito accordo già concluso con il Comune: «Vediamo, è ancora presto», si è limitato a rispondere.

Palazzo delle EsposizioniMOSTRA HELMUT NEWTON AL PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI DI ROMA jpeg

E però che Bernabè abbia dato la propria disponibilità a lavorare sul Palaexpo appare chiaro: ha già incontrato persone, addetti ai lavori, di posizioni apicali e non solo. E, adesso, si presenterà in Campidoglio con il piano di rilancio. Non è ancora un accordo definitivo, dunque, non è ancora un «sì», ma le premesse sembrerebbero esserci.

Anche perché l'attesa era, almeno in parte, legata alla possibilità che il manager ex Telecom andasse a ricoprire un ruolo nel governo di Matteo Renzi. Dopo l'incontro con Marino, Bernabè incontrerà anche l'assessore alla Cultura Flavia Barca, la quale ha sempre definito la prospettiva «molto interessante. Fa parte di una logica che, all'interno della cultura, dà una grandissima attenzione anche al tema della managerialità. Bernabè, che ha rilanciato il Mart, sarebbe un ottimo risultato».

MART ROVERETO Flavia Barca

Se tutto procederà come da aspettative del Campidoglio dopo la nomina del manager si provvederà a ufficializzare anche il cda del Palaexpo. I nomi dei consiglieri sono noti: la critica d'arte Ester Coen, l'ex soprintendente al Polo museale romano, Claudio Strinati, il segretario generale dell'Accademia di Francia, Claudia Ferrazzi, e il giurista Alfonso Celotto. Anche loro aspettano l'ufficialità dell'incarico a Bernabè: dovrebbe essere questione di giorni.

 

ESTER COEN

 

RENZI IN SENATO COME IL MACELLAIO DAVANTI AI TACCHINI: “SARÀ L’ULTIMA FIDUCIA IN SENATO”

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Mattia Feltri per ‘La Stampa'

Bello e impossibile, col fascino ruvido dell'insolenza. Lo guardano, inorridiscono, se lo mangiano con gli occhi come succedeva ai tronisti di Maria De Filippi. Roberto Calderoli è il pioniere: coglie la desacralizzazione del luogo e del momento, allunga le mani un palmo sotto l'ombelico per accattivarsi la sorte, e che i senatori leghisti lo seguano nell'esorcismo tattile. È successo che Matteo Renzi ha esordito con la levità di un becchino: spero sia l'ultima fiducia che si accorda qua dentro, dice.

Matteo Renzi da Maria De Filippi ad Amici

L'idea del premier è di sfrattarli, tutti quelli che ha lì davanti, e fare di Palazzo Madama la camera delle autonomie; ma sarà che Calderoli la macchina la conosce da vent'anni, campa cavallo, e per cui si figura ben altro genere di dipartita. «Sono contento di avere suscitato l'attenzione del senatore Calderoli», dice Renzi notando la tastatina di gruppo.

Si è appena sbottonato la giacca. Ha infilato la mano sinistra in tasca. L'indice della destra svolazza da destra a sinistra, ad ammonire i vegliardi e glielo dice lui, che cita Gigliola Cinquetti: «Non ho l'età». Per diventare senatori bisogna avere almeno quarant'anni. Lui ne ha trentanove, ma è entrato lo stesso. Regolarsi.

La sintesi impagabile è a cura di Luigi Compagna del Nuovo centrodestra: «Tutta l'affabulazione retorica, se ha un filo conduttore oltre la banalità, è l'antiparlamentarismo». Lungo i corridoi di palazzo si gioca una specie di derby emotivo fra gli scandalizzati e i giubilanti per la demolizione del tempio. Sentite i più entusiasti del Partito democratico, dal cui settore, durante il discorso di Renzi, erano saliti pochi e timidi applausi. Mauro Del Barba: «Ancora una volta ha sorpreso tutti parlando direttamente al paese». Franco Mirabelli: «Il tono anche irrituale ha contribuito a rafforzare l'idea di un esecutivo che guarda al futuro».

ROBERTO CALDEROLI

Maria De Giorgi: «Energia pura!». Un'energia messa a disposizione del sovvertimento dell'ordine costituito: c'è da stabilire se sia un bene o un male. E Calderoli, ormai immerso nelle sue funeree considerazioni, dice: «Se va come vuole lui, qui resteranno qualche senatore a vita e molti senatori a morte». È «eversivo», aggiunge Calderoli, «perché guida la folla contro il palazzo, lui che del palazzo è il capo».

E non è solamente una questione di sopravvivenza. Si tirano fuori le buone maniere. «Ci siamo presi senza fiatare villanerie d'ogni sorta», dice Compagna. Siete mai stati al mercato rionale? Avete mai parlato con un insegnante? Sapete che vuol dire incontrare la famiglia di un diciassettenne morto sulla strada?

MIGUEL GOTOR FOTO ANDREA ARRIGA

La sintesi fra «un vero e proprio comizio di piazza» (Miguel Gotor, Pd) e l'esibizione di buonissimi sentimenti incartati nel politicamente corretto. «È venuto ad alterare la prassi consolidata», dice Lucio Barani, socialista di Forza Italia prestato al Gruppo autonomie. Nessun discorso istituzionale, magari polveroso ma rispettoso della prassi, né l'elenco dei propositi. Proprio l'invettiva, dice Barani. «E i bambini a scuola li accompagno pure io», dice Benedetto Della Vedova (Ncd). E va anche ai mercati rionali.

«Fosse solo quello: mi ero preparato un foglietto per appuntare il programma e per tre quarti d'ora non ho scritto niente», dice Maurizio Bucarella dei Cinque stelle. Figuriamoci se loro si sono fatti incantare. E figuriamoci se si trovano male - quanto a regole d'ingaggio - col marziano di Pontassieve: per metà intervento si sono spesi in monellerie da scuola media, risatine, urletti ai confini della pernacchia (a proposito di santuario sconsacrato). E lui che ribatteva come nemmeno a Ballarò.

Benedetto Della Vedova GIORGIO TONINI

Ecco, qui la popolazione senatoriale è smarrita. Che modi sono, la buona creanza, e i contenuti che latitano, e tira almeno fuori le mani dalle tasche. E quando vieni qui, cocco, parla ai senatori anziché agli elettori. «Non ha letto un discorso lo ha recitato» dice Giorgio Tonini del Pd. Aveva l'aria di uno che intende «bucare lo schermo», aggiunge. È andato oltre Berlusconi che sopravvive in campagna elettorale perenne ma aveva un tradizionale rispetto per l'istituzione, «mentre Renzi fa campagna elettorale anche qui, il giorno in cui chiede fiducia».

E nota, Tonini, che non c'è stato un cenno al presidente della Repubblica. Violata la regoletta più facile, «e forse s'è dimenticato o forse voleva segnare la distanza coi governi del Quirinale o di Bruxelles». Tonini queste cose le dice con l'esatta impostazione d'umore con cui Laura Puppato, del medesimo partito, dice l'opposto:

«Ha fatto il contrario di ciò che facevano i suoi predecessori, tutti attenti a non scaldare gli animi e i cuori. Renzi invece si è presentato come l'italiano medio, e ha parlato all'italiano medio. Lo capisco. Quando ero sindaco di Montebelluna, cercavano di insegnarmi il cerimoniale ma io ne ero allergica. Se questa è l'Italia nuova, è un Italia che mi piace. È un'Italia autentica, positiva».

Laura Puppato

Gira la ruota, si torna da Compagna: «Voto la fiducia con la disposizione d'animo con cui Gronchi, De Nicola e De Gasperi la votarono a Mussolini». Non è più il Senato, è un campo di prigionia.

 

 

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