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SPOLETO, IL FESTIVAL DEL MONTE DEI PASCHI E BANKITALIA (E COOP)

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Gian Marco Chiocci per il Giornale

giovanni antonini jpeg

L'inedita storia che alimenta interrogativi sul ruolo di Mps e di Bankitalia viene definitivamente alla luce a gennaio di quest'anno quando, in pieno scandalo Mps, a Spoleto si fa avanti una cordata composta da investitori privati e istituzionali denominata Clitumnus che comunica l'intenzione di acquistare il pacchetto di maggioranza che controlla la Banca popolare di Spoleto, fiore all'occhiello del credito umbro, 110 sportelli in tutta Italia, guidata da oltre un decennio dall'assicuratore spoletino Giovanni Antonini, un tipo all'apparenza burbero, con enorme seguito cittadino, una mosca bianca nella rossa cittadina del Festival essendo da sempre di area Pdl.

MUSSARI TREMONTI DRAGHI GUZZETTI jpeg

A quest'Opa (Offerta pubblica di acquisto) partecipano le cooperative rosse con la «Coop Centro Italia» e un pool di imprenditori e istituti umbri. Per capire cosa ci azzecchino nella guerra per la Bps il Mps (già partner di Bps) e Bankitalia occorre fare un passo indietro. Nel lontano 2010 Bankitalia dispone a sorpresa un'ispezione alla Popolare di Spoleto. Stando ai risultati finali l'istituto umbro pur avendo una «capacità di reddito» pari a un «+10,6%», ottima dunque, viene invitata a cambiare strategia aziendale svecchiando i vertici perché sarebbero stati riscontrate carenze nelle strategie, nella trasparenza, un rischio creditizio legato alla redditività, anomalie nella governance e via discorrendo.

Di lì a poco la procura di Spoleto, nel 2011, apre un'inchiesta e iscrive sul registro degli indagati 17 persone, tra cui Antonini, che nel frattempo si era dimesso dalla carica di presidente per assumere, con voto plebiscitario, quella di presidente della Fondazione della Scs, la cooperativa Società credito e servizi che detiene il 51 per cento della Bps. Il Cda dà subito seguito alle indicazioni di Bankitalia e «svecchia» la governance. Ma, evidentemente, non basta perché dopo una nuova ispezione nel 2012, Antonini sarà «costretto» a lasciare anche il vertice della Fondazione che finirà commissariata al pari della Banca.

Giovanni Antonini Banca Popolare di Spoleto

Ma perché tanto accanimento da parte di Bankitalia su una banca radicata nel territorio, che in dieci anni ha decuplicato gli sportelli, assunto circa 500 persone, e che ha «solo» circa 30 milioni di euro di rosso? La domanda sorge spontanea visto che tanta e continua attenzione non è stata riservata ad altri istituti in difficoltà come il ben noto Monte dei Paschi, oppure la Banca delle Marche (529 milioni di sofferenze) Banca Etruria (186 milioni) Banco Popolare (900) e via discorrendo. Lo scopriremo a breve.

Torniamo a quella seconda ispezione di Bankitalia del 2012. In una sola settimana di luglio accade di tutto, e di più: partono gli avvisi di garanzia, scattano perquisizioni e sequestri, gli 007 di Bankitalia si ripresentano, Mps annuncia disdette importanti. Poi passano sei mesi e gli ispettori della Vigilanza il 10 dicembre del 2012 lasciano gli uffici della Popolare di Spoleto contestualmente alla ratifica della decisione di Monte dei Paschi di Siena (che ha il 26 per cento della Bps e il 30 della Fondazione) di rescindere i patti parasociali e rientrare in possesso del capitale immesso nella Popolare di Spoleto per un valore nominale di circa 30 milioni.

Mussari e Draghi

Il nuovo ad di Montepaschi Viola scrive ad Antonini a fine luglio 2012 per comunicare il prezzo della cessione di 8 milioni di azioni ordinarie per un importo ben più alto, pari cioè a oltre 73 milioni di euro (a fronte di un valore a bilancio 2011 di 49 milioni). Una cifra spropositata perché, come vedremo fra poco, quando si tratterà di lanciare un'Opa sulla Popolare, il valore crollerà incredibilmente di ben 57 milioni di euro, fermandosi a 16 milioni. Un affarone per chi compra.

Trascorre poco più di un mese e la cordata di imprenditori e coop denominata Clitumnus ufficializza la proposta pubblica di acquisto. A guidare l'Opa è il professor Francesco Carbonetti, avvocato e finanziere romano, già consulente legale di Bankitalia, capo area degli studi giuridici della Consob, noto per aver «gestito» il crac Federconsorzi, e secondo i veleni cittadini, imparentato col procuratore capo di Spoleto, Gianfranco Riggio, che sta indagando su Bps.

Vero? Falso? Contattato dal Giornale, Carbonetti, dice: «Delle cose mie personali non parlo». Dai documenti presentati alla Consob dalla Clitumnus emerge quel che accennavamo sopra, e cioè la disponibilità di Mps a vendere ai nuovi proprietari le proprie azioni non per 73 milioni (come da richiesta alla Popolare) ma bensì a euro 16.247.730. Tant'è. L'8 febbraio, a distanza di 10 giorni, arriva il commissariamento.

In alcuni carteggi ad uso interno di Bankitalia visionati dal Giornale, datati 12 luglio 2010 (tre anni prima del commissariamento) già si preannuncia l'Opa «rossa» ufficializzata a gennaio 2013. Si legge infatti: «Adeguata la dotazione patrimoniale, irrobustita da un recente aumento di capitale; in prospettiva tuttavia, stante la paventata indisponibilità da parte della controllante a ulteriori apporti, è allo studio l'intervento di un nuovo socio esterno (Coop Centro Italia)».

E ancora: «In prospettiva, appare peraltro ineludibile il ricorso a ulteriori mezzi patrimoniali per accompagnare il processo di crescita, che né l'autofinanziamento né il socio di maggioranza sono in grado di fornire. Da qui l'ingresso nel capitale di Coop Centro Italia e l'ipotesi di costituzione di una holding da parte degli attuali azionisti».

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Nella relazione tecnica fiduciaria ci si dilunga persino in commenti «politici» sul dominus della Popolare, Antonini, troppo presente in banca e a stretto contatto con personale e clientela, un «personaggio assai noto presso la comunità spoletina, capace di coagulare vaste aree di consenso».

Gli ispettori ricordano che all'interno della Popolare di Spoleto ci sono uomini affidabili provenienti «dal nostro Istituto» e «da Mps». Si fa presente che la Banca fatica ad uscire da logiche provinciali senza dire, però, che 110 sportelli in ogni angolo del Paese rappresentano tutt'altro che un «accentuato localismo».

Insomma, per rilanciare la banca occorre togliere Antonini che ad oggi, con un ricorso pendente al Tar, si ritrova effettivamente fuori dai giochi con un avviso di garanzia e una defenestrazione commissariale in Banca e Fondazione. Il risultato ipotizzato nel 2010 è dunque raggiunto nel 2013. Con una postilla che, in tempo di crisi, merita di essere rivelata: tra le accuse mosse alla Bps dagli ispettori di Bankitalia, quella di aver erogato troppo credito ad aziende, piccoli imprenditori, famiglie. Una politica che Bankitalia, evidentemente, non gradisce.

(1-continua)

 


PAPA FRANCESCO SCUOTE LO IOR A COLPI DI BERTELLO

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Giacomo Galeazzi per La Stampa

C' è un piano per ricondurre lo Ior sotto il Governatore vaticano in vista dell'ingresso nella «white list» dell'Ocse. Porre l'Istituto Opere di Religione sotto il controllo del Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano (il governatore vaticano Giuseppe Bertello, stimato da tutti per la sua onestà e correttezza) assicurerebbe maggiori verifiche e garanzie legali rispetto all'attuale fase di crisi e inchieste delle procure.

L'ARCIVESCOVO GIUSEPPE BERTELLO

Lo Ior verrebbe inglobato organicamente nella macchina burocratica della Santa Sede sul modello di ciò che accade già per l'Apsa, l'Amministrazione del patrimonio della sede apostolica che ha anch'essa i suoi correntisti. Si tratta di un progetto di riforma ispirata ad un criterio di trasparenza che bilancia due spinte opposte.

Quella di chi, come i cardinali Schoenborn e Onayekan, intende chiudere lo Ior (per stipulare una convenzione con una banca etica o comunque un istituto esterno al Vaticano) quella di quanti come Sodano e Sandri vorrebbero che le cose restassero come sono ora, con i bilanci dell'Istituto che non vengono resi noti a differenza di altre amministrazioni e con la «banca del Papa» che tecnicamente non fa parte degli organismi della Santa Sede.

papa francesco

Inoltre la struttura rinnovata della Segreteria di Stato avrà una gestione più collegiale e sarà ricalcata sull'impostazione della Compagnia di Gesù dove il Preposito generale è affiancato da responsabili di area geografica. Insomma, il modello del «direttorio» consueto per gli istituti religiosi e garanzia di collegialità nell'esercizio del potere. Mentre Francesco si appresta a riformarla, la «banca di Dio» finisce ancora al centro della bufera. La Guardia di Finanza ha fermato all'aeroporto romano di Ciampino monsignor Roberto Lucchini e l'avvocato Michele Briamonte.

NUNZIO APOSTOLICO GIUSEPPE BERTELLO

«Il primo - riferisce il settimanale L'Espresso - è uno dei collaboratori più fidati del segretario di Stato Tarcisio Bertone, mentre il legale, partner dello studio torinese Grande Stevens, è da anni consulente dello Ior». A fine febbraio «Briamonte e Lucchini si sono opposti alla perquisizione esibendo un passaporto diplomatico vaticano». Dopo una convulsa trattativa e numerosi contatti telefonici con la Santa Sede, l'avvocato e il monsignore hanno potuto lasciare l'aeroporto romano senza consegnare ai militari le loro borse. Una ricostruzione contestata da Briamonte (classe 1977, ascoltato consulente della Curia romana, entrato nel 2012 anche nel cda Monte dei Paschi) secondo cui «occorre molta fantasia per trasformare un normale controllo doganale in un caso dopo l'incidente di Ciampino, il legale o diplomatico».

Proprio pochi giorni dello studio Grande Stevens si è visto perquisire casa e ufficio su richiesta della procura di Siena che indaga su un presunto caso di insider trading al Mps. Intanto si discute sul futuro dell'Istituto. Risollevare l'immagine di una Chiesa dilaniata dagli scandali. Rivedere gli assetti di potere all'interno delle mura vaticane. E riformare la gestione delle risorse economiche. Per don Roberto Davanzo, direttore della Caritas Ambrosiana, sono soprattutto queste le sfide prioritarie che Bergoglio dovrà affrontare. «Mi aspetto una significativa riforma della Curia romana, che dovrà avere un look e uno stile più umile, più sobrio e meno legato a ritualismi medievali», raccomanda Davanzo.

michele briamonte PAPA BERGOGLIO FRANCESCO GRILLO BY SPINOZA

«Occorre evitare di offrire al fianco ad attacchi esterni», aggiunge, mettendo il guardia il nuovo Pontefice dalle insidie che lo attendono. «Oggi ci sono problemi di gestione delle risorse e di lotte intestine che tanto hanno fatto male alla Chiesa in particolare durante il pontificato di Benedetto XVI. Esistono problemi di cattiva gestione del potere da rivedere: è questo il mondo con cui il Papa dovrà fare i conti» dice don Davanzo che suggerisce a Francesco di «scegliersi collaboratori leali, schietti e trasparenti». È soprattutto nella gestione delle risorse economiche del Vaticano che è attesa una svolta radicale: «Il problema non è se usarle o meno, ma come farlo».

 

RENZI IN BARCA: DUE VENERABILI NAPOLITANOS SCALANO IL PD

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NAPOLITANO BARCA jpeg

Claudio Cerasa per Il Foglio

 

A prescindere dal nome sul quale Napolitano alla fine deciderà di scommettere per offrire al paese un nuovo governo, da oggi pomeriggio nel centrosinistra si apre una fase delicata in cui le anime del Partito democratico saranno impegnate a trovare alla svelta un paracadute per evitare che il possibile tonfo di Bersani si trasformi in una rovinosa caduta libera per tutto il Pd.

 

NAPOLITANO E RENZI A FIRENZE jpeg

Quale che sia infatti il destino dell’attuale segretario, dopo la certificazione del cambio di direzione offerta da Enrico Letta al Quirinale (niente più “o governo Bersani o elezioni”, ora la linea è “non mancherà il nostro appoggio alla soluzione del presidente”) nel centrosinistra è partita una sorta di “operazione salvataggio” che sarà destinata a rivoluzionare la geografia del Pd: anche in vista delle prossime elezioni, che qualunque sarà la decisione di Napolitano rischiano di essere non lontane nel tempo.

CANCELLIERI NAPOLITANO SEVERINO ORNAGHI BARCA AGLI STATI GENERALI DELLA CULTURA

 

Per andare nello specifico, la traduzione politica dell’operazione salvataggio, che nel Pd scatterà in modo naturale un minuto dopo che Bersani avrà esaurito il suo incarico, ha sempre più il volto di due personaggi che da qui in poi, sotto vari punti di vista, saranno destinati a incrociare le lame. Il primo si chiama Matteo Renzi, il secondo si chiama Fabrizio Barca. I due hanno poco in comune e hanno profili poco sovrapponibili.

 

Ciò che però accomuna il sindaco di Firenze con il ministro del governo Monti, oltre al fatto di essere da giorni al centro della lista dei papabili per la guida di un esecutivo di larghe intese (e ieri il nome di Renzi è tornato per qualche ora sulla scrivania del Quirinale), è un dato che in qualche modo prescinde dalla nascita del prossimo governo.

 

Il dato è questo: per entrambi da oggi comincia la campagna elettorale. Le partite giocate da Barca e da Renzi, in realtà, seguono binari che pur essendo entrambi orientati alla conquista-salvataggio del centrosinistra al momento risultano distanti: il primo, Renzi, sogna di prendere la guida del centrosinistra senza passare per la guida del Pd; il secondo, Barca, sogna di prendere la guida del Pd per conquistare successivamente la guida del centrosinistra (magari da una posizione nel prossimo governo). Già, ma come?

grillo RENZI

 

La strategia accarezzata da Renzi per arrivare primo al traguardo delle prossime primarie (e delle prossime elezioni) è costituita da tre punti che il sindaco non smette di ripetere ai suoi collaboratori.

 

Primo: sottrarre a Grillo lo scettro del rinnovamento, e imporsi sempre di più, in nome della guerra alla casta, come simbolo della lotta agli sperperi sia dello stato (no al finanziamento pubblico) sia del suo stesso partito (no agli sprechi dell’apparato).

Secondo: organizzare una battaglia finalizzata a conquistare consensi nelle fasce d’età meno intercettate alle ultime elezioni dal centrosinistra, quelle sotto i trentacinque anni (e la discussa presenza di sabato 6 aprile da Maria De Filippi ad “Amici” rientra in questa strategia).

Terzo punto, che poi è quello più delicato: muoversi sul terreno di gioco stando attento a lanciare segnali incoraggianti sia al fronte laburista sia a quello dei famosi delusi del centrodestra.

 

In questo quadro la novità è che giorno dopo giorno il cerchio magico renziano si sta rendendo conto che paradossalmente i veri alleati intenzionati ad asfaltare un’autostrada a beneficio del sindaco di Firenze non sono solo i vecchi colonnelli pronti da tempo a convertirsi al renzismo (veltroniani, franceschiniani, fino ad alcuni dalemiani) ma sono anche i trenta-quarantenni che fanno parte della famosa corrente dei giovani turchi.

Graziano delrio

 

Negli ultimi giorni, a quanto risulta al Foglio, alcuni ambasciatori turchi sono stati ricevuti dal Gianni Letta di Matteo Renzi, Graziano Delrio, e in vista di una possibile “strana alleanza” tra nuove generazioni i turchi hanno proposto un patto tra rottamatori per costruire insieme la candidatura del sindaco di Firenze alla guida del centrosinistra (anche a costo di non ostacolare la nascita di quello stesso “governo di scopo” che per primo Renzi ha suggerito in questi giorni per evitare la “sciagura” delle elezioni.

 

Una linea, questa, che come dimostrano le parole di Enrico Letta ha rottamato la linea di Bersani). In vista di scenari futuri, questo non significa che anche la gauche del Pd sia intenzionata a sposare la linea Renzi un minuto dopo la fine del regno bersaniano. Significa piuttosto che alle prossime primarie, così raccontano i rottamatori, non ci sarà nessun nome pesante che verrà contrapposto al sindaco di Firenze. “Sul modello Prodi 2005”, dicono non senza malizia nell’entourage di Renzi.

 

renzi

E Barca? Formalmente, l’idea del ministro è simile a quella di Renzi (conquistare il centrosinistra); se non fosse che il percorso che Barca intende seguire è finalizzato a costruire un progetto rivolto più all’interno che all’esterno del partito. Barca negli ultimi mesi ha fatto capire di aspirare a un “ruolo” nel Pd. Ma la novità è che il ministro, dopo molte parole, ora ha scelto di passare un minimo ai fatti: ed è per questo che nelle ultime settimane ha quasi completato quello che sarà il proprio manifesto politico.

MATTEO RENZI SORRIDE IN SALA DURANTE IL COMIZIO DI BERSANI

 

Un manifesto, che Barca definisce “un antidoto al grillismo”, tutto incentrato sulla funzione reale che un partito deve svolgere nella modernità e che il ministro, prima di pubblicarlo, farà firmare a una serie di importanti esponenti della società civile legati al Pd. Le strade di Barca e Renzi – che ieri si sono incrociate durante le ore concitate delle consultazioni, quando a un certo punto entrambi sembravano essere due possibili soluzioni per il “governo Napolitano” – potrebbero però nuovamente intrecciarsi in modo inaspettato (e non conflittuale) se davvero prenderà forma l’ipotesi (concreta) alla quale stanno lavorando da settimane i rispettivi ambasciatori.

PRANZO RENZI BERSANI A ROMA

 

RENZI E BERSANI

L’idea è questa: un ticket con Barca segretario e Renzi candidato. L’ipotesi, per quanto i tempi possano essere prematuri, esiste. E a giudicare dalle premesse con cui rischia di nascere il prossimo governo (se mai nascerà) la discesa in campo del ticket Renzi-Barca potrebbe essere una mediazione possibile per traghettare il partito fuori dal commissariamento del Quirinale: e tentare così con successo di realizzare, in qualche modo, e senza troppi traumi, l’operazione salvataggio Pd.

E LI CHIAMANO “SAGGI”! QUAGLIARELLO (PDL), VIOLANTE E BUBBICO (PD), MOAVERO E MAURO (SCIOLTA CIVICA), GIORGETTI (LEGA)…A

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Ansa.it

Valerio Onida

Valerio Onida, il sen. Mario Mauro, il sen. Gaetano Quagliariello e il prof. Luciano Violante. Sono questi i 'saggi' individuati dal presidente Napolitano per il gruppo di lavoro istituzionale. Lo si legge in una nota del Quirinale.
Enrico Giovannini, presidente dell'Istat, Giovanni Pitruzzella, presidente dell'Authority della concorrenza; Salvatore Rossi, membro del Direttorio di Bankitalia, Giancarlo Giorgetti e Filippo Bubbico, presidenti delle Commissioni speciali di Camera e Senato, e Enzo Moavero Milanesi. Sono questi i 'saggi' per l'economia scelti dal Colle.

MONTI - SCHIFANI - NAPOLITANO - FINI

"Continuo ad esercitare fino all'ultimo il mio mandato, non nascondendo al Paese le difficoltà che sto ancora incontrando e ribadendo la mia fiducia nella possibilità di un responsabile superamento della situazione che l'Italia attraversa", ha affermato il presidente Giorgio Napolitano nell'attesa conferenza stampa al Quirinale, dopo la riflessione seguita alle consultazioni di ieri. Mentre si avvicina l'elezione del nuovo capo dello Stato "sono giunto alla conclusione che, pur essendo ormai assai limitate le mie possibilità di ulteriore iniziativa" per un nuovo Governo, "posso fino all'ultimo giorno" aiutare a "sbloccare una situazione irrigidita tra posizioni inconciliabili".

GIOVANNI PITRUZZELLA DA NAPOLITANOSALVATORE ROSSI

Napolitano ha chiesto a "due gruppi ristretti di personalità", di formulare su temi istituzionali e economico-sociali, "precise proposte programmatiche oggetto di condivisione" da parte delle forze politiche, in vista di un possibile governo. I nomi dei "gruppi ristretti di personalità" sono stati resi noti nel pomeriggio. I nomi delle personalità che lavoreranno per facilitare la soluzione della crisi sono stati scelti dal presidenti della Repubblica "in piena autonomia" e non è stata indicata una scadenza per il termine del loro lavoro.

Luciano Violante

I due gruppi ristretti voluti dal presidente Napolitano avranno un carattere "uno politico istituzionale e l'altro economico-sociale" e si insedieranno martedì prossimo. Prepareranno un rapporto - si è appreso - che verrà presentato o a Napolitano o al presidente che verrà dopo di lui e il loro lavoro potrà anche essere una sorta di base programmatica per il nuovo governo.

CALDEROLI E GIANCARLO GIORGETTI

"Devo ancora una volta sottolineare l'esigenza che da parte di tutti i soggetti politici si esprima piena consapevolezza della gravità e urgenza dei problemi del Paese" per cui serve "un accentuato senso di responsabilità" per formare "un valido Governo" in tempi brevi.

Il Governo Monti è "operativo" e "sta per adottare provvedimenti urgenti per l'economia", d'intesa con la UE e con "il contributo del nuovo Parlamento", ha assicurato il presidente. "Non può sfuggire agli italiani e alla opinione internazionale che un elemento di concreta certezza della situazione del nostro Paese è rappresentato dalla operatività del nostro governo tutt'ora in carica e non sfiduciato dal Parlamento", ha detto Napolitano. Il Governo sta per adottare provvedimenti urgenti per l'economia, d'intesa con la Ue e con l'essenziale contributo del nuovo Parlamento attraverso i lavori della commissione speciale presieduta dall'onorevole Giorgetti", ha proseguito il Capo dello Stato.

Filippo Bubbico

''Siamo pronti ad accompagnare il percorso indicato dal presidente Giorgio Napolitano. Governo di cambiamento e convinzione per le riforme restano asse''. Cosi' il premier incaricato Pier Luigi Bersani.

Quagliariello

"Ovviamente se avesse assegnato a noi l'incarico per il governo sarebbe stata la scelta ottima, ma la strada scelta è quella che più si avvicina alla soluzione in un momento così difficile". Così Claudio Messora, coordinatore comunicazione del M5S, a Sky Tg24. "Il M5S ha sempre detto che è possibile continuare con la 'prorogatio', in cui il vecchio governo resta in carica per le funzioni amministrative - aggiunge Messora - Le parole di Napolitano sembrano suggerire che è una possibile via uscita". "Questo rientra nel solco di quanto è stato dichiarato dal M5s, anche nel recente post di Grillo: facciamo fare in fretta al Parlamento 4-5 leggi, poi vediamo il da farsi. Era quasi inutile perdere tanto tempo per realizzare un governo impossibile", prosegue Messora.

Enrico Giovannini DSC

"Delle due l'una: o governo politico di grande coalizione o subito al voto". Così il segretario del Pdl, Angelino Alfano. "La prima ipotesi (da noi auspicata) è un accordo pieno, politico e di legislatura. Altrimenti la strada maestra è quella di tornare subito alle urne, senza frapporre alcun indugio".

La Commissione Ue "ha fiducia nel processo democratico italiano per trovare la giusta soluzione". Così un portavoce dell'esecutivo Ue all'ANSA dopo le decisioni annunciate dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. La Commissione Ue, ricordando che non è il suo ruolo commentare gli sviluppi politici in atto nei paesi europei, non è intervenuta nel merito di quanto annunciato dal Quirinale, limitandosi a ribadire la "fiducia" di Bruxelles nel processo democratico in Italia.

 

 

GRILLO E RE GIORGIO, LA COPPIA DELL’ANNO

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Annalisa Cuzzocrea per La Repubblica

GOVERNO DI SCOPO E SCOPONE BERSANI GRILLO BERLUSCONI NAPOLITANO

C'è una gran confusione sotto il cielo dei 5 Stelle. Beppe Grillo lo sa, e per questo non smette di dettare la linea con tweet, telefonate, interviste in diretta sulla sua web tv. Da una parte ci sono deputati e senatori che ripetono: «Davanti a nomi come quelli di Gustavo Zagrebelsky, Salvatore Settis, Stefano Rodotà, dovremmo riunirci e decidere». Non sono dissidenti, non è una minoranza quella che pensa che un governo della società civile si potrebbe far partire.

Perfino Roberta Lombardi, dopo aver riferito ai suoi dell'incontro con Napolitano, mentre attraversa il corridoio che la porta all'ufficio della presidente della Camera, si ferma a spiegare: «Quando diciamo no a governi pseudotecnici intendiamo quelli fatti da persone che sono comunque parte del sistema dei partiti. Quando chiediamo un governo a 5 stelle non vogliamo dire che dobbiamo essere noi, o Beppe Grillo, a guidarlo, ma persone che abbiano alte professionalità, una spiccata moralità, e il nostro programma».

DAL BLOG DI BEPPE GRILLO - NAPOLITANO CON LA BANDIERINA DEL MOVIMENTO CINQUE STELLE

Se le si chiede un nome, lei ironizza: «Come si chiama quello? Ah, papa Francesco». Davanti a ipotesi vere, risponde: «Devo vedere il curriculum». È certa che non si vada in quella direzione, «ma se Napolitano ce lo chiedesse ci riuniremmo e saremmo pronti a dare i nomi in 48 ore. Per consultare la base non ci sarebbe il tempo». Che lo dica perché ci creda, o per tenere buoni i parlamentari contrari al «no a tutto», poco importa.
Le cose non cambiano.

napolitano-grillo by benny.

E così, all'ultimo momento, i 5 stelle non hanno portato alcun nome al presidente della Repubblica Napolitano. Giovedì - mentre la maggior parte di loro era già partita col trolley in mano per tornare a casa - alcuni parlamentari avevano pensato di stilare una rosa. «Sembrava che Grillo fosse d'accordo», racconta uno di loro. Poi il contrordine. Non è difficile capire da dove. Fonti vicine allo staff confermano quel che già si era capito: «Casaleggio è per il no a qualsiasi governo». Anche per questo, Beppe Grillo ha chiamato Napolitano prima che Crimi e Lombardi salissero al Colle. «Gli ha detto che la linea non sarebbe cambiata. No ai partiti, nessun nome da proporre».

grillo casaleggio

Ed eccola, la frattura. Grillo, Casaleggio, e i più ortodossi del Movimento, dicono no a qualsiasi governo. Credono che l'unico modo per fare la «rivoluzione senza ghigliottina» sia lavorare in Parlamento. Attaccano gli pseudotecnici per far fuori nomi che sono circolati anche tra i loro: Grasso, Saccomanni, lo stesso Rodotà. Nello stesso tempo, vedono le truppe sempre più insofferenti davanti a questa impostazione. «Noi rispondiamo ai nostri territori», dice un deputato. «Ci chiedono di fare qualcosa, sentiamo una pressione enorme ».

VITO CRIMI - ROBERTA LOMBARDI

È per placare questi istinti, che mentre Crimi e Lombardi sono dentro lo studio di Napolitano, Beppe Grillo telefona al direttore di Sky Sarah Varetto per chiederle di rettificare la dichiarazione sul «sì agli pseudotecnici». È per rafforzare la linea, che subito dopo le consultazioni prende la parola su La Cosa attaccando tutto e tutti. Ripete vecchi refrain: «Il Parlamento è un'aula vuota dove ci sono nominati, non eletti, condannati, prescritti, patteggiati». Tutti impuri, tranne i suoi: «Capisco questi ragazzi che devono schivare ogni minuto domande che contengono già la risposta». Le divisioni emerse sono colpa dei giornalisti. Le pressioni per fare un governo vengono da chi «ha sbagliato voto».

SARA VARETTO

Poco importa se in quelle stesse ore il suo blog si riempia di commenti che contestano la linea. Come quello di Pietro da Cagliari: «Una cosa giusta l'hai detta: abbiamo sbagliato a votarti». O di Pasquale Giunta: «Dovevamo mandare Bersani al governo e "ricattarlo" per fare le riforme!». La domanda è sempre la stessa. Chi decide nel Movimento? I parlamentari eletti o Beppe Grillo? Massimo Baroni - deputato psicologo - risponde con poesia: «Diciamo che Grillo ha l'ispirazione. La visione. A volte, vede le cose prima di noi».

 

 

PULLOVERATO A STRISCE? MARPIONNE INDAGATO A NOLA

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Conchita Sannino per La Repubblica

Marchionne con gli operai Grugliasco

Due paginette notificate ai vertici di Fiat. E il braccio di ferro tra il Lingotto e la giustizia italiana continua. Dopo le sentenze civili, arriva l'inchiesta penale la - prima - per l'amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne e per l'ad di Fabbrica Italia Pomigliano, Sebastiano Garofalo. L'ipotesi per cui finiscono indagati: l'inosservanza dei provvedimenti già emessi, prima a Torino, poi a Roma, a favore degli operai «discriminati».

marchionne-bersani-

La Procura di Nola ha inviato ai due manager l'avviso di conclusione indagini in cui il pm ipotizza a loro carico la commissione di due contravvenzioni. A Marchionne e Garofalo viene dunque contestato il fatto di non aver riconosciuto agli operai della Fiom dello stabilimento di Pomigliano d'Arco quei diritti sindacali che si ritengono lesi già in due condanne (di primo e secondo grado) a Roma, e di un altro pronunciamento a Torino; e di non aver superato «l'asserita discriminazione » - così come riporta in serata una nota del Lingotto - degli iscritti allo stesso sindacato «nel processo di trasferimento dei dipendenti di Fiat Group Automobilies a Fabbrica Italia Pomigliano».

marchionne monti elkann Maurizio Landini

È un fulmine a ciel sereno, per Fiat. Che definisce «sconcertante e paradossale » l'azione dei pm. «Tale iniziativa - afferma il Lingotto - è l'ennesima espressione dell'inusitata offensiva giudiziaria avviata dalla Fiom nei confronti di Fiat da più di due anni». Ora, secondo le procedure ordinarie, i due manager hanno a disposizione venti giorni per potersi sottoporre ad interrogatorio o depositare una memoria attraverso i loro legali. Se le loro ragioni non dovessero apparire convincenti, il pm chiederà il loro rinvio a giudizio, ipotesi che allo stato appare la più verosimile.

Marchionne - Mauro

E il segretario generale di Fiom, Maurizio Landini, annuncia già: «Se arriveremo al processo faremo tutto quello che possiamo, compresa la costituzione parte civile».
La stessa Fiom aveva da tempo pubblicato annunciato la sua diffida per «la continua e reiterata discriminazione» nei confronti dei 19 "suoi" lavoratori di Pomigliano, gli unici a essere tornati in cassa integrazione già alcuni mesi fa: assunti il 28 novembre scorso, non avevano svolto gli ultimi sei mesi di lavoro necessari, secondo l'accordo tra azienda e sindacati, a poter lavorare sulla "Panda", nell'area riservata. Ed è proprio l'esposto della Fiom a muovere l'azione dei magistrati.

MARCHIONNE E BARBIE A LETTO jpeg

Il sindacato segnala che Fiat e Fabbrica Italia non stanno ottemperando a quanto dettato dal giudice del lavoro. Così è Nola, la Procura competente per territorio guidata da Paolo Mancuso, il magistrato anticamorra già noto per le sue inchieste e la prima tangentopoli che infiammò l'area napoletana, a procedere in base all'articolo 650 del codice penale.
È quello che indica «l'inosservanza dei provvedimenti dell'autorità ».

Ovvero: «Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o d'igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire quattrocentomila». Il dato davvero peculiare, per la Fiat, è che il reato si può considerare in teoria continuamente «perdurante». Fino a quando quei diritti offesi non verranno riparati.

 

IL “POPULISMO” A 5 STELLE RISCIA DI DILAGARE IN EUROPA E TERRORIZZA I POTERI FORTI: GRILLO IN PERICOLO...

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Valentina Conte per La Repubblica

GOLDMAN SACHS DE' NOANTRI: PRODI, LETTA, DRAGHI

Goldman Sachs ci ripensa. Un mese fa giudicava il risultato elettorale italiano «entusiasmante», grazie al «fascino di massa del Movimento Cinquestelle». Ieri, al contrario, ha definito il «fattore Grillo» il problema numero uno dell'Europa. Parole nette e dure, quelle della banca d'affari americana, che arrivano a ventiquattr'ore di distanza dall'analogo allarme lanciato da Hollande, giovedì in diretta tv su France 2.

BEPPE GRILLO A CASA

«L'austerità porterà l'Europa all'esplosione. Vedo montare i populismi e gli egoismi nazionali. Avete visto cos'è successo in Italia?», ammoniva il presidente francese. Eppure la Francia, come la Spagna e l'ortodossa Olanda, certe ormai di sforare il 3% nel rapporto tra deficit e Pil nel 2013, sono già pronte a chiedere sconti a Bruxelles.

Il fallimento delle politiche di rigore e l'allerta populismo saranno anche al centro del colloquio tra il segretario al Tesoro americano, Jack Lew, in Europa l'8 aprile, e il presidente della Bce, Mario Draghi. E prima, all'esame delle Borse martedì prossimo, quando riapriranno dopo le feste di Pasqua.

GOLDMAN SACHS

«Il vero problema dell'Unione europea non è Cipro, ma l'Italia con il "fattore Grillo". Non capisco come i tipi duri del Nord non ci stiano pensando». Lo sgambetto arriva durante un'intervista a Bloomberg tv.

GRILLO E CASALEGGIO ALLA RIUNIONE DEI PARLAMENTARI GRILLINI A ROMA

Jim O'Neill, presidente di Goldman Sachs Asset Management, ha cambiato idea su Grillo e i Cinquestelle. Da «segnale dell'inizio di qualcosa di nuovo», come affermato il primo marzo, a «vero problema » per tutta l'Europa. «L'Italia è la terza economia dell'Eurozona», ha incalzato O'Neill. «Se non inizia ad avere un po' di crescita presto, cominceranno a chiedersi quali siano i benefici della permanenza dell'euro».

Sottinteso: i Paesi virtuosi del Nord. In realtà uno di questi, l'Olanda, ha certificato proprio ieri la quarta violazione consecutiva del Patto di stabilità, grazie a un deficit al 4,1% del Pil nel 2012. Inferiore al 4,5 del 2011, ma pur sempre al di sopra del tetto del 3. La stessa Francia del preoccupato presidente naviga in acque agitate.

IL QUARTETTO SPREAD - RAJOY MONTI HOLLANDE MERKEL

Nuovo record di disoccupati (3,2 milioni), obiettivo fallito di riduzione del deficit (anziché il 3%, quest'anno salirà al 3,7), la tassa sui ricchi naufragata (bocciata dalla Corte Costituzionale). Hollande prova ora a rilanciare con la tassa del 75% sulle remunerazioni dei manager sopra il milione di euro. Ma intanto paventa una riforma delle pensioni che obbligherà i francesi a lavorare più a lungo e rimandare l'abbandono del posto di lavoro.
Non meglio la Spagna. Tre giorni fa il governo Rajoy ha rivisto al rialzo il deficit al 6,98% del Pil dal 6,7. «Un cambio di metodologia richiesto da Eurostat», la giustificazione. In verità, la guerra dei numeri va avanti da un bel po'.

GOLDMAN SACHS

E non solo tra Bruxelles e Madrid. La banca centrale spagnola mercoledì scorso ha corretto il governo pure su Pil e disoccupazione: il primo calerà dell'1,5% quest'anno (e non dello 0,5), la seconda crescerà ancora al 27,1% (non al 24,3). Insomma la recessione continua, l'austerità non funziona. Ecco perché il governo intende chiedere alla Ue un anno in più, cioè al 2015, per arrivare al 3% del rapporto tra deficit e Pil. E nel 2013 anziché il 4,5% preventivato, la possibilità di chiudere al 6. Un disastro rispetto agli impegni presi con Bruxelles al momento di chiedere i fondi Esm per ricapitalizzare il sistema bancario.

 

LA MUSICA E’ FINITA - DOPO JANNACCI, SE NE VA UN ALTRO ARTISTA FUORI DAGLI SCHEMI E LONTANO DALL’IPOCRISIA: CIAO CALIFFO

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Ansa - Franco Califano è morto nella sua casa ad Acilia. Malato da tempo, era nato nel 1938. Solo pochi giorni fa, il 18 marzo, si era esibito al Teatro Sistina di Roma.

DAGO E CALIFFO

2. "ZOZZONE, MO´ VALI MENO DI UN COJONE - DIVENTERÒ FROCIO, IL CULO NON TRADISCE!" - ORE 12, AULA 9, CALIFANO DISSACRA LA FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA, ATENEO ROMA TRE -
Alessandra Longo per "la Repubblica" - 4 marzo 2012

«Hai fatto il tuo tempo, tu zozzone. Mo´ vali meno di un cojone... Io te ammollo, cambio direzione... diventerò omosessuale, almeno so che il culo non tradisce!». Ore 12, aula 9, Facoltà di Giurisprudenza, Università degli Studi di Roma Tre. Il «Maestro di vita e di poesia», Franco Califano, invitato dagli studenti di Azione Universitaria, (tanto per capirci il vecchio Fuan), sta concludendo la sua lezione tra l´entusiasmo generale.

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Centinaia di studenti ascoltano la recente fatica creativa, il nuovo monologo. Storia di «una potenza fisica al crepuscolo». Un uomo si apre la vestaglia, guarda in basso e comincia a dialogare con il suo membro: «Ormai con te me devo rassegnare, de usarte solo per pisciare». Aula 9, si ride, altro che diritto penale.

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Che forte il Califfo, a settant´anni con il giubbotto di pelle da aviatore, così anticomunista, così anticonformista; che vita, la sua, di «avventure e imprevisti», per la giovane destra è l´eroe positivo, e anche il preside della Facoltà, Paolo Benvenuti, confessa che, per lui, «giovane dei primi anni Settanta in cerca di risposte, è stato un «fratello maggiore»:

«E´ davvero con grande piacere che la ospitiamo qui, maestro, per quest´occasione un po´ diversa. Ci piace sentir raccontare la società attraverso le parole. I suoi testi sono poetici, lei ha contribuito alla cultura del Paese. La sua è una di quelle figure che rimangono nella nostra vita». Introduzione a quella che sarà definita «una splendida mattinata».

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Il preside, purtroppo, impegnato altrove, si perderà il monologo verso la fine.
Il Califfo si racconta, stimolato dalle domande dei ragazzi. Domande scritte, estratte a sorte da uno scatolone. Quesiti da facoltà di Giurisprudenza? No, alle esperienze carcerarie del Maestro, coinvolto nei casi Chiari e Tortora, e scagionato dopo tre anni e mezzo di galera, viene dedicato lo stretto indispensabile.

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Intriga piuttosto «il protagonista», il personaggio, l´artista, il cavaliere nero solo contro tutti: «Non ho sponsor, sono caduto e risalito con le mie forze. Do fastidio perché non mi piango addosso, perché sono uscito sempre abbronzato dal carcere. Do fastidio perché mi associano a donne e sesso. Capirai! Che fai? Butti?».

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Le donne: l´argomento piace, il Califfo conosce i suoi «pischelli». «Le femministe mi danno del maschilista? Cazzi loro. Io vi dico che le donne mi hanno sempre amato, quelle importanti e quelle occasionali. Quante ne ho avute? Calcolando una media di tre al mese, dai 14 anni in poi, direi 1600, 1700, certo più delle 1100 canzoni che ho scritto. L´amore più tenero? Mita Medici: dolce, una Biancaneve».

CALIFANO

Dallo scatolone escono gli interessi dei ragazzi convocati: «Scusi, che gliene pare della Zanicchi? Le piace Povia? Il suo peggior nemico? (Lui risponde: Pippo Baudo) Ci può recitare Pasquale l´infermiere?

Università come «palestra di vita e non solo come mero strumento nozionistico», spiega Stefano Pacetti, Azione Universitaria. Un´unica domanda di politica, però esaustiva: Lei è un uomo di destra. E´ stato contento che abbiano mandato a casa gli altri? «Parecchio!, dice il Califfo - Vedete, la sinistra non dà spazio agli artisti. Veltroni, da sindaco, non mi ha mai invitato. Alemanno, invece, mi ha dato piazza Navona per il mio settantesimo compleanno. Lui mi ha restituito quello che gli altri mi hanno tolto».

FRANCO CALIFANO E FIORELLA CECCACCI RUBINO Califano in concerto

Applausi dagli spalti. Che forte, che figo, «uno dei nostri». Resta anche il tempo per un supplemento sul tema più caldo: «Preferisco la donna più abbondante che risicata. E un filo di cellulite fa pure libidine». Gli danno una targa ricordo. Lui ringrazia. E´ la prima volta che un´università romana lo invita. Si vede proprio che è cambiata l´aria.

 

 


L’editore Alberto Castelvecchi in ricordo di Franco Califano

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L'ONORE DELLE ARMI
L'editore Alberto Castelvecchi in ricordo di Franco Califano per Dagospia

Mentre scrivo queste righe per salutare Franco Califano scorro i titoli delle edizioni on line di Corriere della Sera e Repubblica. Annunciano la scomparsa del Califfo, «cantore delle borgate». La cosa non del tutto è falsa, per carità. Ma uno che ha scritto "Minuetto", "Tutto il resto è noia", "La nevicata del 56", "Un'estate fa" e centinaia di altre canzoni, non può essere definito in modo così sciatto, un cantore di borgata. Anche perché la media linguistica della composizione letteraria, in Califano, è altissima.

Califano in concerto

I suoi testi sono scolpiti, modellati, perfetti. Tutte le sue composizioni hanno una misura di versificazione e una maestria melodica straordinaria. C'è da chiedersi se qualcuno se ne ricordi, tra i tanti noiosi corifei del politically correct di questa Italia. Se ci limitiamo alla versione rassicurante del «poeta borgataro» è come se dicessimo «Dante Alighieri, letterato iscritto alla Corporazione degli Speziali di Firenze». Semmai avrebbe senso dire che Franco Califano era Roma tanto quanto Enzo Iannacci era Milano. Ed entrambi artisti enormi, e universali.

Quindi, anche se lo sbigottimento e il dolore sono forti, cerchiamo di dire la verità: Franco Califano è stato uno dei più grandi autori della canzone italiana del secolo XX. Chiunque capisca di musica, o di poesia, lo sa.

Durante la mia carriera di editore ho pubblicato due bellissimi libretti autobiografici del Maestro, «Il Cuore nel Sesso» e «Calisutra». Lavorare a un libro con Franco, insieme al mio amico Paolo Palmarocchi che mi ha seguito in questa avventura, non è un'esperienza paragonabile ad alcun'altra.

PANNELLA CALIFANO

Pubblicare Franco voleva dire sedersi per diverse settimane con lui davanti a un registratore, e ascoltare il racconto roco e nasale di mezzo secolo di Italia, per poi cercare di stendere insieme delle pagine sintetiche che il Maestro rileggeva e correggeva con maniacale attenzione.

Alberto Castelvecchi e Rberto D'Agostino - Copyright Pizzi

Anche in questo stava la sua straordinaria intelligenza e umiltà artistica: Franco è stato uno scrittore impareggiabile di versi, e un narratore di storie orali altrettanto fenomenale. Potevi stare per ore ad ascoltare le sue vicende di amicizie, di tradimenti, violenze e amori che si intrecciavano e si rincorrevano negli anni. Però per la stesura in prosa amava confrontarsi e consigliarsi, per poi avere lui, sempre lui, l'ultima parola. E sempre aggiungeva una frase, un'osservazione, un "graffio" d'autore alle storie.

FRANCO CALIFANO E FIORELLA CECCACCI RUBINO

Il successo straordinario dei libri di Franco è dovuto anche alla mano di Roberto D'Ago, che in onore del Maestro organizzò - senza nulla chiedere in cambio, solo amicizia - una festa di lancio nella sua casa romana che rimase davvero memorabile. Quella sera centinaia di persone, giornalisti, artisti, amici vennero a casa di Roberto e Anna a conoscere Califano, a vedere che fine avesse fatto, dopo gli anni bui del carcere e della malattia, il grande chansonnier.

es11 califano palombelliDAGO E CALIFFO

E lo trovarono in formissima, pronto come sempre a tenere il palco e le luci della ribalta. Un po' ruvido e snob, semmai, verso le signore della nobiltà, perché sosteneva (mai smentito dalle interessate) che «alle mignotte piace essere trattate da contesse, e alle contesse da mignotte».

califfo libro senzamanette02

Della grandezza dell'artista Califano si dirà sempre di più negli anni futuri, perché il suo personaggio ribaldo e sbarazzino faceva ombra alla delicatezza e alla grandezza delle sue emozioni e delle sue liriche.

Anche come figura umana Califano aveva un'intensità e un carisma eccezionali: i giovani lo sapevano, e in decine lo chiamavano per chiedere consigli di vita e d'amore, e lui era capace, dopo uno show, di restare con da solo con i ragazzi a parlare e a raccontare per ore. Era emotivo, sensibile e sensitivo ai limiti dell'ansioso, ma la sua capacità di parlare con tutti era incredibile. Voglio ricordarlo per alcune sue doti umane, tutte umane.

La prima cosa è il suo straordinario senso dell'amicizia: era stato amico di gente di ogni tipo, da Mina al criminale di rango Francis Turatello a Bettino Craxi, e non si vergognava di nulla. E guarda caso ci aveva presentato, per l'operazione-libri, un comune amico, il suo (e mio) avvocato, Marco Mastracci, allora poco più che trentenne, ma già impegnato a difendere il Califfo da ogni sorta di guai.

califfo libro senzamanette01califfo libro senzamanette berlusconi03

Appena ci ritrovammo da soli, un giorno, Franco mi chiese: «Ma dimme la verità, co' Marco siete amici amici, o è 'na cosa così, de lavoro?» - «'na cosa così come, Maestro»? - «'Nsomma, siete amici... amici de Vaffanculo?» - «Cioè?» - «Cioè che 'n'amico vero te ce poi mannà a 'ffanculo, ma te resta ancora ppiù amico, e per me Marco è 'n fratello, sappilo».

Quando parlava di amicizia Califano si faceva serio, quasi buio, perché lui in anni passati le aveva pagate care certe amicizie e frequentazioni, che gli avevano causato arresti e detenzioni, e altrettante assoluzioni «perché il fatto non sussiste». Ma mai aveva tradito. Una volta mi disse, riassumendo con una delle sue battute fulminanti: «Io che so' 'n cantante, co' la Legge nun me so' mai cantato nessuno».

rossella califfo

No, Franco non parlava mai male né di un amico (e ne aveva pochi) né di una donna (e ne aveva avute, da sempre, moltissime). Il suo stile di corteggiamento era antico, romantico, galante, una cosa assolutamente fuori tempo. Poteva dire a una ragazza appena conosciuta «sei una Venere, i tuoi occhi hanno una luce senza veli, sono cuore e vita» e tu la vedevi, immancabilmente, la corteggiata, restare di stucco.

Altro che coatto di periferia, il Maestro era uno che entrava direttamente in contatto con le viscere dell'esistenza, con i desideri più inconfessabili, era il corteggiatore focoso e l'amante «di una botta sola, ma data cattivamente e a mestiere: inutile farne tante, la seconda è già da facchino. Se sai fare quello che devi fare, te se ricordano per sempre».

La sua vita di amatore è stata infaticabile e vasta: «a Milano, tranne le vecchie e le impresentabili, ho praticamente esaurito l'elenco del telefono». E la sua carriera di playboy ne fa, con il suo amico Maurizio Arena, uno dei grandi Casanova degli anni della Dolce Vita. Il racconto delle sue scorribande galanti negli anni Sessanta e Settanta era sempre affascinante ed esilarante: «Io e Maurizio avemo espugnato Parma come Giulio Cesare Augusto Trionfatore, camminando su tappeti... distese de fica fino all'orizzonte».

Su questo aspetto non secondario della sua vita ho assistito di persona a quello che potrei definire «l'Onore delle Armi». Una sera d'estate andiamo al Circeo con Franco e una ristretta banda di suoi amici a presentare il suo ultimo libro, in un albergo sul mare. Nella hall incontriamo per caso il Re del Porno Rocco Siffredi con la sua bellissima moglie ungherese e i due piccoli figli.

CALIFANO

Rocco non aveva mai incontrato Franco, ma con assoluta serietà e sincera ammirazione gli si avvicina e lo saluta come un giovane greco avrebbe salutato Ulisse o un altro Eroe Acheo. Poi, nel nostro sbigottimento generale, chiama vicino i due piccoli figli e dice forte e chiaro: «Bambini, salutate e rispettate questo Signore, che è il Maestro Franco Califano. Perché ha avuto tante donne quante papà, solo che per lui non è mai stato un lavoro. E inoltre... ha scritto le canzoni più belle d'Italia».

Ormai conoscevo Franco abbastanza bene da poter dire quando era commosso: ebbe una specie di trasalimeno del capo all'indietro, e poi i due Titani dell'alcova si abbracciarono a lungo senza dire nulla.

DAGO E CALIFFO

Oltre che come artista, Franco era impareggiabile perché, come pochi, sapeva ridere delle sue disgrazie: i suoi racconti sulla vita carceraria, anche negli aspetti più squallidi, erano romanzi picareschi. Come è vero per tutti i grandi artisti, Franco piaceva a intellettuali raffinati come Nanni Moretti, a ragazzi di cuore come Fiorello e anche alla gente comune, tanti ragazzi, tranvieri, tassisti, casalinghe e poveri «fiji de 'na mignotta» pasoliniani: diseredati, disoccupati, drogati e carcerati.

CALIFANO

Tutte quelle persone di cui, ci ricorda proprio in questi giorni di Pasqua il Pontefice, sarebbe bene che ci occupassimo un po' di più. Di tutti questi, e di tutti noi, il Califfo è stato il confidente e il cantore. Tutto il resto, si sa.... ciao, Califfo.

 

PER ARRIVARE AL 15 APRILE IL GENIO DEL COLLE SI E’ INVENTATO LA BARZELLETTA DEI DIECI “SAGGI”

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MONTI, BERSANI, NAPOLITANO, CASINI, ALFANO

LA SUPER CAZZOLA
di Antonio Padellaro
per Il Fatto

Nella repubblica specialista in tavoli, tavolini, comitati e commissioni perditempo era inevitabile che, a conclusione del più inutile giro di consultazioni che si ricordi, il capo dello Stato invece dell'incarico di governo abbia deciso di creare due bei gruppi di lavoro e di assegnare dieci incarichi ad altrettanti supposti esperti. Essi dovrebbero partorire, in un paio di settimane, quelle presunte riforme economiche e istituzionali con cui da un ventennio la peggiore classe politica dell'orbe terracqueo prende in giro gli italiani.

Intendiamoci, Giorgio Napolitano va capito: giunto all'epilogo del settennato, si ritrova a gestire una crisi politica ingestibile cosicché, stufo di perdere tempo con partiti che già pensano alle prossime elezioni e usano i microfoni del Quirinale per farsi propaganda, ha pensato di mollare la patata bollente al suo successore. C'era solo il problema di arrivare al 15 maggio.

MONTI - SCHIFANI - NAPOLITANO - FINI

Prima ha fatto sapere che se ne sarebbe potuto andare in anticipo: niente di scandaloso trattandosi di poche settimane, ma abbastanza per gettare nel panico bipartisan quei politici che senza più la copertura di Re Giorgio, per circolare dovrebbero munirsi di giubbotto antiproiettile. Ed ecco i dieci "saggi", parola che induce al sorriso, trattandosi (salvo un paio di nomi) perlopiù di vecchie cariatidi o di politicanti in disarmo. Spartiti secondo il più rigoroso manuale Cencelli, sembrano fatti apposta per preparare il terreno all'inciucione Pd-Pdl, che l'attuale inquilino del Colle considera come una sorta di premio alla carriera.

Subito da tutte le televisioni si sono levate grida di giubilo da parte di giornalisti convocati all'uopo: uno ha detto addirittura che quella di Napolitano era "una mossa da fuoriclasse". Negli osanna si sono naturalmente distinti i leader di cui sopra: adesso, mentre i saggi saggiano, potranno dedicarsi serenamente alla campagna elettorale. Crisi e disoccupazione possono attendere.

Napolitano e Mario Monti fba e cb ac d bfa NAPOLITANO SULLE SPALLE DI MONTI

Una frase di circostanza giunta dal M5S ha fatto andare in un brodo di giuggiole qualche novello esperto: un caso psichiatrico, direbbe Grillo, visto che il movimento ha come scopo dichiarato la distruzione completa dell'attuale sistema dei partiti. Dopo la pausa pasquale vedremo come la supercazzola sarà accolta dai mercati, mentre già in Europa si stenta a credere che con i suoi giganteschi problemi l'Italia continui ad affidarsi al governo Monti, sfiduciato in tutti i sensi. Attenzione, gli italiani sono pazienti, ma se si arrabbiano sono guai.

 

RENZI COME FONZIE DALLA DE FILIPPI. E I FAN S’INCAZZANO - Con il chiodo e le scarpe a punta esalta il pubblic

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1. RENZI, 'RESTO SINDACO. ME NE ANDREI PER FARE IL PREMIER'
(ANSA) - ''Resto a fare il sindaco. Me ne andrei solo per fare il premier''. Lo ha detto il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, in un'intervista alla cronaca fiorentina del quotidiano La Nazione. ''Ho sempre detto che avrei mantenuto la parola data ai fiorentini, che non avrei lasciato per andare a fare il parlamentare o il ministro. L'ho dimostrato, rinunciando a tutte le offerte che mi sono arrivate dopo le primarie'', ha affermato Renzi rispondendo ad una domanda se 'si ricandidera' da sindaco o la sua ambizione e' fare il premier'.

renzi Matteo Renzi da Maria De Filippi ad Amici

''La sala Clemente VII in Palazzo Vecchio - ha aggiunto Renzi - e' l'ufficio piu' bello del mondo. Ci si puo' rinunciare solo in due casi: o perche' i fiorentini si stufano di te o se gli italiani ti chiamano a governare il Paese. Vedremo se in futuro si verifichera' una delle due ipotesi (dice sorridendo, ndr). Fino a quel momento lavorero' per onorare il mandato, con la gioia di sentire quotidianamente la fiducia della nostra gente. Da buon fiorentino so che si puo' fare di piu'. E il primo a non essere mai contento del sindaco sono io''.


2. LA RINCORSA POP DI RENZI PARTE DA AMICI A MEDIASET
Malcom Pagani per "il Fatto Quotidiano"

Oltre le palme finte del Dubai Bar, il carcere di Rebibbia, i molti Fuenti di periferia e le decadenti archeologie industriali della via Tiburtina, c'è l'apostolo Matteo Renzi. Predica sotto la volta di Maria De Filippi. Arrota la cadenza Arno doc. Abita senza percepibili imbarazzi gli abiti indigeni e i gigli identitari dello stilista fiorentino Ermanno Scervino. Indossa il cappuccio delle buone intenzioni.

renzi monti

Snocciola il rosario del nulla con commovente predisposizione d'animo, maltratta la lingua di Dante e non pago, dispensa indulgenze e patenti di felicità: "Quando è uscita la notizia che c'era un politico che andava ad Amici m'hanno guardato: ‘aaah questi politici'. I politici meno felici hanno detto: ‘ma come si fa ad andare a un talent show?'". Breve pausa: "Perdonateli se fanno polemiche sul talent show, ma non perdonate quei politici che vogliono cancellare il talento". L'applauso (scala Mercalli in allarme) è solo la conseguenza di un'operazione ardita.

RENZI E BERSANI

Calarsi con pantaloni a sigaretta, scarpe nere traslucide e giacca di pelle in tinta mutuata da Arturo Herbert Fonzarelli, tra le adolescenti adoranti di Amici: "Pasqualeeeee, sei fichissimo". Nell'isola dell'audience che la ragazza di Pavia che voleva diventare magistrato (contesta i giudizi frettolosi: "Non si possono liquidare i successi pensando che li guardino solo i coglioni") domina da anni incontrastata.

Negli studi Elios, tra le steadycam, il brulichio delle duemila voci che quando approvano, espongono striscioni o battono mani e piedi provocano spostamenti d'aria, Renzi è venuto a duellare in differita (si vedrà il sei aprile alle 21.00 su Canale 5) con cabala e ridicolo.

renzi e bersani

I precedenti delle intemerate in campo alieno viravano a nero. Massimo D'Alema in maniche di camicia a cucinare risotti da Bruno Vespa: "Invece di mettere la cipolla a sfriggere, io la lascio a bollire così perde il suo afrore". Le lacrime di Piero Fassino in corrispondenza d'amorosi sensi con la sua antica tata, nel 2005, sempre da Maria, in C'è posta per te. Oggi Renzi, negli stessi studios in cui passarono Leone e Pasolini, nella terra di mezzo in cui venne girato il Django originale, sguaina l'arma della retorica e spara cartucce a salve.

Quando molti anni fa, in terrificante giacca marron si presentò da Mike Bongiorno a La ruota della fortuna, Renzi comprò vocali e consonanti per aggirare il presente. Allo scopo di ipotecare il futuro, invece della D di Domodossola chiesta con qualche timidezza al grande Mike, da Maria il giovane Matteo sventola la P di paravento.

renzi

De Filippi lo introduce ieratica, vagamente mistica e pronuncia la parola speranza almeno sei volte: "Non so chi a casa sia credente o creda ancora nella Chiesa, ma avrete ascoltato e condiviso le parole del Papa. Ha detto ai giovani: ‘non fatevi rubare la speranza'... è facile dirlo a parole, ma quando non c'è più niente anche le parole contano. Dobbiamo provare a ricostruire un filo di speranza, la speranza ha una profondità e una creatività, ecco una di quelle persone che ancora crede che ci sia un filo di speranza da cui poter ricominciare, Matteo Renzi". Boato.

Renzi alla Ruota della Fortuna

Con le note di Try di Pink: "Ti sei mai chiesta come mai tutto si sia rivelato una menzogna?" Matteo afferra il microfono. Parla a braccio. Esplora il vuoto cosmico: "È molto bello, ma è anche difficile parlare di speranza, ha ragione Maria... è difficile essere qui soprattutto uno da parte di che fa il sindaco, da parte di uno che con quella parola brutta... che fa politica... ci aspettiamo che che voi ci diate una mano a costruire questa speranza, non è vero che va tutto male".

Non del tutto almeno. Il veltroniano "ma anche" ha fatto proseliti anche nel territorio di chi ad Arcore andava in pellegrinaggio: "Sì è vero la crisi, i problemi tutto quello che volete" - concede Matteo - "però nella vostra sfida di oggi... c'è un sentimento bello di speranza che ci si può fare (sic)".

Maria De Filippi piange a Italias Got Talent

Si gira a destra e a sinistra, l'ovale paonazzo, un po' di emozione, i soliti tranelli dell'italiano: "Noi avremo speranza di non fare come è stato fatto fino a oggi, che spesso si trovava lavoro non per il talento ma per la raccomandazione, sarà un grandissimo momento quello in cui questo paese sarà fatto da persone che vanno avanti con la forza del proprio sudore, anche battendo (sic) qualche botta".

E poi via di autobiografia: "A me è capitato di prenderle, può essere anche bello, puoi ritrovare la grinta per ripartire, non la voglio fare lunga, è il momento vostro, però fatemi dire l'ultima cosa". Gliela fanno dire ed è già un miracolo perché al pubblico che ha bloccato la Tiburtina per Marco Mengoni, Renzi piace. Però la gente aspetta Miguel Bosè ed Emma, i bianchi e i blu, le squadre di Amici. Bisogna fare in fretta.

piersilvio berlusconi maria de filippi

Matteo non si fa pregare e cesella la retorica: "Ve lo dico con il cuore, io non so come questo bellissimo paese immaginerà il proprio domani, ma quando penso a Firenze, penso a un personaggio, il Brunelleschi, che tutti consideravano mezzo matto perché costruiva una cupola come non l'aveva mai fatta nessuno". Qui, Renzi il modesto non resiste all'identificazione introducendosi nello scivoloso linguaggio che lambisce logge e cupole. Non ci fa caso nessuno.

A ben guardarlo, tra un applauso e l'altro, ci si domanda come mai, fuor di metafora, non sia in gara anche lui: "Il Brunelleschi ha avuto il coraggio di insistere di crederci". Gran finale: "Io penso che se tutti insieme riusciremo a dare la dimostrazione che coltivando un sogno uno può raggiungere un obiettivo... non so se voi potrete vincere o perdere, magari perderete la battaglia, però non perderete la faccia che è la cosa più importante". Poi esce. Altri applausi. Il fotografo personale del neo caro leader in maglia verde non scatta più. Ha abbondante materiale per i posteri.


3. AMICI 12: MATTEO RENZI GIA' ‘SPOILERATO', IN RETE MONTA LA PROTESTA
Raffaele Di Santo per www.davidemaggio.it

VECCHIONI AD AMICI

Matteo Renzi, alla fine (e invece pare solo l'inizio), ad Amici ci è andato. Pochi minuti fa, mentre si sta registrando la prima puntata del serale, alla corte di Maria De Filippi. Si sarebbe trattato di un intervento di tre minuti e mezzo in cui, il grande ‘escluso' dalle primarie del centro-sinistra, ha incoraggiato i ragazzi del talent show a non mollare mai, a non perdonare quei politici che cancellano il talento. Il discorso del sindaco di Firenze (l'integrale) potremmo ascoltarlo in Tv il prossimo 6 aprile.

Anche se, battendo il ferro finché è caldo, in pieno rischio di inflazionare questa ‘eventizzazione', lo staff di Amici sul profilo Facebook ufficiale ha già anticipato una parte di quello che verrà trasmesso la settimana prossima, all'inizio della puntata (?).

Questo recita il post pubblicato sul profilo del social network, all'incirca un'ora fa:

«Vi rubo solo 10 secondi e non di più.
Non so chi in studio o a casa sia credente, creda in Dio o nella Chiesa, però anche qualora non foste credenti sicuramente avrete ascoltato e condiviso le parole del Papa quando ha detto ai giovani: "Non fatevi rubare la speranza".

Amici Giulia Pauselli e Stefano De Martino

Ora, soprattutto parlo ai ragazzi perché questa è una trasmissione fatta dai ragazzi, sicuramente non è facile e molti di voi fanno fatica a non farsi rubare la speranza .
Questa sera voi vedete 16 ragazzi in studio e questi ragazzi hanno ancora una piccola speranza: quella di fare del loro talento la loro professione, quella di diventare un giorno magari dei cantanti o ballerini professionisti. Però a casa non ci sono solo cantanti o ballerini, ma ci sono oltre 3 milioni di giovani che non trovano lavoro e ci sono giovani che non hanno facilità nel pensare di costruirsi un futuro...».

Il resto del discorso - precisa il post su FB - in onda il 6 aprile, su Canale 5, dalle 21.10.

Polemica, quella che ha coinvolto la De Filippi, Matteo Renzi e il popolo della rete che non si placa: cominciata qualche giorno fa con l'annuncio della partecipazione ‘opportuna o meno' del politico al talent, non vuole saperne del raffreddamento, anzi, rincara la dose.

Tanti, infatti, i commenti che ‘bacchettano' lo staff e la conduttrice: sintesi di un malcontento generale per una puntata registrata poco fa e lo spoilerissimo dopo pochissimi minuti.

Stupisce in rete, peraltro, che le prime anticipazioni siano venute proprio dal profilo ufficiale fb del programma e dallo staff. Quale piano strategico, o ipotesi di ‘rinculo', c'è dietro questa scelta mediatica?

 

IL CIRINO ACCESO: “È UN PASTICCIO ISTITUZIONALE: COSÌ SI INSTAURA IL PRESIDENZIALISMO”

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Virginia Piccolillo per il "Corriere della Sera"

«Se durerà solo tre giorni diremo: evviva l'originalità. Ma se andremo alle elezioni del nuovo presidente con questo ibrido istituzionale rischieremo grosso». Paolo Cirino Pomicino, da politico navigato della prima Repubblica, mette in guardia sulla soluzione escogitata dal capo dello Stato per tentare di uscire dallo stallo istituzionale.

GIULIANO FERRARA E PAOLO CIRINO POMICINO

Cosa teme?
«Se noi sommiamo un pasticcio istituzionale a una guerra politica, il Paese rischia di esplodere».

In realtà il presidente ha solo istituito due commissioni di saggi per formulare proposte utili.
«Sì. Ma questo prefigura un presidenzialismo di fatto alla francese. So, per certo, che ci ha pensato molto a lungo. E riconosco la bontà d'intenti. Ma così uniamo un'altra anomalia alla situazione di impazzimento generale».

Quale?
«Un governo che resta in carica malgrado non abbia la fiducia né del vecchio né del nuovo Parlamento».

La sfiducia non è mai stata votata.
«Ma c'è stato lo scioglimento anticipato delle Camere. E il governo sfiduciato diventa semplice esecutore delle spinte a convergere del presidente e dei suoi saggi. Un'anomalia che deve durare qualche giorno».

Altrimenti?
«Se il presidente che fa l'esploratore allunga questa fase, finisce per fare anche il governo. E se arriva al 15 aprile intercetta le elezioni presidenziali e il pasticcio si fa ancora più grosso».

NAPOLITANO BERLUSCONI LETTA TREMONTI

L'alternativa di Napolitano erano le dimissioni?
«Sarebbe la soluzione migliore. Il nuovo presidente avrebbe la legittimazione che Napolitano, in scadenza, non ha più. Magari si potrebbe pensare a una sua rielezione, come soluzione temporanea nei fatti: lui ha già detto di voler lasciare».

Non crede si sia voluta evitare una nuova crisi dei mercati?
«Certo. Ma non esageriamo a compiacere i mercati. Abbiamo già attraversato crisi simili».

monti napo

A quando si riferisce?
«Nel 1976 dovemmo dare l'oro della Banca d'Italia, come impegno alla Bundesbank, per ottenere un prestito per pagare gli stipendi mentre il terrorismo lasciava ogni giorno morti e feriti sulle strade. Ma, in piena guerra fredda, Pci e Dc trovarono un'intesa».

Non è un po' lontano come riferimento?
«Non voglio passare per un nostalgico. Dico che quelle forze popolari non potevano non trovare un'intesa per non mandare il Paese alla malora. È accaduto anche 10 anni fa in Germania quando la crisi rischiava di incancrenirsi e hanno fatto la Grande Coalizione. Anche la Grecia sta tentando di uscirne con la ricerca di un minimo comun denominatore».

BERLUSCONI NAPOLITANO

È un ultimo appello al Pd per allearsi con il Pdl?
«Ma certo. Non è che se c'è uno impazzito debbano impazzire tutti. Bersani avrebbe dovuto fare ciò che fece Moro: un governo monocolore Dc con accordo per l'astensione di Berlinguer».

Se la leadership pdl fosse stata diversa?
«Se mio nonno avesse le ruote... Non c'è dubbio che la presenza di Berlusconi ha complicato l'accordo. Ma il dato di realtà è questo. Il Pd ora rischia di dover dare la fiducia a una personalità individuata dal presidente, che per formare un governo dovrà avere la fiducia del Pdl. Quindi gli concederà ciò che non ha concesso al suo segretario Bersani. Non è ora di smetterla con questa sorta di cupio dissolvi?».

 

 

“RE GIORGIO? SONO DRAGHI. RESTA A BORDO, CAZZO” - Il presidente della BCE ieri ha chiamato Napolitano

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Federico Fubini per il "Corriere della Sera"

GIORGIO NAPOLITANO E MARIO DRAGHI

Improbabile che il capo dello Stato fosse sorpreso, quando ieri mattina gli hanno detto che Mario Draghi lo stava cercando al telefono. Fra Giorgio Napolitano e il presidente della Bce esiste una consuetudine almeno dai tempi in cui questi guidava la Banca d'Italia. È stato piuttosto il senso della conversazione a indurre l'inquilino del Quirinale, più che a un moto di stupore, a riflettere ancora una volta a fondo.

CLIO NAPOLITANO MARIO DRAGHI E SIGNORA

Draghi ha telefonato a Napolitano quasi d'istinto, appena letti i giornali. Il presidente della Bce aveva passato gli ultimi giorni immerso nella saga di Cipro, il suo dramma bancario, le sforbiciate sui depositi, i limiti al movimento dei capitali che oggi minacciano di diventare la prima vera crepa nell'euro proprio mentre l'Italia avanza nella recessione. Lo spazio mentale per seguire la tortuosa crisi di governo romana non era stato molto.

NAPOLITANO VISCO DRAGHI

Ma ora la prospettiva di dimissioni del capo dello Stato era troppo seria. Draghi ha preso il telefono e ha espresso a Napolitano il suo pensiero, senza remore. Tutto per lui ruota attorno a un punto: bisogna evitare di rendere il Paese del tutto acefalo, con un governo dimissionario, un parlamento incapace di esprimere una maggioranza e ora anche un capo dello Stato che lascia. Gli investitori italiani ed esteri che ogni settimana finanziano il Tesoro, le banche e le aziende del Paese, non avrebbero capito: la reazione martedì, alla riapertura degli scambi, poteva essere molto pesante.

napolitano draghi

Draghi a Napolitano ha detto che gli investitori esteri non conoscono e probabilmente non hanno neppure tempo di capire il concetto di «semestre bianco», il periodo in cui un presidente a fine mandato non può sciogliere le Camere. Se Napolitano si fosse dimesso per permettere al successore di convocare subito nuove elezioni, il messaggio all'esterno sarebbe stato che la nave ha perso il suo ultimo timoniere.

NAPOLITANO DRAGHI

L'Italia non se lo può permettere, oggi meno che mai: le imprese chiudono, il debito e la disoccupazione continuano a salire, la ripresa non è neppure all'orizzonte. Qui Draghi, per consuetudine dell'Eurotower, è passato all'inglese. Se i partiti non capiscono i rischi e continuano a rifiutarsi di lavorare assieme, ha detto il banchiere centrale, è un segno del loro «state of denial». Denial, rimozione: significa avere davanti un problema colossale - il dramma che tocca milioni di italiani - e fingere anche a se stessi di non vederlo, magari per non doversi prendere la responsabilità di fare davvero qualcosa.

LAGARDE E SCHAUBLE

Non è stata un'ingerenza quella di Draghi, anche perché a lui e al capo dello Stato sono bastate poche parole per intendersi. Ma è probabile che il presidente della Bce abbia preso l'iniziativa perché ha ben presente l'impatto che il voto e lo stallo politico a Roma stanno avendo anche sugli altri governi europei e in Germania. Per esempio, negli ultimi tempi, il tedesco Wolfgang Schäuble avrebbe offerto in privato alcune notazioni.

Il ministro delle Finanze di Berlino avrebbe detto che bisogna prendere atto che gli italiani con il voto hanno espresso il loro parere. E visto da Berlino, il messaggio è che i numeri contano più delle sfumature verbali così diffuse nei palazzi romani. Se si sommano i voti del centrodestra a quelli di M5S, l'impressione in Germania è che una maggioranza di elettori si opponga alle politiche che Merkel ritiene necessarie perché l'Italia resti un socio responsabile dell'euro.

Draghi e Schaeuble

La svolta di Berlino per l'intransigenza, evidente con la crisi di Cipro, si spiega anche così. Il sistema politico tedesco affronta le elezioni a settembre ed è nel momento peggiore per offrire sconti e concessioni. Allo stesso tempo, Merkel deve aver tirato le somme di quella che lei stessa percepiva come la sua linea del compromesso verso i Paesi indebitati.

Draghi, Merkel e Monti

L'estate scorsa il suo silenzio ha creato lo spazio politico perché Mario Draghi potesse stabilizzare i mercati stabilendo l'opzione degli interventi Bce. Per la cancelliera è stato un costo politico: solo una certa fiducia nella direzione che avrebbe preso l'Italia l'aveva reso accettabile, ma ora i conti non le tornano. Dopo il voto di febbraio, per Merkel la linea del compromesso presenta ormai rendimenti decrescenti e rischi sempre più chiari.

ITALIA COMMISSARIATA - MONTI GRILLI DRAGHI MERKEL LAGARDE VAN ROMPUY

Si capisce così la seconda osservazione che Schäuble avrebbe mosso di recente sull'Italia: a suo parere gli italiani sono più ricchi dei tedeschi, quindi se servirà si potranno salvare da soli. Questa è ormai la linea tedesca, quella che il ministro delle Finanze olandese Jeroen Dijsselbloem è stato così maldestro da rendere esplicita. Secondo Berlino, non può esserci sostegno europeo all'Italia senza un contributo sostanziale dei risparmiatori del Paese, probabilmente sotto forma di una patrimoniale.

Jeroen Dijsselbloem

Conta poco qui che siano discutibili i dati della Bundesbank su cui Schäuble basa le sue stime, perché il punto è politico: in questa stagione postelettorale in Italia e preelettorale in Germania, la pazienza a Berlino è in quantità sempre più scarse. Si è arrivati a questa fase senza unione bancaria europea, senza garanzie comuni sui depositi, senza meccanismi condivisi di gestione delle crisi bancarie. E le condizioni che oggi la Germania porrebbe perché l'Italia acceda all'aiuto Bce sono tali che questo appare sempre meno verosimile.

Così la crisi europea, da finanziaria, è diventata politica. Dunque grave, ma reversibile. Purché gli italiani dimostrino che sono europei a parte intera, moneta inclusa, gli elettori di Merkel anche. E i partiti escano dal denial che li spinge a scalpitare per una poltrona in prima classe sul Titanic.

 

HITCHCOCK, GENIO INFANTILE CHE UMILIAVA LA MOGLIE - Il lato oscuro in un documentario

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Fulvia Caprara per "La Stampa"

PREMIERE HITCHCOCK: JESSICA BIEL E SCARLETT JOHANSSON

All'ombra del genio, accettando infatuazioni celebri, perfidi dispetti e segrete umiliazioni. Non è stato facile, per Alma Reville, piccola, minuta, poco ritratta e poco raccontata, interpretare il ruolo della signora Hitchcock, sceneggiatrice di talento destinata a occupare per tutta la vita un posto di seconda fila: «Era una donna sottomessa - racconta Claudio Masenza, - a cui Hitchcock non ha mai concesso alcun peso pubblico».

Hitchcock e la moglie Alma

Esperto di cinema, autore, nel 1985, con Francesco Bortolino, del documentario Rai lungo 3 ore Il brivido del genio , Masenza ha intervistato, tra New York, Los Angeles e Parigi, gli attori che avevano lavorato con il grande regista. Nei loro racconti, soprattutto quelli di Anne Baxter e Ann Todd, rispettivamente interpreti di Io confesso e del Caso Paradine , la figura di Alma ha ben poco in comune con quella disegnata da Helen Mirren nell' Hitchcock di Sacha Gervasi, protagonista Anthony Hopkins.

Hitchcock e Bergman

Basato sulla sceneggiature di John J. McLaughin, tratta dal libro di Stephen Rebello Alfred Hitchcock and the Making of Psycho , il film (dal 4 nei cinema)offre alla consorte del maestro l'occasione di una rivincita postuma: «All'inizio - chiarisce Gervasi - Alma rivela di sentirsi poco apprezzata da suo marito, tuttavia, nel corso della vicenda, Alfred, in preda al desiderio compulsivo di girare Psycho , si rende conto di quanto sua moglie sia preziosa, di quanto possa sempre contare su di lei, anche se nel suo modo freddo e contenuto».

Hitchcock e la moglie Alma

Secondo Hopkins, Hitchcock «deve essere stato un uomo difficile con cui vivere, ma penso anche che abbia nascosto la sua vulnerabilità a tutti tranne che ad Alma... Forse non erano molto intimi, ma condividevano un amore puro e una reciproca compagnia».

Affidata al piglio combattivo di Mirren, l'immagine di Alma acquista colori inediti, immensamente lontani dalle descrizioni di chi l'aveva realmente conosciuta: «L'episodio che più aveva colpito

Alfred Hitchcock

Anne Baxter riguarda una gita in battello organizzata durante le riprese di Io confesso , in Canada. Anne era libera per qualche ora e aveva convinto Alma ad andare con lei, ma un guasto al motore fece slittare l'orario fissato per il ritorno. Alma era nervosissima, sapeva bene che Hitchcock non avrebbe tollerato il contrattempo. Al rientro il regista guardò Baxter con molta freddezza e lei, da quel momento, decise che non si sarebbe mai più intromessa, in alcun modo, nel menage della coppia».

Un equilibrio precario, insidiato dalle cicliche passioni che Hitchcock coltivava per le sue attrici predilette, bionde, algide, apparentemente asessuate, ma capaci, nei suoi sogni e nei suoi film, di scaldarsi all'improvviso: «Per Hitchcock la sensualità doveva essere una sorpresa. Per questo aveva sempre apertamente criticato Marilyn Monroe, diceva che aveva il sesso scritto in faccia e quindi non era eccitante».

Alfred Hitchcock

Tra le più desiderate e rimpiante c'erano invece Grace Kelly e Ingrid Bergman su cui, ricordava Ann Todd, l'autore imbastiva storie improbabili, spiattellate in società, con Alma muta e presente: «Ann diceva che era un sadico, che gli piaceva umiliare la moglie, raccontando spesso in pubblico che una volta aveva sbattuto al muro la Bergman per baciarla». Ma non basta, Todd sapeva anche che «i mobili della cucina di casa Hitchcock erano stati messi tutti molto in alto, una collocazione inarrivabile per la padrona di casa che era piuttosto bassina».

Di tutto questo in Hitchcock non c'è traccia e, anzi, s'ipotizza che la signora, stanca degli innamoramenti del marito, si conceda il lusso di un corteggiatore, lo scrittore Whitfield Cook, noto per l'adattamento di «Delitto per delitto», interpretato da Danny Huston, figlio di John: «Il mio personaggio resta improvvisamente coinvolto in una tenera relazione, ha bisogno di Alma, nello stesso modo di Hitchcock...La usa per la sua ambizione, flirta con lei e questo accende la gelosia del marito».

Alfred Hitchcock

Che Hitchcock non fosse esente dal sentimento risponde a verità, ma che soffrisse per il nuovo interesse di Alma, come si vede nel film, sembra molto meno probabile: «Soffriva per il proprio aspetto fisico - spiega Masenza - ed era ossessionato dalla bellezza maschile, avrebbe voluto essere come Cary Grant». Per questo il matrimonio di Vera Miles, (apparsa nel Ladro e poi nella serie televisiva Alfred Hitchcock Presents con Gordon Scott, un «Tarzan» particolarmente prestante, era stato per il genio un terribile colpo basso: «Penso che il loro rapporto - ha osservato Jessica Biel che interpreta Vera nel film - fosse un po' ambiguo».

In realtà, quando Vera era rimasta incinta , proprio all'inizio delle riprese di Psycho , la tensione era alle stelle: «La ragazza che sta dietro la tenda della doccia è Vera Miles truccata da Janet Leigh». Per un'attrice un mezzo sfregio. Anche perchè Janet, a differenza di altre, univa a capelli biondi e forme procaci, un carattere determinato e una forte personalità. Il suo personaggio, affidato a Scarlett Johansson, è uno dei più riusciti: «Da quel che ho sentito dire e che ho letto su di lei, Janet era una donna modesta e razionale, oltre che una madre meravigliosa».

Cary Grant e Ingrid Bergman

Comunque fu in grado di tenere testa al maestro Ad altre bionde, come Tippi Hedren, non andò così bene: «Con lei Hitchcock si espose molto, fu rifiutato, e, per ripicca, dopo Gli uccelli , continuò a tenerla sotto contratto senza farle interpretare niente». Riccardo Palmieri, autore di Alfred Hitchcock. Il maestro del brivido (Armando Curcio Editore), sostiene che il mago del terrore aveva un «carattere infantile, incapace di intervenire davvero in una relazione autentica con una donna, proprio come con la moglie, con la quale ha avuto un rapporto asessuato. Un uomo che guardava la vita alla finestra».

Non a caso la sequenza che precede il finale di Hitchcock , con il protagonista che bacia la moglie davanti alla folla dei paparazzi, appare tra i passaggi più inattendibili del film: «Quella foto - osserva Masenza - non si è mai vista, se la scena si fosse realmente svolta, ce ne sarebbe traccia, La realtà è che Alma, in situazioni come quella, non era mai stata degnata di uno sguardo».

 

GLI USA ORDINANO: L’ITALIA RISOLVA LA CRISI POLITICA - Sull’Air Force One il portavoce di Obama

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Maurizio Molinari per "La Stampa"

MARIO MONTI DA OBAMA jpeg

Sull'Air Force One si parla della crisi politica italiana e il portavoce della Casa Bianca fa trapelare il timore che pregiudichi la stabilità dei mercati finanziari e valutari in Europa.

Sono le 10.55 del mattino ora di Washington, le 15.55 in Italia, quando Josh Earnest, portavoce del presidente Barack Obama, va nel retro del velivolo in rotta verso Miami per parlare con i reporter. All'inizio un tema obbligato è la missione di Obama in Florida per promuovere il piano sulle infrastrutture, poi c'è una domanda sull'escalation con la Nord Corea e subito dopo i reporter pongono la questione dell'Italia.

NAPOLITANO E BARACK OBAMA

Già da alcuni giorni tentavano di farlo ma i portavoce non avevano raccolto, se adesso la risposta arriva è perché su numerosi quotidiani e siti web dal «Wall Street Journal» al «Financial Times» - campeggiano le notizie sul «fallimento del tentativo di dare un governo all'Italia» con conseguenti timori di nuove elezioni e scossoni per l'Eurozona. Da qui l'interrogativo al portavoce: «Siete preoccupati per l'incapacità dell'Italia di formare un governo?». Earnest replica con prudenza: «Esito a esprimermi, bisogna consentire al popolo italiano di prendere le decisioni che ritiene appropriate al fine di determinare la leadership del suo Paese».

E' una maniera per sottolineare la volontà di non interferire con le trattative in corso per l'esecutivo. Ma ai reporter non basta perché da Wall Street rimbalzano i timori dei mercati sulla tenuta del Belpaese. Arriva dunque una seconda domanda: «Ma la salute economica dell'Italia è importante per l'economia mondiale per gli Stati Uniti...».

Air Force One sopra New York

Su questo terreno Earnest è assai più loquace. «Alti funzionari del ministero del Tesoro sono in contatto con i loro colleghi in Europa come avviene da diversi anni» per monitorare i rischi alla stabilità e «rimane nell'interesse economico degli Stati Uniti che gli europei risolvano i motivi dell'instabilità finanziaria che ha luogo nel Continente». Da qui il riferimento all'Italia perché l'instabilità finanziaria «ha un impatto sulla politica interna in Italia come su altre nazioni».

Pur ribadendo di non volersi esprimere sulle «situazioni politiche interne» il portavoce descrive l'approccio dell'amministrazione Obama alla fase di transizione in Italia: «Gli Stati Uniti hanno interesse in una maggiore stabilità dei mercati finanziari e valutari in Europa».

GIORGIO NAPOLITANO DAVID THORNE E JOHN KERRY FOTO QUIRINALE

E' un linguaggio che tradisce la speranza di una soluzione rapida della crisi italiana e riporta l'amministrazione Obama alla fine del 2011 quando, durante e dopo il G20 di Cannes, l'approccio alla debolezza economica del nostro Paese fu segnato dal timore di ripercussioni negative per «la stabilità dell'Eurozona» e dunque nocive per gli Usa. Tale preoccupazione scomparve con la formazione del governo Monti e il sostegno alle riforme economiche nel programma.

Per questo, durante la campagna elettorale, la posizione di Washington è stata di augurarsi il «proseguimento delle riforme iniziate da Monti» come detto a più riprese dall'ambasciatore a Roma, David Thorne. Ma ora il riferimento a tali riforme viene prudentemente meno, per evitare qualsiasi interferenza, e ciò riporta le lancette delle relazioni bilaterali alla fase pre-Monti: quando a prevalere era l'interesse che l'Italia evitasse in qualsiasi maniera di contribuire all'instabilità dell'Eurozona.

MARIO MONTI DAVID THORNE jpeg

Roma torna dunque ad essere una preoccupazione per Obama. Anche perché la Casa Bianca sta preparando per metà giugno un viaggio in Europa teso a rilanciare la necessità della liberalizzazione degli scambi transatlantici per favorire la crescita comune e ciò significa aver bisogno di interlocutori stabili e prosperi.

 


MARÒ! IL GOVERNO INDIANO RIAPRE LE INDAGINI - L’inchiesta deve ripartire da zero

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1. MARO': PESCATORI KERALA CHIEDONO ALTRO TRIBUNALE SPECIALE
(AGI) - La Federazione dei pescatori del Kerala ha chiesto al governo dello Stato indiano e a quello centrale di istituire un secondo tribunale speciale, oltre a quello di New Delhi, per processare i due maro' italiani. Lo ha riferito l'emittente Ndtv. "Stiamo chiedendo di istituire un altro tribunale speciale perche' i rappresentanti dei pescatori del Kerala non possono andare a New Delhi", ha detto il capo della Federazione T Peter.

Massimiliano Latorre e Salvatore Girone

2. MARO': LATORRE E GIRONE A MESSA PASQUA A NUNZIATURA DELHI
(ANSA) - Massimiliano Latorre e Salvatore Girone hanno assistito oggi alla messa pasquale nella cappella della Nunziatura a New Delhi. Accompagnati dall'ambasciatore d'Italia Daniele Mancini e dalla moglie Anna Rita, i maro' hanno assistito al rito da una loggia superiore e si sono diretti al termine della celebrazione nella residenza dell'addetto militare Franco Favre dove hanno pranzato.

Da quando sono rientrati in India il 22 marzo scorso, i due hanno mantenuto uno stretto riserbo evitando la stampa. Martedi' e' prevista in Corte Suprema una udienza che dovrebbe chiarire gli sviluppi della vicenda e fornire indicazioni sul funzionamento del tribunale speciale che deve giudicare i maro'.

DANIELE MANCINI TRA SALVATORE GIRONE E MASSIMILIANO LATORRE jpeg


3. MARO':INDIA VUOLE ALTRE INDAGINI,'NULLE QUELLE KERALA'
Maurizio Salvi per l'ANSA

Il governo indiano chiedera' nuove indagini sul caso dei maro' italiani da consegnare al giudice monocratico di New Delhi che li dovra' giudicare. E tali indagini, affidate all'Agenzia nazionale di investigazione (Nia), potrebbero dover ricominciare da zero, dal momento che quelle condotte dalla polizia del Kerala sarebbero inutilizzabili in sede processuale - scrive stasera il Times of India citando una fonte governativa - a causa dei ''vizi procedurali'' derivanti dall'incompetenza giurisdizionale dello Stato keralese stabilita dalla Corte suprema indiana.

Sono le novita' emerse oggi per i due fucilieri di marina che hanno trascorso nell' ambasciata di New Delhi la vigilia di Pasqua. Una ricorrenza serena, sobria, non certamente in spirito festivo, ma certo una data importante, che non puo' essere trascurata. E' con questo spirito che domani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone si recheranno prima a messa e poi a pranzo dall'addetto militare, l'ammiraglio Franco Favre.

Il-peschereccio-Saint-Antony degli indiani kerala

Intanto il ministro della Difesa Giampaolo di Paola ha salutato oggi i familiari di Latorre e Girone in Puglia, mentre domani e' prevista una telefonata a loro ed ai parenti del viceministro degli Esteri, Staffan de Mistura, il cui ritorno in India e' imminente. Non c'e' dubbio che i pensieri dei maro' comunque sono concentrati sull'udienza fissata dalla Corte Suprema per martedi' in cui il presidente Altamas Kabir dovra' prendere atto del loro regolare ritorno e rimuovere l'ordinanza di limitazione dei movimenti dell'ambasciatore Daniele Mancini.

peschereccio st antony degli indiani kerala maro

Un 'vulnus' che se si fosse materializzato avrebbe portato ad una grave violazione della Convenzione di Vienna. L'udienza e' attesa anche perche' da essa potrebbero emergere elementi nuovi riguardanti la costituzione del tribunale speciale che deve occuparsi dei maro' e che, essendo un organismo che non ha precedenti in India per un tema di diritto internazionale, ha bisogno di regole chiare e condivise. Inoltre martedi', lo ha preannunciato il ministro degli Esteri indiano Salman Khurshid, saranno depositati i pareri di un gruppo di esperti riguardanti la non applicabilita' della pena di morte nel caso dell'incidente del 15 febbraio al largo delle coste del Kerala in cui persero la vita due pescatori imbarcati sul peschereccio St.Antony.

ENRICA LEXIE

E' probabile, poi, che sara' presentata dal ministero dell'Interno una 'Review Petition' per ribadire che il governo indiano ritiene di avere giurisdizione sul caso dei maro' e che quindi l'Agenzia nazionale di investigazione (Nia) deve svolgere nuove indagini per presentarne i risultati ed i relativi capi di imputazione al giudice monocratico del tribunale ad hoc. In particolare si ''intende provare che le leggi indiane sulla sicurezza marittima e sulle acque territoriali non entrano in conflitto con i trattati o le convenzioni dell'Onu''.

MARO' - I FAMILIARI DEI PESCATORI MOSTRANO IL DOCUMENTO ITALIANO CONNO ALL'INDENNIZZO L'IMPEG

E per questo Delhi ritiene che ''la legge sulla Sicurezza della navigazione marittima approvata dal Parlamento nel 2002 conferisce all'India piena giurisdizione nella vicenda''. Commentando l'approssimarsi di una fase giudiziaria piu' dinamica, l'ambasciatore Mancini ha confermato che ''sono ripresi con discrezione i contatti diplomatici fra i due Paesi'' e che ''l'Italia si attende non solo un giudizio equo, come certo sara', ma anche un processo rapido''.

MASSIMILIANO LATORRE

Si deve ricordare in proposito che per il periodo in cui sono stati bloccati in Kerala, i maro' hanno scelto di non rispondere ad alcun interrogatorio, per cui ufficialmente la loro versione dei fatti non e' mai stata proposta ad alcun giudice indiano. ''Apparentemente si dovrebbe riaprire una fase di indagine a New Delhi'', ha dichiarato all'ANSA l'avvocato dello Stato Carlo Sica, appena rientrato dall'India, aggiungendo che ''noi fino ad oggi abbiamo eccepito alla problematica della giurisdizionalita' ed ora entriamo in una fase nuova di dibattimento''.

''I due fucilieri - ha concluso - hanno sempre raccontato la verita', ora lo faranno davanti a un organo giurisdizionale, e probabilmente sara' possibile che ci siano altre testimonianza da parte degli occupanti della Enrica Lexie''.

SALVATORE GIRONE E MASSIMO LATORRE

 

SORPRESA PASQUALINA NELL’UOVO DI RE GIORGIO: È NATO IL GOVERNO MONTI-GRILLO!

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1. PERCHE' LA "PROROGATIO DEL CATIO" VOLUTA DA RE GIORGIO CONVIENE A TUTTI, SOPRATTUTTO A GRILLO & CASALEGGIO (SQUADRA DI INCAPACI CHE FA RIMPIANGERE L'EPOCA RUSTICA DELLA LEGA, DIFFICOLTÀ DI COMUNICAZIONE, PROGRAMMA VAGO ECC.)
di Stefano Feltri per Il Fatto

NAPOLITANO

Sorpresa: il nuovo governo non ci sarà. E quello di Mario Monti, ormai un esecutivo-zombie, un po' morto ma non del tutto, durerà almeno fino a maggio. Ma più probabilmente fino a luglio, o addirittura a ottobre, chissà.

Il 15 aprile si comincia a scegliere il nuovo capo dello Stato. Che dovrebbe insediarsi dal 15 maggio. A quel punto il mister (o Mrs) X che sarà al Quirinale, riceverà Monti. Il premier rimetterà il mandato - di nuovo - e il capo dello Stato dovrà decidere che fare. Potrà nominare un "governo del Presidente" che abbia come programma quello minimo elaborato - si spera - dai saggi che Giorgio Napolitano ha indicato oggi. Oppure dovrà rassegnarsi a sciogliere le Camere. E i tecnici di Monti rimarranno nel frattempo ancora in carica per gli affari correnti, attraversando così tre legislature.

BOLDRINI - NAPOLITANO - GRASSO - MONTI

Sembra un disastro? In realtà questo scenario va bene a tutti. Vediamo perché.

1- Silvio Berlusconi. Si presenta come uomo di Stato, è lui il vero "responsabile" che è pronto a far nascere ogni governo, era disposto a votare perfino Bersani. Nel caos attuale, può presentarsi come l'usato sicuro, deludente, certo, ma sempre meglio dei pasticcioni apparsi in seguito alla sua dipartita (tanto gli italiani hanno memoria breve, non si ricordano già più il Bunga Bunga e ildefault imminente).

BERLUSCONI NAPOLITANO

In questa fase di negoziato permanente, il Cavaliere sa di essere un interlocutore per tutti, uno dei pochi punti fermi. E quindi, spera, le Procure non oseranno chiedere il suo arresto, i giudici saranno più miti, il Pd abbandonerà ogni intransigenza e archivierà sia il proposito di renderlo ineleggibile che quello di fare una vera legge sul conflitto di interessi.

GRILLO LOMBARDI CRIMI

2- Beppe Grillo. La sua è stata una profezia che si è auto-avverata: alla fine ci sarà la grande coalizione, o almeno questo è il tentativo, tra Pd e Pdl. Non per colpa della malasorte o per un disegno preciso del Pd, quanto per esclusiva responsabilità di Grillo. Il leader del Movimento a 5 stelle ha boicottato sia l'ipotesi di un accordo politico con i democratici perché, legittimamente, non poteva accordarsi con un avversario politico diretto come Pier Luigi Bersani. Ma ha affossato anche l'ipotesi del "governo dei migliori", quello che sarebbe stato guidato da un Rodotà o Zagrebelsky e che avrebbe realizzato una buona parte del programma a Cinque Stelle.

MARIO MONTI A PALAZZO CHIGI

Ora Grillo è nella condizione che sperava: opposizione pura, anti-sistema, contro tutti, senza sfumature. Da lì spera di aumentare ancora i consensi, sempre che le gaffe e l'inadeguatezza manifestata finora dai suoi parlamentari, a cominciare dai capigruppo, non portino a una rapida disillusione degli elettori. Adesso il Movimento è sicuro che praticamente tutto il suo programma rimarrà su carta e che non si verificheranno più situazioni tipo quella che ha spinto alcuni deputati grillini a votare Pietro Grasso alla presidenza della Camera. Una vittoria tattica, al prezzo di una sconfitta strategica.

3- Mario Monti. Il premier in carica non ha più niente da perdere. Non si ricandiderà mai, il suo partito è nato morto, dopo un risultato elettorale pessimo. Al momento è fuori dalla corsa per il Quirinale. Quindi a lui va benissimo rimanere in carica e gestire il complesso avvio del "semestre europeo", cioè definire di raccordo con Bruxelles il bilancio dell'Italia per il 2014. Rimane in carica, ri-legittimato dal Quirinale dopo che il ministro degli Esteri Giulio Terzi, probabilmente per ambizioni personali, si è dimesso per il caso marò creando un danno di immagine notevole.

monti

Il Professore è anche ministro degli Esteri ad interim, cosa che gli assicura il massimo della visibilità internazionale in questa fase. Può recuperare il suo ruolo di garante della politica italiana davanti a mercati e partner internazionali. Potrebbe guadagnarsi una riconferma nel prossimo governo, magari guidare lui un eventuale esecutivo del presidente (scelto dal prossimo capo dello Stato) o avere la presidenza delConsiglio europeo nel 2014.

monti berlu bersani voto

4- Pier Luigi Bersani. Politicamente è morto. Ma poteva andare perfino peggio. Se Napolitano avesse provato subito con un governo del presidente, magari con un nome interessante, il Pd avrebbe potuto spaccarsi. Una parte a sostegno del governo, un'altra col segretario. Adesso Bersani guadagna tempo: può cercare di gestire la successione alla segreteria del Pd, tutelando il suo gruppo dirigente di fedelissimi (da sempre una priorità per Bersani).

LA GERMANIA GIUSTA PATTO BERSANI MONTI

Ha anche la possibilità di accompagnare Renzi alla candidatura a premier o alla segreteria, evitando lacerazioni nel partito. Cosa che aiuterà il Pd a restare compatto ma ridurrà di molto l'appeal del rottamatore. Formalmente è ancora il premier incaricato, ma le probabilità che al termine del lavoro dei saggi e dopo il voto al Colle riesca davvero a diventare presidente del Consiglio sono molto vicine allo zero.

grillo RENZI

5- Matteo Renzi. Il sindaco di Firenze temeva di bruciarsi in questa fase di transizione. Si è solo un po' strinato, il suo nome è circolato troppo. Comunque sia, ora è considerato il salvatore (del Pd, del Paese, della democrazia...). E non solo dagli elettori del Pd. Potrebbe vincere per acclamazione, anche oltre i suoi meriti. Il protrarsi del vuoto di potere è la condizione ideale per rafforzare la presa sul partito e chiarirsi le idee sulla strategia da seguire per arrivare a palazzo Chigi senza ripetere gli stessi errori di Grillo (squadra non all'altezza, difficoltà di comunicazione, programma vago ecc.).

2. IL PARLAMENTO E I BADANTI DELLA DEMOCRAZIA
www.beppegrillo.it

DAL BLOG DI BEPPE GRILLO - NAPOLITANO CON LA BANDIERINA DEL MOVIMENTO CINQUE STELLE

Il presidente Napolitano ha confermato ieri le nostre posizioni su Parlamento e Governo. In sostanza ha affermato che un governo (mai sfiduciato...) è in carica, sebbene limitato agli affari correnti, e sta operando in collaborazione con il Parlamento, anzi solo previo consenso del Parlamento.

Ad esempio la Commissione speciale sta esaminando un provvedimento legislativo di carattere economico per sbloccare pagamenti alle aziende per 40 miliardi di euro con il contributo di tutte le forze politiche, tra cui il M5S, come espressione del Parlamento e non, come è avvenuto negli ultimi anni, attraverso atti di imperio del Governo con ripetuti decreti.

GOVERNO DI SCOPO E SCOPONE BERSANI GRILLO BERLUSCONI NAPOLITANO

In questa fase, infatti, per poter emettere un decreto di urgenza fuori dagli affari ordinari, il Governo deve chiedere l'autorizzazione al Parlamento. Al momento è la miglior soluzione possibile in un Paese che ha visto una serie di Governi che hanno imposto le loro politiche a Parlamenti svuotati di ogni autorità e significato, anche grazie al Porcellum che ha trasformato i parlamentari in "nominati", in yes men.

E' necessario ridare al Parlamento la sua centralità. Per farlo è urgente l'istituzione delle Commissioni per l'esame delle proposte di legge. Le Commissioni a più di un mese dal voto non sono ancora state istituite, il risultato è un rallentamento dell'attività legislativa che potrebbe occuparsi da subito di temi come la nuova legge elettorale, il conflitto di interessi, il reddito di cittadinanza, la legge anti corruzione, l'abolizione dell'IRAP.

Chi si oppone alle Commissioni? E perché? Il M5S da settimane sta proponendo la loro formazione immediata nell'indifferenza dei partiti e delle Istituzioni. Il Paese non ha bisogno di fantomatici negoziatori o facilitatori del calibro di Violante, il gran maestro dell'inciucio, tanto per citarne uno, che operano come gruppi di saggi, non ha bisogno di "badanti della democrazia", ma di far funzionare meglio il Parlamento e alla svelta.

3. GRILLO: 'NO A BADANTI'. PD E PDL, SAGGI NON RISOLUTIVI
Ansa.it

RENZI E BERSANI

''Al momento è la miglior soluzione possibile in un Paese che ha visto Parlamenti svuotati di ogni autorità e significato''. Cosi' il sito di Beppe Grillo commenta la soluzione individuata ieri da Napolitano che, secondo il post non firmato, puo' in qualche modo rispondere alla necessita' di ''ridare al Parlamento la sua centralità''. Per farlo, pero' ''e' urgente istituire le Commissioni'' perche' ''il Paese ha bisogno di un parlamento funzionante'' e non di ''fantomatici negoziatori'' o di "badanti della democrazia".

"Il presidente Napolitano - si legge sul blog del leader a Cinque Stelle - ha confermato ieri le nostre posizioni su Parlamento e Governo. In sostanza ha affermato che un governo (mai sfiduciato...) è in carica, sebbene limitato agli affari correnti, e sta operando in collaborazione con il Parlamento, anzi solo previo consenso del Parlamento".

CICCHITTO: DA SAGGI SUBITO PROGRAMMA E PRESTO NUOVO GOVERNO - "L'operazione dei saggi adottata dal Presidente Napolitano ha un senso di coerenza con il nostro ordinamento generale, se nello spazio di sette-dieci giorni massimo gli esperti ci danno la traccia di un programma condivisibile dalle forze politiche impegnate nella governabilitàche danno sbocco ad essa impegnandosi a dar vita ad un nuovo governo che in tempi ragionevoli ma rapidi deve avere la fiducia del Parlamento". Lo sostiene Fabrizio Cicchitto (Pdl) in una nota.

VELTRONI E FRANCESCHINI

FRANCESCHINI, SAGGI? UTILI MA NON RISOLUTIVI - I cosiddetti 'saggi' individuati ieri da Napolitano per uscire dall'impasse politica "sono una soluzione utile, che può aiutare, ma che non può essere sostitutiva del luogo in cui certe decisioni si devono prendere, ovvero il Parlamento". Lo ha affermato a "In Mezz'ora" su Rai Tre Dario Franceschini del Pd aggiungendo che "non mi pare siano una soluzione risolutiva".

BRUNETTA, SAGGI? NON CREDO RISOLVERANNO PROBLEMA - "Il prolungarsi della crisi politica, apertasi con le dimissioni del governo Monti l'8 dicembre 2012, mette a rischio gli interessi dell'Italia. Le elezioni hanno indicato l'accordo fra Pdl e Pd come unico governo possibile. A questo non si è giunti per esplicito rifiuto di Pierluigi Bersani e per silente acquiescenza del resto del suo partito".

monti-grillo 9 beppe grillo marisa monti riffeser lap

Lo afferma in una nota il presidente dei deputati del Pdl, Renato Brunetta. "Ora - prosegue Brunetta - il presidente della Repubblica prova a prendere altro tempo, chiedendo a dieci soggetti di indicare un programma e un percorso. Tale iniziativa, credo non cambierà i dati del problema. E, del resto, occorre rimediare a un grave guasto costituzionale: il governo in carica per il disbrigo degli affari correnti non ha mai ricevuto la fiducia, in questa legislatura. E', a tutti gli effetti, un non governo. Era ragionevole - conclude - tale condizione durasse il tempo necessario per superare la crisi. Non lo è che si protragga oltre".

Bersani, Berlusconi, Monti, Grillo e lo spread

RENZI, FASE DIFFICILE SI CHIUDERA' SE LAVORIAMO CON IMPEGNO - "La cosa importante è che l'Italia recuperi fiducia, entusiasmo e orgoglio di essere quello che l'Italia è, cioé una grande nazione. Sono momenti difficili, talmente delicati; credo che se ciascuno di noi farà il proprio mestiere per bene con grande impegno e grinta, allora anche questa fase difficile si chiuderà". Lo ha detto il sindaco di Firenze Matteo Renzi, stamani, in occasione delle manifestazioni per il tradizionale "scoppio del carro" in piazza del Duomo.

napolitano-grillo by benny.

OLIVERO: 'SAGGI' STRADA CHE COSTRINGE A RIFORME - La scelta del comitato "é saggia e lungimirante e costringe la politica a misurarsi con la realtà concreta" e con la necessità delle riforme. Lo afferma il coordinatore di Scelta Civica, Andrea Olivero, secondo il quale i 'saggi' "possono indicare o circoscrivere terreni di possibili intese, a quel punto tutti saranno messi di fronte alle proprie responsabilità ".

Matteo Renzi da Maria De Filippi ad Amici

MELONI, CON SAGGI STESSI ERRORI FATTI CON TECNICI - "Con tutto il rispetto per il presidente Napolitano, di cui non metto in dubbio la buona fede, stiamo ripercorrendo gli stessi errori che hanno consentito la nascita del governo Monti". E' quando dichiara Giorgia Meloni, deputato e fondatore di Fratelli d'Italia. "L'idea che pochi tecnici non eletti da nessuno o pochi politici con idee contrapposte, possano offrire soluzioni all'Italia senza ricorrere a dei compromessi al ribasso su ogni tematica - osserva Meloni - è un'utopia che abbiamo già pagato a caro prezzo nel corso dell'ultimo anno. E così, nel frattempo che alcuni illustri accademici, tutti uomini e con almeno mezzo secolo di vita, disquisiranno amabilmente intorno ai problemi della nazione, l'Italia continuerà a soffrire sotto un governo Monti 'ad libitum'. Della serie: fine pena mai".

renzi monti

ALEMANNO: SAGGI GRANDE INTUIZIONE,SPERO LAVORO RIESCA - "Mi sembra una grande intuizione. speriamo che dal lavoro di questi saggi venga un territorio d'intesa, una base d'intesa, che ci permetta finalmente di sbloccare la situazione delle riforme istituzionali e di dare una spinta per la fuoriuscita dalla crisi economica. Mi auguro sinceramente che questo esperimento di Napolitano abbia un risultato positivo". Lo ha detto il sindaco di Roma Gianni Alemanno commentando le scelte del Capo dello Stato a margine dell'inaugurazione di un tempio buddista a Roma.

GIORGIA MELONI PHOTOSHOP

SANTANCHE': SANCITA SCONFITTA PD, DOPO SAGGI VOTO - La scelta di Napolitano del comitato di saggi suona "come la sconfitta di Bersani, dei 'giovani turchi' e di quanti dicevano 'mai col Pdl, mai con Berlusconi'. Tutti smentiti". Lo afferma in un'intervista alla Stampa Daniela Santanché sottolineando che "vince la tesi su cui abbiamo insistito dal primo giorno: sbaglia chi rifiuta di unire le forze, di concentrarsi sulle urgenze dell'Italia, sui problemi della gente".

VANITY FAIR SANTANCHE SALLUSTI

Bersani, aggiunge, "viene consegnato al passato. E' il sesto leader Ds-Pds-Pd messo fuori gioco da Berlusconi in 19 anni. E con lui la sua linea, che non gli ha permesso di indossare la maglia della Nazionale e della responsabilità. Che ha trasformato la crisi politica in una questione personale".

 

 

ISCHIA IL VENTO: MERKEL, SIRENETTA PASQUALE

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Repubblica.it

merkel ad Ischia

Il Presidente della Regione Campania Stefano Caldoro dà il benvenuto alla cancelliera tedesca Angela Merkel, in vacanza in questi giorni a Ischia, (nel borgo di Sant'Angelo, dove trascorre le giornate in relax tra l'hotel Miramare e i giardini termali Aphrodite-Apollon) ma, citando il presidente francese, Hollande, le ricorda i rischi del populismo, la invita a consentire una crescita dell'Europa "con equilibrio ed equità e a fare in modo che austerità e rigore non dimentichino che è più in difficoltà, come i giovani della Campania. Qui - dice Caldoro - ci sono dieci giovani disoccupati per ogni giovane senza lavoro in Germania".

merkel ad Ischia

Il videomessaggio è stato pubblicato sul sito caldoropresidente.it, con il titolo "Benvenuta Merkel nella nostra terra sempre ospitale. Ora però si guardi attorno". Alla cancelliera tedesca, da ieri in vacanza a Ischia, Caldoro augura "un meritato riposo", ringraziandola per aver scelto ancora una volta l'Italia e la Campania.

 

SCAPPATI I BUOI COL BOTTINO, ORA IL “NUOVO” MONTEPACCHI BATTE CASSA DA MUSSARI E VIGNI

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Andrea Greco per La Repubblica

mussari vigni

Il Monte dei Paschi prepara il conto alla passata gestione di Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, e alle banche Nomura e Deutsche Bank. Tutti sono chiamati a rispondere per danni da 1.200 milioni, per avere realizzato Alexandria e Santorini, operazioni «con obiettivi certamente illeciti di occultamento delle perdite» e «di totale irrazionalità e carenza di qualsiasi ragione e giustificazione economica».

VIGNETTA MANNELLI DAL FATTO MUSSARI E LA BANDA DEL jpeg

Con due relazioni da totali 74 pagine, allegate al materiale dell'assemblea del 29 aprile, il vertice guidato da Alessandro Profumo e Fabrizio Viola chiederà ai soci di votare l'azione
di responsabilità depositata al tribunale civile di Firenze un mese fa. Gli azionisti che leggeranno le carte, scaricate sul sito Mps, capiranno meglio il perché delle richieste danni: 700 milioni per Alexandria (ai due manager e a Nomura), 500 per Santorini (ai due manager e a Deutsche Bank). Solo di sovrapprezzo del funding, la prima è costata 111 milioni ai senesi, la seconda 62,4. Ma entrambe «non andavano realizzate», si legge nella relazione, e avevano «un obiettivo certamente illecito, l'occultamento della perdite.

ALESSANDRO PROFUMO E FABRIZIO VIOLA

Già questa sola considerazione sarebbe sufficiente a fondare la responsabilità non solo dei vertici Mps, ma anche dei soggetti terzi coinvolti, perfettamente consapevoli del contesto, delle finalità illecite che Mussari e Vigni intendevano perseguire e degli enormi pregiudizi che le operazioni causavano alla banca».

A Nomura e Deutsche Bank si contesta d'essersi prestate a un soccorso, lautamente pagato, per architetture «di evidente e totale irrazionalità, e prive di qualsiasi ragione economica». I due strutturati- derivati, inoltre, «non sono state correttamente contabilizzati né sottoposti alla necessaria approvazione del cda Mps».

Vigni - Mussari

Di questo la nuova gestione incolpa l'ex presidente («mirava a conservare la leadership per perseguire interessi estranei e contrari a quelli della società, e contribuì decisivamente all'operazione con Nomura ») e l'ex dg («deus ex machina del confezionamento derivati, che portano tutti la sua firma»).

Sull'ex capo finanza Gianluca Baldassarri «e su altri corresponsabili », poi, la banca si riserva di agire dopo la magistratura, che ieri a Siena ha tenuto un lungo vertice sulle trasferte di Milano e (giovedì) Lugano, questa giudicata «molto, molto proficua». Nuovi interrogatori sono in vista.

 

RAZZISMO SU PASSERELLA - NERA? NO GRAZIE! IN BRASILE LA TOP MODEL E’ BIANCA

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Lorenzo Simoncelli per LaStampa.it

Hanno manifestato nella centralissima Avenida Paulista, sfilando come in passerella, ma al posto dei vestiti firmati avevano fantasiose costruzioni di matasse di filo d'acciaio. Così le modelle di colore brasiliane hanno voluto protestare contro lo stilista Ronaldo Fraga, accusato di razzismo, dopo la settimana della moda che si tiene a San Paolo.

Fraga è finito nel mirino delle critiche delle modelle per aver fatto indossare alle sue indossatrici, la quasi totalità bianche, un panno di filo d'acciaio come parrucca. L'acconciatura, realizzata dall'hairstylist Marcos Costa, voleva essere «un omaggio al calcio di strada brasiliano e alla cultura nera», si è difeso lo stilista. Molti anni fa, infatti, quando televisioni Hd e plasma non si sapeva ancora cosa fossero, in Brasile era abitudine mettere dei batuffoli di filo d'acciaio sull'antenna per potenziare la ricezione del segnale della tv.

Un rituale molto comune, soprattutto durante le partite della nazionale di calcio verde-oro.
Marcos Costa, l'autore delle acconciature, via Facebook, si è difeso affermando che «il look era un modo per esaltare la bellezza dei capelli crespi dei neri, eliminando così un preconcetto della moda brasiliana».

La scelta dello stilista ha però sollevato nuovamente il dibattito sul razzismo nella moda brasiliana. Quattro anni fa, sempre al termine della San Paolo Fashion Week, alcune associazioni che si battono per la difesa dell'identità afro-brasiliana si lamentarono dell'esiguo numero di modelle nere in passerella. Su 344 indossatrici presenti, solo 8 erano non bianche. Così, per placare le polemiche, il Ministero Pubblico di San Paolo e la Luminosidade, l'azienda che organizza le settimane della moda in Brasile, d'intesa con i grandi marchi, siglarono un'intesa per garantire che almeno il 10% delle modelle che sfilavano fossero di origine africana o indigena.

Quella soglia, già molto esigua se si pensa che il Brasile ha la seconda popolazione di colore al mondo, non è mai stata rispettata. Oggi l'accordo non è più nemmeno in vigore e nella appena terminata San Paolo Fashion Week 2013, di modelle nere se ne sono viste davvero poche. Attivisti di Educafro, un'associazione che lotta per l'inclusione della popolazione nera ed indigena nella società brasiliana, spiegano come per le modelle di colore brasiliane sia più facile affermarsi all'estero che in patria.

È il caso di Gracie Carvalho, una delle più apprezzate modelle non bianche brasiliane sulle passerelle di tutto il mondo, ma che in patria ha trovato non poche difficoltà. Oltre a Gracie Carvalho ed Emanuela de Paula, uno degli «angeli» brasiliani di Victoria's Secret, scarseggiano nel panorama nazionale le modelle nere di successo.

CARNEVAL DO BRASIL 2013MONDIALI IN BRASILE

Mary del Priore, professoressa di storia del Brasile, spiega come «l'assenza di neri nella moda è più un'esigenza di classe, che una questione di bellezza». Secondo la studiosa, l'importazione del modello corporeo occidentale si scontra con la realtà brasiliana. «La donna brasiliana», spiega Mary del Priore, «è curvilinea, cadeiruda (massiccia) ed è incompatibile con questo universo».

Ma per capire meglio come funziona oggi il mercato del fashion in Brasile e se davvero esiste una discriminazione razziale, bisogna andare nella cattedrale della moda verde-oro, lo Stato di Rio Grande do Soul. Lì lavorano la maggior parte dei talent scout brasiliani, tra cui Alisson Chornak, allievo di Dilson Stein, lo scopritore della modella brasiliana per eccellenza, Giselle Bundchen. «Il Sud del Brasile è il luogo migliore per cercare nuovi talenti - dice Chornak - qui c'è una grande miscela di nazionalità, russi, tedeschi, italiani, ed è possibile trovare ragazze dai contrasti forti e con profili snelli, perfetti per la moda».

Yamamay DUE MODELLE TRANS ANDREJ PEJIC E LEA T

Seguendo Alisson nel suo lavoro di scouting nelle cittadine di Santa Maria, Paraiso do Soul, Venancio Aires, è evidente come il profilo ricercato sia quello di giovanissime «Barbie». «Il consumatore finale di una grande marca di moda spesso non vuole la modella nera - spiega Chornak - non credo sia un problema di preconcetti, è una questione di domanda».

La ricerca del prossimo talento non si ferma ai concorsi di bellezza locali, Alisson guarda le commesse dei negozi, va alle feste di paese e nelle scuole. È comune nelle cittadine di Rio Grande do Soul, che, durante gli intervalli delle lezioni, gli insegnanti lascino entrare talent scout come Alisson per selezionare giovani modelle. I docenti, infatti, sanno che se un giorno una di quelle giovani donne salirà su qualche passerella saranno la scuola e la cittadina intera a beneficiarne, in termini economici e di immagine.

Ciò che lascia stupiti è che, secondo l'Osservatorio Afro Brasileiro, nel Rio Grande do Soul ci sono 631 mila donne nere, ma nessuna è mai stata selezionata come modella. A vent'anni dalla scoperta della top brasiliana per eccellenza, la bianchissima Giselle Bundchen, quasi nulla è cambiato nel panorama della moda brasiliana, che continua la sua ricerca della nuova star tra le bianche.

Milene Domingues CALCIATRICE BRASILIANA

 

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