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IL PD IMPLODERÀ PRIMA ANCORA DI ANDARE AL GOVERNO? Fassina contro Delrio, che apre al governo con Berluscon

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1. IL PD RISCHIA DI IMPLODERE
Da www.Ansa.it

Vincino Saviano e Bersani

BERSANI, LARGHE INTESE? NON MI STO OCCUPANDO DI QUESTO "Sto facendo incontri sulle questioni economiche e sociali". Non risponde, invece, a chi gli chiede se farà mai accordi con il Pdl: "Lasciatemi andare", dice Bersani. 'Mi sto occupando dei problemi del paese', ha detto Bersani risponde a chi gli chiede, dopo le consultazioni di questa mattina, se si ci sarà un governo di larghe intese con il Pdl. "Non mi sto occupando di questo", taglia corto Bersani.

Questo il calendario degli incontri di oggi: 10,30 è arrivata la delegazione di Confagricoltura, Cia, Copagri e Confcoperative. Alle 11 la Coldiretti, alle 16 Confindustria poi Alleanza Cooperative Italiane e alle 18 Confprofessioni; infine, alle 18,30, la giornata si chiuderà con gli incontri con le delegazioni di Abi e Ania.

RENZI E BERSANI

FASSINA, GRAVE PARTE PD INDEBOLISCA BERSANI - "E' grave che, in ore decisive per la costruzione di un Governo, una parte del Pd intervenga per indebolire il tentativo del Presidente incaricato Bersani prospettando una possibile maggioranza con il PdL per un 'Governo del Presidente'". Lo scrive Stefano fassina, in un intervento su Facebook diffuso in un comunicato, in cui sostiene che "Indebolire il tentativo di Bersani vuol dire avvicinare le elezioni". Parole che sembrano una risposta all'intervista di del 'renziano' Graziano Delrio su Repubblica.

STEFANO FASSINA

SQUINZI - "Non c'é rimasto tempo, siamo vicinissimi alla fine". Così Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, al termine dell'incontro con Pier Luigi Bersani, parlando della situazione delle imprese e chiedendo al più presto un "governo stabile in grado di governare e che faccia appello a tutti gli uomini di buona volontà".

Le imprese, ha spiegato Squinzi, "sono disperate e il problema dell'occupazione sta diventando tragico". Per questo Confindustria "ha segnalato la sua estrema preoccupazione per l'economia reale del Paese". "Bisogna metterci mano con priorità assoluta", ha ribadito, assicurando che Confindustria "é disponibile a dare il supporto necessario". "Noi imprenditori - ha proseguito - siamo ottimisti per definizione, ma serve un cambio di marcia per il nostro Paese".

GIORGIO SQUINZI

ITALIAFUTURA AVVERTE BERSANI,DIREMO NO A GOVERNICCHI - "Senza i voti di Scelta Civica il 'piano A' di Bersani non potrà vedere la luce e la parola ripasserà immediatamente al Presidente Napolitano. Anche per questo è necessario dire con maggiore chiarezza che non siamo disposti a sostenere governicchi". E' quanto si legge in un editoriale di ItaliaFutura, pubblicato sul sito.

ANDREA ROMANO E PIERLUIGI BATTISTA

COLDIRETTI E COPAGRI, A PAESE SERVE ESECUTIVO ORA - Le associazioni del comparto agricolo sono compatte nel chiedere un governo in tempi rapidi. "Confidiamo si possa uscire da questa crisi con un governo il prima possibile, perché il Paese e l'agricoltura ne hanno bisogno", ha detto il presidente della Copagri, Franco Verrascina, al termine dell'incontro con Pier Luigi Bersani a Montecitorio. Verrascina ha ricordato che per la rinegoziazione della Politica Agricola Comune (Pac) servono un Esecutivo e un ministro in grado di rappresentare gli interessi dell'Italia.

Roberto Saviano

"Abbiamo registrato molta attenzione da parte dell'onorevole Bersani, ma già lo sapevamo; ora ci auguriamo che l'incarico conferito dal presidente della Repubblica possa chiudersi in termini positivi". Simili le considerazioni della Coldiretti. "La speranza è che si arrivi velocemente a un governo", ha detto il presidente Sergio Marini, sottolineando che "il Paese non si può permettere una nuova campagna elettorale" soprattutto ora che si entrerà nel vivo delle negoziazioni sulla Pac.

Marini ha poi sottolineato, con un implicito riferimento al consenso ottenuto dal Movimento Cinque Stelle, che "gli italiani hanno indicato un'Italia diversa rispetto ai paradigmi" su cui nei decenni passati si è basata l'economia italiana, sottolineando che a quelle politiche bisognerebbe ora affiancare interventi nei settori del del turismo, della cultura, del cibo e appunto dell'agricoltura. "Non solo green economy, ma anche modo diverso di vivere le relazioni sociali", ha detto.


2. GOVERNO: DELRIO,PRONTI A ESECUTIVO SCOPO CON PDL NON E' IL MOMENTO DI FARE CAPRICCI
(ANSA) - ''Se il Capo dello Stato chiede un governo istituzionale del Presidente, Pd e Pdl non possono fare i capricci''. Lo afferma a Repubblica, il Presidente dell'Anci Graziano Delrio, secondo cui se il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, dovesse fallire la strada diventerebbe obbligata: ''Serve un governo di scopo che duri cinque, sei o sette mesi, per approvare tre o quattro punti fondamentali''.

Graziano delrio

''Non avrebbe un orizzonte di legislatura - spiega Delrio sul possibile accordo con il Pdl di Silvio Berlusconi -. La nostra posizione e' coerente: non possiamo siglare alleanze organiche con il Pdl dopo una campagna elettorale finita 15 giorni fa. Non penso a una larga coalizione organica sul modello tedesco, non c'e' il clima ne' ci sono i personaggi''. Per Delrio, in ogni caso, ''non ci devono essere elezioni a tutti i costi. Se la richiesta arriva dal Colle, si puo' fare un governo del Presidente di cinque, sei o sette mesi per il bene del Paese''.

BERSANI E BERLUSCONI IN PREGHIERA ALLE URNE

Anche con la Lega? ''Se c'e' una proposta - replica Delrio -, ognuno e' chiamato a contribuire con senso di responsabilita'''. Intervistato anche dal Quotidiano nazionale, Delrio spiega che questo esecutivo dovrebbe essere ''guidato da una personalita' terza, senza leader politici, ma sostenuto in parlamento sia da Bersani, sia da Berlusconi, sia da Monti''.

Se si tornasse al voto, ''Matteo Renzi - sottolinea - e' una risorsa importante, ha un forte consenso nel Paese ed e' un ottimo amministratore. Decidera' il Pd, ma sarebbe un peccato sprecarlo'', ''mi pare che nel partito il clima sia molto cambiato. Ora tutti dicono che il Pd deve rinnovarsi e il percorso di lealta' e di serieta' intrapreso da Matteo fa si' che nessuno lo percepisca piu' come un corpo estraneo''. In ogni caso, assicura, Renzi vuole ''riaffermarsi tramite le primarie''.

berlusconi bersani


3. L'AFFONDO DI BERSANI SU BERLUSCONI
Carlo Bertini per "La Stampa"


«No a un governo della concordia, ma solo corresponsabilità sulle riforme istituzionali», tiene a chiarire bene Pierluigi Bersani, per placare le ansie di chi dentro il suo partito teme che i confini vengano superati per beneficiare di un appoggio del nemico: indispensabile in varie forme per far partire un governo. E proprio questo è uno dei motivi che spinge il leader Pd a convocare domani la Direzione del suo partito, «per blindare il suo tentativo e tenere a bada chi, come i "giovani turchi", vorrebbe fissare paletti sul fatto che il governo non può passare con nessun voto di esponenti di Pdl o Lega», spiega uno dei massimi dirigenti della war room bersaniana.

Berlusconi sul palco di piazza del Popolo

Il secondo motivo che induce il leader a serrare i ranghi è chiarire che dopo di lui non ci saranno altri tentativi che avranno maggior chances di riuscita. Lo dice a modo suo Bersani, «non nego che la porta sia stretta, ma se mi metto al servizio di questa possibilità non è per ambizione personale, ma perché altre cose sarebbero ancora più difficili e precarie».

BERSANI E NAPOLITANO

E su questo «paletto» ha per ora sia l'appoggio di ex Ppi come Fioroni, «Bersani ha le carte in regola per farcela», quindi il Pdl non speri in un secondo tempo; sia quello dei pasdaran «turchi» che non sarebbero disposti ad avallare neanche un governo guidato da una personalità come Fabrizio Barca - uno dei nomi più gettonati per il «dopo» - se questo dovesse significare aprire alle larghe intese.

Insomma, al primo giorno di consultazioni Bersani non fa grandi passi avanti, grazie anche al tintinnar di sciabole indotto dalle grida berlusconiane, ma usa bastone e carota, «presenterò norme stringenti su incandidabilità e ineleggibilità», avverte. Chi tiene i contatti a tutto campo è consapevole che i leghisti non farebbero mai nulla sotto la minaccia di una rottura delle giunte da parte del Pdl: quindi ci vuole quella «concordia», ma su un piano diverso che non può essere appunto quello di una nuova maggioranza di governo.

La eventuale disponibilità del Pdl a non ostacolare la nascita di un esecutivo, lo dicono tutti i massimi esponenti del Pd che affiancano Bersani in questa settimana di passione, passa attraverso uno snodo cruciale, «poter entrare nella partita per l'elezione del nuovo capo dello Stato. E noi gli stiamo facendo capire che se non stanno attenti finisce che dovranno digerire il nome a loro meno gradito».

ANDREA RICCARDI E MARIO MONTI FOTO INFOPHOTO

Dunque la road map del presidente incaricato si muove su un «doppio registro, riforme immediate su questioni sociali e moralità pubblica e riforme istituzionali, di cui si chiacchiera da 15 anni e su questo si può trovare un equilibrio tra le parti», spiega lui. Ma in realtà la partita si gioca su tre «cerchi concentrici», perché ad ammettere che vanno cercate larghe intese sul Colle è il suo consigliere Miguel Gotor: «Ma il primo cerchio è il governo del cambiamento, in cui un voto di fiducia non significa la nascita di una nuova maggioranza; il secondo è il tavolo delle riforme e se vogliono attivarlo, devono permettere al governo di partire, nelle forme possibili, uscire dall'aula o favorire la nascita di nuovi gruppi».

E in tal senso è vista con attenzione la nascita di un gruppo al Senato di dieci autonomisti di varie anime, «Gal, grandi autonomie e libertà», nato dall'unione di esponenti di Mpa, Pdl e Lega. Che però anche nella speranza di un appoggio tutto da conquistare, non risolverebbe il problema dei numeri: perché pure con il sostegno dei 21 senatori di Scelta Civica, che il Pd mette nel conto, la maggioranza si fermerebbe a meno 15. Sui 53 senatori grillini, Bersani non fa affidamento, anzi.

Fabrizio Barca

«Noi non stiamo inseguendoli, farò proposte di cambiamento e se altri si sottraggono rendono nulle le possibilità e ognuno si prenderà le sue responsabilità». Intanto il leader si prepara al meglio per arrivare giovedì da Napolitano con in tasca anche una squadra di governo snello, ma con nomi originali, pochi politici e molte donne. Ricorrono in queste ore sempre i nomi di Padoan, Barca, Zagrebelsky, Onida, De Rita, di Maria Chiara Carrozza e Michela Marzano, con qualche new entry, come l'ex Confindustria Giampaolo Galli. E ieri Bersani nel suo giro di confronto con le personalità della società civile, ha incontrato Roberto Saviano, garantendogli che se farà il governo «si faranno subito misure per la legalità».

 

 


CONTROREPLICA COL BOTTO DI TRAVAGLIO A FORMIGLI: ECCO PERCHÉ SI DETESTANO

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Marco Travaglio per Il Fattoquotidiamo.it

Naturalmente la mia ricostruzione è vera e ringrazio il simpatico Formigli, cui sono felice di aver regalato un quarto d'ora di celebrità, per averla confermata con l'aria di smentirla.

Corrado Formigli

1) Formigli si è intromesso eccome, e molto scorrettamente, fra Servizio Pubblico e La7, il cui direttore Paolo Ruffini, chiamato da Santoro e dal suo staff intorno a mezzanotte di giovedì sera, aveva dato ampia disponibilità a modificare i palinsesti per consentire a Grasso di ottenere il faccia a faccia con me prima di giovedì prossimo.

Marco Travaglio

A questi accordi ero rimasto, illudendomi che Ruffini avesse una parola sola, quando venerdì mattina - ignaro degli affettuosi cinguettii via twitter fra Formigli e Grasso - ho ricevuto l'sms di Formigli. L'idea che Formigli temesse che "il confronto si tenesse su una rete concorrente di La7" fa ridere i polli: il direttore Ruffini sapeva fin da giovedì sera che il confronto l'avremmo allestito alla prima data disponibile noi di Servizio Pubblico;

e già giovedì sera a Servizio Pubblico avevo dichiarato che, trattandosi di una rettifica di Grasso a quanto da me detto a Servizio Pubblico, la sede naturale del confronto era quella, o in subordine la web tv del Fatto (che può allestire un confronto in streaming in qualsiasi momento, senza spostare palinsesti televisivi, ed è naturalmente collegata col sito di Servizio Pubblico visto che il Fatto ne è azionista).

Immaginiamo che accadrebbe se Gian Antonio Stella del Corriere della sera scrivesse un articolo su Grasso che non piace a Grasso e accettasse di confrontarsi con lui per proseguire la polemica sulle pagine di Repubblica: verrebbe licenziato in tronco. Lo stesso credo accadrebbe se un collaboratore di Formigli (ipotetica del terzo tipo) polemizzasse con Grasso e poi i due venissero a confrontarsi a Servizio Pubblico.

Corrado FormigliMICHELE SANTORO MARCO TRAVAGLIO

2) Non ho mai "chiuso la comunicazione" telefonica con Formigli, né due volte, né una. Semplicemente ero in treno fra Roma e Bologna, in zona "scoperta", e quando ho visto le chiamate di Formigli gli ho scritto un sms. Dalla risposta ho capito esattamente quel che c'era scritto: e cioè che mi convocava nel suo programma: "Ciao Marco allora lunedì sei con noi a Piazzapulita per il confronto con Grasso? Se vuoi ne parliamo appena ti liberi".

Non riuscendo a capire perché diavolo avrei dovuto essere "con loro a Piazzapulita" lunedì, visto che Santoro aveva concordato col direttore di La7 il confronto in un'edizione speciale di Servizio Pubblico (si parlava di domenica sera), ho ribadito a Formigli quanto avevo detto in trasmissione, casomai gli fosse sfuggito. Ho poi saputo, visto che non seguo twitter avendo di meglio da fare, che Grasso e Formigli si erano già amorevolmente accordati alle mie spalle. Poi ho anche scoperto che Ruffini, dimentico di quel che aveva concordato con Santoro, aveva cambiato idea. Ah, dimenticavo: non ho una colf, dunque non posso trattarla né bene né male.

3) Conservo gli sms importanti, dunque non quelli di e con Formigli. Comunque la mia risposta fu esattamente quella che avevo riassunto io, peraltro identica a quel che avevo subito detto a Servizio Pubblico: la sede naturale del confronto è Servizio Pubblico oppure il sito di Servizio Pubblico collegato in streaming con la web tv del Fatto.

CORRADO FORMIGLI A PIAZZA PULITA NELLA PUNTATA SU BEPPE GRILLO

Quanto all'esclusiva, che mi lega a Servizio Pubblico, a Formigli risulta male: nell'ultima stagione ho partecipato ad altri programmi (che scelgo io, non Formigli) solo nei periodi in cui Servizio Pubblico non andava in onda. Lo possono testimoniare Lilli Gruber, Enrico Mentana, Victoria Cabello e gli amici di SkyNews, dei quali sono felice di essere ogni tanto ospite, ma dei quali ho declinato alcuni inviti (con Mentana anche il giorno delle elezioni) perché sono legato in esclusiva a Servizio Pubblico.

MARCO TRAVAGLIO

Aggiungo, visto che Formigli mi provoca, che a Piazza Pulita non metterei piede neppure se fossi libero da vincoli: e credo che lui sappia bene il perché. Ho tanti difetti, ma non la smemoratezza, e non dimentico com'è nato Piazza Pulita. Mentre Santoro e tutti noi, due anni fa, Formigli compreso, ci battevamo contro una proposta indecente di contratto con La7 che prevedeva la censura preventiva della rete e la manleva legale alla rete, lui si proponeva per condurre un talk show il giovedì sera al posto nostro. Anche a me fu offerta da Stella e Bernabè la conduzione di un programma alternativo su La7, ma naturalmente rifiutai.

WALTER VELTRONI PIERO GRASSO

Così ce ne andammo, ci mettemmo in proprio e, grazie anche alle sottoscrizioni di 100 mila cittadini, creammo un rischiosissimo network di tv locali a cui poi si aggiunse Sky-Cielo. Qualcuno sperava che scomparissimo, invece riuscimmo egregiamente a sopravvivere con Servizio Pubblico, che anche dall'iperuranio era più visto di Piazza Pulita (intanto Formigli dichiarava elegantemente a Libero: "Non darei 10 euro a Santoro per Servizio Pubblico"). Tanto che quest'anno La7 è tornata sui suoi passi e ha acquistato Servizio Pubblico, per il giovedì sera e alle nostre condizioni di libertà.

DANDINI E RUFFINI

4) La difesa che fa Formigli del suo direttore è commovente. Ma se Formigli e Ruffini non volevano essere accusati di essersi accordati con Grasso alle mie spalle, non avevano che da propormi il confronto a Piazza Pulita quando lo proposero a Grasso. Invece Ruffini ha detto una cosa e poi il suo contrario nel breve volgere di una notte. E Formigli ha contattato Grasso giovedì sera, ne ha incassato l'adesione venerdì alle 7.31, poi con comodo s'è ricordato di avvertire anche me verso le 11.

Bella premessa per un confronto ad armi pari. Quanto alle "maniere forti" e ai "manganelli", vorrei rassicurare Formigli: non le ho mai usate né invocate in vita mia, e comunque lui è talmente servizievole che nessuno gli torcerà mai un capello, tantomeno il suo direttore (lo stesso che dirigeva Rai3 quando mi attaccò perché da Fazio avevo scoperchiato alcuni altarini di Renato Schifani, ex socio di suo zio, Enrico La Loggia, dopodiché guardacaso da quelle parti diventai un appestato per qualche anno).

Formigli Corrado PIERO GRASSO

"Mettere a posto Formigli" significa semplicemente fare quel che farebbe un direttore: dirgli di stare al suo posto, senza impicciarsi in faccende che non lo riguardano, tantopiù che Santoro, con l'avallo di Ruffini, stava preparando uno speciale per il confronto fra Grasso e me.

5) Attendo con ansia di conoscere le mie "bugie" e le mie "ricostruzioni" che "da un po' di tempo" farebbero "acqua da tutte le parti". Su Piero Grasso scrivo e dico cose molto più pesanti di quelle dell'altra sera da almeno dieci anni, dunque se sono false lo sono da parecchio tempo. Peccato che Grasso non le abbia mai ritenute tali, visto che non mi ha mai querelato. Mi auguro che Formigli abbia buone fonti in materia, anche se non le ha mai tirate fuori.

PAOLO RUFFINI E DOMENICO PROCACCI

6) L'invito finale a Piazza Pulita, dopo due pagine di insulti, è un capolavoro degno di Tartuffe. Formigli, domani sera, se le può cantare e suonare tranquillamente con Grasso (che poi era il loro scopo fin dall'inizio), così come ha fatto ultimamente con Monti, Bersani e altri big che, guarda un po', a Servizio Pubblico non mettono piede. E potrà anche scoprire per la prima volta mondi finora inesplorati dal suo programma, succhiando la ruota al nostro.

Personalmente non vedo l'ora di confrontarmi con Grasso: ho già pronte tutte le carte per dimostrare ciò che ho detto giovedì e anche tante altre cose. Lo farò volentieri giovedì sera a Servizio Pubblico, se Grasso accetterà il nostro invito. Se non lo farà, e spiegherà convincentemente perché il programma più visto di La7 non può ospitare il confronto su una polemica nata proprio lì, sarò lieto di incontrarlo - se otterrò una deroga alla mia esclusiva - in altre trasmissioni di La7 da lui proposte (da Lilli Gruber, da Mentana, da Lerner), purché siano garantiti un minimo di agibilità, di equilibrio e di decenza.

corrado-formigli

Possibilmente senza che il conduttore si accordi con Grasso alle mie spalle e poi mi chiami a cose fatte. Possibilmente con la rinuncia, da parte del presidente del Senato, dell'insindacabilità parlamentare, visto che lui è immune per qualunque cosa dica, mentre io rispondo penalmente e civilmente di tutti i miei scritti e di tutte le mie parole.

Per la data e l'orario non ho problemi né veti: giovedì Grasso aveva una gran fretta, salvo poi dirsi impegnato fino alle 21.15 di lunedì. Ma, se riesce a liberarsi un'ora prima, ci possiamo vedere anche domani sera al Tg de La7 o a Otto e Mezzo. Mentana e Gruber permettendo.

 

 

UN PAESE SENZA - MENTRE "SIAMO VICINISSIMI ALLA FINE" (SQUINZI), IL PD SI SBRANA

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Ansa.it

‘'La proposta che rivolgo alle forze parlamentari si basa su uno schema che consente a ciascuna di esse di riconoscervisi''. Lo ha detto Pier Luigi Bersani al termine della seconda giornata di consultazioni, rispondendo ad una domanda se sia possibile una forma di accordo con il Pdl per far nasce il governo.

RENZI E BERSANI PD

Telefonata di Matteo Renzi al segretario del Pd Pier Luigi Bersani in vista della Direzione di domani. Secondo quanto riferiscono fonti vicino al segretario il colloquio e' servito a rasserenare il clima dopo che in giornata si e' sviluppata una polemica tra esponenti vicini a Renzi e quelli che sostengono Bersani.

RENZI E BERSANI

BERSANI, LARGHE INTESE? NON MI STO OCCUPANDO DI QUESTO "Sto facendo incontri sulle questioni economiche e sociali". Non risponde, invece, a chi gli chiede se farà mai accordi con il Pdl: "Lasciatemi andare", dice Bersani. 'Mi sto occupando dei problemi del paese', ha detto Bersani risponde a chi gli chiede, dopo le consultazioni di questa mattina, se si ci sarà un governo di larghe intese con il Pdl. "Non mi sto occupando di questo", taglia corto Bersani.

BERSANI-RENZI

Questo il calendario degli incontri di oggi: 10,30 è arrivata la delegazione di Confagricoltura, Cia, Copagri e Confcoperative. Alle 11 la Coldiretti, alle 16 Confindustria poi Alleanza Cooperative Italiane e alle 18 Confprofessioni; infine, alle 18,30, la giornata si chiuderà con gli incontri con le delegazioni di Abi e Ania.

RENZI E BERSANI

FASSINA, GRAVE PARTE PD INDEBOLISCA BERSANI - "E' grave che, in ore decisive per la costruzione di un Governo, una parte del Pd intervenga per indebolire il tentativo del Presidente incaricato Bersani prospettando una possibile maggioranza con il PdL per un 'Governo del Presidente'". Lo scrive Stefano fassina, in un intervento su Facebook diffuso in un comunicato, in cui sostiene che "Indebolire il tentativo di Bersani vuol dire avvicinare le elezioni". Parole che sembrano una risposta all'intervista di del 'renziano' Graziano Delrio su Repubblica.

BINDI FASSINA BERSANI

SQUINZI - "Non c'é rimasto tempo, siamo vicinissimi alla fine". Così Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, al termine dell'incontro con Pier Luigi Bersani, parlando della situazione delle imprese e chiedendo al più presto un "governo stabile in grado di governare e che faccia appello a tutti gli uomini di buona volontà". Le imprese, ha spiegato Squinzi, "sono disperate e il problema dell'occupazione sta diventando tragico". Per questo Confindustria "ha segnalato la sua estrema preoccupazione per l'economia reale del Paese". "Bisogna metterci mano con priorità assoluta", ha ribadito, assicurando che Confindustria "é disponibile a dare il supporto necessario". "Noi imprenditori - ha proseguito - siamo ottimisti per definizione, ma serve un cambio di marcia per il nostro Paese".

renzi

ITALIAFUTURA AVVERTE BERSANI, DIREMO NO A GOVERNICCHI - "Senza i voti di Scelta Civica il 'piano A' di Bersani non potrà vedere la luce e la parola ripasserà immediatamente al Presidente Napolitano. Anche per questo è necessario dire con maggiore chiarezza che non siamo disposti a sostenere governicchi". E' quanto si legge in un editoriale di ItaliaFutura, pubblicato sul sito.

2. LA RISPOSTA DEI RENZIANI
Repubblica.it

Bersani e Renzi scherzano al telefono. In seguito una telefonata distesa e molto cordiale tra Bersani e Renzi abbassa i toni e chiude la polemica. "Nessun tentativo di ostacolare il segretario", assicura il sindaco di Firenze. Da parte sua, Bersani ha parlato di un "partito aperto" che discute in streaming le posizioni da prendere, "a differenza di altri".

renzi monti

La risposta dei renziani. A Fassina risponde anche la deputata Pd Simona Bonafè, una delle più strette collaboratrici di Matteo Renzi: "Non so a chi si riferisca Fassina. La strada che ha intrapreso Bersani è in salita e lo sapevamo anche prima del mandato esplorativo. E' difficile ma legittimo il tentativo di Bersani e speriamo vivamente che vada a buon fine. Prima è, meglio è per il Paese".

"Io qualche perplessità ce l'ho e se il tentativo di Bersani dovesse fallire allora tutto si rimanderebbe a Napolitano. Se tornare alle elezioni lo deciderà il Presidente della Repubblica, ma dobbiamo usciere dallo stallo il più presto possibile - prosegue -. Io non sono pregiudizialmente ostile. Sul rapporto con i parlamentari del M5S ha aggiunto: Non ho ancora avuto l'occasione di confrontarmi con i colleghi del M5S, certo è che se le loro proposte sono No Tav e referendum sull'euro, allora non ci siamo". Da parte sua, l'onorevole Ernesto Carbone invita Fassina a prendere una camomilla.

 

 

TUTTO IL MONDO È “EL PAIS”: “MERKEL COME HITLER”!

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(AGI)
Il quotidiano spagnolo 'El Pais' e' stato costretto a cancellare precipitosamente un editoriale in cui Angela Merkel veniva paragonata ad Adolf Hitler, scusandosi per il contenuto "inappropriato" dell'articolo che l'articolo aveva scatenato una bufera su Internet.

Un manifesto con la scritta da Hitler a Merkel mostrato da un manifestante ad Atene nazzi merkel atene

Nell'editoriale, pubblicato sul sito web del quotidiano e nella sua edizione andalusa, l'economista Juan Torres Lopez dell'Universita' di Siviglia, scriveva che la "Merkel, come Hitler, ha dichiarato guerra al resto del continente, stavolta per garantire (alla Germania) il suo spazio economico vitale". La polemica scatenatasi sul web ha costretto il quotidiano a cancellare l'articolo "La Germania contro l'Europa": "El Pais - si legge ancora nel comunicato- si rammarica che un errore di vigilanza abbia permesso la pubblicazione di questo materiale: le opinioni di Torres Lopez sono solo sue".

 

IL CINEMA DEI GIUSTI – ARRIVANO I PIEDIPIATTI D’OLTRALPE

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Marco Giusti per Dagospia

due agenti molto speciali trailer italiano


Calma! Non è vero che solo noi facciamo commedie cazzare mezzo copiate da quasi tutto scritte così così con zero idee in testa con la coppia sud-nord, povero-ricco che dopo essersi menati per metà film si scoprono amici per la pelle.

due agenti molto speciali

Questo ipercazzaro, ma gradevolissimo "Due agenti molto speciali", traduzione fantasiosa di "De l'autre coté du periph", di David Charhon, regista del mai pervenuto da noi "Cyprien", storia di due poliziotti francesi, uno, Laurent Lafitte, bianco e pariolo di Parigi centro, l'altro, la star Omar Sy, nero, con figlio a carico, nato e cresciuto in periferia che opera in quel di Bobigny, più o meno come Er Tufello, è proprio la dimostrazione che anche in Francia i produttori si comportano proprio come da noi.

Hai fatto un fracasso di soldi con "Quasi amici" con la coppia bianco in carrozzella-nero coatto de borgata? Bene, riprendi Omar Sy, lanciato ormai verso una carriera internazionale, sta girando il novo "X-Men" (cazzo!), lo trucchi da Monnezza, poliziotto di periferia, e lo metti in coppia con un bianco alla Renato Pozzetto (eh, la Madoooona...), un po' scemo ma onesto.

due agenti molto speciali omar sy e laurent lafitte in una scena della commedia

Condisci il tutto con una storiellina gialla alla Bruno Corbucci, una ricca strappona col vizietto del gioco viene trovata cadavere in una stradina fetente di Bobigny. Scende da Parigi centro un tenente che vuole diventare commissario e si incontra con Monnezza-Omar Sy. Se ne dicono di tutti i colori, poi diventeranno amici per la pelle.

Non manca niente, il bambino di Monnezza, la bella collega che mostra il culo, Sabrina Ouazani nei panni di Yasmine, complimenti, i cattivi che vengono tutti dal mondo dei poteri forti francesi, legati alle grandi industrie, i sindacalisti corrotti, pure un Bombolo arabo che si chiamava Nadir e ora è diventato Giovanni.

foto dal film

La cosa più divertente è che, mentre il flic nero Ousmane Diakhité-Omar Sy ha il culto dell'Axel Foley di "Beverly Hills Cop", cioè Eddie Murphy, ovvio, il flic bianco François Monge- Laurent Lafitte, ha quello di "Joss il Professionista", vecchio poliziottesco del 1981 di Georges Lautner con Jean-Paul Belmondo che da loro è quasi un Maurizio Merli.

Aggiungiamo una scena alla "Delitto al Blu Gay" dove i nostri eroi si ritrovano nudi in un club per maniaci sessuali inseguenti i cattivi. E' lì che la bella Yasmine si toglierà tutto per esigenze di lavoro. Non ci sono le scoregge, però il flic pariolo non si perde un culo né per le strade di Bobigny né al commissariato.

omar sy

Più o meno come il personaggio di Daniel Boulanger in "Non sparate sul pianista" di François Truffaut. Citazione altissima. Il film si vede, ma Omar Sy, vero motore di tutto, merita di meglio. In patria ha incassato 15 milioni di euro e qui potrebbe andar benone. Ma perché non li facciamo noi questi film. Non siamo abbastanza cazzari? In sala dal 28 marzo.

 

SFONDATI DALLE FONDAZIONI BANCARIE - IL CAOS POST-ELETTORALE AIUTA I SIGNOROTTI DELLA FINANZA A FARSI GLI AFFARI PROPRI

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Giorgio Meletti per "Il Fatto Quotidiano"

GIUSEPPE GUZZETTI resize

Il sonno della politica genera mostri. Come la Cassa Depositi e Prestiti, 300 miliardi di euro di denaro pubblico su cui le Fondazioni bancarie stanno definitivamente imponendo il suo controllo. Prima approfittando della sobria complicità del governo Monti. Adesso sfruttando il caos post-elettorale.

Mentre i parlamentari a 5 stelle si apprestano a contare le caramelle di Montecitorio e quelli del Pd sognano governi impossibili, un drappello di sopravvissuti di Prima e Seconda Repubblica acquisisce un potere economico paragonabile all'Iri dei tempi d'oro. L'ultimo colpaccio l'hanno messo a segno l'altro ieri. La Banca d'Italia ha ceduto al Fondo Strategico Italiano, braccio operativo della Cdp, il 4,5 per cento delle Assicurazioni Generali. Così la Cdp si trova a essere il secondo azionista del gigante europeo delle polizze.

chiamparino

Il leader e profeta di questo contro-potere è Giuseppe Guzzetti, 78 anni: presidente della Regione Lombardia dal 1979 al 1987, poi deputato Dc, è da 16 anni presidente della Fondazione Cariplo, terzo azionista della prima banca italiana, Intesa Sanpaolo. Primo azionista dell'istituto milanese è un'altra fondazione, la Compagnia di San Paolo, alla cui testa è stato sistemato l'ex sindaco di Torino, Sergio Chiamparino.

E chi è il secondo azionista di Intesa? Le Generali di cui sopra. E chi è l'amministratore delegato della Cdp? Giovanni Gorno Tempini, ex manager di Intesa nonché pupillo del presidente della banca Giovanni Bazoli, che sta per farsi rieleggere, nonostante gli 80 anni compiuti, dai suoi fedeli azionisti: Guzzetti, Chiamparino e Generali.

Questi irriducibili stanno arpionando una ricchezza immensa. Il pacchetto delle azioni Generali completa un bouquet di partecipazioni tra le quali spiccano il controllo dell'Eni, di Terna, della Snam, della Sace, della Simest e della Fintecna, che a sua volta possiede la Fincantieri. Le partecipazioni azionarie valgono 30 miliardi, un decimo del patrimonio gestito dalla Cdp. Che infatti è una banca, l'unica in Italia ad andare bene, forse perché finora non è stata gestita dai baroni della Fondazioni, sicuramente perché esercita una sorta di strozzinaggio di Stato.

Giovanni Gorno Tempini

Raccoglie il risparmio postale che vale 233 miliardi di euro (un quarto di tutti i depositi bancari) e viene pagato dalla Cassa al tasso del 2,7 per cento al lordo delle tasse e delle spese di Poste Italiane. Cdp impiega quei soldi "a sostegno della crescita del Paese". Per circa 90 miliardi li presta agli enti pubblici, soprattutto i Comuni, per mutui su cui impone tassi attorno al 4,5 per cento. Il resto finisce in titoli e liquidità. Pagando poco i risparmiatori e imponendo interessi esosi ai Comuni la Cassa ha guadagnato l'anno scorso 3,5 miliardi. E tra pochi giorni distribuirà agli azionisti un miliardo di dividendi.

Luigi Zingales

Tutti pensano che la Cdp sia statale, però ha anche azionisti privati: le Fondazioni. Due economisti di scuola bocconiana come Roberto Perotti e Luigi Zingales sostengono che le Fondazioni bancarie, create nel 1990 dall'oggi aspirante presidente della Repubblica Giuliano Amato, sono il frutto di una "perversa genialità: dopo aver sottratto soldi ai cittadini (i legittimi proprietari delle vecchie casse di risparmio pubbliche), ora si presentano come i loro benefattori", vantando le generose "erogazioni" di finanziamenti ai momenti nobili della società civile (cultura, volontariato, assistenza ai più poveri).

In realtà, spiegano i due economisti che da tempo ne propugnano la ri-nazionalizzazione, le Fondazioni si sono impadronite di denaro pubblico ribattezzandolo privato. Il loro istinto è dunque di allungare le mani anche sul denaro della Cdp. Nel 2003 l'allora ministro dell'Economia Giulio Tremonti ebbe l'idea di far diventare "privata" la Cassa, per nasconderci un po' di debito pubblico e non farlo risultare. Aveva bisogno di soci privati e li trovò nelle Fondazioni: acquistarono per un miliardo di euro azioni privilegiate della Cdp, facendo firmare allo Stato l'impegno a garantire un dividendo del 3 per cento più l'inflazione.

Ciò che lo Stato si guarda bene dal promettere ai chi compra i suoi Bot Tremonti lo concesse alle Fondazioni, che in questi dieci anni hanno ripreso in interessi il loro miliardo, alla media del 10 per cento all'anno di rendimento. L'accordo prevedeva però che a un certo punto l'azionista di minoranza convertisse le azioni privilegiate in ordinarie, versando un conguaglio.

Mussari Passera Bassanini

Da quando è stata "privatizzata" la Cdp ha triplicato i suoi attivi patrimoniali e quadruplicato il suo patrimonio netto, la redditività, a spese dei risparmiatori, è esplosa. Così la Deloitte, incaricata di periziare il valore attuale della ditta, ha detto che le Fondazioni dovevano versare un conguaglio di 4,5 miliardi per la conversione delle loro azioni. Apriti cielo. Guzzetti, Chiamparino e Bazoli hanno messo il muso.

Subito si è mobilitato per accontentarli il presidente della Cdp, Franco Bassanini, deputato di vari partiti per 27 anni e quando era senatore di Siena lord protettore di Giuseppe Mussari, sposato con il vicepresidente del Senato, Linda Lanzillotta. Con la silenziosa complicità di un altro amico delle Fondazioni, il ministro dell'Economia Vittorio Grilli, Bassanini ha pilotato una soluzione ottima: anziché 4,5 miliardi le Fondazioni ne pagheranno solo uno, in tre comode rate annuali corrispondenti ai dividendi incassati. In più una modifica dello statuto fa sì che ai "soci di minoranza" ora spetti la nomina del presidente della Cdp. Così Bassanini, solo indicato da Guzzetti per il primo mandato, sarà da lui rinnovato in modo diretto all'assemblea del prossimo 17 aprile.

Spetterà al prossimo governo, quando e se ci sarà, dare un parere su questo modo di gestire il denaro pubblico.

 

ABRAMOVICH FERMATO NEGLI USA?

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1 - ABRAMOVICH FERMATO DAL FBI
Da "Corriere.it"

ROMAN ABRAMOVICH Boris Berezovsky and Roman Abramovich

Il miliardario Roman Abramovich è stato fermato dall'Fbi negli Stati Uniti: lo rivela una fonte al canale televisivo russo Rbc-Tv, come riporta l'agenzia Rbc. Al momento non è noto il motivo del fermo, che potrebbe essere legato alle attività imprenditoriali del 46enne patron del Chelsea o all'inchiesta sulla morte del suo ex socio in affari, l'oligarca Boris Berezovsky.

VLADIMIR PUTINberezovsky

I DUBBI - Per ora non si hanno conferme ufficiali, ma la notizia del fermo è stata riferita anche dal corrispondente negli Usa del quotidiano russo Komsomolskaya Pravda.

2 - USA: PORTAVOCE ABRAMOVICH, SONO SCIOCCHEZZE
(ANSA) - Il portavoce dell'oligarca russo Roman Abramovich ha smentito la notizia, diffusa da Rbk tv, del presunto fermo dell'oligarca russo da parte dell'Fbi. "Queste sono sciocchezze", ha dichiarato alla tv Dozhd.

 

CONFLITTO D’INTERESSI 2.0 - GRILLO E CASALEGGIO SONO DIVENTATI DEI GIGANTI DELL’IMPRENDITORIA DIGITALE

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Paolo Bracalini per "Il Giornale"

grillo casaleggio

«Conflitti di interesse». Chissà a chi pensava Bersani quando ha sottolineato il plurale della proposta con cui alletta il voto M5S.

Proprio lì, in casa Grillo/Casaleggio, sembra nascondersene uno, di conflitto di interessi, e nemmeno tanto piccolo. Leader di partito, Grillo, unico proprietario del marchio «Movimento Cinque Stelle», ma soprattutto gestore, insieme all'amministratore Casaleggio, del sito Beppegrillo.it, e di quello - collegato allo stesso dominio - del movimento politico.

OGNUNO VALE UNO - CASALEGGIO COME V PER VENDETTA

Sito-blog che guadagna (tutto assolutamente trasparente) con la pubblicità on line e che moltiplica i suoi accessi, e dunque la probabilità di introiti pubblicitari, col successo del partito. In breve, meglio va il M5S, più lettori ha il sito di Grillo che vende banner pubblicitari, parametrati sul numero di accessi al sito. Più voti, più visite, più pubblicità, più guadagni.

GRILLO E CASALEGGIO

Il dato è abbastanza clamoroso. Secondo le rilevazioni della web company Alexa, nei mesi della campagna elettorale di Grillo (lo tsunami tour), il numeri di accessi al blog del comico sono aumentati dell'82%, le pagine viste del 96%. Di più, se ci limitiamo agli ultimi 30 giorni, che più o meno corrispondono al boom elettorale M5S, la percentuale di schizza al 107% per gli utenti e più 124% per le pagine viste. Significa che con le elezioni il sito ha raddoppiato il suo audience.

casaleggio

Il traffico stimato raggiunge 1,5 milioni di pagine web al giorno, 175mila utenti. Che hanno un controvalore economico. Il sito si appoggia a Google Adsense, la concessionaria pubblicitaria di Google. Il ricavo medio stimato è di 5 euro ogni mille pagine visitate. Perciò il Sole24Ore ha calcolato per Beppegrillo.it un ricavo annuo che oscilla tra i 5 e i 10 milioni di euro (secondo Webnews invece 1 milione di euro, più altri ricavi).

SONIA ALFANO

Al traffico sulla piattaforma del comico e del suo guru informatico contribuiscono ovviamente i clic sul sito del M5S. Che, se ci si prova a iscrivere, offre queste informazioni: «Titolare del trattamento dei dati è Giuseppe Grillo nato a Genova il 21/7/1948». Lui. «Mentre il responsabile del trattamento dei dati è Casaleggio Associati s.r.l». Per riassumere in modo brutale, è come se, cliccando sul sito del Pd, guadagnasse Bersani (ogni volta che un utente clicca sulla pubblicità o compra). Un conflitto di interessi, a occhio e croce.

«Certamente un merito per Grillo e Casaleggio, che hanno saputo tirare su il blog» spiega un esperto di web marketing. In effetti il sito di Grillo, che non è censito da Audiweb, risulta attualmente secondo Alexa il 39esimo sito più visto in Italia, dopo giganti come i motori di ricerca e i siti porno, superato soltanto, nel settore news, dai siti di Repubblica, Corriere e Mediaset.

ANTONIO DI PIETRO - ITALIA DEI VALORI

Il boom di contatti avuto nel 2013, in pieno tsunami tour, è registrato anche dalla società americana Compete, cui si appoggiano Cnn e New York Times. Nel grafico riportato dal blogger Davide Casati si vede un picco impressionante che corrisponde a dicembre-gennaio 2013, periodo clou della campagna elettorale Cinque stelle. «La massa di visitatori - scrive il blogger, che parla di Guadagni a cinque stelle - è stata talmente sproporzionata ai dati medi che più volte il blog del comico è caduto sotto il peso dei troppi contatti».

Digitando in questo istante beppegrillo.it compare sopra la testata la pubblicità di Amazon, leader mondiale nella vendita di libri on line. Amazon è un partner del sito di Grillo, che per ogni libro venduto guadagnerebbe fino al 10% del prezzo del libro. Che spesso ha come autore lo stesso Grillo, e come editore la Casaleggio Associati. Ma altri inserzionisti compaiono sul sito del leader M5S. Un successo enorme. Che ha un prezzo.

ANTONIO PADELLARO E MARCO TRAVAGLIO

Per avere la consulenza di Casaleggio, artefice del successo del blog di Grillo, bisogna avere un budget molto alto. «Lo dissi a Casaleggio, non ce l'ho 1 milione di euro da darti per il blog», racconta a Gaetano Pecoraro di Piazza Pulita l'europarlamentare «ex grillina» Sonia Alfano. Richiesta un po' più bassa fatta da Casaleggio al Fatto quotidiano (più di 500mila euro), e già prima all'Idv di Di Pietro, accettata (pare sui 400mila euro l'anno). E l'amato web conia il termine: «Conflitto di interessi 2.0».

 


CIPRO E LA CAMERA A GAS DI MEDVEDEV - “IL FURTO CONTINUA”, DICE IL PREMIER RUSSO SUL SALVATAGGIO

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1. CIPRO: MEDVEDEV, CON 'IL FURTO CONTINUA' RIECCHEGGIA LENIN
(ANSA) - "Il furto continua": con questo commento a caldo, il primo sul salvataggio europeo di Cipro, il premier russo Dmitri Medvedev sembra aver voluto fare del sarcasmo sull'intenzione attribuita agli europei di mettere a frutto i controversi depositi russi nell'isola, considerata un paradiso fiscale. La sua frase riecheggia quella pronunciata da Lenin nel 1918 per giustificare gli espropri bolscevichi, ossia "rubiamo quello che è stato rubato".

Medvedev con il vecchio presidente cipriota Demetris Christofias

Mosca aveva reagito con ira la scorsa settimana alla prima versione del piano, poi bocciata dal parlamento cipriota, anche per non essere stata consultata o informata, parlando di 'espropri' e paragonando l'attitudine dell' Unione europea a quella dei Soviet. Contemporaneamente, aveva chiuso tutte le porte agli aiuti sotto forma di partecipazioni nel settore bancario ed energetico.

MEDVEDEV A CIPRO


2. IL PARADISO FISCALE DI MOSCA E LA PARTITA SEGRETA SUL GAS
Luigi Offeddu per "Il Corriere della Sera"

Comando della flotta russa, 12 giorni fa, dichiarazione del comandante in capo ammiraglio Viktor Chirkov: «Il ministero della difesa ci ha ordinato di formare una task force che opererà nel Mediterraneo su base permanente». E che avrà come «cuore» la flotta del Mar Nero, con l'appoggio di quella baltica e di quella nordica.

Nel caso-Cipro non si agitano solo i conti ragioneristici di Wolfgang Schäuble, ministro delle finanze tedesco; o i vertici straordinari della Ue, che tanto straordinari non sono più perché ormai si svolgono quasi ogni settimana. Intorno alla piccola isola, ci sono grandi interessi geostrategici, e di svariate nazioni. E' certo anche a Cipro che pensa Sergei Shoigu, ministro della difesa russo, quando dice: «La nostra marina è in grado di operare in ogni mare del mondo che sia importante per i nostri interessi, e oggi il Mediterraneo è un'area di interesse per noi».

protesta a cipro contro merkel jpeg

Cipro è infatti un balcone affacciato sui «teatri» geopolitici più caldi del mondo: dalla Turchia (70 chilometri di distanza), a Libano e Siria (circa 100 chilometri), all'Egitto, a Israele. Ma soprattutto, Cipro è il «campo di Afrodite» (Venere, il suo nome dell'antichità): così è stato battezzato il gigantesco giacimento di gas naturale che si trova a Sud delle sue coste. E che da solo può soddisfare il 40% dei consumi di gas in tutta la Ue: 200 miliardi di metri cubi, per un valore stimato di 61 miliardi di euro, tre volte e mezzo il Pil di Nicosia.

Uno scrigno che vale diversi «salvataggi» della Ue, e che infatti è stato messo ufficiosamente sul tavolo dei negoziati, ad ogni riaccendersi della crisi: ipotetiche licenze di sfruttamento, offerte ufficiosamente da Nicosia come «garanzie collaterali» per colossali prestiti attesi dall'Eurozona, o da questo o quello Stato; con la Russia in prima fila, ma fra il pubblico dell'asta c'era e forse c'è anche la Cina.

cipro bailout laiki

Niente si è mai concluso, soprattutto per la presenza di un convitato di pietra: la Turchia, naturale tutrice della minoranza turca di Cipro, sostiene da sempre che gli eventuali benefici del «campo di Afrodite» non possono andare solo al governo della maggioranza greca, l'unico riconosciuto in campo internazionale.

Poi un altro importante vicino di casa, ed è Israele, che da sempre cerca di svincolarsi dalla dipendenza dai giacimenti altrui. Secondo le norme internazionali, ogni nazione può sfruttare i propri beni naturali - come appunto petrolio e gas - fino a 200 miglia nautiche dalle proprie coste, ma Israele e Cipro stanno gomito a gomito nel mare fino a un minimo di 140 miglia: la frontiera marina, sempre secondo le norme internazionali, è idealmente tracciata alla metà di questa distanza; dunque l'esplorazione del «campo di Afrodite» può essere almeno teoricamente un argomento di discussione.

Michael Sarris ministro finanze Cipro

Nei prossimi mesi, che Cipro venga «salvata» o no dalla bancarotta, questo stesso Mediterraneo sarà molto più popolato di prima. Intanto, molte altre navi russe si aggiungeranno a quelle già dislocate nell'area, come la fregata Ladny, l'incrociatore Moskva, le navi da sbarco Saratov, Nikolai Filchenkov e Novocherkassk, il sommergibile Alrosa, e così via. E anche altre presenze non militari, come i miliardi di depositi russi nelle banche cipriote, possono manifestare comunque l'interesse del Cremlino (ma anche la Germania, la Francia, l'Olanda e altri Paesi, qui hanno trovato per anni i loro Bengodi finanziari).

Per esempio, l'azionista principale del maggiore istituto isolano, quella Bank of Cyprus di cui tanto si discute a Bruxelles, è un tale Dmitry Rybolovlev: tre anni fa si è comprato quasi il 10% delle azioni, il suo patrimonio è stimato il 9,5 miliardi di dollari, e la sua casa di vacanze prediletta è l'ex villa di Donald Trump in Florida, comprata per 95 milioni di dollari; a Cipro, Rybolovlev ha finanziato la costruzione della cattedrale ortodossa di Nicola.

Nei prossimi mesi, intorno all'isola, aumenteranno anche certe navi «oceanografiche» di ogni Paese che a volte hanno molte più antenne del dovuto, cioè non studiano ma spiano. La guerra civile in Siria, le nuove inquietudini in Libano, l'instabilità dell'Egitto, agiranno probabilmente da calamita sui loro timoni: Afrodite, o Venere, continua a sedurre, ma oggi ha un fastidioso «profumo» di gas naturale.

CIPRO - TROIKA GO HOME


3. IL TAVOLO DELL'EURO E QUEL SILENZIO DELL'ITALIA SULLA SCELTA
Federico Fubini per "Il Corriere della Sera"

C'è un tassello nel rompicapo cipriota che continua a mancare: l'Italia. Il governo non ha ancora detto cosa pensa, e perché. Quando ieri sera è iniziato l'Eurogruppo che di fatto doveva decidere sull'ipotesi che un Paese lasci l'euro, pochi al di fuori sapevano quel era la posizione di Roma.

GIU' LE MANI DA CIPRO

Su questo punto l'esecutivo fino a ieri sera è rimasto in silenzio. Lo ha fatto quando l'Eurogruppo nove giorni fa ha accettato che fossero sforbiciati i conti bancari ciprioti anche sotto i 100 mila euro: una scelta che l'Istitute for International Finance, il club globale delle banche, definisce illegale perché violerebbe il principio di assicurazione sui depositi. Non è ciò a cui siamo stati abituati. Monti e la sua squadra avevano fatto della capacità di incidere a Bruxelles un (comprensibile) motivo di vanto.

Non questa volta, si direbbe, benché alcuni sembrino pensare che il trattamento di Cipro interessi indirettamente anche l'Italia. Dopo l'Eurogruppo su Cipro del 15 marzo Joerg Kraemer, capo economista di Commerzbank (una banca tedesca a controllo pubblico), ha detto che un prelievo sui depositi del 15% sarebbe la soluzione al problema del debito anche in Italia. Cipro è certo un caso unico, ma provoca discussioni ben oltre le sue sponde. Su questo si può essere d'accordo con la linea tedesca o meno, con validi argomenti. Ma non dire niente, almeno in pubblico, è un'altra storia.

 

 

IL FUOCO DI PAGLIA SUI BILANCI DELLA CURIA - I PM DI TERNI INDAGANO SUL BUCO DI 18 MLN € O PIÙ NEI BILANCI DELLA CURIA

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Fiorenza Sarzanini per "Il Corriere della Sera"

Operazioni immobiliari spericolate che avrebbero svuotato le casse. Compravendite di palazzi, anche di pregio, gestite da società ricollegabili a persone che lavorano presso gli uffici ecclesiastici.

VINCENZO PAGLIA E FRANCO SCAGLIA

Le verifiche sul «buco» nei bilanci della Curia di Terni arrivano a una svolta. La magistratura adesso ipotizza i reati di truffa e bancarotta. L'inchiesta ruota intorno a una serie di affari conclusi quando vescovo era monsignor Vincenzo Paglia, attuale presidente del Pontificio consiglio per la famiglia.

VINCENZO PAGLIA

E si affianca agli accertamenti avviati dal suo successore, monsignor Ernesto Vecchi, arrivato in Umbria a metà febbraio e incaricato dalla Santa Sede anche di scoprire che fine abbiano fatto 18 milioni di euro che mancano dai bilanci non escludendo che l'ammanco possa essere addirittura superiore ai venti milioni di euro. Una vicenda scottante che, secondo alcuni, potrebbe essere stata inserita nel dossier segreto gestito da papa Benedetto XVI prima delle dimissioni. L'ormai famosa relatio affidata adesso al pontefice Francesco.

VINCENZO PAGLIA

L'attenzione degli inquirenti è focalizzata sulle acquisizioni di alcune strutture di proprietà della Chiesa, ma anche di amministrazioni locali, effettuate a prezzi stracciati da aziende riconducibili ad uomini che per anni hanno collaborato con monsignor Paglia. E poi ristrutturate utilizzando i soldi destinati alle attività religiose. Il pubblico ministero Elisabetta Massini ha delegato le indagini alla squadra mobile di Terni. L'ultimo atto compiuto dagli investigatori diretti da Francesco Petitti è l'acquisizione presso gli uffici del Comune di Narni dei documenti relativi alla vendita del castello di San Girolamo.

A darne notizia, venerdì scorso, è stato il sito online Umbria24, che da tempo si occupa di quanto sta accadendo nella Diocesi. È uno dei capitoli più significativi dell'inchiesta perché mostra, secondo l'accusa, quale fossero le modalità per concludere le operazioni. Il castello è stato ceduto dal Comune tra maggio del 2011 e gennaio 2012, per un milione e 760 mila euro. La quota è stata così divisa tra la «Sim, Società iniziative immobiliari» (700 mila euro), la Diocesi di Terni, Narni e Amelia (900 mila euro) e l'Ente seminario vescovile di Narni (160 mila euro).

IL CAPO DELLA SANT EGIDIO VINCENZO PAGLIA

Il progetto iniziale prevedeva che fosse trasformato in un albergo, ma finora del progetto per la ristrutturazione non è stata trovata traccia. E dunque si sta cercando di scoprire a che cosa sia servito questo investimento, tenendo conto che la «Sim» è di proprietà di due persone ritenute molto vicine a monsignor Paglia come Luca Galletti e Paolo Zappelli: il primo è stato fino al 2012 presidente dell'Istituto diocesano per il sostentamento del clero di Terni e ora è il direttore tecnico della Curia, mentre l'altro ha ricoperto l'incarico di economo e attualmente è il direttore dell'ufficio amministrativo.

Ma soprattutto come mai si sia deciso di inserire negli accordi una clausola di recesso per i due istituti religiosi che scade alla fine dell'anno. Il sospetto è che la partecipazione delle istituzioni cattoliche sia soltanto una «copertura» e che in realtà la gestione immobiliare dovesse poi rimanere in esclusiva alla società.

I magistrati guardano a Narni, ma controllano anche altri affari come quello relativo all'affitto della struttura che ospita il Grand Hotel Terme Salus di Viterbo oppure l'acquisto dell'edificio delle scuole Orsoline di Terni. Tra gli indagati ci sarebbero i titolari di alcune società e gli esperti che avrebbero compiuto le valutazioni degli immobili, oltre ai commercialisti che si sarebbero occupati della stipula degli accordi. Ma le verifiche sono ad uno stadio iniziale e altri nomi potrebbero presto finire nel registro della Procura.
Monsignor Paglia nega di aver ricevuto un avviso e assicura che «tutto si è svolto in maniera regolare». Poi spiega «come si è arrivati a una sofferenza economica che mi era ben nota.

MONSIGNOR VINCENZO PAGLIA

C'era un problema già nell'amministrazione precedente e poi abbiamo intrapreso la costruzione di vari complessi parrocchiali. Il denaro utilizzato per la ristrutturazione di immobili o di chiese che doveva rientrare dalle casse parrocchiali non è arrivato e ciò ha aggravato il debito, sul quale già pesavano anche alcune acquisizioni di immobili per uso diocesano. Era stato fatto un ripiano attraverso la vendita di alcuni immobili non più utilizzati, la crisi ha reso tutto più difficile. Abbiamo preferito non svendere gli immobili, ma questo ha fatto sì che le esposizioni bancarie pesassero in maniera pesantissima».

PAGLIA E RICCARDI

L'alto prelato assicura che «tutto è stato fatto in accordo con i consigli di amministrazione e con l'Istituto per il sostentamento del clero» ed esclude in maniera categorica affari immobiliari con la comunità di sant'Egidio della quale è consigliere spirituale: «Ho sempre tenuto molto netta la separazione tra il mio incarico di vescovo e quello per sant'Egidio, tanto che ho deciso di lasciarlo proprio per evitare commistioni o speculazioni».

 

GRILLO VINTAGE: UN VAFFANCULO A CHIAPPE DI FUORI

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1. VINTAGE NOVELLA, SETTEMBRE 1991
Carlo Mondonico per "Novella 2000"

GRILLO NUDO SU NOVELLA 2000

Vent'anni fa Beppe Grillo era ancora un comico di grande successo e ogni sua stravaganza veniva immortalata dai paparazzi di Novella 2000. Come nell'estate del 1991, quando venne sorpreso al largo di Porto Cervo alle prese con uno strip tease da urlo. Lo stesso urlo che il comico genovese fece poi in direzione del nostro giornalista, che per la prima volta si vide mandare a quel paese. Anche oggi, che si è convertito alla politica, il suo grido di battaglia è rimasto il "vaffa!".

2. DA STAR TREK A BERTOLDO, COSÌ GRILLO
Michele Smargiassi per La Repubblica

«La resistenza è inutile. La vostra vita, come è stata finora, è finita. Da questo momento siete al nostro servizio. Arrendetevi!». Beppe Grillo? No, Star Trek.
Parlano così, nella saga fantascientifica, i Borg, cyber-umanoidi alla conquista dell'Universo. Ma anche Grillo ha parlato così per tutta la campagna elettorale, e non è una buffa coincidenza.

Non c'è nulla di meno casuale del linguaggio del capo, nella storia di successo del MoVimento 5Stelle. Pensare che sia folclore, o inerzia lessicale dell'attore satirico, è un'ingenuità, la stessa che sottovalutò Bossi e il suo gutturale lessico celodurista. In politica il linguaggio serve a circoscrivere e a proscrivere, a includere e a escludere: in fondo un partito è un campo semantico.

GRILLO NUDO SU NOVELLA 2000

Certo, essere stato un comico è un vantaggio competitivo. «Col linguaggio della satira si possono comunicare contenuti altrimenti indicibili», osserva Roberto Biorcio in uno dei saggi dell'ultimo numero di Comunicazione Politica,
rivista de Il Mulino, a cura di Ilvo Diamanti e Paolo Natale, tutto dedicato al caso M5S.

GRILLO NUDO SU NOVELLA 2000

Dietro la maschera del Tiresia beffeggiante, Grillo ha imperversato in territori sui quali nessun concorrente (neppure lo showman Berlusconi, che ne patisce palese invidia) poteva seguirlo, pena il ridicolo. La sua doppia casacca, di condottiero che tratta argomenti spesso seri e pensosi e di Bertoldo con la licenza del giullare, lo ha protetto come una corazza. Chi sparava sul politico, trovava il comico, e viceversa. Impossibile infilzarlo.

Così Grillo ha potuto scherzare senza scottarsi coi fuochi più incandescenti. Si è concesso di scimmiottare simboli impresentabili, dal gergo delle Br (sul suo blog esce periodicamente il «comunicato politico numero... ») al frasario del Duce (sui palchi grida, impettito: «Ita/liàni! »), sempre demoliti e sterilizzati da una risata, ma intanto ripescati dalla memoria collettiva.

BEPPE GRILLO FOTO DA CHI

L'arsenale retorico di Grillo è sapiente, attinge senza darlo a vedere a tutti i cataloghi, alti e bassi, pop e colti, letteratura e fumetto, affonda le radici nel profondo dell'immaginario popolare e antro-pologico. Vista la traversata a nuoto dello Stretto di Messina, tutti hanno pensato alla nuotata di Mao: ma dal sottofondo ancestrale dei siciliani forse è riapparso il mito di Colapesce, l'anfibio cercatore di tesori che immergendosi vide che la Trinacria poggiava su colonne corrose...

Così, l'uso pervicace dei nomignoli e delle storpiature offensive dei cognomi degli avversari (Rigor Montis, Gargamella, Psiconano...) è stato avvicinato alle beffe squadriste contro gli antifascisti, ma ne condivide solo la radice più lontana: l'abolitio nominis, nell'antica Roma, precedeva la damnatio memoriae
nella procedura di esilio dei reprobi.

Anche il turpiloquio, osserva Giovanna Cosenza in un altro saggio, è più di una banale arma contundente, è forma funzionale a un'operazione concettuale sofisticata: «la riduzione del politico alle miserie umane», la sua squalifica per indegnità dal campo del buono e del giusto. La veemenza è una scelta di elocutio:
funge da sigillo di autenticità sul messaggio, dice ancora Cosenza, fa pensare: «be', con l'energia che ci mette, saprà quel che dice».

parodia di grillo nei panni del sergente hartman di full metal jacket

Né ingenuo né spontaneo, dunque, il linguaggio di Grillo. Anche ora che pare aver dismesso le incandescenze da comizio, resta una macchina perfettamente adeguata allo scopo: tener lontano dai suoi, con una profilassi verbale, il contagio dei «seduttori» della politica, e creare un'identità di gruppo impermeabile all'esterno. Non è un gergo identitario di movimento, non è il "cioè-cazzo-compagni" degli anni Settanta. I grillini non parlano come Grillo, non ne hanno bisogno.

Quando per sbaglio ci provano, com'è capitato al capogruppo Crimi per la battuta sulla sonnolenza di Napolitano, fanno un pasticcio e devono chiedere scusa. Il capo, mai. L'impertinenza calcolata (e condonata) del "megafono" è il parafulmine che attira e scarica a terra gli strali degli avversari, proteggendo il gruppo: Grillo, leader "irresponsabile" in senso tecnico (non ha cariche, non è in Parlamento) può sopportarli senza farsi male. Come Ulisse (così è apparso in auto-caricatura nel suo blog), Grillo solo può ascoltare le sirene; i suoi «ragazzi» in Parlamento no, loro devono avere orecchie (e anche bocche) tappate dalla cera.

BEPPE GRILLO FOTO DA CHI

Si può definire il linguaggio della presenza/assenza, ovvero dell'incombenza. Grillo non ha veri interlocutori, nel blog lancia gli argomenti ma non interviene personalmente nelle discussioni. Eppure tutti lo chiamano Beppe, come avessero un canale speciale di contatto con lui.

grillo al quirinale sorri

Sorprenderà allora qualcuno scoprire, come ci informano Fabio Bordignon e Luigi Ceccarini, che i simpatizzanti del non-partito sedicente senza capi si sentano vicini al loro leader (44%) molto più di quelli degli altri partiti (38%)? O che (c'informa Sara Bentivegna) in quasi metà dei tweet che il grillini si scambiano compaia il cognome del leader? O ancora, che il 42% dei militanti sia convinto che senza Grillo il M5S non potrebbe sopravvivere?

 

 

ADIÒS JUAN CARLOS? MA IL RE DI SPAGNA NON MOLLA

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Andrea Nicastro per "Il Corriere della Sera"

JUAN CARLOS - VIGNETTA

La Spagna è impegnata a rincorrere i Giochi Olimpici del 2020 in concorrenza con Istanbul e Tokio. Contano infrastrutture e garanzie economiche, certo, ma anche ottime pubbliche relazioni. È una delle tipiche occasioni in cui, a un Paese, fa comodo avere nella manica una famiglia reale capace di impressionare gli esaminatori internazionali, gente dal sangue normalmente rossastro e quindi poco abituata a palazzi fiabeschi, piatti d'oro, arazzi e corone. Sulla carta, poi, quella spagnola è la migliore nobiltà «a cinque cerchi» in circolazione.

JUAN CARLOS A CACCIA

Re Juan Carlos ha sempre amato gli sport e partecipò ai Giochi di Monaco del ‘72. La regina Sofia è sorella di un oro olimpico. L'Infanta Cristina ha partecipato a Seul '88 e sposato un bronzo di pallamano. Il principe Filippo è stato portabandiera a Barcellona '92, ma senza medaglia. I Borbone insomma sanno di cosa si parla.

IL RE JUAN CARLOS CON UN GHEPARDO DA LUI UCCISO

Mercoledì sera, alla cena di gala in onore degli ispettori del Comitato Olimpico Internazionale (Cio), presenti anche alcuni fortunati giornalisti, era la grande occasione per essere utili alla causa nazionale. Il Palazzo Reale di Madrid era illuminato a festa, gli alabardieri in divisa storica, i valletti d'oro e rosso vestiti ad ogni angolo.

«Anzitutto - ha detto il Principe Felipe nel suo discorso di benvenuto - vi porgo i saluti di mio padre, re Juan Carlos, che purtroppo non ha potuto essere qui con noi». Apriti cielo. Juan Carlos si vede sempre meno, l'ennesimo intervento all'inizio del mese (ernia questa volta) ha un decorso lungo e l'esito è ancora incerto. Gambe, polmoni, pube, ginocchio, anca, piede... negli ultimi due anni il re è stato sotto i ferri almeno sei volte.

JUAN CARLOS E L ELEFANTE UCCISO IN BOTSWANA

Dopo l'assenza di mercoledì le chiacchiere e i dubbi si sono moltiplicati. Su internet è circolata la notizia di uno speciale tv già pronto per l'abdicazione del monarca. La statale Rtve smentisce, ma a bene vedere non sarebbe una precauzione professionale fuori luogo dopo 37 anni di regno con gli ultimi due da incubo.

JUAN CARLOS

Felipe, al momento del caffè, ha ovviamente negato con i delegati del Cio. La principessa rampante Letizia ha giocato in difesa portando il discorso sul proprio mal di piedi per i saluti del giorno prima a Papa Francesco. La regina ha sorriso silenziosa.
Secondo la stampa rosa, Sofia vive ormai da separata in casa, passa più tempo che può a Londra, ma non manca un dovere pubblico da anni. Sono lei e l'altissimo figlio Felipe a difendere l'onore della corona spagnola negli indici di gradimento. Le amanti (troppe) e i safari (troppo lussuosi in tempi di recessione) hanno incrinato il «juancarlismo» nazionale.

In Catalogna i socialisti cercano di smarcarsi dagli indipendentisti per caratterizzarsi almeno come quasi repubblicano e chiede l'uscita di scena del monarca. Dall'80% di alcuni anni fa, il gradimento del re è sceso sotto il 40, forse anche il 30%. Appena sopra la soglia del 50 sarebbe l'erede al trono Felipe. Numeri non eccezionali, ammesso siano veri.

Di tegole ne sono cadute a grappoli sulla corona, ultimamente. Il genero Iñaki Urdangarin, proprio la duplice medaglia di bronzo olimpica, è sotto processo per aver intascato milioni di soldi pubblici sfruttando la vicinanza con la Casa Reale. A processo l'ex socio del Duca di Palma minaccia di trascinare anche Juan Carlos nel fango. Fa capire di avere mail dalle quali si potrebbe capire che il re non solo sapeva dei traffici, ma che li avrebbe anche facilitati. Come antipasto ha diffuso documenti che mostrano il rey chiedere alla propria amante di trovare un lavoro al genero, «frustrato» da un misero stipendio di 200 mila euro annui.

felipe letizia foto 07

Il ruolo della principessa tedesca Corinna Zu Sayn-Wittgenstein, l'ultima, speciale, amica del 75enne Juan Carlos, è finito anche davanti a una mini commissione parlamentare. Corinna sarebbe stata la pr del re verso le case regnanti arabe, avrebbe abitato per anni in palazzi pubblici, protetta e spesata dall'erario. In udienza il direttore del Centro Nacional de Inteligencia (CNI) è stato evasivo come si addice al capo dei servizi segreti. A lanciare una timida operazione di recupero d'immagine ha contribuito anche lei, la bionda Corinna, con qualche intervista negazionista: siamo amici, condividiamo la passione per la caccia e il carisma di Juan Carlos è il miglior biglietto da visita della Spagna.

letizia ortiz felipe 005

Juan Carlos però non molla. Prima di entrare in sala operatoria aveva escluso la possibilità di abdicare. Per gli osservatori delle cose reali, più che una senile ostinazione, il rifiuto viene giudicato come una difesa del figlio. Felipe deve avere il tempo di farsi notare, di acquisire un'immagine propria magari anche grazie alla moglie Letizia, una borghese, ex repubblicana e rossa, che esce da sola con le amiche. Se abdicazione volontaria ci sarà, non verrà prima della scontata condanna del genero Iñaki. Dev'essere il vecchio monarca a fare da parafulmine per lasciare al principe l'eredità meno pestilenziale possibile.

 

RIGOR MONTIS: MARÒ, CHE FIGURACCIA! - LA FIGURA DI MERDA FATTA CON I MARÒ È LA DEGNA CONCLUSIONE DEL GOVERNO MONTI

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Maurizio Caprara per "Il Corriere della Sera"

VIGNETTA BENNY DA LIBERO VICENDA DEI DUE MARO MONTI E TERZI DESTINAZIONE INDIA

Il presidente del Consiglio Mario Monti, risulta al Corriere, ha in agenda per l'inizio di questa settimana una telefonata con Manmohan Singh, il primo ministro indiano che vede con un punto di vista opposto a quello del governo italiano il ritorno a Nuova Delhi dei marò accusati di aver ucciso due pescatori credendo fossero pirati. «Siamo felici del risultato», aveva commentato venerdì Singh sul rientro di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, avvenuto entro i limiti previsti dal permesso temporaneo di rimpatrio che a Roma si era deciso di ignorare prima di accorgersi di quanti danni in più avrebbe comportato.

MARIO MONTI GIULIO TERZI DI SANTAGATA

Ieri l'ora dell'appuntamento telefonico non era fissata, ma salvo imprevisti dovrebbe essere al massimo nei prossimi giorni. Difficile che basti una telefonata a risolvere il contrasto tra i due Paesi su chi debba processare i due fucilieri di Marina. E' chiaro tuttavia che mantenere rapporti ad alto livello può essere utile a circoscrivere le dimensioni del contrasto tra un socio fondatore dell'Unione Europea e la terza economia dell'Asia. Peggiorare il clima non aiuterebbe i militari accusati di aver ucciso nel 2012, in mare, gli indiani Valentine Jelastine e Ajeesh Binki.

La scelta di non far partire i due marò per l'India, comunicata l'11 marzo dalla Farnesina prima della marcia indietro innestata da Palazzo Chigi, si doveva innanzitutto ai ministri di Esteri e Difesa Giulio Terzi e Giampaolo Di Paola, attesi domani nell'aula della Camera per un'informativa sul caso. I due membri del governo in carica per gli affari correnti dovrebbero incontrarsi domattina per concordare la linea da tenere, però a Montecitorio ieri non era ancora stato comunicato se interverranno entrambi.

IL PRESIDENTE INDIANO SINGH jpeg

Di certo non sarà compito facile quello di chi parlerà di fronte all'emiciclo in una delle prime sedute della XVII legislatura. Prima della correzione di rotta di giovedì, dolorosa per i fucilieri, lo zig-zag sul loro viaggio ha messo in dubbio il rispetto dell'intesa sul permesso di rimpatrio concesso dall'India. Dunque, l'affidabilità della parola data dall'Italia.

È da verificare se e come si imprimeranno segni di discontinuità. Le ipotesi di dimissioni del ministro degli Esteri di un governo dimissionario potrebbero esserne uno fin quando il successore non è in carica, e resta poco tempo. Seppure in termini che non suonano dolci, dal Pdl una dichiarazione denoterebbe volontà di non anticipare l'uscita dell'attuale titolare dalla Farnesina. «Terzi ha mostrato incapacità che superano il limite tollerabile. Ma la mortificazione dell'Italia e dei nostri militari è colpa dell'intero esecutivo», ha affermato Maurizio Gasparri.

TERZI E MARO

A New Delhi, autorizzati in gennaio dal ministero degli Esteri indiano, otto dipendenti locali dell'ambasciata d'Italia hanno denunciato il datore di lavoro per bassi stipendi. Il ministro della Difesa Arackaparambil Kurien Antony ha rivendicato che il ritorno dei marò si deve a un «atteggiamento fermo». A quanto appreso dal Corriere, gli accordi con New Delhi sul rientro dei due prevedevano che le voci ufficiali non avrebbero alzato il rumore del contrasto. Non è così.

SALVATORE GIRONE E MASSIMO LATORRE

Il sottosegretario agli Esteri Staffan de Mistura, che sabato chiedeva ai fotografi di rispettarne la privacy, ha accompagnato i marò a messa, poi Latorre ha detto al Tg1: «Siamo militari (...). Sappiamo obbedire». Le uscite pubbliche non vengono lasciate al caso mentre il nervosismo tra i militari induce generali a elogiare i due fucilieri, al centro di procedimenti giudiziari anche in Italia, per condotte da Latorre stesso giudicate doveri. «Un esempio per tutti noi», ha detto dei due da Herat il capo di Stato maggiore dell'Esercito Claudio Graziano. «Ogni uomo e donna dell'Aeronautica militare si sente oggi Massimiliano e Salvatore», secondo lo Stato maggiore dell'Aeronautica.

 

MONTE DEI PASCHI DI GENOVA: I CONTI SBALLATI DI CARIGE

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1. L'ANOMALIA DI CARIGE: PER ANNI GLI UTILI STAVANO ALTI PERCHE? NON SI PULIVA IL BILANCIO DAI PRESTITI A RISCHIO
Fabio Pavesi per "Il Sole 24 Ore"

GIOVANNI BERNESCHI FOTO INFOPHOTO

C'è una banca in Italia, tra le grandi, che fino a ieri non sentiva aria di crisi. O meglio dai suoi conti trapelava aria di buona salute. Nonostante i tempi amari per l'intero sistema bancario. È Banca Carige, l'istituto presieduto da Giovanni Berneschi che macinava imperterrito profitti nell'ordine dei 200 milioni l'anno almeno dal 2008. Senza pause. Nel 2008 i profitti erano stati di 205 milioni; l'anno dopo, ancora 205 milioni e poi nel 2010 e 2011 solo una lievissima flessione: 177 milioni i profitti realizzati nel 2010 e 186 milioni nel terribile 2011.

Berneschi

Una macchina da guerra, immune ai morsi della crisi che invece travagliava le altre banche italiane. E anche il credito erogato non scarseggiava. I prestiti correvano anno su anno: nel 2009 erano 22 miliardi saliti a 27 miliardi nel 2011. E addirittura a 30 miliardi nel 2012. Un buon 35% in più di impieghi a famiglie e imprese, quando buona parte del sistema bancario metteva il freno ai volumi dei prestiti. Come è stato possibile? C'era la crisi, le banche cominciavano a veder dimezzati gli utili e tagliati i crediti, mentre Carige andava controcorrente.

BERNESCHI

Il mistero della corsa solitaria della banca genovese, si è svelato nelle settimane scorse.
La banca, sotto sollecitazione delle autorità di controllo, dovrà affrontare un rafforzamento patrimoniale per 800 milioni. Berneschi fino all'ultimo aveva provato a scansare questa eventualità. Tramite un'operazione di scorporo degli sportelli si era costruita utili straordinari per 750 milioni, ma la Consob ha detto che così non si fa. Marcia indietro e via a un vero aumento di capitale e/o a vendita di asset. Ma come, se tutto filava in ordine perchè chiedere a Carige di alzare il capitale?

berneschi giovanni x

Non bastavano quei 200 milioni di profitti sfornati ogni anno dall'inizio della crisi in poi? No, forse perchè quei profitti erano più frutto di politiche contabili che di utili reali. C'è un dato che illumina l'anomalia nei bilanci della banca presieduta da Berneschi. Quei profitti erano così copiosi perchè Carige, tra tutte le grandi banche italiane, non svalutava adeguatamente i crediti malati. Un fenomeno, quello della svalutazione pesante dei crediti in sofferenza, che ha riguardato tutte le banche italiane, ma che Carige ha sempre sottostimato. Eccolo il confronto.

CLAUDIO SCAJOLA jpeg

Tra il 2009 e il 2011, pur con il forte aumento dei prestiti, Carige ha svalutato cifre contenute: 99 milioni nel 2009; 114 milioni nel 2010; 118 nel 2011. Un'inezia. Tanto per capirci, una banca come UniCredit ha visto passare le perdite sui crediti da 3,5 miliardi del 2008 a 6,7 miliardi del 2010. Quasi un raddoppio. Il segreto che teneva alti gli utili era che Carige copriva i crediti dubbi almeno a partire dal 2009 a tassi bassi, intorno al 46-47% del totale, quando la media delle banche italiane era sopra il 60%. Un artificio contabile che ha permesso a Carige di presentare bilanci con utili sempre costanti a dispetto della crisi. Una vera anomalia nel panorama bancario italiano.

Ora, grazie all'intervento dei regolatori, quella pratica è stata abbandonata. E i risultati si sono visti tutti nel bilancio 2012. Carige ha visto infatti le rettifiche sui crediti passare da 118 milioni (il suo trend storico e immutato nel tempo) a ben 447 milioni con un balzo di oltre 330 milioni in più. Insomma si è pulito finalmente il bilancio e la banca è andata in perdita per 62 milioni. Per la prima volta dall'avvio della crisi. Meglio tardi che mai, si è realizzato l'allineamento dei conti al resto delle banche italiane. Ma per anni quel maquillage faceva apparire Berneschi più bravo e capace degli altri banchieri italiani. Ora quel giochetto si è rotto ed è emersa la verità.

CLAUDIO SCAJOLA DURANTE UN COMIZIO AL PORTO DI IMPERIA


2. AFFINITÀ PERICOLOSE TRA CARIGE E MPS
Alessandro Penati per "la Repubblica"

Perfino la prudentissima Consob questa volta si è mossa contestando a Banca Carige l´"impatto positivo" sui suoi conti (715 milioni) di un´operazione straordinaria. Un primo segnale d´allarme.

Il secondo è che questa operazione trasferisce gli sportelli del gruppo fuori della Liguria in una nuova banca, Banca Carige Italia, controllata da Carige. È chiaro che spostare sportelli non cambia minimamente la capacità reddituale della banca: è solo una questione di plusvalenze da valutazione degli attivi, avviamenti e benefici fiscali del loro ammortamento. Tre anni fa, a proposito di Mps, ho fatto notare come, quando una banca comincia a sostenere gli utili con plusvalenze da operazioni straordinarie, ci sono problemi in vista, perché sintomo che la redditività dell´attività ordinaria è insufficiente.

ALESSANDRO SCAJOLA E SIGNORA

Terzo segnale: soltanto poco più della metà dei 31 miliardi di prestiti alla clientela è finanziata coi depositi; e 11 miliardi di obbligazioni emesse non bastano a coprire la parte rimanente: indispensabile il ricorso al credito della Bce. Una struttura di bilancio simile in tempi di recessione e crisi di liquidità mette a rischio la redditività prospettica della banca. Da un lato, la espone maggiormente al problema dei prestiti deteriorati, che infatti arrivano al 10% dei crediti lordi (solo dopo la moral suasion della Banca d´Italia), ovvero quasi il doppio del capitale Core Tier 1; e con un grado di copertura delle sofferenze (49%) nettamente al di sotto della media (61% per Intesa, 56% Unicredit). Dall´altro, la espone ai maggiori costi di finanziare una frazione così elevata di prestiti con emissioni di titoli.

IL PRESIDENTE DELLA CONSOB GIUSEPPE VEGAS

Quarto segnale: i costi operativi eccessivi (personale e amministrativi) che assorbono l´80% del margine di interesse e delle commissioni di Banca Carige, e il 63% di quello del gruppo. Si aggiunga un´attività assicurativa che fa danni (in tutti i sensi), con un risultato netto in perdita; la solita sostanziosa posizione in titoli di stato; il declassamento del rating; un Core Tier 1 inferiore di circa 3-4% a quanto tipicamente viene oggi richiesto.

È quindi necessaria un´energica ristrutturazione: drastico taglio dei costi; cessioni "vere" di attività (non quelle nostrane in cui la banca finanzia generosamente il compratore e gli garantisce i ricavi in cambio di una plusvalenza à la carte), a cominciare dalle compagnie assicurative; robusto aumento di capitale sul mercato; cartolarizzazione dei prestiti e smobilitazione del portafoglio titoli per ridurre rapidamente gli attivi rischiosi.

GIOVANNI BERNESCHI

L´ostacolo principale, oltre al ricambio del vertice che dovrebbe sempre precedere ogni ristrutturazione, sta però nella Fondazione che ne detiene il controllo con il 49,4%. Qui le somiglianze con Siena diventano imbarazzanti: per mantenere il controllo, la Fondazione ha concentrato l´intero patrimonio nel capitale della banca, vedendolo così andare in fumo (-80% in cinque anni).

FONDAZIONE CARIGE

E, nonostante la crisi e le pessime prospettive del settore, non ha esitato a sottoscrivere aumenti e convertibili (a un costo medio 2,3 volte i valori odierni), e pure a indebitarsi per farlo. Così, a fronte di una partecipazione che oggi vale 620 milioni in Borsa, dall´ultimo bilancio disponibile emerge che la Fondazione ha contratto un finanziamento da 190 milioni con Mediobanca (che assiste Carige nella ristrutturazione, anche se ha il 9% della banca, in garanzia, alla faccia dei conflitti) e una linea di credito da 70 milioni con Carige stessa (così la banca finanzia il proprio azionista).

A parte la banca, alla Fondazione rimane una piccola partecipazione nella Cassa DDPP e un immobile vincolato (avendone venduto un altro alla controllata Carige). Con che soldi sottoscrive l´aumento di capitale da 800 milioni richiesto dalla Banca d´Italia? Spero non pensi ad altro debito. La banca deve ritrovare rapidamente la redditività e raccogliere capitali sul mercato: ma non con un socio squattrinato e indebitato, disposto alla rovina pur di non perdere il controllo. Siena docet.

BANCA CARIGE

Poiché la banca, in perdita, non paga il dividendo, la Fondazione ha pure il problema di finanziare le erogazioni deliberate, gli oneri sul debito e le spese di funzionamento. La Cassa di Risparmio di Genova è del 1846; il Monte di Pietà con cui si è fusa del 1483: un patrimonio accumulato in secoli di oculatezza rischia di essere dissipato in pochi anni. Complimenti.


3. FONDAZIONE CARIGE, DIFFERENZE E ANALOGIE CON SIENA
Carlotta Scozzari per www.formiche.net del 14 febbraio 2013


La Fondazione Monte dei Paschi di Siena, che blinda l'omonima banca con una quota superiore al 30%, è in ottima compagnia. Sono, infatti, numerosi, nel panorama finanziario italiano, i casi in cui le Fondazioni, i cui vertici il più delle volte sono espressioni degli enti locali, hanno ancora la facoltà di fare il bello e il cattivo tempo negli istituti di credito. Il caso più eclatante, naturalmente dopo Siena, è quello di Banca Carige, quotata in Borsa, il cui 47,16% del capitale ordinario è in mano alla Fondazione Cassa di risparmio di Genova e Imperia.

FLAVIO REPETTO

A differenza però di quanto accadeva nella città del Palio, dove i vertici dell'ente primo socio di Mps tendevano a essere per lo più espressione delle forze locali del centro-sinistra, per la Fondazione ligure il discorso è molto più complesso. "La matrice politica della Fondazione Carige - spiega una fonte che ha lavorato per anni all'ente ligure - è composita e piuttosto equilibrata tra le forze di centro-destra e centro-sinistra, anche se si riscontra una certa prevalenza dell'ala del Pdl imperiese".

In altri termini, dell'ala riconducibile all'ex ministro per lo Sviluppo economico del Governo Berlusconi, Claudio Scajola, il cui fratello Alessandro, non a caso, è vicepresidente di Carige. Non solo: nel 2006, l'onorevole Scajola in persona propose la candidatura dell'attuale presidente di Banca Carige, Giovanni Berneschi, come sindaco della città della Lanterna, ma il banchiere settantacinquenne declinò. Va rilevato che chi respinge l'ipotesi di ingerenze politiche nella Fondazione (lo ha fatto il presidente Flavio Repetto in una recente intervista al Secolo XIX) fa notare che l'ente esprime la metà meno uno dei componenti del consiglio di amministrazione dell'istituto di credito di Genova e quindi, in linea di principio, potrebbe essere messo in minoranza.

BANCA CARIGE E LA NUOVA BANCA CARIGE ITALIA

Andando a scandagliare lo statuto della Fondazione presieduta da Repetto, emerge che l'ente che nomina più componenti tra i 28 totali del consiglio di indirizzo è il Comune di Genova, che esprime cinque membri e che ora è guidato dal sindaco di Sinistra ecologia e libertà, Marco Doria. La Provincia di Genova e quella di Imperia nominano invece tre consiglieri a testa, mentre due sono prerogativa del solo Comune di Imperia, ora commissariato (proprio come quello di Siena) ma dove solo fino allo scorso maggio le redini erano in mano al sindaco del Pdl, Paolo Strescino.

 

MAMMA LI RUSSI! LA NUOVA COLONIZZAZIONE DI MOSCA - ORMAI SONO LORO IL FUTURO DEL TURISMO DI LUSSO IN ITALIA

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Teodoro Chiarelli per "La Stampa.it"

abramovich_putin

Centocinquantamila turisti negli ultimi due anni. E' un vero e proprio sbarco di massa quello dei russi sulle spiagge incantate fra Stintino e Costa Smeralda, Costa Rei e Pula nel 2011 (con una crescita boom del 46% sull'anno precedente) e 2012. Legioni di neoborghesi carichi di dollari venuti dietro alle avanguardie degli oligarchi arricchitisi con la dissoluzione dell'impero sovietico che da qualche anno hanno occupato alcune delle località più prestigiose.

Dall'onnipresente Roman Abramovich, petroliere e patron del Chelsea, che getta regolarmente l'ancora dei suoi superyacht di fronte alla splendida villa di Cala di Volpe, al finanziere e magnate dell'acciaio e di tanto altro (compreso l'Arsenal) Alisher Usmanov che una decina di anni fa ha acquistato da Antonio Merloni l'immensa villa di Romazzino. Da Tariko Roustam, "re" della vodka e presidente della Standard Bank di Mosca, che ha comprato Villa Minerva a Punta Volpe da Veronica Lario in Berlusconi, a Vassily Anisimov, magnate siderurgico padrone a Porto cervo di Villa Tulipano.

TURISTI RUSSI

Con il corollario di feste favolose e spesso "cafonal", gorilla arroganti, occupazione sistematica dei privé vip di locali come il Billionaire e fiumi di champagne. «Considerando l'ultimo triennio - spiega l'assessore al Turismo della Sardegna, Luigi Crisponi - i visitatori russi sono quasi raddoppiati. I centri balneari hanno una forte attrazione, ma non intendiamo fermarci ai soli mesi estivi. Vogliamo attrarre turisti dalla Russia durante tutto l'anno ampliando l'offerta, promuovendo prodotti di alto livello, come il turismo golfistico».

italia russia

Del resto la richiesta proveniente dalla Russia è di un turismo di qualità, rivolto ad alberghi e residence delle categorie superiori: minimo 4 stelle, meglio se 5 stelle lusso. La Regione sarda ha piazzato uno stand al Mitt (Moscow International Tourism and Travel Exibition) in corso sino a oggi nella capitale russa dove 3 mila espositori propongono 200 destinazioni nel mondo. Dall'isola del "Paradiso", come viene chiamata la Sardegna in riva alla Moscova, la Regione ha organizzato la partecipazione di 43 operatori.

TURISTA RUSSA AL MARE

E' inevitabile che la Sardegna sia finita nelle mire di chi può investire ingenti flussi di denaro. L'interesse per il Forte Village ne è l'esempio più eclatante. Sulla scia di altre acquisizioni nelle località turistiche più esclusive del Belpaese: dagli hotel di Cortina e dintorni dolomitici, agli alberghi extralusso e ai bagni a cinque stelle di Forte dei Marmi. Sino alla meta emergente del Salento, dove sarebbero nel mirino masserie riconvertite in esclusivi resort.

TURISTI RUSSI A VENEZIA

Un discorso a parte merita, infine, Sanremo e l'estremo ponente ligure. La città dei fiori e, soprattutto, del Casinò ha sempre esercitato un fascino particolare fra Mosca e San Pietroburgo, sin dai tempi dell'aristocrazia zarista. Certo, non è più l'epoca dei pomposi soggiorni della zarina Maria Aleksandrovna, o delle vacanze dorate dei Tallevici (costruirono la chiesa russa di Sanremo), dei Merezkovsky (consigliere dello zar) o di Aleksey Tolstoj, parente del ben più noto Leone.

Ma dopo la parentesi sovietica, l'attrazione di questi luoghi per i nuovi ricchi del Cremlino è irresistibile. Ogni settimana all'aeroporto di Genova atterrano sette voli charter da Mosca. Lo scorso anno a Sanremo sono arrivati 12.892 russi. Non tutti turisti, visto che in città si parla di imprenditori moscoviti interessati a rilevare due grandi alberghi: Londra e Astoria.

 


“M5S SEMBRA IL NOME DI UNA NUOVA AUTO”

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1 - SPORT E POLITICA LE RAGIONI DEL SILENZIO
Gianni Mura per "la Repubblica"

Filippo Facci

A i cittadini del MoVimento 5 Stelle non piace esser chiamati grillini. Li capisco. Per questo mi arrovello per trovare una definizione che vada bene a tutti. Mo.ci.ste, sull'onda di Cariplo, fa pensare a un gigante lanciato da un film del 1914. Scartare. Movimentisti è troppo vago, possono sorgere anche altri movimenti. Scartare. Stellari fa pensare alle guerre. Scartare. Stellati fa pensare ai ristoranti della Michelin. Scartare. Stellini fa pensare a un calciatore coinvolto nel calcioscommesse.

Scartare. Stelline fa pensare alle orfanelle o a una pastina in brodo. Scartare. Pure cittadini, se vogliamo, può creare confusione. Sono cittadino anch'io, ma non siedo in Parlamento. Le cinque stelle da tempo si attribuiscono ad alberghi non per tutte le tasche. Ci.ste fa pensare a una sala operatoria, anche se è più corretto scrivere cisti. Scartare comunque. Pentastellati suona aulico. Scartare. M5S è abbreviabile, anche se sembra il nome di una nuova auto. Ma non porta a un aggettivo come socialisti, comunisti, liberali, missini, democristiani. E qui mi arrendo, qui mi impantano.

Marco Travaglio

2 - L'AMACA
Michele Serra per "la Repubblica"


Negli ambienti diplomatici circola un test, da sottoporre ai laureandi in politica internazionale e agli aspiranti ambasciatori come prova cruciale di ammissione. Il test è composto di una sola domanda: attraverso quali decisioni e quali atti ufficiali sarebbe possibile peggiorare le prestazioni del governo italiano nel caso dei due marò contesi con l´India?

Queste le possibili risposte. A - Restituire uno solo dei marò tenendosi l´altro. B - Restituirli tutti e due, però muniti di turbante perché possano fingere di essere indiani e passare inosservati tra la folla. C - Pretendere che il tribunale indiano sia presieduto da un ammiraglio italiano in alta uniforme, accompagnato dalla Banda della Marina. D - Affidare la difesa dei due marò all´avvocato Taormina.

Beppe Grillo

E - Sostenere nel processo in India che le vittime non potevano essere pescatori indiani, perché gli indiani non sanno pescare. F - Pretendere dalle autorità indiane un congruo risarcimento per lo spreco di pallottole. G - Ricoverare i due marò al San Raffaele per accertamenti su un´eventuale uveite. H - Sostenere che la giurisdizione sull´Oceano Indiano è notoriamente di competenza della Pretura di Caserta. I - Invadere l´India. L - Indire una conferenza stampa e scoppiare in un pianto dirotto.


3 - SE TRAVAGLIO DIVENTA L'UGO INTINI DI BEPPE GRILLO
Filippo Facci per "Libero"

Marco Travaglio che scrive un articolo contro i portavoce di Beppe Grillo è roba da psicoanalisti, è una lotta intestina, una faida interna. Eppure è accaduto. I due blogger mandati a Roma da Casaleggio (li ha spediti via skype) hanno reso evidente che forse sarà necessario, per i due portavoce, assoldare dei portavoce: al punto che Travaglio se l'è presa con loro.

MICHELE SERRA

Li ha soavemente definiti complottisti, casinari, si è addirittura lamentato che uno dei due abbia definito i giornalisti come «pseudo-omuncoli» e «spalamerda»: arti diplomatiche di cui Travaglio pretende l'esclusiva. Colpisce che il vice-direttore del Fatto, già portavoce e ghostwriter di se stesso (per opinare a Servizio Pubblico deve scriversi i discorsi) pontifichi anche su come debba svolgersi la professione di portavoce di un gruppo in Parlamento, luogo dove lui non ha mai messo zampa in vita sua. Ma colpisce, ancor di più, un sottinteso travagliesco che pare questo: i portavoce di Grillo, quelli che danno la linea, ci sono già, e siamo noi del Fatto Quotidiano. Travaglio l'ha scritto, anche se forse non lo sa.

Reduce dai grandi successi ottenuti da portavoce di Antonio Di Pietro e Antonio Ingroia (scomparsi, polverizzati) il becchino di Torino difende un ruolo che gli appartiene in toto: l'Ugo Intini di Beppe Grillo. Ma pare più come portasfiga che portavoce, e Grillo dev'essersene accorto.

 

IL “MODELLO-CIPRO” È LA PROSSIMA EURO-SUPPOSTA PER L’ITALIA

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1. IL "MODELLO-CIPRO" È IL PROSSIMO EURO-SALASSO PER L'ITALIA
Doktor Mabuse per Dagospia

cipro bailout laiki

La ristrutturazione delle banche di Cipro rappresenta un modello per risolvere i problemi delle banche di altri paesi europei. Lo ha detto il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem. Questo vuol dire che anche i risparmiatori italiani (e di tutta la zona euro) sono a rischio prelievo forzoso, limitatamente ai conti correnti superiori ai 100 mila euro, bontà loro. Ma si può definire ricco chi ha risparmiato per tutta la vita e ha messo in banca 110 mila euro?

GIU' LE MANI DA CIPRO

Comunque è chiaro che l'Italia è nel mirino, visto che la scorsa settimana uno dei capi di Commerzbank ha detto che per portare il rapporto debito pubblico/pil dell'Italia sotto il 100% - e renderlo così gestibile - basterebbe prelevare il 15% dai conti correnti e dai titoli azionari e obbligazionari degli italiani che tra l'altro, secondo una ricerca della Bundesbank, sarebbero più ricchi dei tedeschi. Se questo non è un allarme rosso. E sui siti dei giornaloni italiani non si vede traccia di tutto questo.
Ecco perché vanno in fallimento.

CIPRO - TROIKA GO HOME

2 - CRISI: DIJSSELBLOEM, SALVATAGGIO CIPRO MODELLO EUROZONA
(ANSA) - Il salvataggio di CIpro, con la partecipazione degli investitori e titolari di depositi nella ristrutturazione delle banche, rappresenta un nuovo modello su come gestire i problemi del sistema bancario in Europa. Lo ha detto il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, in un'intervista alla Reuters.

proteste-cipro

3 - PIANO CIPRO MODELLO PER UE, DIJSSELBLOEM LA SPARA GROSSA
Francesca Gerosa per "Milano Finanza"

La dichiarazione del presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, che ha definito la ristrutturazione delle banche di Cipro un modello per risolvere i problemi delle banche di altri Paesi europei, spinge in ulteriore ribasso alcune borse europee. Maglia nera a Milano che cede il 2,35% a 15.663 punti con lo spread tra Btp a dieci anni e omologhi tedeschi tornato ad allargarsi a 323 punti, in netto rialzo rispetto alla chiusura di venerdì, anche per la situazione politica italiana.

Jeroen Dijsselbloem

Ci sono anche "rumor di un possibile downgrade dell'Italia da parte di Moody's alla luce dell'incertezza politica", afferma un esperto interpellato dall'agenzia MF-Dowjones. Il rendimento del Btp decennale è del 4,58%. "Moody's non commenta voci di mercato", si è limitata a dire l'agenzia internazionale. Attualmente sull'Italia Moody's ha un rating Baa2 con outlook negativo, due gradini sopra la soglia junk. Mentre l'agenzia Standard & Poor's ha un rating BBB+ con outlook negativo, tre gradini sopra l'area non investment grade, e Fitch Ratings BBB+. Pesante anche Madrid, giù dell'1,64%. Resistono Francoforte, che segna -0,13%, Parigi (-0,39%) e Londra (-0,06%).

"Quello che abbiamo fatto la scorsa notte", ha detto, "è buttare indietro il rischio. Se ci sono rischi in una banca", ha aggiunto, "la nostra prima questione è: ok, cosa farete voi della banca per risolvere questo? Cosa potete fare per ricapitalizzarvi da soli? Se la banca non può farlo, allora parleremo con gli azionisti e gli obbligazionisti e chiederemo loro di contribuire a ricapitalizzare la banca e, se necessario, ci rivolgeremo ai titolari di depositi non assicurati".

Già questa mattina il presidente dell'Eurogruppo aveva salutato con favore l'accordo per il salvataggio del Paese cipriota, ma sier per fortuna limitato a dire che: "mette fine alle incertezze su Cipro e sulla zona euro, evita la tassa e ristruttura profondamente il settore bancario di Nicosia". Ora queste dichiarazioni shock, mentre c'è tensione sul fronte russo con il premier, Dmitri Medvedev, che è tornato a ribadire che a Cipro "continua il saccheggio".

ITALIA CRAC BUCO

Le misure previste si limiteranno solo alle due banche maggiormente problematiche, cioè Laiki e Bank of Cyprus. In pillole il piano prevede la chiusura controllata della seconda banca del Paese, Laiki. I depositi sotto i 100.000 euro saranno trasferiti alla Bank of Cyprus, che diventerà una sorta di "good bank". I depositi sopra i 100.000 euro in entrambe le banche saranno congelati e usati per liquidare i debiti di Laiki e ricapitalizzare Bank of Ciprus, tramite una conversione in azioni. L'intervento permetterà a Cipro di raccogliere 4,2 miliardi di euro e Ue, Bce e Fmi forniranno aiuti per 10 miliardi.

 

AL PACINO, CHI LO FA LO SPECTOR - IL FILM TV-BIOGRAFIA SUL CELEBRE PRODUTTORE PHIL SPECTOR SURCLASSATO DALLE CRITICHE

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Sivia Bizio per "la Repubblica"

PHIL SPECTOR FILM AL PACINO

Sembrava un film tv innocuo, il biopic di un personaggio, Phil Spector, un tempo famoso come estroso produttore musicale, l'artefice di album importanti dei Beatles e dei Ramones, poi però diventato un assassino e finito in galera. E invece quel film sta scatenando in America polemiche a non finire, attaccato da critici tv delle maggiori testate, dai parenti dei personaggi coinvolti e con gli attori che danno volto ai protagonisti messi sotto accusa senza mezzi termini, e sono nomi di prim'ordine come Al Pacino e Helen Mirren e lo sceneggiatore, il celeberrimo David Mamet, attaccato da tutti.

PHIL SPECTOR

La storia è questa. La celebre Hbo produce e manda in onda (ieri sera) Phil Spector, un
film sul celebre ex-produttore dei Beatles, uno che dal 1989 è nella Rock and Roll Hall of Fame, che ha lavorato con Tina Turner, ha realizzato Let it be con i Beatles. Nel 2003 Spector è accusato di aver ucciso una donna con cui aveva passato una serata, Lana Clarkson, una attrice in cerca di successo. Liberato dietro pagamento di una cauzione di 1 milione di dollari, viene processato per omicidio e condannato in via definitiva il 13 aprile 2009 a una pena di 19 anni.

AL PACINO PHIL SPECTOR

Il film, interpretato da Al Pacino nel ruolo di protagonista, ricostruisce le ragioni della difesa, inizialmente presa in mano da una famosa avvocatessa Linda Kenney Baden (sullo schermo un'energica bionda e con i capelli lunghi Helen Mirren) ed è proprio da qui che sono nate le critiche di chi si domanda perché due attori come Pacino e
Mirren, per non parlare di uno scrittore come Mamet, abbiano voluto trattare un simile argomento, cadendo per di più in una serie di errori storici. Famiglia e amici della Clarkson accusano il film di "uccidere la verità"; la terza moglie di Spector lamenta che il marito è descritto come un "volgare e violento megalomane".

AL PACINO PHIL SPECTOR

La giornalista del Angeles Times che aveva seguito i processi, ha scritto che il film "mischia fatti e finzione in un frullato disinformativo". Insomma, uno sfacelo. Al Pacino, impegnato nel frattempo su un doppio progetto di un biopic su Napoleone e su un Re Lear al cinema, difende David Mamet di cui ha recentemente riportato a teatro Glengarry Glen Ross difende l'autore: «I grandi scrittori prendono un'idea da un personaggio realmente esistito e la rivedono. Gli fanno esprimere quello che vogliono loro, il personaggio diventa una estensione della loro fantasia. È normale».

Quanto al "vero" Phil Spector, Al Pacino confessa di aver recentemente scoperto di averlo conosciuto . «Non lo ricordavo affatto - ride l'attore che nel film cambia una quantità di parrucche degne dell'estroso personaggio che interpreta- ma qualcuno mi ha mostrato una foto di noi due insieme. Eravamo a una festa, e tutti e due guardavamo la macchina fotografica, due uomini che non volevano farsi fotografare. Lui lavorava dietro le quinte e io non sapevo chi fosse. Ma per la verità anche lui sembrava non avere idea di chi fossi io».

 

RIZZOLI AI DOMICILIARI MA NON PER LA SLEROSI MULTIPLA. NO, HA FORNITO ‘’ELEMENTI NUOVI’’!

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Angelo Rizzoli

1 - RIZZOLI: PROCURA ROMA, SI' AD ARRESTI DOMICILIARI
(ANSA) - Via libera della procura di Roma alla concessione degli arresti domiciliari ad Angelo Rizzoli. L'imprenditore, affetto da una grave forma di sclerosi, è detenuto presso il reparto protetto dell'ospedale Sandro Pertini di Roma. Ora il gip Aldo Morgigni dovrà decidere sull'ok della Procura a fronte di un'istanza dei difensori di Rizzoli, Franco e Francesca Coppi.

L'ARRESTO DI ANGELO RIZZOLI

In sostanza i pm ritengono che la "sussistenza di gravi patologie, già compiutamente accertate dal perito nominato dal giudice pur non costituendo un quadro di radicale incompatibilità con il regime carcerario, lasciano sicuramente preferire la prosecuzione della detenzione con modalità che consentano a Rizzoli anche lo svolgimento di un'attività fisioterapica".

rizzoli Angelo

2 - RIZZOLI: PM, HA FORNITO ELEMENTI NUOVI CHE VERIFICHEREMO
(ANSA) - I pm di Roma Giorgio Orano e Francesco Ciardi affermano che l'imprenditore Angelo Rizzoli "ha prodotto una memoria difensiva con la quale rivede le precedenti dichiarazioni rese in sede di interrogatorio, dando una versione dei fatti più aderente alle emergenze istruttorie a alla ricostruzione operata dalla procura, oltre a rappresentare elementi nuovi che saranno oggetto di apposite verifiche".

Angelo e Melania Rizzoli

A Rizzoli fu notificata l'ordinanza di arresto in carcere il 14 febbraio scorso. Per le sue precarie condizioni di salute fu disposto il trasferimento nel reparto protetto del Sandro Pertini. I pm Giorgio Orano e Francesco Ciardi, titolari dell'inchiesta giudiziaria, hanno dato parere favorevole alla sostituzione della misura della detenzione in carcere con quella meno afflittiva degli arresti presso il domicilio.

ANGELO RIZZOLI - copyright Pizzi

3 - RIZZOLI: GIP, SI' DOMICILIARI,MA PER ORA IN OSPEDALE
(ANSA) - Angelo Rizzoli ha ottenuto gli arresti domiciliari ma per il momento resta in ospedale. Lo ha deciso il gip di Roma Aldo Morgigni. Se entro una settimana le condizioni del produttore lo consentiranno, potrà tornare a casa da detenuto.

 

IL CINEMA DEI GIUSTI: UN “OUTING” AL GUSTO PUGLIA GAY

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Marco Giusti per Dagospia

Nooo! Un'altra commedia girata tra Monopoli e Polignano! Con gli stessi set, le stesse inquadrature e perfino le stesse protagoniste del primo film e del tour di Checco Zalone, cioè Giulia Michelini e Claudia Potenza. C'è anche la commedia gay, anche se qui è trattata con la delicatezza di un Cassano, con battute tipo "Son froci. Problemi loro" o "Volevo dimostrare che la Puglia non ha solo le orecchiette, ha anche gli... orecchioni!"

Outing

L'unica differenza è che non troviamo in questo caso (strano...) la presenza della Film Commission Puglia, ma solo sponsorizzazione varie, tra cui l'Enel. Stiamo parlando di "Outing-fidanzati per sbaglio", commedia al gusto puglia-gay di tal Matteo Vicino, che lo ha pure scritto e montato, già autore di un film ,"Young Europe", oltre che (leggiamo) "intrattenitore e comico". Producono Roberto Cipullo e il mitico Andrea Iervolino, già responsabile di almeno tre commedie girate in quel di Polignano, e di un'altra mezza dozzina girate un po' qua un po' là in piccoli posti di mare fuori stagione.

Tra le caratteristiche delle commedie di Iervolino, c'è appunto quella della ambientazione fissa in un sud fuori stagione perché costa meno oltre alla presenza della sua fidanzata Cosetta Greco e di altre bellezze spesso sbattute nelle scene da extra dei titoli di coda. Rispetto a un piccolo capolavoro della commedia iervoliniana, come "La mia mamma suona il rock" di Massimo Ceccherini, pure questo girato a Polignano, con tematica gay e assurdamente sbattuto nelle uscite in dvd, in "Outing" sembrano girare più soldi e c'è un cast che pretenderebbe almeno lo status di film giovanile alla sotto-Brizzi o alla sotto-sotto Zalone.

outing fidanzati per sbaglio nicolas vaporidis andrea bosca foto dal film

Due giovani pugliesi, Andrea Bosca e Nicolas Vaporidis, il primo trapiantato a Milano nel mondo marcio della moda, con tanto di fidanzata semifoggiana, Claudia Potenza, il secondo rimasto a Polignano che mal se la cava con gamba claudicante e fratellino al seguito (non se ne capisce mai il motivo, però...), si fingono coppia di fatto gay quando esce un bando della Regione Puglia che assegna dei fondi alle imprese tenute da coppie omosessuali.

nicolas vaporidis e andrea bosca in outing fidanzati per sbaglio

Il gioco è quindi quello di due amici etero, finto pugliesi nella realtà e pure finto froci nel film, che vanno a scuola di gaitudine dal trans Vittoria Schisano, sempre carina, e altri due strani ceffi sotto l'occhio del direttore del quotidiano "Puglia Oggi", un Massimo Ghini ormai sceso dal magico modo dei cinepanettoni, che è, alla fine, l'unico vero gay che si maschera da etero nella Puglia un po' all'antica. Avete capito qualcosa? Io ancora meno.

giulia michelini foto dal film

Aggiungiamoci una sotto-Gabbanelli d'assalto, l'adorabile Giulia Michelini che con al sua presenza illumina inutilmente il film, che scopre subito la verità ma si innamora di Vaporidis, un cattivissimo piccolo boss locale, la sua fidanzata scema messa a fare il caporedattore del giornale e poche altre ideuzze. Ne viene fuori un film un po' al di sopra delle produzioni consuete di serie Z di Iervolino, ma anche meno stracultizzante, un mischione di temi alla Brizzi e alla Zalone che nascondono la povertà totale della commedia che si sta mettendo in scena.

nicolas vaporidis andrea bosca e lorenzo zurzolo in outing fidanzati per sbaglio

Il mondo gay non viene neanche sfiorato, quello degli stilisti milanesi è da barzelletta, mentre come commedia giovanile, malgrado la presenza di un buon cast, non si va da nessuna parte. Vaporidis, al suo secondo film da gay, vero o finto, sembra aspettare set migliori, il bel Andrea Bosca non si rende conto di dove è capitato, Claudia Potenza, creatura zaloniana a teatro, rotea gli occhi per fare la foggio-milanese di successo, la Michelini almeno gira in moto e scatta qualche foto. Fa vedere anche mezza chiappa. Meglio i vecchi sporchi film di Iervolino con gli sponsor miserabili a vista e la Marini ovunque. In sala dal 28 marzo.

 

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