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PER IL QUIRINALE NON SERVE UN CANDIDATO BUONO MA UNO BONINO

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1 - DONNA E GARANTISTA, BONINO RIPROVA LA CORSA AL COLLE
Fabio Martini per "La Stampa"

Giuliano Ferrara

Sul momento quel fuori onda spiazzò tutti. I resocontisti del Senato fecero finta di non aver sentito. Oggi, quel precedente prende sapore. È il 20 giugno 2012, Emma Bonino ha appena concluso un intervento nell'aula di palazzo Madama, pronunciandosi a favore della richiesta di arresto per il senatore del Pd Luigi Lusi, ma al tempo stesso scagliandosi contro «l'assenza dello Stato di diritto», «una giustizia al collasso», «l'abuso della carcerazione preventiva».

EMMA BONINO

Dallo scranno più alto il presidente del Senato Renato Schifani, non essendosi accorto che il microfono si era riacceso, commenta: «Brava!». Resterà l'ultimo, importante intervento di Emma Bonino in un'aula parlamentare, ma l'apprezzamento di un notabile berlusconiano e quello dei senatori di tutti i gruppi parlamentari - dal Pd al Pdl rappresenta uno dei segnali meno noti che potrebbero lanciare la Bonino nella corsa verso il Quirinale.

Giorgio Napolitano

Certo, a prima vista può apparire paradossale che possa farcela una donna, una personalità senza un grosso partito alle spalle e che oltretutto neanche fa più parte del Parlamento. Lei, da parte sua, non sta brigando per caldeggiare le sua candidatura nel giro dei notabili, vecchi e nuovi, che alla fine decideranno la partita. E infatti Emma - con le sue giacche dai colori accesi - se ne sta al anche se a se stessa e a tutti quelli che le vogliono bene, chiede «low profile».

Una prova? Il cortese rifiuto opposto qualche giorno fa a Daria Bignardi, che avrebbe voluto la Bonino alle sue «Invasioni barbariche». E la terza sorpresa è che la Bonino è stata e resta il candidato preferito dagli italiani per il Quirinale. Sorpresa perché se è comprensibile che i sondaggi la dessero in testa nel 1999, dopo una campagna martellante a suo favore, era difficile immaginare che quattordici anni dopo, così lontana dalla ribalta, la Bonino fosse ancora in testa. Secondo un recente sondaggio Ipr Marketing la Bonino riscuote il consenso più alto (per lei è il 32% degli interpellati), seguita a distanza da Mario Draghi (26%), e da Stefano Rodotà (19%).

BERLUSCONI AL SENATO CON GLI OCCHIALI

Certo, perché l'operazione-Bonino diventi fattibile, si devono determinare condizioni oggi inesistenti, ma in attesa che il quadro parlamentare si chiarisca, Emma sta preparando la «chimica giusta». Puntando a trasformare a suo favore quelli che potrebbero apparire handicap: l'esser donna, la sua anti-partitocrazia mai volgare, il suo garantismo mai tralignato in ostilità alla magistratura.

Classe 1948, nata a Bra in provincia di Cuneo, figlia di un contadino, radicale dai vent'anni, eletta per la prima volta alla Camera quando ne aveva 28, una larga esperienza internazionale, Emma Bonino ha lottato per i diritti delle donne più deboli e più lontane, ma è sempre stata contro le quote rose, ripetendo: «Se le donne vogliono cambiare qualcosa, nessuno glielo concederà gratis». Ecco perché è risultata più forte la sua critica al Capo dello Stato per non aver compreso neppure una donna tra i «saggi»: «Su 60 milioni di italiani, non c'è una competenza al femminile? Una composizione che non rappresenta la società, ma la partitocrazia». Il 17 maggio 2006 è stata nominata ministro delle Politiche Europee del secondo governo Prodi

Massimo Dalema

Ecco, quella militanza anti-partitocratica potrebbe darle una spinta. Anche perché tra i notabili che decidono non è messa male. Per Bersani «Emma è una fuoriclasse», D'Alema la stima, Monti l'ha invitata al suo compleanno. Berlusconi, però, non la ama (ricambiato), ma ne conosce la passione per la «giustizia giusta».

Ma se l'ascesa della Bonino si facesse fattibile, che farà Pannella? Pur non condividendo diverse scelte del leader radicale, con lui la Bonino ha sempre evitato scontri. E così, dopo aver osteggiato la decisione di Pannella di presentarsi alle elezioni, la Bonino ha acconsentito ad entrare nelle liste. Ad una condizione: che il suo nome fosse l'ultimo. Ovunque.

2 - LETTERA AL "FOGLIO"
Al direttore - Mettete in corrispondenza biunivoca i sette savi dell'antichità con i saggi nominati da Napolitano e vi accorgerete che non si tratta della stessa cosa, perché quelli erano in numero perfetto, come si addice ai consoli della Sapienza, mentre questi sono soprannumerari Cencelli, come si addice a tutti quelli che si abboffano alla tavola del principe, che li ha nominati non nella loro qualità di saggi ("la loro vanità che par persona"), ma di assaggiatori al banchetto dei futuri tetrarchi. Tra tutte le ironie di Grillo, quella di "badanti della democrazia" è la più sapida di succo antidemocratico e di lepida leggerezza; se una risata li affosserà tutti, questa del comico genovese è il più levigato marmo sulla tomba della Seconda Repubblica. (Luca Sorrentino)

MARIO MONTI LEGGE RESTART ITALIA

Risposta di Giuliano Ferrara
Preferirei essere asfaltato da un caterpillar o sposato con la Bonino piuttosto di figurare come un tecnico o competente o consulente o saggio chiamato dal Quirinale a dare una mano. Ora abbiamo questa specializzazione. Evochiamo figure, che non saranno il massimo perché tutti hanno difetti e sono un po' vanitosi, ma nemmeno il minimo, e in men che non si dica le riduciamo uno straccio, facciamo loro la festa, le sputtaniamo e rendiamo responsabili dei guai per cui le chiamammo.

 

 


PDL, SCATTA LA CACCIA AL QUAGLIARIELLO

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DAGOREPORT
Braccio di ferro in superficie, e prove tecniche di inciucione in profondità: prosegue il lavoro dei "pontieri" di Pd e Pdl per l'eventuale governissimo. Il borsino oggi segna caccia grossa al Quagliariello da parte degli "amici" pidiellini. Perché?

grasso pietroQuagliariello

Perché uno dei possibili schemi di accordo prevederebbe la "promozione" di Pietro Grasso al Quirinale in quota "Pd ma non troppo" e la conseguente concessione ai Banana's della Presidenza del Senato. Il problema è che al Pd andrebbe bene, per quella carica, un solo nome del Pdl: quello del "saggio" Gaetano Quagliariello. Un metodo che non andrebbe giù a moltissimi pidiellini...

berlusconi bersani

PS - A Montecitorio giurano che ci sono 120 deputati del Pd che mai voteranno Prodi.

 

INDIA: LE MAZZETTE ABBATTONO PIÙ ELICOTTERI DEI MISSILI - BLOCCATA UN’ALTRA GARA: 197 VELIVOLI LEGGERI

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(ANSA) - L'Esercito indiano ha chiesto di fare luce su presunte tangenti relative all'asta per la fornitura di 197 elicotteri leggeri dalla quale Finmeccanica era stata esclusa. Lo riporta oggi il quotidiano The Times of India. Il comandante delle Forze Armate, generale Bikram Singh, ha domandato al ministero della Difesa di rinviare l'assegnazione della commessa in attesa che si chiariscano i sospetti di corruzione emersi nell'indagine in corso relativa agli elicotteri Agusta Westland AW 101 venduti all'India.

ELICOTTERO CHEETAH DELL ESERCITO INDIANO BIKRAM SINGH COMANDANTE FORZE ARMATE INDIANE jpeg

Nei documenti sequestrati dagli inquirenti italiani nella casa della madre del presunto mediatore Guido Hasckhe, figura infatti il nome di un alto ufficiale, V.S.Saini, citato come "Brig Saini", il quale avrebbe chiesto una mazzetta di 5 milioni di dollari per favorire l'azienda di Finmeccanica. In lizza per il contratto da 1,5 miliardi di dollari circa ci sono il russo Kamov e il costruttore europeo Eurocopter.

ELICOTTERO AGUSTA WESTLAND finmeccanica

Il risultato della gara era atteso a breve. Secondo notizie di stampa dello scorso febbraio, la Difesa aveva già sospeso le procedure d'asta. Finmeccanica era stata esclusa per mancanza di requisiti previsti nel bando di gara e aveva anche presentato un ricorso per denunciare alcune irregolarità commesse dagli altri due concorrenti. La gara per gli elicotteri, che devono sostituire gli obsoleti Chetak e Cheetah, era già stata annullata all'ultimo momento nel 2007 dopo essere stata assegnata a Eurocopter.

 

GLI STATI UNITI SARANNO IL NUOVO TERZO MONDO? - GLI USA I TAGLIANO L’ASSISTENZA ALLE FASCE PIÙ SVANTAGGIATE

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DAGOREPORT

Dal "Daily Mail"
http://bit.ly/10weQeG

BALTIMORA

In America sembra di essere tornati negli anni '60. E non quelli del boom economico, ma dell'esatto contrario. Gli anni in cui il presidente Lyndon B. Johnson lanciò una serie di provvedimenti governativi che vengono ricordati col nome di "Guerra alla povertà".

Negli ultimi tempi gli Stati Uniti si trovano a fronteggiare la stessa situazione d'emergenza, senza avere però delle politiche in grado di rimettere in piedi il Paese. Da quando democratici e repubblicani non sono riusciti a trovare un accordo per risolvere il problema del debito nazionale, è stato inevitabile operare quei tagli che già erano stati teorizzati anni fa, ma che si era provato a evitare.

BALTIMORA

I dati sono più che allarmanti: 50 milioni di americani, cioè uno su sei, vivono sotto la soglia di povertà. Secondo le statistiche questa situazione va a colpire soprattutto i bambini: il 20 per cento di loro sono poveri. Cifre quasi da terzo mondo, che potrebbero ulteriormente peggiorare dopo i tagli di cui sopra.

Secondo le nuove politiche, infatti, verranno ridotte le disponibilità economiche per le attività di assistenza agli indigenti e alle persone in difficoltà. A livello federale gli Stati Uniti infatti finanziano una serie di associazioni che danno supporto ai poveri piuttosto che ai tossicodipendenti e ad altre fasce di popolazione a rischio. Attività che se fino a oggi sono riuscite a restituire un futuro a molte persone, con questi tagli potrebbero non essere più in grado di operare.

AMERICA POVERA LESEMPIO VIRTUOSO DELLEX TOSSICODIPENDENTE ANTONIO HAMMOND

Un esempio è quello del 49enne Antonio Hammond, di Baltimora, nel Maryland. Tossicodipendente, nel giro di pochi anni perse tutto a causa della droga, finendo a rubare auto e cavi di rame per sopravvivere. Raccolto dalla strada da un'associazione di beneficenza cattolica solo tre anni fa, quando sembrava ormai spacciato, oggi Antonio è un uomo nuovo: ha smesso di drogarsi, ha un lavoro, una casa, ha preso la patente ed è riuscito anche ad acquistare una macchina.

BALTIMORA

Lo scontro che si è consumato fra democratici e repubblicani va in realtà avanti da decenni, e riguarda due differenti modi di concepire la politica economica. Da una parte i repubblicani sono convinti che la chiave della prosperità sia nell'eliminazione di barriere all'iniziativa privata, mentre i democratici sostengono invece l'intervento dello Stato. Per fare questo, Obama aveva proposto di alzare le tasse, soprattutto ai più ricchi, per recuperare soldi con cui tamponare il debito, mentre gli oppositori repubblicani volevano andare a tagliare le spese dello Stato per il sociale. Il presidente ha cercato di mediare, ma alla fine così è stato.

AMERICA POVERA LESEMPIO VIRTUOSO DELLEX TOSSICODIPENDENTE ANTONIO HAMMOND

Con il risultato che i poveri saranno ancora più poveri, i quartieri degradati saranno ancora più degradati e i ricchi saranno ancora più ricchi, aumentando ulteriormente le già preoccupanti differenze di reddito all'interno della popolazione.

E chissà che un giorno non saremo costretti a chiamare "terzo mondo" il Paese che fino a poco tempo fa rappresentava il sogno per eccellenza.

 

FREGA 118 MLN A GOLDMAN SACHS E SI CONSEGNA ALL’FBI (DATEGLI UN PREMIO!) - SAIPEM: 7 MLN € ALL’EX AD TALI

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1 - GOLDMAN SACHS:STAMPA,EX TRADER SI CONSEGNA FBI, ACCUSE FRODE
(ANSA) - L'ex trader di Goldman Sachs, Matthew Taylor, si arrende al Federal Bureau Investigation (Fbi). Su di lui pesano - riporta il Financial Times - le accuse di frode avanzate dalla Commodity Futures Trading Commission, secondo la quale avrebbe deliberatamente frodato Goldman di 118 milioni di dollari e nascosto 8,5 miliardi di dollari di posizioni sui future nel 2007. Taylor dovrebbe presentarsi in tribunale nelle prossime ore.

GOLDMAN SACHS

2 - SAIPEM: 6,9 MLN A EX A.D. TALI INDAGATO PER TANGENTI ALGERIA
(ANSA) - L'ex amministratore delegato di Saipem, Pietro Franco Tali, dimessosi lo scorso 5 dicembre dopo essere stato indagato per le presunte tangenti pagate dalla controllata dell'Eni in Algeria, ha percepito nel 2012 compensi per 6,95 milioni di euro. La retribuzione di Tali, si legge nella relazione sulla remunerazione, include una buonuscita di 3,81 milioni, a titolo di tfr e incentivazione all'esodo per la risoluzione del rapporto di lavoro, e 2,28 milioni come bonus. La retribuzione fissa è di 837.000 euro.

GOLDMAN SACHS

3 - WALL STREET: APERTURA INCOLORE DOPO DATO ADP
Radiocor - Wall Street ha aperto la seduta su toni incolori: gli operatori di borsa stanno ancora digerendo il dato Adp di marzo, da cui e' emerso che il settore privato ha creato meno posti di lavoro delle attese. L'attenzione ora si sposta sull'ISM non manifatturiero, in arrivo alle 16 ora italiana. Pochi minuti dopo l'avvio della seduta il Dow Jones e' piatto a quota 14.676, il Nasdaq avanza dello 0,13%, 4 punti, a quota 1.517 mentre l'S&P 500 retrocede dello 0,02%, 1 punto, a quota 1.570.

pietro franco tali

4 - CIPRO: OK UE-FMI A PROGRAMMA, LAGARDE ANNUNCIA 1 MLD DI PRESTITO
Radiocor - Commissione Ue e Fmi danno di fatto il via libera al programma di riforme e azione sul bilancio di Cipro. E' questo il senso della dichiarazione congiunta del commissario Olli Rehn e della dg del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde. A Parigi Lagarde ha annunciato che il Fmi prestera' un miliardo di euro a Cipro nel quadro del piano di salvataggio di dieci miliardi di euro concordato con l'Eurozona e la Bce. Gli altri 9 miliardi arriveranno dal Fondo anti-crisi dell'Eurozona (Esm).

CHRISTINE LAGARDE

5 - E17: STIMA FLASH, CALA A 1,7% INFLAZIONE ANNUALE MARZO
Radiocor - Cala ancora il tasso di inflazione annuale a marzo: 1,7%, secondo la stima flash Eurostat. A febbraio era a 1,8%, a gennaio 2%, a novembre e dicembre 2,2%, a ottobre 2,5%, a marzo 2012 2,7%. Si tratta di una spirale discendente della crescita dei prezzi che al momento non sembra arrestarsi.

6 - GAMBERALE, IREN E LA BATTAGLIA PER UGOZZOLO
Fr.Bas. per il "Corriere della Sera" - Sembrava fatta e invece la joint venture tra il fondo di Vito Gamberale F2i e Iren, attraverso l'acquisizione del 49% di Iren Ambiente, sembra tutta in salita specie dopo la lettera con richiesta di chiarimenti che l'amministratore delegato del fondo ha mandato alla multiutility, che ha tra i propri azionisti i Comuni di Torino, Genova, Reggio Emilia e Parma.

Il presidente cipriota Nicos Anastasiades jpeg

Ed è proprio la città emiliana guidata dal sindaco Federico Pizzarotti (M5S), o meglio, il termovalorizzatore di Ugozzolo l'ostacolo principale. Perché il fondo investe in infrastrutture esistenti e funzionanti e sul termovalorizzatore pende la sentenza della Corte di Cassazione, che si deve esprimere sul ricorso della Procura di Parma che ne ha chiesto il sequestro, riscontrando una serie di inadempienze. In più c'è l'opposizione del sindaco Cinque Stelle, che un anno fa in campagna elettorale ha cavalcato la lotta all'inceneritore. Ora Pizzarotti ha promesso «controlli severissimi» ma resta l'incognita. Iren insiste che «il funzionamento dell'impianto non è in discussione».

VITO GAMBERALE

Lo ha ribadito anche ieri il presidente Roberto Bazzano, spiegando che l'investimento di F21, pari a 80 milioni di euro, è «un'operazione finanziaria e industriale», che «l'inceneritore è ormai finito» (è costato 193 milioni). Lunedì 15 aprile è in programma un incontro chiarificatore tra Bazzano, Gamberale e Pizzarotti. La partita sembra ancora aperta.

banco popolare spoleto

7 - CLITUMNUS TORNA ALLA CARICA PER LA POPOLARE DI SPOLETO
F.Mas. per il "Corriere della Sera" - La cordata dei «salvatori» della Popolare di Spoleto non si arrende. Ieri Clitumnus srl, una newco messa in piedi dal professore Francesco Carbonetti ha ribadito l'interesse a investire dentro la popolare umbra commissariata a febbraio dalla Banca d'Italia insieme con la cooperativa di controllo, Spoleto Crediti e Servizi. E ha fatto i nomi dei 13 investitori che finora si sono resi disponibili a versare parte dei 102 milioni necessari alla ricapitalizzazione dell'istituto. In testa c'è la Fondazione Cr Perugia con 27,5 milioni, seguita dalla Coop Centro Italia con 11 milioni e Net Insurance con 7,5 milioni.

Francesco Gaetano Caltagirone

Gli altri investitori sono Bifin (1,1 milioni) Briziarellifin (1,1 milioni), Ecosuntek (1,1 milioni) Financo (2,2 milioni), Fondazione Cr Orvieto (1,65 milioni), Luigi Metelli (1,1 milioni), Molini Spigadoro (1,1 milioni), Enrico Ricci (2,2 milioni), Ubn Finance (1,1 milioni), Ze.Flor. (1,5 milioni). Tuttavia non ci sono stati ancora contatti con i commissari straordinari Giovanni Boccolini, Gianluca Brancadoro e Nicola Stabile. La cordata, che si ripromette di «salvaguardare» autonomia, radicamento territoriale e occupazione, punta però all'esenzione dall'Opa sulla popolare.

Intanto i commissari stanno continuando la verifica degli attivi, la cui fine è prevista entro maggio, per conoscere la reale necessità di nuovo capitale. Successivamente sarà dato l'incarico a un advisor per vagliare le offerte. E la cooperativa azionista? Per ora è commissariata anch'essa, e dunque si vedrà solo successivamente se parteciperà o meno all'aumento di capitale. Intanto dovrà risolvere il suo rapporto con Mps, cui è legata da un accordo che consente alla banca senese di rivenderle il 28% della popolare per 30 milioni. Un'operazione che non appare facile al momento.

8 - CALTAGIRONE SPA, UN BOARD FORMATO FAMIGLIA
F.Mas. per il "Corriere della Sera" - Per il nuovo consiglio della Caltagirone spa, capogruppo del gruppo Caltagirone, sono candidati per la maggioranza: Francesco Gaetano Caltagirone, azionista al 54% circa, il cugino Gaetano, i figli Alessandro, Azzurra e Francesco, la figlia del cugino Tatiana.

Quest'ultima è la new entry nella holding dell'impero quotato dell'ingegnere, che se saranno confermati gli attuali posti nel board dovrebbe prendere il posto in consiglio di Albino Majore, attuale amministratore delegato del Messaggero, del gruppo Caltagirone Editore. Per la minoranza dei soci, rappresentata dalla Partecipazioni Finanziarie Unipersonale con il 32% circa, ci sarà invece il fratello Edoardo Caltagirone. Su 11 componenti solo quattro gli esterni, tutti confermati: Massimiliano Capece Minutolo Del Sasso, Carlo Carlevaris, Mario Delfini, Gian Maria Gros-Pietro.

mcburger

9 - LO SCONCERTO SULL'ETÀ DEI BANCHIERI
Da "Il Sole 24 Ore" - I nomi e le età sono tutti noti, ma vederli tutti insieme fa sempre un certo effetto. E così anche il nuovo rapporto dell'Ufficio studi Uilca sull'età dei banchieri italiani (e stranieri) nonché dei presidenti delle Fondazioni è impietoso: a fronte di un'età media dei manager delle principali banche estere a 62 anni per i presidenti e a 57 per i Ceo, da noi i numeri crescono a 70 anni per i presidenti (con picchi da 80 a 83 anni) e a 60 anni per i Ceo.

Ma ancora più grave, afferma la Uilca, appare la situazione sul fronte della valorizzazione femminile: nessuna donna figura tra i presidenti e i Ceo delle banche, solo 3 su 68 sono presidenti di Fondazioni bancarie. Un vero e proprio esempio di gerontocrazia e di maschilismo, come dice la Uilca, al punto che c'è quasi da stupirsi dello "sconcerto" espresso dal sindacato: è tutto fin troppo noto, purtroppo. (Ma.Fe.)

10 - QUELL'OPA INGENEROSA DELL'AGA KHAN
Da "Il Sole 24 Ore" - È finita l'avventura di Meridiana Fly in Borsa. La Consob ha approvato ieri l'Opa totalitaria sul 10% che ancora residua sul listino. Tutto il capitale tornerà nelle mani dell'Aga Khan ed è prevedibile il delisting del titolo. Non che qualcuno ne senta la nostalgia. Meridiana è stata un bagno di sangue.

In primis per il ricco principe che ha dovuto ricapitalizzare più volte la compagnia che perso 300 milioni di euro solo negli ultimi 2 anni. Ma chi ha pagato caro sono anche gli azionisti di minoranza che avevano creduto alle promesse reiterate di rilancio, mai avveratesi. A loro con l'Opa a soli 0,6 euro resta poco, dopo che dal 2009 è evaporato oltre il 90% del loro investimento. L'Aga Khan poteva essere più generoso con chi ha pagato un prezzo così alto. (Fa.P.)

11 - C'È CRISI, MCDONALD'S «TAGLIA» L'HAMBURGER
Da "Il Sole 24 Ore" - In periodi di crisi si cerca di risparmiare su tutto e tra i consumatori si scatena la caccia ai prodotti più economici. E molte aziende si adeguano ai cambiamenti. È il caso di McDonald's Italia che ha appena abbassato il prezzo di vendita del suo prodotto simbolo, l'hamburger, portandolo a 90 centesimi (al pari di una tazzina di caffè), senza cambiarne ricetta e qualità. Il prezzo dell'hamburger era fermo a un euro dal 2004.

Il colosso Usa ha spiegato in una nota la sua mossa: «In un momento difficile come quello che l'Italia sta attraversando, l'azienda ha deciso di dare un segnale molto concreto di vicinanza ai consumatori». La strategia comunqe appare lineare: le vendite del gruppo, nonostante la crisi, continuano ad aumentare (+2,4% in Europa nel 2012) e si cerca di fidelizzare al massimo il cliente per prevenire flessioni nei volumi. (R.Fi.)

 

TOGHE BOLLENTI NEL BOCCACCESCO TRIBUNALE DI TRANI: SESSO, PUGNI E ROCK&ROLL

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Gian Marco Chiocci per "il Giornale"

Odio e amore a Trani, nel Tribunale delle grandi inchieste. Nelle stanze giudiziarie più gettonate dai media, in origine fu il gossip, poi la passione, dopodiché subentrò la gelosia e dunque l'odio. Seguirono minacce, ripicche, sms irripetibili, pedinamenti e appostamenti sotto casa. Quindi i due amanti in toga, perché di questo si tratta, passarono agli schiaffi, alle urla, i pestaggi. Col tempo arrivarono traumi e ferite, ricoveri in ospedale accompagnati da denunce e controdenunce.

TRIBUNALE DI TRANI

Di contorno al regolamento di conti venne volantinato anche un esposto anonimo dove si favoleggiava di presunti video hard, mentre nell'inchiesta finivano i pettegolezzi su presunti rapporti «ravvicinati» di un certo tipo con membri del Csm, chiacchiericcio che potrebbe divenire pubblico a breve.

Per non parlare di quel che man mano usciva a margine degli accertamenti disposti dall'imbarazzata procura di Lecce: i veleni su storie lesbo, carabinieri amanti di giudici, molestie tra giudici e giudici, tra questi ultimi e avvocati: tutto questo nel boccaccesco tribunale di Trani dove però, scava scava, alla fine non s'è trovata prova di quel che un Corvo raccontava con dovizia di particolari.

È da brividi la lettura delle migliaia di carte dell'inchiesta di Lecce che ha portato alla citazione diretta a giudizio di due magistrati protagonisti di una lite sentimentale senza precedenti: di qua il gip Maria Grazia Caserta, di là il pm Michele Nardi. Oggi i due sono reciprocamente imputati e parti lese di un intreccio giudiziario che a maggio esploderà pubblicamente in Tribunale.

PROCURA DI TRANI

La giudice, trasferita d'urgenza dal Csm da Trani in provincia di Matera per «carenza di equilibrio», deve rispondere di aver «minacciato e molestato» l'ex amante (sposato), reo di aver voluto interrompere la relazione, procurandogli «un perdurante e grave stato di ansia» tale da «ingenerare in lui fondato timore per l'incolumità sua, di sua moglie e dei figli».

Anche e soprattutto per effetto della valanga di sms reciproci - trascritti nel procedimento leccese - dove la giudice a sua volta ha riversato perizie tese a dimostrare che in realtà era lui che la martellava e che «le esternazioni erano per lo più reciproche, espresse nell'ambito di una litigiosità ad armi pari».

Nardi a verbale fa ripetutamente presente come i messaggi prendevano di mira non solo lui ma anche e soprattutto i suoi più stretti congiunti («I bambini? Sono stronzi, non sono bambini, figli di puttana come il padre, come te». Oppure: «Aspetteremo di vedere il fiorellino che hai a casa (la figlia di 11 anni, ndr) da quanti sarà colto». A leggere i reati contestati, il pm è stato aggredito verbalmente e pure picchiato tre volte.

PROCURA DI TRANI

«All'interno di un ristorante e di un centro commerciale, alla presenza di più persone» e in strada, a Sassari, «colpito alla fronte con la borsa da passeggio» (per quest'ultima ferita, testimonieranno la furia della gip altri magistrati presenti e un avvocato generale dello Stato che racconterà di essere intervenuto per fermare la donna, ricevendo in cambio il seguente complimento: «Me ne fotto di chi sei, fatti i cazzi tuoi, io sono un gip»). A verbale il magistrato ferito preciserà di aver subito «cinquanta o sessanta aggressioni fisiche».

L'ira della toga- stalker, continua Nardi, era incontenibile e improvvisa. Esplodeva nelle più impensabili circostanze, a qualsiasi ora del giorno e della notte, tant'è che, dice, «sono stato costretto a pagare un vigilantes per prendere mia figlia a scuola». Non solo: a imperitura memoria, «temendo le azioni vendicative e criminali della Caserta» il poveretto fa presente di essersi mandata una mail al suo indirizzo di posta elettronica: «Non so che fare - scriveva - che Dio mi aiuti e illumini la mente di questa folle».

In una di queste mail viene riportata anche una dissertazione della gip sul «Berlusconi dittatore». E ancora. Leggendo gli atti si scopre che la gip l'ha addirittura seguita in vacanza, la famigliola del pm, «soggiornando nel medesimo albergo e pedinando lui e i suoi familiari». Un pressing asfissiante. A cui Nardi decise di porre fine denunciando l'ex amante. Solo che, controquerelato a sua volta dalla Caserta, pure lui è finito alla sbarra per «eccesso di legittima difesa».

procura trani

Le risposte piccate di quest'uomo stravolto sono state ritenute «condotte intimidatorie» nei confronti dell'ex amante, minacciata «anche di morte, di persona, in conversazioni telefoniche e con sms» del tipo: «Non ti permettere mai più di chiamarmi, io non ti mando più messaggi, io non ti scrivo più e tu non mi contattare più. Ma sappi che io ti distruggerò». Al pm che l'ha interrogato, Nardi ha parlato del desiderio di troncare la relazione quando si è reso conto che il rapporto non era poi così rose e fiori, e che poteva finire male per i suoi figli.

Tribunale di Trani

Di segno opposto, ovviamente, le dichiarazioni rese a verbale dalla Caserta, che agli investigatori ha raccontato di un Nardi «ossessivo e opprimente», che le impediva «le frequentazioni con colleghi e amici» per cercare così di isolarla. Aggiungendo pure quello che, a suo dire, sarebbe stato un doppio gioco sulla reale situazione con la sua famiglia. «Troppe bugie, così ho deciso di troncare».

E sul pestaggio di Sassari? La gip la mette così: «È vero, gli ho dato un calcio, avevo una borsa e la tiravamo quando l'ho mollata, e l'ho colpito (involontariamente) al volto. Ma poi lui, successivamente, mi ha detto che è inciampato probabilmente urtando contro un cassonetto». Sia come sia, è finita male. Laconica la «chiusa» di Nardi in ogni memoria presentata: «È questo un magistrato che può rappresentare lo Stato e lo può amministrare con autorevolezza?»

 

IL COSTO DELL’INDUSTRIALIZZAZIONE SELVAGGIA: UN MILIONE DI CINESI UCCISI DALLO SMOG

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Guido Santevecchi per "Il Corriere della Sera"

SMOG SOPRA LA CITTA PROIBITA DI PECHINO

Un milione e duecentomila cinesi sono morti prematuramente nel 2010 per malattie collegate all'inquinamento dell'aria. Il numero è impressionante, come tutti quelli che vengono dal Paese che conta poco meno di un quinto della popolazione mondiale. Ma questi sono particolarmente gravi, perché rappresentano il 40 per cento dei 3,2 milioni di morti premature causate dallo smog nel mondo.

SMOG A SHANGHAI INQUINAMENTO

La statistica è stata elaborata dalla University of Washington in collaborazione con l'Organizzazione mondiale per la sanità e presenta un'altra cifra apocalittica: quella dei 25 anni di vita in salute bruciati dalla cappa di aria malata che avvolge molte città della Cina. Lo studio è stato pubblicato per la prima volta a dicembre dalla rivista britannica The Lancet, che aveva fornito il numero complessivo dei decessi nel mondo.

INQUINAMENTO CINESE

Ma gli autori adesso hanno deciso di sottolineare come i due Paesi più colpiti siano la Cina, con i suoi 1,2 milioni di vittime, e l'India con 620 mila morti premature: «Lo abbiamo fatto per richiamare l'attenzione dei leader di questi due grandi Paesi», ha detto al New York Times Robert O'Keefe, vicepresidente dello Health effects institute, che è venuto a Pechino a presentare il rapporto.

I ricercatori hanno spiegato che il degrado ambientale in Cina è al quarto posto tra i fattori di rischio mortale dopo una dieta alimentare sbagliata, la pressione del sangue alta e il fumo di sigaretta. Nel mondo l'inquinamento è invece «solo» il settimo fattore di rischio. In realtà la nebbia gialla composta da emissioni industriali, combustione di carbone e gasolio per riscaldamento, gas di scarico delle auto, polveri messe in circolazione dalle miriadi di cantieri, è diventata un argomento di dibattito in Cina proprio nell'inverno appena finito.

INQUINAMENTO A PECHINO

Per settimane, tra dicembre e febbraio, il cielo di Pechino e di molte altre città delle province centro-meridionali è stato offuscato. Si è scoperto che la causa è il Pm 2,5: particelle di inquinamento del diametro di 2,5 micron, le più dannose per i polmoni. L'Organizzazione mondiale per la sanità raccomanda di non vivere in ambienti che superino il livello 20 per metro cubo di aria e sostiene che quota 300 è estremamente pericolosa: Pechino ha trascorso un gennaio stabilmente sopra 500 e ha toccato 755 di Pm 2,5 il 12 gennaio.

FIUME INQUINATO IN CINA jpeg

All'allarme per l'aria malata si è aggiunto quello per l'acqua: nel fiume che alimenta la rete idrica di Shanghai sono state trovate le carcasse di oltre 16 mila maiali. E quando la gente ha protestato, le autorità hanno risposto che non era il caso di allarmarsi, perché «lo stato dell'acqua non era peggiorato a causa dei suini in decomposizione». Poi è stata la volta della moria delle anatre: un migliaio sono state ripescate in un fiume del Sichuan. Senza che nessuno sapesse spiegare la causa della morte.

FIUME INQUINATO IN CINA jpeg

Il problema dunque è diventato centrale per la nascente opinione pubblica cinese. Tanto da essere incluso nel piano quinquennale del governo. E addirittura, un segnale di grave inquietudine per l'inquinamento è venuto dall'Assemblea del Popolo, abituata a mettere un timbro su tutte le scelte del gruppo dirigente del partito: a marzo, dopo aver accordato il 99,8 per cento dei consensi alle nomine a presidente di Xi Jinping e a premier di Li Keqiang, i circa 3 mila deputati hanno espresso 850 no e 140 astensioni sui membri della commissione ambientale.

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Il premier Li Keqiang sembra sincero quando dice che «non dobbiamo più inseguire la crescita industriale a spese dell'ambiente, perché non è buono essere poveri in una natura meravigliosa, ma non è buono neanche essere ricchi in un ecosistema degradato. E in definitiva respiriamo tutti la stessa aria, poveri, ricchi e governanti».

Ma alcuni milioni di cinesi saranno morti per l'inquinamento prima di sapere se Li avrà mantenuto l'impegno. Per esorcizzare la paura, sul web cinese circola una barzelletta: «Che vogliamo di più? Basta aprire un rubinetto e esce zuppa di maiale, ne apri un altro ed ecco il brodo d'anatra».

 

MAXXI BY MELANDRI È UNA RELIQUIA ALLA MERCÈ DI CHIUNQUE SI PRESENTI CON UN ASSEGNO

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Malcom Pagani per "Il Fatto Quotidiano"

Sonia Raule

Giovanna vuole il direttore "cool", imita il Berlusconi che un tempo seppe zittire in diretta tv: "Avremo un milione di visitatori all'anno" e romba allegri annunci nelle praterie delle progressive sorti: "Per ora il Maxxi è stata una Ferrari con il freno a mano tirato". Da domani si cambia.

Pietro Valsecchi

Ora alla presidenza c'è lei, Melandri Giovanna, la donna che da ministro andò a trovare Totti in infradito a Coverciano e in metaforiche ciabatte, circondata da tranci di pizza alla mortadella, elettriche giacche in bleu dello stilista Balestra, prosperose donne di governo azere dal conturbante profilo, opere di Baku dalla dubbia fattura e un futuro di grandeur che naufraga nella svendita, è infine tornata.

Pasticcini per gli ospiti

Espulsa da una politica che le ha trovato uno spinoso paracadute tra specialisti che sanno di cosa parlano. Al comando di un museo magnifico in cui però i precari sono la regola, i debiti una ferita, l'elemosina statale un obbligo e anche lo straccio di un contratto a progetto o di una prestazione occasionale somigliano a un miraggio.

La nuova gestione che strizza l'occhio ai petrodollari

Ornella Muti con il figlio Andrea

Giovanna si sbatte, ma gira a vuoto. Pesce fuor d'acqua. Marziano a Roma. Quando emigra, è commedia. Viaggia, incontra e stringe mani che una volta in patria rivelano l'effimero. Per l'invereconda marchetta cafonal messa in piedi al fine di omaggiare i pittori dell'Azerbaijan, dirigere qualche petrodollaro in via Reni e vellicare in buona compagnia il mecenatismo della vistosa first-gas-lady Mehriban Aliyeva (per lei colloquio privato anche con Napolitano e Ravasi) Melandri ha garantito al Maxxi 150.000 sudatissimi euro.

Denaro ancora non saldato, mentre il danno d'immagine tra assembramenti gnam-gnam, immaginari fetish e uomini in gabbia intenti a distribuire cioccolatini a un imbarazzato Lamberto Dini, già presenta in rosso acceso il conto della credibilità.

Opere esposte

Oggi il Maxxi è la sindone dell'arte contemporanea. Una reliquia alla mercè di chiunque si presenti con un assegno. Un'ipotesi nel guado. Affossata dall'improvvisazione e ora anche dall'assenza del committente di governo.

Impoverita da una gestione a vista che finge di negarsi lo sprofondo erariale (da Pompei agli Uffizi esistono infinite emergenze), dalle fantasiose promesse di fund raising e da una politica dell'annuncio che uccide la speranza di potersi affacciare sul Mediterraneo evadendo dall'insensata competizione con Pompidou e Tate che insieme, ogni anno, si vedono destinare (in gran parte dall'apparato pubblico) più di 300 milioni di euro.

Opere esposte

Al Maxxi, costato 200 e 11 anni d'attesa, dal Mibac ne arrivano circa 3. Soldi che servono ad accendere le luci, pulire vetri e pagare almeno parzialmente il personale. Identici problemi ha avuto la precedente gestione poi commissariata di Pio Baldi tanto che la commissaria Recchia, nominata dall'altro Pio, il cattolicissimo Ornaghi, armata di forbici dovette fare terra bruciata di alcune megalomanìe.

Giovanna, impiantata inizialmente sulla sella del Maxxi dall'infatuazione di Monti (in prima fila alla presentazione della sua fondazione benefica) e poi a successivo rischio disarcionamento quando Catricalà e lo stesso premier, spaventati dalla canea dei Gasparri, provarono (nottetempo) a far recedere invano il magnifico rettore dal proposito di nominarla, ora guarda la vetta raggiunta con qualche vertigine.

Opere esposte

La rivoluzione politica che allarma i dipendenti

Non c'è una lira in cassa e di salvare il salvabile si dovrà ora occupare una bella signora senza alcuna competenza specifica nell'arte contemporanea.

Opere esposte

Al Maxxi sono molto preoccupati. C'è avvilimento per la deviazione dal percorso accademico, preoccupazione per le pubblicazioni del museo desolatamente avvolte dal cellophane nell'ufficio del neo presidente, sgomento per gli improvvisi colpi di fulmine di Giovanna. Per il 25° anniversario dell'associazione Civita (un evocativo triangolo come immagine di fondo, letture di Margherita Buy, Veltroni e Letta ospiti d'onore) al Maxxi erano planati anche due enormi pannelli in specchio piuma. Allargavano lo spazio, rifrangevano i punti di fuga, stravolgevano l'ingresso.

Opere esposte

Melandri non ne ha potuto più fare a meno e confondendo l'allestimento da festa con l'installazione d'artista, li ha integrati definitivamente. Al pari di Francesco Spano, l'ex collaboratore cooptato senza alcuna evidenza pubblica nel ruolo di segretario amministrativo da Melandri.

Il cattolico Spano, 72.000 euro lordi l'anno in un organismo in cui anche per i ruoli di responsabilità gli stipendi non superano i 2.000, paradossalmente è la nota lieta. Si è calato con sensibilità nel ruolo e dicono sia: "Un bravo ragazzo". Un po' poco per una Fondazione nata per diffondere l'arte contemporanea in un Paese che per il Maxxi non prevede un fondo stabile e che nonostante gli sforzi intellettuali di un gruppo interno di elevata formazione, annaspa nella mancanza di autonomia e nella logica annettiva del Palazzo. Ora Melandri. Ieri, prima di lei, in Cda, il professor Stefano Zecchi.

Opere esposte

Campione di coerenza creativa, in pista a febbraio per la Lista Civica di Albertini in Lombardia e per Fratelli d'Italia al Senato, nello stesso giorno. Nel ruolo lo volle Bondi. Lui reinterpretava la missione arringando i vacanzieri ampezzani sulla presunta utilità del Maxxi medesimo. Contraddizioni. Vuoti di senso di cui al Museo, tra un personalismo e l'altro, stanno facendo il pieno.

Giovanna intanto si è tutelata. Mentre vagheggia assunzioni choc senza paracadute economico per la poltrona di Dg (incaricata di valutare la rosa, la temibile, stimata, non gratuita internazionale di tagliatori di teste Odgers Berndtson) e incassa sgarbati rifiuti in serie sul tema (Christov, Eccher, Todolì, Gioni), rapida, in sole 24 ore, cambia radicalmente lo statuto.

Opere esposte

Gli sprechi passati e lo spauracchio chiusura

Accentra le competenze. Redige con inaudita procedura la programmazione culturale. Moltiplica le cariche. Ingrassa i dipartimenti adesso diventati 4 in un Mibac che dal 2002, nell'assoluta stagnazione di assunzioni e concorsi e in piena spending review ha visto passare i suoi direttori generali da 12 a 50.

Giovanna almeno per ora, in attesa che il Miur riconosca il Maxxi come ente di formazione e di ricerca (la procedura corre e avverrà presto, consentendo a Melandri di ottenere un lauto stipendio) lavora gratis. E per ripagarsi, agita le notti dei revisori contabili con frenesia pari all'azzardo: "Bisogna tenere il museo aperto anche di notte", l'hanno sentita flautare.

Lamberto Dini

Una vecchia idea già esplorata da ministro, ora riesumata con diktat sinergico: "Durante la festa del cinema". 25 custodi a serata, 7 biglietti staccati. In tutto. A Panarea, l'organizzatrice di feste in Caro Diario di Moretti, aspettava giuliva aliscafi e vacanzieri: "Helmut Berger ha promesso che viene direttamente in mutande".

Al contrario Melandri, come certi regnanti in visita ligure al G8 del 2001, per l'estetica di base cova un vero cruccio. Deve arrivare Passera in visita? Gli operai impegnati a smontare una struttura dei brasiliani fratelli Campana disturbano il panorama e devono fermarsi. Non si interrompe invece il flusso dei dubbi. Perché proprio lei? Chi in attesa di novità sostanziali ha smesso di attendere Godot, ne chiede le dimissioni e pone apertamente la domanda, ha speso anni di esperienza sul campo.

Invitati dell Azerbaijan

Raffaele Gavarro ad esempio, curatore, docente casertano, direttore di apprezzate mostre transnazionali e animatore di un blog, Maxxinostri, che a Melandri, con il garbo del caso, chiede di farsi da parte: "Non c'è nulla di personale, ma il Maxxi dovrebbe rappresentare il processo di un'intensa ricerca culturale, non una vetrina in cui esporre merce in grottesco disordine. Manca una figura in grado di determinare scelte operative e gestionali che non credo Melandri possa incarnare".

Invitati alla mostra

Gavarro aspetta di dialogare con il futuro ministro: "Se ci sarà", teme per un domani: "di grave incertezza" e si spinge fino all'ipotesi estrema. Una chiusura: "Non così peregrina se solo si guarda alla declinante esperienza della quadriennale di Gawronsky. Mancano i fondi, non sembrano esserci idee nella gestione del contemporaneo e si avverte l'assenza di un ascoltato moloch come Settis, fiero difensore nel recinto dell'arte antica. Roma rischia. Altro che smart city".

In fila per la mostra

Pericolo serrata da evitare a ogni prezzo anche per l'anima del sito Exibart, Adriana Polveroni, studiosa, scrittrice e giornalista che auspica una seria programmazione, anche economica, e non si rassegna a un futuro di retroguardia: "Il problema non è Melandri. Contesto lo sfascismo che getta bambino e acqua sporca. Bisogna stare attenti perché il contemporaneo è di per sé già non popolarissimo e per il Maxxi sono stati spesi soldi della collettività che sprecare sarebbe un delitto". Adesso mancano anche per respirare. Almeno di questo, Giovanna, non sente coscienza.

 


LAPIDATE “STAR WARS” COI MATTONCINI LEGO - I MUSULMANI COSTRINGONO LEGO A RITIRARE UN GIOCO DAL MERCATO

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S.Bic. per "Il Corriere della Sera"

MOSCHEA DI SANTA SOFIA A ISTANBUL


Le accuse di «anti-islamismo» contro la Lego non sono un gioco, e fanno cambiare all'azienda i suoi piani di produzione per il 2014. Uno dei giochi dedicati alla serie di «Guerre stellari», quello che riproduce il Palazzo di Jabba, sarà ritirato dal mercato perché «troppo simile» alle moschee di Istanbul e Beirut. La protesta contro i famosi mattoncini colorati, secondo quanto riportato dalla stampa britannica, è partita nel gennaio scorso in Austria, da parte della comunità musulmana locale.

IL PALAZZO DI JABBA IN GUERRE STELLARI DELLA LEGO

La dimora di Jabba, l'ultracentenario lumacone alieno che nella saga cinematografica è a capo di un impero criminale, ricorderebbe la moschea di Santa Sofia di Istanbul. Non solo: la torre di avvistamento sembrerebbe una vera e propria «copia del minareto della moschea di Jami al Kabir a Beirut». La prima denuncia è arrivata da un padre, membro della comunità turca in Austria, che aveva riconosciuto tra i giocattoli del figlio la scatola di costruzioni incriminata. Affiancare un personaggio tanto negativo a un palazzo che ricorda luoghi sacri gli è parso oltraggioso.

JABBA THE HUTT IL PALAZZO NEL FILM DI GUERRE STELLARI IL RITORNO DELLO JEDI JABBA THE HUTT GUERRE STELLARI LEGO

Jabba, infatti, viene descritto come un terrorista che fuma continuamente narghilè e tiene segregata nella sua torre, che ricorderebbe un minareto, la bella principessa Leila. «Non è possibile che un gioco come questo stia nella stanza di un bambino», aveva denunciato l'uomo, seguito a ruota dalle altre voci della comunità islamica austriaca.

IL PALAZZO DI JABBA THE HUTT GUERRE STELLARI LEGO

I vertici della Lego hanno risposto alle accuse, cercando di trovare un accordo con i rappresentanti musulmani, prima che la situazione si facesse ancora più infuocata. Dopo una riunione, l'azienda danese, che ha ottant'anni di storia alle spalle, ha acconsentito alla richiesta di togliere dalla produzione il gioco a partire dal prossimo anno.

MOSCHEA DI BEIRUT

La decisione non sarebbe però un'ammissione di colpa: la Lego, infatti, ha sempre negato ogni rapporto diretto tra la struttura del maniero giocattolo e quella degli edifici islamici. L'intento di quei mattoncini sarebbe stato solo quello di ripercorrere la saga cult di «Guerre stellari», senza nessun altro riferimento nascosto.

 

SCAZZO A 5 STELLE NELLA COMUNITA’ EBRAICA ROMANA

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Paolo Brogi per Il Corriere della Sera

HAARETZ

Grillo divide la Comunità ebraica romana. Non tutti sono d'accordo sul modo di comunicare scelto dal presidente della Comunità Ebraica nella Capitale, Riccardo Pacifici, che nei giorni scorsi aveva lanciato un grido d'allarme per il fatto, sostanzialmente, che il movimento di Grillo e soprattutto il suo blog fanno da cassa di risonanza per posizioni antisemite.

Una deriva che ha spinto Pacifici a ipotizzare la possibilità di un futuro in cui gli ebrei lasciano l'Italia. Con una lettera formale 8 rappresentanti della lista di sinistra Hazack annunciano le loro dimissioni dagli incarichi nella giunta e in quelli esterni.

Riccardo Pacifici Gianni Alemanno e Naor Gilon

GIUNTA IN CRISI
A dimettersi dalla «Giunta di coalizione» sono Guido Coen e Giacomo Moscati, tra gli altri sei dimissionari che ricoprono incarichi esterni ci sono esponenti noti come Victor Magiar, Livia Ottolenghi, Serana Terracina ed Emanuele Pace. Completano le dimissioni Massimo Bassan e Dora Piperno.

Pacifici Alemanno e Gilon

A innescare il malumore è stata un'intervista del quotidiano israeliano Haaretz che in un servizio a più puntate sull'Aliya ha raccolto l'opinione amara di Riccardo Pacifici che ha ricordato quanto già detto subito dopo la strage di Tolosa nei confronti dei forti rigurgiti di antisemitismo da cui l'Italia è tuttaltro che esente e che ha trovato in posizioni espresse dentro il Movimento dei Cinque stelle alcune risonanze ritenute pericolose.

GIANNI ALEMANNO SHULAMITH ORVIETO OREN RICCARDO PACIFICI

«E' ORA DI COMPRARE LE VALIGE»
Pacifici in quella occasione ha ricordato che se per gli ebrei italiani non è il momento di fare le valige, è comunque il tempo di comprarle. Smentita invece dallo stesso Pacifici l'affermazione riportata da Haaretz e cioè che Grillo sarebbe peggio del fascismo. Queste opinioni piuttosto forti avevano già indotto a caldo il presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, Renzo Gattegna, a formulare un distinguo. E ora ecco la sterzata degli esponenti di Hazack. Riccardo Pacifici, interpellato, ha annunciato un suo comunicato nelle prossime ore.

GRILLO

STRATEGIA DI COMUNICAZIONE
Che cosa scrivono gli otto esponenti di Hazack? Innanzitutto «ribadiscono il loro dissenso nei confronti della strategia di comunicazione e della metodologia decisionale attuate dal Presidente in carica della Comunità Ebraica Romana, Riccardo Pacifici. Particolarmente grave e intempestivo, in questo delicato momento della vita pubblica italiana, è l'ultimo episodio, la sua intervista rilasciata ad Haaretz e appresa dai consiglieri solo attraverso i mass media, anche se in parte esprime preoccupazioni condivisibili».

VICTOR MAGIAR E GIULIANO GALLO - Copyright Pizzi

«OPINIONI DA CONCORDARE SEMPRE»
«Di fronte a questo modo di rappresentare la CER - scrivono i dissidenti - , riteniamo che sia necessario dare le dimissioni da membri di Giunta e dagli incarichi che abbiamo ricevuto dalla Giunta. Far parte di una Giunta di coalizione vuol dire condividere le modalità di comunicazione delle opinioni e delle preoccupazioni degli ebrei romani, che devono essere sempre concordate, come è stato ribadito più volte sia in Giunta che in Consiglio CER. Far parte di una Giunta di coalizione significa che il Presidente non ha la delega a esternare qualsiasi suo pensiero secondo tempi e modalità da lui decise senza un confronto con l'ufficio di presidenza, o con la Giunta o con il Consiglio».

GIACOMO MOSCATI ROSA CALIPARI

«VIGILARE CONTRO INTOLLERANZA»
Infine un passaggio su Grillo e il suo movimento, a cui anche Hazack non fa comunque sconti. «L'indubbia tolleranza, da parte del Movimento Cinque Stelle, sulla presenza di commenti sul suo blog di affermazioni antisemite, razziste e xenofobe ci deve spingere tutti a vigilare su questi fenomeni - scrivono gli esponenti di Hazack -. Siamo in disaccordo con l'allarmismo strategico del Presidente circa l'emergenza di lasciare il nostro Paese, e lo abbiamo ribadito fin dalla sua prima esternazione in proposito, un anno fa. I Consiglieri della lista Hazak continueranno comunque a svolgere costruttivamente il loro ruolo di consiglieri della Comunità Ebraica di Roma, come da mandato elettorale».

 

LUCI IN THE SKY: COM’È FATTA DENTRO UNA NAVICELLA - LE FOTO DELL’INTERNO DI UNA NAVICELLA SPAZIALE

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DAGOREPORT

Dal "Daily Mail"
http://bit.ly/YSrHed

LA NAVICELLA SPAZIAE ENDEAVOUR

Lì per lì sembrerebbe la cabina di comando di un normale aeroplano. Se non fosse che i pulsanti sono molti di più, quasi da non lasciare spazio per i vetri esterni. Il fotografo Ben Cooper ha immortalato l'interno delle navicelle spaziali che hanno fatto la storia della Nasa.

INTERNO NAVICELLA SPAZIALE NASA

Come era immaginabile, l'arredamento è piuttosto spartano, e la vita a bordo non sembrerebbe essere troppo comoda.

INTERNO NAVICELLA SPAZIALE NASA

Le mitiche Endeavour, Discovery e Atlantis facevano parte di una "flotta" che comprendeva in tutto cinque navicelle, per il Programma Space Shuttle della Nasa, risalente al 1981. Fra queste, due andarono distrutte. Il Challenger ebbe un incidente in fase di decollo nel 1986, che causò la morte dei sette astronauti dell'equipaggio. Stessa sorte toccò alle sette persone che partirono a bordo del Columbia nel 2003, che andò distrutto mentre tentava di ritornare sulla Terra.

INTERNO NAVICELLA SPAZIALE NASA INTERNO NAVICELLA SPAZIALE NASA

Il Discovery, l'Atlantis e l'Endeavour sono andati invece serenamente in pensione nel 2011, dopo aver percorso migliaia e migliaia di chilometri nello spazio e aver portato a termine decide di missioni.


IL VIDEO CON LE IMMAGINI DELL'INTERNO DELLA NAVICELLA SPAZIALE ATLANTIS:
http://www.youtube.com/watch?v=R1aq7tSGbBY

 

 

UN CALCIONE AL REAL MADRID: INCHIESTA UE PER AIUTI DI STATO

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1-CALCIO: UE, REAL MADRID SOTTO INCHIESTA PER AIUTI STATO
(Ansa) - Il Real Madrid e' sotto inchiesta preliminare per 'aiuti di stato', vietati dalla Ue. La notizia, anticipata dal britannico 'Independent', e' stata confermata dal portavoce di Joaquin Almunia, spagnolo vicepresidente della Commissione Ue e responsabile per la concorrenza. Indagine analoghe 'riguardano i club di diversi paesi' ha detto il portavoce ricordando che sul Real non e' stata ancora aperta un'inchiesta formale, come invece gia' successo alcune settimane fa per societa' olandesi.

LOGO REAL MADRID jpeg

Il portavoce ha specificato che l'indagine preliminare e' stata aperta dopo che la Commissione ha ricevuto una serie di reclami e segnalazioni. Non c'e' un tempo limite per la formalizzazione dell'inchiesta.

BELLI SENZA MAGLIETTA- CRISTIANO RONALDO

Nel caso in cui venisse accertata la 'non compatibilita'' tra gli aiuti ricevuti e le norme europee, il club sarebbe obbligato a restituire le somme o vantaggi percepiti.
Ad esser nel mirino e' l'accordo del 1996 tra il club ed il comune di Madrid per lo sfruttamento dei terreni attorno allo stadio Santiago Bernabeu per la costruzione di un centro commerciale e un albergo.

In particolare il Comune avrebbe 'largamente sovrastimato', secondo l'Independent, il valore dei terreni di Las Tablas quando - nel 2011 - decise di rientrarne in possesso. Tale terreni nel 1998 vennero valutati 421.000 euro, ma tredici anni dopo il valore e' stato stimato in 22,7 milioni di euro.

IL PALAZZO DELLA COMMISSIONE EUROPEA

2- COMUNICATO STAMPA COMMISSIONE EUROPEA
La Commissione europea ha avviato un'indagine approfondita per verificare se le misure di cinque comuni dei Paesi Bassi a favore delle locali squadre di calcio professionistiche sono conformi alle norme comunitarie in materia di aiuti di Stato. Nessuna di tali misure, adottate nel 2010 e 2011, è stata notificata alla Commissione, che è stata allertata da cittadini preoccupati.

La Commissione ha inoltre accertato che le misure adottate da un sesto comune non costituiva un aiuto di Stato. L'avvio di un'indagine approfondita non pregiudica l'esito. Dà ai Paesi Bassi e tutte le parti interessate la possibilità di formulare osservazioni sulle misure in questione.

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Il Vice Presidente della Commissione responsabile della concorrenza, Joaquín Almunia, ha dichiarato: "Sono fermamente convinto che le società di calcio professionistiche devono essere ben gestite e non chiedere aiuto al contribuente di fronte alle difficoltà finanziarie. Se il sostegno finanziario è comunque attribuito, allora dovrebbe essere concesso ai sensi delle norme sugli aiuti di Stato dell'Ue per gli aiuti alle imprese in difficoltà. Per quanto riguarda queste squadre di calcio cinque, abbiamo dubbi sul fatto che questo è stato il caso".

La Commissione esaminerà cinque misure a favore di NEC, MVV, Willem II, PSV e FC Den Bosch ((vedi tabella sotto). Queste misure sembrano costituire un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 107 (1), del TFUE. Essi comportano l'uso delle risorse pubbliche e forniscono un vantaggio a enti che svolgono attività economiche. Le misure sono suscettibili di falsare la concorrenza e incidere sugli scambi tra gli Stati membri. Sono quindi in linea di principio incompatibili con il mercato unico dell'UE.

LOGO AJAX AMSTERDAM

Nella misura in cui i club calcistici professionali in questione sono stati in difficoltà finanziarie al momento delle misure e dei Comuni hanno agito per risolvere tali difficoltà, l'aiuto deve essere valutato sulla base degli orientamenti comunitari per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà .In questa fase del procedimento, la Commissione dubita che le misure siano conformi a tali orientamenti.

La Commissione ha inoltre concluso che le misure adottate dal Comune di Arnhem, che consistevano nell'accettare il mancato pagamento dei crediti nei confronti del Vitesse pari a € 11,7 milioni, non costituiscono aiuti di Stato ai sensi delle norme comunitarie. In questo caso il comune di Arnhem ha agito nel contesto di una sospensione dei pagamenti effettuati. Le autorità olandesi hanno dimostrato che un creditore del mercato privato avrebbe agito nello stesso modo.

 

TE LA DO IO L’IRLANDA! IL FISCO ITALIANO AZZANNA 10 BANCHE

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Umberto Mancini per Il Messaggero

Sono almeno una decina le banche finite nella rete del fisco. Piccole, grandi e di medie dimensioni, non c'è differenza. Da Mps a Unicredit, da Fideuram ad Intesa Sanpaolo, dalla Popolare di Milano al Credito Emiliano a Carige, fino alla blasonata Deutsche Bank e, ultima arrivata, al gruppo Mediolanum. Tutte invischiate, o comunque accusate, di aver eluso il fisco e aggirato le norme. Operando ai limiti del consentito, sul confine tra lecito e illecito.

ENRICO CUCCHIANI A CERNOBBIO jpeg

NEL MIRINO
A sentire i rumors saranno in molte a fare la stessa fine nei prossimi giorni. Visto che il cerchio sulle banche si sta stringendo inesorabilmente. E non certo da oggi. Un vizietto, quello di spostare all'estero, in Irlanda in particolare, attività e sedi di società controllate, per cercare di pagare meno tasse in Italia.

Un sentiero tortuoso, fatto di triangolazioni ed interpretazioni delle leggi, ma evidentemente ben noto agli Indiana Jones dell'Agenzia delle Entrate guidati da Attilio Befera. Trucchi contabili ed escamotage portati alla luce dopo lunghe indagini e severi controlli dei bilanci.

Federico Ghizzoni Unicredit

Fino ad ora nelle casse statali sono finiti, o meglio hanno fatto ritorno, oltre un miliardo e 200 milioni di tasse non pagate. Un bottino tra sanzioni e interessi che potrebbe crescere ancora. Del resto proprio uno studio recente stima in oltre 3 miliardi di euro l'area di elusione fiscale da far emergere in questo settore. Ed è proprio per questo che l'offensiva, partita nel 2010, sta salendo di tono.

I SIGNORI DEL CREDITO
Non è un caso che negli ultimi mesi vi sia stata una accelerazione. Molte banche hanno infatti preferito stringere un accordo con il Fisco e pagare quanto contestato. Ovviamente per evitare guai peggiori. C'è poi anche chi ritiene ingiuste le accuse e si difende a colpi di ricorsi. Al momento però prevale la linea della collaborazione. Dalla Popolare Milano che si è accordata con l'Agenzia delle Entrate pagando 186 milioni. Al Monte dei Paschi di Siena che ha chiuso un lungo contenzioso sborsando oltre 260 milioni.

Alessandro Profumo Fabrizio Viola

Stessa sorte per Credem che nel 2010 è stata condannata in primo grado dalla Commissione provinciale di Reggio Emilia a pagare 45 milioni. E che invece di fare appello ha siglato l'intesa con le Entrate: 45 milioni più interessi. Carige, siamo nel 2012, invece ha fatto appello, rifiutando di pagare 10 milioni.

DEUTSCHE BANK

Più complesso il caso Unicredit. La banca, come si legge nel bilancio consolidato 2011, ha definito con l'Agenzia delle Entrate sia le contestazioni per il 2005 per 106 milioni (comprese sanzioni e interessi) che quelle per l'anno successivo (85 milioni). Partita chiusa anche per il periodo 2007-2009 con il versamento di 264 milioni.

L'altro colosso del credito Intesa Sanpaolo ha invece sborsato 270 milioni e messo fine alle contestazioni relative ad arbitraggi fiscali tra il 2005 e il 2009. Deutsche Bank, nell'ambito dell'operazione Charis ha concordato con l'Agenzia una «conciliazione che ha portato alla chiusura della contestazione per tutti gli anni interessati con un pagamento complessivo di ulteriori imposte per 12 milioni. Dopo una lunga battaglia il Fisco ha recuperato dal gruppo Fideuram circa 28 milioni. Ma la caccia, assicurano gli sceriffi delle Entrate, non finirà qui.

 

 

SPAZI SFITTI E FALLIMENTI: L’ECATOMBE DEI NEGOZI

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Emanuele Scarci per "Il Sole 24 Ore"

Con la crisi dei consumi è fuga dal commercio. Il 2013 potrebbe trasformarsi nell'annus horribilis dell'imprenditoria commerciale. Nel primo bimestre sono spariti quasi 10mila negozi, soprattutto per l'inaridirsi della voglia d'impresa: le nuove aperture infatti sono franate del 50%. E «se il trend restasse invariato - spiega Mauro Bussoni, vicedirettore generale di Confesercenti - a fine anno registreremmo la scomparsa di 60mila negozi, con ovvie conseguenze su economia e occupazione».

negozio fallito

Un'ipotesi da incubo ma che potrebbe realmente realizzarsi: nel primo bimestre dell'anno, hanno chiuso i battenti 13.755 aziende, mentre le aperture si sono fermate a 3.992, per un saldo negativo di 9.783 unità. Praticamente, sono sparite oltre 167 imprese al giorno.

Intanto Confesercenti stima che nei primi tre mesi il saldo negativo potrebbe essere di 14.674 unità, 4mila unità in più rispetto al 2012. La sintesi di 20.622 cessazioni e 5.988 nuove iscrizioni. «Un'ecatombe - precisa Bussoni - con 200mila addetti in meno. Ma anche i pubblici esercizi vivono un momento difficilissimo: nel trimestre potrebbero aver abbassato la saracinesca più di 9.500 tra bar, ristoranti e tavole calde, con un saldo finale negativo di 6.401 unità».

fallimento impresa negozio fotogramma x

Le cause? Ovviamente i dettaglianti puntano il dito contro le liberalizzazioni, la crescita della grande distribuzione e le aperture domenicali, ma, sotto sotto, sanno che il motivo principale è la crisi economica con decine di migliaia di persone senza lavoro o in cassa integrazione e con il reddito delle famiglie falcidiato. Bussoni sottolinea che «non si fa più impresa. Il rischio di fallimento è cresciuto enormemente e nemmeno chi viene espulso da altre attività trova il coraggio di aprire un'attività commerciale».

Nella mappa della crisi del commercio al dettaglio, nel primo bimestre dell'anno i risultati peggiori si registrano al Centro nord: 7.885 chiusure a fronte di 2.054 aperture. Sud e isole resistono meglio con 5.890 cessazioni e 1.938 nuove iscrizioni. Tra i comuni capoluoghi di provincia, la maglia nera va a Roma, con 553 chiusure per un saldo negativo di 392 unità; seguono Torino (306 cessazioni, saldo negativo di 231 unità) e Napoli (238 cessazioni e un saldo di -133 imprese).

fallimento negozi

Diversa la mappa nel decennio 2002-2012: il dato globale (si tratta di imprese alimentari specializzate, eccetto le bevande e i tabacchi) indica una riduzione di circa un quarto del numero dei dettaglianti a 36.500. A livello provinciale quella di Milano perde quasi la metà delle imprese, precisamente il 47%; seguita da Firenze, -35%, e da Palermo, -34%. «In Lombardia - spiega Bussoni - la crescita delle catene commerciali è stata rapidissima e ha finito con l'espellere, con altrettanta velocità, i piccoli negozi».

Infatti Milano presenta il numero più basso di esercizi di vicinato alimentare in rapporto alla popolazione, 0,8 ogni mille abitanti, dopo Bolzano, 0,7 per mille. In coda alla classifica Perugia, -3,6% dei negozi in dieci anni, Potenza, -6%, e Bari, -8,9 per cento.

negozio fallito jpeg

Un segnale del malessere diffuso arriva dalla desertificazione dei centri città. Secondo una ricerca condotta da Anama-Confesercenti, in Italia i negozi sfitti per assenza di imprese sono ormai 500mila per una perdita annua di 25 miliardi di euro in canoni non percepiti. Secondo l'indagine tra i capoluoghi presi in esame il centro storico più desertificato è quello di Cagliari, con il 31% dei negozi chiusi, quasi uno su tre. Seguono Rovigo (29%), Catania (27%) e Palermo (26%). Nelle periferie delle città il fenomeno è ancora più forte.

Che fare? «La deriva - conclude Bussoni - va arginata promuovendo politiche per ridurre gli aggravi fiscali per cittadini e imprese e per favorire il rilancio dei consumi e del mercato interno. Ma è anche necessario intervenire sui problemi particolari del settore, come il canone revisionabile: un sistema che coniuga le necessità di messa a reddito degli immobili commerciali con il bisogno delle imprese di crescere».

 

GLORIA AL CALIFFO INCAPACE, COME ROMA, DI ESSERE UNA COSA SOLA

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Alberto Infelise per "La Stampa"

Messa Funebre per Franco Califano

Roma sceglie i suoi eroi. E quasi mai li ama di un amore unico e condiviso. Quant'è diverso il funerale di Franco Califano da quello di Enzo Jannacci. A partire dal paradosso di una Milano assolata per l'addio all'Enzo e una Roma livida di pioggia fredda per quello al Califfo.

A Milano un ecumenico saluto a un simbolo condiviso, a Roma lo strazio di chi ha amato un artista tanto popolare quanto frainteso e misconosciuto. In quanti pensano a Califano come una vittima sacrificale della giustizia? Eppure lo sono stati Walter Chiari ed Enzo Tortora, finiti «al gabbio» proprio come Califano, per le stesse indagini, poi riabilitati come simboli dell'ingiusto martirio. Califano no.

Vianello saluta Califano

Un esempio raro in cui l'immagine pubblica, quella dello sciupafemmine cinico e spregiudicato, ha fatto a cazzotti (seppellendola) con quella dell'autore di canzoni di un romanticismo esasperato: La nevicata del '56, Minuetto, Gente de borgata erano sue, manifesti indiscussi di quella scrittura struggente che solo Roma può generare. «Se potrebbe sta pure mejo, ma che voi fa», cantavano Edoardo Vianello e Wilma Goich: e pure se «de borgata», in quella frase c'è tutta Roma.

Il popolo di Califano Il Feretro di Franco Califano

La Roma che ne ha viste di tutti i colori nei suoi millenni e sempre sopravvive e va avanti, che, come dice il Marchese del Grillo (Califfo ante litteram) «morto un Papa se ne fa sempre un altro».
La maschera di dolore accanto al feretro è quella impersonata da Maurizio Mattioli, amico del maestro, attore popolarissimo del teatro e del cinema all'interno del Gra, fuori meno. Ma per Roma quel che accade fuori dal Raccordo Anulare conta poco.

I fan di Califano Maurizio Mattioli

C'era il sindaco Alemanno a salutare il Califfo, c'era Renata Polverini, completamente assente la sinistra pariola che il Maestro l'ha sempre schifato (per il presunto maschilismo, per la sua capacità di essere popolare anche a sinistra, per esser stato eroe di quella destra popolana che l'uomo forte ancora lo ama). C'era, tra le prime file della chiesa degli Artisti a piazza del Popolo, Renato Zero, uno che quando - tra millenni - sarà il giorno verrà giù il Campidoglio.

renato zero

Pure in morte, come in vita, non ha unito il Califfo, ma diviso. Del resto mai per un secondo unire era stato tra le sue priorità. Troppo impegnato a vivere tutto quello che c'era da vivere, secondo regole proprie, che tengono insieme opposti che per altri sarebbero inconciliabili.

Lando Fiorini

L'ostentata capacità di seduttore di femmine che non si tira indietro di fronte a una «Avventura con un travestito». Il cinismo del killer sentimentale che dopo il primo appuntamento desiderato tanto da lavare la macchina per far bella figura, ottenuto quel che voleva ottenere ammette con sé stesso e con il mondo che «Tutto il resto (quello che viene dopo il primo appuntamento) è noia»: ma poi si strugge e scrive in Minuetto «continuo ad aspettarti nelle sere per elemosinare amore».

Elemosinare? Il Califfo? Viene il dubbio che certe poesie siano state scritte per la sua epica capacità di parlare «con» le donne e di dire la cosa giusta al momento giusto. Come un Rugantino, come un Pasquino: come la sua Roma, incapace di essere una cosa sola, nato per essere tutto. E il suo contrario.

 


DIMISSIONI A 5 STELLE, IL SENATO DICE NO

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1 - AULA SENATO RESPINGE DIMISSIONI 'GRILLINA' MANGILI
(ANSA) - L'Aula del Senato ha respinto le dimissioni della senatrice eletta in Lombardia con il M5S Giovanna Mangili. I rappresentanti di quasi tutte le forze politiche si sono detti d'accordo sul fatto che siano troppo "lacunose" e vaghe le motivazioni della sua rinuncia.

GIOVANNA MANGILI

2 - M5S, MANGILI SI DIMETTE DA SENATRICE. IL MARITO: "RISPOSTA ALLE ACCUSE DI INCIUCIO"
Da "Repubblica.it" del 15 marzo 2013

La senatrice 5 Stelle Giovanna Mangili si è dimessa "per motivi personali" al primo giorno della XVII legislatura,dopo essere entrata a Palazzo Madama come capolista in Lombardia. Al suo posto la prima dei non eletti, Tiziana Pittau. Ma prima delle dimissioni, c'è la polemica. Che vede la Mangili accusata di "inciucio" per il ruolo del marito, Walter Mio, consigliere comunale del Movimento 5 Stelle a Cesano Maderno (Monza).

Che difende la moglie su Facebook, e scrive: "Alle accuse di inciuci, presunte impossibili ridicole cordate e parentopoli brianzole abbiamo deciso di rispondere con un gesto forte e chiaro: le dimissioni da senatrice di mia moglie Giovanna Mangili". La Mangili era una semplice attivista del Movimento 5 stelle, senza incarichi politici o amministrativi. I senatori grillini assicurano che Mangili resterà nel M5S.

GIOVANNA MANGILI

Rinuncia all'incarico. "Abbiamo aspettato l'ufficialità della notizia volutamente", prosegue Mio su Facebook, e approfondisce i motivi della rinuncia all'incarico della moglie. La decisione delle dimissioni è stata presa "per ridare dignità personale ad una persona che ha sopportato in silenzio attacchi per non danneggiare un movimento che ha sempre sostenuto e che sempre sosterrà. Un modo deciso ed inequivocabile per dimostrare a quanti hanno sparso veleno sul desiderio di facili poltrone famigliari", scrive l'uomo sul social network.

casaleggio grillo

Crimi: "No illazioni".
"Nessun accordo, nessuna cordata. Giovanna Mangili non ha retto alle pressioni, agli attacchi, alle forti illazioni. Ma la sua elezione è completamente regolare". Il capogruppo designato del M5S, Vito Crimi, difende la senatrice dimissionaria e spiega: "la sua elezione è regolare ed è il meccanismo che ci siamo dati che prevedeva i nostri posizionamenti nelle due Camere". Soprattutto, "era già deciso il subentro, tant'è che Tiziana Pittau è già qui da due settimane e lavora con noi".

GRILLO LOMBARDI CRIMI

 

 

FLASH! - DAL PROFILO TWITTER DI AZZURRA CALTAGIRONE ( @AZZURRAC): ‘’FINCHÉ QUEL BUONTEMPONE DI @VFELTRI FA UN PESCE D'A

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AZZURRA CALTAGIRONE SMENTISCE FELTRI SUI GOSSIP SU CASINI E FIGLI ILLEGITTIMI

ARBORE MAGIQUE: LA RAI CELEBRA LA SUA TV POP E SURREALE

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Aldo Grasso per "Il Corriere della Sera"

Renzo Arbore

È sempre un piacere quando Renzo Arbore accetta di comparire in tv, di scombinare per un attimo il flusso dei programmi con la sua presenza garbata e carismatica. Questa volta l'occasione è arrivata grazie a «L'altra, la tv d'autore di Renzo Arbore», una serie a puntate che ripercorrerà le tappe più importanti della sua carriera, provando anche a raccontarci qualcosa della sua personalità («La storia siamo noi», Rai1, sabato, ore 23).

Renzo Arbore

Nel primo appuntamento, Caterina Stagno è andata a far visita ad Arbore nella sua casa, portando con sé Gino Paoli e la moglie Paola, insieme a un dono proveniente dagli archivi Rai, cioè alcune puntate di «Speciale per voi», il primo programma televisivo di Arbore, del 1969.

Intervento di Renzo Arbore

Seguendo la puntata abbiamo scoperto due cose: la prima è che la casa di Arbore racconta moltissimo di lui («è il sogno di un bambino»): tra cimeli e reperti, emerge un'estetica dell'accumulo furioso, un'apologia fantastica del kitsch attraverso il suo materiale d'elezione (la plastica), un culto consapevole della cultura pop che ha innervato, in modi diversi, anche tutti i suoi programmi tv.

RENZO ARBORE

La seconda è che «Speciale per voi» ha resistito indenne al passare del tempo. Le immagini dal passato restituiscono un ritratto cristallino del nostro decennio migliore, gli anni 60: c'è lo stile di Arbore, sempre in bilico tra la jam-session e il cazzeggio elevato ad arte.

RENZO ARBORE

C'è il suo gusto musicale, dall'Equipe 84 a Lucio Battisti, da Enzo Jannacci fino a Domenico Modugno. C'è la difficoltà di gestire i primi esperimenti di talk televisivo, con il pubblico di giovani in studio che per la prima volta aveva diritto di parola e portava in tv la «contestazione» (fecero piangere Caterina Caselli).

Di sicuro, Arbore è l'artista che più ha capito l'essenza surreale, cialtrona ed eterogenea della nostra tv

 

L’ORO DI DUBAI DA DOVE NON L’AVETE MAI VISTO - ALCUNI TURISTI RUSSI HANNO FOTOGRAFATO DUBAI DAI TETTI DEI GRATTACIELI

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DAGOREPORT

VISTA DAI GRATTACIELI DI DUBAI

Dal "Daily Mail"
http://bit.ly/16jddo3

Un gruppo di spericolati turisti russi amanti del rischio e della fotografia hanno scattato una serie di immagini impressionanti dai tetti dei grattacieli più alti di Dubai.

VISTA DAI GRATTACIELI DI DUBAI

Foto spettacolari che meglio di qualsiasi altra testimonianza colgono la duplice realtà della moderna "Città dell'oro". Panorami in cui spiccano lucenti grattacieli, fra cui quello più alto del mondo, il Burj Khalifa, e imponenti autostrade che come sfondo hanno il sabbioso terreno del deserto, fanno da contraltare alle casupole basse e decisamente più modeste dei quartieri meno ricchi della città.

VISTA DAI GRATTACIELI DI DUBAI

Le foto ritraggono anche gli stessi fotografi che si divertono a spenzolarsi dai grattacieli ad altezze folli, dominando il paesaggio. Fra le immagini, alcune sono parecchio curiose: in una si vedono alcune persone mentre giocano a cricket nel deserto, in un'altra un uomo e due donne chiacchierano mentre prendono il sole sull'eliporto di un hotel.

Ma le foto più affascinanti sono decisamente quelle in notturna, in cui brillano le luci dorate di Dubai.

Lo stesso gruppo di turisti realizzò anche degli scatti dalla cima della piramide più grande della necropoli di Giza, in Egitto, dove di solito non è permesso arrivare. Senza corrompere le guardie, almeno.

 

PERCHE’ LE BANCHE CENTRALI STANNO FACENDO LA LORO PERSONALE CORSA ALL’ORO?

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DAGOREPORT

Oro

Mentre frotte di analisti finanziari e qualche grande investitore USA si affrettano a spiegare che il "ciclo di rialzo" dell'oro è giunto al termine, nelle segrete stanze delle banche centrali e presso le cancellerie di alcuni paesi la storia che si racconta è completamente diversa.

Gli uni, abituati a studiare modelli grafici sono convinti che il prezioso metallo sia giunto a fine corsa, mentre gli altri stanno discutendo il rimpatrio delle riserve auree custodite soprattutto presso la Federal Reserve Bank negli USA e presso la Bank of England nel Regno Unito.

Cerchiamo di fare un po' di chiarezza per capire chi ha ragione. L'oro non è un "bene rifugio". L'oro è moneta; lo è stato per 4 mila anni e solo di recente (con la fine degli accordi di Bretton Woods il 13 agosto 1971) ha cessato questa funzione.

Le ragioni per le quali l'oro è stato da sempre utilizzato come numerario (potremmo chiamarlo Primo Numerario) sono sostanzialmente tre: è incorruttibile, per cui la quantità resta certa nei secoli; è fungibile, per cui in qualunque parte del mondo si voglia pagare per acquistare beni o servizi si troverà sempre qualcuno disposto a convertirlo in moneta locale; non è inflazionabile, per aumentarne il possesso non si può premere un tasto e produrlo ma bisogna organizzare uomini e mezzi (una attività produttiva che crea valore) per andare a cercarlo.

ORO LINGOTTO

Queste tre caratteristiche rendono l'oro unico rispetto a qualunque metallo o altro materiale; il diamante ad esempio ha il problema della stima del valore (peso, colore purezza, ecc.) che non lo rende inadatto a fungere da numerario (misuratore) delle quantità e degli scambi economici.

Per tali ragioni l'oro veniva utilizzato nei pagamenti nazionali ed anche internazionali all'alba dell'apertura degli scambi commerciali tra diversi paesi. In queste occasioni piuttosto che venire trasportato dall'acquirente durante l'acquisto delle merci, per evitare il rischio di essere vittima di furto, l'oro veniva depositato in una banca che emetteva un certificato rappresentativo dell'oro depositato.

Il commerciante poteva a quel punto utilizzare il certificato emesso per garantire la quantità di oro depositato e pagare con la consegna del certificato stesso. La banca del venditore della merce e la banca dell'acquirente in un momento successivo si mettevano d'accordo per lo scambio sicuro dell'oro fisico o anche per la compensazioni tra le quantità di oro a debito ed a credito tra i due istituti (fungibilità dell'oro).

Con la nascita della banca centrale la funzione di custodia dell'oro è passata a quest'ultima istituzione che in cambio dell'oro depositato emetteva certificati che con il tempo sono diventati le monete e le banconote in circolazione in ciascun paese.

oro

Oggi la moneta non è più legata alla quantità di oro depositata mentre il bilancio di tutte le banche centrali è composto sostanzialmente dalle stesse voci. Semplificando molto l'esempio si può dire che nell'attivo di bilancio si hanno: riserve auree, riserve valutarie (ad esempio per la BCE queste saranno i dollari USA, le sterline inglesi, lo yen giapponese, ecc.), titoli di stato (BTP, Bonos, Bund, ecc.) e da qualche anno anche junk bond (soprattutto nel bilancio della Fed americana a causa delle operazioni: TARP, TALF, QE1, QE2, QE3).

L'unica voce del passivo delle banche centrali, oltre il patrimonio della banca, è invece la moneta emessa (per la BCE tutti gli euro in circolazione e le riserve in eccesso delle banche commerciali), che è un debito della banca centrale.

Poiché l'attivo di bilancio garantisce il passivo dello stesso (e quindi la solvibilità della banca centrale) e se guardiamo le voci stesse dell'attivo, si capisce subito che: essendo l'oro una frazione infinitesima della moneta emessa

lingotti oro

(a tale riguardo si legga l'articolo e si guardino i filmati al link: http://www.goldnews.com/2011/06/02/fed-lawyer-alvarez-the-federal-reserve-does-not-own-any-gold-at-all/, dove il legale della Fed americana dichiara che l'istituzione che rappresenta non possiede più oro fisico ma certificati rappresentativi di un credito in once d'oro nei confronti del Tesoro americano);

essendo le riserve valutarie un debito delle altre banche centrali (affidabile se queste sono solvibili); essendo i junk bond spazzatura, l'unica voce dell'attivo che garantisce la moneta emessa (la tenuta stessa del sistema monetario) sono i BTP (o se si vuole i Treasury, i titoli di stato).

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Ma i titoli di stato sono garantiti se il paese cresce, crea reddito quindi gettito che permette di rimborsare tali titoli. La moneta emessa è quindi garantita dal lavoro. Di ognuno di noi. Se l'occupazione scende il sistema monetario salta perchè viene meno la capacità di rimborso del debito.

Ora l'occupazione sta continuamente deteriorandosi da un quinquennio in tutte le principali economie. Allora forse hanno ragione la banca centrale del Venezuela, che vuole rimpatriare l'oro detenuto negli USA e nel Regno Unito (ammesso che esista ancora), oppure la Bundesbank, che anch'essa ha chiesto il rimpatrio delle riserve o i promotori del referendum svizzero che sarà votato tra qualche settimana per modificare la costituzione e rendere inalienabile le riserve auree che devono essere almeno il 20% del bilancio della Banca Nazionale Svizzera.

Negli ultimi 10 anni il prezzo dell'oro é salito in tutte le valute (ma in effetti non ha fatto altro che aggiornare il proprio valore monetario mentre le banche centrali continuavano ad inflazionare) e l'apparente correzione degli ultimi mesi è forse il momento giusto perchè tutti noi ci si protegga dall'inflazione monetaria acquistandone un po', proprio come molte banche centrali.

 

 

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