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TESTE DI MAIALE INVIATE ALLA COMUNITÀ EBRAICA, SCRITTE SUI MURI A PIAZZA SEMPIONE

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Federica Angeli ed Emilio Orlando per "la Repubblica"

Tre pacchi con dentro teste di maiali indirizzati alla comunità ebraica romana: uno alla Sinagoga, uno all'ambasciata israeliana, l'ultimo al Museo di Roma, dove è in corso una mostra sulla Shoah. Indignazione in Italia e all'estero per il gesto antisemita. Mentre si indaga sui possibili responsabili dell'atto intimidatorio che arriva a quarantotto ore dalla giornata della Memoria.

SCRITTE ANTISEMITE SUI MURI DI MONTESACRO A ROMA

E sempre nella capitale sono comparse scritte sui muri contro di Anna Frank. È caccia ai mittenti dei tre pacchi con dentro teste di maiali indirizzati alla comunità ebraica romana: uno alla Sinagoga, uno all'ambasciata israeliana, l'ultimo al Museo di Roma, dove è in corso una mostra sulla Shoah. Due di questi pacchi non hanno mai lasciato il deposito della ditta di spedizione, il terzo è stato rispedito alla Tnt dal vigilante del museo (che ha segnalato alla polizia l'odore nauseante del plico) poiché non aveva il mittente.

Un atto intimidatorio, un'azione antisemita che non ha precedenti a Roma e che arriva a quarantotto ore dalla giornata della Memoria. Dentro uno dei plichi, arrivati giovedì sera al deposito capitolino della ditta di spedizioni Tnt Traco dal centro smistamento di Napoli, gli investigatori hanno trovato anche una lettera scritta a macchina. Una sorta di rivendicazione che fa riferimento a Theodor Herzl, lo scrittore e avvocato ungherese di fine Ottocento fondatore del movimento sionista, e in cui appaiono frasi deliranti che parlano di Olocausto e deportazioni come «unico mezzo per arginare l'economia ebraica».

SCRITTE ANTISEMITE SUI MURI DI MONTESACRO A ROMA

La procura di Roma ha aperto un fascicolo al momento senza titolo di reato, in attesa dell'informativa della Digos: si sta valutando se procedere per istigazione all'odio razziale o minacce. Gli investigatori stanno lavorando in tandem con l'intelligence e la polizia postale per trovare, anche nelle maglie del web, tracce degli autori delle spedizioni. Che ci sia la mano di un gruppo organizzato, e non di un mitomane, è fuor di dubbio.

Proprio per questo la polizia sta passando al setaccio alcuni ambienti dell'estrema destra già accusati, e condannati, anche nel recente passato di propaganda nazista e antisionista (Stormfront e Militia) attraverso Internet. Intanto, mentre le indagini vanno avanti, svastiche e slogan antisemiti sono comparsi ieri mattina sui muri del quartiere Montesacro, dando un altro pugno nello stomaco a una città provata e sotto shock per l'intimidazione ai tre obiettivi della comunità ebraica.

"Olocausto menzogna" e "Hanna Frank bugiardona" (il nome della adolescente morta nel lager di Bergen-Belsen è stato storpiato) hanno invaso un quartiere dove molti commercianti di religione ebraica hanno la propria attività. «La disgustosa provocazione », per dirla con un tweet della presidente della Camera Laura Boldrini, e «il gesto oltraggioso che dimostra di non dover mai abbassare la guardia» contro l'antisemitismo, secondo il presidente del Consiglio Enrico Letta, ha indignato tutto il mondo politico.

SCRITTE ANTISEMITE SUI MURI DI MONTESACRO A ROMA

Il sindaco di Roma Ignazio Marino ha twittato: «Chi oltraggia la comunità ebraica offende Roma. Respingiamo con forza l'intimidazione di ieri alla Sinagoga». E l'Anpi, altrettanto amareggiata, ha dichiarato che quanto accaduto «è un oltraggio alla Memoria. Non solo la comunità ebraica romana, ma per tutta la capitale, offesa da un gesto vigliacco e sporco quanto chi lo ha compiuto».

Anche Silvio Berlusconi si è detto solidale con la Comunità, e accogliendo il pensiero del presidente Pacifici, sottolinea l'importanza di «non farci distrarre dai grumi di intolleranza e ignoranza che esistono ancora nel nostro Paese».

Laura Boldrini x

 


TOGHE ROTTE - IL GIUDICE DI PALERMO SI SCHIERA CON NAPOLITANO - E IL PM DI MATTEO SE NE VA

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Salvo Palazzolo per "la Repubblica"

NICOLA MANCINO E GIORGIO NAPOLITANO jpeg

L'inaugurazione dell'anno giudiziario si trasforma presto in un inedito processo. Il presidente della Corte d'appello, Vincenzo Oliveri, mette sotto accusa l'inchiesta sulla trattativa mafia-Stato. «Si è tentato di offuscare l'immagine del presidente della Repubblica - dice - col sospetto di sue interferenze in un grave procedimento in corso qui a Palermo». E aggiunge: «Sospetti che i nostri giudici hanno dichiarato da subito totalmente infondati, per questo sentiamo di rinnovare al presidente della Repubblica l'impegno di fedeltà alla legge e alla Costituzione, di cui egli è il supremo garante».

NAPOLITANO INGROIA

I magistrati che hanno istruito il processo trattativa sono lì, davanti a Oliveri, nell'affollatissima aula magna della Corte d'appello: Nino Di Matteo, Vittorio Teresi e Francesco Del Bene. Ascoltano in silenzio, restano immobili quando parte un applauso alla fine dell'intervento. E pochi minuti dopo, mentre il consigliere del Csm Roberto Rossi inizia a parlare, Di Matteo e Teresi escono dall'aula e tornano nel bunker al secondo piano del palazzo di giustizia.

IL GIUDICE VINCENZO OLIVERI

I loro volti sono visibilmente amareggiati, ma non arriva alcuna replica al discorso di Oliveri. Discorso durissimo, anche perché nessun pm di Palermo ha mai messo sotto accusa Napolitano, che è solo testimone nel processo per la trattativa mafia-Stato.

È Salvatore Borsellino, il fratello del giudice Paolo, il leader della Agende Rosse, a esplicitare la polemica: «Il presidente della Corte d'appello non ha detto una sola parola sulle minacce in carcere di Totò Riina a Nino Di Matteo. Che strano destino: anche Paolo Borsellino e Giovanni Falcone erano stati attaccati dai loro stessi colleghi poco prima di essere uccisi. Speriamo davvero che quella stagione non si ripeta».

Nino Di Matteo

Sulle minacce ai pm di Palermo, non usa invece mezzi termini il procuratore generale Roberto Scarpinato. «Stiamo assistendo a un'escalation di intimidazioni nei confronti dei magistrati di Palermo e Trapani», dice. «Sappiamo bene come un certo passato sia un
pericolo costante. Davanti a queste situazioni non bisogna mai abbassare la guardia». Parole che ribadisce il presidente del Senato, Piero Grasso, seduto in prima fila nell'aula magna della Corte: «Sono qui per testimoniare la presenza e la vicinanza dello Stato verso quei magistrati che operano contro la mafia e corrono rischi».

SALVATORE BORSELLIO CON UNA COPIA DELLAGENDA ROSSA DEL FRATELLO PAOLO jpeg

Ma la polemica sulle parole di Oliveri è ormai innescata. Nel discorso di inaugurazione dell'anno giudiziario ci sono anche bacchettate per «l'esposizione mediatica» di alcuni magistrati, per i «comportamenti impropri e le carriere politiche inaugurate nel medesimo distretto dove il giorno prima il candidato indossava la toga». Chiaro il riferimento all'ex pm Antonio Ingroia, che ha fondato il movimento "Azione Civile".

 

 

FALCONE E BORSELLINOINGROIA SI ISCRIVE ORDINE DEGLI AVVOCATI

L’ITALICUM FINIRÀ COME L’ITALICUS? LA LEGGE ELETTORALE POTREBBE SALTARE GIÀ DOMANI IN COMMISSIONE

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Carlo Bertini e Ugo Magri per "La Stampa"

RENZI E BERLUSCONI A CENA

Volendo credere a Calderoli, che nella giungla parlamentare si orienta come pochi, alla Camera da domani ne vedremo delle belle. Il padre del «Porcellum» ha fatto due conti: la riforma elettorale avrà vita durissima in commissione. E pure nel caso in cui superasse l'esame, «quasi certamente non avrebbe i numeri in aula» dove, va ricordato, si voterà a scrutinio segreto. «Inciamperà praticamente subito», scommette Calderoli, perché già al primo comma dell'articolo 1 verrà al pettine il nodo delle preferenze...».

CALDEROLI PORCELLUM

Se Renzi riuscisse a imporre la disciplina di partito, questi dubbi non avrebbero fondamento. In commissione, dove entro martedì sera i giochi saranno fatti, Pd e Forza Italia hanno 26 dei 47 membri, la maggioranza. E in aula i due partiti sommano 360 deputati, 45 più di quanti ne occorrano per imporre il frutto dell'accordo tra Renzi e il Cavaliere. Ma la minoranza Pd è inquieta (un eufemismo). Questo pomeriggio si vedranno nuovamente i commissari democratici per chiarire se il testo-base è davvero tabù, ovvero può essere emendato d'intesa, si capisce, con Forza Italia.

DANIELA SANTANCHE DENIS VERDINI

Bersaniani e dalemiani spingono per cambiare la bozza su tre punti. Primo: niente liste bloccate, al limite meglio 630 collegi con un solo candidato ciascuno, e ripartizione proporzionale dei seggi. Secondo: premio di maggioranza per chi supera il 40 per cento anziché il 35. Terzo: abbassare dall'8 al 5 per cento lo sbarramento per i partiti che volessero presentarsi fuori dalle alleanze.

I fedelissimi del segretario cosa rispondono? Che loro non avrebbero alcuna remora, però Berlusconi da quell'orecchio non ci vuol sentire. Anzi coglierebbe la palla al balzo per far saltare l'accordo, e allora niente riforma elettorale. Non solo: addio anche al «Senato gratis» (come lo chiama Renzi) e all'antidoto per le «disfunzioni regionali» (altra definizione del sindaco-segretario circa la riforma dei Titolo V). I leader hanno deciso, e al momento non si torna indietro.

letta alfano sitoweb x

Anzi, sono pronti ad affrontare il voto segreto. Qui, effettivamente, potrà accadere di tutto. Sia che la riforma passi, sia che vada a gambe per aria insieme con il governo e la stessa legislatura. Già, perché tanto Renzi quanto i «berluscones» hanno chiarito che, in caso di bocciatura, questo Parlamento non sarebbe titolato a proseguire oltre.
Ecco dunque di nuovo il pallottoliere. Stime provenienti dai diretti interessati calcolano tra 90 e 100 i deputati Pd che, lasciati liberi, voterebbero per il ritorno alle preferenze. Chissà come si regoleranno nel segreto dell'urna.

A questi possibili «franchi tiratori» bisogna aggiungere un altro paio di categorie interessate a scatenare un Vietnam parlamentare. Anzitutto coloro che, specie in Forza Italia, gradirebbero votare subito. E sarebbero pronti a tornare alle urne perfino con il mozzicone di legge tenuto vivo dalla Consulta (proporzionale puro e preferenza). L'altra categoria di potenziali «cecchini» è rappresentata da quanti sarebbero disposti ad affrontare le elezioni subito pur di tenersi la legge attuale, il «Consultellum» appunto, considerato un male minore della riforma in gestazione.

BRUNETTA E BERLUSCONI

I 45 voti di maggioranza alla Camera sono insomma un vantaggio esiguo. Per mettersi al sicuro, Renzi dovrebbe trascinare dalla sua parte la Lega (20 deputati) con una normativa di vantaggio per i partiti su base territoriale; e poi anche il Nuovo centrodestra, abbassando da 5 al 4 per cento, e forse addirittura al 3, la soglia di sbarramento immaginata col Cavaliere. Il quale tuttavia si sente in una botte di ferro, comunque vada lui è soddisfatto, se casca il governo ancora di più.

Come dice Brunetta, «è nella condizione di vincere su tutte le ruote».
Quanto a Renzi, il segretario Pd si mostra pronto ad affrontare le urne perfino a maggio. Secondo i suoi nemici interni è solo un «bluff». Però intanto mercoledì l'uomo potrebbe partecipare alla manifestazione dei sindaci in tensione con il governo. Sarebbe un segnale di quelli forti e chiari...

 

HISTORY AND FANTASY: HITLER COME ELVIS! NON È MORTO NEL BUNKER, MA A 95 ANNI IN BRASILE, AL FIANCO DI UNA BONAZZA NERA

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Silvia Natella per "Il Mattino"

L IPOTETICO HITLER IN BRASILE CON LA SUA CUTINGA

Nel corso degli ultimi 70 anni in molti hanno avanzato l'ipotesi che Adolf Hitler non si sia suicidato nel suo bunker nel 1945, ma che sia scappato in America Latina come molti gerarchi nazisti. Nel suo libro Simoni Renee Guerreiro Dias afferma che il Führer morì in incognito nel 1984 in una piccola città al confine tra Brasile e la Bolivia e la prova sarebbe in una foto.
Non solo, l'autrice brasiliana sostiene che Hitler si rifugiò in Argentina e poi in Paraguay prima di stabilirsi nello stato brasiliano del Mato Grosso.

QUI E SEPOLTO L IPOTETICO HITLER BRASILIANO

LA RELAZIONE CON UNA DONNA NERA
La giornalista mostra anche una fotografia in cui il presunto leader nazista è in compagnia di una donna, con cui sembra avesse una relazione. Si tratta di una donna di colore di nome Cutinga e quindi non di razza ariana. Una teoria bizzarra anche perché il dittatore sarebbe morto all'età di 95 anni.

I VESTITI DELL IPOTETICO HITLER BRASILIANO

IL LIBRO
Il libro, intitolato "Hitler in Brasile - la sua vita e la sua morte", contraddice la teoria accettata storicamente del suicidio di Hitler nel suo bunker di Berlino il 30 aprile 1945.
Simoni ha intenzione di fare il test del DNA a un parente di Hitler e di confrontarli con i resti di questo uomo a Lipsia.

hitler e il maggiolino da GQ FOTO BUNKER HITLER jpegFOTO BUNKER HITLER jpeg

 

LE ECONOMIE EMERGENTI RISCHIANO DI AFFOSSARE IL MONDO - COLPA DI CINA E USA (E PURE LORO)

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Federico Rampini per "la Repubblica"

Una crisi argentina ogni dieci anni è quasi una regola. Ma stavolta l'allarme dilaga ben oltre. Tutte le potenze emergenti vanno in fibrillazione. Fino a contagiare con pesanti ribassi le Borse occidentali, da Wall Street all'Europa. Tornano alla memoria scenari-catastrofe di due decenni fa: la crisi dei "tequila bond" messicani nel 1994, la febbre asiatica del 1997 che dalla Thailandia stese tutti i dragoni d'Oriente.

Cristina Fernandez de Kirchner

Attenzione, oggi queste economie non sono più periferiche, gli emergenti pesano molto più di allora, il danno che possono infliggere è superiore agli anni Novanta. S'inventano affannosamente nuove sigle per catturare la dimensione della crisi: i Brics (Brasile Russia India Cina Sudafrica) si trasformano nei "Fragile Five", le cinque potenze fragili. L'area del rischio include medie potenze come Turchia e Indonesia, Thailandia e Cile, oltre all'Ucraina dove le violenze di piazza evocano scenari da guerra civile.

Il problema per gli investitori occidentali: queste nazioni erano diventate le locomotive della crescita. Erano destinazioni appetite per i nostri esportatori, e i nostri risparmi in cerca di rendimenti superiori. Ciascuna di queste crisi è una storia a sé, diversa dalle altre, con episodi locali che spiegano l'esplodere di turbolenze improvvise. Il Brasile era in tensione già l'anno scorso: per il malcontento popolare dopo i rialzi delle tariffe pubbliche, per i troppi sprechi e casi di corruzione legati ai Mondiali di calcio.

MANIFESTANTI CONTRO IL GOVERNO A BANGKOK IN THAILANDIA

L'Ucraina da mesi si dilania tra un'opinione pubblica filo-europea e un presidente ricattato da Putin. Le differenze sono enormi e tuttavia "l'arco di crisi globale" ha due cause comuni, che vengono da lontano. La prima, paradossalmente, è positiva: è la ripresa americana. La seconda è il rallentamento della crescita in Cina. Due storie divergenti, riguardano le due maggiori economie del pianeta, e vanno seguite da vicino. La ripresa degli Stati Uniti è un'ottima notizia, salvo per le sue conseguenze monetarie.

Finora la banca centrale Usa ha stampato dollari energicamente per rilanciare la crescita e l'occupazione. Poiché le frontiere sono aperte e viviamo in un sistema di vasi comunicanti, molti di quei dollari stampati dalla Federal Reserve sono finiti altrove: per esempio nelle Borse dei Brics, che parevano promettenti. Invasi dai capitali stranieri, i Paesi emergenti hanno preso delle cattive abitudini. Viziati dall'abbondante liquidità, hanno finanziato progetti d'investimento faraonici e non sempre produttivi; hanno cominciato a vivere al di sopra dei loro mezzi.

MOLOTOV E PROTESTE A KIEV IN UCRAINA

L'Argentina si distingue come una campionessa di malgoverno, con un'inflazione galoppante al 25%. Ma dietro di lei, dal Venezuela all'Ucraina, altri hanno dissipato la manna monetaria. Ora che l'alta marea si ritira, si scopre chi stava nuotando senza costume, secondo la battuta di Warren Buffett. L'alta marea finisce perché la Fed comincia a normalizzare il suo comportamento.

La droga monetaria non è più necessaria, per lo meno non in dosi così massicce, visto che il paziente americano sta meglio. In Cina il rischio è di segno opposto. Un rallentamento del boom cinese era logico e atteso da anni, visti i segni di surriscaldamento eccessivo (come la bolla speculativa immobiliare a Pechino e Shanghai). Ma l'ultimo dato sull'attività manifatturiera sembra rivelare una frenata brutale, anziché un rallentamento morbido.

PROTESTE A SAN PAOLO DEL BRASILE

Inoltre nessuno sa bene quanti problemi siano nascosti nel sistema bancario cinese (e ancor più nelle "banche-ombra"). In passato sono stati finanziati maxiinvestimenti guidati da ambizioni politiche, megalomania di questo o quel gerarca locale, o avidità di tangenti da parte della nomenclatura comunista. Il fresco leader Xi Jinping sembra intenzionato a mettere ordine nelle banche e questo può contribuire a frenare la crescita.

Il rallentamento di Pechino colpisce a catena tutti quei Paesi che esportano materie prime verso la Repubblica Popolare: dal Brasile all'Indonesia, dal Sudafrica al Cile, gran parte delle nazioni emergenti sono diventate vulnerabili al ciclo cinese. La Fed ritira il credito facile; la Cina restringe i suoi acquisti: queste due novità sono l'equivalente di un pugno alla mascella seguito in rapida successione da un colpo alla milza.

Barack Obama e Xi Jinping si incontrano a Sunnylands

Molte nazioni emergenti sono colte alla sprovvista. I risparmi dei loro ceti benestanti fuggono all'estero per paura del peggio. Alcuni governi già hanno dovuto svalutare e al tempo stesso introdurre divieti di esportazione di valuta. Le fughe di capitali dai Brics sono dell'ordine di due miliardi a settimana, ma potrebbero decuplicarsi, e allora sarebbe vero panico.

 

MASTRAPASQUA ACCUSATO DI TRUFFA NELL’OSPEDALE DI CUI È DIRETTORE? HA ALMENO 25 ALIBI

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Sebastiano Messina per "la Repubblica"

Antonio Mastrapasqua

Non so su quali prove siano basate le accuse di truffa, falso e abuso d'ufficio contro Antonio Mastrapasqua, ma se io fossi al suo posto dormirei tranquillo. Nessuno riuscirà mai a condannarlo per quelle 12.164 schede sanitarie falsificate, per quei 14 milioni di "rimborsi non dovuti".

O per quei 71,3 milioni di "ingiusto vantaggio patrimoniale" che secondo l'accusa lui avrebbe procurato all'Ospedale Israelitico, di cui è dal 2001 direttore generale. Per una ragione semplicissima, di una semplicità abbagliante: ribaltando lo schema che in tanti processi ha inguaiato Berlusconi, "non poteva non sapere", il suo avvocato dimostrerà al di là di ogni ragionevole dubbio che il suo assistito, il direttore generale Mastrapasqua, non poteva sapere.

Mastrapasqua Antonio

Non poteva sapere, signori della Corte, non solo e non tanto perché un direttore generale non viene consultato quando una banalissima estrazione di un premolare diventa "plastica gengivale con innesto di osso" sulla cartella clinica da inviare alla Regione per il rimborso, ma perché Mastrapasqua quel giorno non c'era. Quel giorno era all'Inps, l'ente che si occupa delle nostre pensioni: l'ente di cui Mastrapasqua è presidente.

E non c'era neanche il giorno prima, perché aveva una importante riunione alla quale non poteva mancare, come vicepresidente esecutivo di Equitalia, società per la quale Mastrapasqua si fa in letteralmente in quattro, essendo vicepresidente anche di Equitalia Nord, Equitalia Centro ed Equitalia Sud.

E allora, direte voi, magari all'ospedale si sarà visto il giorno dopo. No, perché il giorno dopo Mastrapasqua doveva occuparsi della Casa di Riposo Ebraica, meritoria e ricca istituzione di cui Mastrapasqua è direttore, e a cui si dedica senza risparmio di energie. Prevengo le vostre domande, signori della Corte, e vi leggo gli impegni del dottor Mastrapasqua aprendo a caso una sua vecchia agenda.

INPS

"Lunedì ore 7: presiedere il collegio sindacale di Telenergia. Ore 11: consulenza alla Banca Nazionale del Lavoro. Ore 13: colazione con gli altri sindaci della Eur Power Srl. Ore 15: giunta esecutiva dell'Ente nazionale promozione sportiva disabili. Ore 17: presiedere il collegio sindacale della Rete Autostrade Mediterranee Spa. Ore 19: riunione all'Emsa Servizi Spa. Ore 21: cena di auguri con gli altri sindaci di Autostrade per l'Italia".

Voi mi domanderete: ma tutte queste cariche occupa Mastrapasqua? No, signori giudici, ne occupa molte di più. Una più importante dell'altra. Non è solo un ottimo direttore generale e un autorevole presidente. E' anche un efficientissimo amministratore delegato. Di "Italia Previdenza". Di "Sispi Spa". Di "Litorale". E voi sapete a quante cose deve pensare un amministratore delegato: ogni giorno ci sono appuntamenti, riunioni, sopralluoghi, cento telefonate e mille rotture di scatole.

ospedale israelitico sull isola Tiberina

Certo, la sua specializzazione sono le presidenze. Oltre all'Inps, che è l'Inps, c'è la presidenza di "Idea Fimit Sgr", società che gestisce 10,1 miliardi di investimenti e controlla 31 fondi immobiliari. E ci sono le presidenze del Comitato amministratore della Gias, del Comitato pensioni privilegiate, del Fondo gestione speciale. Presidente di qua, presidente di là, il dottor Mastrapasqua non ha mai un minuto libero.

Per non parlare dei collegi sindacali: tutti vogliono che sia lui a fare il presidente. Così gli toccava andare alle riunioni di Coni Servizi Spa, di Loquendo, di Acquadrome, di Telecontact Center, di Eur Spa, di Adr Engineering, di Quadrifoglio, di Mediterranean Nautilus Italy Spa, di Groma... Un inferno, signori della Corte.

EQUITALIA

Io ho perso il conto, ma c'è chi dice che Mastrapasqua sia arrivato a occupare 25 poltrone contemporaneamente. Lo so, i maligni dicono che lo facesse per arrotondare lo stipendio, quei 216 mila euro annui che gli dava l'Inps, e che solo sommando presidenze, vicepresidenze, direzioni generali, collegi sindacali e consulenze riuscisse a racimolare quel milione e due, milione e tre che gli consentiva una vita dignitosa.

Ma la verità è che lui non sapeva dire di no a nessuno. E dunque, alla fine, non poteva assolutissimamente sapere cosa succedeva con i rimborsi delle protesi. Perché il dottor Mastrapasqua, il consigliere Mastrapasqua, l'amministratore delegato Mastrapasqua, il vicepresidente Mastrapasqua, il presidente Mastrapasqua non aveva neanche un minuto, uno solo, per fare anche il direttore generale dell'Ospedale Ebraico.

 

“QUESTO È IL PAESE CHE AMO”: OGGI SONO 20 ANNI DAL DISCORSO DELLA “DISCESA IN CAMPO”

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1. VIDEO - IL MESSAGGIO DELLA "DISCESA IN CAMPO" DI BERLUSCONI - 26 GENNAIO 1994

Villa di Macherio


2. IL VIDEO E LO SGABUZZINO LA VERA STORIA DELLA DISCESA IN CAMPO
Pino Corrias per il Fatto quotidiano

Come sacrosanta premessa ai suoi successivi vent'anni, il primo atto politico del dottor Silvio Berlusconi, 26 gennaio 1994, "L'Italia è il Paese che amo", trasmesso da tutte le tv del regno, fu una finzione. Una bugia ben allestita: il set dove registrò il celebre discorso non era il suo studio, ma uno sgabuzzino per gli attrezzi.

Non era Arcore, ma Macherio, il villone teosofico dove abitava Veronica. Appena fuori dall'inquadratura - due metri di scrivania, qualche libro, due fotografie ben incorniciate, due calamai d'argento e al centro il suo sorriso in puro marmo di Carrara - c'erano muri scrostati, sacchi di cemento, un piccone, molta polvere. "Non ci crede? Vuole vederlo?".

CRAXI BERLUSCONI

Era l'ultima domenica di aprile 1994, tre mesi esatti dal discorso della discesa in campo. Da un mese il Dottore era diventato Onorevole. Il presidente Oscar Luigi Scalfaro gli aveva dato l'incarico di formare il suo primo governo. Ma con il Quirinale era già in rotta di collisione. Berlusconi voleva Previti alla Giustizia. Scalfaro era inorridito e aveva detto di no. E poi voleva Di Pietro agli Interni. Ma anche Di Pietro era inorridito e aveva detto di no. Quella domenica, B. era rientrato nella sua nebbiosa Lombardia dopo una settimana piena di frustrazioni: "Roma rema contro, la vecchia politica rema contro".

SIlvio Berlusconi e Veronica Lario

In tarda mattinata era atterrato in elicottero dentro ai 600 mila metri quadrati del parco di Macherio per il pranzo con la sua seconda famiglia - Veronica più i tre figli, Barbara, Eleonora, Luigi - che mai mettevano piede ad Arcore, dove vivevano ancora Marina e Pier Silvio.

A quei tempi seguivo la nascente avventura politica di Berlusconi per La Stampa. Ero arrivato a Macherio dopo pranzo con il collega Vittorio Testa di Repubblica , che per indole avrebbe narrato di musica e di orchestre, ma per dovere si piegava alle tarantelle della politica. Vennero i soliti uomini armati a prelevarci al cancello: giganti silenziosi al volante di candide automobiline elettriche che finivano per renderli buffi anziché minacciosi. Ne giravano per tutta la collina, avanti e indietro, a rassicurare il padrone di casa che dai tempi del primo miliardo - conoscendo meglio di ogni altro gli amici degli amici
- ha sempre vissuto terrorizzato e blindato.

un giovane berlusconi SILVIO BERLUSCONI E VERONICA LARIO

L'intervista si svolse in uno dei saloni della villa. Niente di memorabile, tranne l'improvvisa interferenza di Barbara che aveva 10 anni, arrivò di corsa a salutare con un coniglio in braccio. Il padre sobbalzò: "Ma così sporca tutto! Dovresti fargli uno shampoo". E Barbara: "Papà, non si fa lo shampoo ai conigli", disse e se ne andò di corsa. Veronica, a quei tempi silente, era un'ombra. Altre malinconiche cameriere comparivano e sparivano. Tutta la casa era in un silenzio opprimente, accentuato dall'umor nero del suo padrone che all'improvviso cambiò sguardo. Gli era tornata in mente una cosa: "Sul mio discorso registrato avete scritto un sacco di sciocchezze".

Per esempio? "Che chissà quali esperti di comunicazione avevo interpellato. E quanti studi, quanti sondaggi..." Invece? "Invece ho fatto tutto in una notte. E sapete dove? Proprio qui sotto, nel parco... Volete vedere?".

Come no. Usciamo. Sentiero sul pratone a scendere: "Guardate che fiori stupendi, qui segue tutto mia moglie". Ci fermiamo davanti a un box di cemento con attrezzi, carriola, polvere: "È qui", dice spostando un sacco e poi spingendo una porta di ferro. Entriamo: muri intonacati ma non dipinti, pavimento in terra battuta, una lampadina di servizio. Luce lattiginosa e polvere dappertutto. Possibile? Dice: "Laggiù c'erano la scrivania e la libreria. Qui dove stiamo noi, l'operatore con la telecamera. In quei due angoli le luci".

berlusconi giovane

Sulle luci si è scritta e riscritta la faccenda della calza. La calza di nylon che, stesa sull'obiettivo, avrebbe reso calda l'atmosfera, morbido lo sguardo, invisibili le rughe. Sciocchezze anche quelle? "Tutte invenzioni. Basta con ‘sta storia della calza: cribbio, sembra che abbia fatto il discorso della Befana...". È tornato di buon umore, si guarda in giro, come rivedesse gli arredi: "Figuratevi se Gasparotti usava una calza!"

Berlusconi Silvio

Roberto Gasparotti è l'operatore che dopo quella notte diventerà il custode della sua immagine. È già roba sua: viene da Canale 5. È toscano. Non ride, non parla. Sa come inquadrarlo senza che si vedano in primo piano le orecchie, perché sono troppo grandi e i capelli, perché sono troppo pochi. Quella notte usa un filtro aranciato e riflettori schermati di bianco. Prima di chiamare il capo per la registrazione, prepara la scrivania, i libri, le foto. Il Dottore scende alle 10 di sera. Sposta, aggiusta, aggiunge una piccola scultura di Cascella tra i libri. Quando tutto il finto sembra vero si siede e comincia a registrare.

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Il testo del discorso viene da parecchie mani e da una sola testa, la sua. La prima bozza è di Paolo Del Debbio, toscano anche lui, partito in gioventù dall'Università pontificia con la vocazione per l'ultraterreno, approdato in età matura alla divina televisione. In seconda istanza la bozza passa a Gianni Letta, per levigarlo di virgole. Poi a Giuliano Ferrara che è il più colto del gruppo.

Lo leggono quelli del giro stretto: Fedele Confalonieri, Previti, Dell'Utri, Nicolò Querci. Lo legge Mike Bongiorno che il Dottore considera il suo personale misuratore di aspirazioni comuni e comune sintassi. Il discorso dura 9,30 minuti. Al sesto minuto lui e Gasparotti hanno concordato una zoomata breve e dolce per aggiungere intimità, scaldare l'eloquio un po' troppo ingessato. In quel momento è ancora un candidato, ma recita già da presidente.

Quel pomeriggio, racconta: "L'abbiamo registrato una dozzina di volte, fino alle 3 di notte. Quando le ho riviste ho scelto la prima. Tutto molto semplice, molto lineare, nessun esperto di comunicazione. L'esperto di comunicazione sono io".

berlusconi veronica nipotino CHI 1 2

Giusto, ma perché lo sgabuzzino? Berlusconi alza le spalle come a dire: è venuto così. Spegne. Risaliamo. "Divertente, no?". Istruttivo. Sebbene a quel tempo ancora non si sapesse che quel set di finzioni lui l'avrebbe esteso all'Italia intera. E per vent'anni, prima di spegnere la luce, lasciandoci le macerie.

2. QUEI 9 MINUTI E 25 SECONDI CHE RIVOLUZIONARONO LA POLITICA
Mattia Feltri per "La Stampa"

Il giorno prima di rivoluzionare la prassi della comunicazione politica, Silvio Berlusconi telefonò al direttore del Tg2, Paolo Garimberti. Ricostruzione fedele del dialogo (dalla Stampa di allora, Massimo Gramellini): «Quanti minuti dura, dottor Berlusconi?». «Mah, francamente non lo so. Sto ancora facendo le prove. Saranno otto minuti, dieci al massimo».

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«Dieci? Ma il tg della sera dura appena mezz'ora. E poi, con tutto il rispetto, dottore, se ho dato due minuti al Papa... Lei mi mandi la cassetta e io ne trasmetto una sintesi». «Non si disturbi, dottor Garimberti: se vuole la sintesi gliela posso preparare io». «Non è il caso, dottor Berlusconi. Alla sintesi ci pensiamo noi. Capisce: vorrei fare un servizio più articolato». «Mi rendo conto ma... Mi toglie una curiosità?». «Prego».

«Ma soltanto il Capo dello Stato ha diritto alla trasmissione integrale del discorso?». «E a reti unificate, per giunta. Quando al Quirinale ci andrà lei...». «Il problema è che questo è il mio esordio in politica e quindi voglio fare un discorso di programma. Ecco il motivo per cui non ho convocato i giornalisti: non voglio essere distratto né interrotto nell'esposizione del mio pensiero...».

Era il 25 gennaio del 1994. All'indomani il fondatore di Forza Italia avrebbe recapitato ai telegiornali la videocassetta da nove minuti e venticinque secondi con la quale («L'Italia è il paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti...») annunciava la «discesa in campo», come disse in scandalizzante gergo calcistico.

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Berlusconi era rimasto chiuso ad Arcore per l'intera giornata a perfezionare il testo, studiare la scenografia e calibrare le luci insieme con Antonio Tajani e Gianni Pilo. Un bell'ufo anche quest'ultimo, l'uomo dei sondaggi che in organigramma è registrato alla voce «esperto di marketing politico». Dice robe del genere: «Cercheremo di indagare i flussi in libera uscita».

Le infiltrazioni in politica di termini commercial-ganassa dividono il mondo in chi sghignazza e chi grida al sacrilegio. Si ironizza molto sul sistema di spiegare il presente, prevedere il futuro e aggiustare i messaggi attraverso le indagini demoscopiche. Il mezzo è inconsueto al punto che il Corriere della Sera commissiona a Swg un sondaggio sulla credibilità dei sondaggi. Berlusconi non se ne cura. La prove vanno avanti fino alle tre del mattino. Alla fine si sceglie la prima di numerose registrazioni. Il 26, Berlusconi si sveglia alle 7, fa ginnastica, passeggiata nel parco, altra occhiata al video, pranzo con risotto e verdure bollite, pisolino pomeridiano.

Fuori da lì è tutto sottosopra. Il direttore del Tg1, Demetrio Volcic, dice di aver chiesto a Berlusconi la disponibilità a un dibattito, ma niente. A lui interessa soltanto la cassetta. «Le regole devono valere per tutti», dice Andrea Giubilo, direttore del Tg3. La Repubblica scrive che, se avesse qualcosa da dire, Berlusconi accetterebbe un'intervista collettiva con «Indro Montanelli e Claudio Rinaldi». Furio Colombo ricorda che «Ross Perot è sceso in campagna così».

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Michele Santoro lo invita a «Il rosso e il nero» e sentite un po' Berlusconi: «Dibattiti e risse tv non mi interessano. Voglio parlare alla gente, voglio parlare di problemi». Vi ricorda qualcuno? Se non ci siete arrivati, ecco un secondo indizio: «Eh no, non chiamatemi onorevole. Non farò il politico come gli altri. Anzi, abolirei quella tradizione spagnolesca che attribuisce il titolo di onorevole».

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Forse Beppe Grillo non sa di avere tanti punti in comune col Berlusconi degli inizi. Di sicuro non lo sa Barack Obama. In campagna elettorale i giornalisti lo seguivano e ricevevano delle gran pacche sulle spalle, ma le domande non erano ammesse: nel pomeriggio sarebbe arrivato il video con tutto ciò che il candidato alla Casa Bianca aveva da dire.

Il primo a trasmettere il vhs, in quel 26 gennaio, è naturalmente Emilio Fede e naturalmente l'integrale. Berlusconi è magro ed è ancora in possesso della faccia originaria. Ha l'uniforme della vita futura: camicia celeste, cravatta a pois, doppiopetto scuro. È tutto studiato e oggi non fa più impressione, ma allora si allibiva. Adesso la camicia bianca dei giovani leader scravattati è una divisa, né più né meno.

Silvio Berlusconi e Veronica Lario

Certi slogan come «I care» sono la versione finta chic (più all'americano a Roma) di Forza Italia, nome che faceva un gran ridere e pure arrabbiare, perché l'incitazione calcistica doveva essere di proprietà pubblica. Insomma, le luci sono seppiate, una calza da donna Dior sul teleobiettivo ammorbidisce il quadro: un trucco attribuito dai giornali a Nicolae Ceausescu; alle spalle dell'oratore c'è una libreria di legno chiaro con volumi disordinati, come fossero consultati spesso, e fra i volumi foto di famiglia in cornici d'argento; sulla scrivania un tagliacarte di dimensioni minacciose, soprammobili, improbabili calamai. Sembra il salottino di rappresentanza di Aiazzone, scrive la Stampa.

Quello che non si vede è interessante: la moglie Veronica e la figlia Eleonora assistono dietro alla telecamera, fra i collaboratori, e a fianco di Berlusconi ci sono calcinacci e strumenti da muratore perché si registra in una zona marginale della villa di Macherio, dove i lavori sono in corso.

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Non è vero che c'è il gobbo perché Berlusconi consulta spesso gli appunti che tiene nelle mani. Il termine più speso è libertà, sette volte, e cinque i derivati liberale, liberismo e liberaldemocratico; poi sei volte Italia, cinque volte Paese, cinque volte «scendere in campo». Parla di valori, di impresa, di speranza, di serenità, di modernità, di dignità, di famiglia. E di comunisti.

Sta ancora dalla parte dei magistrati. Per Eugenio Scalfari è un «clown» col volto ricoperto «di biacca e di cerone». Sul Corriere si legge un sarcastico «Uela, sun chi mi». «Nessuna parola difficile, poche subordinate, molti slogan, spruzzi di retorica, frasi fatte», scrive Curzio Maltese sulla Stampa. Giuliano Ferrara ha una battuta che apre il sipario sui due decenni a venire: il suo linguaggio casomai risulterà «sgradito nella cintura intellettuale di Capalbio, dove Occhetto ha la residenza di campagna».

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Alla lunga gli avversari di Berlusconi adegueranno la sintassi e il lessico a quello banalotto ma diretto ed efficace del capo di Forza Italia, che a sua volta qualcosa ha imparato (e ripulito) dal vocabolario di Umberto Bossi. E quanto agli slogan, a sinistra sono diventati prolifici a causa del moltiplicarsi di correnti, fondazioni, primarie, competizioni elettorali.

Quella sera, indossata la tuta blu, Berlusconi segue i tg da Macherio. Poi sente al telefono Gianni Letta, la mamma, la zia suora. L'indomani è deluso: «I telegiornali della Fininvest sono il vero servizio pubblico. La Rai ha infilato commenti negativi, i commenti dei soliti: è una tv a disposizione dei soliti».

Poi legge i commenti. Sul Corriere, Angelo Panebianco prevede che Silvio Berlusconi diventerà «il Nemico assoluto, il Male fatto uomo, la cui presenza era in fondo necessaria per condurre alla fine in porto quell'operazione, per tanti versi incredibile, di Norimberga alla rovescia». Berlusconi è dunque «un grossissimo regalo fatto al cartello delle sinistre». E' un «Bau Bau» perfetto che «se non fosse esistito, Occhetto se lo sarebbe dovuto inventare».

 

“DORMY DANNY, NON AVER PAURA” - ESTRATTO DI “DOCTOR SLEEP”, IL SEQUEL DI “SHINING” SCRITTO DA STEPHEN KING

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1. "DORMI DANNY, NON AVERE PAURA..." STEPHEN KING E IL SEQUEL DI SHINING

Avevamo lasciato il piccolo Danny tra i fantasmi dell'Overlook Hotel Oggi è un signore che aiuta i malati a morire e che deve combattere con i suoi incubi Tutti lo chiamano Doctor Sleep "Dobbiamo scappare, papà sta impazzendo, ma io non riesco a muovermi, sono bloccato" Esce anche in Italia il più atteso tra i sequel Eccone un assaggio in anteprima


Anteprima di "Doctor Sleep", il sequel di "Shining" firmato da Stephen King, pubblicato da "la Repubblica"

DOCTOR SLEEP STEPHEN KING

Gennaio del 2007. Nella torretta di Rivington House, la stufa di Dan era al massimo, ma la stanza era ancora gelida. Una bufera accompagnata da raffiche di vento che soffiavano a cinquanta nodi era scesa dalle montagne, facendo cadere una media di quindici centimetri di neve all'ora sulla città di Frazier ancora avvolta nel sonno. Il pomeriggio successivo, alla fine della tempesta, alcuni cumuli sui lati dei palazzi di Cranmore Avenue esposti a nord e a est avrebbero superato i tre metri.

A Dan non dispiaceva il freddo; raggomitolato sotto due piumoni, era al calduccio come un topo nel formaggio. Però il vento gli era penetrato nel cervello, proprio come si era insinuato attraverso le fessure delle finestre e delle porte della vecchia dimora vittoriana che era diventata la sua casa. Nel sogno, lo sentiva ululare nell'albergo dove da bambino aveva trascorso un inverno. Anzi, nel È al secondo piano dell'Overlook. Mamma sta dormendo e papà è in cantina a controllare vecchi giornali.

Si sta DO-CUMENTANDO. Ne ha bisogno per il libro che sta scrivendo. Danny non dovrebbe trovarsi lì, né avere il passe-partout che stringe in mano, ma non è riuscito a resistere. In quel preciso istante sta fissando la manichetta di un estintore inchiodato al muro. È ripiegata su se stessa decine di volte e sembra un serpente con la testa di ottone. Un serpente in letargo. Naturalmente non lo è, lui sta guardando una manichetta di tela e non una pelle di squame, però ci somiglia parecchio. A volte è un serpente. Forza, gli sussurra Danny nel sogno. Trema di paura, ma qualcosa lo spinge a continuare. Perché?

Perché si sta DOCUMENTANDO, ecco perché. Forza, mordimi! Non puoi, vero? Sei solo uno stupido TUBO! Il beccuccio dello stupido tubo si muove e all'improvviso, invece che osservarlo di lato, lui può guardare direttamente dentro la sua apertura. O forse nella sua bocca. Una sola goccia trasparente compare sotto il buco nero, allungandosi. Dentro ci può vedere riflessi i suoi occhi sgranati. Una goccia d'acqua o di veleno? Un serpente o un estintore? E chi può dirlo, mio caro Redrum, Redrum mio caro? Chi può dirlo? Il tubo vibra rumoroso, e per lo spavento il cuore gli balza impazzito in gola. Solo i serpenti a sonagli fanno quel suono.

doctor sleep il sequel di shining by stephen king

Il beccuccio del serpente-estintore rotola via dalla manichetta alla quale era appoggiato, cadendo sul tappeto con un tonfo sordo. Vibra di nuovo e lui sa che dovrebbe indietreggiare prima di essere attaccato e morso, ma è paralizzato dalla paura, non riesce a muoversi e il beccuccio vibra... «Svegliati, Danny!» gli urla Tony da chissà dove. «Svegliati, svegliati». Ma lui non ce la fa, proprio come non può spostarsi, quello è l'Overlook, sono bloccati dalla neve, e tutto è cambiato. Gli estintori si trasformano in serpenti, le donne morte spalancano gli occhi, e suo padre... oddio DOBBIAMO SCAPPARE VIA PER-CHÉ PAPÀ STA IMPAZZENDO!

Il serpente a sonagli vibra. Vibra. Vi... Dan sentì l'ululato del vento, ma non fuori dall'Overlook. No, fuori dalla torretta di Rivington House. I fiocchi di neve colpivano la finestra rivolta a nord. Sembravano granelli di sabbia. L'interfono vibrò. Scostò i piumoni e scese dal letto, facendo una smorfia quando appoggiò i piedi caldi sul pavimento gelato. Accese la lampada da tavolo, soffiando fuori il fiato. Non si condensava in vapore, ma anche se le resistenze della stufetta luccicavano roventi, la temperatura della stanza non doveva superare i sette gradi. Una nuova vibrazione. Premette il tasto dell'interfono. «Sono qui, sono qui. Chi mi cerca?».

«Sono Claudette, Doc. Credo ci sia un paziente pronto per te». «La signora Winnick?». Era quasi certo si trattasse di lei. Da una settimana la vita di Vera era appesa a un filo: era in stato comatoso, con il respiro di Cheyne-Stokes che andava e veniva, e per di più quello era esattamente il genere di notte che i pazienti agli sgoccioli sceglievano per andarsene. Di solito alle quattro del mattino. Controllò l'orologio da polso. Soltanto le tre e venti, ma nessuno era infallibile. La risposta di Claudette Albertson lo sorprese. «No, il signor Hayes, giù da noi al primo piano». «Sicura?».

doctor sleep il sequel di shining by stephen king

Dan aveva giocato a scacchi con Charlie Hayes proprio quel pomeriggio, e per essere un uomo affetto da leucemia mieloide acuta, gli era sembrato vispo come un grillo. «No, ma Azzie è lì con lui. E se è vero quello che dici... ». Dan sosteneva che Azzie non si sbagliava mai, una conclusione a cui era arrivato dopo quasi cinque anni di esperienza. Azrael vagabondava liberamente per i tre edifici che costituivano il complesso dell'ospizio, passando la maggior parte dei pomeriggi acciambellato sul divano della sala comune, anche se di tanto in tanto lo si vedeva allungato su un tavolinetto pieghevole, come uno scialle buttato lì per caso, magari vicino a un puzzle appena completato.

Tutti gli ospiti lo adoravano (se c'erano state delle lamentele sul micio di casa, Dan non ne era al corrente) e Azzie ricambiava l'affetto. Talvolta saltava in grembo a un paziente anziano in fin di vita... ma con delicatezza, senza fargli male. Un'impresa notevole, considerata la sua mole. Quell'animale pesava almeno sei chili. Non entrava mai in una camera privata, a meno che il suo occupante non fosse in punto di morte. In tal caso, si infilava dentro (se la porta era socchiusa) o restava seduto fuori con la coda avvoltolata intorno alle zampe posteriori, chiedendo di entrare con un miagolio basso e discreto.

Quando gli aprivano, balzava sul letto dell'ospite (i vecchi di Rivington House erano più ospiti che pazienti) e se ne restava fermo a fare le fusa. Se per caso la persona che aveva scelto era sveglia, in genere lo accarezzava. Dan non aveva mai sentito che qualcuno avesse ordinato di cacciare via Azzie. Sembravano capire che era là in veste di amico. «Chi è il medico di guardia?» chiese Dan. «Tu», rispose immediatamente Claudette. «Dai, quello vero». «Emerson, ma quando l'ho chiamato in ospedale, la sua assistente mi ha detto di non essere ridicola. Le strade sono interrotte da qui a Timbuctù. Ha aggiunto che persino gli spalaneve aspetteranno l'alba, tranne che per gli sfortunati bloccati in autostrada ». «E va bene. Sto arrivando».

doctor sleep il sequel di shining by stephen king

Dopo avere lavorato per un po' nell'ospizio, Dan aveva compreso che esisteva una divisione in classi anche per chi era in punto di morte. Le stanze del corpo centrale erano più grandi e costose di quelle delle strutture laterali. Nella dimora vittoriana dove un tempo Helen Rivington aveva vissuto e scritto i suoi romanzi rosa, le camere venivano chiamate «suite» e prendevano il nome da figli famosi del New Hampshire. Charlie Hayes era nell'Alan Shepard. Per raggiungerla, Dan dovette oltrepassare la zona ristoro ai piedi delle scale, dove si trovavano i distributori automatici e qualche sedia in plastica rigida.

Su una c'era stravaccato Fred Carling, occupato a sgranocchiare cracker al burro d'arachidi e a leggere un vecchio numero di Popular Mechanics. L'uomo era uno dei tre inservienti del turno di notte. Gli altri due lavoravano di giorno a rotazione un paio di volte al mese; Carling mai. Amava definirsi un animale notturno ed era un corpulento scansafatiche le cui braccia, coperte da un intrico di tatuaggi, suggerivano un passato da biker. «Ma guarda chi c'è», esordì Fred. «Il piccolo Danny. O hai già assunto la tua identità segreta?». Dan non era in vena di scherzi, ancora mezzo addormentato. «Che cosa puoi dirmi del signor Hayes?».

«Solo che è in compagnia del gatto e che quindi finirà presto sottoterra». «Non sta perdendo sangue?». L'omaccione alzò le spalle. «Sì, niente di che, dal naso. Ho infilato gli asciugamani sporchi in un "saccone tossico", come da ordini. Sono nella lavanderia A, se ti va di controllare». A Dan venne in mente di chiedergli come facesse a considerare una robetta di poco conto una perdita di sangue tamponata con più di un asciugamano, ma decise di lasciare correre. Carling era un idiota insensibile; restava un mistero come fosse riuscito a procurarsi un lavoro a Rivington House, anche se nel turno di notte, quando quasi tutti gli ospiti dormivano o rimanevano in silenzio per non disturbare gli altri. Dan sospettava che qualcuno avesse mosso le leve giuste.

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Così girava il mondo. Suo padre non aveva fatto lo stesso per ottenere il suo ultimo posto, come custode dell'Overlook? Magari non era la prova lampante che fosse una porcata trovare un'occupazione grazie alle proprie conoscenze, ma di sicuro ci andava vicino. «Goditi la serata, Dottor Sonnoooooo », gli urlò dietro Carling, senza preoccuparsi di abbassare il tono di voce. In infermeria, Claudette stava spuntando la lista delle medicine mentre Janice Barker fissava un piccolo televisore con il sonoro abbassato. «Potete dirmi qualcosa di sostanziale su Charlie? Carling non mi è stato di alcun aiuto».

Claudette lanciò un'occhiata lungo il corridoio per assicurarsi che Fred non fosse nei paraggi e poi abbassò comunque la voce. «Quel tipo è più inutile di un venditore di frigoriferi al Polo Nord. Spero sempre che venga licenziato». Dan la pensava allo stesso modo, ma rimase in silenzio. Aveva scoperto che la sobrietà costante faceva miracoli per la capacità di discrezione. «L'ho controllato un quarto d'ora fa», rispose Jan. «Non li perdiamo d'occhio quando un certo Signor Micio viene a trovarli».

«Da quanto Azzie è con lui?». «Stava miagolando fuori dalla porta quando abbiamo iniziato il turno a mezzanotte», intervenne Claudette. «E così l'ho fatto entrare. È saltato immediatamente sul letto. Sai come fa. Mi è venuto in mente di chiamarti già allora, ma Charlie era sveglio e cosciente. Ha ricambiato il mio saluto e ha cominciato a coccolare Az. Ho deciso di aspettare. Circa un'ora dopo, ha preso a sanguinargli il naso. Fred l'ha pulito». «In bocca al lupo», gli augurò Jan. «Chiamaci se hai bisogno di qualcosa». «D'accordo. Tra parentesi, perché stai guardando la pubblicità di un prodotto per la pulizia del colon? O è una domanda troppo personale?».

doctor sleep il sequel di shining by stephen king

La donna sbadigliò. «A quest'ora, l'unica alternativa è la televendita di reggiseni in microfibra. E io ne ho già uno». La porta dell'Alan Shepard Suite era socchiusa, ma Dan bussò lo stesso. Non ricevendo alcuna risposta, la spalancò. Charlie Hayes era coperto dal lenzuolo fino al torace. Aveva novantun anni, era scheletrico, e talmente pallido da sembrare trasparente. Dan fu costretto a restare immobile per una trentina di secondi prima di essere certo che la casacca del pigiama dell'uomo si alzasse e abbassasse. Azzie era accoccolato vicino alla sporgenza appena accennata di un'anca. Quando Dan entrò, il gatto lo squadrò con i suoi misteriosi occhi. «Signor Hayes? Charlie?» Il vecchio non mosse ciglio.

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Le palpebre erano bluastre. La pelle appena sotto era ancora più scura, livida e violacea. Quando Dan si avvicinò alla sponda del letto, notò due crosticine rosse intorno alle narici e una terza all'angolo della bocca serrata. Con delicatezza, Dan pulì il naso di Charlie dal sangue rappreso. Quando passò alla bocca, il vecchio sollevò le palpebre. «Dan. Sei tu, vero? Ho gli occhi un po' appannati». Più che altro erano un intrico di ragnatele rossastre. «Come stai, Charlie? Senti dolore? Se vuoi, posso chiedere a Claudette di portarti una pastiglia». «No, non ho male», affermò il vecchio. Spostò lo sguardo su Azzie, per poi riportarlo su Dan. «So perché è qui. E anche perché sei arrivato tu ».

The Shining il film di kubrick

«Sono sceso perché mi ha svegliato il vento. In quanto al gatto, probabilmente cercava compagnia. È un animale notturno, in fondo». Dan gli rimboccò la manica del pigiama per sentirgli il polso e si accorse di quattro segni bluastri allineati sul braccio scheletrico. I pazienti leucemici in fase terminale si riempivano di lividi per un nonnulla, ma quelle erano impronte di dita, e Dan sapeva perfettamente chi era stato a lasciarle. Carling, brutto figlio di puttana. Che cos'è successo? Era troppo lento per te? Oppure eri incazzato di doverlo pulire quando invece avresti voluto leggere le tue riviste e ingozzarti di quei fottuti cracker gialli? In altre circostanze,

Dan avrebbe affrontato la questione di petto, però aveva problemi più urgenti di cui occuparsi. Az ci aveva azzeccato di nuovo. Gli bastava sfiorare l'uomo per capirlo. «Sono spaventato», ammise Charlie, la voce poco più che un sussurro. Il cupo, costante lamento del vento quasi la soverchiava. «Non avrei mai pensato, ma eccomi qui». «Non c'è nulla di cui avere paura». Invece di controllare inutilmente le pulsazioni, Dan gli prese la mano. Vide i figli gemelli di Charlie a quattro anni sull'altalena.

The Shining stephen king

La moglie abbassare la serranda della stanza da letto, indossando solo le mutandine di pizzo francese che lui le aveva regalato per il loro primo anniversario; la coda di cavallo ricaderle su una spalla, mentre si girava a guardarlo, il volto illuminato da un sorriso che era un grande, enorme sì. Vide un trattore Farmall con un ombrello a strisce aperto sopra il posto di guida. Annusò il profumo di pancetta e sentì Frank Sinatra cantare Come Fly With Me, riecheggiando da una malconcia Motorola appoggiata a un tavolo da lavoro ingombro di attrezzi. Vide un coprimozzo colmo d'acqua piovana riflettere un fienile rosso. Sentì il sapore dei mirtilli e sventrò un cervo e pescò in qualche lago lontano punteggiato dalle gocce di un acquazzone autunnale.

THE SHINING 2

Ballò a sessant'anni con la moglie alla festa dei veterani. Spaccò la legna a trenta. Tirò un carrettino rosso a cinque, con indosso un paio di pantaloncini corti. Poi tutte le immagini si fusero insieme, come un mazzo di carte mescolato da una mano esperta, e il vento soffiava cumuli di neve giù dalle montagne, e dentro c'erano solo il silenzio e lo sguardo solenne di Azzie.

In momenti come quello, Dan sapeva perché era venuto al mondo. In momenti come quello, non rimpiangeva il dolore e la pena e la rabbia e l'orrore che aveva dovuto patire, perché l'avevano portato lì, in quella stanza, mentre fuori ululava la bufera. Charlie Hayes aveva raggiunto l'estremo confine. «Non sono spaventato dall'inferno. Non sono stato un grande peccatore e comunque non credo esista un posto del genere. Ho paura che non ci sia niente ». Gli mancava il respiro. Nell'angolo dell'occhio destro si stava allargando una goccia di sangue. «Non c'era niente prima, lo sappiamo tutti, e dunque non è logico che non ci sia niente dopo?».

Jack Nicholson

«Invece c'è». Dan gli passò il panno umido sul viso. «Noi non finiamomai veramente, Charlie. Non ho idea di come sia possibile o di che cosa significhi, so solo che è così». «Mi puoi aiutare nel momento del trapasso? Gli altri mi hanno detto che ne sei capace». «Sì. Posso farlo». Afferrò anche l'altra mano del vecchio. «Ti addormenterai. E quando ti risveglierai... perché succederà, ne sono certo... tutto sarà infinitamente meglio». «Il paradiso? Stai parlando del paradiso?». «Non lo so, Charlie». Quella sera il potere era molto forte.

Riusciva a sentirlo scorrere come una corrente elettrica attraverso le loro mani unite e si ripromise di essere delicato. Una parte di lui abitava il fragile corpo che stava cedendo e i deboli sensi (sbrigati per favore) che erano sul punto di spegnersi. Abitava una mente (sbrigati per favore è venuto il momento) ancora lucida e consapevole che stava formulando i suoi ultimi pensieri... almeno nei panni di Charlie Hayes. Gli occhi iniettati di sangue si chiusero per poi riaprirsi.

Molto lentamente. «Va tutto bene», affermò Dan. «Hai solo bisogno di dormire. Il sonno ti farà sentire meglio». «È così che lo chiami?». «Sì. Sonno. E dormire non è pericoloso». «Non andartene». «No. Sono qui con te». Non scherzava. Era il suo terribile privilegio. Gli occhi del vecchio si richiusero. Dan fece lo stesso e vide una luce blu pulsare lenta nelle tenebre. Uno... due... stop. Uno... due... stop. Fuori il vento continuava a soffiare. «Dormi, Charlie. Te la stai cavando bene, ma sei stanco e devi riposare». «Vedo mia moglie». In un sussurro appena percettibile.

«Davvero?». «Dice che...». E poi basta, solo l'ultimo lampo blu dietro le palpebre e l'ultimo respiro dell'uomo sul letto. Dan aprì gli occhi e restò ad ascoltare il vento, in attesa. Dopo pochi secondi, una nebbia rosso cupo si sprigionò dal naso, dalla bocca e dagli occhi di Charlie. Era quello che una vecchia infermiera di Tampa, graziata da un briciolo di luccicanza proprio come Billy Freeman, aveva definito «il rantolo». Aveva detto di averlo visto parecchie volte. Dan lo vedeva sempre. La nebbia si sollevò, galleggiando sopra il corpo del vecchio. E poi svanì. Dan armeggiò con la manica destra del pigiama per sentirgli il polso. Una pura formalità.

© 2013 by Published by agreement with the author c/o The Lotts Agency, Ltd © 2014 Sperling & Kupfer Editori S.p.A. Per gentile concessione dell'Agenzia Santachiara

 

2. AL PASSATO NON SI SFUGGE
Antonio Monda per "la Repubblica"

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Quando Cronenberg disse che il film di Kubrick era a suo avviso diventato un classico del cinema, King rispose invitando gli spettatori ad andarsi a vedersi, invece, la serie televisiva che su Shining lui stesso aveva realizzato: sei puntate fedelissime al romanzo, ma modestissime da un punto di vista cinematografico. Poi diede alcune indicazioni su ciò che aveva in mente per il sequel: Dan Torrance, il protagonista dotato dello " shining", della "luccicanza", è ormai adulto.

Ma quanto vissuto da bambino nell'Overlook Hotel ha provocato nella sua psiche traumi irreparabili. King non era ancora convinto di questa prima intuizione, e ipotizzò di fondere le vicende dei personaggi originali con la storia di un gatto chiamato Oscar in grado di prevedere la morte dei malati terminali.

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Nelle settimane successive avviò un sondaggio sul proprio website, nel quale chiese ai lettori se avessero preferito il sequel di Shining o un nuovo romanzo della serie Dark Tower: il risultato non lasciò dubbi e King vinse le residue resistenze. Doctor Sleep nasce da queste premesse narrative (e commerciali), e chi segue King sa bene con quanta attenzione affidi sempre il verdetto ultimo al suo pubblico.

Un approccio mantenuto con tutti i cinquanta romanzi realizzati finora e dei quali ha venduto trecentosessanta milioni di copie. In questo sequel di Shining, che ha avuto numerose versioni e che è stato lanciato sul mercato americano con nove mesi di ritardo rispetto alla data annunciata, King immagina che Dan, il Danny sopravvissuto al papà Jack Torrance- Jack Nicholson, sia oggi un quarantenne perseguitato da quanto vissuto da bambino nell'Overlook Hotel.

Dopo esser riuscito a vincere gravi problemi di alcolismo (proprio come lo stesso King) ha trovato la serenità ritirandosi a vivere in un piccolo centro del New Hampshire dove mette a disposizione dei malati terminali i propri poteri paranormali con l'aiuto di un gatto che ne prevede la fine imminente.

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È lui il Doctor Sleep di cui parla il titolo, da intendere anche ironicamente se si pensa che questo passeggero stato di grazia verrà sconvolto da una serie di violentissimi eventi che gli faranno perdere, appunto, il sonno. Come sempre la scrittura di King è veloce, a tratti di servizio, ma la trama è molto avvincente, a dispetto dello sconfinamento quasi immediato nel paranormale più estremo: Danny deve contrastare da un lato i fantasmi della stanza 217 dell'Overlook Hotel, da un altro è costretto ad affrontare un gruppo chiamato True Knot (in italiano "Vero Nodo"), alleandosi con Abra, una ragazzina di dodici anni dotata a sua volta del dono dello shining ma all'ennesima potenza.

La storia si sviluppa attraverso scontri telepatici e scene di tortura, ma King riesce a fondere il paranormale con il realismo di ambientazioni che conosce alla perfezione: il New Hampshire descritto nel libro non è molto diverso dal Maine dove lo scrittore vive e in cui ha ambientato gran parte dei suoi libri. King è ugualmente abile nel descrivere la psicologia dei personaggi, e a suggerire l'idea che è impossibile sfuggire ai propri demoni e, più in generale, alla presenza del Male.

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Nonostante segua con attenzione tutti i canoni del genere, e privilegi la costruzione della suspense, riesce sempre a non perdere di vista un approccio sinceramente umanista all'interno della battaglia continua tra il Bene ed il Male. Ed è proprio questo tipo di sguardo ad averlo reso diverso da tutti gli altri scrittori che si cimentano con l'horror. E che ha portato Margaret Atwood a paragonarlo sul New York Times a Nathaniel Hawthorne, Henry James e Edgar Allan Poe.

 


GRILLO PUNTA TUTTO SULLE EUROPEE, TORNA IN TOUR E CHIUDERÀ LA CAMPAGNA A BRUXELLES

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Emanuele Buzzi per il "Corriere della Sera"

Azione a tenaglia: in Rete e nelle piazze. La strategia dei 5 Stelle in vista della campagna elettorale per le Europee prende forma. Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo stanno mettendo a punto i dettagli: cercheranno di coinvolgere sempre più attivisti e indecisi. I primi esperimenti di democrazia diretta delle ultime settimane -con i voti sull'abolizione del reato di clandestinità e la scelta tra maggioritario e proporzionale- rappresentano solo l'avanguardia di quella che dovrebbe diventare (almeno nelle intenzioni) una prassi.

BEPPE GRILLO INCONTRA LA STAMPA ESTERA

Sul blog, i militanti saranno probabilmente chiamati a due-tre scelte ogni settimana nei prossimi mesi. I tempi saranno sempre quelli della votazione in giornata -«anche per motivi di sicurezza» spiegano fonti del Movimento, «per evitare eventuali manipolazioni informatiche». Il numero di partecipanti, però, è destinato a crescere. Al momento nelle intenzioni dello stratega pentastellato c'è l'idea di far scegliere alla base pure il gruppo di appartenenza del Movimento in Europa.

E proprio a Bruxelles guarda anche Grillo. Da lunedì saranno in vendita i biglietti del suo nuovo show nei palasport. Lo spettacolo - «Te la do io l'Europa» - debutterà il primo aprile a Catania e toccherà altre sette città. Ultima data il 14 aprile a Roma, poi il leader sarà di nuovo impegnato a tirare la volata finale alla campagna elettorale del Movimento. Molto probabile un (mini) tour per l'Italia.

Con qualche sorpresa. Si lavora per allestire un comizio conclusivo proprio nella capitale belga, un evento per far sentire la voce dei 5 Stelle «in faccia alle istituzioni europee». Ma i palchi nei prossimi mesi si moltiplicheranno. Non solo Grillo. Oltre al leader, i 5 Stelle avranno altri due volti: da un lato i candidati che verranno selezionati tra gli attivisti, dall'altro i parlamentari, divisi in piccoli gruppi.

BEPPE GRILLO INCONTRA LA STAMPA ESTERA

Proprio deputati e senatori stanno mettendo a punto quello che diventerà il cavallo di battaglia del Movimento: la richiesta di impeachment nei confronti di Napolitano. Le voci di un rallentamento nel portare a termine l'istanza vengono smentite con forza dai 5 Stelle che annunciano sul tema «novità molto presto». Intanto Grillo ieri sul blog ha ripreso a evocare lo spettro della crisi economica.

«Fino a quando si è disposti a far salire la disoccupazione per ammettere che l'Eurozona non funziona? Disoccupazione al 30%? La situazione peggiora, come qualunque cittadino vede con i suoi occhi, ma nessuno fa mea culpa. Hanno creato la "realtà economica alterata"», scrive. E conclude: «Con il grande bluff l'Italia è avviata verso la miseria».

il palazzo della commissione europea a bruxelles

 

 

SARTORI: “IO LO CHIAMEREI BASTARDELLUM” - L’INVENTORE DI “MATTARELLUM” E PORCELLUM” SMONTA LA LEGGE ELETTORALE

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Giovanni Sartori per il "Corriere della Sera"

Siccome sono io che ho inventato a suo tempo le etichette Mattarellum e poi Porcellum, oramai mi è venuto il vizio e così provo ancora. Italicum proprio non mi va. Sa di treno. Al momento proporrei Bastardellum. Ma si intende che si può trovare di meglio. Il punto che devo continuare a sottolineare è che la riforma elettorale è materia di legge ordinaria, mentre la riforma dello Stato è materia di legge costituzionale. E i tempi tra le due cose sono molto diversi, anche di due anni.

RENZI E BERLUSCONI PROFONDA SINTONIA

Però se non vogliamo incappare in errori del passato le due cose devono essere armonizzate (nelle nostre teste) sin dall'inizio. Più volte si è suggerito come sistema elettorale il sistema spagnolo di piccoli collegi (5-6 eletti), il che comporta di fatto una alta soglia di sbarramento e così l'eliminazione della frammentazione partitica (noi siamo arrivati sino a 30 e passa), che ovviamente ostacolano la governabilità.

Si capisce che i partitini protestano a squarciagola: era comodo (vedi Mastella) diventare ministro della Giustizia essendo in tutto in tre. Ma la salute della politica esig e che spariscano , e quando non ci sono più il dramma finisce. In Inghilterra nessuno piange se i partiti sono due o tre.

Fin qui ripeto cose risapute. La nostra novità (gemiti dei partitini a parte) è la proposta del doppio turno di coalizione, che a mio avviso non ha senso anche se D'Alimonte la presenta come proposta «realistica» che mette assieme capra e cavoli, Renzi e Berlusconi. A parte il fatto che a me sembra scorretto, scorrettissimo, trasformare con un premio una minoranza in una maggioranza (il che avviene anche nei sistemi maggioritari, ma perché questa è la natura del maggioritario, non un regalo che Renzi e Berlusconi fanno a se stessi).

Giovanni Sartori e Isabella Gherardi

E la domanda è: il doppio turno di coalizione con ballottaggio cosa ci sta a fare in questo contesto? È una ulteriore elezione per fare o ottenere che cosa? Il premio di maggioranza attribuito a una coalizione di minoranza (addirittura del 35%) è secondo me molto discutibile.

C'è poi l'annosa questione delle preferenze. Le avevamo, e poi Pannella (con Segni) le fece abolire con due trionfali referendum. Era giusto, perché al Sud le preferenze erano molto alte e per ciò stesso ingrandite e manipolate dalla mafia. Aggiungi che il Pci di allora se ne serviva (quando erano tre) per controllare i voti dei suoi votanti infidi; mentre le preferenze al Nord erano relativamente poche e venivano facilmente pilotate dalle fazioni ben organizzate dei partiti di allora.

PORCELLUM

Il bello è che per qualche decennio nessuno protestò dichiarando che senza preferenze gli eletti non erano scelti dagli elettori ma dai partiti. Poi, d'un tratto, venne in mente alle nuove generazioni di politici e giornalisti che così gli eletti non erano veramente eletti dal demos votante ma «nominati» dai partiti. Stranezze della storia.

 

 

Seggio Elettorale

VIANELLO SI ARRENDE: IL SUO “MASTERPIECE” NON ANDRA’ IN PRIMA SERATA. ASCOLTI TROPPO BASSI

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Carlo Tecce per "il Fatto Quotidiano"

Andrea Vianello Luigi Gubitosi Angelo Teodoli Giancarlo Leone

Così Rai3 s'arrende a se stessa. Con un documento ufficiale, una richiesta di soccorso: il direttore Andrea Vianello consegna ai signori dei palinsesti, anonimi funzionari che fanno incastrare il meglio e il peggio, l'ordine di non trasferire Masterpiece in prima serata. Come prevede il contratto, impegnativo, cioè costoso. La trasmissione che voleva scoprire nuovi talenti e nuove letterature, non rinunciando all'usurato sistema del criceto in gabbia ripreso, vilipeso e celebrato, ammette che il 2 per cento di share (al prezzo di quasi 200.000 euro a puntata) non promette straordinari successi. Col rischio di sfidare i numeri negativi.

Vianello ha mollato il pompatissimo progetto - la pubblicità citava l'entusiasmo di mezza stampa mondiale - perché l'andatura di Rai3 somiglia a uno zoppo di gamba sinistra con la gamba destra claudicante. Un paragone. Anno 2011, gennaio mese interessante, fascia serale: il pubblico sfiorava i 2,7 milioni e lo share sfondava il 10 per cento. Anno 2014, identico periodo, identico orario: scomparsi 700.000 italiani e smarriti 2,7 punti.

Andrea Vianello

Per non sbagliare, siccome la discesa è inarrestabile, adesso il punto di caduta di Rai3 è registrato al 7 per cento. Vuol dire che, in tre anni, la terza rete ha disperso il 28 per cento. E durante l'intera giornata siamo a -1,7 su gennaio 2011 e, per ravvicinare le date, -0,5 rispetto al 2013. Questo spiegano le imparziali elaborazioni Auditel.

E gennaio non c'entra nulla con la sfortuna perché dicembre, novembre e ottobre - e via a ritroso - sono un disastro. Va precisato che la prima serata è una condanna per le televisioni generaliste: esclusa l'abbandonata Rete4, nessuno avverte la crisi come Rai3.

masterpiece giurati

In viale Mazzini fanno notare che il canale sopravvive aggrappato ai programmi del passato: se non fosse per i classici Che tempo che fa, Chi l'ha visto e Ballarò, la pagella Auditel sarebbe ancora più tremenda. E il trasloco da domenica in coda a Fabio Fazio a lunedì sera in anticipo contro l'agguerrita concorrenza non ha agevolato Report di Milena Gabanelli e Presa Diretta di Riccardo Iacona.

masterpiece raitre

Le continue invenzioni di Vianello non evitano a Rai3 di procedere col passo più lento di viale Mazzini. Rai1 cresce addirittura; Rai2 contiene i danni, impoverita di stagione in stagione. Il direttore, ex conduttore di Mi manda Rai3 e fondatore di Agorà, ha scommesso tantissimo su Masterpiece, altrimenti non ha ragione di esistere un accordo per dodici serata da oltre 3 milioni di euro (perché i 200.000 a tarda ora dovevano quasi raddoppiare in prima serata).

Il direttore generale Luigi Gubitosi ha sostenuto l'impresa, e non soltanto economicamente, l'ha persino elogiata nella tradizionale lettera natalizia ai dipendenti. La depressioni di ascolti non è un feticcio: è il parametro che condiziona la pubblicità. E pensare che l'azienda "vendeva" Masterpiece al 6 per cento. Ha chiuso la parte iniziale a 3,6. E febbraio fa paura: perché Rai1 ha il Festival di Sanremo e Sky ha le Olimpiadi. Nei prossimi giorni a viale Mazzini ci sarà un po' di tensione per le nomine. Le indiscrezioni coinvolgono manciate di nomi, però l'unico che dovrà lasciare l'incarico - se viale Mazzini trova la quadratura politica - è Antonio Preziosi di Radio Rai.

LUIGI GUBITOSI OSSERVATORIO GIOVANI EDITORI

 

 

OLIMPIADI, UN AFFARE SOLO PER PUTIN E I SUOI SOCHI - PISTE, TRENI, MAXI COSTRUZIONI. IN UNA CITTÀ DOVE MANCO NEVICA

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Fabrizio Dragosei per il "Corriere della Sera"

A una decina di chilometri da Sochi

La valle del fiume Mzymta che collega il mare vicino all'aeroporto di Sochi con le montagne innevate è assai stretta e attraversa gole profonde. La vecchia strada si arrampicava su da Adler tra mille curve e tornanti, passando di qua e di là del fiume fino ad arrivare a Krasnaya Polyana, la base da dove partono le piste di sci. Oggi invece i vagoni grigi e arancio costruiti dalla Siemens per le ferrovie russe uniscono i due punti con una linea quasi retta, lunga 48 chilometri.

PUTIN SOCHI

La ferrovia corre tra tunnel e ponti in buona parte sopra il fiume, come la parallela strada che ha richiesto la costruzione di 23 viadotti e 7 km di tunnel. Un'opera colossale, di alta ingegneria, che si apprezza stando seduti sui morbidi sedili rossi e blu dei convogli che la Siemens ha dovuto testare a +40 e a -40 gradi, in base al contratto con le ferrovie. Un'ora di viaggio, cento rubli di spesa (2,20 euro) e siamo alla base del centro olimpico dove si svolgeranno le gare di sci alpino e nordico, di bob, di slittino. Un'opera colossale, dunque, che è un po' il simbolo di queste Olimpiadi, visto che da sola è costata 8,7 miliardi di dollari, più di quanto fu speso per l'intero evento di Vancouver nel 2010.

PUTIN E MEDVEDEV A SOCHI

Ma d'altra parte queste sono le Olimpiadi dei record e non solo perché si è deciso di tenere la maggior parte degli eventi sulla costa del Mar Nero, in una regione subtropicale. Il budget iniziale di 12 miliardi di dollari, annunciato da Vladimir Putin in Guatemala nel 2007 quando si aggiudicò i Giochi per il suo Paese, ha continuato a salire: 17, poi 22, quindi 27 miliardi. Fino al balzo finale degli ultimi mesi: 51 miliardi di dollari, quanto nessuno si era mai sognato di spendere nemmeno per le Olimpiadi estive che prevedono il doppio degli atleti, molte più gare e molte più località coinvolte.

POLIZIA A SOCHI

Ma le autorità russe ci tengono a tranquillizzare il mondo: queste spese, ha spiegato il vicepremier Dmitrij Kozak nei giorni scorsi, sono in buona parte relative a infrastrutture che sarebbero state costruite comunque (anche la spettacolare ferrovia sul Mzymta?). E poi l'affermazione più importante: «Non sono stati scoperti episodi di uso non finalizzato dei mezzi per la costruzione dei siti olimpici»; niente corruzione, insomma. Un fatto assolutamente stupefacente, visto che siamo in Russia. E visto che, solo per citare un esempio, ben tre direttori della maggiore impresa statale incaricata dei lavori, la Olimpstroj, sono stati rimossi dal 2007 con l'apertura di inchieste penali per corruzione (ma nessun caso è mai finito in tribunale).

POLIZIA CON UNA MANIFESTANTE A SOCHI

L'inesperienza e altro hanno fatto lievitare le spese in maniera esponenziale. Considerando la quota alla quale si svolgeranno le gare, si è pensato bene di immagazzinare l'inverno scorso milioni di metri cubi di neve. La pista di bob che parte da 836 metri d'altezza è coperta per proteggere il ghiaccio (che comunque è refrigerato) dal sole. Il cemento per le costruzioni in quota è dovuto arrivare con gli elicotteri mentre si realizzava la strada d'accesso.

LA RETE DI SICUREZZA A SOCHI

Ma quanto sono costate veramente le Olimpiadi di Sochi non lo sapremo mai, perché una parte degli investimenti è stata fatta da privati che, comunque, hanno ottenuto amplissimi mutui agevolati dallo Stato. I principali gruppi impegnati sono l'Interros di Vladimir Potanin (con 2,1 miliardi di dollari) e la Bazel di Oleg Deripaska (con 1,7 miliardi), oligarchi legati al Cremlino. Secondo un rapporto dell'opposizione russa, hanno ricevuto mutui per più del 75% dell'investimento, ma ora chiedono il 100% e altri contributi perché convinti di non rivedere mai i loro quattrini.

BLOCCHI ALLINGRESSO DI SOCHI

Naturalmente sono state coinvolte anche le imprese statali controllate dagli uomini di Putin: Gazprom, la banca Vneshekonombank e le ferrovie, presiedute da Vladimir Yakunin, compagno di vecchia data del presidente russo (erano nella stessa cooperativa di dacie vicino San Pietroburgo).

PUTIN A SOCHI DOVE MANCA LA NEVE

I contratti d'appalto, è stato spiegato, sono andati a ditte di cui si conosceva la preparazione e l'integrità. I principali se li sono assicurati i fratelli Rotenberg, che casualmente conoscono Putin fin dall'infanzia (Arkadij praticava judo a San Pietroburgo assieme a Vladimir Vladimirovich). Ventuno contratti, per un totale di 7 miliardi di dollari, secondo la rivista New Times . Arkadij Rotenberg ha più volte affermato di non aver avuto alcun aiuto da Putin, che in altre occasioni lo ha definito «una persona mandata al nostro Paese da Dio».

I CANTIERI PER LE OLIMPIADI INVERNALI DI SOCHI

Le Ferrovie hanno assegnato gli appalti più importanti alla Mostotrest dei Rotenberg e alla SK Most di Gennadij Timchenko. Il magnate conosce Putin da anni, ma ha sempre smentito i giornali che lo indicavano come socio o partner del presidente. Ha raccontato al Wall Street Journal che frequentava pure lui lo stesso club di judo di San Pietroburgo. Una curiosa combinazione.

I CANTIERI PER LE OLIMPIADI INVERNALI DI SOCHI

Tra tutti i personaggi coinvolti nella vicenda Sochi, ci sono altri insoliti e casuali legami che, naturalmente, non autorizzano a ipotizzare alcunché di poco corretto. La SK Most, per fare un esempio, controlla una banca, la Millennium. E nel consiglio della banca fino a poco tempo fa sedeva, secondo il settimanale Business Week , Natalia Yakunina, che è la moglie del presidente delle ferrovie Vladimir Yakunin.

 

 

SOCHI soc rh sp gimry

ADDIO MIA CONCUBINA - L’ANNUNCIO TRISTEMENTE TELEGRAFICO DI HOLLANDE NON È STATO “CONTROFIRMATO” DA VALERIE

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Paolo Levi per "La Stampa"

FRANCOIS HOLLANDE E VALERIE TRIERWEILER

Almeno ufficialmente, diventa il primo presidente single della Quinta Repubblica francese: François Hollande mette alla porta Valérie Trierweiler, l'ormai ex Première dame di Francia, ricoverata per dieci giorni nell'ospedale parigino della Pitié Salpêtrière, dopo le rivelazioni del settimanale «Closer» sulla love story segreta tra il capo dello Stato e l'attrice Julie Gayet.

FRANCOIS HOLLANDE E VALERIE TRIERWEILER

La parabola della ormai ex Première dame di Francia si è conclusa ieri, in serata, al termine di un'estenuante telenovela durata due settimane. 
Dopo averla tradita per quasi due anni, Hollande l'ha scaricata con un laconico comunicato alla France Presse. «Rendo noto di aver messo fine al rapporto con Valérie Trierweiler», si è limitato a dire Hollande, in quello che i più spietati hanno definito un linguaggio da funzionario del catasto.

Anche se con Valérie, pare che Hollande avesse già parlato faccia a faccia, giovedì, nella residenza de La Lanterne, a Versailles, dove era stata trasferita dopo essere stata dimessa dall'ospedale. 
Il chiarimento presidenziale, rigorosamente «a titolo personale», è arrivato alla vigilia della partenza per l'India della Trierweiler, attesa a Mumbai per una missione umanitaria di due giorni. E, come promesso, prima della visita del Président da Barack Obama, l'11 febbraio, dove Michelle aveva già preparato i pasticcini per la Première dame.

Julie Gayet incontrava il Presidente a casa di una amica

Quanto alle modalità dell'annuncio, la stampa francese fa notare che non è stato «controfirmato» dalla Première dame. Di fatto, ciò significa che Valérie ha lasciato che il presidente si assumesse da solo le proprie responsabilità. «Lui l'ha consultata e messa al corrente, lei accetta la situazione di fatto, ma lascia a Hollande l'iniziativa del suo gesto», hanno spiegato fonti ben informate. E lei si è limitata a un Tweet in cui ringrazia solo «lo straordinario staff dell'Eliseo». E nessun altro.

julie gayet

A Parigi la situazione stava diventando insostenibile e molti consiglieri pressavano Hollande a uscire dal suo silenzio, anche per fermare critiche e pettegolezzi da parte di oppositori politici e stampa internazionale. «Ora è davvero giunto il momento di chiarirsi e di parlare di temi veri - tuonava ancora ieri Jean-Francois Copé, il leader del grande partito di centrodestra Ump -. Deploro che tutta questa storia abbia avuto un impatto negativo sull'immagine della funzione presidenziale, in particolare all'estero, dove le prime pagine dei giornali sulla Francia sono assolutamente terribili».

HOLLANDE-GAYET

Nella storia di Francia sono stati pochissimi i presidenti single all'Eliseo. Tra questi, c'era Napoleone III, che aveva anche lui un'amante attrice, la giovane inglesina Elizabeth-Ann Howard. Per una curiosa coincidenza della storia, pare che andasse a trovarla tutti i giorni, in un palazzo della Rue du Cirque, proprio lo stesso indirizzo degli incontri galanti di Hollande con Julie Gayet. Unica differenza, lo scooter della Piaggio, che a quei tempi non esisteva ancora, e probabilmente il casco. Che forse Napoleone sostituiva con qualche altro copricapo.

Interviu Julie Gayet

 

 

LA FINE È VICINA? - IL PAPA CON I BIMBI LIBERA UNA COLOMBA, E UN GABBIANO SE LA MAGNA (ALLA FACCIA DEL PRESAGIO)

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FOTO ANSA

IL PAPA LIBERA DUE COLOMBE E UNA VIENE MANGIATA DA UN GABBIANO

PAPA: UN PENSIERO A COCÒ - E LIBERA COLOMBE CON I RAGAZZI DELL'AZIONE CATTOLICA
Da www.ansa.it

"Voglio rivolgere - ha detto il Papa all'Angelus - un pensiero a Cocò Campolongo, che a tre anni è stato bruciato in macchina a Cassano allo Jonio, questo accanimento su un bambino così piccolo sembra non avere precedenti nella storia della criminalità". Il Papa ha introdotto la preghiera per il bimbo di tre anni bruciato a Cassano osservando che "qui ci sono oggi tanti bambini, - ha detto - ed è davanti a loro che voglio rivolgere un pensiero a Cocò Campolongo". La piazza era effettivamente gremita di bimbi per la Carovana della pace dell'Azione cattolica.

IL PAPA LIBERA DUE COLOMBE E UNA VIENE MANGIATA DA UN GABBIANO

"Preghiamo con Cocò, che di sicuro ora è in cielo con Gesù - ha proseguito il Papa all'Angelus - per le persone che hanno fatto questo reato, perché si pentano e si convertano al Signore".

"Ed ora questi due bravi ragazzi - ha detto il Papa al momento del lancio delle colombe per la carovana della pace dell'Azione cattolica - lanceranno le colombe simbolo di pace, in basso, - ha raccomandato, probabilmente per evitare che, come a volte è capitato negli anni passati, i volatili rientrassero dalla finestra anziché volare in piazza - vai, vai".

IL PAPA LIBERA DUE COLOMBE E UNA VIENE MANGIATA DA UN GABBIANO IL PAPA LIBERA DUE COLOMBE E UNA VIENE MANGIATA DA UN GABBIANO

Il bimbo e la bimba a fianco del Papa al davanzale hanno lanciato le colombe e il Papa ha augurato a tutti, "buona domenica e buon pranzo", prima di ritirarsi, scherzando e ridendo con i ragazzi. Prima il Papa aveva rivolto anche un pensiero ai malati di lebbra e quanti nel mondo festeggiano oggi il Capodanno lunare. La Carovana quest'anno ha raccolto fondi per iniziative in favore di Haiti.

IL PAPA LIBERA DUE COLOMBE E UNA VIENE MANGIATA DA UN GABBIANO IL PAPA LIBERA DUE COLOMBE E UNA VIENE MANGIATA DA UN GABBIANO

 

PROFESSORI, FUNZIONARI PUBBLICI, DIPENDENTI CHE INVECE DI LAVORARE PER LO STATO INCASSANO DAI PRIVATI E IN NERO

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Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera"

Professori e ricercatori universitari che accettano consulenze oppure ottengono incarichi in società private. Alti funzionari di enti pubblici che svolgono attività in concorrenza o in conflitto con i compiti assegnati loro dallo Stato. Enti locali, Motorizzazione civile, Agenzia delle Entrate, Asl: sono migliaia i dipendenti con il «doppio lavoro». Dirigenti o semplici impiegati che, spesso in orario d'ufficio, sono altrove e percepiscono compensi «in nero».

Sitting is the new smoking a d bf c ef d d wi

È uno dei capitoli del rapporto annuale della Guardia di Finanza sugli sprechi della «spesa pubblica» a destare maggior allarme. Perché si tratta di un fenomeno in crescita che drena le casse dell'Erario. Grave, come quello relativo al settore degli appalti che ha ormai raggiunto livelli da record: le gare «truccate» hanno causato nell'ultimo anno un danno economico di oltre un miliardo e 300mila euro.

«Baroni» e doppio lavoro
Sono decine i professori universitari già accusati di aver ottenuto incarichi in collegi sindacali e commissioni collaudi, ma anche consulenze per la realizzazione di progetti per aziende e addirittura docenze in strutture private. Una grave incompatibilità che - secondo le prime stime - ha provocato un danno di circa otto milioni di euro. Ma nuove indagini sono tuttora in corso su un fenomeno che ha dimensioni ben più ampie e non riguarda soltanto questo settore.

Su 1.346 verifiche effettuate negli enti pubblici sono stati scoperti ben 1.704 impiegati con un secondo lavoro, nella maggior parte dei casi retribuito «in nero» e le sanzioni amministrative hanno superato i 21 milioni di euro.

Nella lista c'è un dirigente tecnico di svariati Comuni che faceva l'ingegnere per alcune imprese edili percependo oltre 200mila euro, esattamente come un suo collega impiegato in una Regione che però di euro ne ha presi 600mila. E poi un funzionario della Motorizzazione che effettuava perizie per i privati e un dirigente dell'Agenzia delle Entrate che aveva aperto uno studio da commercialista assistendo clienti che spesso avevano bisogno proprio per le contestazione di evasione fiscale, infermieri delle Asl che in realtà lavoravano in cliniche private.

GUARDIA DI FINANZA

I «cartelli» di imprese
Grave è la situazione per quel che riguarda gli appalti pubblici. Aumentano i controlli e migliorano i risultati ottenuti con interventi di prevenzione, ma il livello di corruzione dei funzionari che gestiscono settori strategici per l'economia del Paese si mantiene su livelli altissimi. Quello dei lavori Pubblici è certamente uno dei settori di maggiore interesse per chi deve garantire la legalità visto che il volume d'affari stimato dall'Autorità di Vigilanza del 2012 è stato di circa 95 miliardi di euro, equivalente al 5,9 per cento del prodotto interno lordo.

Ebbene, nell'ultimo anno sono stati arrestati o denunciati «657 soggetti responsabili di turbata libertà degli incanti e frode belle pubbliche forniture». Dato ancora più eclatante emerge dall'attività svolta dai finanzieri su delega della Corte dei Conti perché «i soggetti segnalati alla magistratura contabile sono 1.186 soggetti e i danni erariali connessi a procedure di appalto un miliardo e 300 milioni di euro». L'illecito più grave, secondo quanto emerge dalla relazione, riguarda la costituzione di «cartelli preventivi tra imprese» che riescono in questo modo a pilotare le gare, oltre naturalmente all'erogazione di mazzette a chi deve materialmente gestire le procedure di assegnazione.

GUARDIA DI FINANZA

«Altre forme di illegalità - sottolineano gli analisti della Finanza - attengono alla materiale esecuzione dei contratti. In tale fase si annidano frodi nelle pubbliche forniture, inadempienze dannose per la regolare erogazione dei servizi pubblici, indebiti abbattimenti dei costi dell'opera tramite il ricorso al lavoro nero e ingiustificati rialzi dei valori delle commesse durante l'esecuzione, volti unicamente a drenare denaro pubblico in misura superiore a quella originariamente stabilita. Una realtà che si somma ai fenomeni di ingerenza della criminalità organizzata che sfociano in condotte violente o in comportamenti più subdoli di condizionamento dei mercati, con il riciclaggio e il reimpiego di cospicue masse di denaro provento di reato».

MAZZETTE corruzione

Da nord a sud, le modalità per truccare le gare mostrano spesso grande creatività. A Brindisi gli investigatori della Finanza hanno scoperto un'organizzazione formata da imprenditori e funzionari di una Asl che si spartivano i lavori riuscendo a eliminare la concorrenza. «Il meccanismo - è specificato nel dossier - consisteva nell'apertura fraudolenta e successiva chiusura delle buste contenenti le offerte economiche delle ditte, da parte dei componenti delle commissioni di seggio, tutte presiedute dal medesimo dirigente dell'Ufficio Tecnico, prima della procedura finale e nella comunicazione alla ditta "amica" delle informazioni acquisite per consentirle di formulare l'offerta più idonea».

APPALTI

Molto più sofisticato il sistema utilizzato a Monza dai titolari di alcune imprese che sono riusciti a ottenere commesse per 260 milioni di euro: la mazzetta veniva pagata «ai funzionari incaricati di redigere i capitolati di appalto dei vari bandi». I requisiti inseriti erano talmente stringenti da far risultare vincitrice sempre la stessa impresa. Un meccanismo simile a quello utilizzato a Milano da un ex dirigente del Comune che ha «venduto» a un imprenditore disposto a versare tangenti quattro appalti relativi ai servizi per la gestione delle «Case vacanza extraurbane», strutture che generalmente vengono utilizzate per l'accoglienza dei bambini durante il periodo estivo.

APPALTI PUBBLICI

In questi casi di cattiva gestione dei fondi pubblici rientrano certamente le frodi su risorse nazionali e all'Unione europea, che possono causare gravi danni all'Italia soprattutto per quanto riguarda l'immagine internazionale. Perché anche nel 2013 si conferma altissima l'entità dei finanziamenti ottenuti per realizzare progetti in realtà inesistenti o comunque dal valore molto inferiore rispetto a quello dichiarato. Il bilancio finale parla di «indebite percezioni o richieste di fondi pubblici destinate al sostegno delle imprese pari a un miliardo e 400 milioni di euro».

Di questi, quasi un terzo provengono dall'Ue. «L'attività ispettiva della Guardia di Finanza - è scritto nella relazione annuale - ha consentito di individuare oltre 433 milioni di euro di provvidenze comunitarie indebitamente percepite o richieste riferibili a due settori di contribuzione: le Politiche agricole e i Fondi strutturali, nonché di segnalare all'autorità giudiziaria 793 soggetti per il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato».

 

 


LA LORENZIN ARRIVA AL CARDARELLI IN ISPEZIONE: “SONO QUI PER UNA VISITA” - L’INFERMIERE NON LA RICONOSCE: “CHE SINTOMI H

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Gerardo Ausiello per www.ilmattino.it

Blitz del ministro Beatrice Lorenzin al Cardarelli. Una visita a sorpresa, un'ispezione nel pronto soccorso che è durata oltre un'ora.

L'arrivo del ministro coglie tutti di sorpresa: «Sono qui per una visita» dice la Lorenzin a un infermiere, che non la riconosce e le risponde: «Non si sente bene? Quali sintomi ha?».

Beatrice Lorenzin

Poi arrivano medici e infermieri, che l'accompagnano tra i reparti. Un codice rosso arriva mentre è in corso l'ispezione e il personale risponde subito all'emergenza. Intanto il ministro fa domande e si informa sul funzionamento del pronto soccorso e del triage. Ci sono una ventina di pazienti sulle barelle, in attesa delle cure. «E' una giornata tranquilla, sarà perché gioca il Napoli» ironizzano i medici. Ma la situazione è seria: «Dal primo gennaio ad oggi al pronto soccorso del Cardarelli ci sono stati già 7mila accessi - dicono i sanitari - 300 pazienti vengono visitati ogni giorno. Ció a causa della carenza di filtri. In pratica, si considera il pronto soccorso come un ambulatorio».

LORENZIN E QUAGLIARIELLO MANGIANO IL GELATO FOTO LAPRESSE

Dopo aver visitato, tra l'altro, triage, emodinamica e rianimazione, il ministro si sofferma a lungo anche con il personale precario: «Quest'ospedale, come tutti i nosocomi del Paese, si regge sui precari. Per questo sto spingendo al massimo per fare in modo che i 32mila contratti a termine nei vari presidì dell'Italia vengano finalmente stabilizzati».

 

 

IL KARMA ESISTE! - GIOVANARDI: “MIA FIGLIA È STATA CON UN NERO, RASTA, CHE ERA SPOSATO CON UN UOMO” (VIDEO)

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1. VIDEO - GIOVANARDI A "PORTA A PORTA": MIA FIGLIA è STATA CON UN NERO, RASTA, SPOSATO CON UN UOMO"
Da www.ilmessaggero.it

 


2. GIOVANARDI A "PORTA A PORTA": MIA FIGLIA è STATA CON UN NERO, RASTA, SPOSATO CON UN UOMO"
Da www.ilmessaggero.it

CARLO GIOVANARDI IL RIBELLE


Il senatore del Nuovo Centrodestra ha raccontato di quando sua figlia, oggi sposata e con figli, di ritorno da un periodo in Sudafrica gli raccontò di essere stata fidanzata «con un ragazzo rasta... e mi ha spiegato cosa voleva dire, di colore, e mi ha spiegato cosa voleva dire, e sposato con un uomo. Quando il giorno dopo mi sono svegliato al pronto soccorso mi ha anche spiegato che si trattava di un matrimonio di interesse utile a fargli ottenere la cittdinanza».

ALFANO BERLUSCONI GIOVANARDI

La rivelazione è arrivata in risposta alla domanda di Bruno Vespa che gli chiedeva come avrebbe reagito nel caso sua figlia gli avesse confessato di avere una relazione con una donna. Come al solito Giovanardi non ha risparmiato al pubblico le sue ormai note posizioni conservatrici sui gay nella società: «Per fortuna adesso mia figlia è sposata con un'altra persona ed è mamma di figli; quindi diciamo che, a parte lo choc, la mia storia ha avuto un lieto fine. La famiglia è una sola - ha concluso - con papà e mamma. In una coppia non c'è spazio per gli omosessuali».

carlo giovanardi carlo giovanardi urla fascisti x

 

IL “WSJ” CONFERMA: FIAT AVRÀ SEDE FISCALE IN INGHILTERRA E SARÀ QUOTATA A NEW YORK

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Omar Abu Eideh per www.autoblog.it

fiat marchionne elkann a grugliasco

La conferme o smentite ufficiali non arriveranno prima del 29 gennaio, quando si terrà l'annunciato consiglio di amministrazione. Intanto il Wall Street Journal anticipa che la sede fiscale del gruppo sarà in Gran Bretagna, mentre il titolo sarà quotato a Wall Street.

LA NUOVA SEDE DI FIAT INDUSTRIAL E CNH A BASILDON IN ESSEX

Quello del 29, sarà un "caldo mercoledì di gennaio" per il gruppo Fiat-Chrysler: sarà il giorno in cui avrà luogo il Consiglio di amministrazione, con tanto di discussione dei conti del colosso italo-americano; l'occasione sarà ancora più importante perché si parlerà anche della Borsa dove verrà quotato il titolo, del suo nuovo nome e della sua sede legale e fiscale, come aveva annunciato lo stesso Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat-Chrysler.

Secondo quanto scrive il Wall Street Journal, l'ad potrebbe proporre al Consiglio di amministrazione la quotazione della nuova società a New York, con residenza fiscale in Gran Bretagna. A Piazza Affari rimarrebbe una quotazione secondaria del gruppo. La sede legale finirebbe in Olanda, nazione che garantirebbe diritti di governance maggiori: secondo la legislatura dei Paesi Bassi infatti, gli azionisti di maggioranza sono titolari di azioni che hanno un maggiore valore delle altre in sede di assemblea.

Marchionne e Obama nella fabbrica Chrysler

Quanto anticipato dal WSJ appare perfettamente in linea con le parole rilasciate dallo stesso Sergio Marchionne nella celebre intervista su La Repubblica, di cui riportiamo un estratto di quanto dichiarato dall'ad: "Fiat è quotata a Milano. Poi, andremo dove ci sono i soldi. Mi spiego: dove c'è un accesso più facile ai capitali. Non c'è dubbio che il mercato più fluido è quello americano, quello di New York, ma deciderà il Consiglio di amministrazione".

wall big

In quella occasione Marchionne aveva anche specificato che la sede della nuova società sarebbe stata decisa "anche in base alla scelta di Borsa", pur essendo questa una scelta definita dal numero uno di Fiat-Chrysler di "valore puramente simbolico, emotivo". Va specificato che Fiat, come annunciato dallo stesso Marchionne, continuerebbe a pagare "le tasse nei Paesi in cui opera. Per gli stabilimenti e insediamenti italiani paghiamo e continueremo a pagare le tasse in Italia". WSL sostiene inoltre che la sede in Olanda aiuterebbe Marchionne a non dover scegliere fra Italia e Stati Uniti, consentendo al contempo alla società di pagare meno tasse sui dividendi. Mercoledì... ne sapremo di più mercoledì.

OLANDA

 

 

SPOSETTI (PD) VUOLE ABOLIRE IL FONDO ALL’EDITORIA: “UNA REGALIA A SOCIETÀ QUOTATE” - FNSI: “INCREDIBILE"

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1. DL SALVA ROMA: EMENDAMENTO SPOSETTI(PD), NO A FONDO PER EDITORIA
Con un emendamento al dl 'Salva Roma', che verra' esaminato dalla Commissione Bilancio del Senato martedi' prossimo, il senatore Ugo Sposetti del Pd ha chiesto l'abolizione del comma 261 della legge di Stabilita' approvata il 27 dicembre scorso. La norma istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il "Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all'editoria", con una dotazione di 120 milioni in tre anni.

Ugo Sposetti e Gianni Letta

"E' una regalia a societa' quotate in borsa per le ristrutturazioni aziendali che il paese non si puo' permettere, e poi perche' a loro e non, per esempio ai benzinai?" chiede Sposetti, che aggiunge: "Inoltre fa male all'editoria perche' cosi', come dimostrano le vicende che stanno investendo le redazioni di importanti testate giornalistiche si incentivano solo i licenziamenti".

verdini e sposetti al ristorante


2. EDITORIA: SIDDI, SITUAZIONI INCREDIBILI. GOVERNO CORREGGA REGOLE
(ASCA) - ''Non e' attaccando i giornali o cancellando i giornali che si costruisce la democrazia. Quando un giornale chiude a volte c'e' qualcosa che manca, e' la democrazia che si impoverisce. Abbiamo chiesto al governo che si correggano le regole perche' qui le voci si stanno spegnendo''.

Ugo Sposetti

Lo ha affermato il segretario della Federazione nazionale della Stampa, Franco Siddi, intervendo dal palco del Congresso di Sel, in polemica con il senatore Pd Ugo Sposetti, che nei giorni scorsi aveva dichiarato di essere contrario al mantenimento del Fondo per l'Editoria. ''Capitano cose incredibili come ai lavoratori dell'AdnKronos. Vi ringrazio per la solidarieta' ai colleghi dell'AdnKronos e vi chiedo di farlo per tutti i colleghi in situazioni analoghe'', aggiunge Siddi.

FRANCO SIDDI FOTO ANSA jpeg

 

 

 

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