Quantcast
Channel: Articoli
Viewing all 340557 articles
Browse latest View live

SCATTANO LE PRIME TRAPPOLE SULLA STRADA DEL PATONZA

$
0
0

Franco Bechis per Libero

BERLUSCONI DIETRO LE SBARRE

Le giunte per le autorizzazioni a procedere non sono nemmeno ancora state formate. Sono stati più svelti i giudici dei neodeputati perchè alla Camera sono già state stampate otto (...) autorizzazioni a procedere. Una per vilipendio alle assemblee legislative, e sette a norma dell'articolo 68 della Costituzione: procedimenti penali e civili in cui si deve verificare se le dichiarazioni o gli atti del parlamentare querelato sono coperti da quel che resta dell'immunità costituzionale.

Nessuna delle otto autorizzazioni a procedere è nuova: erano tutte già state presentate nella scorsa legislatura, e alcune si trascinano almeno dal 2006. Però l'accelerazione da parte della Camera presieduta da Laura Boldrini delle prime rogne che saranno assegnate alla giunta per le autorizzazioni, è il segno evidente di un indirizzo della nuova legislatura.

Anche perché delle otto autorizzazioni ben tre riguardano il leader del Pdl, Silvio Berlusconi, e si può essere certi che su quelle si stabilirà il primo braccio di ferro della legislatura. Le altre riguardano quasi tutte ex parlamentari non più in carica: la pdl Monica Fenzi, l'ex segretario di Rifondazione comunista, Franco Giordano, l'ex deputato Udc Remo di Giandomenico e l'ex Udeur e margheritino Luigi Pepe.

IL PROCURATORE AGGIUNTO DI MILANO ALFREDO ROBLEDO

La prima vicenda giudiziaria che si dovrà affrontare riguarda però una vicenda del tutto particolare, che si trascina ormai da ben otto anni e che farà sorridere più di un neodeputato, e sicuramente l'intero gruppo del Movimento 5 stelle.

Imputati in questo caso non sono due ex parlamentari, ma due giornalisti anche se un po' speciali: Antonio Santacroce e Andrea Leanza, che nell'aprile 2005 erano rispettivamente direttore editoriale e direttore responsabile della rivista Polizia di Stato.

Sono accusati dal procuratore generale presso la Corte di Appello di Roma di vilipendio alle assemblee legislative (Camera e Senato). Il reato per altro è stato parzialmente depenalizzato, e oggi viene punito con una multa fra mille e 5 mila euro. La colpa- citiamo dall'atto, è stata quella di «pubblicare a pagina 6 la foto di una donna in topless con frecce riportanti da una parte, il riferimento a parti del corpo femminile e dall'altra la menzione delle assemblee legislative nel modo seguente: bocca=Parlamento; capezzolo di un seno=Senato; pube=Camera dei deputati; coscia=opposizione».

grasso pietro

Beh, vedere il M5s che una certa intemperanza verbale ha sempre avuto nei confronti del Palazzo, mandare a processo qualcuno per una cosa così, sarebbe davvero una sorpresa. Ma se il primo atto della nuova legislatura fosse un'assoluzione nella giunta, si darebbe un'impronta buonista alla giunta che qualche difficoltà verrebbe a creare.

Nessun risultato dunque è scontato. Anche perché in giunta alla Camera domineranno il partito di Pier Luigi Bersani con gli alleati di Nichi Vendola. Con questa maggioranza Pd-Sel in giunta sarà importante invece vedere che destino avrà Berlusconi. Perché è vero che le vicende giudiziarie che daranno il via alla legislatura saranno minori rispetto ai grandi processi che coinvolgono il leader Pdl.

Laura Boldrini article

Ma quelle tre autorizzazioni sono in qualche modo simboliche del clima politico che si vorrà instaurare. Due riguardano cause civili e penali intentate al Cavaliere da un esponente Pd come l'ex presidente della Regione Sardegna, Renato Soru (che è ancora il maggiore azionista dell'Unità, quotidiano del Pd). La contesa riguarda alcuni comizi della campagna elettorale per la presidenza della Sardegna nel 2009, in cui Soru si sentì diffamato. Quel pacchetto giudiziario già aveva agitato le acque alla fine della legislatura.

C'era una terza contesa, nella quale il Parlamento protesse l'insindacabilità delle opinioni di Berlusconi. In giunta per le autorizzazioni alla fine del dicembre scorso ci si attendeva la protezione bis: invece la proposta della maggioranza della giunta venne ribaltata grazie a qualche assenza nel Pdl e al ribaltone delle maggioranze dopo la rottura Pd-Pdl- Udc nel sostegno al governo di Mario Monti.

Se già allora Berlusconi stava per essere dato in pasto ai giudici contro la prassi, è scontato che questo avverrà ora. Arroventando di sicuro il clima. Ma è la terza autorizzazione a procedere quella certamente più significativa. Ad avere fatto causa a Berlusconi è infatti un magistrato della procura di Milano, Alfredo Robledo.

LA FOTO TWITTATA DA VENDOLA CON BERSANI - UNA COPPIA DI FATTO

Che chiede 500mila euro di risarcimento civile per alcune frasi pronunciate da Berlusconi dopo la vittoria elettorale del 2008. Robledo in realtà non era mai stato citato, ma l'allora premier commentò l'accusa della procura di Milano nel processo Mills, criticando la «pervicace volontà accusatoria» nei suoi confronti e stigmatizzando «l'ennesimo gravissimo episodio di incontestabile uso politico della giustizia».

Robledo che era procuratore aggiunto e sosteneva l'accusa in quel processo, si sentì diffamato e fece causa al Cavaliere davanti al tribunale civile di Brescia. Gli avvocati di Berlusconi dissero che le sue opinioni erano insindacabili e coperte dall'immunità parlamentare.

Ed è per questo che l'autorizzazione a procedere è tornata alla Camera. La decisione su questo braccio di ferro diventerà la cartina al tornasole delle decisioni della nuova giunta. E rischia di fare correre qualche sudore freddo sulla fronte del leader Pdl che non può più contare sulla sua maggioranza.

 


A NICOSIA VINCE CHI I SOLDI LI PORTA VIA

$
0
0

Eugenio Facci per "Libero"

IL PRESIDENTE CIPRIOTA NIKI ANASTASIADES DURANTE IL DISCORSO ALLA NAZIONE

Anche il presidente Anastasiades è coinvolto nell'ultimo scandalo che anima la tormentata primavera di Cipro. Una sua azienda di famiglia avrebbe trasferito 21 milioni di euro all'estero a ridosso dell'accordo con l'Ue che ha visto i depositi bancari nell'isola perdere fino al 60% del proprio valore.

È il secondo choc in pochi giorni a colpire la casta cipriota. La settimana scorsa un sito greco aveva pubblicato una lista di parlamentari e politici i cui debiti erano stati generosamente condonati dalle due principali banche del paese, le stesse che hanno poi scatenato la crisi a causa della mancanza di fondi.

Il presidente cipriota Nicos Anastasiades jpeg

Secondo il quotidiano cipriota «Haravgi» l'azienda di proprietà del cognato di Anastasiades avrebbe trasferito, tra il 12 e il 13 marzo, 21 milioni di euro dai propri conti presso la Laiki Bank, la banca che è poi stata smantellata per rispettare gli accordi di salvataggio con l'Ue.

Ma l'azienda di famiglia di Anastasiades non è l'unica sotto accusa. In totale sono 132 i nomi di aziende e privati che avrebbero trasferito all'estero i propri fondi nei giorni immediatamente precedenti il caos nell'isola, per un totale di ben di 700 milioni di Euro.

Anastasiades ha respinto le accuse, dicendo che è un tentativo di distogliere l'attenzione dai responsabili della virtuale bancarotta dell'isola. Anastasiades ha anche detto che si sottoporrà al giudizio di una commissione d'inchiesta nominata per fare luce sugli eventi che hanno portato al tracollo.

CIPRO PERSONE IN CODA AL BANKOMAT

Ma quella di ieri non è l'unica accusa che pesa sulla leadership di Cipro. Settimana scorsa il sito cipriota 24h.com.cy aveva pubblicato un altro elenco, questa volta contenente i nomi di numerosi politici a cui erano stati condonati generosi prestiti concessi dalle principali banche del paese.

Secondo quanto riportato da Der Spiegel molti dei prestiti condonati superavano i 100 mila euro, mentre alcuni eccedevano addirittura il milione. Proprio le perdite su prestiti e obbligazioni (in particolare greche) hanno portato le banche di Cipro sull'orlo del fallimento e alla richiesta di intervento delle autorità europee e del Fmi.

CIPRO PERSONE IN CODA AL BANKOMAT

Il salvataggio dall'Ue è arrivato il 25 marzo, ma ha virtualmente distrutto il settore bancario dell'isola (colonna portante dell'economia), imponendo prelievi che arriveranno anche al 60% per i depositi oltre i 100 mila euro.

Cipro-dice-no-al-prelievo-sui-depositi

Sempre ieri la Russia ha fatto sapere che non aiuterà i propri cittadini che hanno perso soldi nel tracollo di Cipro. Parlando alla televisione russa il vice premier Igor Shuvalov ha detto che non ci sarà un aiuto in blocco a tutti i cittadini russi con depositi nell'isola, ma che potrebbero esserci aiuti in casi individuali, da valutare caso per caso.

Secondo Bloomberg News a Cipro ci sono depositi russi per circa 16 miliardi di euro, fondi convogliati nell'isola da oligarchi e magnati ma anche da numerosissimi pensionati (oltre 30 mila) che si sono trasferiti sull'isola attratti dal clima. Sul fronte europeo le autorità di Bruxelles stanno cercando di rimediare all'approccio caotico che l'Ue ha messo in mostra nell'affrontare la crisi cipriota.

PROTESTE A CIPRO - CIPRO NON E' IN VENDITA

In una intervista al quotidiano belga De Zontag il presidente dell'UE Van Rompuy ha detto che «Cipro non è un esempio». In particolare Van Rompuy ha detto che la proposta (poi rientrata) dei ministri della zona Euro di imporre una tassa a tutti i depositi bancari ciprioti è stata una «decisione maldestra».

PROTESTE A CIPRO jpeg

La proposta aveva provocato brividi tra esperti e investitoricomuni, in quanto violava palesemente l'esplicita garanzia europea che vale su tutti i depositi bancari fino a 100 mila Euro.

L'Ue sempre ieri ha ammorbidito i parametri di budget di Cipro, concedendo all'isola una proroga di un anno (dal 2016 al 2017) per raggiungere un avanzo nel bilancio statale del 4%. L'isola, alle prese con aumenti di tasse, tagli alla spesa e una probabile forte recessione, sta negoziando per avere una ulteriore proroga per i parametri di bilancio.

PROTESTE A CIPRO jpeg

 

I SAGGI A PICCO SULLE RELAZIONI INDUSTRIALI?

$
0
0

Da "Il Foglio"

Marchionne

La procura di Nola accusa l'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne di discriminazione nelle assunzioni al lavoro di Pomigliano d'Arco. Una volta uscita la Fiat dalla Confindustria e quindi dal contratto collettivo dei metalmeccanici, nello stabilimento campano sono stati assunti i lavoratori che, dopo l'approvazione a maggioranza, hanno accettato il nuovo impianto contrattuale stipulato a livello aziendale. Ovvio. Oppure un grave reato ideologico?

MARCHIONNE FORNERO PASSERA ELKANN A POMIGLIANO

Spetta agli avvocati della Fiat argomentare sull'inconsistenza giuridica di questa accusa, fondata essenzialmente su un rifiuto pregiudiziale a prendere atto della contrattazione aziendale che ha sostituito, nella maggiore impresa privata del paese, quella collettiva dei contratti nazionali validi "erga omnes".

MONTI E MARCHIONNE A MELFI

E' tuttavia evidente, al di là dei cavilli giuridici e di una certa faziosità delle procure, che un sistema contrattuale dal quale sono esclusi, di fatto o di diritto, il maggior gruppo industriale da una parte e il più numeroso sindacato di categoria, la Fiom-Cgil, dall'altro, non regge. Se poi si guarda alla questione industriale dal punto di vista economico, si vede come questo sistema contrattuale obsoleto, insieme al cuneo fiscale insopportabile, abbia determinato la fuga degli investimenti, il blocco della produttività e maggiori costi del lavoro in presenza di retribuzioni da fame.

MONTI A MELFI

Tutti sanno che i settori della piccola e media impresa che hanno retto in qualche modo alla crisi lo hanno fatto applicando sistemi contrattuali pattuiti a livello aziendale. Mentre la grande impresa, se applica la normativa, regge solo se ha una componente decisiva delle entrate nell'esportazione o in tariffe controllate.

Anche ai "saggi" nominati da Giorgio Napolitano per delineare un programma economico condiviso sicuramente non sfugge l'urgenza di una soluzione dell'ormai annosa crisi delle relazioni industriali, che ormai non vanno bene a nessuno, nemmeno alla Fiat che sicuramente preferirebbe una situazione più gestibile di quella determinata dalla guerriglia giudiziaria.

pomigliano

Purtroppo questo è uno dei pochi temi sui quali esiste una reale distanza tra le posizioni delle principali forze politiche, come dimostra la migrazione di Pietro Ichino dal Partito democratico a Scelta civica, e delle principali organizzazioni sindacali.

Sul resto, sull'attenuazione graduale dell'austerità e della pressione fiscale, sul sostegno alla crescita cominciando dal pagamento dei debiti verso le imprese delle pubbliche amministrazioni, le differenze sono soprattutto di accenti e di toni, non di sostanza. Sulla riforma delle relazioni industriali e sulla flessibilità, invece, c'è una differenza non facilmente colmabile.

 

TEDESCHI CON POCA BIRRA: “E SE CI FREGANO UN’ALTRA VOLTA?”

$
0
0

Massimiliano Nerozzi per "La Stampa"

ITALIA GERMANIA 2012 - IL GOL DI BALOTELLI

Una fobia s'aggira per la Germania e quindi anche dentro la sempre fantastica Allianz Arena, casa Bayern, stipata pure stasera, primo round dei quarti di finale di Champions League.

Dunque, Bayern-Juve: ovvero, Germania-Italia sotto non troppo mentite spoglie, se sul prato ci saranno dodici giocatori dell'ultimo duello, a Euro 2012. «Macché, con quella partita questa non c'entra proprio nulla», allontana gli incubi Toni Kroos, uno dei gioiellini della ditta: a 23 anni, Messico '70 e l'Azteca saranno solo sbiadite immagini, e la disfatta del Mondiale 2006 lacrime davanti alla tv, ma a Varsavia fu piallato di persona.

Basta infatti lo sguardo altrove, il discorso che cerca subito altri argomenti in cui nascondersi, per capire che c'è davvero diffidenza quando si maneggiano nemici italiani. Se non timore, del tipo, vuoi vedere che ci fregano pure stavolta?

ITALIA GERMANIA 2006 - IL GOL DI DEL PIERO

E davanti ai cattivi pensieri ci sono due strade: o finisci per essere troppo modesto, o troppo spaccone. Thomas Muller, un altro dei fenomeni made in Germany, le imbocca entrambe. Prima versione: «Dobbiamo prepararci per due grandi partite, e abbiamo speranza di farcela, ma di passare non c'è invece certezza». Seconda: «Ehi, potete tirare fuori tutte le statistiche che volete, su Germania e Italia, ma la verità è che le cose le sai solo dopo aver giocato la partita. Non c'entra nulla».

Un po' come fece Bastian Schweinsteiger, un altro in campo stasera, sull'uscio della semifinale europea: «Pirlo? Bravo, a 33 anni, ma credo che ci siano modi per fermarlo». Pure peggio il ct dell'epoca, Joachim Loew: «Il passato non conta». Forse, ma di certo è molto ingombrante, se Germania e Bayern contro l'Italia e le italiane hanno una fedina con più sconfitte che vittorie.

antonio conte

«Avere pregiudizi spesso si dimostra cosa molto utile», consigliava Freud. Niente, meglio la rimozione del trauma: «Vado a questa partita con grande ottimismo - sorride ancora Muller - anche perché qui siamo in un quarto di finale, mentre agli Europei era una semifinale. E poi c'è Bayern-Juve, non Germania-Italia: tutti questi discorsi non ci interessano, quello che è successo in passato. L'Europeo, il Mondiale, ci importa solo di passare il turno».

Tra cupi presagi, e il favore del pronostico che qui non vogliono, il Bayern s'aggrappa all'ultimo incrocio, 1-4 a Torino, il terribile dicembre juventino (2009): «Fu la svolta della stagione», allarga il sorriso Muller. Che poi rispolvera la gerontocrazia italiana, anche nel pallone: «Si dice che le vostre squadre hanno grandissima esperienza, perché giocano con giocatori di una certa età, ma ora anche noi l'abbiamo». Non basta per far passare la paura: «Non vogliamo che si ripeta lo scenario di due anni fa contro l'Inter».

JUPP HEYNCKES

Basta così: «Le squadre italiane hanno un calcio basato sul risultato e sanno cosa fare per ottenerlo, e forse noi abbiamo sbagliato in momenti cruciali. Ma sono esistite anche le vittorie tedesche. Non c'è trauma, non c'è complesso». Semmai di superiorità, economica, anche se poi, un punto in campionato del Bayern è costato 2,40 milioni e uno della Juve 1,36. Scoprirsi spendaccioni, sarebbe un trauma anche più grande.

 

SULLA TIBURTINA, LA LAS VEGAS DEI POVERACCI - LO SQUALLORE E IL DEGRADO DELLA ROMA DEL GIOCO

$
0
0

Walter Siti per "la Repubblica"

«No, nun te credere ch'è riciclaggio... ce dev'esse ‘n giro d'egiziani... ‘o capisco da ‘e ragazze, so' ‘e stesse... fanno ‘e cameriere ‘n pizzeria e n'antro giorno ‘e ritrovi qua a ‘e macchinine... quelli se so' creati ‘na fortuna co' er ristorante de San Giovanni, e mo' cercano da reinvestì...». Fabietto, il mio provvisorio Virgilio in questo giro per la Tiburtina, non dà peso agli allarmi sulla presenza della malavita organizzata, scommette piuttosto sull'invasione degli immigrati.

tiburtina las vegas

Che l'Egitto c'entri qualcosa sembrerebbe confermato dal bar di fronte, anch'esso con la sua piccola dotazione di slot: si chiama nientemeno che Cleopatra. Siamo al Las Vegas, una delle sale giochi, o casinò automatizzati, che si stanno pian piano disseminando lungo la consolare; involucro di alluminio anodizzato, tutto nero e rosso, con tante luci e un poker d'assi gigantografato all'ingresso. Per arrivare qui (a un paio di chilometri dal ponte sulla ferrovia, zona Casal Bruciato più o meno) di posti simili ne abbiamo già incontrati due: il Terry Bell e il Manhattan. Ma erano più modesti, cupi e con un odore di chiuso, il classico odore di disinfettante che si sente nei pornoshop, sedie girevoli di pelle e un solo gestore alla cassa.

Qui al Las Vegas l'investimento è stato maggiore, alla cassa c'è una cagliaritana mora e carina che assorbe le attenzioni di Fabietto; ci spiega che le ragazze sono in tutto una decina e che fanno i turni perché la sala è sempre aperta (dice orgogliosa «acca ventiquattro ») e che due volte al giorno passano con dei piattoni di pasta gratuiti per i giocatori; anche ora, saranno le sei e mezza di sera, ce n'è una che gira con un vassoio di panini e vol-au vent. La clientela è scarsa: qualche giostraio sbrancato («‘na volta erano i zingari, mo' se deve da dì rom», così Fabietto), due o tre maghrebini affaticati, una coppia italiana di mezz'età che spinge i pulsanti senza dirsi una parola.

tiburtina dubai palace

La mattina vengono gli studenti che fanno sega a scuola, il movimento vero c'è di notte. Oltre alle slot che abbiamo visto negli altri due, qui c'è una roulette automatica con limite di vincita a duecento euro e la voce registrata di un croupier che traduce malamente dal francese («non va più») - e c'è anche una consolle dove più tardi si installerà il dee-jay.
Poco più avanti si trova il Royale, che si vanta di essere il primo; razionale, sobrio nell'arredamento anzi astratto, così geometrico e asettico che assomiglia ai locali che si vedevano su Second Life.

Ci meravigliamo che sia semivuoto il venerdì e il gestore si giustifica che è ora di cena, e in ogni caso il loro è un target medio-alto, c'è gente che ci perde anche due-tremila euro per volta. «Ha telefonato tu' madre, te stava a cercà», grida a un ragazzo che tanto medio- alto non sembra; poi si butta a lamentarsi che le macchine restituiscono per legge circa il novanta per cento di quello che inghiottono, del restante dieci lo Stato se ne piglia più della metà, e sul meno di cinque ci deve pagare il comodato d'uso - a lui resta un misero due, due e mezzo.

slot machines e casino sulla tiburtina jpeg

Con le semplici slot a monetine non si guadagna quasi niente, va un po' meglio con le Vlt, le video lottery che accettano banconote e carte prepagate, consentono vincite (o perdite) fino a cinquemila euro e col jackpot cumulativo nazionale fissato da un server remoto promettono un colpaccio da due o trecentomila. "264, 460" lampeggia infatti a intermittenza al centro della parete. Un mese fa uno ha vinto diciottomila euro (ma è diventato leggenda, tutte le sale sostengono che è successo da loro). «Ecco, ecco uno di quelli che giocano forte», indica sollevato il gestore all'entrare di un vecchietto pelato, giacca antiquata pied-de-poule; si specchia al vetro della roulette, pigia svogliato un nero
pair et manque, perde subito due euro e se ne va.

Per arginare lo sconforto e il senso di squallore invito Fabietto a cena in una trattoria di pesce; dopo proseguiamo verso l'incrocio col raccordo anulare, dove si favoleggia del nuovo Dubai Palace, il più grande e il più fornito. Arrivando troviamo in effetti un mare di auto, un parcheggio sotterraneo enorme e ben sorvegliato - e una struttura imponente, tutta illuminata d'oro, con lettering arabeggiante e il logo ossessivamente ripetuto della Palma, la famosa penisola artificiale di Dubai.

Qui ai grandi saloni delle slot e alla zona roulette si aggiunge la sala bingo, più un'ala dedicata alle scommesse sportive (calcio internazionale e cavalli); c'è un ampio ristorante con una piattaforma per musica dal vivo, cabaret, sfilate di moda ("eventroom", la settimana scorsa un concorso di miss over Cinquanta).

Schermi televisivi ovunque, più decorativi che funzionali. «Intrattenimento integrato» ci soffia all'orecchio uno dei proprietari e comincia ad affabulare la propria visione del mondo: era un imprenditore (rimane sul vago, «difesa, telecomunicazioni, biomedicale»), ma adesso nell'industria non ci crede più; al tempo degli scatoloni alla Lehman Brothers se ne andò in Cina e lì si è convinto che l'Europa è destinata a diventare un continente di camerieri - il futuro sta nel business del divertimento.

tiburtina valley casino

Gli piacerebbe una sala per il texas hold'em e una roulette coi croupier in carne e ossa, ma per quello non ha la licenza; ci mostra dei cartelli (a dire il vero quasi invisibili) con avvertenze sui rischi del gioco d'azzardo, assicura di essere in contatto con un ludopata a cui affidare i casi più pietosi di dipendenza.

Via di nuovo verso l'ultima creatura del gruppo, il Dubai Due dalle parti di Settecamini; qui il parcheggio è ancora in costruzione, troviamo posto per puro bucio, perché uno sta uscendo, è già mezzanotte. Ma traccheggia, non si decide, sicché scendiamo a sollecitare; il guidatore grasso, sulla cinquantina, ha mollato il volante e tiene le mani tra le cosce di una ragazza orientale - non voglio pensar male, magari è la fidanzata (ma Fabietto scettico "si je sganci ‘na piotta quella se fidanza pure co' tte").

La solita decorazione moresca, all'ingresso una tabaccheria coi peluche e gli ovetti kinder; più che un nido del vizio sembra un autogrill. Tra i tavoli del ristorante (menù pizza quindici euro compresa bevanda), sotto gli occhi famelici di pochi e la stanca distrazione di molti, si esibiscono "Les jeux sont faits": tre ballerine e un ballerino che hanno perso da tempo la speranza di essere ammirati.

Taglio della torta

Per il venerdì successivo è annunciata l'esibizione di Khaled Jackson "uno dei sette sosia ufficiali di Michael al mondo". Forse alle tre o alle quattro del mattino l'atmosfera si farà losca, forse accadrà qualcosa di interessante; non ce la faccio ad aspettare, usciamo e non entriamo al Black Jack Café che sta quasi di fronte. Leggiamo solo un cartello sulla porta, "vietato stare in piedi dietro ai giocatori".

Perché le slot non dipendono dall'abilità, ma solo dal caso, e se la macchinetta è stata troppo avara è più facile statisticamente che poi gratifichi il nuovo arrivato, come i numeri in ritardo alle ruote del lotto. In questo pellegrinaggio che dura da sette ore, quel che mi ha colpito di più non è la trasformazione (segno dei tempi) della progettata ottimistica Tiburtina Valley, polo dell'informatica e dell'innovazione tecnologica, in una deprimente "game valley" di locali che si installano dove stanno chiudendo le falegnamerie, i blockbuster o la Alenia.

Non è nemmeno la percezione acuta della crisi, che porta i più disperati ad affidarsi alla sorte, come se un'intera strada potesse funzionare da spropositato gratta e vinci. A colpirmi è stata la sottrazione di responsabilità: i videogame che prevedono un po' d'azione da parte dei giocatori sono spariti e nelle stesse slot c'è un pulsante "auto" che ti esime dal tirare la leva o spingere i bottoni.

Pubblico area VIP

Puoi stare a braccia conserte, per minuti e minuti, a fissare catatonico un display che fa tutto da solo; ti spara negli occhi cactus e piramidi, dollari vampiri e prugne, e numeretti che girano. Perfino al bingo, se hai più di sei cartelle e temi di confonderti, puoi affidarti a uno schermo che le controlla per te e ti avverte squillando se hai completato la cinquina. Un popolo di zombie, di zombie gentili che se chiedi qualche informazione ti rispondono riconoscenti: non è ludopatia, è noia, vuoto e rassegnazione.

Uomini soli, di tutte le etnie e di tutte le età; coppie di donne anziane che non sanno dove altro passare la serata; famiglie che assistono alla fortuna o sfortuna di papà; giovani innamorati senza fantasia che si baciano quando si illumina una combinazione. Non solo borgatari, direi, né tantomeno solo trasgressivi o disposti ad avventure illegali. Qui c'è l'Italia che Pasolini cantava nelle Ceneri di Gramsci, ma devitalizzata e privata di identità. Tra un casinò e l'altro, la Tiburtina notturna coi suoi sventramenti, la sua edilizia demente e corrotta, i vetri in frantumi dei negozi alla deriva e delle fabbriche dismesse.

 

RE GIORGIO È UN COMPAGNO CHE NON DIMENTICA E SI VENDICA

$
0
0

Antonio Padellaro per "Il Fatto Quotidiano"

Nel maggio del 2006 l'Unità decise di celebrare l'ascesa di Giorgio Napolitano al Quirinale con il titolo "Buongiorno Presidente", che a me parve molto bello e augurale, anche perché all'epoca ero io a dirigere il giornale.

ANTONIO PADELLARO ALLA FESTA DEL FATTO jpeg

Col senno di poi, forse avrei dovuto moderare l'entusiasmo. Del resto, poche settimane prima, nella notte dei famosi ventiquattromila voti di scarto fra l'Unione di Prodi e la destra, ne avevo combinata un'altra, sparando a tutta prima pagina: "Berlusconi Addio", e si è visto poi come è finita.

Anche se altri titoli mi sono riusciti meglio, a quel ricordo giornalistico di sette anni fa è legato un episodio che, seppur minimo, aiuta a decifrare il personaggio Napolitano alla luce anche dei suoi ultimi atti di imperio che qualcuno paragona a un golpe bianco.

Dunque, con i colleghi dell'Unità decidemmo di stampare quella pagina augurale su una lastra di zinco debitamente incorniciata a imperituro ricordo e di apporvi gli autografi di tutti i giornalisti e lavoratori del quotidiano fondato da Antonio Gramsci e di cui l'autorevole dirigente comunista era stato una firma apprezzata.

VIGNETTA MANNELLI NAPOLITANO LITALIA E GLI APPELLI VIBRANTI jpeg

Poi, presi dall'entusiasmo, chiedemmo al portavoce Pasquale Cascella di poter consegnare direttamente nelle mani del nuovo capo dello Stato il prezioso oggetto. Cortese, Cascella mi assicurò che si sarebbe fatto latore della richiesta.

Non ne sapemmo più nulla, ma non certo per responsabilità di Cascella. Qualche tempo dopo, nel congedarmi dall'Unità, feci recapitare lo sfortunato omaggio al Quirinale, dove penso giaccia ancora in qualche augusto ripostiglio.

Tracce di Napolitano, prima dell'imprevista ascesa al Colle, ne avevo avute quando, sempre tramite Cascella, allora notista politico dell'Unità, egli mi recapitava suoi densi saggi di non facile lettura sui problemi dell'Europa, che io provvedevo a mettere in pagina per rispetto al grande leader di partito destinato all'oblio, com'era opinione comune.

Ecco, penso che lo straordinario sussiego con cui Napolitano ha interpretato il suo settennato sia anche frutto di quella marginalità a cui era stato condannato da personaggi che probabilmente considerava (e considera) dei nanerottoli, politicamente parlando e sui quali, successivamente, si è preso una lunga e gelida rivincita. Penso che non abbia tutti i torti, perché pur con le numerose colpe che il Fatto non ha mai smesso di rimproverargli, Napolitano appare come un gigante del pensiero, soprattutto se paragonato ai suoi ex compagni di partito.

A ben guardare, infatti, anche il mezzo incarico conferito a Pier Luigi Bersani appare come l'ultimo sgarbo nella lunga storia di sgarbi e di ruggini che ha diviso la sinistra italiana. Ma proprio come in molte storie di sinistra, questo rancore viene dissimulato dietro tonnellate di osanna e salamelecchi. Un culto della personalità che non ha paragoni nelle democrazie occidentali.

cascella e napolitano article

Per esempio, l'ossessiva e piagnucolosa insistenza con la quale si chiede a Re Giorgio di restare sul Colle per un altro mandato fa venire in mente l'ode dedicata al dittatore nordcoreano Kim Jong-Il, erede di Kim Il-sung i cui versi cantano: "Non possiamo vivere senza di te / il nostro Paese non può esistere senza di te".

È incredibile, i politici italiani non sanno vivere senza Napolitano e, più lui si ritrae apparentemente infastidito, più essi si stracciano le vesti: resta con noi! Ma allora come si spiega questa adorazione con le ruggini di cui sopra? È semplice. In tutti questi anni Napolitano ha fatto da scudo a una classe politica tra le più screditate e impopolari.

È stato a causa di questa gigantesca coda di paglia che abbiamo dovuto sorbirci cori di giubilo e peana ogni volta che dal Quirinale giungevano tra tuoni e saette, i famosi moniti: lodi a cui invariabilmente seguivano gli identici comportamenti così inutilmente monitati.

L'estasi è giunta al punto che nell'ultima consultazione abbiamo ascoltato il vicesegretario Pd Enrico Letta, esclamare (senza ridere) una frase del tipo: ci affidiamo completamente a Lei, Presidente, con lo stesso trasporto di Papa Francesco quando si rivolge all'Altissimo.

Giorgio Napolitano da giovane

Tanta devozione non è però servita a impedire la suprema beffa dei cosiddetti Saggi che, con la stravagante non soluzione della crisi di governo, ha condannato il povero Bersani in un ridicolo limbo, visto che l'incarico Napolitano non glielo ha dato, ma neppure glielo ha tolto. Difficile che questa volta lo smacchiatore di giaguari la mandi giù: infatti tra i Democratici i mugugni si sprecano.

È vero che anche Berlusconi e Grillo alzano la voce contro le commissioni che servono solo a prendere (e a perdere) tempo. Ma l'inquilino del Colle sembra intenzionato a non mollare "fino all'ultimo giorno", poiché sembra assodato che fino all'ultimo giorno di Napolitano non ci sarà un governo Bersani. A meno che Bersani non mandi giù il disgustoso intruglio di un patto Pd-Pdl. A sinistra la vendetta è un piatto che va servito freddo, molto freddo.

 

ARRIVA LA STANGATA: NON PAGHI CHI PUÒ! - PER SALVARE IL SALVABILE, IL GOVERNO MONTI DEVE RINVIARE LA STANGATA FISCALE

$
0
0

Roberto Petrini per "la Repubblica"

MONTI GRILLI

Scatta la fase di emergenza anticrisi. Dopo il via libera di Napolitano all'esecutivo Monti per varare «provvedimenti urgenti sull'economia» di intesa con l'Europa e con il «controllo essenziale del nuovo Parlamento», si attende per la prossima settimana un nutrito pacchetto di decreti leggi: lo sblocco dei 40 miliardi dei debiti che lo Stato deve alle imprese; l'allentamento del patto di stabilità dei Comuni; un provvedimento per sbloccare i fondi strutturali europei cofinanziati dallo Stato italiano per 6-8 miliardi.

MARIO MONTI E VITTORIO GRILLI jpeg

In lista d'attesa anche la proroga della nuova tariffa sui rifiuti Tares che dovrebbe scattare da luglio e della quale da più parti si chiede il rinvio al prossimo anno, oltre al salvataggio di altri 10 mila lavoratori esodati rimasti senza pensione e senza lavoro dopo la riforma Fornero, un provvedimento che arriverebbe in applicazione della legge di stabilità del 2013. Il timing istituzionale prevede di fatto una proroga del governo Monti e si basa sull' "architettura" creata dai presidenti delle Camere Boldrini e Grasso.

Squinzi

Ad accogliere i provvedimenti del governo in Parlamento ci saranno infatti due commissioni speciali: quella della Camera presieduta dal leghista Giorgetti (il vice è Pier Paolo Baretta del Pd) alla quale ha fatto esplicito riferimento il Capo dello Stato nel suo intervento e che è composta da 40 deputati, e quella del Senato della quale fanno parte 27 parlamentari. I provvedimenti arriveranno con tutta probabilità alla Camera: martedì subito dopo Pasqua la Commissione speciale ha in calendario l'approvazione della risoluzione che aggiorna il Def documento di economia e finanza, cioè, i saldi di contabilità pubblica di quest'anno.

La modifica, che porterà il rapporto tra deficit e Pil al 2,9 per cento, farà spazio per maggiori spese. In particolare lo 0,5 per cento del Pil sarà destinato all'operazione che apre la strada al pagamento dei crediti vantati dalle imprese.

Sarà questo uno dei provvedimenti centrali dell'intero pacchetto: le imprese, come è noto, vantano crediti per 70 miliardi da parte dello Stato (anche se Bankitalia nei giorni scorsi ha calcolato che i crediti complessivi valgono addirittura 90 miliardi). Il governo Monti nei giorni scorsi ha avviato la procedura di sblocco dei pagamenti con l'invio al Parlamento della relazione di aggiornamento al Def: si tratterà di 20 miliardi per il 2013 e di altrettanti per l'anno prossimo.

Fabrizio Barca

Molti dei debiti della pubblica amministrazione sono in capo ai Comuni che tuttavia, anche nel caso avessero risorse a disposizione non possono pagare perché rischiano di incappare nei limiti alle spese posti dal cosiddetto patto di stabilità interno per questo motivo uno dei provvedimenti cui sta lavorano il governo e che dovrebbe essere varato la prossima settimana, riguarda proprio l'allentamento dei vincoli imposti ai Comuni.

L'altro asso nella manica del governo Monti in prorogatio è quello dei fondi strutturali partita giocata durante l'ultimo anno con particolare destrezza dal ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca. Come è noto i fondi europei destinati ai Paesi membri devono essere cofinanziati: da quest'anno il cofinanziamento non è più il classico uno a uno ma per un euro erogato dall'Europa è sufficiente che l'Italia metta sul piatto 75 centesimi: 3 miliardi sono già stati varati e ora si è a caccia di altri 3,5 miliardi che permetterebbero investimenti per 6-8 miliardi. Infine il provvedimento che riguarda la Tares, la nuova tassa sui rifiuti.

Come è noto tra giugno e luglio si profila una stangata fiscale senza precedenti: in calendario ci sono anche la prima rata dell'Imu, l'acconto dell'Irpef e l'aumento dell'Iva dal 21 al 22 per cento, un ingorgo fiscale che è stato oggetto delle critiche di Cgil Cisl e Uil. In particolare contro la Tares si sono espressi i parlamentati del Pd che hanno chiesto un rinvio al prossimo anno in attesa di una modifica della struttura del nuovo balzello. Priorità del governo sarà quella di prorogare l'avvio della Tares almeno al prossimo anno.

 

LA “SPAM WAR” DI SVEN, IL CORSARO NERO DELLA RETE

$
0
0

Enrico Franceschini per "la Repubblica"

HACKER ONLINE

Lo chiamano "il Principe dello Spam". Ma lui preferisce il titolo, semi-autoironico, di "ministro delle Telecomunicazioni e degli Affari Esteri della Repubblica del Ciber-Bunker". Il suo vero nome è Sven Olaf Kamphuis. È olandese, ha (circa) 35 anni ed è sospettato di essere l'artefice, alla testa di una banda di hacker, dell'attacco cibernetico che questa settimana ha rallentato e minacciato di mandare in tilt i siti e i collegamenti web di mezzo mondo. La procura dell'Olanda ha aperto un'indagine nei suoi confronti.

Giornali e televisioni americani ed europei cercano di intervistarlo. Ma lui è apparso fugacemente in streaming da un anonimo internet cafè, ha lasciato qualche traccia su una pagina Facebook e poi è scomparso. Si dice che sia - perlomeno fisicamente - ad Amsterdam, a Berlino o a Barcellona. Digitalmente, è qui e là, in ogni luogo e da nessuna parte, inafferrabile come una primula rossa (o forse nera) della rete informatica.

Hacker

Una cosa è certa: sono personaggi così, oggi, a popolare gli incubi della sicurezza online. E l'assalto di cui Sven Olaf sarebbe stato protagonista, o vittima, poiché neanche il suo ruolo nella vicenda è chiaro, disegna gli scenari delle "Spam Wars", le guerre combattute attorno alla moltitudine di messaggi commerciali, pubblicitari o comunque non
desiderati da chi li riceve che ingombrano le caselle della nostra posta elettronica: conflitti che vedono da un lato società di server imperscrutabili, dall'altra pirati informatici animati da uno spirito ribelle, ma le cui conseguenze possono mandare K.O. l'intero web, paralizzando il pianeta come, o più, delle temute "guerre stellari" a colpi di missili balistici dell'epoca della Guerra Fredda.

A sottolineare la gravità del rischio e l'importanza del "Principe dello Spam" ha contribuito ieri il New York Times, che lo ha sbattuto in prima pagina, anche nella sua edizione globale, l'International Herald Tribune, dandogli la priorità rispetto alle ambizioni presidenziali di Hillary Clinton e alle farneticazioni nucleari del dittatore nord-coreano. Chi è dunque Khampuis e cosa vuole?

LINUX HACKER

Di sicuro è il fondatore e presidente della CyberBunker, server olandese che ospita e diffonde le email di decine di società che trasmettono spam di ogni genere, "tranne pornografa e terrorismo". Esperti olandesi dei sistemi di sicurezza per computer, interpellati dal quotidiano newyorchese, lo descrivono come una sorta di lupo solitario con brillanti capacità di programmatore di software.

Sulla sua pagina di Facebook lui dà di sé un'immagine da "freedom fighter del web", un combattente per la libertà online, una specie di Julian Assange (il fondatore di Wikileaks) del digitale, sebbene con opinioni politiche confuse o contraddittorie: gli piace la musica heavy-metal, difende la legalizzazione della marijuana, odia le autorità e i "complotti ebraici". Il suo avversario, nei giorni scorsi, è diventato la Spamhaus, gruppo di hacker che si prefigge lo scopo di smascherare gli spammer e ostacolarli.

CODICE MATRIX jpeg

Senonché, davanti a un tentativo di fermare la Cyber Bunker (che ha sede in un vecchio bunker della guerra fredda - da cui il nome), quest'ultima ha risposto attaccando la Spamhaus con un'offensiva di intensità straordinaria, tale che, invece di colpire soltanto gli hacker, ha messo in crisi ampi settori del web, con utenti di molti paesi che non riuscivano più a collegarsi alla rete o a scaricare la posta.

hacker

"E' come un cannone impazzito", dice di lui Erik Basis, proprietario di un server che ha lavorato con la CyberBunker, "non ha riguardi per i danni collaterali". Spara nel mucchio, per così dire, e pazienza se tra le vittime ci sono degli innocenti. Sven accusa gli hacker di Spamhouse di ergersi a censori del web senza che nessuno li autorizzi: "Sono ricattatori e diffusori di menzogne ebraiche", afferma con linguaggio che odora di antisemitismo.

hacker

La procura olandese ha ora aperto un'inchiesta sul suo operato, per stabilire se è colpevole di qualche reato. Lui nega di avere ordinato l'attacco che ha fatto tremare internet, ma un altro server con base nei Paesi Bassi dice al New York Times di avere trovato "tracce digitali" di una società legata a Khampuis nel traffico diretto contro Spamhaus. Per il momento, tuttavia, il "Principe dello Spam" rimane irreperibile. È l'Assange del web o un fanatico pericoloso? La risposta si nasconde da qualche parte sulla rete.

 


QUANDO I NAZISTI ERANO BRUTTI COME IL SOLE - HITLER STAVA PROGETTANDO L’ARMA “DEFINITIVA”

$
0
0

DAGOREPORT

LA PISTOLA SOLARE NAZISTA PROGETTATA DA OBERTH

Dal "Daily Mail"
http://bit.ly/129BLD5

Del nazismo e delle sue aspirazioni distruttrici se ne sono dette di ogni, spesso al limite della fantascienza. Non è la prima volta che si sente parlare di presunti progetti ed esperimenti segreti che avrebbero avuto come fine la ricerca di un'arma micidiale e "definitiva".

LA PISTOLA SOLARE NAZISTA PROGETTATA DA OBERTH

In questo caso, però, la fantasia lascia spazio all'evidenza. Anche se non fu nella pratica mai realizzato, in realtà il progetto di un'arma dalle impressionanti potenzialità era stato seriamente preso in considerazione dalla Germania di Hitler. L'ambizione dell'opera lascia perfettamente intendere quale grado di megalomania si fosse impossessato dei nazisti.

LA PISTOLA SOLARE NAZISTA PROGETTATA DA OBERTH

Il progetto aveva un ideatore illustre: Hermann Oberth, lo scienziato che creò il primo razzo alimentato a carburante liquido, e si trattava di una "pistola solare", in grado di concentrare l'intera potenza energetica dei raggi del sole in un solo punto della Terra e sprigionarla con effetti catastrofici.

Il meccanismo era, né più né meno, quello "della lente d'ingrandimento", con cui generazioni di bambini (e aspiranti piromani) si sono divertiti e continuano a divertirsi.

LA PISTOLA SOLARE NAZISTA PROGETTATA DA OBERTH

Secondo le immagini pubblicate dalla rivista "Life" il 23 luglio del 1945 (quando, subito dopo la guerra, cominciarono a essere scoperti vari documenti ritrovati nelle roccaforti del Terzo Reich), il progetto consisteva in un grande specchio che, lanciato in orbita, sarebbe stato in grado di convogliare i raggi solari in un punto preciso della Terra, liberando una forza tale da distruggere intere città in pochi minuti o far ribollire l'oceano in alcune zone prestabilite.

L'arma avrebbe avuto un costo di circa tre milioni di marchi e per costruirla ci sarebbero voluti 15 anni. Secondo il progetto di Oberth, che non aveva finalità belliche e che ancora nel 1957 continuava a sostenere l'efficacia della sua invenzione, la pistola solare sarebbe dovuta servire a indirizzare i raggi del sole in quelle zone della Terra dove ce n'era più bisogno.

In barba alle mezze stagioni e al riscaldamento globale, ovviamente.

 

LA TERZA REPUBBLICA NON INIZIA AFFATTO, E TRA LE VITTIME C'È ANCHE NAPOLITANO

$
0
0

Scaenarius per Dagospia

Napolitano

La Terza Repubblica non inizia affatto, e tra le vittime della transizione c'è anche l'unico Uomo al Comando: Giorgio Napolitano. Cos'è successo? Perché tanto affanno da parte del Comandante saggio per antonomasia?

Intanto, a proposito della nomina dei dieci saggi unisex, occorre ricordare come Napolitano non abbia mai mollato la presa alle 'quote rosa': vecchio dirigente politico, non si può definire anti-femminista, ma sinceramente indifferente alla valorizzazione delle differenze di genere.

Basta vedere l'elenco dei vertici del Quirinale da lui nominati: segretario generale e due vice sono maschi; e sono maschi - a parte l'età media - tutti e nove i Consiglieri del Presidente!

NAPOLITANO AL TELEFONO AI TEMPI DEL PCI jpeg

Ma queste sono bazzecole, se confrontate con lo stallo politico, che corrisponde piuttosto precisamente alle previsioni che Scaenarius ha fatto su questo sito lo scorso 22 marzo.

http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/dagoreport-alle-17-napolitano-convoca-bersani-al-colle-quali-sono-gli-scenari-possibili-una-52893.htm

Qui Napolitano si trova per primo bloccato.

Intanto, però, il Presidente ha ottenuto tre risultati:

1) Archiviare il tentativo Bersani senza troppo spargimento di sangue (ed è furente con il gruppo ristretto emiliano-bersanese, che insiste nel dire che il Segretario è ancora in pista).

I saggi da Napolitano

2) Ottenere lo stesso risultato delle dimissioni, senza dimettersi (i due gruppi di Saggi porteranno il suo mandato fino al traguardo, e senza che debba incappare in un altro incarico fallimentare ad un Premier impossibile).

3) Responsabilizzare un frustrato e disamorato Mario Monti, che vorrebbe sparire dalla circolazione, ma che invece dovrà tirare la carretta ancora un po' (cercando di evitare disastri come l'affaire Marò, e di varare le complicate misure sui crediti alle imprese, che volentieri avrebbe lasciato al successore).

i saggi by vauro

Ma nella costituzione dei gruppi dei Saggi c'è anche l'ultimo messaggio politico di Napolitano: ha capito bene quello che Bersani ha fatto finta di impasticciare. Non c'è alcuna possibilità di governo al di fuori della stessa maggioranza a tre degli ultimi 15 mesi.: PD, PdL, Montini.

Mario Monti

Grillo, infatti, non rinuncerà alla rendita dell'opposizione. Bersani non vuole accordi con il Banana. Il quale è pronto a far saltare tutti i tavoli in cui non appaia un compromesso per salvarlo dalle condanne imminenti. Dunque, la situazione è paralizzata, e a questo punto tutto è affidato al Grosso Coniglione: il nuovo Presidente della Repubblica, che durerà sette anni, e non le sette settimane che rischia di durare la Legislatura.

Quali mani lo tireranno fuori dal cilindro? Semplice. Il vero compito dei Saggi-Sherpa è capire e far capire se ci saranno le condizioni per far votare a Berlusconi il nuovo Capo dello Stato. Altrimenti, gli uomini di centro-destra lasceranno il tavolo: appena fosse chiaro che non c'è accordo e che al Quirinale andrà un uomo di sinistra, votato da Grillo.

 

 

TEMPO DI MERDA, TUTTI AL CINEMA A PASQUA E PASQUETTA - “CROODS” IN TESTA, SEGUONO BISIO E “GI JOE”

$
0
0

1. I TROGLODITI "CROODS" MENANO TUTTI ANCHE A PASQUA
Marco Giusti per Dagospia

GI JOE LA VENDETTA jpeg

Daje. I trogloditi fracassoni della Dreamworks, "I Croods", menano tutti anche a Pasqua e Pasquetta. Con 2 milioni e 717mila nel weekend di Pasqua e 1 milione e 300mila solo a Pasquetta arrivano a un totale di 7 milioni e 700mila.

Tiene bene la botta, grazie al maltempo e alla gran confusione politica attuale, "Benvenuto Presidente!" di Riccardo Milani con Claudio Bisio, che è secondo con un incasso di 2 milioni e 700mila fra Pasqua e Pasquetta e un totale di 5 milioni e 800mila che lo pone come secondo incasso italiano stagionale dietro "Il principe abusivo" di Alessandro Siani.

Vero che ha oltre 500 sale e un eccelso incasso per copia (1.700 euro a pasquetta...), ma è comunque un buon risultato. Certo che se Bisio e Siani, con la coppia nord+sud avessero fatto un terzo film assieme le cose potevano andare meglio, anche se l'incasso di 27 milioni di "Benvenuti al Nord" di inizio 2012 sembra oggi impensabile per qualsiasi film italiano.

GI JOE LA VENDETTA CHANNING TATUM E THE ROCK jpeg

Terzo il film più cafone del momento, "G.I.Joe - La vendetta" di Jon M. Chu con Dwayne Johnson e Bruce Willis, con 1 milione e 305mila nel weekend pasquale e altri 381mila a Pasquetta con un totale di 1 milione e 690mila. In patria, dove giocare con le armi e i soldatini ella Hasbro ha ancora un senso, è primo con 51 milioni di dollari massacrando i poveri "Croods", mentre in tutto il mondo ha già superato i 100 milioni i di dollari.

Quarto il fantasy 3D con i giganti scorreggioni di Bryan Singer, "Il cacciatore di giganti", che si pappa 1 milione e 437mila euro di incasso fra Pasqua e Pasquetta e un totale di 1 milione e 520mila. Il film è troppo dark, i bambini si spaventano e le scorregge non bastano per scatenare il cattivo gusto degli adulti.

"La madre", ottimo horror con Jessica Chastain, regge bene la botta pasquale e si porta a casa 1 milione di euro e un quinto posto in classifica. Sesto il film più scorretto e divertente dell'anno, "Gli amanti passeggeri" di Pedro Almodovar, che incassa a Pasqua, malgrado le grandi messe e i lavaggi di piedi a chiunque si trovasse sulla sua strada di Papa Francesco, 632 mila euro.

GI JOE LA VENDETTA BRUCE WILLIS jpeg

Fra tanti film impossibili per un pubblico più vecchiotto e borghese, reggono benissimo commedie più tradizionali, come "Il lato positivo", che si porta a casa un altro mezzo milione di euro a Pasqua, mentre funziona di ritorno perfino "La frode" con Richard Gere, thriller convenzionale, ma che si segue con molto piacere.

Così così l'esordio italiano del Monnezza movie francese "Due agenti molto speciali" con Omar Sy, 376mila euro a Pasqua e altri 142 mila a Pasquetta. Disastro per il fantascientico "The Host" di Andrew Niccol, che incassa solo 700mila euro e non va bene nemmeno in patria, incassando solo 11 milioni contro i 50 di "G.I.Joe".

Nelle zone più basse non se la passano benissimo né "Un giorno devi andare" di Giorgio Diritti, 125mila euro a Pasquetta, né "Outing", commedia falsafrocia pugliese che arriva solo a 63mila euro a Pasquetta. Totalmente non pervenuto il mistico morettiano in sardo e in simil bianco e nero "Su re" che non deve essere stato il film forte di questa Pasqua 2013.

Channing Tatum Dwayne Johnson D J Cotrona


2. G.I. JOE LA VENDETTA INCASSA 52 MILIONI NEGLI USA E 132 MILIONI NEL MONDO!
Leotruman per http://blog.screenweek.it/


Pasqua col segno più anche negli USA, dove sono 145 i milioni raccolti in questi giorni, il 18% in più rispetto allo scorso anno. Il merito è anche di G.I. Joe: La Vendetta, il sequel di G.I. Joe - La nascita dei cobra diretto da Jon Chu con protagonisti Dwayne Johnson (Roadblock), Channing Tatum (Duke) e Bruce Willis (il Generale Joe Colton).

The Croods

Weekend classico da oltre 41 milioni di euro (media di 11mila dollari per cinema), il secondo miglior esordio di sempre per il weekend di Pasqua. Essendo uscito di giovedì, la pellicola in 3D ha raccolto ben 51.7 milioni di dollari in quattro giorni, a cui si aggiungono altri 80.3 milioni raccolti nel mondo. Il totale globale dopo un pochi giorni è di ben 132 milioni di dollari, davvero notevole. Con un Cinemascore A- la pellicola sembra avere vita lunga in sala e scopriremo presto se riuscirà a superare l'incasso del primo episodio.

CROODS

Seconda posizione per I Croods, il nuovo cartoon targato DreamWorks Animation, che incassano altri 26.5 milioni di dollari per un totale di 88 milioni in dieci giorni. L'annuale commedia di Tyler Perry,Tyler Perry's Temptation, questa volta si accontenta di 22.3 milioni, ma con l'ottima media di 22.3 milioni (è il suo decimo film ad aprire sopra i 20 milioni!), mentre Attacco al Potere - Olympus Has Fallen, l'action thriller diretto da Antoine Fuqua con Aaron Eckhart e Gerard Butler, perde il 54% degli incassi e aggiunge altri 14 milioni di dollari (54 milioni in dieci giorni).

Il Grande e Potente Oz, la pellicola fantasy in 3D diretta da Sam Raimi, sfiora i 200 milioni totali grazie agli 11.6 milioni di dollari incassati negli ultimi tre giorni, superando anche The Host, la nuova pellicola diretta da Andrew Niccol ispirata ad un romanzo di Stephanie Meyer (Twilight), fermo a 11 milioni (media di soli 3400 euro). Un altro tween movie rivelatosi un flop, anche se non letteralmente visto che è costato una quarantina di milioni e li recupererà tutti anche con i mercati internazionali.

Pedro Almodovar ne Gli amanti passeggeri

The Call, il thriller diretto da Brad Anderson con Halle Berry, incassa poco meno di 5 milioni (quasi 40 il totale), mentre Admission, film diretto da Paul Weitz (il regista di Vi presento i nostri, About a Boy, American Pie) che vede Tina Fey e Paul Rudd protagonisti, è un vero disastro: solo 11 milioni incassati in 10 giorni nonostante la popolarità dei due comici (3.2 milioni nel weekend). Nonostante l'amore del pubblico americano per i due comici, solo 6.4 milioni incassati dalla commedia (Cinemascore B-). Perde il 43% e incassa altri 2.7 milioni Spring Breakers, che supera i 10 milioni totali dopo esserne costati solo 4.

gli amanti passeggeri almodovar


3. BOXOFFICEITALIA - INCASSI PASQUETTA: #1 I CROODS (1.3 MILIONI)
Leotruman per http://cineguru.screenweek.it/

Titolo film/Numero Sale/Incasso/Totale

1 I CROODS 1.314.378/622/2.113 Tot. 7.766.875
2 BENVENUTO PRESIDENTE! 788.148/448/1.759 469 Tot. 5.874.621
3 IL CACCIATORE DI GIGANTI 437.382/334/1.310 Tot. 1.523.764
4 G.I. JOE - LA VENDETTA 381.764/284/1.344 Tot. 1.698.068
5 IL GRANDE E POTENTE OZ 177.723/195/911 Tot. 7.831.513

ALMODOVAR CON LE DONNE DI GLI AMANTI PASSEGGERI

6 LA MADRE 173.210/216/802 Tot. 1.987.600
7 IL LATO POSITIVO 153.568/154/997 Tot. 4.364.358
8 DUE AGENTI MOLTO SPECIALI 142.858/128/1.116 Tot. 520.606
9 THE HOST 142.633/197/724 Tot. 616.948

Totale: 4.470.772 euro (VS Pasquetta 2012 3.691.482 euro)


4. BOX OFFICE ITALIA WEEKEND 28-31 MARZO 2012
Da www.movieplayer.it , dati Cinetel


1 - I CROODS
Incasso 2.717.427 €
Sale: 699
Media: 3.888 €
Totale: 6.424.272 €

LA MADRE FILM HORROR

2 - BENVENUTO PRESIDENTE!
Incasso 2.038.128 €
Sale: 490
Media: 4.159 €
Totale: 5.048.778 €

3 - G.I. JOE: LA VENDETTA
Incasso 1.305.415 €
Sale: 321
Media: 4.067 €
Totale: 1.305.415 €

4 - IL CACCIATORE DI GIGANTI
Incasso 1.077.639 €
Sale: 367
Media: 2.936 €
Totale: 1.077.639 €

5 - LA MADRE
Incasso 631.831 €
Sale: 226
Media: 2.796 €
Totale: 1.810.785 €

LA MADRE FILM HORROR

6 - THE HOST
Incasso 471.206 €
Sale: 209
Media: 2.255 €
Totale: 471.206 €

7 - IL LATO POSITIVO - SILVER LININGS PLAYBOOK
Incasso 433.917 €
Sale: 166
Media: 2.614 €
Totale: 4.202.883 €

8 - GLI AMANTI PASSEGGERI
Incasso 422.316 €
Sale: 265
Media: 1.594 €
Totale: 1.530.610 €

9 - IL GRANDE E POTENTE OZ
Incasso 384.197 €
Sale: 212
Media: 1.812 €
Totale: 7.651.872 €

10 - DUE AGENTI MOLTO SPECIALI
Incasso 376.798 €
Sale: 139
Media: 2.711 €
Totale: 376.798 €

due agenti molto speciali omar sy e laurent lafitte in una scena della commedia

 

THE HOST DI ANDREW NICCOL DIANE KRUGER

CHE NE SAGGIO? GIORGETTI E BUBBICO TRA MAZZETTE E SCORIE

$
0
0

1-GIORGETTI E QUELLA MAZZETTA INCASSATA IN PIENO PARLAMENTO
Thomas Mackinson per "Il Fatto Quotidiano"

Filippo Bubbico

Giancarlo Giorgetti, 46 anni, è capogruppo della Lega Nord e presidente della Commissione speciale alla Camera. Bocconiano, cugino di Massimo Ponzellini, da sempre abile e schivo tessitore di rapporti tra la Lega e il mondo della finanza e delle fondazioni bancarie.

Il suo nome resta impresso nelle cronache per "non aver rifiutato", semmai dirottato , l'unica tangente (nota) della storia allungata in Parlamento. Commercialista prestato alla causa di Alberto da Giussano, ha fatto parte del consiglio di amministrazione di Crediteuronord, piccolo istituto di credito fondato dalla Lega, ma subito arrivato a un passo dal fallimento.

Giancarlo Giorgetti - Copyright Pizzi

In qualità di presidente della commissione bilancio, è stato poi uno degli uomini chiave della lobby che sosteneva l'ex governatore di Banca d'Italia, Antonio Fazio. In questi panni nel 2004, si è ritrovato sul suo tavolo un foglio di giornale con dentro 100mila euro, una stecca. Soldi che Fiorani racconterà di aver portato a Giorgetti come ringraziamento per aver smussato l'ostilità dei leghisti verso il governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio e l'operazione Antonveneta.

MASSIMO PONZELLINI

Nei verbali è lo stesso Fiorani a precisare che Giorgetti "non ebbe alcuna reazione". Salvo richiamarlo alla sera e dirgli di venirsi a prendere quei soldi e che, in alternativa, avrebbe potuto aiutare la polisportiva Varese con una sponsorizzazione. Detto, fatto.

La polisportiva incassa, nessuna denuncia. Sarà poi un gran manovratore dietro le quinte, tanto da guadagnarsi il nomignolo di "Gianni Letta di Bossi". Non farà parte del cerchio magico, ma è tra i fedelissimi del Senatùr, prima e dopo la malattia. Le ossa se l'è fatte negli anni Novanta al seguito di Gianluca Ponzellini e Angelo Provasoli, pedigree perfetto per curare gli interessi dell'ombelico del leghismo (banco di prova, l'incarico di revisore contabile del Comune di Varese).

Naturale pensare a lui per spingere in Parlamento le "istanze del territorio" e farne l'ambasciatore tra le capitali. È sul suo tavolo che sfileranno i dossier che contano, giù al Nord: Malpensa, Expo, la Fiera, A2A. Finmeccanica? "Ci pensava Giorgetti", dirà Bossi mentre l'uomo della comunicazione (Borgogni) ammetterà di aver pagato dazio assumendo un parente del futuro "saggio".

Il Senatùr lo porta in palmo di mano, pensa a un ruolo da delfino che sarà solo sfiorato. Il predestinato annusa l'aria e si tiene defilato. Sarà segretario della Lega per un decennio ma senza lasciare il segno. Il terremoto di poltrone e poteri in via Bellierio lo vedrà schivare i sassi. Nel federale che ha suggellato l'uscita di scena di Bossi sarà contestato come "traditore" ma l'onta scivola via tra i cocci che Maroni incolla a suo modo, rimettendolo in pista come capogruppo nella XVII legislatura.

lar44 giamp fiorani

2. BUBBICO, IL "GENERALE" LUCANO DEI BACHI CON SOLDI PUBBLICI
Antonio Massari per "Il Fatto Quotidiano"

Nato a Montescaglioso (Matera) 59 anni fa, Filippo Bubbico è senatore Pd, è stato presidente della Regione Basilicata ed ex sottosegretario del governo Prodi. Tra le sue perle di "saggezza" si contano il via libera per la costruzione di un villaggio turistico sulla foce del fiume Agri e la nascita di un fallimentare allevamento di bachi da seta in Basilicata.

Ma è nella battaglia (vinta) contro il governo Berlusconi, per l'insediamento - a Scanzano Jonico - del deposito unico per le scorie nucleari, che Bubbico dà il meglio di sé. Nessuna condanna all'attivo, nel novembre 2003, fu soprannominato il "generale Bubbico": prese la testa di un'imponente manifestazione - 100 mila persone, in una regione che conta 600 mila abitanti - contro l'insediamento del deposito per le scorie nucleari.

E se la cronaca registrò la vittoria del "generale Bubbico", la medaglia è però macchiata da un dettaglio che, in Basilicata, nessuno dimentica: Bubbico - di quel decreto e di quel deposito - aveva già saputo dal governo. Ma prima della protesta - e anche dopo - si guardò bene dall'avvertire i suoi concittadini. Anzi, querelò l'ex ministro Carlo Giovanardi che, in un'intervista, disse: "Bubbico? Sapeva eccome". Giovanardi è stato assolto quando ha esibito un verbale del Consiglio dei ministri del novembre 2003 nel quale, l'ex ministro Altero Matteoli, riferisce in Consiglio: "Il presidente della Regione ha detto: ‘Non sono entusiasta, non dirò mai accogliamo il sito, ma non farò neppure le barricate. Subirò la scelta di governo senza fare troppe storie'".

UMBERTO BOSSI jpeg

Stando alle parole di Matteoli - che Bubbico non ha mai confermato - non è stata una gran prova di trasparenza. Il suo curriculum giudiziario è immacolato nonostante diverse accuse. L'ex direttore dell'Asl di Venosa l'accusò di averlo ingiustamente "licenziato": indagato per abuso d'ufficio, posizione archiviata.

Luigi de Magistris, nell'inchiesta "Toghe Lucane", l'accusò di rappresentare "il collante tra quella parte della politica, della magistratura e degli imprenditori che fanno affari in violazione di legge": altra archiviazione. Archiviata anche l'accusa - abuso d'ufficio - per la costruzione del villaggio turistico Marinagri: edificato, durante la sua presidenza, sulla foce del fiume Agri. Resta in piedi un ultimo procedimento (risale al 2005) per abuso d'ufficio: è indagato per la nomina illegittima di un consulente regionale.


Negli anni Novanta, invece, aveva pensato di creare - utilizzando anche fondi pubblici - in Basilicata un allevamento di bachi da seta: un flop totale. Adesso sembra già arrendersi sul nuovo compito: "Deve tornare in campo la politica. Si è esagerato nel ritenere che questi gruppi possano risolvere i problemi".

 

SCHIFANI HA SEMPRE UNA PITRUZZELLA NELLA SCARPA

$
0
0

Marco Lillo per "Il Fatto Quotidiano"

Giovanni Pitruzzella

Nato a Palermo, 53 anni, è presidente dell'Antitrust, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato che avrebbe dovuto vigilare anche sul conflitto di interessi di Berlusconi premier. Deve la sua nomina all'Antitrust (decisa dai presidenti di Camera e Senato) a Renato Schifani.

Professore ordinario di Diritto costituzionale all'Università di Palermo e docente nella Scuola di specializzazione in Diritto europeo, Giovanni Pitruzzella è stato consulente dello studio legale Pinelli-Schifani dove per decenni ha lavorato l'ex presidente del Senato insieme al fondatore, Nunzio Pinelli. Quando Schifani è entrato in politica, lo studio è stato ereditato dal figlio Roberto che lo ha gestito insieme a Nunzio Pinelli e al figlio Giuseppe.

SCHIFANI E BERLUSCONI

Dal 2007, per circa tre anni, sulla carta intestata dello studio, il nome di Giovanni Pitruzzella figurava come professionista "off- counsel". In pratica, era consulente sulle questioni costituzionali ma - a detta di Nunzio Pinelli - non ha mai fatturato un euro agli amici di piazza Virgilio.

Inoltre Pitruzzella talvolta, sempre gratis, sostituiva nelle cause amministrative l'avvocato Renato Schifani e nel 2008 ha difeso, insieme a Pinelli junior, il presidente del Senato contro Marco Travaglio nella causa civile per le frasi pronunciate a Che tempo che fa.

Pitruzzella inoltre è stato a lungo consigliere dell'ex presidente della Regione siciliana, Totò Cuffaro, con il quale ha scritto un libro: Il coraggio della politica, nel 2003. Nello stesso anno Cuffaro è stato indagato per i suoi rapporti spericolati che poi gli sono costati la condanna definitiva a sette anni per favoreggiamento con l'aggravante di aver aiutato la mafia.

Destino opposto per i due coautori: mentre Totò si avvicinava alla cella, Giovanni decollava verso Roma. Diventa membro della commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici nel marzo del 2006, un incarico da 90 mila euro agguantato alla vigilia delle elezioni che portarono alla vittoria del centrosinistra.

cuffaro

Poi, quando Schifani raggiunge la presidenza del Senato, Pitruzzella viene promosso nel settembre 2009 a presidente della commissione scioperi, pagato 118 mila euro. Posto che lascerà, sempre grazie a Schifani, il 18 novembre del 2011 per diventare addirittura presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con un emolumento che sale a 465 mila euro per riscendere a 302 mila euro grazie al tetto imposto successivamente dal governo Monti.

Dopo la nomina, Salvatore Bragantini sul Corriere della Sera scrive: "Quali siano le competenze specifiche maturate dal costituzionalista palermitano nel campo degli abusi di mercato, della concorrenza sleale, delle intese lesive della concorrenza, il comunicato che annuncia la nomina non ce lo dice, per una semplice ragione: esse non esistono".

Ma è un'eccezione: Pitruzzella piace a tutti. La sua fama non viene scalfita nemmeno quando si scopre che un ex collaboratore del suo studio (Marco Lo Bue, 28 anni, figlio di un ex socio di Pitruzzella nella proprietà di una barca) dopo aver superato un concorso, è stato assunto dall'Autorità.

E nonostante sia membro di un'Autorità di garanzia, Pitruzzella ora entra in una commissione di ausilio al governo. Non è noto se l'incarico sarà retribuito. Ma Pitruzzella non ha scelto certo la carriera pubblica per i soldi: nel 2005 grazie alla sua professione era stato il primo contribuente siciliano con 1,7 milioni di euro di reddito.

 

C-RIME BACIATE: IL GRILLINO CHE SCRIVE E SMENTISCE - PERCHÉ CRIMI NON SI FA DETTARE DIRETTAMENTE I POST DA GRILLO?

$
0
0

Andrea Indini per "Il Giornale.it"

grillo e crimi lombardi

Caos a Cinque Stelle. Non passa giorno che Beppe Grillo non debba intervenire repentinamente per bacchettare i suoi, correggere la linea dei gruppi parlamentari e rettificare le dichiarazioni dei capigruppo.

Una corsa che da giorni crea una certa confusione nella galassia pentastellata. Anche sulla decisione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di affidarsi a dieci saggi congelando il voto degli italiani e Mario Monti a Palazzo Chigi, intorno al M5S si è creato non poco imbarazzo. E la distanza tra il comico genovese e il capogruppo al Senato Vito Crimi si fa sempre più abissale.

Il pisolino di Crimi crimi pop

Quando sabato scorso il capo dello Stato ha nominato i saggi, un Crimi euforico ha subito affidato a Facebook un commento entusiasta dalle dieci investiture (ore 17). "A chi sosteneva che le nostre teorie erano campate in aria e non trovano fondamento costituzionale, il presidente Napolitano oggi ha dato una risposta autorevole - ha spiegato - un governo, sebbene limitato agli affari di ordinaria amministrazione, in Italia è operativo, con la collaborazione del parlamento". La luna di miele con Napolitano è durata poche ore.

VITO CRIMI E ROBERTA LOMBARDI

Alle 22:47 il capogruppo del M5S a Palazzo Madama ha, infatti, affidato alle agenzie di stampa un virgolettato di fuoco: "Avrei difficoltà a sedermi a un tavolo con queste persone immaginandole come saggi facilitatori. Di fatto è una specie di bicamerale di grandi intese di antica memoria ma vestita a festa... con qualche foglia di fico". Un'inversione di rotta senza precedenti che si spiega solo con una reprimenda interna che ha spinto Crimi a rivedere in toto il proprio pensiero allineandolo a quello di Grillo.

VITO CRIMI - ROBERTA LOMBARDI

Guarda caso, l'indomani, il comico genovese ha bocciato il presidente della Repubblica e ha ribattezzato i saggi in "badanti della democrazia". Un attacco a trecentosessanta gradi che, a differenza delle primissime dichiarazioni di Crimi, non lascia il minimo spiraglio di dialogo. Quindi, una volta dettata la linea dal guru, tutte le dichiarazioni dei grillini si sono trasformate in un noioso copia-incolla.

GRILLO LOMBARDI CRIMI

Lo stesso battibecco a distanza è andato in scena anche oggi. Dopo aver più volte detto "no" a Pier Luigi Bersani, Crimi ha scritto sul proprio blog un post in cui ventilava l'ipotesi di un esecutivo guidato dal segretario democratico (ore 12:23). "Poteva essere intrapresa una strada mai percorsa prima, e cioè di affidare il governo a Bersani che con i suoi ministri poteva presentarsi al parlamento e qualora non avesse ricevuto la fiducia poteva continuare, alla stregua dell'attuale governo Monti, senza la fiducia ma solo per gli affari ordinari", ha spiegato il capogruppo dei Cinque Stelle per cui un governo Bersani (anche senza fiducia) sarebbe stato meglio di un Monti in regime di prorogatio.

PIERLUIGI BERSANI

La benedizione (tardiva) di Crimi dura poche ore. Dalle colonne del suo blog, ecco Grillo intervenire ancora una volta per "correggere" il suo uomo al Senato (ore 14:39). "Bersani non è meglio di Monti - ha scritto il leader del M5S - è semplicemente uguale a Monti, di cui ha sostenuto la politica da motofalciatrice dell'economia". Insomma, l'esatto contrario di quanto sostenuto da Crimi.

 

COSSIGA AVEVA RAGIONE: UN PILOTA ALITALIA VIDE LA “BATTAGLIA NAVALE” A USTICA

$
0
0

1. COSSIGA AVEVA RAGIONE
"La testimonianza del pilota dell'Alitalia sulla strage di Ustica alla Procura di Roma, e riportata oggi in un articolo de "La Repubblica", è un'ulteriore conferma a quanto espresso dal Presidente Francesco Cossiga e per cui è stato riaperto il processo". A dichiararlo è Giampiero Marrazzo, direttore dell'Avanti! e autore insieme al collega Gianluca Cerasola del film inchiesta "Sopra e sotto il tavolo", pubblicato da Pironti e tornato da poco nelle librerie con una nuova edizione.

francesco cossiga

"A quanto riferito da questo testimone - continua Marrazzo - sul mare sotto i cieli di Ustica vi erano diverse navi, tra cui una portaerei, da cui sarebbe benissimo potuto partire l'aereo che colpì con un missile il Dc9 dell'Itavia. Bene quindi che i due pubblici ministeri romani continuino con la loro attività per scoprire definitivamente la verità su questa strage, di cui ancora non si conoscono gli esecutori materiali".

2. UN PILOTA ALITALIA VIDE LA "BATTAGLIA NAVALE" A USTICA
Federica Angeli per "La Repubblica"

C'è un nuovo testimone, ascoltato qualche giorno fa dalla procura di Roma, che riapre uno squarcio sulla strage di Ustica. Le sue rivelazioni, a trent'anni dal disastro aereo che costò la vita a 81 persone tra cui 11 bambini a bordo del DC-9 dell'Itavia, sono finite nel faldone di un'inchiesta che oggi non ha ancora responsabili.

FRANCESCO COSSIGA

Ma che parte da una verità marchiata a fuoco lo scorso gennaio dalla sentenza della Terza sezione civile della Cassazione: «È abbondantemente e congruamente motivata la tesi del missile».

«Sorvolai i cieli di Ustica al comando di un volo di linea Alitalia, il giorno prima e, ancora, qualche minuto prima che accadesse la tragedia - avrebbe raccontato il testimone al procuratore aggiunto Maria Monteleone e al pubblico ministero Erminio Amelio che hanno secretato il verbale e sull'audizione mantengono il più stretto riserbo - Dopo alcuni minuti dal decollo dall'aeroporto di Palermo, sotto di me notai una flottiglia di navi: una che sembrava una portaerei e almeno altre tre-quattro imbarcazioni. Ho commentato con l'altro comandante questa presenza e quando seppi della tragedia pensai subito a quell'addensamento navale ».

ustica

Le parole del comandante assumono una particolare rilevanza se lette nell'ottica di una delle piste battute dalla procura di Roma all'indomani della riapertura delle indagini, avvenuta nel 2008, dopo le dichiarazioni rilasciate da Francesco Cossiga l'anno prima. In qualità di presidente del Consiglio, dichiarò, venne informato, nell'80, dai servizi segreti italiani che ad abbattere il DC-9 era stato un missile «a risonanza e non a impatto» lanciato da un velivolo dell'Aéronavale decollato dalla portaerei Clemenceau, in forza alla marina francese.

Le rivelazioni del nuovo testimone fanno dunque virare l'inchiesta verso un obiettivo preciso e restringono il campo sulle responsabilità. Una portaerei nel mar Tirreno, un missile partito da lì, nessuna esercitazione militare in corso ma, molto probabilmente, un'azione premeditata per colpire qualcuno - non certo il volo dell'Itavia - che doveva volare su quella rotta.

Il testimone, nel 1980, lavorava come pilota all'Alitalia. Il 26 e il 27 maggio dell'anno che partorì uno dei misteri più assurdi della storia italiana, percorse a bordo di un DC-9 le tratte Roma-Palermo, Palermo-Roma, Milano-Palermo.

ustica big

In Alitalia il comandante era passato dopo una lunga carriera trascorsa nell'aeronautica militare. Per l'aviazione svolse il ruolo di «intelligence»: per anni fu addetto alla decodificazione dei messaggi Nato e, ai corsi allievi, insegnava a riconoscere le sagome («ombre», in gergo militare) degli aerei nemici, soprattutto russi.

Il comandante ha riconosciuto per una vita le ombre degli aerei, ma sulla nazionalità di quelle navi che galleggiavano nel mar Tirreno la notte del 27 maggio, non sa dare risposte. «Da 8000 metri di quota non seppi distinguere la nazionalità della portaerei e delle altre quattro barche, ma di sicuro non si trattava di pescherecci».

strage di ustica

Quella flotta però cosa ci faceva lì? E perché per il comandante Alitalia quell'addensamento di navi poteva essere collegato alla strage? «Un aereo che esplode a 10mila metri è quasi certamente provocato da un fatto esterno - spiega a Repubblica
il testimone - Mi sorprese che, a strage avvenuta, tutti smentissero la presenza di navi nella zona mentre io le avevo viste».

Sulle carte ufficiali non c'è traccia né del passaggio né della presenza della flotta. Ma è anche vero che molti tracciati radar sparirono misteriosamente. Quello che sarebbe utile capire è: la presenza delle navi a Ustica è la prova provata che il missile sia partito da lì? «È plausibile, ma questo non spetta a me dirlo».

Forte dei suoi trascorsi in Aeronautica, il comandante svela poi a Repubblica
alcuni dettagli "tecnici" della vicenda Ustica, quali ad esempio il Mig libico trovato sul monte della Sila. E qui spunta un altro dettaglio importante.

«Quell'aereo potrebbe non essere decollato dalla Libia perché il Mig ha un'autonomia di volo di 2.500 km solo se è in trasferimento (ovvero se vola in alta quota e si muove dunque su lunghi percorsi). Ma la durata del carburante si riduce della metà, a circa 1100 km, se si fanno voli a bassa quota. E, suppongo, non essendo intercettato da nessun radar italiano, il Mig non poteva che volare basso. Quindi, presumibilmente, potrebbe essere partito da territorio italiano».

I resti dellaereo dellItavia inabissatosi nei mari di Ustica

Si parlò in passato di una base militare libica, concessa dalle nostre autorità dopo accordi segreti con Gheddafi, in Sardegna, ma sull'esistenza di questi accordi ci sono sempre state forti smentite. Le risulta che ci fosse una base concessa alla Libia in Sardegna? «No comment». Ma perché il teste ha deciso di parlare soltanto oggi? «Ci sono stati tanti depistaggi, strani decessi, troppe omissioni e silenzi.

Fino a oggi chi ha detto la verità o chi l'ha cercata, è morto. Ho provato nell'81 a dire quello che avevo visto alla trasmissione "Telefono giallo", ma non mi hanno mai mandato in onda. Allora ho pensato che la mia verità non interessasse ed ero sicuro di portarmela nella tomba. Invece no. Quando mi hanno chiamato dalla procura di Roma ho deciso che era arrivato il momento».

È di qualche giorno fa la notizia della riapertura delle indagini sulle morti del maresciallo dell'aeronautica Dettori e del colonnello Marcucci, uno trovato impiccato e l'altro precipitato in uno strano incidente aereo: entrambi, pare, conoscessero pezzi di verità su Ustica.

 


LA MUSICA È FINITA: “SIAMO RIMASTI IO E GINO PAOLI…”

$
0
0

Ernesto Assante per "La Repubblica"

ornella vanoni la musica e finita di califano

«Eravamo così giovani, avevamo vent'anni, stavamo sempre insieme. La morte di Enzo è per me una grandissima sofferenza». Il dolore di Ornella Vanoni è palpabile. «E poi Franco, con il quale avevo un rapporto molto diverso, meno profondo ma con cui mi sono divertita tantissimo».

Lei, una delle più grandi voci della nostra musica, era amica di entrambi, con i quali aveva lavorato molto, al Derby con Jannacci e poi in tv e a teatro, e per grandi canzoni con Califano, del quale ha portato al successo alcuni dei brani più belli.

«Ero profondamente legata a Jannacci» dice la Vanoni, «ci siamo conosciuti da giovanissimi, eravamo un gruppo straordinario che viveva gli anni del dopoguerra a Milano con un entusiasmo unico. Era un periodo bello, appassionato e incredibilmente leggero, anni lievi in cui tutto sembrava possibile»

Con Jannacci la musica e l'amicizia per lei diventavano una cosa sola...
«L'arte, le canzoni, gli amici erano una cosa sola, si stava sempre insieme. Bastava una telefonata e ci si vedeva in piazza, lui arrivava con la Vespa e poi trovavamo Gaber, Fo, Cochi e Renato, e il Derby era una casa per noi tutti. Jannacci era un vulcano, aveva mille idee e trovate. Sapeva cantare, scrivere, recitare e aveva un cuore grandissimo. Stare insieme era fantastico. Oggi non è più così, ci sono le email, gli sms, ed è sempre più difficile che gli artisti stiano insieme»

ornella vanoni gino paoli jpeg

Amava le sue canzoni...
«Erano impreviste, poetiche. Lavorare con lui era un piacere. Lui mi è sempre stato grato perché sono stata la prima a portarlo in tv. Facevo una trasmissione con Antonello Falqui e gli chiesi di fare una scenetta con me. Abbiamo fatto due barboni con un carretto e non era niente male. Di recente io ho fatto una versione di L'Armando da Fabio Fazio, lui è venuto a salutarci, ma era già molto stanco e malato».

La vostra era una Milano che tutta l'Italia amava.
«All'epoca si, ma oggi è una città poco amata, una città usa e
getta, se hai una lira in tasca appena arriva il fine settimana te ne vai. Non c'è molto da cantare. Noi eravamo un movimento, come quelli dei pittori o dei poeti che creano le tendenze, inventano e cambiano le cose. Così come è stato rivoluzionario il cantautorato genovese lo è stato anche il movimento del cabaret di Milano. E in questo Jannacci era l'inventore di un genere, qualcosa che nessuno aveva fatto prima».

vanoni jannacci

E Califano?
«Erano tempi diversi e un modo diverso di essere. Franco era esagerato, viveva una vita senza sosta. Avevamo poche cose in comune ma insieme ci siamo divertiti tantissimo. E poi era veramente bello, tutte volevano andare a letto con lui ma a me faceva ridere da morire. Voglio dire che Enzo e Franco non sono confrontabili, sono stati due artisti profondamente diversi. Jannacci era un matto e geniale, con una creatività straordinaria e sorprendente. Franco era un autore bravissimo e usava le parole con grande leggerezza».

CALIFANO

Alcune delle sue canzoni sono diventate parte integrante del suo repertorio. Basta pensare a La musica è finita, titolo che è diventato un'espressione comune.
«Una frase che ancora oggi è di attualità, non crede? Franco era molto simpatico oltre che veramente bravo. Ricordo, ad esempio, che una volta eravamo insieme, Mino Reitano aveva scritto una bella melodia ma il testo era troppo semplice.

Ci siamo messi al lavoro e con Califano in una notte abbiamo scritto le parole di Una ragione di più. Lavorare era diverso e più semplice, ci si vedeva e si facevano canzoni. Adesso non è più così».

Califano in concerto

E oggi?
«Oggi siamo rimasti io e Gino Paoli, due gemelli, nati praticamente lo stesso giorno, ancora con tante cose da cantare».


2. CELENTANO: LO VEDO ENZO RIDE DA LASSÙ
«Era una forza della natura: che suonasse jazz o Rosamunda ci metteva lo stesso entusiasmo. Perché era amante della vita, nonostante facesse fatica a credere che un giorno potesse continuare».

L'amico Adriano Celentano ricorda Enzo Jannacci in un affettuoso post su Facebook. «Mi sembra di vederlo, seduto su uno dei rami di quella vita che non può finire. Bello, giovane come non lo è mai stato, e farsi due risate mentre qui da basso noi lo piangiamo. Era il 1956 quando nelle balere della vecchia Milano si aggirava uno strano tipo, morto di sonno a causa di un secondo lavoro.

Enzo Jannacci

L'appuntamento era in via Anfossi, nei paraggi di Porta Vittoria. Una sala prove dove Enzo, Gaber e io ci incontravamo per confrontarci sul grande repertorio di Haley».


3. VASCO: ERANO DUE GRANDI, LI PORTERÒ NEL CUORE
«Scompaiono due artisti bravi e diversi. Uno simpatico e caro amico, l'altro un maestro». Vasco Rossi ricorda così, su Facebook, Enzo Jannacci e Franco Califano. «Devo molto artisticamente a Enzo» aggiunge l'artista «bolognese «e dentro il mio cuore lui e Franco non moriranno mai».

JANNACCI A CHE TEMPO CHE FA

«Ho scoperto Jannacci quando avevo 16 anni» ricorda Vasco «Le sue canzoni in milanese mi conquistarono subito. Erano divertenti e originali. Dipingevano personaggi disperati e sfortunati. Gli ultimi, non i primi. Gli antieroi, le persone comuni (l'Armando, Vincenzina...). La sua ironia amara, la sua satira sottile, sferzante, acuta e irresistibile lo portò a scrivere grandi capolavori. Vengo anch'io, Quelli che, Se me lo dicevi prima,
sono solo i primi che mi vengono in mente».

DISCO DI ORNELLA VANONI E GINO PAOLI

3. FIORELLO: FRANCO ED IO RITROVAMMO LA GRINTA
Fiorello è stato tra i primi a omaggiare Franco Califano alla Protomoteca in Campidoglio; lo aveva imitato nel suo show Stasera pago io «una rinascita per tutti e due». «Insieme abbiamo ritrovato la grinta.

Quando ho iniziato ad imitarlo eravamo entrambi in crisi e poi abbiamo superato questo momento», ha detto lo showman davanti alla camera ardente. «Califano è uno che la vita se l'è goduta».

E aggiunge: «Sono venuto qui per vedere la gente che c'è, ed è tanta, nonostante sia la Pasquetta. E noi tutti sappiamo come Califano non amasse i giorni di festa. Ha vissuto la sua vita fino all'ultimo. E come lui stesso ha detto: "Sarò vecchio cinque minuti prima di morire". E forse nemmeno quello. Ciao Franco».

 

VIOLANTE UNO A VIOLANTE DUE: IL PASSATO CHE NON TRAPASSA LA TOGA AMICA DEL BANANA

$
0
0

Marco Travaglio per "Il Fatto Quotidiano"

Luciano Violante

Classe 1941, giudice istruttore a Torino (celebre la sua inchiesta sul "golpe Sogno", poi assolto), deputato del Pci, del Pds e dei Ds per otto legislature dal 1979 al 2008, Luciano Violante è stato presidente della commissione Antimafia e della Camera. Il 22 dicembre 1998, in piena Bicamerale, annuncia al Foglio che "nel 1999, al termine delle riforme istituzionali, si porrà la questione dell'amnistia". Così B. si salverebbe da tutti i processi.

Ma il Cavaliere non si fida e rovescia il tavolo dell'inciucio. Il 28 febbraio 2002 Violante risponde alla Camera all'accusa del berlusconiano Anedda di voler espropriare B.: "Io sono d'accordo con Massimo D'Alema: non c'è un regime sulla base dei nostri criteri. Però, amici e colleghi, se dovessi applicare i vostri criteri, quelli che avete applicato voi nella scorsa legislatura contro di noi, che non avevamo fatto una legge sul conflitto di interessi, non avevamo tolto le televisioni all'onorevole Berlusconi...

SILVIO BERLUSCONI

Onorevole Anedda, la invito a consultare l'onorevole Berlusconi perché lui sa per certo che gli è stata data la garanzia piena - non adesso, nel 1994, quando ci fu il cambio di governo - che non sarebbero state toccate le televisioni. Lo sa lui e lo sa l'onorevole Letta... Voi ci avete accusato di regime nonostante non avessimo fatto il conflitto d'interessi e avessimo dichiarato eleggibile Berlusconi nonostante le concessioni... Durante i governi di centrosinistra il fatturato di Mediaset è aumentato di 25 volte!".

Violante dimentica di spiegare a che titolo e con quale faccia nel dicembre '94 i vertici del Pds avessero garantito a B. di non toccargli le tv, all'insaputa degli elettori e in barba alla sentenza della Corte costituzionale che ordinava a Fininvest di scendere a due emittenti.

MARIO MORIMASSIMO CIANCIMINO

Nel luglio 2009 il Corriere rivela che Massimo Ciancimino, sentito a Palermo dai pm che indagano sulla trattativa Stato-mafia, ha raccontato che nell'estate del '92 suo padre Vito chiese agli ufficiali del Ros Mori e De Donno che trattavano con lui una "copertura politica totale" alla trattativa: da Mancino per la Dc e da Violante per il Pds.

Improvvisamente folgorato sulla via di Palermo, Violante rammenta con 17 anni di ritardo che nell'estate '92, dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio, il colonnello Mori gli chiese più volte di incontrare a quattr'occhi Vito Ciancimino che "voleva parlare". E si precipita a raccontarlo ai pm Ingroia e Di Matteo. Spiega di aver rifiutato il faccia a faccia; di aver risposto che avrebbe incontrato l'ex sindaco mafioso soltanto ufficialmente in commissione Antimafia; e di aver chiesto a Mori se avesse informato la Procura.

DON VITO CIANCIMINO

Ma, alla risposta negativa ("è cosa politica"), si guardò bene dal farlo lui. E dal domandare: quale "cosa politica " c'era in ballo con la mafia? E chi l'aveva decisa? E a quale scopo? A meno che non sapesse tutto e non avesse bisogno di domandare. Peccato, comunque, perché a Palermo stava arrivando il suo amico Caselli, che restò all'oscuro di tutto: se l'avesse avvertito, avrebbe potuto scoprire in diretta la trattativa e sventarla , aprendo un'inchiesta con 20 anni d'anticipo.

NICOLA MANCINO E GIORGIO NAPOLITANO

Violante non ricordò quella proposta indecente nemmeno nel '96, quando Giovanni Brusca svelò la trattativa del "papello". E nemmeno quando Mori fu imputato di favoreggiamento mafioso per non aver perquisito il covo di Riina (assoluzione) e non aver catturato Provenzano nel '96 (processo in corso). Le rivelazioni di Violante sarebbero state molto utili, in quei processi. Ma lui taceva e faceva carriera, salvo ritrovare miracolosamente la memoria quando Ciancimino lo citò.

Naturalmente l'estate scorsa Violante difese il Quirinale, colto con le mani nel sacco a interferire nelle indagini sulla trattativa, e attaccò il "populismo giudiziario" di chi osava criticare le manovre del Colle: "Di Pietro, Grillo, Travaglio e parte del Fatto Quotidiano sono un blocco politico-mediatico che gioca sul disagio popolare", "aggredisce il Quirinale" ai "fini della conquista del potere" e "usa parte del mondo giudiziario come clava per realizzare un progetto distruttivo" e "abbattere i pilastri istituzionali": "un serio problema democratico" che minaccia "la tenuta economica dell'Italia".
Chi è più saggio di lui?

 

SIAMO UOMINI O MINISTRI TECNICI? IL GOVERNO RINVIA ANCORA SUI DEBITI DELLA P.A.

$
0
0

1 - DEBITI PA: RINVIATO CDM, SERVONO APPROFONDIMENTI
(ANSA) - Rinviato ai prossimi giorni il consiglio dei ministri che oggi doveva definire testo del decreto sui debiti commerciali della PA. Il ministro Grilli, d'accordo con Passera, ha infatti manifestato a Monti la necessità di "proseguire gli approfondimenti" dopo le risoluzioni approvate ieri da Camera e Senato.

CORRADO PASSERA E VITTORIO GRILLI

"Il Ministro dell'Economia e Finanze Vittorio Grilli, in accordo con il Ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, anche a seguito delle articolate Risoluzioni approvate ieri da Camera e Senato - si legge in una nota di Palazzo Chigi - ha fatto presente al Presidente del Consiglio l'opportunità di proseguire gli approfondimenti necessari per definire il testo del decreto sui pagamenti dei debiti commerciali della PA. Pertanto il Consiglio dei Ministri previsto per oggi si terrà nei prossimi giorni". Il Consiglio dei ministri era già stato rinviato stamattina: inizialmente previsto alle 10 era stato fatto slittare alle 19. Ora il nuovo rinvio.

gb40 viittorio grilli corrado passera

2 - DEBITI PA: IMPASSE SUL DL, SENZA LEVA FISCALE MOLTE REGIONI BLOCCATE - SOLO QUELLE VIRTUOSE POTRANNO RIMBORSARE LE IMPRESE
(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Si complica il cammino del decreto legge sui debiti Pa che ha portato al rinvio ai prossimi giorni del Consiglio di ministri. Nell'attuale formulazione, infatti, il decreto e ancora incompleto: non vi compare l'anticipo dell'addizionale Irpef ma rischia di essere applicato solo in parte e di acuire la spaccatura gia esistente tra Regioni di 'serie A', virtuose, e Regioni di 'serie B'.

La facolta di aumentare nuovamente l'addizionale Irpef e stata richiesta proprio da alcune Regioni piu in difficolta con i conti, preoccupate di non riuscire a restituire l'anticipo di cassa da parte dello Stato: senza la leva fiscale che garantisca loro la possibilita di rimborsare questo anticipo, le Regioni - secondo autorevoli fonti tecniche - non chiederanno alcuna anticipazione di cassa e non daranno liquidita alle imprese, restando ferme. Non sono state sufficienti le riunioni tecniche per sbrogliare la questione, mentre il dipartimento degli Affari giuridici e legislativi della presidenza del Consiglio sta valutando se aprire il decreto ad altre norme, per esempio il rinvio della Tares che, pero, costa piu un miliardo.

PASSERA MUSSARI GRILLI o jpeg

L'aumento dell'addizionale regionale di 1,1 punti percentuali e previsto dal decreto legislativo 'federalista' numero 68 del 2011 a partire dal 2014, mentre l'incremento di 0,5 punti percentuali fissato per quest'anno e gia stato applicato da Monti. L'opzione alternativa comporta una riduzione delle spese: ma anche qui e pressoche impossibile operare nuovi tagli lineari. La risposta, con la messa a punto del meccanismo che consentira di immettere liquidita (40 miliardi) nel sistema, e sorvegliata dalla Commissione europea che ha gia permesso al rapporto deficit/Pil di salire al 2,9% quest'anno, una soglia troppo pericolosa per poter avallare una 'copertura' che non sia a tenuta stagna.

CONFINDUSTRIA LOGO

3 - DEBITI P.A.: PRESSING IMPRESE PER MODIFICHE, ASSE CON PASSERA
(ANSA) - Dietro il rinvio del Governo sul decreto per il pagamento dei debiti commerciali della P.a. c'é anche il pressing per modifiche al testo delle associazioni delle imprese. Che, a quanto si apprende, avrebbero trovato una solida sponda nel ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, con il quale ci sarebbero stati continui contatti tra ieri e questa mattina, con diversi colloqui, a partire da quelli con Confindustria e Rete Imprese Italia. Il ministro avrebbe condiviso le preoccupazioni delle imprese, e se ne sarebbe fatto interprete nel confronto interno al governo.

Squinzi

Le associazioni degli imprenditori temevano che il decreto, secondo le ultime stesure, sarebbe stato inefficace per la mancanza di risorse chiare e per le procedure previste, giudicate troppo farraginose, "un vero percorso ad ostacoli". Per tutta la mattinata è rimasto aperto un serrato confronto in extremis per apportare correzioni al testo in vista del Consiglio dei ministri che era previsto per questa sera (dopo un primo rinvio della riunione del Governo, inizialmente convocata in mattinata).

Confronto che si sarebbe poi arenato sulla difficoltà di trovare in poche ore una sintesi tra diverse posizioni all'interno del governo. Tentativo portato avanti da Corrado Passera, da un lato in continuo contatto con le imprese, dall'altro sul fronte del Governo con il ministro dell'Economia Vittorio Grilli e con il presidente del Consiglio Mario Monti, in un clima che, secondo fonti di governo, sarebbe stato comunque improntato ad uno spirito di collaborazione. E' stato poi quindi deciso il rinvio ai prossimi giorni per "approfondimenti".

Graziano delrio

4 - DEBITI P.A: ANCE, BENE STOP A DECRETO, NO NUOVI VINCOLI
(ANSA) - L'associazione dei costruttori edili Ance considera "giusta" la decisione del Governo di rinviare il consiglio dei ministri che avrebbe dovuto dare il via libera ai pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione spiegando il proprio no "a nuovi vincoli per lo sblocco dei pagamenti". "L'emanazione del decreto pagamenti che il Consiglio dei ministri si appresta a varare può rappresentare un importante primo passo per saldare i debiti con le imprese - afferma in una nota il presidente Paolo Buzzetti - ma bisogna evitare di introdurre nuovi vincoli e sanzioni che rischiano di compromettere i risultati attesi".

MONTI GRILLI

Per i costruttori, che insieme ai sindaci dell'Anci sono i promotori della battaglia per il pagamento dei debiti della Pa verso le imprese (oltre 20 miliardi solo quelli del settore dell'edilizia), è "inaccettabile" soprattutto la norma che prevede l'impossibilità per gli enti autorizzati a pagare le imprese di realizzare nuovi investimenti per i successivi 5 anni. "Non si capisce - dice - il motivo per cui un ente che lo stato autorizza a pagare i debiti debba poi essere così pesantemente penalizzato: così dal patto di stabilità si passa a un patto per il non sviluppo!".

Secondo Buzzetti appare inoltre "incomprensibile la norma che autorizza gli enti locali virtuosi a pagare solo 5 degli 11 miliardi in cassa. Così come desta sconcerto il fatto che per il 2014 siano previsti zero pagamenti per spese in conto capitale e quindi per investimenti. Ci vuole più coraggio - conclude - non possiamo limitarci a introdurre un allentamento del patto talmente condizionato e di così breve gittata da rischiare di produrre effetti minimi e poco incisivi. Le imprese chiedono misure forti: modificare il patto di stabilità e concordare con l'Europa un pacchetto di interventi per la crescita è obiettivo non più differibile e sul quale si devono misurare tutte le istituzioni e la politica italiana".

SUSANNA CAMUSSO

5 - DEBITI P.A.: RETE IMPRESE ITALIA, ENNESIMA FALSA PARTENZA
(ANSA) - "Se il Cdm di questa sera confermasse la versione del testo che circola in queste ore, le imprese assisterebbero all'ennesima falsa partenza di un provvedimento che risulta ancora una volta un percorso ad ostacoli che allontanerebbe la concreta possibilità di vedere onorati i debiti della Pa": questo il commento del presidente di Rete Imprese Italia, Carlo Sangalli, sul decreto-legge sui pagamenti dei debiti della Pubblica amministrazione all'esame del Consiglio dei ministri.

"Il testo prevede, infatti, l'emanazione di leggi regionali, decreti e graduatorie che rischiano di paralizzare ancor di più l'attività delle amministrazioni - aggiunge Sangalli - Unico segno di concreta utilità, il meccanismo di allentamento del patto di stabilità interno in favore degli enti locali, ma che rischia anch'esso di rimanere sulla carta, sia per l'esiguità dei margini messi in campo, rispetto a quanto denunciato e richiesto dall'Anci, sia per la farraginosità delle procedure".

"Il testo, inoltre - prosegue Sangalli - non raccoglie le raccomandazioni approvate all'unanimità ieri in Parlamento che impegnano il Governo a predisporre interventi di immediata eseguibilità, con procedure semplificate o automatiche, evitando il rimando a ulteriori fonti normative di carattere secondario e, soprattutto, verificando la fattibilità di introdurre la compensazione diretta tra debiti e crediti da parte delle imprese, da sempre richiesta dal Rete Imprese Italia". "Non è più tempo - conclude Sangalli - di illudere le imprese con le false promesse che alla fine servono soltanto per perdere ulteriore tempo".

 

FINMECCANICA: A CHE SERVE IL BLITZ DI MONTI-GRILLI IN FAVORE DI MASSOLO-PANSA?

$
0
0

1. LE PERPLESSITÀ CHE IL BLITZ DI MONTI E GRILLI IN FAVORE DEL TANDEM MASSOLO-PANSA SERVA A RECUPERARE TERRENO
Gli uscieri di Finmeccanica credono alla misericordia divina rilanciata con forza dal nuovo Papa e si chiedono che fine abbia fatto Giuseppe Orsi, l'ex-comandante supremo che il 12 febbraio è sparito nei sotterranei di Busto Arsizio.

MARIO MONTI E VITTORIO GRILLI jpeg

Qualcuno di loro si affaccia ogni tanto alla porta del mite Marco Forlani per saperne di più, ma dalla bocca dell'uomo al quale Alessandro Pansa ha affidato il compito di cancellare il ricordo di Orsi e dei suoi centurioni, non esce una parola.

Giuseppe Orsi

La ragione è semplice: Forlani è figlio di suo padre, il politico della Dc al quale l'ardore è sempre mancato. Gli uscieri a questo punto prendono atto del silenzio e preferiscono guardare all'Assemblea che si terrà il 15 aprile nell'Auditorium di via Piemonte. Se non ci saranno sorprese e se non arriverà la direttiva dell'azionista Tesoro a spostare a giugno l'Assemblea per l'approvazione del bilancio, in quella sede si dovrà decidere il futuro organigramma del Gruppo.

marco forlani pierfrancesco guarguaglini marina grossi e roberto alatri

Agli uscieri non piace l'idea che arrivino dall'esterno personaggi paracadutati, e sono tendenzialmente favorevoli alla continuità che si dovrebbe esprimere attraverso la scelta di un manager aziendale. Nei mesi scorsi hanno arricciato il naso quando hanno saputo che il nuovo presidente avrebbe potuto avere il profilo dell'ex-ambasciatore Giovanni Castellaneta ,e anche l'idea che al settimo piano di piazza Monte Grappa salissero Gianni De Gennaro o addirittura il ministro della Difesa Di Paola li aveva sconcertati. Così oggi quando hanno letto sul "Corriere della Sera" il nome di Giampiero Massolo, il 58enne diplomatico dai baffi gagliardi che a maggio dell'anno scorso è stato nominato a capo dei Servizi, si sono interrogati sul significato di questa candidatura.

È evidente che Finmeccanica dopo le vicende dell'India e la perdita di credibilità sui mercati internazionali, ha bisogno di recuperare terreno. Sotto questo profilo il nome di Massolo che dal 1978 ha iniziato la sua carriera diplomatica attraversando le capitali straniere per poi diventare nel 2007 Segretario generale della Farnesina, è una carta spendibile.

MASSOLO

Agli uscieri non sfugge però che dietro il suo nome ci sia la mano di Monti e il desiderio di una poltrona più remunerativa. E non sfugge nemmeno la considerazione che una presidenza Massolo renderebbe felice Alessandro Pansa, il manager che dopo l'arresto di Orsi ha assunto il doppio incarico per la gestione unitaria della società.

Anche nel suo caso gli uscieri intravedono la manina del Governo morente ed è quella del pallido Vittorio Grilli che ha sempre considerato il figlio del famoso giornalista il suo riferimento principale. C'è però chi dubita che il governo di ordinaria amministrazione di Monti possa effettuare un blitz in date ravvicinate. Le obiezioni non sono soltanto legate a ragioni di opportunità.

ALESSANDRO PANSA jpeg

Certo,la vicenda indiana con l'iniziativa dei servizi segreti locali che sarebbero sulle piste di 20 milioni di euro finiti nelle mani di un generale corrotto, porta acqua al mulino di Massolo che in queste settimane si è dato da fare per far uscire l'Italia e Finmeccanica dai pasticci del ministro Terzi e dei suoi più stretti collaboratori,ma sull'ipotesi di un tandem Massolo-Pansa pesa il giudizio di chi vorrebbe che Finmeccanica venisse gestita nel segno di una vera politica industriale.

È questo il più problema più grosso che il colosso industriale deve affrontare una volta per tutte se vuole salvare il patrimonio di identità accumulato nel settore della Difesa e delle attività civili. Finora il Governo ha dimostrato attraverso il pallido Grilli, l'assente Passera e il patriota Di Paola, di non avere la minima consapevolezza che il futuro di piazza Monte Grappa si gioca su una strategia di largo respiro industriale.

GUARGUAGLINI E ORSI

È questo il messaggio che l'ex-comandante supremo Guarguaglini ha cercato di infilare nelle orecchie di Pansa quando poche settimane fa è entrato a sorpresa nel quartier generale dell'azienda con un gesto di cortesia che ha sorpreso gli uscieri e l'intero management. Fino ad oggi Pansa si è preoccupato di fare le pulizie dentro casa e ha sostituito i capi azienda che in Agusta Westland, Telespazio e Wass erano rimasti pizzicati nelle vicende giudiziarie.

7 pap11 vittorio colao

Ma la sua cultura di base è di natura prettamente finanziaria e non può bastare a risollevare le sorti di un Gruppo che ha visto assottigliarsi paurosamente le quote di mercato. Da qui le perplessità che il blitz di Monti e Grilli in favore del tandem Massolo-Pansa serva a recuperare terreno.

È una gara contro il tempo dove il connubio tra l'intelligence e la finanza assomiglia troppo a una gara per il potere.

Verizon


2. SE L'OPA DI AT&T E VERIZON SU VODAFONE È UNA BUFALA CLAMOROSA, È INVECE VERO IL CROLLO DI VALORE DI TELECOM ITALIA

Se per caso state prolungando le vacanze di Pasqua nella contea del Berckshire fermatevi a Newbury, la piccola cittadina dove si trova il quartier generale di Vodafone.
Dalle finestre dell'ufficio di Vittorio Colao (detto Colao Meravigliao) arrivano delle grosse risate per la bufala clamorosa che il "Financial Times" ha preso ieri annunciando che gli americani di At&T e Verizon stavano lavorando per lanciare un'Opa sul colosso europeo dei telefonini.

FRANCO BERNABE AD TELECOM

Secondo la bibbia del giornalismo economico Barclays starebbe già lavorando a un'Opa da 245 miliardi di dollari, pari a 190 miliardi di euro pur di acquistare con un'operazione mai vista la seconda compagnia telefonica al mondo. Nel cuore della notte è arrivata la smentita da parte degli americani stessi che in una nota inviata alla Sec hanno ribadito il loro interesse ben più modesto ad acquistare il 45% che Vodafone possiede in Verizon Wireless.

Da queste notizie si deduce comunque che tutto il mondo delle telecomunicazioni è in grande fermento e tanta agitazione fa capire che lo scenario delle telecomunicazioni nei prossimi mesi cambierà in maniera inimmaginabile.Il terremoto dovrebbe toccare anche l'Italia perché di questo passo la situazione di Telecom appare insostenibile.

franco bernabe e marco fossati

Questa mattina la banca svizzera Ubs ha tagliato il giudizio sul titolo portandone il valore a 0,45 euro dal precedente 1 euro. Per Franchino Bernabè e per i soci di Telco, la scatola che controlla Telecom con il 22,4%, è un'ulteriore ferita che si aggiunge alla perdita in Borsa in una settimana del 10% e a una diminuzione in un anno di oltre il 40%.

papa francesco bergoglio bacia i piedi ai detenuti

A questo punto non è immaginabile che realtà importanti come Mediobanca, Intesa, Generali, e gli spagnoli di Telefonica assistano inerti al crollo di valore del loro pacchetto che adesso vale poco meno di 1,9 miliardi rispetto al controvalore di carico di 4,5.

INAUGURAZIONE DI PAPA FRANCESCO BERGOGLIO

L'appuntamento per la resa dei conti si sta avvicinando a grandi falcate e i soci di Telco stanno maturando la convinzione di sciogliere entro settembre il Patto che li aveva vincolati.

raymond cardinal burke oratory

Il ribaltone non avverrà alla prossima assemblea dove l'azionista Fossati che detiene poco meno del 5% chiederà a gran voce di mandare a casa Bernabè. Resta il fatto comunque che a Madrid come a Piazzetta Cuccia, a Intesa e alle Generali di Trieste la svalutazione del titolo che ha portato a perdere 818 milioni già nella semestrale di ottobre, è un'emorragia insostenibile. L'unica speranza è che dall'America e dall'Europa si affacci qualcuno che invece dei 245 miliardi sventolati sotto gli occhi di Colao tiri fuori dalle tasche quel paio di miliardi sufficienti a portarsi a casa l'azienda italiana.


3. PAPA FRANCESCO HA INTENZIONE DI RAFFORZARE LA SALA STAMPA CON LA NEW ENTRY DI UNO FRA I SUOI PIÙ STRETTI COLLABORATORI IN ARGENTINA. SI TRATTA DI MARCELO MARCÒ, UN GESUITA CHE GODE DELLA TOTALE FIDUCIA DEL PAPA

La rivoluzione di Papa Francesco in Vaticano sta cominciando a provocare effetti anche nell'area che cura la comunicazione della Santa Sede.

cristina kirchner presidente

Qui dal luglio 2006 il "padre"-padrone è Federico Lombardi, il 70enne gesuita che prima del Conclave ha dato segni di nervosismo. L'incidente più grosso è avvenuto quando i vescovi americani riuniti al North American College del Gianicolo hanno organizzato briefing paralleli creando enorme irritazione.

Padre Lombardi ha dovuto fronteggiare da solo il pressing lobbistico dei porporati Usa. Nessun aiuto gli è arrivato dal giornalista Greg Burke che a luglio dell'anno scorso era stato chiamato da Bertone come nuovo advisor per la comunicazione d'Oltretevere. Adesso Burke che ha studiato dai gesuiti di Saint Louis ed è considerato vicino all'Opus Dei, è letteralmente sparito insieme alla passione per twitter e facebook che era riuscito a trasmettere perfino al tedesco Ratzinger.

Bini Smaghi

Dietro le spalle di padre Lombardi cominciano a spuntare le prime critiche al Papa argentino che batte i testi della povertà e del pauperismo ecclesiastico con un'insistenza che solleva critiche e viene interpretata in chiave controriformista.

Da qui le voci che il gesuita Jorge Mario Bergoglio, al secolo Francesco I, abbia intenzione di attrezzarsi rafforzando la Sala Stampa con la new entry di uno fra i suoi più stretti collaboratori in Argentina. Si tratta di Marcelo Marcò, un gesuita che gode della totale fiducia del Papa. Per anni lo ha accompagnato ogni domenica a visitare le case della miseria alla periferia di Buenos Aires e non gli ha mai rivelato che quando viaggia sugli aerei che lo hanno portato spesso a Roma e in altre città, il biglietto della classe Business è stato sempre pagato da una ricca signora argentina che vuole nascondersi nell'anonimato.

Matteo Renzi

A quanto si dice a Buenos Aires padre Marcelo avrebbe già le valigie pronte e starebbe perfezionando l'italiano che parla in modo stentato. Oltre ad affiancare padre Lombardi nell'assalto quotidiano con i media, il fedelissimo gesuita avrà il compito anche di ammorbidire i rapporti tra il Papa e la presidentessa al botulino Christina Kirchner.Durante la visita in Vaticano la padrona dell' Argentina ha avuto il cattivo gusto di regalare la semplice tazza dove il popolo delle favelas beve il mate, l'infuso di erba che Che Guevara trangugiava per alleviare l'asma.


4. 50
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che alla Banca d'Italia si sono fatte grosse risate quando hanno appreso che tra i finanziatori di Matteuccio Renzi c'era anche Lorenzo Bini Smaghi, l'ex-consigliere della BCE che ha tentato disperatamente di diventare Governatore.

La sorpresa più grande è stata quando hanno letto che il Magnifico Lorenzo ha donato al futuro leader soltanto la miserabile cifra di 50 euro".

 

MERKEL A ISCHIA, VACANZE ROVINATE DA CALDORO E PAPARAZZI

$
0
0

Carlo Tarallo per Dagospia

MERKEL LA PRESSE

Pure le vacanze, le hanno rovinato! Il "solito" soggiorno pasquale a Ischia di Angela Merkel stavolta non è stato piacevole come al solito, tanto che c'è chi in patria invita la cancelliera a non ritornare più. Perché? Sono due i motivi principali.

Il primo ha a che fare con la privacy: la Merkel non ha per niente gradito l'inconsueto "assedio" all'hotel che la ospita da parte dei paparazzi, che hanno scattato foto in costume da bagno pubblicate sui media italiani e internazionali. "Le foto sono state scattate di nascosto e pubblicate senza assenso - ha spiegato stamani a Berlino il portavoce della cancelliera, Georg Streiter - e sono tutte foto fatte da angoli nascosti. Si può immaginare come non sia rilassante quando durante una vacanza si ha sempre la sensazione che da ogni angolo spunti un obiettivo".

merkel ad Ischia

LA FRANKFURTER ALLGEMEINE ZEITUNG AZZANNA CALDORO: "UN POPULISTA INSOLENTE"
Ma la bufera è anche politica: la Frankfurter Allgemeine Zeitung, infatti, spara a zero contro il Presidente della Regione Campania Stefano Caldoro, che ha "accolto" l'arrivo della Merkel con un videomessaggio alla "Ciao Al" di De Magistris, attraverso il quale il Governatore (sottotitolato per l'occasione in tedesco, non si capisce perchè) ha attaccato le politiche europee della Germania.

merkel ad Ischia

SOCIALISTI? LEGGENDARIO PARTITO DI INCAPACI E SCIALACQUATORI
La Faz attacca pesantemente Caldoro, definito "non un politico qualsiasi, ma uno che fin da giovane ha lavorato in posizioni di rilievo nel leggendario partito di incapaci e scialacquatori dei socialisti di Bettino Craxi e Gianni De Michelis. E che oggi milita nel partito di Berlusconi, il quale sta facendo di tutto per sfuggire alla giustizia con l'eventuale formazione di un governo". Ma come! Caldoro paragonato a Berlusconi?

merkel ad Ischia

E SE NON TORNA PIU'?
"Visto che i politici italiani già non si occupano di niente - aggiunge ironico il giornale tedesco - per fortuna che c'è la Germania come capro espiatorio. Sarà una scelta privata di Merkel quella di tornare o meno a Ischia dopo le delusioni climatiche e umane di questa primavera. Ma di certo si può caratterizzare tranquillamente il comportamento di equivoci populisti come Caldoro per quello che e': un'insolenza".

merkel ad Ischia


IL VIDEOSALUTO DI CALDORO ALLA MERKEL

http://www.caldoropresidente.it/news/benvenuta-merkel-nella-nostra-terra-sempre-ospitale-ora-pero-si-guardi-attorno/

L'ARTICOLO DELLA FAZ
http://www.faz.net/aktuell/feuilleton/antideutsche-stimmung-in-italien-ihr-muesst-euch-aendern-12134947.html

 

 

Viewing all 340557 articles
Browse latest View live