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MULTI-SALA? NO, MONO-POLIO! - SE UCI CINEMAS RILEVA THE SPACE, SARÀ UN DISASTRO PER LA CONCORRENZA

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La vendita di The Space cinema da parte di Benetton e Mediaset è ormai agli sgoccioli .

the space cinema

Sul tavolo di Citigroup, la banca d'affari scelta dai venditori, sembrano essere rimaste poche offerte degne di nota tra le quali spicca cui quella avanzata dal circuito UCI Cinema di proprietà del fondo di private equity Terra Firma.

UCI Cinemas Logo

Il circuito UCI è presente in Italia con più di 40 multiplex per circa 430 schermi e nel 2012 ha sviluppato una quota di mercato spettatori del 20%.

The Space cinema gestisce 36 multiplex per un totale di 359 sale e nel 2011 ha raggiunto una quota di mercato spettatori pari al 19%. I due circuiti insieme rappresentano il 40% del mercato e il 50% considerando il solo mercato dei multiplex cinematografici (sale con cinque schermi in su).

uci cinemas jpeg

È evidente che se Mediaset e Benetton dovessero effettivamente decidere di andare avanti nella trattativa e di uscire dal mercato vendendo alla UCI, nell'esercizio cinematografico italiano si creerebbe una situazione, previa autorizzazione degli organi Antitrust , di vero e proprio monopolio, unico nel suo genere in Europa, in cui il secondo circuito cinematografico raggiungerebbe a stento il 2% del mercato di riferimento.

the space cinema

Risulta troppo facile prevedere le ripercussioni che l'operazione potrebbe avere sull'intera filiera cinematografica ed infine sugli spettatori: i prezzi dei biglietti aumenterebbero di pari passo alla riduzione dell'offerta degli sconti, la qualità dei cinema degraderebbe progressivamente facendo scivolare lentamente l'intero comparto dell'esercizio cinematografico indietro di vent'anni. D'altronde, perché investire nel rinnovamento dei cinema se si opera in regime di monopolio?

alessandro benetton jpeg

Anche le dinamiche distributive dei prodotti cinematografici risulterebbero profondamente sconvolte. UCI raggiungerebbe una quota di mercato così importante da conferirgli sufficiente potere per imporsi sulle aziende distributrici internazionali ma soprattutto nazionali, già oggi in grande sofferenza economica. In questo scenario sarebbe ancora più complicato garantire l'uscita di film di qualità e di produzione italiana.

Come sempre accade in fusioni di queste dimensioni è facile aspettarsi una forte ricaduta negativa sui livelli occupazionali e nei rapporti con le parti sociali già provate da anni di negoziazioni causate dal recente processo di conversione al digitale dei proiettori 35 mm, che hanno messo fuori dal mercato del lavoro centinaia di proiezionisti in tutta Italia.

Famiglia Berlusconi Eleonora Piersilvio MArina Silvio BArbara Luigi

C'è solo da augurarsi che tutte le parti coinvolte facciano appieno le loro riflessioni e fino in fondo il loro dovere, e che la cultura che il cinema rappresenta non rimanga annegata in un fiume di dollari.

 

 


GRILLI: CASSA DEPOSITI E PRESTITI, GORNO SUBITO! - GRILLI LASCERÀ LA POLTRONA PRIMA DI RINNOVARE I VERTICI DELLA CDP

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Stefano Sansonetti per "Lanotiziagiornale.it"

VITTORIO GRILLI FOTO ANSA

Raccontano che il ministro uscente dell'economia, Vittorio Grilli, si stia dando un gran da fare. Prima di lasciare la poltrona più importante del ministero di via XX Settembre, infatti, sembra che tra le sue priorità ci sia quella di assicurarsi la conferma di Giovanni Gorno Tempini alla guida della Cassa depositi e prestiti. La società, controllata dal Tesoro e partecipata dalle fondazioni bancarie, ha il consiglio di amministrazione in scadenza e va rinnovata. Sarebbe sin troppo banale dire che si tratta di un approdo molto ambito, se solo si considerano le partecipazioni strategiche della Cassa: Eni, Terna, Snam, Sace, Simest e Fintecna.

GORNO TEMPINI

Ebbene, Grilli sta provando in tutti i modi a fare il gioco di Gorno Tempini, uomo vicinissimo a Giovanni Bazoli, da poco confermato ai vertici di Intesa Sanpaolo. L'operazione, così si vocifera dalle parti di via XX Settembre, servirebbe all'attuale ministro a mantenere buoni rapporti con il mondo delle banche e delle fondazioni loro proprietarie.

E questo gli tornerebbe molto utile nella sua futura occupazione, che in molti collocano all'interno di una banca d'affari. C'è che dice Goldman Sachs o Jp Morgan, ma non si esclude una sistemazione in qualcuna delle altre banche d'affari. Di certo Grilli, in questa fase, non sta lesinando energie. Anche perché Gorno Tempini, in passato, è stato un pezzo grosso proprio di Jp Morgan, dalla quale viene anche il direttore generale della Cassa, Matteo Del Fante.

Giovanni Bazoli

Il punto, semmai, è chiedersi se tra qualche mese il sistema che poggia su Gorno Tempini e Franco Bassanini, presidente della Cdp legatissimo al Pd senese e a Mps, possa reggere alle pressioni esterne. Tra i due, al momento, quello più sicuro di rimanere è proprio Bassanini, forte in tutti questi anni dell'appoggio delle fondazioni azioniste della Cassa e della loro associazione, l'Acri, guidata ininterrottamente da 13 anni dall'ottantenne Giuseppe Guzzetti.

FRANCO BASSANINI

C'è chi sostiene che Gorno Tempini, peraltro nominato dall'allora ministro dell'economia, Giulio Tremonti, potrebbe trovare un ostacolo in tutto quel mondo delle banche d'affari e della consulenza che non è stato coinvolto nelle molteplici operazioni perfezionate in questi mesi dalla Cdp. Da questo punto di vista basta andarsi a rivedere gli ultimi incarichi di advisoring e assistenza conferiti dalla società.

Giulio Tremonti

Nell'elenco scopriamo istituti di credito come Morgan Stanley, Rothschild, Unicredit e Goldman Sachs. Quanto al settore della consulenza la fanno da padrone realtà come Deloitte, Kpmg e McKinsey, quest'ultima un autentico factotum all'interno della Cdp. Nei mesi scorsi alcuni gruppi, esclusi eccellenti, non avevano certo taciuto qualche nervosismo.

Ma al di là di queste osservazioni c'è anche l'aspetto relativo ai soggetti che ambirebbero a prendere il posto di Gorno Tempini. Nei corridoi di via XX Settembre, non risparmiando abbondanti dosi di ironia, sostengono che sarebbero in tantissimi a coltivare la speranza di insediarsi al vertice della Cdp. Una società, quella di via Goito, che per inciso ha una raccolta postale di 223 miliardi di euro, disponibilità liquide per 128 miliardi, un patrimonio netto di 15 e partecipazioni che ormai viaggiano oltre i 30. Insomma, è la società pubblica più importante, attorno alla quale ruotano tutte le principali partite economiche.

dario Scannapieco

Detto questo, un nome che circola con una certa insistenza, in queste settimane, è quello di Dario Scannapieco, attuale vicepresidente della Bei, la banca europea per gli investimenti. C'è chi sostiene che Scannapieco, un passato al dipartimento del Tesoro, avrebbe carte spendibili nella corsa a prendere il posto di Gorno Tempini. Innanzitutto conosce bene la Cdp, con cui la Bei effettua diverse operazioni. In più è stimato dal presidente della Bce, Mario Draghi, e dagli attuali vertici della Banca d'Italia. Cosa che potrebbe tornare utile proprio per addolcire i rapporti tra Cdp e palazzo Koch.

MARIO DRAGHI

Non più di qualche mese fa, infatti, la Cassa di via Goito è entrata nel mirino di via Nazionale per l'eccesso di partecipazioni acquisite rispetto al valore del patrimonio netto (30 miliardi circa rispetto a 15,6). Un profilo come Scannapieco, si dice, potrebbe servire a gestire proficuamente un rapporto che in passato ha anche visto momenti di attrito. Un altro che gradirebbe molto la poltrona di ad della Cassa è Alessandro Castellano, oggi alla Sace, che non fa mistero di ambire a quello scranno. Peraltro Sace, che si occupa di credito all'export, è da poco rientrata sotto il controllo della medesima Cdp.

Giovanni Bazoli Alessandro Castellano

La soluzione che però potrebbe prevalere, ma soltanto per prendere tempo, è quella di approvare il bilancio della Cassa e tenere aperta l'assemblea, in attesa che un governo possa assumere pieni poteri. Della fase di stallo potrebbe avvantaggiarsi proprio Gorno Tempini. Di certo Grilli scalpita affinché lo sbocco finale sia questo.

 

CICCIONE È BELLO: QUANDO SI DICE “TANTA ROBA” - ECCO LA CONFERMA CHE PER LA MODA LE MEZZE MISURE SONO IL MALE

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Da "Il Messaggero.it"

Pesare più di ottanta chili e guadagnarsi da vivere facendo la modella. In Germania è possibile. Non importa più essere bellissime e magrissime come Heidi Klum o Claudia Schiffer. Può bastare molto meno per realizzare il sogno di una vita.

MODELLE EXTRALARGE IN GERMANIA MODELLI EXTRALARGE IN GERMANIA

Silvana Denker per esempio ha 28 anni, è alta 1 metro e 77 e pesa 84 chili. Posa davanti all'obiettivo dei fotografi ed è felice delle sue forme. Der Spiegel online racconta che Silvana, quando aveva vent'anni, vide l'ago della sua bilancia sfiorare i 110 chili. Si sentiva grassa e insicura, finché non è riuscita a perdere 35 chili. Adesso lavora come modella e attrice. Quando va ai casting incontra ancora naturalmente colleghe dal corpo perfetto.

MODELLE EXTRALARGE IN GERMANIA

Ma adesso vede le cose da un'altra prospettiva. Se prima aveva dei dubbi su cosa fosse giusto fare, adesso pensa: «Perché dovrei dimagrire? Di recente ho dovuto addirittura ingrassare di cinque chili per un lavoro in Danimarca. Non ho alcun problema a mostrarmi in bikini - aggiunge - anzi, sono contenta di essere il modello delle donne normali».

MODELLE EXTRALARGE IN GERMANIA

Con le sue forme abbondanti infatti rappresenta benissimo la tipica donna tedesca e alcune aziende come le catene di supermercati Lidl o Bonprix hanno capito che promuovere i loro prodotti con uomini e donne nella media e non eccezionali conviene. Il cliente deve pensare: «Se questo vestito lo porta lei, posso indossarlo anche io».

MODELLE EXTRALARGE IN GERMANIA

Secondo lo studio "Size Germany" del 2009 la donna tedesca è ben lontana dalle misure da sogno 90 - 60 - 90, ma è piuttosto 98.7 - 84.9 - 102.9. E allora perché rincorrere un ideale impossibile? Molto meglio fare indossare i capi d'abbigliamento a uomini e donne normali come sono i loro clienti. Così si vende molto di più, devono pensare i grandi manager di Aldi, Lidl e Bonprix.

Questo ragionamento vale anche per gli uomini. Hans Peter Reichart ha 27 anni, è alto 1 metro e 84 cm e con i suoi 110 chili ha trovato un lavoro. Studia all'università di Norimberga, ma allo stesso tempo posa per le aziende leader nella grande distribuzione tedesca. Di sé dice: «Ho pensato di dimagrire, ma la cosa finirebbe per danneggiarmi: come modello Extra Large sono particolare, colmo un vuoto e non devo competere con chi ha gli addominali scolpiti».

 

BATTIATO RIBATTE SULLE BATTONE: “PARLAVO DEL PASSATO”

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1. BATTIATO: "PARLAVO DEL MERCIMONIO PASSATO, HO STIMA DEL PARLAMENTO ATTUALE"
COMUNICATO STAMPA - Prendo atto con dispiacere che il senso della mia frase, che ovviamente si riferiva a passate esperienze politiche caratterizzate da una logica da mercimonio offensiva della dignità delle donne, sia stato travisato e interpretato come una offesa al parlamento attuale, per il quale ho stima, o per le donne, o addirittura riferibile al parlamento europeo. Era evidente che il riferimento era a passate stagioni parlamentari che ogni italiano di buon senso vuole dimenticare. Stagioni caratterizzate dal malaffare politico, dal disprezzo per le donne e per il bene pubblico.

BATTIATO IN MAGLIONE ALL ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA

Dispiace, altresì, prendere atto che dopo un'ora e mezza di conferenza in cui abbiamo raccontato quello che stiamo facendo per ridare dignità e speranza alla Sicilia, sia passata una singola frase che ovviamente non poteva essere riferibile all'attualità.
Franco Battiato


2. MA PERCHÉ FRANCO BATTIATO SI È DATO ALLA POLITICA?
Francesco Maria Del Vigo per www.ilGiornale.it

battiato

Quanto ci piaceva il Battiato che cantava di dervisci rotanti, palome, cinghiali bianchi e mondi lontanissimi. Il cantante che con «voli imprevedibili» solleticava lo spirito senza precipitare nel burrone della musica che si piega all'interesse della politica.

BATTIATO IN MAGLIONE ALL ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA

Allora, al massimo, si faceva scrivere i testi dal filosofo Manlio Sgalambro e non si abbandonava a esternazioni che sembrano suggerite da Lucia Annunziata. «La destra italiana è una cosa che non appartiene agli esseri umani». Capito? Siete delle bestie. Se ne è uscito proprio così, Franco Battiato, a margine di un concerto a Parigi durante il tour promozionale del suo ultimo disco. La destra è disumana, aliena. Peggio che impresentabile. Anche lui si è dilettato nella nuova disciplina delle olimpiadi radical chic: l'insulto libero all'elettore di centrodestra. Anche lui è caduto nel solito complesso di superiorità di una sinistra che ha perso i contatti col mondo e non se ne riesce a capacitare.

SILVIOBERLUSCONI A RUOTA LIBERA

L'alfiere della rarefazione spirituale ha lanciato una corposa palata di fango sul centrodestra, su una parte del popolo italiano e inevitabilmente - anche su una porzione dei suoi ascoltatori. Cornuti e mazziati. Ma siamo proprio sicuri che il musicista siciliano sia sempre stato così caustico nei confronti della destra? No. Perché pecunia non olet, e l'erudito cantautore lo sa bene. Ora non perde occasione per propalare snobismo nei confronti dei «disumani» berluscones ma, per anni, non ha disdegnato i loro contratti e i loro soldi. Correva l'anno 2003 quando «Franco il mistico» venne ingaggiato da «Franco il Batman». Che non è un eroe dei fumetti e nemmeno uno di quei mistici anacoreti che punteggiano i versi delle sue canzoni.

BOLDRINI

Ma è proprio il «Francone» Fiorito che, molto pedestremente, distribuiva ostriche e champagne come fossero panini. Coi soldi della Regione, ovviamente. Fiorito allora era sindaco di Anagni e per celebrare il settecentesimo anniversario del celebre «schiaffo» organizzò una festa che, col senno di poi, faceva già presagire la nota megalomania che lo avrebbe trasformato in Batman. Il fiore all'occhiello dei festeggiamenti era il concerto di Battiato in piazza Vittoria. Ponti radio e maxischermi seminati in tutte le piazze di Anagni per diffondere le note del musicista catanese. Festa megagalattica e ingaggio stellare: «Il cachet superò i centomila euro», ricorda al Messaggero un assessore del tempo.

Sempre nel 2003, piena era berlusconiana con il Cavaliere saldamente insediato a Palazzo Chigi, Battiato saliva sul palco (ovviamente a pagamento) della festa di Alleanza nazionale alla palazzina Liberty di Milano. I postfascisti (paganti) non gli facevano schifo. Anzi, difendendosi dalle accuse di chi lo tacciava di essersi venduto al nemico, lui rilanciava con slancio: «Vado a cantare il mio repertorio (lo stesso che canto in tutte le occasioni) davanti a un pubblico che non va discriminato. Non sono solito chiedere la tessera di partito a chi viene ai miei concerti». Sacrosanto. Peccato che col succedersi degli esecutivi abbia spostato sempre più a sinistra il suo centro di gravità permanente.

Laura Boldrini article

D'altronde che le musiche del nasuto cantante fossero gradite al pubblico di centrodestra non è mai stato un mistero. Con i suoi richiami all'esoterismo di René Guénon, le citazioni nicciane e i suoi inni alla povera Patria «schiacciata dagli abusi del potere» (siamo in piena Prima Repubblica), Battiato sembrava essere uno dei pochi artisti che non si genufletteva al politicamente corretto. Flirtava con un immaginario caro anche alla destra e giocava sul filo dell'ambiguità. E a mischiarsi con gli «impresentabili» non ci vedeva nulla di male. Poi la svolta da cantante engagé, l'impegno politico e la gragnuola di dichiarazioni al vetriolo. Che stridono così tanto con il nitore di molti dei suoi versi.

Ma fino a qualche anno fa, per Battiato, non c'era nulla di disumano e i soldi delle amministrazioni di centrodestra avevano lo stesso profumo di tutti gli altri. Dalle volatilità dello spirito alla materialità del contante. Alla fine la sua profezia si è autoavverata: «Siamo figli delle stelle e pronipoti di maestà il denaro».

 

 

LE VITTIME FUORI DAL COMUNE DEL ROGO DI VIAREGGIO - IL COMMISSARIO MUNICIPALE NON SI PRESENTA IN TRIBUNALE

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1. VIAREGGIO: PROCESSO PER I 32 CARBONIZZATI MA IL COMUNE NON SI FA VEDERE - IL COMMISSARIO NEGA IL GONFALONE, I PARENTI DELLE VITTIME INSORGONO
Maria Vittoria Giannotti per "La Stampa"

RICORDO DELLE TRENTADUE VITTIME DEL ROGO DI VIAREGGIO

Un corteo composto e silenzioso, dove a parlare sono le foto di chi non c'è più. Nel giorno dell'udienza preliminare del processo per la strage ferroviaria di Viareggio, i familiari delle trentadue vittime, prima di entrare in aula, ricordano i loro cari con uno striscione.

RICORDO DELLE TRENTADUE VITTIME DEL ROGO DI VIAREGGIO

«Uccisi» è la scritta che campeggia sotto i volti sorridenti delle persone che la sera del 29 giugno del 2009 persero la vita nel rogo di via Ponchielli, la strada spazzata via dall'esplosione del carro cisterna che trasportava gpl. In molti hanno portato i disegni dei bambini delle scuole nel tentativo di rielaborare una ferita che la città, dopo quasi quattro anni, non può e non vuole dimenticare.

Strage Viareggio

L'udienza si è tenuta in uno dei locali del polo fieristico: il tribunale, che ha sede nel centro storico, non aveva spazi sufficienti per ospitare tutti. In sessanta hanno chiesto di costituirsi parte civile: tra questi, i parenti delle vittime ma anche la Presidenza del Consiglio, la Cgil (con il segretario Susanna Camusso), alcune associazioni come Medicina Democratica, la Regione Toscana, la Provincia di Lucca e il Comune di Viareggio. Ma ieri, in aula, non c'erano rappresentanti del Comune.

«Il commissario Domenico Mannino - spiegano dell'associazione di famigliari delle vittime - ci ha scritto per dirci che non sarebbe venuto per non urtare la Corte con la propria presenza, aggiungendo che ci è vicino con il cuore. È una vergogna, siamo rimasti a dir poco allibiti».

I legali dei trentadue imputati - tra cui l'ad di Ferrovie, Mauro Moretti, funzionari e vertici delle altre società del gruppo Fs, della proprietaria del convoglio, la Gatx, delle ditte di revisioni Cima e Jugenthal, tutti assenti - hanno chiesto tempo per esaminare le richieste: la decisione dei giudici è attesa per il 2 aprile quando riprenderà l'udienza.

Strage Viareggio

Non sono mancati i contrattempi anche sul fronte strettamente giudiziario: le posizioni di quattro società - Rfi, Trenitalia, Fs Logistica e Cima - e di un imputato, sono state stralciate per un difetto di notifica.Le difese hanno sostenuto di non aver ricevuto la mail con cui la procura avrebbe dovuto notificare la chiusura delle indagini. Per i magistrati ci sarebbe stato un accordo con i difensori in base a cui, quelli privi di posta certificata, avrebbero ricevuto semplici mail accompagnate da una lettera cartacea. Intanto il procuratore Aldo Cicala rassicura: «I tempi non si allungheranno».

Strage Viareggio

Le posizioni stralciate saranno riunificate agli altri imputati a fine maggio. Intanto accusa e difesa si scontrano sulle cause dello squarcio nella cisterna. Per i periti del gip, e per i consulenti di Fs, a provocarlo fu l'impatto con un componente indispensabile dello scambio. Per la procura fu lo scontro con un picchetto usato per la segnaletica, la cui pericolosità sarebbe stata sottovalutata da Fs.

2. LA MAMMA E IL PREFETTO DI FERRO TRA DOLORE E RAGIONE DI STATO
Pierangelo Sapegno per "La Stampa"

«Non dimenticherò mai la sua ultima telefonata. Mi disse: "Mamma, c'è stato un grande incendio, sono all'ospedale, ma sto bene". Da quella volta non l'ho più rivista sveglia». Si chiamava Emanuela Menichetti, aveva 21 anni. È morta per le ustioni riportate nella strage del treno merci 50325, esploso alla stazione di Viareggio il 29 giugno 2009, dopo più di quaranta giorni senza conoscenza.

L'unica immagine rimasta oggi è quella di una ragazza che sorride da una foto che sua madre, Daniela Rombi, non ripone mai e porta sempre con sé, anche adesso, davanti al polo fieristico di Lucca, a questo edificio così asettico, dove sta per cominciare il processo. Hanno messo uno striscione accanto al lenzuolo rettangolare steso sulla parete con il ritratto terribile di quella tragedia e di quell'incubo, uno striscione bianco con una scritta a caratteri cubitali: «Comune di Viareggio assente».

Strage Viareggio

Perché ci sono tutte le parte civili meno questa, ci sono tutti gli altri comuni vicini, c'è la Regione, c'è la Provincia, c'è persino la Presidenza del Consiglio dei Ministri attraverso l'avvocatura dello Stato, ma non c'è Viareggio. L'ha deciso Domenico Mannino, che da qualche mese è il commissario prefettizio di una città che era governata da Luca Lunardini del pdl, fino a quando non aveva perso i piezzi di qualche transfuga e del Fli, uscito di giunta. Domenico Mannino dice: «Io sono un uomo delle istituzioni, non potevo presentarmi lì con il gonfalone, per rispetto verso la Corte».

Daniela Rombi, la mamma di Emanuela, fondatrice dell'associazione dei familiari delle vittime «Il mondo che vorrei» dice che lo potrebbe anche capire: «Ma noi non meritiamo lo stesso rispetto?». Un uomo e una donna contro. L'ex prefetto e la madre. Il rispetto e il dolore.

Comincia così un processo già cominciato male, come ricordava prima di entrare in aula Roberto Pellegrini, 75 anni, scampato per miracolo a quella tragedia e a quelle fiamme: «Quattro anni per cominciare e poi quanti altri per avere un po' di giustizia? Cinque, sei anni? Non credo ne basteranno 10 alla fine. Ma qua ci sono tutte le foto dei morti e questi sono i fatti». Stanno lì, 32 foto, 32 facce, 32 vittime. Viareggio fu come colpita improvvisamente da una meteora esplosa alla stazione tra i vagoni con la cisterna di gas sul treno merci Trecate-Gricignano.

la strage di viareggio

Emanuela era in una casa vicino alla stazione e fu raggiunta fin lì dalle fiammate. Loro adesso sono qua «a sfilare silenziosi», dice sua madre Daniela. «Faremo di tutto perché questa tragedia non venga dimenticata né dai media né dalle giunte comunali. Non vogliamo vendetta ma giustizia, e un cambiamento di questo sistema marcio che ha fatto dei soldi la sua ragione d'essere anche a discapito dell'incolumità dei cittadini».

la strage di viareggio

Così qualche mese fa aveva già radunato tutte le parti civili per aggiornarle sul processo. Aveva chiamato il commissario Mannino e altri tre suoi collaboratori della giunta di Viareggio: ma non si era presentato nessuno. «Ci avevano detto tutti che avevano già degli impegni e si scusavano, ma non potevano. Vergogna e vergogna! Il commissario Mannino e i suoi si sono già dimenticati della strage?». Era il 3 settembre, quasi sette mesi fa, e Daniela Cambi aveva stilato un documento di condanna molto duro.

MAURO MORETTI IN AEREO

Mannino ha 66 anni, uomo del Sud, calabrese, eppure algido, prefetto di ferro in molte città della Toscana. Daniela Rombi è una donna carina, ancora giovane, che il dolore non ha indurito, ma quasi impietosito, nella passione e nella sua disperazione, per avere qualcosa che chissà se arriverà mai. In fondo, a modo loro, sono due personaggi persino letterari, così diversi e così distanti.

Lui spiega che «il gonfalone del Comune al processo non è un atto istituzionale. La tragedia che la città ha avuto non può essere portata nelle aule di un tribunale». È vero. Ma sembra la faccia dello Stato quando è dura. Chissà se mostrano la stessa faccia con i poteri che sbagliano. Lei non lascia mai la foto di sua figlia. Dice: «Ma noi chi siamo?». Già. Chi sono?

 

VADE RETRO PROF: MONTI FA INCAZZARE PDL E MONTEZUMA

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1. VADE RETRO PROF: MONTI FA INCAZZARE PDL E MONTEZUMA
Marco Galluzzo per "Il Corriere della Sera"

«Una vergogna, cacciamolo dal Senato, non è degno di essere senatore a vita, d'ora in poi nessun patto e nessuna alleanza possibile con lui e con il partito». Fulmini e saette. Era un nemico, prima. Da ieri è il professore diventato quello che Berlusconi è per mezzo Paese, una sorta di Male assoluto, il nemico numero uno.

MARIO MONTI E LUCA DI MONTEZEMOLO jpeg

Inizia Berlusconi, prosegue Alfano, a ruota vengono tutti gli altri: Brunetta, Matteoli, la Gelmini. Tutto il Pdl contro Mario Monti. Che ha fatto? Ha detto, anzi si è vantato, di non aver fatto vincere il Cavaliere: se non ci fosse stato lui, ha scritto nella sua lettera di ieri al Corriere, l'ex premier avrebbe vinto la Camera, forse l'intera tornata elettorale e si sarebbe preso persino il Quirinale.

Angelino Alfano

La rivendicazione non è piaciuta: «Cacciamo Monti dal Senato, Monti senatore a vita immeritatamente si dimetta», dice Berlusconi di primo mattino, letteralmente inviperito. Ma non è solo quello che ha detto il premier dimissionario al Corriere, Monti «ha fatto una figura vergognosa sulla vicenda marò, ha sbagliato tutto: hanno fatto tutto di testa loro. Non ci hanno chiesto nulla. Per questo si devono dimettere in gruppo».

Brunetta Renato


Il passaggio della lettera di Monti che brucia di più, in casa Pdl, è quello che Angelino Alfano interpreta in questo modo: «Lui ritiene, in sostanza, che sia scandaloso che noi possiamo partecipare alla formazione del governo e all'elezione del presidente della Repubblica». Conclusione, con Monti «mai più!», per di più dopo aver visto come ha gestito, con «gravissime responsabilità» la vicenda dei marò e la battaglia legale con l'India.

Benedetto Della Vedova


Concetto che Renato Brunetta riprende nel pomeriggio, alla Camera, poco dopo l'intervento sulle politiche europee del presidente del Consiglio: «Signor presidente del Consiglio dimissionario in carica per gli affari correnti, professor Monti, con una certa qual dose di masochismo mi sono imposto di ascoltarla bene quest'oggi, ma il suo dire è stato del tutto esoterico, incomprensibile, senza capacità di parlare alla gente, intriso di lessico europeo incomprensibile ai più». Conclusione: «Le abbiamo votato 55 fiducie e lei ci ripaga in questo modo».

Insomma dopo Alfano, anche Brunetta: «Con lei, mai più».
Di fronte a tanta invettiva Monti si schermisce: all'ingresso di Palazzo Madama gli viene chiesto cosa ha da rispondere a Berlusconi. «Non l'ho sentito», ovvero non ho letto cosa ha detto il Cavaliere e se lo avessi fatto non avrei voglia di commentare.


Fra le poche repliche, o difese, quella del capogruppo di Scelta civica, Lorenzo Dellai, diretta al collega del Pdl Renato Brunetta: «Sarebbe meglio se il capogruppo del partito che ha retto le sorti del Paese fino al 2011, anziché far ricorso alla dote del masochismo, facesse ricorso alla dote dell'umiltà e dell'assunzione di responsabilità verso il Paese».

LORENZO DELLAI


Una responsabilità che Bersani evoca nel suo messaggio al partito di Monti: «Noi non chiediamo a nessuno l'impossibile», chiediamo «a Scelta civica di avere un'intesa». Replica Benedetto Della Vedova: «Siamo disponibili a discutere di un esecutivo che abbia chiarezza sulle riforme e che abbia i numeri».

2. MONTEZEMOLO FRENA IL PROF: NIENTE BARATTI E GOVERNICCHI

Aria di crisi nel matrimonio (d'interessi) Monti-Montezemolo. Dalle parti del presidente della Ferrari c'è malcontento. E traspare chiaramente nell'editoriale non firmato, pubblicato domenica, sul sito dell'associazione (ItaliaFutura) che fa capo proprio a Montezemolo, e che alle elezioni politiche ha appoggiato Scelta Civica, salvo poi defilarsi almeno dopo lo scrutinio.

Critiche a viso aperto a qualsiasi ipotesi di «governicchio » a guida Bersani, contrapponendo la riflessione, che suona come un ultimatum, che all'Italia, soprattutto in questo momento, serve un «patto» chiaro con il Popolo della Libertà. Certo, in Scelta Civica un po' di confusione c'è.

Ciascuno sembra marciare per conto proprio. I due capigruppo, Mario Mauro (Senato) e Lorenzo Dellai (Camera), spiegano - in due interviste distinte e un po' criptiche - che l'ipotesi di sostenere un governo Bersani «non è una strada preclusa».

MARIO MAURO

ItaliaFutura teme sia per la solidità di un futuribile governo con numeri tanto limitati, che per le "voci" che danno per fatto un accordo con il Pd (a caccia di voti), per portare proprio il leader Mario Monti al Quirinale. Il monito del montezemoliani è netto: «Senza i voti di Scelta Civica il "piano A" di Bersani non potrà vedere la luce», avverte il sito ItaliaFutura.

Piuttosto, all'Italia serve un «governo di scopo» basato su un «trasparente patto politico con il Pdl e con altre forze disponibili». E indica anche i paletti indispensabili per questo governo che (se nascerà) sarà comunque a "tempo determinato": riforma della legge elettorale; taglio dei costi della politica; la fine del bicameralismo perfetto; il pagamento dei debiti della Pa. Insomma, «generici proclami» a parte, i supporter di Montezemolo esigono da Scelta Civica «una posizione più chiara e netta».

ItaliaFutura è intenzionata a dare battaglia, non solo in Parlamento - in attesa di formare un governo - ma dentro la coalizione, soprattutto temendo che il premier uscente, uscito sconfitto nella corsa per Palazzo Madama, punti oggi a barattare il pacchetto di voti del movimento per dare la scalata alla presidenza della Repubblica.

 

VI RICORDATE MPS? HA APPENA INCASSATO LA NOSTRA IMU -

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1. MPS ACCELERA SU DISMISSIONI E TAGLIO FILIALI - PROFUMO: «STOP ALLA CONFUSIONE, IN QUESTA BANCA C'È STATO UN PRIMA E ORA C'È UN DOPO»
Cesare Peruzzi per "Il Sole 24 Ore"

MUSSARI PROFUMO jpeg

A tre giorni dalla verifica dei conti 2012, che giovedì segnerà il definitivo cambio di rotta di Banca Mps, il gruppo senese incassa l'ennesimo punto a favore nella partita dei Monti bond, per vincere la quale sta accelerando la realizzazione del piano industriale presentato lo scorso giugno dall'amministratore delegato Fabrizio Viola e oggetto di un confronto con la Commissione europea che ha dato il via libera agli aiuti del Governo italiano.

ALESSANDRO PROFUMO E FABRIZIO VIOLA

Il Consiglio di Stato ha respinto ieri il ricorso presentato dal Codacons contro la sottoscrizione da parte del ministero dell'Economia dei cosiddetti Monti bond emessi a fine febbraio da Siena, per un importo di 4,071 miliardi, di cui 1,9 miliardi destinati a chiudere il vecchio prestito pubblico del 2009 (i Tremonti bond) e 171 milioni per consentire a Rocca Salimbeni di pagare gli interessi relativi al 2012 sugli stessi Tremonti bond.

La nuova finanza affluita nelle casse del Montepaschi è dunque pari a 2 miliardi, necessari a rafforzare il patrimonio di vigilanza e portare sopra il 9% l'indice Core Tier 1, come richiesto dall'Autorità bancaria europea (Eba) dopo lo stress test del settembre 2011. Sui Monti bond Siena paga in partenza un tasso del 9%, che aumenterà dello 0,5% ogni due anni, fino a un massimo del 15% e potrà far fronte all'impegno economico (interessi più patrimonio) anche emettendo azioni proprie.

Alessandro Profumo Fabrizio Viola

Con la bocciatura del ricorso del Codacons, il Consiglio di Stato presieduto da Giuseppe Severini conferma la decisione del tribunale di primo grado sulla sostanziale «carenza di legittimazione attiva» da parte dell'Associazione dei consumatori. La questione adesso torna al Tar del Lazio che, dopo aver respinto la richiesta urgente di sospensiva dei Monti bond, dovrà pronunciarsi anche nel merito (l'udienza è fissata il 3 aprile). Ma il Codacons non demorde e annuncia di voler scrivere al presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso. Intanto si rivolge a Beppe Grillo, leader del Movimento 5 stelle, perchè la questione sia affrontata in Parlamento.

MARIO MONTI E VITTORIO GRILLI jpeg

Rocca Salimbeni però guarda avanti. «Io e Viola ci teniamo a dire che c'è un prima e c'è un dopo: c'è un Monte dei Paschi che è vissuto fino al 27 aprile dell'anno scorso, e un altro che vive dal 28 aprile, come dimostra il fatto che nove consiglieri su dodici sono stati rinnovati», ha sottolineato ieri Alessandro Profumo, presidente di Banca Mps, a Palermo per il "Tavolo tecnico" sulla crisi d'impresa organizzato nella sede di Bankitalia. La doppia sfida del "Nuovo Monte" si chiama: risanamento e difesa dell'autonomia.

Il bilancio 2012, in approvazione dopodomani, dovrebbe essere l'ultimo in rosso (sconterà anche la perdita di 730 milioni provocata dalle operazioni strutturate finite nel mirino della magistratura). Già con l'esercizio in corso, infatti, Profumo e Viola puntano a tornare in territorio positivo: passaggio indispensabile per pagare in contanti gli interessi sui Monti bond (400 milioni circa), altrimenti lo Stato entrerà nel capitale della banca senese.

Il taglio dei costi, insieme alla riorganizzazione operativa già largamente fatta, è la principale leva su cui lavorano i vertici di Rocca Salimbeni. Alle uscite dei dipendenti (700 con la cessione di Biverbanca, 1.600 circa in prepensionamento volontario, 1.100 nel perimetro del back office destinato all'esternalizzazione e 100 dirigenti che hanno già lasciato), si aggiunge la vendita di altri asset in portafoglio, come le attività nel credito al consumo e nel leasing. O come l'alienazione di un portafoglio immobiliare valutato oltre 500 milioni.

PROCURA DI SIENA

Inoltre è prevista la chiusura di 400 filiali: cento già tagliate e altre 200 entro maggio.
«Con il 2012 ci lasciamo alle spalle l'emergenza», aveva commentato Profumo nelle settimane scorse riferendosi alla situazione del Montepaschi. E, anche se le «premesse per una ripresa economica nel secondo semestre in Italia sono un minimo problematiche», come ha puntualizzato ieri in Sicilia il banchiere genovese, Siena gioca la sua sfida proprio sul terreno del rilancio.

2. I PM DI SIENA SETACCIANO IL CANTON TICINO
Sara Monaci per "Il Sole 24 Ore"

GIUSEPPE MUSSARI CON IL SUO AVVOCATO FABIO PISILLO ALLARRIVO IN PROCURA A SIENA jpeg

Per l'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena i pm si preparano ad uscire dai confini nazionali. Prima tappa la Svizzera - più precisamente il Canton Ticino - dove per gli inquirenti locali sarebbe stato commesso il reato di riciclaggio da parte di qualche manager di Mps, in particolare dall'ex responsabile dell'area Finanza Gian Luca Baldassarri, in questo momento in custodia cautelare in carcere a Sollicciano (Firenze). In Svizzera le autorità avrebbero già effettuato dei sequestri per cifre consistenti, e della cui entità i pm senesi vogliono ora accertarsi.

Saranno i procuratori Aldo Natalini e Giuseppe Grosso a partire oggi per confrontarsi, subito domani, con i colleghi del Canton Ticino, a seguito di una rogatoria internazionale già inoltrata da settimane, inerente al filone di inchiesta sui prodotti derivati e strutturati sottoscritti da Mps negli ultimi dieci anni, su cui sarebbero stati realizzati profitti illeciti da parte di alcuni funzionari bancari e broker esterni, per i quali si ipotizzano i reati di truffa e associazione a delinquere.

GIANLUCA BALDASSARRI jpeg

Proprio Baldassarri, secondo le ricostruzioni della procura, sarebbe stato il capo della cosiddetta "banda del 5%", il vero e proprio organizzatore di un gruppo di esperti di finanza che nel tempo avrebbero fatto grosse "creste" sfruttando commissioni nascoste e triangolazioni con finanziarie nazionali e straniere.

Per ora gli indagati con questo tipo di accusa sono sei (di cui tre interni a Mps e tre broker esterni), ma il numero potrebbe crescere. Sotto la lente è finita anche la società Enigma (oggetto di indagine anche nella procura di Milano), ma già si ritiene che il giro delle società coinvolte potrebbe allargarsi.

mps

A Baldassarri sono già stati sequestrati circa 20 milioni nel mese di febbraio per mezzo di un paio di operazioni eseguite dalla Guardia di finanza, che ha messo i lucchetti a circa 46 milioni appartenenti a vario titolo ai 6 indagati. Non si sa ancora a quanto ammonti la cifra riconducibile a Baldassarri in Svizzera, ma sembra si tratti di diversi milioni. Dei suoi 20 milioni sequestrati, molti erano stati fatti rientrare in Italia con lo scudo fiscale. Strumento peraltro molto utilizzato, negli stessi momenti, da alcuni funzionari dell'area Finanza di Mps, cosa che farebbe pensare, secondo gli inquirenti, ad una vera e propria organizzazione.

montepaschi siena sede

Oltre alla Svizzera, la rogatoria internazionale riguarderebbe anche altri paesi, come il principato di Monaco e il Liechtenstein, dove Baldassarri sarebbe nuovamente accusato di riciclaggio. Di quanto avvenuto in questi due Stati i pm si occuperanno in un secondo momento: per ora la priorità è la Svizzera, dove probabilmente sono stati commessi i reati più gravi, peraltro in più cantoni.

PALAZZO SPADA - CONSIGLIO DI STATO

Il pm Antonio Nastasi, intanto, rimarrà a Siena ad approfondire i nuovi scenari emersi dal primo dossier su Mps, relativo all'acquisizione di Antonveneta dal Santander per 9,3 miliardi, all'interno del quale si ipotizzano principalmente i reati di ostacolo alla vigilanza, falso in prospetto e manipolazione del mercato.

 

 

LA “E-DEMOCRACY”? SARÀ VOTARE UNA LEGGE CON L’IPAD SEDUTI SULLA CESSO

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Glauco Benigni per Dagospia

Il lento ma inesorabile percorso della Specie Umana continua. In questa stagione la conoscenza transmuta: dal mondo materico/analogico al mondo digitale. E in molti modi, le relazioni tra gli umani, che prima sottostavano totalmente alle leggi di Newton e alle certezze divulgate dai Media mainstream, si avviano a sottostare "anche" alle leggi di Heisenberg ... Dalle verità delle Costituzioni rivelate si passa all'Indeterminazione e all'Interpretazione dei Trattati e dei Mercati Internazionali "dimostrati".

La proiezione verso la smaterializzazione del denaro, delle relazioni fisiche e delle rappresentanze, favorisce (per alcuni) il salto quantico. Nonostante l'avidità e la stupidità dilaghino in forme oscene ... l'evoluzione continua. OK dunque : tutto va per il meglio nel peggiore dei mondi possibili.

IL CONTROLLO SU INTERNET

Nel nostro Bel Paese, in queste settimane, a seguito delle performances del Movimento 5 Stelle, in parte ispirate alle pratiche del Partito Pirata, chi ha voluto si è reso conto che la E-Democracy o Democrazia Liquida Interattiva, ha smesso di far capolino dietro l'angolo della Storia e bussa alla porta della Cronaca. Produce "mutanti politici" che prendono posto sugli scranni delle Camere e delle Commissioni.

Qualcuno, nei recenti anni passati: il Partito Pirata svedese prima di tutti e in seguito altri, e tra questi Grillo-Casaleggio, hanno sperimentato una metodologia, nota come "Liquid-feedback", per organizzare la Rappresentanza e la Linea Politica in rete. Una pratica, per molti aspetti evoluta, che avviene "a distanza" gli uni dagli altri. Una pratica che si realizza senza muoversi dalla propria tastiera-schermo.

Una pratica , pertanto, non più analogica/biologica; non più fatta di sguardi, voci, vacanze insieme, legittimi impedimenti, sudore, seduzione-mazzetta-voto su cartoncino ...etc , ma una pratica silenziosa, idealmente trasparente, non troppo condizionata dai 5 sensi... non "volutamente anonima", ma comunque anche un po' anonima: iscrizione a blog, tastiera, schermo, mouse, touchscreen, leggi, proponi, commenta, click ... attendi.

Un'esperienza anche sofferta, per quello che abbiamo potuto capire, perché la sua realizzazione oscilla tra il massimo vantaggio della libertà di espressione teorica e il massimo svantaggio della sua organizzazione pratica. Una pratica che però favorisce la velocità dei confronti multipli e delle misurazioni di tendenze.

E la Velocità è senza dubbio uno dei punti chiave dell'approccio digitale al Futuro. Come lo fu per la nascita di Nasdaq: la prima Borsa di Titoli che avviò le contrattazioni on line
Una pratica inoltre in grado di manifestarsi "anywhere-anytime" ... cioè tale da poter esprimere consenso-dissenso dal bar, dal proprio bagno, sotto l'ombrellone ... con il tablet o lo smartphone fremente nelle mani di Colui-Colei che, fra l'altro, può essere a sua volta Delegato da Altri.

Come a Nasdaq si delega la compra-vendita di titoli al broker telematico!
Osservando tutto ciò ho visto improvvisamente Luci ed Ombre del Futuro ( cioè domani) proiettarsi sulle Grandi Assemblee, come si proiettarono sulle grandi "assemblee" che di fatto erano state Wall Street o il London Stock Exchange. Ho visto tendere a zero, in progress, il vociare dei Parlamenti, le strizzate d'occhio, le pacche sulle spalle, i "pizzini" e i gesti rituali, come nella Sala grida delle Borse che esistevano prima delle contrattazioni telematiche.

FLUSSI INTERNET

SI'! Credo di sì. In sostanza, prima o poi (presto) varranno la Rappresentanza e la Manifestazione del Consenso-Dissenso in quanto espresse da sterminate Assemblee permanenti che sono potenzialmente allocate nelle pieghe della Grande Rete. Siamo agli albori di una nuova Era. Le piazze sono fatte di terabytes , gli applausi e i fischi viaggiano su Wi-Fi (quando c'è).

Già Avaatz, per esempio, (grazie a quel furbone di George Soros e ai suoi finanziamenti) in qualche modo esercita una Pressione di Gruppo su diversi Parlamenti. Già in alcune aree del Pianeta si accetta il voto espresso attraverso accounts certificati e auspicabilmente noti... ma Domani, un domani che è già Oggi, le leggi degli Umani verranno confezionate online.

Confezionate on line significa: con sintesi ottenute nei Fora dei bloggers e delle Comunità, nell'instancabile flusso dei twittings e delle e-mails. La Convergenza di tutte queste manifestazioni digitali sta sostituendo, l'arcaico "incontriamoci" , "confrontiamo i testi" ; la sua potenziale velocità e ubiquità sta generando il nuovo volto della Politica, come la Convergenza della offerta-domanda digitalizzata ha generato il nuovo volto e valore della Finanza .

INTERNET

Ecco perchè mi piace sollecitare questa riflessione : come Nasdaq ha modificato Wall Street e (dal 1985 al 2008 ) la finanza tutta , la formazione della Rappresentanza online modificherà i Parlamenti e (probabilmente) la Politica tutta.
C'è pericolo di "virtualità" ? Di "volatilità" ? Sì ... e questo è un aspetto sul quale bisogna riflettere tutti insieme.

Nella prima fase di Nasdaq, alla loro prima collocazione in Borsa (IPO - Initial Public Offering), i titoli delle società ".com" godevano di un'esaltazione dovuta all'interesse generalizzato per il nuovo clima digitale e realizzavano, nel primo giorno, valori che in qualche caso hanno raggiunto +600%.

INTERNET

I Guai cominciavano il giorno dopo, quando chi aveva "collocato" e chi aveva comprato, voleva realizzare immediati profitti...e tutti vendevano. Al Partito Pirata tedesco è successo così. Grande botto all'esordio e poi flessione. Alla nuova star dei "titoli politici", Movimento.5S, collocata recentemente nel caotico flottante del Parlamento Italiano come andrà?

Luci ed ombre dicevamo. Come sempre Yin e Yang si confronteranno. I senza Etica, A-morali si approprieranno del nuovo modo di fare leggi ? Chi non studia, non agisce e non sorveglia il Bene Comune subirà la seduzione dei Gestori del Futuro Digitale?

 

 


ZAGREBELSKY HA UNA PENSIONE D'ORO PIU' ALTA DI QUELLA DI AMATO

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1- Toh chi si risente, Ciccio Siniscalco: dopo la "fuga" precipitosa dell'ultima volta col governo Berlusconi, Mimmo si agita per ritornare a fare il ministro del Tesoro...

claudio siniscalco

2- Qualcuno dica al Ministro tecnico Enzo Moavero che il disbrigo degli affari correnti non e' gestire la crisi politica e di identita' in cui sprofonda Monti e la sua Scelta Civica. Al ministero delle Politiche Comunitarie c'e' chi giura che dal voto non lo si vede mai.

3- Pare sarà Daniele Capezzone, ex Presidente della Commissione Attivita' Produttive radicale oggi portavoce del Pdl, ad essere indicato Presidente della Commissione di Vigilanza Rai direttamente da Silvio Berlusconi. Ruolo che spetta all'opposizione ma chissa' se grillini e montiani la pensano allo stesso modo e soprattutto se Brunetta questa volta riuscira' a far convergere almeno tutti i voti del Pdl...

MARIO MONTI E ENZO MOAVERO

4- Oltre Tevere dopo l'incontro tra Papa Francesco e Papa Benedetto, volto teso per il Cardinale Piacenza ma tutti i bertoniani di piu' stretta osservanza pare avessero l'aria un po' depressa.

5- Maurizio Migliavacca, deputato Pd e braccio destro di Pierluigi Bersani ha detto ai suoi piu' stretti collaboratori che la composizione governativa sara' talmente nuova e improntata al cambiamento nei nomi e nei profili che non si puo' non avere la fiducia...in effetti la speranza e'l'ultima a morire

RENATO BALDUZZI

6- Il Ministro tecnico della Sanita', Renato Balduzzi, quello della vicenda "staminali per Sofia" risulta cattedratico al "Campus Opus Dei" Biomedico di Trigoria.

DANIELE CAPEZZONE - copyright Pizzi

7- I grillini si sono accorti che Zagrebelsky ha una pensione d'oro piu' alta di quella di Giuliano Amato e per la scelta del Colle non sanno piu' che pesci prendere....

8- Avvisate De Bortoli che è andato in stampa il libro-intervista di Bisignani (con Paolo Madron); un capitolo è dedicato interamente al suo ritorno al Corriere e non le gli farà per nulla piacere...

9- La Ventura ha appena girato uno shooting a Miami per la copertina del settimanale ‘A'. Costo della sola trasferta: 12 mila Euro. Ma non e' una testata in vendita di una casa editrice in crisi?

veltroni11 gustavo zagrebelsky

10- Presentata a Roma l'edizione 2013 della Coppa d'Oro delle Dolomiti. Ad aprire le iscrizioni, il Presidente del CONI Giovanni Malagò insieme ad Alessandro Casali, Presidente della Coppa. La corsa d'auto d'epoca si svolge ogni anno il primo weekend di settembre (dal 29 agosto al 1° settembre) partendo da Cortina d'Ampezzo.

11- Corriere.it - Vito Crimi, 40 anni, capogruppo 5 Stelle al Senato, si concede un momento di relax a Palazzo Madama durante l'informativa del premier Monti sul Consiglio europeo del 14 e 15 marzo. Crimi aveva ironizzato sul capo dello Stato dicendo che «Grillo aveva tenuto sveglio Napolitano» durante le consultazioni al Quirinale. La foto del suo pisolino adesso sta facendo il giro dei social.

Ferruccio De Bortoli

VIDEO - FIORELLO "DOPPIA" CRIMI: "NON DORMIVO, ERA TELEPATIA CON CASALEGGIO"
http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=qKgwQXYzr1g

LUIGI BISIGNANI

12- Romana Liuzzo per "Il Giornale": Cenetta di sushi tra il ministro uscente, Elsa Fornero, che passerà alla storia per aver creato la categoria degli esodati, e la giornalista Maria Latella. Ad entrare da Hamasei, ristorante giapponese tra i più costosi della capitale, pri­ma la conduttrice di SkyTg24 , poi la responsabile del Lavoro, con calze coprenti e mez­zo tacchetto stile Psyco. E via con il pesce crudo.

SIMONA VENTURA AL CONVEGNO DI A SULLA TELEVISIONE

13- Romana Liuzzo per "Il Giornale": A volte ritornano. Dove? Alla Galleria Alberto Sordi. In un ristorante pubblico, assai frequentato ad ora di colazio¬ne, ma nella saletta riservata si potevano vedere chiara¬mente Piero Marrazzo, gior¬nalista, ex presidente della Re¬gione Lazio, piombato nello scandalo trans-coca, e Paolo Naccarato, ex uomo di Cossi¬ga, senatore della Lega Nord. Un ritorno al passato?

GIOVANNI MALAGO' E FRANCESCO TOTTI

14- Romana Liuzzo per "Il Giornale": Destra e sinistra si ritrova¬no davanti a un piatto di mal¬loreddus e pane carasau. Gli ultimi due che ti immagini di incontrare insieme a cena so¬no la direttrice del Tg3, Bian¬ca Berlinguer e il senatore Pdl Gaetano Quagliariello. Que-st'ultimo, forse non a caso, aveva detto: «Serve un gover¬no di scopo Pd- Pdl per evitare la rovina dell'Italia». Almeno a tavola obiettivo raggiunto.

15- Carlo Rossella per "Il Foglio" - Grande preoccupazione nei salotti sontuosi degli aristocratici papalini per le imminenti riforme della curia. Già il tempo felice di Benedetto XVI appare lontano. Ora: libert, égalité, fraternité e pure molta frugalité.

 

BLATTER ATTACK! SFIDA A PLATINI PER LA GUIDA DELLA FIFA

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Fabio Monti per "Il Corriere della Sera"

SEPP BLATTER

Erano amici. Appunto: erano. L'8 giugno 1998 il cartello fra Joseph Blatter, allora segretario della Fifa e Michel Platini, co-presidente del Mondiale francese, aveva prodotto l'elezione dello svizzero alla guida della Federcalcio mondiale, come successore di Joao Havelange.

Lo svedese Johansson, presidente dell'Uefa, era uscito sconfitto e Blatter aveva restituito il favore nove anni più tardi, quando il 26 gennaio 2007 aveva sponsorizzato la candidatura di Platini alla presidenza Uefa, ancora in alternativa a Johansson (era in carica dal 1990).

platini michel

Il 1° giugno 2011, a Zurigo, durante il congresso della Fifa, Blatter, assediato dagli oppositori, insieme con i membri dell'Esecutivo, al punto che era stato richiesto il voto segreto, con le schede (e non quello elettronico, 183 voti su 203), aveva lasciato intendere in modo esplicito che, esaurito il suo quarto mandato nel 2015, avrebbe lasciato la guida del pallone.

Da quel momento, aveva preso quota la candidatura di Michel Platini, che pure nel 2011 aveva sostenuto il presidente in carica con tutta l'Uefa. Il 2015 si avvicina e i propositi di abbandono di Blatter hanno cominciato ad essere sempre più vaghi, fin quasi ad evaporare.

In contemporanea, ha avviato una campagna di insolita durezza contro Platini e contro la politica Uefa. Il primo: Euro 2020. «Bisognerà cambiare nome ad un campionato d'Europa con partite sparse in 13 Paesi diversi. È una manifestazione senza cuore e l'idea non è nemmeno nuova. Un giorno il colonnello Gheddafi mi aveva proposto che la Coppa del mondo 2010 fosse giocata in tutta l'Africa con finale a Johannesburg». Il secondo: l'aiuto tecnologico sulla linea di porta (19 marzo). «Tutti, anche gli arbitri, vogliono la tecnologia.

BLATTERe

Tutti, tranne Platini. Se è il solo a non volerla, il problema diventa suo. I rigori e il fuorigioco passano, ma quando non si dà un gol che c'è come è accaduto nel 2010, l'errore non si cancella più». Il terzo: gli arbitri di porta (19 marzo). «Non servono a decidere se c'è o non c'è un gol. Si continua a sbagliare, perché il gioco è troppo veloce. Piacciono a Collina, un ex arbitro italiano che lavora per l'Uefa».

Platini non ha perso tempo e ha risposto attraverso L'Equipe. Su Euro 2020: «Sarà l'Europeo per eccellenza, perché per la prima volta si giocherà in tutto il continente. Il progetto è stato approvato da 52 delle 53 federazioni», con l'eccezione della Turchia che voleva organizzare da sola la rassegna. «Non sono sicuro che Gheddafi abbia agito proprio in questo modo.

platinì verzone

Al contrario, penso che noi siamo un modello di governance. Tutti i nostri principali programmi, come Euro 2020 o il fair play finanziario, sono il risultato di dialogo approfondito e di una decisione collegiale presa da tutti i soggetti coinvolti». Sulla tecnologia sulla linea di porta: «Se volessi introdurla in Champions League ed Europa League, l'Uefa dovrebbe spendere 54 milioni in 5 anni. Preferiamo investire questo denaro per lo sviluppo del calcio».

E gli arbitri d'area? «È stato Blatter ad autorizzare questo sistema...», frase riferita alla decisione presa dall'International Board nella riunione straordinaria del luglio 2012. Sul Mondiale 2022 in Qatar. Blatter ha confermato tre giorni fa che si giocherà, in estate, «perché questo ha votato l'Esecutivo nel 2010». Platini, che lo vorrebbe in inverno, ha replicato: «D'estate, con 50 gradi, è impossibile giocare a calcio».

Blatter

I due si sono trovati alla riunione dell'Esecutivo di giovedì. Per ora Blatter è riuscito a congelare la proposta di ispirazione Uefa di arrivare a stabilire la durata del mandato presidenziale e l'età massima (72 anni): «Questione delicata; ne discuterà il congresso» (31 maggio, Mauritius).

Ma la sintesi è chiara. Blatter non ha nessuna intenzione di uscire di scena. Se viene eletto Platini, per lui è finita; se riesce a farsi confermare o a indebolire il francese, al punto che il congresso del 2015 punti su un altro candidato, a lui fedele, l'avventura continua. Platini non ha ancora sciolto la riserva sulla sua candidatura, ma l'atteggiamento di Blatter ne sta raddoppiando le energie.

 

GHEDDAFI

PIAZZA AFFARI IN CALO (-0,95%) - FMI: “LA FINANZA ITALIANA È RESISTENTE MA NON IMMUNE DA RISCHI

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1 - BORSA: ANCORA VENDITE SU MILANO E MADRID, BANCHE NEL MIRINO
Radiocor - Ancora vendite sui listini periferici con Milano e Madrid che cedono rispettivamente lo 0,95% e l'1,8% mentre le principali Borse continentali sono leggermente positive. Su Piazza Affari, oltre ai recenti timori di un nuovo downgrade dell'Italia da parte di Moody's pesa anche l'attesa del rapporto del Fondo monetario sulle banche italiane. La peggiore a Milano e' comunque Telecom Italia (-5,4%), penalizzata da report negativi di Barclays e Merrill Lynch e da un rifinanziamento del debito da 4 miliardi che, secondo indiscrezioni, e' avvenuto a condizioni piu' onerose.

IL DITO MEDIO DI CATTELAN ALLENTRATA DEL PALAZZO DELLA BORSA A MILANO

In profondo rosso le banche come Bper (-3,8%), Ubi (-3%) e Mps (-2,8%) mentre Bpm (+1,4%) fa eccezione grazie all'accelerazione impressa ieri dal cdg alla trasformazione in spa. Tra i titoli positivi anche Pirelli (+1,5%), grazie alle promozioni degli analisti, e Parmalat (+1,3%) che recupera dopo il passaggio a vuoto seguito al bilancio 2012. Sul mercato valutario l'euro si attesta a 1,285 dollari mentre il petrolio guadagna lo 0,57% con il Wti che si attesta a 95,37 dollari.

2 - BORSA: ATENE CHIUDE IN FORTE RIBASSO (-4,90%)
(ANSA) - La Borsa di Atene ha chiuso oggi in forte ribasso, registrando un -4,90%, con l'Indice Athex a 884,94 punti.

CHRISTINE LAGARDE

3 - BORSA: MADRID CHIUDE IN CALO DELLO'1,84%
(ANSA) - La Borsa di Madrid ha chiuso in calo dell'1,84%, con l'indice Ibex sceso sotto gli 8.000 punti, a 7.990,50.

4 - PORTOGALLO CHIEDE ESTENSIONE SCADENZE PRESTITI UE
(ANSA) - Il Portogallo ha chiesto all'Eurogruppo di allungare le scadenze dei prestiti accordati a Lisbona. Lo ha detto il ministro delle Finanze portoghese Vitor Gaspar a Washington - riferisce Bloomberg - aggiungendo che una estensione del debito consentirebbe al Portogallo di riprendere le emissioni di titoli di Stato decennali.

Mediaset

5 - FMI: FINANZA ITALIA RESISTENTE MA NON IMMUNE DA RISCHI
(ANSA) - Il sistema finanziario italiano ha mostrato una "notevole resistenza" ma "anche se stabilizzato non è immune ai rischi", quali la "continua debolezza dell'economia reale e il legame fra il settore finanziario e il quello sovrano". Lo afferma il Fondo Monetario Internazionale (Fmi)

6 - FMI: FORTE POSIZIONE CAPITALE BANCHE ITALIA
(ANSA) - I risultati preliminari degli stress test suggeriscono che il sistema bancario italiano nel suo complesso sarebbe in grado di resistere sia in uno scenario di shock mirati sia in uno di protratta crescita lenta, "grazie alla forte posizione di capitale delle banche e alla liquidità della Bce". Lo afferma il Fondo Monetario Internazionale (Fmi).

Fulvio Conti

7 - MEDIASET: PERDITA 2012 DI 235 MLN, NESSUN DIVIDENDO
(ANSA) - Nel 2012 Mediaset ha accusato la prima perdita dalla sua quotazione in Borsa nel 1996: il rosso é di 235 milioni, con un forte impatto delle svalutazioni. In frenata i ricavi a 3.720 milioni (-12%). Come previsto dagli analisti non sarà distribuito dividendo, ma il gruppo "guarda al futuro con buone prospettive di redditività".

8 - ENEL: CONTI,NON VENDEREMO ASSET ENDESA E GREEN POWER
(ANSA) - "La risposta è no, nessuno dei due". Così l'ad di Enel Fulvio Conti, a margine della presentazione della Fondazione Enel all'Europarlamento, ha risposto a chi gli chiedeva se Enel intendesse vendere gli asset in Endesa e Enel Green Power.

MONICA MONDARDINI

9 - CIR: MONDARDINI ENTRA IN CDA SORGENIA, PRONTA ANCHE PER SOGEFI E KOS
Radiocor - Monica Mondardini e' pronta a entrare in tutti i cda della galassia De Benedetti in virtu' dell'imminente nomina ad amministratore delegato del gruppo Cir, che avverra' a fine aprile. L'attuale numero uno de l'Espresso, secondo quanto risulta a Radiocor, e' stata recentemente cooptata dai cda di Sorgenia (e della sua controllante Sorgenia Holding) in sostituzione dell'ex dg di Cir, Gerardo Benuzzi.

Nelle prossime settimane, la Mondardini entrera' inoltre nei consigli di Sogefi e di Kos a valle delle rispettive assemblee di approvazione del bilancio. L'appuntamento piu' importante resta comunque quello del 29 aprile, quando l'assemblea di Cir sancira' la nomina di Rodolfo De Benedetti a presidente esecutivo del gruppo: un passaggio legato alla recente decisione di Carlo De Benedetti di lasciare il controllo del gruppo ai tre figli Rodolfo, Marco ed Edoardo. Il cda successivo all'assemblea vedra' la nomina della Mondardini ad amministratore delegato.

 

GIÙ LE MANI DAI CONTI CIPRIOTI! VE LO DICE DE BENEDETTI - ANCHE CDB SE LA PRENDE CON LA MERKEL PRE-ELETTORALE

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Carlo De Benedetti per "Il Sole 24 Ore"

CARLO DEBENEDETTI

È senz'altro un bene che l'accordo finale su Cipro non contempli il prelievo sui depositi bancari sotto i 100mila euro, ma non basta questo ripensamento a diradare la nebbia del dubbio su come è stata gestita questa crisi e sulla stessa soluzione che alla fine è stata individuata. Trovo quanto meno bizzarro che dopo aver immesso centinaia di miliardi di euro nella crisi greca, l'Unione europea e il Fondo monetario internazionale abbiano di fatto negato a Cipro un intervento da 10 miliardi, a meno di un prelievo forzoso sui conti correnti.

Carlo De Benedetti

Un diktat assurdo, anche in considerazione del fatto che proprio il collasso greco è stato la causa principale delle difficoltà delle banche cipriote, che avevano largamente investito nel Paese ellenico dopo l'ingresso nell'euro nel 2008. Cipro, in qualche modo, è vittima della Grecia e, soprattutto, dei falliti tentativi da parte della trojka di evitare lo scivolamento di Atene verso il disastro. Certo Cipro non è la Grecia, per dimensioni, peso politico, Pil. È stato notato che la Cina crea, in termini di prodotto, una Cipro ogni settimana. Ma la crisi di questa piccola isola può avere effetti non meno gravi sul sistema dell'euro. Vanno sempre ricordate le origini della grande crisi finanziaria di questi anni.

CARLO DE BENEDETTI

Quando nel giugno 2007 falliscono due piccoli hedge fund di Bear Sterns che investivano in real estate, pochi capiscono quello che sta per succedere. Nove mesi dopo, però, nel marzo del 2008, salta Bear Sterns e dopo altri sei mesi tocca a Lehman Brothers. La crisi diventa in breve tempo sistemica. È l'esempio di come piccoli eventi possono produrre, con il diffondersi della paura, danni molto più estesi. È con questa consapevolezza che bisogna guardare al caso di Cipro. Nel cuore della crisi che stiamo vivendo, diffondere incertezza circa la capacità delle banche di restituire i depositi può produrre danni generalizzati e molto ampi.

Cipro-dice-no-al-prelievo-sui-depositi

Non è un caso che negli Stati Uniti e in Europa siano previste assicurazioni per i correntisti, rispettivamente fino a 250mila dollari e a 100mila euro. «Safe» and «sound» sono le parole che spesso si usano per attirare i depositi. Cosa può accadere se i risparmiatori e le imprese capiscono che quei depositi non sono più né «safe» né «sound»? Negli Stati Uniti la Fed in questi anni ha sempre enfatizzato la sicurezza dei depositi. Dopo il collasso di Lehman il governo federale ha offerto un'assicurazione speciale su tutti i depositi, senza soglie massime e senza interessi. Immaginate solo cosa succederebbe se negli Usa o in uno qualunque dei principali Stati europei si diffondessero rumors su un prelievo del 10% sui depositi.

PROTESTE A CIPRO - CIPRO NON E' IN VENDITAgrecia

La corsa agli sportelli sarebbe inevitabile, le banche chiuderebbero per giorni, imprese e famiglie cesserebbero di fare pagamenti. Il collasso per tutta l'economia occidentale sarebbe immediato. Se questo è il rischio, perché i leader europei, dopo aver speso una fortuna in altri salvataggi, nel caso di Cipro non mollano l'ipotesi della tassazione dei depositi, seppure con una soglia più alta rispetto alle prime ipotesi? C'è certamente la comprensibile volontà di far pagare anche chi, da fuori dell'Europa, ha sfruttato con disinvoltura questo piccolo paradiso fiscale in zona euro (ricordiamo sempre che a Cipro i depositi sono arrivati a 93 miliardi di euro, otto volte il Pil, e appena un terzo fa capo a soggetti residenti).

Protesta di Pensionati e studenti greci Atene Crisi Grecia

Comprensibile, certo, ma allora qualcuno dovrebbe spiegare come è stato possibile tollerare che si sviluppasse un paradiso fiscale, utile a ogni riciclaggio, nel cuore dell'Europa. E qualcuno dovrebbe anche giustificarsi per i ritardi nell'Unione bancaria, con il suo corollario di mancata vigilanza e regole comuni. Ma la verità è che dietro quella scelta c'è ancora una volta il prevalere degli interessi nazionali sulle convenienze comuni, le Nazioni prima dell'Europa.

lehman brothers

C'è la scarsa lungimiranza di chi in Germania, vedendo avvicinarsi le elezioni, vuole dare segnali di intransigenza al proprio elettorato. Cosa di meglio, allora, che mostrarsi severi con la piccola Cipro, con i suoi poco graditi ospiti russi? E tuttavia dare il messaggio che in Europa i depositi non sono sicuri, significa giocare con il fuoco. Soprattutto in Paesi come il nostro e come la Spagna, che già vedono sistemi bancari in grande sofferenza, l'impatto può essere disastroso.

merkel-mangia

E non ci sarebbe riparo, a quel punto, in nessuno dei paesi dell'euro. Il mondo ha bisogno di sapere che per il risparmio c'è almeno un luogo sicuro. Se non vogliamo pensare che quel luogo sia il materasso di casa, almeno sui depositi dobbiamo mettere uno scudo sicuro.

P.S.: Nessuno ci ha detto quando e se a Cipro verrà ripristinata la libertà di movimento di capitali.

 

DIETRO IL DUELLO CON TRAVAGLIO, C’È LA GUERRA GRASSO-CASELLI

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Filippo Facci per "Libero"

Grasso santoro

Il «duello» Travaglio-Grasso, nel caso, sarebbe solo l'eco lontana di scontro vecchio e soprattutto risolto. L'ha già vinto Grasso, ma non contro Travaglio che è solo un tardivo portavoce: contro le vedove caselliane che a partire dal 1999 sono state sconfessate nella politica e nei tribunali.

Si parla di un'area a cui Ottaviano Del Turco, da presidente dell'Antimafia, nel 2003, attribuì la velleità di «rileggere tutte le vicende del dopoguerra come un unico disegno criminale dentro a cui stanno bombe, terrorismo, brigate rosse, mafia, gladiatori, la Cia, e naturalmente, da ultimo, Berlusconi che si aggira con valigette piene di bombe al tritolo».

grasso pietro

Pietro Grasso, invece, in un'intervista sempre del 2003, parlò di «persone identificabili in una determinata area culturale e politica che si è sempre distinta per l'aggressività e il cinismo con cui attacca chi non condivide una certa visione della giustizia e dei problemi connessi. Neppure Giovanni Falcone si salvò da questi schizzi di fango».

Presidente del Senato Pietro Grasso

L'area culturale e politica, a Palermo e nei vari avamposti, è quella di Magistratura democratica e della varia «antimafia piagnens». Pietro Grasso è di Licata. A 14 anni giocò nella Bacigalupo allenata dal 17enne Marcello Dell'Utri e questo è il tratto più malizioso che lo riguarda. Era già magistrato a 24 anni (un «plasmoniano», si diceva all'epoca) e si ritrovò subito a rischiare la pelle nel giudicare il maxiprocesso a Cosa Nostra: 400 boss in un dibattimento istruito dal pool di Falcone e Borsellino.

Gian Carlo Caselli

Lui scrisse le motivazioni (8000 pagine) aiutato da uno stormo di giovani uditori tra i quali c'era Antonio Ingroia. Fu consulente della commissione Antimafia e vicecapo agli Affari penali ancora con Falcone. Poi, dopo anni alla Procura nazionale antimafia con Pierluigi Vigna - periodo in cui progettarono di ucciderlo - nel 1999 fu nominato Procuratore capo a Palermo e andò a rappresentare una netta discontinuità con Giancarlo Caselli e i vari Ingroia di complemento. Secondo Travaglio, ciò coincise con una «normalizzazione» della procura.

Carlo Leoni e Giancarlo Caselli

SISTEMI CRIMINALI
Il che è vero. Grasso, che era della corrente di Movimento per la giustizia (quella di Falcone) fece fuori i caselliani uno alla volta. Tra questi, fermandosi ai cognomi: Lo Forte, Scarpinato, Principato, Teresi, Imbergamo, Musso, Paci, Serra, Ingroia eccetera. Si parla di pm che gestirono processi anche fumosissimi (come il mitico «sistemi criminali», dedito a «massoneria, politica e imprenditoria deviate», affidato da Caselli a Scarpinato nel 1993, roba da far sembrare la «trattativa» un capolavoro di linearità) la maggior parte dei quali sarebbero tutti finiti in nulla. Grasso, in un'intervista dell'agosto 2000, parlò esplicitamente di processi caselliani «capaci di ottenere condanne solo sulla stampa».

Altri, più di parte come il forzista Enzò Fragalà, citarono la «gestione strumentale dei pentiti, spese pazze e inutili, le enormi risorse pubbliche messe in campo al fine di costruire e portare avanti teoremi politico-giudiziari finiti come sappiamo, senza peraltro che i geometri abbiamo dovuto scontare alcunché per gli errori commessi».
Difficile dargli torto.

Marco Travaglio

Grasso, come suo vice, ripescò Giuseppe Pignatone, che a suo tempo aveva lasciato la procura all'arrivo di Caselli; un moderato anche lui (corrente Unicost) che tra i cronisti era popolare come poteva esserlo uno che aveva mandato ad arrestare i giornalisti Attilio Bolzoni e Saverio Lodato con l'accusa di peculato. Due pentiti come Brusca e Cancemi lo chiamarono in causa tre volte, ma altrettante la sua posizione fu archiviata. Tuttavia per Travaglio (e Ingroia) è come nominare il demonio: e al tentativo di «mascariarlo» il vice-Ingroia ha dedicato pagine intere.

Una grave colpa di Pignatone fu certamente quella di diventare vice di Grasso al posto dei vari caselliani Alfredo Morvillo, Anna Palma o Sergio Lari. Normalizzazione, si diceva: nel senso che normale, prima, non era niente. Grasso lavorò con avocazioni, redistribuzioni, monitoraggi, non volle la responsabilità degli insuccessi di Caselli (Andreotti, Musotto, Canale, Di Caprio, Mori, Rostagno, Carnevale, Mannino, stragi, ecc.) e prese di mira certe toghe superstar: ma piano, sinuosamente, alla democristiana.

Fece un fondo così ai magistrati che si lagnavano perché la scorta gli era stata ridotta, ad altri tolse la seconda auto o i piantoni fuori casa (roba che in Sicilia fa status) e li fece addirittura lavorare, fottendosene di gerarchie non scritte come quelle che volevano Lo Forte e Scarpinato come grandi pensatori.

Una circolare del Csm del 1993 prevedeva che i pm dalla Dda (Direzione Distrettuale Antimafia) scadessero dopo otto anni, ma Lo Forte e Scarpinato pretendevano che la faccenda non li riguardasse perché loro erano procuratori aggiunti. L'ebbe vinta Grasso.

Anche Ingroia e Gioacchino Natoli, estromessi allo scadere degli otto anni, riformularono domanda dopo tre: ma Grasso, appigliandosi a un parere del Csm, riuscì a prolungare la loro esclusione per sei lunghi anni. Grasso ebbe la meglio su Scarpinato e Lo Forte - più Ingroia - anche nel suggerire che a Totò Cuffaro, anziché il solito concorso esterno in associazione mafiosa, fosse contestato il favoreggiamento: ed ebbe ragione lui, com'è noto. Si può immaginare, insomma, quanto Ingroia e company amassero e amino Grasso.

Senza contare che Grasso è sugli altari, ora, e Ingroia è nell'oblio. I caselliani, già ai tempi, scatenarono l'apocalisse e Ingroia lo fece nel suo modo consueto: «Non è una lite tra primedonne», disse, «come non lo furono quelle tra Falcone e i suoi avversari negli anni Ottanta».

ANTONIO INGROIA CON IL SIMBOLO DELLA SUA LISTA

Mentre Scarpinato, su Micromega, lamentava che stavano estromettendo «quei magistrati che nella procura di Caselli avevano condotto le inchieste più delicate su mafia e politica». Il problema è che Pietro Grasso aveva le regole dalla sua, e se ne fotteva della sacralità antimafia di questo o quello.

Quando tolse a Lo Forte e Scarpinato le inchieste che stavano seguendo, nel luglio 2003, la decisione era già stata avallata dal Csm: ma i due sostituti, secondo Grasso, pretendevano che lui aggirasse la decisione: lo raccontò in un'intervista alla Stampa. Per il resto è vero: Grasso, nel 2000, non controfirmò l'Appello contro Andreotti, che era stato assolto: e non mise neppure il visto di presa visione. Lui naturalmente ha sempre spiegato di non aver sottoscritto il ricorso come conseguenza della «piena autonomia dei sostituti di udienza», ma è una paraculata.

FALCONE E BORSELLINO

Non ne voleva la responsabilità e basta. Anche perché, in effetti, non era sua. È pure vero che, nel 2002, Grasso nascose ai caselliani la gestione del pentito Nino Giuffrè. Ne aveva diritto. Ascoltò il pentito per tre mesi e ciò portò ad arresti che stroncarono una malavita fattiva e reale nella zona delle Madonie: questo anziché accreditare, da subito, oscuri scenari sulla storia d'Italia.

La vicenda finì al Csm che deliberò così: «Come ha spiegato il dottor Grasso, si è verificata un'incomprensione dovuta alla mancata comunicazione al dott. Lo Forte delle ragioni di prudenza per le possibili fughe di notizie a causa delle costante e pressante presenza di giornalisti negli uffici della procura». In lingua italiana: i verbali di Giuffrè non erano stati mostrati a Lo Forte per evitare fughe di notizie.

Un'accusa indiretta e beffarda. Grasso ribadì il concetto sul Corriere della Sera: se non ci sono state fughe di notizie - disse - è perché non ho mostrato i verbali ai pm né a nessuno. Travaglio la metterà così: «Muoiono così la filosofia e la prassi del pool, fondate sulla libera circolazione delle informazioni e sulla fiducia reciproca... cala una pietra tombale sulle conquiste di Falcone e Borsellino». In realtà erano calate solo le fughe di notizie.

FUORI GIOCO
Dopodiché certo: Pietro Grasso, detto Piero, fu nominato procuratore nazionale antimafia: e Caselli no. Il terzo governo Berlusconi, con un emendamento, mise fuori gioco Caselli per sopraggiunti limiti di età. Non fece una legge apposita, ne fece tre: una delle quali - dopo che Grasso era già stato eletto - fu giudicata illegittima dalla Corte costituzionale.

falcone borsellino

Tuttavia nessuno può dire che Caselli, senza quella legge, avrebbe vinto: in ogni caso gli sarebbe servito l'appoggio del Csm, che avrebbe potuto benissimo preferirgli Grasso. È quello che ha sostenuto in un'intervista all'Ansa, ieri, il pm palermitano Giuseppe Fici, che all'epoca era al Csm e visse i fatti in prima persona:

«Confermo il convincimento, mio e di tutto il consiglio, che Grasso avrebbe prevalso su Caselli anche senza l'intervento della maggioranza parlamentare. Convincimento fondato sulla proiezione dei voti espressi in Commissione: in favore di Grasso si erano pronunciati il laico di centrodestra e i togati di Unicost e Magistratura Indipendente, con una prospettiva di almeno 14 voti sicuri». Grasso peraltro ne ebbe 18, di voti, con cinque astensioni.

QUALE AMBIGUITÀ?
Sull'ambiguità di Grasso come personaggio «politico», detto questo, si potrebbe scrivere un'altra pagina. Divertente è che un suo tratto ritenuto imperdonabile, secondo quanto ha scritto Travaglio, è una sua sostanziale impunità nel dire le stesse cose di Ingroia ma senza suscitare vespai; si trovano dichiarazioni di Grasso contro le leggi governative in tema di giustizia, contro la riforma dei pentiti, contro ogni ipotesi di riforma giudiziaria e antimafia, due anni fa dichiarò che la mafia aveva «inteso agevolare l'avvento di nuove realtà politiche che potessero poi esaudire le sue richieste», con chiaro riferimento a Forza Italia.

giovanni falcone paolo borsellino lap

«Grasso», ha scritto Travaglio, «gode di una straordinaria libertà di parola, può dire ciò che vuole senza che gli piova addosso non solo un'azione disciplinare, ma nemmeno un attacco dei pasdaran berlusconiani... ha il raro privilegio di potersi permettere qualsiasi critica alla politica, senza che nessuno batta ciglio». È vero. Si chiama autorevolezza. Se da magistrato non ce l'hai, tuttavia, puoi lagnartene in televisione a mezzo Travaglio.

 

AHI! TECH - ALTRI GUAI ALL’ORIZZONTE PER MICROSOFT

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A cura di Andrea Andrei per Dagospia
(Twitter: @andreaandrei_ )

1 - ALTRI GUAI ALL'ORIZZONTE PER MICROSOFT: L'AZIENDA DI BILL GATES DENUNCIATA PER VIOLAZIONE DELLA CONCORRENZA IN SPAGNA PER WINDOWS 8

Da "Reuters.com"
http://reut.rs/YckSVc

WINDOWS VS LINUX

Continuano le beghe legali per Microsoft. Se solo all'inizio di questo mese l'azienda fondata da Bill Gates ha dovuto pagare una pesante multa da 561 milioni di euro alla Commissione europea per violazione della concorrenza per il browser Internet Explorer, adesso arrivano altri guai più o meno per lo stesso motivo.

Anche la destinazione della denuncia, e cioè Bruxelles, è la stessa, ma stavolta la provenienza è differente. Hispanilux, un'associazione spagnola che raccoglie 8 mila utenti del sistema operativo Linux, ha denunciato Microsoft alla Commissione europea. Il nuovo software rilasciato dall'azienda, Windows 8, contiene un "meccanismo d'ostruzione" che impedirebbe di passare ad altri sistemi operativi, rendendo la piattaforma Windows "meno neutrale che mai".


2 - BLACKBERRY? BLACK-CRISIS! GLI SMARTPHONE Z10 SONO UN FLOP, L'AZIENDA CROLLA IN BORSA, GOLDMAN SACHS LA DECLASSA

Da "Telegraph.co.uk"
http://bit.ly/Zoifel

BLACKBERRY Z10

Altro che successo, altro che rinascita. Il lancio della nuova linea di smartphone Blackberry Z10 potrebbe davvero essere il colpo di grazia per l'azienda canadese dei primi palmari.
Il mese scorso, al momento del lancio dei nuovi cellulari, i vertici della compagnia si erano sbilanciati parlando di un successo annunciato. Addirittura, sull'ondata di ottimismo, il titolo in Borsa aveva guadagnato molti punti. Ma i dati di vendita stanno raccontando tutt'altra storia.

Le vendite finora state infatti deludenti, e in Gran Bretagna i negozi hanno già cominciato ad abbassare i prezzi degli smartphone. Il titolo di Blackberry (che recentemente ha sostituito il suo vecchio nome "Rim") è crollato e Goldman Sachs ha declassato il rating dell'azienda proprio a causa del flop dei dispositivi Z10 negli Stati Uniti.


3 - APPLE VUOLE TRIPLICARE LA SUA PRESENZA IN INDIA

Da "The Economic Times"
http://bit.ly/16Ue9Ce

NEGOZIO APPLE INDIA

I rumor si stanno trasformando pian piano in conferme: Apple punterà sempre di più al mercato indiano. La casa di Cupertino avrebbe infatti in programma di triplicare la sua presenza nel Paese entro il 2015 aprendo circa duecento negozi dedicati (dai 65 attuali), che comprenderebbero sia dei franchising che degli Apple Store. Questi ultimi non sono ancora presenti perché secondo la legge indiana, per aprire dei negozi ufficiali la casa della mela dovrebbe utilizzare per almeno al 30 per cento fornitori locali.

Apple, espandendosi in India, cercherebbe di strappare una piazza di importanza strategica alla rivale Samsung. L'altra grande battaglia si combatterà, oltre che negli Stati Uniti, in Cina.

 

ITALIA ANNO ZERO: SOLUZIONE “CIPRIOTA” PER EVITARE IL COLLASSO DELLE BANCHE NOSTRANE?

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PROTESTE A CIPRO - CIPRO NON E' IN VENDITA

DAGOREPORT
La recente vicenda di Cipro dimostra che i depositi bancari non possono più essere considerati una forma di risparmio sicura. In effetti la regola della riserva frazionaria delle banche, quella che permette alle stesse di prestare più soldi di quanti siano i mezzi propri e i depositi ricevuti, determina un'insolvenza teorica costante dove, in ogni momento, il ritiro dei depositi stessi oltre una certa soglia è in grado di rendere concreta tale insolvenza. Le norme di Basilea III, osteggiate dal sistema bancario, tendono a diminuire questi effetti ma non li annullano mai finché il modello bancario a riserva frazionaria persiste.

Cipro-dice-no-al-prelievo-sui-depositi

Il caso di Cipro è paradigmatico per almeno due motivi. Il primo, strettamente politico, evidenzia che la nascita dell'Euro, fortemente voluto dal blocco forte dell'Europa, anziché agire da forza centripeta, sottraendo i paesi dell'est (e Cipro stessa) all'influenza del gigante russo, ha ottenuto l'effetto opposto: spedire Cipro tra le braccia del "nemico" che sta aspettando il risultato del piano della Troika per poi decidere come recuperare le ricchezze dissipate.

Il secondo motivo, più generale, evidenzia gli errori di chi ha permesso ad un'economia praticamente inesistente, basata sull'espansione creditizia indotta da afflussi di capitali esteri e solo sui servizi bancari a clienti stranieri, di entrare nella zona Euro, "inserendo" nel sistema della moneta unica un paese con una leva finanziaria insostenibile (Attivi Bancari/PIL = 8).

In questo scenario non esistevano altre soluzioni percorribili rispetto a quella intrapresa, che coinvolge nel fallimento di almeno una delle principali banche nell'ordine: gli azionisti (i proprietari della banca) e gli obbligazionisti subordinati, gli obbligazionisti senior e i depositanti (i creditori della stessa).

cipro bailout laiki

L'alternativa, il default delle banche e del paese, avrebbe infatti immediatamente determinato l'uscita del paese dall'Euro ed una serie di pesantissimi effetti sui creditori del paese. Purtroppo questa soluzione, che evita il default a catena delle banche esposte verso Cipro (compresa la BCE, che ha circa 11 miliardi di Euro in collaterali ciprioti) non risolve i problemi dell'isola nel medio periodo.

ITALIA COMMISSARIATA - MONTI GRILLI DRAGHI MERKEL LAGARDE VAN ROMPUY

L'adozione di restrizioni alla circolazione dei capitali unitamente al forte "haircut" adottato sui depositi (la decurtazione dei depositi che per coprire le perdite registrate dalle banche cipriote dopo la ristrutturazione del debito greco) determinerà la fuga dei capitali stranieri una volta che tali vincoli verranno allentati.

MARIO DRAGHI MERKEL

Le conseguenze saranno pesantissime per l'economia dell'isola. Licenziamenti a catena nel settore bancario che diverrà asfittico, crollo del turismo "finanziario" di investitori e società estere: la fine del modello economico attuale, che riporterà Cipro ad una economia di turismo (proprio come la Grecia). La politica europea è ben cosciente di questo e chi scrive ritiene che si prefigurino diversi anni di pianificazione dell'economia cipriota da parte di Bruxelles e del FMI (oltre che della BCE) con tutto ciò che consegue dal punto di vista delle libertà democratiche del paese.

La situazione di Cipro è però una pietra miliare e rappresenta uno spauracchio per tutte le economie europee ed in particolare per tutte quelle ad alto debito finanziario (Attivo di bilancio delle banche/PIL).

In particolare per l'Italia la situazione (dopo Cipro) diventa particolarmente delicata. Date le condizioni economiche attuali e nonostante la manipolazione dei tassi di interesse (al ribasso) sul debito pubblico di alcuni paesi europei da parte della BCE, le possibilità che una importante istituzione bancaria italiana entri in una spirale di insolvenza sono oramai altissime.

club bilderberg con monti draghi napolitano

L'insolvenza di una grande banca italiana determinerebbe istantaneamente il default del paese sul proprio debito. Appare opportuno ricordare una pubblicazione del FMI che dichiarava che "le perdite nascoste nei bilanci del sistema bancario mondiale a fine 2008 ammontavano a 2,8 trilioni di USD a fronte di 1,6 trilioni di USD di mezzi propri. Come dire che il sistema bancario era già insolvente allora.

DRAGHI-NAPOLITANO

Se questi numeri, come pare, sono attendibili, per evitare una spirale deflattiva lunga 20 anni (sul modello del Giappone), determinata dall'esigenza di destinare risorse pubbliche (ovvero gettito fiscale e quindi tasse) verso un sistema bancario irrimediabilmente compromesso, il prossimo governo dovrà valutare soluzioni "cipriote", per terminare una volta per tutte una crisi che non è più assolutamente di liquidità bensì di insolvenza generalizzata.

Santoro e Profumo

Il governo Monti ha garantito (alle banche tedesche e francesi) il rimpatrio del debito pubblico italiano su investitori domestici (Banca d'Italia, banche commerciali e privati), sollevando le banche e gli investitori europei dai rischi di un default del paese.

Il default dell'Italia si trasformerebbe in una patrimoniale sui residenti italiani (banche e privati), con l'aggravante del default a catena di tutte le istituzioni bancarie estere che ancora hanno posizioni creditorie nei confronti delle banche italiane.

La soluzione "cipriota", con una tassazione dei patrimoni (liquidità e titoli) dell'ordine del 15/20% permetterebbe di evitare il default delle banche italiane, di preservare il diritto alla permanenza nell'Euro, di abbattere il debito pubblico al di sotto del 100% del PIL, di diminuire la spesa per interessi sul debito pubblico e di abbattere l'imposta media sul PIL.

Una soluzione simile fu prospettata da Alessandro Profumo a settembre del 2011 ed era probabilmente il compito di Mario Monti al momento della nomina a Primo Ministro nel novembre dello stesso anno.

BEPPE GRILLO E ROMANO PRODI

Assomiglia molto alle proposte di Beppe Grillo sul default dell'Italia sul debito (almeno per gli effetti sull'economia) quando lui dichiara di non promettere facili arricchimenti ma anzi periodi di consapevole povertà, con la sola differenza che la ventilata uscita dall'Euro come proposta base per il ritorno alla sovranità monetaria sembra giustificata esclusivamente dalla necessità di battere moneta sovrana, presupposto per il ritorno a momenti di ulteriore distruttiva inflazione monetaria.

L'Italia è, insieme alla Germania, uno dei pochi paesi al mondo con avanzo primario. L'avanzo primario consistente (ed il miglioramento dello stesso) sono la garanzia di solvibilità sul debito pubblico, a condizione che questo non superi determinati livelli.

La riduzione del debito pubblico attraverso prelievo forzoso porterebbe un rapido peggioramento delle condizioni economiche ma garantirebbe una veloce uscita dalla costante situazione di insolvenza imminente in cui si trova il paese, grazie alle enormi risorse ancora presenti nel sistema industriale del paese.

 

 


NON CIPRO-VATE: I RUSSI NON VOGLIONO PERDERE UN EURO DEI LORO 31 MILIARDI

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D. Car. per "il Messaggero"

Cipro-dice-no-al-prelievo-sui-depositi

La collera del primo ministro russo, Dimtri Medvedev, è stata direttamente proporzionale alle perdite che subiranno gli oligarchi che avevano fatto di Cipro il loro off-shore per riciclaggio di denaro e facili guadagni: dopo l'accordo all'Eurogruppo «il saccheggio continua», ha detto Medvedev.

PUTIN E MEDVEDEV

La Russia vuole capire «quali saranno le conseguenze per il sistema finanziario e monetario internazionale, come per i nostri interessi», ha avvertito il premier russo, che la scorsa settimana aveva bollato l'ipotesi di un prelievo sui depositi come «un esproprio e una confisca paragonabile alle decisioni prese dalle autorità sovietiche». L'Unione Europea a Cipro come Lenin?

protesta degli studenti a cipro

ARIA DI SMOBILITAZIONE
Con la decisione di imporre una perdita secca per chi detiene depositi superiori ai 100.000 euro, il conto per gli oligarchi sarà molto più alto rispetto a quanto avrebbero perso con la tassa del 9,9% sui conti dei super-ricchi. Secondo Moody's, i depositi russi sull'isola ammontano a 31 miliardi di dollari.

Con un haircut dal 30 al 50% per la Bank of Cyprus e del 100% per Laiki, il taglio è enorme: il 40% dei depositi sopra i 100.000 euro sarebbero intestati ai russi. In caso di recessione a doppia cifra, i danni per Mosca raddoppierebbero: calcolando i prestiti delle banche russe alle imprese con sede a Cipro, l'esposizione complessiva supererebbe i 60 miliardi di dollari.

A Limassol, la città cipriota dove si concentrano gran parte dei 40.000 russi che vivono a Cipro, si respira aria di smobilitazione. Cartelli stradali in due lingue, una radio che trasmette in russo, giornali in cirillico, un trattato che vieta la doppia tassazione: a partire dagli anni novanta, tutto era stato fatto dalle autorità di Nicosia per trasformare questo centro balneare nel paradiso degli oligarchi.

PROTESTE A CIPRO - CIPRO NON E' IN VENDITA

Decine di agenzie immobiliari propongono case e appartamenti di lusso, destinate prevalentemente alla clientela moscovita. L'80% del porto di Limassol è occupato dai sontuosi yacht russi. I negozi espongono prodotti «made in Russia», mentre nei ristoranti si cena a vodka e champagne.

PUTIN E MEDVEDEV

Ora tutto rischia di scomparire in pochi giorni. «La fuga di capitali è solo una questione di tempo», spiega un operatore finanziario. «La credibilità finanziaria di Cipro è stata distrutta. Non appena le banche riapriranno, i russi trasferiranno i loro fondi altrove».

Nell'ultima settimana decine di rappresentanti di altre banche europee sono arrivati sull'isola per proporre ai russi di aprire conti in Svizzera, Lettonia, Lussemburgo, Malta, Andorra e perfino Germania. Chi non ha trovato posto in aereo, ha utilizzato il telefono per convincere gli oligarchi a espatriare verso altri paradisi fiscali.

L'esodo russo rischia di aggravare la crisi economica che attende Cipro. «Quando se ne saranno andati chi dormirà al Four Season Hotel per 500 dollari a notte? Angela Merkel?», ha detto al Financial Times Fedor Mikhin, un imprenditore russo che si è trasferito sull'isola. Migliaia di ciprioti - contabili, avvocati, ma anche segretarie che attualmente lavorano per clienti russi - potrebbero ritrovarsi sul lastrico. Senza dimenticare il turismo: 400.000 turisti russi arrivavano a Limassol ogni anno per trascorrere le loro vacanze sotto il sole del Mediterraneo e, con l'occasione, esportare un po' di rubli.

PUTIN E MEDVEDEV PER LO SCAMBIO DI POLTRONE protesta a cipro contro merkel jpeg

L'AIUTO RIFIUTATO
Gli europei non hanno nascosto la loro intenzione di punire gli oligarchi con le dure condizioni imposte a Cipro. Dopo aver bocciato il prelievo forzoso sui depositi, le autorità di Nicosia avevano cercato di ottenere l'aiuto di Mosca. Invano: né il Cremlino né Gazprom hanno accettato di investire nel sistema bancario o nei giacimenti di gas al largo dell'isola.

MEDVEDEV A CIPRO CIPRO - TROIKA GO HOME

Solo ieri il presidente russo, Vladimir Putin, ha annunciato qualche concessione, incaricando il ministero delle Finanze di studiare le condizioni di una ristrutturazione del prestito da 2,5 miliardi concesso a Cipro nel 2011. Agli occhi di Bruxelles, è un tentativo disperato di continuare a influenzare i dirigenti ciprioti con l'obiettivo di salvare i conti degli oligarchi.

 

 

 

AI ‘SINISTRI’ BATTIATO PIACE SE TACE: QUANDO PARLA S’INCAZZANO TUTTI

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Riceviamo e pubblichiamo:

FABIO FAZIO EZIO MAURO

Lettera 1
Nonostante le vergognose pressioni della Amministrazione americana, l'interessamento della Clinton, il lavorio dell'Ambasciata Usa di Roma, l'impegno a favore di Amanda di stampa e televisioni americane, si rifà il processo. La Questura di Perugia NON aveva sbagliato.
Vittorio Pietrosanti

mo13 del debbio

Lettera 2
Caro Dago
I Santi più adorati dai vari Travaglio , Flores D'arcais e dalla loro CMF (Compagnia Manettari e Forcaioli) sono : San Francesco d'Assise, Sant'Antonio d'Appello e San Giancarlo da Cassazione.
Salve
Natalino Russo Seminara

Lettera 3
Esilarante, la Boldrini si è imbolsita tutta d'un colpo! Da quando la verità fa male e Battiato non puo' dire la sua? Questa è la testimonianza patentata che l'Italia è un paese di bigotti.
honeybump

Formigli Corrado

Lettera 4
riguardo lo scandalo dei 45 Filobus di roma, acquistati senza aver la struttura tecnica per farli funzionare, per evitare quanto paventato dai tg e dai giornali, ovvero di lasciarli 'invecchiare' in qualche rimessa, possibile che non esista nella Pubblica Amministrazione un "Illuminista" che proponga ed attui una cessione, ( con compensazione , vendita , affitto, noleggio, o altro) ad un altra città con Filovia compatibile con i mezzi acquistati?????
ELLEDI61

Marco Travaglio

Lettera 5
Porello Fazio (8,44% su Rai3!!!!). Superato da Del Debbio 8,68% e spianato da Formigli (9,07). Ma che ci è tornato a fare in onda il lunedì?
Serge

Lettera 6
Caro Dago,
per parafrasare Togliatti: "Magdi Allam se n'è andato, e soli ci ha lasciati".
A tale riguardo, attiro l'attenzione sul fatto che i politici del passato, De Gaulle, Togliatti, Andreotti, Churchill, ci hanno lasciato un florilegio di battute e di frasi immortali, le mezze calzette di oggi non solo non sanno dov'è Kabul ma non hanno nemmeno spirito. La sola frase citata, "la Bindi è più bella che intelligente" attribuita a Berlusconi non è sua ma è di Vittorio Sgarbi.
Roland Delmay

Gian Carlo Caselli

Lettera 7
Caro Dago,
per favore, glielo vuoi dire tu a Grasso di non fare come gli "altri", quindi di lasciare stare i fantomatici "attacchi" alla seconda carica, che le critiche di Travaglio sono rivolte al Sig. Grasso e non al Presidente del Senato? Questo modo di comportarsi mi fa un pò arrabbiare e propendere per Grillo...
Recondite Armonie

Lilli Gruber

Lettera 8
Caro Dago,
brevemente, copio da Spinoza.it: "Vito Crimi si addormenta in Senato. Panico tra gli altri grillini: "Dobbiamo farlo anche noi?" [frandiben]"
Saluti, Derek W.

Lettera 9
qualcuno dica a Belpietro che azzardare un paragone tra il "compromesso storico" che vide protagonisti Berlinguer e la Dc di Aldo Moro con il salvacondotto giudiziario che Bersani dovrebbe assicurare a Berlusconi per fare un governissimo col Pdl è come assimilare madre Teresa di Calcutta a una fogna di Calcutta...
pietro@ereticodarogo

Lilli Gruber legge il suo libro

Lettera 10
Caro Dago, fai sapere al deluso Magdi Cristiano Allam che le religioni non sono tutte uguali (come lui asserisce d'altronde) ma sono una PEGGIO dell'ALTRA! Tutte hanno la verità rivelata ma si scannano una con l'altra per far emergere la loro supremazia per saziare le pletore di beoti in estasi mistica e bisognosi di un dio a tutti i costi.
Florio di Valgioconda

Lettera 11
Dago,
Magdi Cristiano Allam dà disdetta alla conversione ; ce ne faremo una ragione, anche perchè di integralisti cattolici ne abbiamo già a sufficienza, senza importarli da altre religioni.
Bye
Luigi A

GRASSO E BOLDRINI IN DIRETTA A BALLARO

Lettera 13
Caro Dago, se nel '45 sono arrivati gli Americani con i carri armati a liberarci dall'oppressione militare teutonica, oggi possiamo sperare nell'arrivo dei Russi con i loro capitali a liberarci dall'oppressione finanziaria di Merkel e co.? Facendo il debito parallelo nei tempi passati, Monti a chi potrebbe essere paragonato? Io vedo una grandissima somiglianza con un personaggio molto pieno di se stesso e che si proponeva come una panacea per l'Italia, pur somministrando purghe a mani basse. Chissa' se vede ancora la luce, forse era una lux di riflesso!
Credo che ai posteri lasceranno il medesimo ricordo.
Stefano55

Vito Crimi jpeg

Lettera 14
Scusa Dago,
con la scusa dell'evasione ora possono spiare liberamente i conti bancari e postali di tutti.
Il prossimo passo quale sarà? Il braccialetto elettronico alla caviglia per tutti i cittadini,
dato che esiste la delinquenza in quanto tale?
O lasciare aperte le buste della corrispondenza così che tutti possano leggerle? Ma quello che fa cadere le braccia (per non dire di peggio) è la risposta che ti senti dire: "Ma se non hai niente da nascondere non devi temere nulla..." Mi torna in mente Flaiano: Coraggio...il meglio è passato!.....
(I.I.incredulo&Incazzato)

Lettera 15
Dago darling, quante circonvenzioni d'incapaci (a.k.a. ignoranti) a proposito dell'Euro! C'è l'Europa geografica, che comprende anche parte della Russia e della Turchia e altri paesi (tra cui la Norvegia). C'é l'Unione Europea che comprende ben 27 paesi, ma nessuno dei suddetti e altri. E c'é l'Eurozona che ne comprende 17 di questi 27. Fior di paesi come Gran Bretagna, Svezia e Danimarca non fanno parte dell'Eurozona e non per questo sono colati a picco con le loro sterline e corone.

IL BATTESIMO DI MAGDI ALLAM

Quanto a Cipro, divisa in due (con "li turchi" a far la parte dei "cattivi" per il criptorazzismo occidentale), Dio solo sa se sia Europa o Asia (minore). E ora pare che anche l'"austroungarica" Slovenia (UE ed Eurozona) stia per fallire. A due passi da Trieste... altro che Cina, qui a essere vicina é la benemerita lira. Toccherà a un sincero eurofan come Bersani premier di dare il "Welcome back" alla lira dopo una raccolta firme "Lira: se non ora, quando?" di "La Repubblica"?
Natalie Paav

Lettera 16
Applichiamo la carità cristiana, come esorta Francesco Papa. Qualcuno per favore soccorra Fassino con gli psicofarmaci. Per difendere il buco-TAV ha detto che la Torino Lione fa parte di una fondamentale infrastruttura europea, che va dall'Atlantico a Mosca (e perché non a Pechino? A Vladivostok?). Qualcuno lo informi che il Portogallo non ne vuol sapere, la Spagna farà una linea merci a binario unico, dal confine franco-spagnolo a Lione non c'è progetto, Slovenia e Ungheria non ne parlano nemmeno. Più in là non si può andare, perché cambia il passo dei binari. La Grande opera europea, se Fassino avrà culo, andrà da Torino a Lione, punto e basta.

PAPA FRANCESCO JORGE BERGOGLIO

Lettera 17
Gentile redazione di Dagospia,
Ieri sera, Lunedì 25, la regola del "3 contro 1" è stata per l'ennesima volta applicata durante la trasmissione "Otto e mezzo" su La7. La scorsa settimana Gruber, Scanzi e Severgnini avevano polemizzato con la Biancofiore; ieri sera, invece, è stata la volta di Maurizio Lupi ad essere preso in mezzo da Gruber, Ignazio Marino e Rampini. A quando un dibattito "1 contro 1" con conduttore imparziale? Aridatece "tribuna politica" e Jader Jacobelli.
Condoglianze all'Italia.
Il samurai.

Lettera 18
Caro Dago,
Il Marchese Terzi sarà pure uno sciagurato ma la grillina Lombardi non sembra essere da meno. Con grande risalto riporti il suo intervento dove si descrive la 'porcata di fine legislatura' del Monti. E quale sarebbe questa porcata? L'ennesima regalia alle banche!
Spieghiamo alla grillina. La PA ha dei debiti in essere verso i fornitori. Che sono le aziende che hanno fornito le siringhe e che aspettano di essere pagate e le banche che hanno fornito i soldini con cui sono state pagate le garze.

MARIO MONTI E TERZI DI SANTAGATA A NEW YORK jpeg

Entrambi i soggetti sono creditori. Si può benissimo decidere che i soldi sono pochi e scegliamo di pagare solo le aziende creditrici e non le banche creditrici. Perfetto. Ma il decidere di pagare con una parte dei soldi anche le banche non è una regalia, non sono soldi buttati a fondo perduto, ma soltanto estinguere dei debiti (su cui la PA paga interessi). Forse sarebbe meglio avere in Parlamento non solo meno marchesi ma anche persone un poco più capaci ed istruite.
Arridatece la Prima Repubblica!
Ciao Aldo

 

FLASH! - RUMORS: SE BERSANI FALLISCE, NAPOLITANO SI DIMETTE IN ANTICIPO COSTRINGENDO I PARTITI A SPACCHETTARSI PER LA NOMINA DEL NUOVO CAPO DELLO STATO...

IL CINEMA DEI GIUSTI: I GIGANTI SCORREGGIONI DI SINGER

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Marco Giusti per Dagospia

"Ucci ucci sento odor di cristianucci!" O, se volete, "Fee-fi-fo-fum, I smell the blood o fan english man!" Tornano i giganti. Rozzi, violenti e scorreggioni. Vanno pazzi per gli essere umani che mangiano sia crudi che in forno come ripieno di una focaccetta. Che bellezza! Certo, il film in questione, "Il cacciatore di giganti" o "Jack The Giant Slayer", diretto dal Bryan Singer de "I soliti sospetti", è un pasticcio in 3D dal costo abnorme, 195 milioni di dollari, e già considerato un mezzo flop in America, visto che in due settimane ne ha ripresi solo 59, ma va bene lo stesso.

jack the giant slayer IL CACCIATORE DI GIGANTI

Perché, alla fine, la parata di giganti che Bryan Singer e il suo sceneggiatore di fiducia, Christopher McQuarrie, mettono in piedi è l'unica cosa davvero funzionante del film. A cominciare dal capo, il generale Fallon, mostro a due teste, una è doppiata da Bill Nighy e l'altra da John Kassir, ma sono belli tutti, da quello coi capelli alla Cristicchi al gigante cuoco scaccoloso che cerca di mettere in forno il povero Ewan McGregor.

La storia, che è la vera tragedia del film, è un mischione mal cucinato delle due vecchie fiabe inglesi "Jack and The Beanstalk", cioè "Jack e la pianta di fagioli", e "Jack The Giant Killer", già molte volte portate al cinema, sia nei cartoni animati che dal vivo. Vi ricordo solo la versione disneyana di "Jack and The Beanstalk" con Topolino che sale sulla pianta magica di fagioli e incontra il gigante e la versione cinematografica di "Jack The Giant Killer", da noi diventato "L'ammazzagiganti", diretta nel 1962 da Nathan Juran con i trucchi del grande Ray Harryhausen e Kerwin Matthews protagonista. Ma mettere insieme le due storie, come in questo caso, è un pasticcio. Inoltre unire a queste due storie il nuovo genere fantasy-favolistico delle Biancaneve e delle Alici in 3D porta un po' al disastro. Non è tutta colpa di Bryan Singer.

IL CACCIATORE DI GIGANTI

Il film nasce da un'idea e da una sceneggiatura di Darren Lemke e Davd Dobkin nel 2005, di Lemke è la trovata di unire le due favole. Allora lo doveva dirigere D. J. Caruso,che non si dimostrò adatto. Quando la New Line si rivolge a Bryan Singer, che entrerà anche in produzione, il copione è già stato riscritto più volte, ma Singer decide di riscriverlo ancora una volta con Christopher McQuarrie per la parte che riguarda esplicitamente i giganti e poi di rifinirlo con Dan Studney, piccolo genio della tv ("Lost"). Quel che ne viene fuori lo possiamo vedere tutti, qualcosa funziona, qualcosa no.

Jack, interpretato dal Nicholas Hoult di "Warm Bodies" (e di "About a Boy"), è il solito frescone di "Jack and The Beanstalk", un contadinotto che va al mercato e si fa derubare di tutto in cambio di un pugno di fagioli. Non sa che i fagioli sono magici e, a contatto con l'acqua, fanno nascere delle piante che arrivano fino al cielo, su su, in un mondo fantastico dove vive non un solo gigante, ma un'intera tribù di giganti assatanati di carne umana che ardono solo dalla voglia di ritornare sulla terra a rimettere le cose a posto. Sì, perché, tanti anni prima Re Eric riuscì, grazie a una corona magica, a rimandarli a casa e a non farli venire più.

Ma ora il pessimo consigliere del re, Roderick, interpretato da Stanley Tucci con la parrucca, è riuscito a impossessarsi della corona, conosce la storia dei fagioli, che gli sono stati rubati dal frate che gli ha dati a Jack in cambio di un cavallo, e vuole possedere il mondo al comando dei giganti scorreggioni. Un casino, eh? Mettiamoci anche una principessa, la Eleanor Tomlinson di "Educazione siberiana", figlia del re Brahmwell, cioè Ian McShane, promessa sposa di Roderick, che ha voglie di avventure e finisce per ripararsi dalla pioggia nella casetta di Jack proprio la notte che un fagiolo magico entra in una fessura del pavimento e farà decollare la pianta verso il cielo.

IL CACCIATORE DI GIGANTI

Con la principessa in aria, la pianta aperta sul mondo dei giganti e Roderick con voglie di strapotere, il Re manderà a recuperare la ragazza una squadra composta da il fido cavaliere Elmont, cioè Ewan McGregor, il cavaliere Crawe, cioè Eddie Marsan, il losco Roderick e il suo pessimo braccio destro Wickie, un notevole Ewen Bremner, qualche baldo soldato e il buon Jack. Una volta arrivati in cima alla pianta il gruppetto si scontrerà coi giganti e coi loro rozzi comportamenti. Non solo. Se la vedranno anche con Roderick che li vuole fare tornare sulla terra e si è portato la corona proprio per dominarli. Insomma, di due buone favole se ne è fatte una, che è però farraginosa, contorta e difficile da digerire.

Per fortuna, da quando entrano in scena i giganti, paurosi e scatenati, a rutti e scorregge, le cose migliorano e almeno loro, in una costruzione tra le tavole di Arthur Rakham e i mostri artistici di Ron Mueck sono delle belle invenzioni. Inoltre si muovono magnificamente in 3D e sono tutti ben costruiti come caratteri.

Jack the GianT Slayer IL CACCIATORE DI GIGANTI

E' un peccato che la storia sia così scombinata, perché Bryan Singer aveva messo in piedi un ottimo cast di attori, quasi tutti inglesi, da Ewan McGregor a EddieMarsan, da Nicholas Hoult a Ewen Bremner, già visti nei film di Danny Boyle e Mike Leigh. Grandissimi professionisti. C'è anche il piccolo Warwick Davis, l'eroe di "Willow", in una parodia teatrale della storia di "Jack The Giant Killer". Una delizia. Va detto che non funziona granché nemmeno la parte romantica della storia. Più che probabile, inoltre, che anche da noi, come in America, i rozzi "Croods" facciano a pezzi i giganti e i loro cacciatori. In sala il 28 marzo.

 

TERZI COMBINA GUAI: NAPOLITANO “SCONCERTATO” - IL MINISTRO NON HA AVVERTITO NÉ IL QUIRINALE NÉ MONTI DELLE SUE DIMISSION

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ANSA

MARIO MONTI GIULIO TERZI DI SANTAGATA

Il ministro degli Esteri Giulio Terzi ha annunciato le proprie dimissioni oggi in Parlamento "in disaccordo con la decisione di rimandare i marò in India. Le riserve da me espresse - ha detto - non hanno prodotto alcun effetto e la decisione è stata un'altra. La mia voce è rimasta inascoltata. "Ho aspettato di farlo qui - ha proseguito Terzi - per esprimere pubblicamente questa mia posizione: non posso più far parte di questo governo. Mi dimetto - ha detto ancora - perché per 40 anni ho ritenuto e ritengo oggi in maniera ancora più forte che vada salvaguardata l'onorabilità del Paese, delle forze armate e della diplomazia italiana. Mi dimetto perché solidale con i nostri due marò e con le loro famiglie. Saluto con un sentimento di profonda partecipazione e ammirazione i marò Latorre e Girone - ha proseguito - ancora ieri le loro parole hanno dato uno straordinario esempio di attaccamento alla patria".

Monti Napolitano

Terzi ha definito poi "fantasiose" le ricostruzioni della vicenda, in particolare in merito a "iniziative che avrei assunto in modo autonomo, ma io mai avrei agito in modo autoreferenziale: tutte le istituzioni erano informate e d'accordo sulla decisione di trattenere in Italia i marò. La linea del governo è stata approvata da tutti l'8 marzo".

TERZI E MARO

Dopo l'annuncio choc di Terzi, ha preso la parola il ministro della difesa Giampaolo di Paola. "Sarebbe facile per me annunciare di dimettermi - ha detto - sarebbe facile oggi lasciare la poltrona che comunque a breve lascerò al nuovo ministro che arriverà. Sarebbe facile, no cost, ma non sarebbe giusto e non lo farò. Ma "non abbandonerò la nave in difficoltà. Massimiliano e Salvatore, guardandomi negli occhi, la sera del 21 marzo mi hanno detto: 'non ci abbandonare'. Lasciare sarebbe venire meno a scelte che ho condiviso e io non abbandono la nave in difficoltà" ha detto il ministro della Difesa. Le valutazioni espresse dal ministro degli Esteri Giulio Terzi sul caso dei marò "non sono quelle del Governo" ha concluso Di Paola.

IL MINISTRO TERZI A KOCHI CON I DUE MARO

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è rimasto "sconcertato e stupito" per le dimissioni del ministro degli Esteri Giulio Terzi date alla Camera dei deputati durante le comunicazioni del Governo in aula. Il capo dello Stato, precisano fonti informate, non era stato informato delle intenzioni del titolare della Farnesina.
Il presidente del consiglio - si è appreso al Quirinale - è atteso con il decreto di accettazione delle dimissioni che il ministro degli Esteri ha irritualmente dato nel suo intervento alla Camera sulla vicenda del rientro dei marò in India. L'incontro sarà l'occasione per valutare le scelte conseguenti, anche in considerazione dell'impegno di Monti per sue comunicazioni domani in Parlamento.

Giulio Terzi di Sant'Agata e Gianfranco Fini

Stupito dalla scelta di Terzi il presidente del Consiglio, Mario Monti. "Ho preso atto con stupore della dichiarazione del Ministro degli Affari Esteri Giulio Terzi di Sant'Agata resa alla Camera dei Deputati nella quale ha annunciato le sue dimissioni" ha detto Monti, precisando che "tali dimissioni non mi erano state preannunciate, benché in mattinata si fosse tenuta presso la Presidenza del Consiglio, con la mia partecipazione, una riunione di lavoro con i Ministri Terzi e Di Paola per la messa a punto dell'informativa del Governo. Le valutazioni espresse alla Camera dal Ministro Terzi non sono condivise dal Governo, come ha già dichiarato il Ministro Di Paola. Domani - conclude il capo del governo - riferirò alla Camera e al Senato sull'intera vicenda".

JUVE MERDA - LA RUSSA E TAGLIATELA

"Mai dire mai..." ha risposto Ignazio La Russa, di Fratelli d'Italia, ad una domanda sulla possibilità che, dopo le dimissioni in difesa dei marò, il ministro Terzi possa essere candidato dal suo partito. "Terzi fa parte di un governo che noi abbiamo osteggiato - ha precisato La Russa - ma non ho mai nascosto la stima per la persona". La Russa si è riferito a Terzi come "uno dei nostri migliori ambasciatori, che oggi non si è tirato indietro, dando una dimostrazione di grande dignità. Non so cosa farà in futuro, comunque mai dire mai".

super larussa foto mezzelani gmt

Un "no comment" arriva dal portavoce dell'Alto responsabile per la politica estera dell'Ue Catherine Ashton, interpellato dall'ANSA in merito alle dimissioni del ministro degli Esteri Giulio Terzi. Si precisa inoltre che la posizione della Commissione sul caso dei due marò è nota e di non avere altro da aggiungere al proposito.
Oggi in aula alla Camera per assistere al dibattito parlamentare anche Franca Latorre e Vania Girone, sorella e moglie e dei due marò sotto processo in India.

 

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