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PAPA PIU' PAPA, QUANTO FA? L'INCONTRO DI 45 MINUTI, PRANZO COMPRESO, TRA I DUE PAPI A CASTELGANDOLFO

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Messaggero.it

«Un momento di altissima, profondissima comunione». Così padre Federico Lombardi ha definito l'incontro di oggi tra i due papi. Il colloquio, ha detto, ha dato modo a Benedetto XVI di «rinnovare il suo atto di riverenza e obbedienza al suo successore» e a questi di rinnovargli la «gratitudine sua e di tutta la Chiesa per il ministero svolto da papa Benedetto nel suo pontificato».

PAPA PIU' PAPA

Benedetto XVI aveva accolto Francesco all'eliporto di Castelgandolfo, dove - come ha riferito Padre Lombardi - c'è stato un «abbraccio bellissimo tra il Papa e il papa emerito». Bergoglio e Raztinger si sono poi recati insieme in auto verso il Palazzo Apostolico, per un incontro nella biblioteca e un pranzo in compagnia dei due segretari, monsignor Georg e monsignor Xuereb.

Quando il Papa e il papa emerito si sono recati nella cappella di Castelgandolfo per pregare, Benedetto XVI voleva che il Papa si sedesse sull'inginocchiatoio d'onore, ma il Papa ha voluto che si sedessero insieme sullo stesso banco a pregare. «Siamo fratelli», ha detto, secondo quanto ha riferito padre Federico Lombardi.

PAPA PIU' PAPA

Niente foto storica. Il portavoce della sala stampa vaticana ha confermato le indiscrezioni della vigilia: Francesco e Benedetto non si affacceranno dalle finestre del Palazzo Apostolico. Il colloquio privato tra il Papa e il papa emerito, che vestiva la talare bianca, - ha aggiunto Lombardi - è durato «tra i 40 e i 45 minuti».

L'unica differenza di abbigliamento tra i due erano che Bergoglio indossava anche la mantelletta e la fascia tipica dei papi. Ratzinger ha intenzione di accompagnare anche all'eliporto Papa Francesco, quando sarà il momento di rientrare. Lombardi ha ricordato che si è trattato del primo incontro di persona, ma che il Papa «ha già rivolto molte volte il suo pensiero al Papa emerito». Ha anche ricordato che l'emerito ha già fatto atto di obbedienza al nuovo papa.

PAPA PIU' PAPA

Ressa di fotografi. In piazza della Libertà, dove si affaccia il palazzo Pontificio, tanti giornalisti e fotoreporter attendono appostati nella speranza che i due pontefici si mostrino insieme. Non mancano i fedeli: Ferruccio, 82 anni, indossa la maglietta con l'immagine di Benedetto XVI e nella borsa ha un'altra T-shirt con la foto di Papa Francesco. Ferruccio in mano tiene il suo immancabile bastone con croci e rosari. In piazza della Libertà è presente anche un altro fedele che già si era visto in piazza San Pietro con lo stesso cartello: «Caro Papa da lontano sei arrivato, con semplicità ci hai rallegrato. Viva Francesco».

PAPA PIU' PAPA

C'è anche una donna con una croce e la foto di Eluana Englaro. «Sono un medico - dice Antonella Vian - ed ho visitato Eluana e sono sicura che non voleva morire. Sono qui per dire la verità come testimone di Luana. Stamani sono a Castel Gandolfo, nel pomeriggio andrò alla manifestazione di Berlusconi e in serata parteciperò a quella di Militia Christi all'Isola Tiberina». In piazza uno dei negozianti che vende souvenir ha esposto una bandiera argentina.

Un'icona della «Madonna dell'umità» è il il dono che Papa Francesco ha portato a Benedetto XVI. «Dopo la preghiera che hanno fatto nella cappellina - ha detto padre Lombardi - sono passati nello studio ed è stato il momento del dono: papa Francesco ha portato all'emerito un'icona della Madonna, che si chiama dell'umiltà. Francesco ha detto di aver pensato a lei per tutti gli esempi di umiltà che ci ha dato nel corso del suo pontificato».

PAPA PIU' PAPA

Papa Francesco si rivolge al Papa emerito dandogli del 'lei'. Un incontro fraterno, quello tra i due Papi avvenuto oggi a Castel Gandolfo, che rimarrà scolpito nella storia anche grazie ad alcune immagini del Ctv che hanno ripreso i momenti cruciali dell'incontro. Papa Francesco viene accolto all'eliporto di Castel Gandolfo da Papa Ratzinger che arriva pure lui con una talare bianca e sopra una trapuntina, bianca anche questa. È appoggiato ad un bastone. Francesco scende dall'elicottero e va incontro al predecessore con un abbraccio fraterno.

PAPA PIU' PAPA

Memorabile e commovente la sequenza nella quale i due Papi vanno nella cappella del Palazzo apostolico per un momento di preghiera. Si vede Papa Ratzinger che vorrebbe offrire il posto d'onore a Papa Francesco ma questi prendendolo per mano dice 'siamo fratellì e insieme l'uno accanto all'altro pregano davanti alla Madonna. Grande affetto di fratellanza anche nel momento in cui Papa Francesco dona al Papa emerito una icona della Madonna. «È un'immagine che non conoscevo -dice Papa Francesco a Benedetto XVI-. Mi hanno detto che si chiama la Madonna dell'Umiltà e io ho pensato a lei». Papa Ratzinger si commuove e stringendo con affetto la mano di Papa Francesco dice 'grazie, graziè.

 

PAPA PIU' PAPAPAPA PIU' PAPA

PAGHE-RAI, LA PAGHEREMO CARA Esposto Codacons alla Corte dei Conti: la Rai in 5 anni ha buttato 62 mln

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Paolo Giordano per "il Giornale"

GUBITOSI E TARANTOLA jpeg

Cifre e cifre, una dietro l'altra. Tutte pesantissime per la Rai che nell'epoca pre Gubitosi non avrebbe badato a spese (tanto, come si sa, sono spese del cittadino contribuente).

Dai flop della Parietti di Wild West (490 mila euro a puntata, chiuso dopo tre) e Balls of steel (1.611 euro al minuto per un totale di 2 milioni e 900mila euro con share «deludente» per la stessa Rai) fino ai presunti 800mila euro per Jennifer Lopez al Festival del 2010, il Codacons ha impacchettato un esposto che ora è sul tavolo della Corte dei Conti del Lazio. L'oggetto è il danno erariale che la Rai avrebbe provocato in cinque anni.

Parietti Storie b

Un danno da 62 milioni, euro più euro meno. Flop prevedibili e investimenti imprevedibili. Colpevole crollo della pubblicità (-17,8% da gennaio ad aprile 2012, a fronte di una media nazionale del -8,6). E appalti esterni di format o programmi che potrebbe essere realizzati senza il concorso esterno. Come nel caso di Che tempo che fa di Endemol. O in quello dei Soliti ignoti, «profumatamente pagato dalla Rai» nonostante, come segnalato anche da Striscia la Notizia, fosse sostanzialmente simile a un'idea che Gianni Ippoliti ebbe oltre vent'anni fa.

star academy

In più, nel fascicolo si fa riferimento ad arricchimenti indebiti con il televoto, come nel caso di Star Academy, sospeso dopo tre puntate (non sarebbero da considerarsi valide le singole sessioni di televoto se poi non si raggiunge la finale con la proclamazione del vincitore). Oltretutto, per il conduttore Francesco Facchinetti c'è stata anche la sbandata di RaiBoh, chiuso dopo la prima puntata con 343mila spettatori e il 3.29 per cento di share.

FACCHINETTI RAI BOH

E addirittura nella denuncia figurano anche riferimento a «strane spartizioni di proventi Rai tra produttori e direttori». Nel dossier si legge difatti che «in alcuni settori della radiofonia si è verificato che alcuni direttori alle proposte dei produttori replicavano» che avrebbero voluto «una spartizione del ricavato». Accuse gravissime che il Codacons sarebbe in grado «di documentare» e che comunque condisce con alcuni riferimenti più o meno individuabili. Vedremo. Di certo, in un elenco di cui peraltro raramente vengono fornite fonti che non siano la stampa o i si dice, i dati sono quantomeno esorbitanti.

BERSANI DA FABIO FAZIO

Ad esempio, la partecipazione di Bobo Vieri al Ballando con le stelle del 2012 avrebbe dovuto pesare sulle casse per ben 800mila euro ma poi sarebbe scesa a 600mila (per la Rai l'ex bomber costò «solo» 450mila euro). E mentre il Dante di Benigni su Raidue traccheggia intorno al 4 per cento di share (un pacchetto di 12 serate costate in tutto quasi 4 milioni di euro) e Red or Black di Raiuno annaspa attorno al 14 per cento (poco per il primo canale), il libro nero sugli sprechi di Viale Mazzini arriva alla Procura Generale Regionale della Corte dei Conti del Lazio. Pagine e pagine.

BENIGNI TUTTO DANTE A PIAZZA SANTA CROCE FIRENZE

Naturalmente un capitolo ben pasciuto riguarda il Festival di Sanremo del 2009 (secondo «indiscrezioni» compensi di 1 milione per il conduttore Bonolis e per Benigni la cessione dei diritti delle sue partecipazioni sulla Rai, valutati tra i 350mila e i due milioni di euro) e quello del 2012, per il quale il danno erariale stato così con la partecipazione di Celentano che «parlando senza sosta per un'ora durante la prima serata non permise a un treno di spot da 700mila euro di andare in onda».

IL DUETTO DI GIANNI MORANDI E ADRIANO CELENTANO A SANREMO

700mila euro come il cachet riservato a Celentano che poi l'ha devoluto interamente a Emergency e a sette sindaci. Dunque «in totale il cantante è costato un milione e 400mila euro per sole due serate», si legge nell'esposto. E poi, parlando sempre di Festival, si va indietro nell'elenco dei presunti sprechi per Sharon Stone (250mila euro), Antonio Cassano (150mila euro per un'intervista) e Mike Tyson, «premiato» all'Ariston con 90mila euro nonostante una condanna per violenza carnale.

tyson jpeg

Insomma un lunghissimo elenco che sfiora addirittura «scatole cinesi che celano legami parentali», che hanno naturalmente bisogno di tutte le dovute verifiche. Nel complesso l'esposto del Codacons, che è l'associazione per i diritti dei consumatori) è una gigantesca carrellata di presunti abusi e di sprechi inaccettabili se fossero dimostrati. Adesso ci penserà il Tar a valutarne nel merito la consistenza. In Rai attendono. Ma chi comunque è tranquillo è il nuovo direttore generale Luigi Gubitosi, che ha già fatto risparmiare venti milioni di euro: se i danni denunciati fossero accertati, a risponderne saranno comunque i manager che lo hanno preceduto.

ANTONIO CASSANO

 

JENNIFER LOPEZ

DELL'UTRI: "GRASSO SE FA IL CONFRONTO, TRAVAGLIO LO SBRANA”

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www.radio24.it

PRIMI ANNI BERLUSCONI MARCELLO DELLUTRI E MIRANDA RATTI A MILANO jpeg

"Mi sono meravigliato della telefonata di Grasso da Santoro, quando ti metti sul livello di chi ti accusa non si capisce più chi ha torto e chi ha ragione, è un errore. Se accetta di fare un confronto Travaglio lo sbrana di sicuro, non ci deve andare e non ha bisogno di andarci. Da cosa si deve difendere?".

Lo dice Marcello Dell'Utri, ex senatore del Pdl, a La Zanzara su Radio24. ma anche Berlusconi teelfonò da Santoro, osservano i conduttori Giuseppe Cruciani e David Parenzo. "Ma Berlusconi è come Garibaldi - dice Dell'Utri - e per definizione non sbaglia mai. Grasso è presidente del Senato, non è una cosa utile chiamare in trasmissione, ma lo capirà quando avrà fatto esperienza, ora è un neofita".

LA CASA SULL'ALBERO DI MARCELLO DELLUTRI

"E poi - aggiunge Dell'Utri - quelle di Travaglio sono sicuramente delle palle grossissime, lui è il megafono di Ingroia, Ingroia era il nemico di Grasso e Travaglio continua a fare il lavoro di Ingroia".

"Grasso non è un magistrato fanatico - aggiunge - non è un fanatico come Ingroia. Berlusconi non lo conosce. Ma avrebbe fatto benissimo a dare un premio antimafia a Silvio, è una cosa oggettiva che il governo Berlusconi è quello che ha lottato di più contro la mafia".

DELLUTRI

Infine una stoccata su Antonio Ingroia: "Ingroia ad Aosta? Mi preoccupano i poveri cittadini valdostani che lo dovranno subire. Ma non troverà terreno fertile perché non c'è il clima palermitano. Invece per andare a sciare è un posto perfetto. Purtroppo torna a giudicare, ma poteva fare danni anche in politica".

"GRILLO MI PIACE TANTISSIMO. VUOLE DISTRUGGERE PER RICOSTRUIRE". "BERSANI? LO COMPATISCO, SONO C...SUOI".
"Grillo mi piace tantissimo, dice tantissime cose che condivido, vuole cambiare cose incrostate da secoli come la burocrazia". Lo dice l'ex senatore del Pdl Marcello Dell'Utri a La Zanzara su Radio24. "Ancora non lo vedo al governo - aggiunge Dell'Utri - ma Grillo ha questa funzione importante: distruggere per ricostruire". "Bersani invece lo compatisco - dice Dell'Utri - come di dice in gergo, sono cazzi suoi...".

"NON HO PIU' DEBITI, GRAZIE A BERUSCONI" -"LIBRI GIROLAMINI? DE CARO ME LI REGALAVA. TUTTI RESTITUITI TRANNE UNO, LO TROVERO' ALTRIMENTI LO RICOMPRO, VALE 10MILA EURO"
"Non ho più debiti dopo che ho venduto la casa. Grazie a Berlusconi che l'ha comprata ma prima l'avevo comprata io. Era lì che avevo i maggiori debiti, non farò mai più una casa nella mia vita". Così Marcello Dell'Utri, ex senatore del Pdl, a La Zanzara su Radio24. "Mi hanno pure condannato per aver costruito una casetta a Torno - dice Dell'Utri - mentre Comune e Soprintendenza hanno detto che era tutto a posto.

GRASSO hsGetImage jpegDELLUTRI E BERLUSCONI

Vi rendete conto? Mi condannano solo perchè mi chiamo Dell'Utri. E' una casa sull'albero, una tree house, una cosa bellissima, stupenda, tutte le barche si fermavano a vederla, è un moda che dilaga nel mondo. Ci si mette lì per osservare la natura, gli uccelli, leggere libri, conversare e bere un tè, ma non l'ho mai finita perché non me l'hanno fatta finire. Qualche comunista del paese ha denunciato e poi è arrivato il giudice, uno che avrà problemi sociali, non vede le cose, una condanna per una cosa che non esiste".

E i libri della biblioteca Girolamini di Napoli li ha restituiti, chiedono i conduttori Giuseppe Cruciani e David Parenzo?: "De Caro (l'ex direttore condannato a sette anni per peculato, ndr) me li regalava per le ricorrenze, poi qualcosa ho comprato. Quello che manca è un libro di Tommaso Moro. Se mi danno il tempo lo ritrovo, al massimo lo ricompro, costerà 10 mila euro".

 

BALOTELLI A SARA TOMMASI: “SE VAI NEL CASINO DI BERLUSCONI NON VEDIAMOCI PIٔ

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MARIO BALOTELLI E RAFFAELLA FICO

www.ilfatto quotidiano.it

balotelli fico sportweek

Decise di non incontrarla più per i suoi rapporti con Silvio Berlusconi. Era il 22 gennaio del 2011, quando il contratto con il Milan non era ancora in programma, sebbene "supermario" - appena tre giorni prima - avesse dichiarato pubblicamente che gli sarebbe piaciuto vestire la maglia rossonera nel giro di due anni. A quei tempi, però, Berlusconi lo giudicava con queste parole: "Balotelli? Non mi convince come uomo".

Erano i tempi in cui Balotelli indossava la maglia azzura del Manchester City. I giudizi del Cavaliere, in vista di un trasferimento a Milano, gli stavano a cuore e negli stessi giorni, parlando al telefono con Sara Tommasi, il futuro attaccante rossonero viene intercettato dalla Polizia napoletana.

SARA TOMMASI CALENDARIO DUEMILATREDICI

Si legge nel brogliaccio: "Il calciatore Balotelli Mario le chiede se anche lei entra nel casino di Berlusconi Silvio, poiché in tal caso preferisce non incontrarla più. Lei risponde che tutte le donne dello spettacolo passano per la casa di Berlusconi e che circa un anno fa Tarantini Giampaolo ve la condusse insieme a Rodriguez Belen e Arcuri Emanuela. Balotelli Mario chiede la conferma della sua conoscenza con Tarantini Giampaolo e lei risponde di sì".

SARA TOMMASI CALENDARIO DUEMILATREDICI

L'intercettazione - registrata in un'indagine napoletana sulla prostituzione che vedeva Sara Tommasi parte offesa e nella quale Balotelli non è indagato - è stata depositata pochi giorni fa dai pm della procura di Bari - Ciro Angelillis ed Eugenia Pontassuglia - per il processo in cui Gianpi Tarantini è imputato di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione per le ragazze portate dal premier nell'estate 2009.

 

FRONDA 5 STELLE: AL VOTO DI FIDUCIA CI SARANNO SORPRESE - Un gruppetto di senatori non esclude la trattativa con Bersani

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Andrea Malaguti per "La Stampa"

«Perché Grillo ci tratta così?». Fronda a Cinque Stelle. Il giorno dopo, venerdì, mentre Roberta Lombardi partecipa alla seduta dei capogruppo negli uffici della presidenza della Camera, i cittadini-parlamentari rimasti a Roma attraversano il Transatlantico con gli occhi bassi. Nervosi. Irritati. E questa volta non dai media, ma dal loro leader, Giuseppe Piero Grillo.

GRILLO LOMBARDI CRIMI

E anche dal loro portavoce al Senato, quel Vito Crimi che dopo l'incontro al Colle col Presidente Napolitano aveva commentato con incomprensibile spocchia: «l'abbiamo tenuto sveglio». Frase buttata lì come si fa al bar dandosi di gomito. E poi ritirata con tante scuse. «Parole di cui io mi sono vergognato», racconta in un capannello un parlamentare eletto nel Lazio. «Ma chi pensiamo di essere?». Ha gli occhi lucidi. È come se, guardandosi attorno, vedesse un altro momento, da un'altra parte. Non il suo. «Stiamo prendendo una brutta piega», borbotta.

CONSULTAZIONI GRILLO ARRIVA AL QUIRINALE jpeg

Raccoglie solidarietà immediata. È l'ala trattativista del Movimento - minoritaria ma non irrilevante - quella che era riuscita a far votare la disponibilità a discutere col Pd la suddivisione delle cariche istituzionali. Quella che ora vorrebbe ragionare sulla possibilità di un accordo governativo. «Un esecutivo Pd-M5S sarebbe perfetto. Almeno nella mia testa. Il Presidente ha ragione, il malessere sociale è troppo largo per essere ignorato». Eresia. Che comincia a prendere piede. Alimentata da un'immagine diventata ossessione.

È quella di Grillo che lascia il Quirinale e sale in macchina sgommando lontano. Insopportabile. Perché scappando in mezzo al traffico di Roma, e infrangendo metà delle regole del codice stradale, la Guida del MoVimento ha segnato plasticamente non tanto la distanza incolmabile dai media, quanto quella - per lui molto più fastidiosamente radicale - da una larga parte dei suoi cittadini-parlamentari. «Né una parola né un saluto. Non ci ha incontrato, non si è confrontato. È assurdo», sbotta un senatore a Palazzo Madama.

APRISCATOLE IN SENATO FOTO TWITTER BEPPE GRILLO

Finge di affrontare le cose con solidità, ma è evidente che dentro di lui un mondo è sparito. «Noi stiamo qui a lavorare. Lui arriva, impone la sua linea e sparisce. Evidentemente ci considera dei numeri. Magari è Casaleggio che gliel'ha fatto credere. Ma io non voglio ritrovarmi tra vent'anni a pensare che abbiamo buttato alle ortiche un'occasione storica per rendere l'Italia un posto migliore». Il mostro a due teste. Grillo-Casaleggio in cima alla montagna incantata, gli altri a valle a portare l'acqua divisi in tre sottogruppi. I talebani, gli spaventati, i trattativisti. Si risana una frattura così?

È passata una settimana dall'insediamento del Parlamento. Il MoVimento sembrava un esercito con una sola voce: «Siamo un gruppo compatto, meraviglioso». Era questo il ritornello. Sono cose che si dicono quando si è all'inizio. Poi si scopre di avere un passato, qualche risentimento, e all'improvviso - da un istante all'altro - niente è più come prima. È un processo rapido. Accelerato dalle pagelle affibbiate una sera sì una sera no dal papa ligure sul suo blog.

BERSANI E NAPOLITANO

«Molti non parlano per paura. Ma il giorno della fiducia non escluderei sorprese. Avete letto quello che dice Crocetta? Beh, ha ragione», insiste un senatore siciliano. Crocetta, allora. Il governatore dell'Isola, che a proposito di un sostegno Cinque Stelle a Bersani commenta: «Se Bersani presenta un programma di grande rinnovamento e ci sono punti condivisi, non capisco perché i grillini pretestuosamente debbano dire di no. Conosco molti deputati e senatori M5S che non condividono la scelta dell'Aventino». Il modello Sicilia. Il suo.

Alle otto di sera il vicepresidente della Camera, Di Maio, lascia Montecitorio visibilmente stanco. «Bersani premier? Di sicuro non avrà il nostro appoggio». Stessa linea della Lombardi. «Se Bersani chiede un incontro gli diciamo no in diretta streaming». I talebani non cambiano idea. Ma oggi l'equilibrio del gruppo non è quello che si dice un portento. Sono una ventina i cittadini-parlamentari non più in grado di capire come si potrà affrontare la prossima battaglia emotiva senza prendere le distanze dalla stella polare genovese. «Perché Grillo ci tratta così?».

parlamentari del M5S

 

 

VIDEO - MANGANELLI, FUNERALE CON INCIUCIO: BERSANI PARLA CON SCHIFANI

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Video di Veronica Del Soldà per Dagospia

Funerali del Capo della Polizia Manganelli

 

Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia

Roberto Saviano


DAGOREPORT
Funerale delle grandi occasioni quello di Antonio Manganelli nella chiesa di Santa Maria degli Angeli a Roma. Primo perché il Capo della Polizia, morto nel pieno della sua maturità professionale, era stimato ed apprezzato da tutti, secondo perché la cerimonia e' venuta a coincidere con un momento particolare della storia del Paese.

PierLuigi Bersani

Infatti, accanto al dolore, alla stima e all'effetto per il prefetto Manganelli, l'argomento immediatamente successivo era uno solo: Bersani Pierluigi ce la fa o no a formare il governo? Anche della successione sulla delicatissima poltrona di Capo della Polizia si parlava, ovviamente, ma dopo l'interrogativo politico principale.

Pierferdinando Casini Feretro

Tutti i presenti avevano titolo per discettare con cognizione di causa della crisi in corso: fatta eccezione per il Presidente della Repubblica e per quello della Camera, i vertici politici e istituzionali c'erano tutti, a partire dal preincaricato Bersani (il cui arrivo ha portato scompiglio nel cerimoniale) al presidente del Senato Piero Grasso e al suo predecessore Renato Schifani, al premier per gli affari correnti Monti (accompagnato da Catricalà) al quale una signora ha chiesto a brutto muso perché non era andato lui in India al posto dei maro' senza suscitare la minima reazione nella postura piena sino al colmo di se' del professore salito in politica, a Gianni Letta nella forma dei tempi migliori, a mezzo governo (Corrado Passera e' arrivato e se n'e' andato da solo), a Roberto Maroni, Angelino Alfano, Massimo D'Alema, Valter Veltroni, Pierferdinando Casini (davvero molto pallido), i vertici di tutte le forze dell'ordine, dei Servizi, della pubblica amministrazione.

De Gennaro Corrado Passera

E poi Michele Santoro e la sua squadra, con i fratelli Ruotolo al completo, Enrico Mentana. Ancora: Ilda Boccassini, Giancarlo Caselli (che non avrà giudicato un granché, come tutti, il discorso del suo ex rivale Grasso), Gianni Castellaneta accanto a uno dei capi storici dell'Fbi, il giudice Louis J.Freeh (grande amico anche del defunto capo della Polizia). E Gianni De Gennaro, amico ed ex capo di Manganelli, visibilmente commosso, e l'unico a seguire il feretro accanto alla famiglia. Tantissimi i poliziotti.

Antonio Ingroia

Gli scambi di opinione su Bersani e il futuribile governo hanno tenuto banco e il più attivo tra un capannello e l'altro e' stato proprio il presidente preincaricato. Il quale ha dedicato il colloquio più lungo a Renato Schifani, sicuramente suscitando qualche forma contenuta di irritazione in Gianni Letta.

Mario Monti e Antonio Catricala

 

BRUNETTA: UN CAPOGRUPPO DA BRUCIARE

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(c.l.) per Repubblica

Brunetta Renato

La televisione per la sua stanza, da nuovo mega super capogruppo l´ha voluta enorme. Perché a lui tutto piace in grande. Venerdì 15 febbraio l´elezione di Renato Brunetta alla presidenza della squadra Pdl alla Camera non era ancora formalizzata - Silvio Berlusconi aveva appena imposto ai deputati la sua irrevocabile scelta contro tutto e tutti - che già l´ex ministro si era presentato nei locali al sesto piano che erano stati di Fabrizio Cicchitto e impartiva le nuove disposizioni.

RENATO BRUNETTA E MOGLIE TITTI

Via il vecchio (neanche tanto, sembra avesse un paio d´anni) Toshiba del suo predecessore. La segretaria ha convocato i commessi per ordinare un nuovo tv al plasma da 50 pollici: «Presto, anzi subito». Costo (nell´ordine di migliaia di euro) a carico dei fondi del gruppo. Con buona pace dei tagli ai costi.

Era solo il preludio di quel che in una settimana si sarebbe trasformato nel tornado Renato, abbattutosi sui deputati Pdl. Settimana tribolata dentro e fuori quelle stanze. A farne le spese, per primo, il commesso del piano, deferito ai superiori per una sorta di lesa maestà: accusato di non essersi alzato e non aver «nemmeno salutato» il nuovo capogruppo al suo passaggio.

Scatta richiesta di provvedimento disciplinare, incidente che, va da sé, è morto di morte naturale sul tavolo di un costernato segretario generale di Montecitorio, Ugo Zampetti. Il tempo di mettere piede nelle stanze del gruppo ed ecco il primo atto dell´economista prestato alla causa berlusconiana: l´azzeramento dell´intero staff in servizio.

A nessuno dei 98 dipendenti della passata legislatura viene rinnovato il contratto, nemmeno ai 36 preventivati in ragione del drappello di deputati ridotto a un terzo. Drammi umani. Il centinaio di parlamentari che si presenta agli uffici del gruppo, trova completamente deserte le stanze al quarto, quinto e sesto piano di pertinenza Pdl.

In compenso, hanno preso possesso delle sale del capogruppo quattro nuove segretarie che Brunetta ha già portato con sé dalla sua Free Foundation: adesso passeranno a carico del Pdl. Alle altre assunzioni provvederà lui personalmente. Intanto, ha già richiamato in servizio Renato Farina (in ballo tra il ruolo di portavoce e capo ufficio stampa), proprio l´ex deputato e giornalista sospeso dall´Ordine in quanto referente dei servizi, nome in codice "Betulla".

Tra i deputati è già caos. L´ultima goccia quando Brunetta annuncia che sarebbero stati sorteggiati e non scelti gli scranni in aula e che sarebbe stata sua l´ultima parola sull´assegnazione nelle varie commissioni. In dieci minacciano di passare al misto.

Consolo Carfagna Lupi Lorenzin De Girolamo

Così mercoledì sera Brunetta comunica a Palazzo Grazioli l´intenzione di dimettersi: «Ho tutto il gruppo contro, non si può lavorare». Fulminato tuttavia da Berlusconi, alla vigilia della salita al Colle per le consultazioni. Venerdì il patatrac finale. Errore nella distribuzione dei voti e fallisce l´elezione di Laura Ravetto alla carica di segretario d´aula.

In questo clima, Mara Carfagna e Beatrice Lorenzin hanno rinunciato alla carica di vicecapogruppo («Non con Brunetta»). La sola Gelmini, per spirito di servizio, starebbe valutando. Ma i deputati raccolgono firme per la clamorosa sfiducia. Verdini e Alfano promettono che lunedì affronteranno il caso. Prima che il gruppo tracolli.

 

 

UNA FEMEN DA LAPIDARE: HA DICIANNOVE ANNI, È TUNISINA, È MUSULMANA

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Liberoquotidiano.it

Ha diciannove anni, è tunisina, è musulmana e adesso rischia la lapidazione. La colpa di Amina è quella di essere entrata a far parte del movimento "Femen" e di aver mostrato il suo corpo come segno di protesta contro gli abusi sulle donne nel suo Paese. Una decisione questa che però non è piaciuta ai predicatori islamici che hanno invocato per lei perfino la pena di morte.

FEMEN MUSULMANA

E oggi, sabato 23 marzo, la storia di Amina si tinge di giallo e preoccupa: di lei, infatti, non si hanno più notizie. L'attivista tunisina è sparita e nessuno riesce più a contattarla. Secondo quanto affermato dai predicatori islamici, la blasfema dovrebbe "ricevere dieci frustrate e poi va lapidata finché morte non sopraggiunga. Questo quanto aveva prospettato Adel Almi, infastidito anche dalle parole di Amina che in una intervista rilasciata a Ettounsiya Tv ha puntualizzato: "Il corpo è mio e non appartiene a nessun altro, né a mio padre, né a mio marito, né a mio fratello".

Il mistero - Come detto, ora di Amina non si hanno tracce. Dopo foto a seno nudo la sua pagina facebook è stata piratata da un hacker, ovviamente la sua identità è sconosciuta, che si nasconde dietro il nickname Angour. La fondatrice dell'organizzazione Femen, Inna Shevchenko, ha dato l'allarme confermando di non aver più avuto notizie della liceale: "Il suo cellulare è spento da tre giorni, il suo profilo Facebook è disattivato, così come quello su Skype".

La "madre" delle Femen ha però rivelato al quotidiano francese Liberation: "Abbiamo ricevuto messaggi nei quali è indicato che sta con la sua famiglia e che sta bene, ma non conosciamo le persone che ce li hanno inviati. Con le sue foto voleva dare il suo sostegno a Femen, come tante donne nel mondo. Eravamo in contatto con lei da due settimane, desiderava lanciare Femen in Tunisia".

 


BERLUSCONI TRASFORMA PIAZZA DEL POPOLO IN UNA PIAZZA LORETO AL CONTRARIO: LI HA APPESO TUTTI PER I PIEDI

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Video di Veronica Del Soldà

 

Il Banana a piazza del Popolo

Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia

Berlusconi sul palco di piazza del Popolo

Foto di Giulia Tolone manifestante per gli staminali di GMT-Mezzelani
Ansa.it

Silvio Berlusconi sale sul palco di Piazza del Popolo a Roma e nel suo discorso affronta vari temi passando da Pier Luigi Bersani a Gianfranco Fini ad Antonio Di Pietro.
"Grazie per essere qui in tanti siete uno spettacolo straordinario, già tutti pronti per una campagna elettorale per vincere davvero alla grande", ha detto Berlusconi dal palco dove si e' presentato da solo e senza occhiali.

"Ci avevano dati per agonizzanti e invece eccoci qui. Un popolo che combatte contro la crisi economica e sociale". Poi ancora il Cavaliere rivolgendosi alla piazza: "Siamo maggioranza del Paese". Rispetto all'incarico affidato dal presidente della Repubblica Napolitano al segretario del pd, Berlusconi ha detto: "A Pierluigi Bersani è stato dato un incarico precario". "E' passato più di un mese, dite a Bersani che non ha vinto le elezioni".

Cantanti e intrattenitori

"Monti è sempre stato supino alla Germania ora anche all'India", ha aggiunto nel suo discorso criticando la gestione della vicenda dei Marò da parte del governo che invece "non dovrebbe mai lasciare soli i propri uomini". E così un "abbraccio" ai due marò Latorre e Girone è stato indirizzato, da piazza del popolo, da Silvio Berlusconi ai due fucilieri del San Marco rientrati in India. La folla ha applaudito calorosamente.

"Lo sapete che non avevo mai visto tanti impresentabili tutti insieme? Perché ci dicono che siamo impresentabili, ineleggibili, collusi. In realtà noi siamo l'Italia migliore e siamo anche la maggioranza dell'Italia".

Mussolini e Fans

"Mando un saluto a Gianfranco Fini e a tutto il suo club di gentiluomini. Sono convinto che a Montecarlo non se la passi così male", ha detto Berlusconi. Poi ancora: "Mando un saluto a Di Pietro, spero che le sue braccia che sono tornate all'agricoltura non facciano troppi danni".

Berlusconi dal palco di piazza del Popolo manda anche un saluto ad Antonio Ingroia: "Lo hanno mandato in Valle d'Aosta, l'unico posto dove non si è candidato, ora farà le intercettazioni agli stambecchi del Gran Paradiso". "Avete visto ieri Grillo? E' andato da Napolitano travestito da dittatore dello Stato libero di Bananas...".

Scilipoti saluta le masse

"Il capo dello Stato deve essere un moderato del centrodestra, dieci milioni di italiani non possono essere esclusi dalle più alte cariche". Così Silvio Berlusconi, dal palco di piazza del Popolo. "Bersani - ha aggiunto - non può deciderlo con Vendola e Monti; e magari invitando Romano Prodi".

"Ribadisco la mia fiducia nell'equilibrio di Napolitano", ha detto Berlusconi. "La sinistra ha messo le mani sulle presidenze e adesso vogliono farlo per la presidenza della Repubblica: sarebbe un golpe un atto ostile contro metà e oltre del paese. Bersani vuole sequestrare il 100% delle cariche istituzionali, questo è inaccettabile".

giulia tolone protesta a favore della staminaliANCHE IO CON SILVIO

"Bersani non ha mai pronunciato la parola sviluppo, il suo unico problema è togliere di mezzo il signor Berlusconi. Scherzano con il fuoco e non capiscono che persino per un grande Paese come il nostro possono esserci scenari drammatici come Cipro". "Se Bersani proseguirà nel tentativo assurdo di un governo minoranza - ha aggiunto il cavaliere - sappia che la nostra opposizione sarà durissima nel Parlamento e nelle piazze. Se invece non ci riusciranno, allora l'essenziale è che non facciano perdere tempo al paese si torni subito al voto".

ANCHE IO CON SILVIO

"Bersani spera che turisti della politica, questi ospiti della politica nell'albergo a 5 stelle possano dargli i numeri per fare un esecutivo, è una cosa lunare. Dopo la catastrofe Monti noi abbiamo un programma di riforme per rilanciare l'economia".

ANCHE IO CON SILVIO

"Bersani sta ripetendo l'errore-orrore di Monti: pensare al suo interesse e non a quello del Paese". Il Pd, ribadisce, "dice no a un patto con noi" perché "é ancora accecato dall'odio e dall'invidia contro di noi, contro il ceto medio e i benestanti".

"Presenteremo nei prossimi giorni i primi 4 ddl per abolire e restituire l'Imu e per modificare i poteri del 'mostro' Equitalia", ha detto Berlusconi da piazza del Popolo. "Gli altri chiacchierano - dice - noi lavoriamo per il cambiamento".

Capezzone e Ignazio Abbrignano

"O si fa un governo forte che coinvolga tutte le forze politiche responsabili nell'interesse del Paese, oppure si va al voto. Non ci sono alternative".

Sono centinaia i 'fan' di Silvio Berlusconi arrivati in piazza del Popolo per partecipare alla manifestazione indetta a Roma dal Cavaliere. Armati di bandiere bianche con il simbolo del Pdl e cappellini con la scritta 'Anch'io con Silvio' si stanno radunando davanti ai maxischermi allestiti dove continua ad andare in onda un medley di interviste televisive fatte a Berlusconi.

Antonio Razzi

C'e' anche della musica in piazza. Sulle note del classico della canzone napoletana 'O surdato 'nnammurato' i manifestanti stanno intonando il testo 'Ohi Silvio nostro si' stato u primmo ammore e u primmo e l'ultimo sarai pe' me'...''.

'Cosentino libero'. E' questo uno dei cartelli presenti a Piazza del Popolo. Lo striscione è appeso su un muro che costeggia la piazza dalla parte opposta alla terrazza del Pincio, ma non è l'unico a destare l'attenzione. Sempre tra le scritte che compaiono ce ne è una che recita 'Io ho votato Pdl, non mi arrestate'.

Angelucci

Su un cartellone invece compare la scritta 'Non rompete i coglioni a zio Silvio. Saluti da Grimaldi (Cs)'. Proprio sotto il palco invece c'é una grande bandiera tricolore con la scritta 'Silvio non sei solo'. In piazza c'é anche Alessandra Mussolini con un cartello in cui c'é scritto: "Impresentabile", un chiaro riferimento alle parole pronunciate da Lucia Annunziata.

Alemanno

La giornalista Lucia Annunziata bersaglio dei 'berluscones'. Sono diversi i cartelli portati in Piazza del Popolo dai militanti del Pdl che prendono di mira la giornalista: 'Annunziata razzista, inciti all'odio di Statò, si legge su alcuni, 'Giornalista dei miei stivali', 'Impresentabile sarai tu e tutti quelli come te', fino ad arrivare ad una vera e propria minaccia, 'Annunziata vieni qua a calci in c... ti prendiamo'. "Non si doveva permettere di dire quella frase - ha spiegato una signora vicino ad uno dei cartelli - ha detto una cosa davvero stupida perché così ha insultato tutti noi. Dovrebbe essere licenziata per quello che ha fatto".

ANCHE IO CON SILVIO giulia tolone protesta a favore della staminali

"Porterei queste persone ad occupare il Parlamento". Lo afferma Donna Assunta Almirante, arrivando alla manifestazione del Pdl in corso a Piazza del Popolo. La vedova del leader del Msi critica Berlusconi sottolineando l'errore a lasciare l'esecutivo a Monti: "Ha sbagliato a lasciare doveva fare lui quello che ha fatto il premier". Quanto ad un accordo con Bersani aggiunge: "Si può fare purché sia una soluzione breve".

ANCHE IO CON SILVIO giulia tolone protesta a favore della staminaligiulia tolone protesta a favore della staminali

La Stampa.it- Tra le canzoni oltre ai classici partenopei c'è anche «Just a Gigolo».

giulia tolone protesta a favore della staminali

 

 

OBAMA METTE IN VENDITA IL SOGNO AMERICANO Se sganci 500mila $ e crei 10 posti di lavoro, ottieni subito la carta verde

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Paolo Mastrolilli per "La Stampa"

Obama si inchina a Hu Jintao

Il sogno americano è in vendita. Nel miglior senso possibile della parola. Un programma speciale del governo consente agli stranieri di ottenere la carta verde, se investono 500.000 dollari in un'attività che genera almeno dieci posti di lavoro. Quando l'operazione funziona, il permesso di soggiorno diventa permanente e si trasforma nella piena cittadinanza degli Stati Uniti.

Il programma di cui parliamo si chiama EB-5, e negli ultimi anni ha ottenuto un successo sempre crescente. I motivi sono due: primo, la crisi economica ha moltiplicato il numero delle imprese che cercano finanziamenti fuori dai canali convenzionali; secondo, in questo clima sono aumentati anche gli stranieri facoltosi che cercano rifugio nella relativa stabilità degli Stati Uniti.

TIPICO SOBBORGO AMERICANO

Parliamo soprattutto di ricchi cinesi, indiani, sudcoreani, taiwanesi, arabi, canadesi, ma anche europei. Dal 1992 - anno in cui il programma EB-5 fu lanciato - ad oggi, le persone che hanno ottenuto la carta verde sono state 29.000. In totale hanno investito 6,8 miliardi di dollari, creando 50.000 posti di lavoro. Tre quarti di questi visti sono stati concessi dopo il 2008, cioé dopo l'inizio della crisi economica globale, a conferma che questo è stato l'effetto scatenante del fenomeno.

L'operazione è relativamente semplice. Gli stranieri interessati si rivolgono ad un ufficio apposito, che spiega quali sono le opportunità di investimento disponibili: si va dal finanziamento per la costruzione di alberghi o centri commerciali, fino all'acquisto di fattorie. Una volta che i candidati scelgono la loro opzione preferita, il governo comincia i propri controlli a tappeto, per garantire di non mettersi in casa le persone sbagliate. Si va dallo studio dei precedenti penali, fino agli esami medici per le malattie veneree. Se i vari test risultano tutti positivi, nel senso che non ci sono impedimenti all'ingresso nel paese, il processo viene avviato.

GUERRA CINA AMERICA jpeg

I candidati versano i capitali e ricevono un permesso temporaneo di residenza per due anni. Alla fine di questo periodo si tirano le somme: se i soldi sono ancora investiti, il progetto procede, e crea almeno dieci posti di lavoro, la carta verde diventa permanente.

Il programma ha provocato qualche polemica, perché ci sono state anche truffe ai danni degli investitori, mentre alcuni hanno criticato il fatto che gli stranieri ricchi siano avvantaggiati rispetto ai poveri, in quanto di fatto possono comprare la cittadinanza.

C era una volta in America

Il momento di crisi, però, fa prevalere la necessità di trovare capitali che possano avere un impatto positivo immediato sull'economia e sull'occupazione, e quindi l'iniziativa EB-5 gode di un sostegno bipartisan che la mette al sicuro da ripensamenti. Il Washington Post, ad esempio, ha raccontato la storia dei Dekker, una famiglia olandese di cinque persone che era venuta in Michigan per gestire una fattoria.

Un messicano tenta di scavalcare il muro di confine

Rischiavano di perdere tutto, e quindi attraverso questo programma hanno investito 500.000 dollari nella costruzione di un albergo della catena Marriott a Washington, dove non erano mai stati prima. L'operazione ha funzionato, le carte verdi sono arrivate, e i figli dei Dekker ora studiano all'università, in attesa di recuperare i soldi dell'investimento e prende in mano la gestione della fattoria.

 

 

LA7 SPACCATA: DOPO RUFFINI E FORMIGLI, ANCHE LERNER CONTRO IL “CORPO ESTRANEO” SANTORO

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1. LA SFIDA GRASSO-TRAVAGLIO TERREMOTA LA7 - LERNER CONTRO SANTORO: «VEZZI DA STAR»
Antonio Castaldo per "Corriere.it"

Il duello tra Pietro Grasso e Marco Travaglio manda in fibrillazione le redazioni di La7. Le principali trasmissioni giornalistiche dell'emittente fanno a gara per ospitare il match tra il presidente del Senato e il giornalista. L'offerta dello stesso Santoro che offriva il parterre tubolare di Servizio Pubblico è stata declinata dall'ex procuratore antimafia. Quindi la collocazione di Piazzapulita suggerita, pare, dal direttore di Rete Paolo Ruffini è stata bocciata da Travaglio.

Presidente del Senato Pietro Grasso

Infine Mentana, che nelle edizione serale, candida la tribuna del suo Tg. Sabato mattina Gad Lerner, altro volte illustre dell'emittente, fulmina i colleghi con un tweet: «Travaglio e Santoro coniano il loro Comandamento: "Non avrai altra televisione all'infuori di me". Vezzi da star in una rete senza censura».

LA VICENDA - Giovedì il neoeletto presidente del Senato è intervenuto telefonicamente a Servizio Pubblico, per replicare all'editoriale di Travaglio, che lo accusava di aver fraternizzato con la politica anche quando era magistrato. L'ex procuratore nazionale antimafia ha sfidato il giornalista ad un confronto in diretta «carte alla mano».

Marco Travaglio

Ma ha anche sottolineato l'urgenza della riparazione: «Non posso aspettare una settimana», ha detto, respingendo l'offerta di Michele Santoro che aveva immediatamente proposto il suo programma come ring ideale. A quel punto, come racconta lo stesso Travaglio sul Fatto di sabato, «alcuni colleghi si sono molto agitati, ansiosi com'erano di ospitare il faccia a faccia». La rete di Cairo aveva infatti individuato una possibile mediazione in Piazzapulita, la trasmissione di Corrado Formigli che va in onda lunedì. Grasso ha subito accettato. Ma Travaglio no: «Io lavoro al Fatto e a Servizio Pubblico». Un rifiuto corredato da una postilla sul cerimoniale del confronto: «Un duello non è un talk show con ospiti, servizi filmati e pollai vari».

LO SPECIALE DEL SABATO - Formigli ha provato fino all'ultimo a convincere il collega. E su Twitter aveva scritto: «Marco ripensaci». Nel tentativo di accontentare tutti, Santoro aveva proposto uno speciale confezionato apposta per l'occasione, magari nel fine settimana. Ma la direzione di rete ha escluso questa possibilità.

A questo punto è quasi certo che la sfida ci sarà, ma a distanza. Santoro la spiega così: «Il Presidente Grasso potrà esprimersi come vuole a Piazzapulita e Marco Travaglio potrà continuare a farlo su Servizio Pubblico - scrive in una nota - ma, anche nel rispetto delle norme sul diritto di rettifica, un confronto tra il Presidente Grasso e Marco Travaglio potrà avvenire solo nella nostra trasmissione o in uno speciale creato per l'occasione con la nostra collaborazione».

travaglio, santoro


2. GRASSO E TRAVAGLIO, CONFLITTO SU 10 ANNI DI LOTTA ALLA MAFIA
Giovanni Bianconi per il "Corriere della Sera"

Prima una telefonata in diretta tv, a Servizio pubblico , per lanciare la sfida di un confronto davanti ai telespettatori, poi un messaggio via Internet per accettare l'invito a un programma affine: lunedì prossimo a Piazza pulita , stessa rete e stesso orario. Ma al presidente del Senato Pietro Grasso che vuole il faccia a faccia sulla propria storia di magistrato antimafia, il giornalista Marco Travaglio replica che il «duello» deve avvenire nella trasmissione sua e di Michele Santoro.

Corrado Formigli

La stessa in cui, l'altra sera, ha accusato Grasso di essere «molto furbo, uno che sa gestirsi bene, che non ha mai pagato le conseguenze di una sua inchiesta e s'è sempre tenuto a debita distanza dalle indagini su mafia e politica».

Gad Lerner Chicco Mentana

I «capi d'accusa» a sostegno di questo profilo sono noti e risalenti nel tempo, ma prima la candidatura elettorale di Grasso nelle file del Pd (contemporanea a quella di Ingroia in un'altra lista) e poi la sua elezione allo scranno più alto di palazzo Madama li hanno riportati all'attualità. Come se un decennio e più fosse passato invano. Gli argomenti della discordia sono sempre gli stessi, e risalgono a quando Grasso sostituì Gian Carlo Caselli alla guida della Procura di Palermo, nel 1999. Nel segno della continuità, si disse all'epoca, appoggiato dai magistrati di ogni tendenza e schieramento. A cominciare da Caselli.

dellutri cuffaro bacio

La prima mossa a dividere fu la mancata sottoscrizione dell'appello contro l'assoluzione di Giulio Andreotti nel processo di primo grado. Grasso la spiegò non come una presa di distanza, bensì una conseguenza della «piena autonomia dei sostituti di udienza. Per quello che mi è stato detto, condivido l'iniziativa dei miei colleghi».

Del resto al momento della sentenza, al posto del predecessore che aveva lasciato la Procura anzitempo, Grasso s'era presentato sul banco dell'accusa accanto ai pubblici ministeri. Ma negli anni a seguire i contrasti aumentarono, provocando un progressivo allontanamento dalle indagini principali dei pm che più avevano collaborato con Caselli, in favore di altri. Primo fra tutti il procuratore aggiunto Pignatone, insieme al quale Grasso gestì - nel 2002 - la collaborazione del neo-pentito Nino Giuffrè.

Berlusconi e Cuffaro inaugurano la Messina Palermo

Quel «pentimento» rimase talmente segreto che quando lo scoprirono due procuratori aggiunti (Scarpinato e Lo Forte) si dimisero dal pool antimafia. Nonostante le giustificazioni addotte, che fecero rientrare la protesta, la spaccatura non si sanò mai fino in fondo. Anzi, si ripropose nel 2004 con le indagini sull'allora presidente della Regione Totò Cuffaro. Grasso e Pignatone gli contestarono il favoreggiamento aggravato, i «dissidenti» volevano il concorso esterno in associazione mafiosa; prevalse il procuratore, e il processo approdò alla condanna in secondo grado, per la quale Cuffaro è tuttora in galera.

GASPARE SPATUZZA

Se e quando avverrà, è probabile che questo argomento sarà affrontato nel confronto fra Grasso e Travaglio, insieme alla nomina a Procuratore nazionale antimafia, ottenuta dopo che la maggioranza di Silvio Berlusconi aveva imposto tre leggi (una delle quali dichiarata poi incostituzionale) per escludere dalla corsa Gian Carlo Caselli. Una verità inconfutabile, ma ovviamente non c'è la prova che se Caselli fosse rimasto in gara il Consiglio superiore della magistratura avrebbe scelto lui e non Grasso.

PIETRO GRASSO TRA BERSANI ED ENRICO LETTA

Quella norma «contra personam» fu citata da Ingroia, in campagna elettorale, per sostenere che Berlusconi aveva voluto Grasso alla Superprocura; sorvolando sul fatto che i pentiti che anche di recente e con maggiore credibilità hanno parlato dei presunti legami tra Forza Italia e Cosa nostra subito dopo le stragi di mafia furono proprio il Giuffrè gestito in gran segreto da Grasso e poi Spatuzza, che a lui rilasciò le prime dichiarazioni.

Le polemiche sono proseguite, ciclicamente, e proseguiranno. Su comportamenti e scelte naturalmente opinabili e discutibili, come quelle di tutti. A proposito di questioni che a ben guardare si rivelano sempre un po' più complesse e controverse di come appaiono o vengono riassunte in articoli, talk-show e relative repliche.

 

 

NAPOLITANO VEDE ALL’ORIZZONTE L'ICEBERG DEL TITANIC-ITALIA E SBOTTA: ‘’ORA BASTA!’’

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DAGOREPORT

"E' ora di pensare all'interesse del Paese". È la lapidaria dichiarazione di stamani del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che parlando alle Fosse Ardeatine ha aggiunto: "si sente un forte bisogno di unità, di piena adesione agli interessi generali del Paese e di continuità delle istituzioni repubblicane".

GOVERNO DI SCOPO E SCOPONE BERSANI GRILLO BERLUSCONI NAPOLITANO

Così facendo Re Giorgio non ha fatto che instillare un dubbio, che traduciamo in una affermazione molto semplice: le tre minoranze che, per modo di dire, hanno vinto le elezioni e cioè Pd, Pdl e Movimento 5 Stelle non si stanno muovendo nell'interesse del Paese. E il richiamo di Re Giorgio significa una sola cosa: ora basta.

Infatti il primo a temere l'iceberg del Titanic e' proprio il Capo dello Stato, che stamane dopo la lettura dei giornali deve aver avuto un sussulto di preoccupazione per una situazione che sta precipitando in direzione contraria ai legittimi interessi e alle aspettative dei cittadini italiani.

Il Pd continua a inseguire Grillo che lo sbeffeggia ed aspetta che la magistratura gli tolga di mezzo definitivamente il grandissimo ostacolo che, nel bene e nel male, Berlusconi Silvio continua ad essere e ad essere in modo efficace.

BERSANI E NAPOLITANO

Il Pdl ritiene che se fallisce il tentativo Bersani perche' il premier preincaricato non e' in grado o non vuole fare un accordo con loro e' meglio che rimetta rapidamente l'incarico nelle mani del Capo dello Stato, e magari da quel momento inizia anche l'implosione dello stesso Pd che è già nell'aria da qualche settimana e sono in tanti con i pugnali affilati pronti ad aprire una guerriglia interna senza precedenti.

I grillini rischiano di essere il più grande flop della storia repubblicana, dopo aver suscitato enormi speranze in un quarto degli italiani che fra protesta e bisogno si sono rivolti a loro con il voto per determinare un cambiamento reale portando a casa risultati concreti, tangibili ed immediatamente apprezzabili.

BERLUSCONI NAPOLITANO

Invece con questo inspiegabile arroccamento dal sapore aventiniano stanno seriamente rischiando l'irrilevanza. E già se ne vedono i primi forti sintomi, se neppure il blocco della Tav può rappresentare un buon motivo per far cominciare il cammino di un governo con la prospettiva di portare a casa diversi punti del loro programma, a cominciare dall'abolizione dell'Imu. Allora vuol dire che siamo di fronte ad una pochezza politica allarmante di cui anche i loro sostenitori presto chiederanno conto a Grillo, Casaleggio, Crimi, Lombardi e portasilenzi vari e avariati.

MARIO MONTI E TERZI DI SANTAGATA A NEW YORK jpeg

Cosa fare allora per dare risposte concrete alle serie preoccupazioni del Quirinale? Ecco alcune ipotesi che sicuramente non dispiacerebbero al Colle e di cui si sta discutendo in queste ore in previsione della Direzione del Pd di domani che dovrà fare una scelta chiara e definitiva sul percorso immediato di Bersani Pierluigi, premier preincaricato.

Uno. Il segretario del Pd vuol fare il governo a tutti i costi? O fa un accordo alla luce del sole con il M5Stelle o lo fa con il Pdl di Alfano su punti precisi, condivisi e sottoscritti, oppure si deve affidare agli espedienti di tecniche parlamentari che avranno il fiato cortissimo, come dimostrano tutti i precedenti.

E lasci stare improvvisati esponenti della cosiddetta società civile che non avendo cultura di governo e una visione d'insieme delle esigenze del Paese gli provocherebbero solo disastri (vedi Terzi di Santaqualcosa, che ha prodotto danni devastanti come Cernobyl all'Italia e alla diplomazia italiana, per non parlare di tutti gli pseudo tecnici arruolati da Monti Mario).

grillo al quirinale sorri

Due. Bersani passa la mano? Si trovi immediatamente una personalità che metta in piedi un governo di competenti di ispirazione politica che si presenti al Parlamento con dei punti programmatici ben chiari e definiti che potremmo chiamare Agenda Napolitano se non fosse che la precedente agenda, quella dell'apprendista stregone Monti, e' finita nel ridicolo.

BERLUSCONI IN TRIBUNALE

Tre. Tutti dovrebbero ricordare che a maggio c'è un importante turno di elezioni amministrative, Roma in testa, e che a giugno non si possono spendere altri 400 milioni di euro per elezioni politiche generali che, senza cambiamenti nella legge elettorale, darebbero risultati sostanzialmente analoghi a quelli attuali con una certezza: al Senato non si avrebbe di nuovo alcuna maggioranza.

PROTESTA PDL DAVANTI AL TRIBUNALE DI MILANO PRO BERLUSCONI

Quattro. Attenzione alle date. Solo a fine aprile si comincerà davvero a votare per l'elezione del Capo dello Stato, ma intanto il 18 aprile la Corte di Cassazione si dovrà pronunciare sulle istanze di remissione da Milano a Brescia dei processi Mediaset e Ruby. Fino a quella data i processi sono sospesi in attesa del verdetto della Cassazione, che però potrebbe anche slittare di qualche settimana. Si realizza così l'ausilio del Quirinale di garantire al leader della seconda coalizione più votata alle elezioni "il diritto di partecipare adeguatamente te alla complessa fase politico istituzionale già in pieno svolgimento". Ma questa tregua, sembra dire il Capo dello Stato, utilizzatela almeno per fare qualcosa di utile al Paese.

Berlusconi arriva al tribunale di Milano con il medico Zangrillo

Cinque. Pd e Pdl condividono un modello elettorale da introdurre anche in Italia: il doppio turno alla francese, con o senza modifiche costituzionali. Hanno numeri ampi per portare a casa questo risultato. Perché non farlo?

Sei. Governo nuovo o vecchio, ma almeno un Decreto per restituire una parte dei debiti della Pa alle aziende ma perché non si fa? L' "ora basta" del Presidente della Repubblica si riferisce anche a questo.

 

 

RATZINGER PER NIENTE “NASCOSTO”: ISTRUISCE PAPA FRANCESCO SU VATILEAKS

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Paolo Rodari per "la Repubblica"

PAPA PIU' PAPA

Un colloquio di 45 minuti riservato e violato soltanto da una telecamera del Centro televisivo vaticano che ha immortalato su di un tavolo una grossa scatola con sopra una busta bianca chiusa, il cui contenuto resta sconosciuto: un memorandum per Papa Bergoglio o semplicemente un regalo di Ratzinger al suo successore?

È il primo faccia a faccia, avvenuto ieri a Castel Gandolfo, fra i due Papi, Francesco e Benedetto. Più che un passaggio di consegne, l'occasione per Francesco di porre domande a Benedetto, il quale, dopo la rinuncia al papato, non si permette di avanzare proposte né di suggerire argomenti di discussione. Così l'incontro di ieri l'ha condotto il nuovo Papa, tre quarti d'ora di domande a colui che per sette anni e mezzo ha avuto in mano il governo della Chiesa e anche della Curia romana.

PAPA PIU' PAPA

Tanti i temi d'interesse: non soltanto lumi sulla Relatio dei tre cardinali "inquisitori" dedicata a Vatileaks, con nomi e cognomi dei traditori interni, ma anche, e soprattutto, le domande sul futuro della Chiesa, i dossier aperti da mesi sul tavolo di Benedetto e ancora non risolti.

Papa Francesco è stato eletto grazie alla spinta dei cardinali extra curiali che chiedevano a gran voce un cambio di rotta e di gestione dopo i problemi di governance interna. Poi si sono accodati i curiali in opposizione alla candidatura forte di Angelo Scola. Francesco, durante le Congregazioni generali che hanno preceduto il Conclave, ha tenuto un breve intervento nel quale la parola che maggiormente ha fatto risuonare nell'Aula Paolo VI è stata «misericordia ».

PAPA PIU' PAPA

Ora, per lui, si tratta di trovare il giusto compromesso fra la necessità di usare misericordia e insieme la richiesta pressante di fare pulizia. Ripulire la Curia dai traditori e, insieme, ripulire la Chiesa che lo stesso Ratzinger nel 2005 nella via crucis al Colosseo disse essere piena di «sporcizia». Un tema, quello delle divisioni interne che sporcano la Chiesa, che non a caso verrà toccato anche nelle prossime meditazioni della medesima Via Crucis che sono state affidate a un cardinale elettore di Bergoglio, il patriarca di Antiochia dei Maroniti Béchara Boutros Raï. Egli ricorderà come la Chiesa sia «oppressa sotto la croce delle divisioni che allontanano i cristiani gli uni dagli altri e dall'unità». Come usare misericordia e come fare pulizia, dunque, sono la domande di Papa Francesco.

RATZINGER BERTONE E ALTI PRELATI

Prima di lasciare il papato, nella sagrestia della basilica vaticana, Benedetto si è rammaricato per non aver centrato il progetto capitale della riforma della Curia romana, oggi troppo burocratizzata e troppo verticistica. «Serve un governo più collegiale », afferma da tempo il cardinale tedesco Walter Kasper, citato da Bergoglio durante il suo ultimo Angelus. Ratzinger lascia nelle mani di Francesco la bozza Nicora-Coccopalmerio, redatta appositamente per rivoluzionare in misura più orizzontale il governo della Chiesa, ma Bergoglio sa che si può fidare anche dei suggerimenti del cardinale Claudio Hummes, ex prefetto del clero, che ben conosce i meccanismi interni e soprattutto gli uomini.

Braz de Aviz images

Ratzinger ha lasciato all'ex Sant'Uffizio i dossier dottrinali, su tutti il problema dei lefebvriani. Bergoglio non è dunque da Ratzinger che riceverà lumi in merito. Come non è da lui che riceverà quella bozza d'enciclica sulla fede che la Dottrina della fede aveva preparato auspicando che poi Benedetto vi mettesse mano. Visto che il Papa emerito non ha trovato il tempo per farlo, non è affatto da escludere che la prima enciclica di Francesco non sia sul tema della fede, ma su un altro.

cardinal walter kasper

Dalla Curia viene anche un dossier che si dice molto duro, curato dal cardinale brasiliano Joao Braz de Aviz e dedicato allo stato degli istituti religiosi nel mondo. Il quadro che ne uscirebbe sembra desolante: non ci sono più vocazioni e quelle che ci sono faticano a reggere. Ma altri dossier sono nelle mani della segreteria di Stato, non soltanto quello sui problemi con la Cina, dove i vescovi "romani" soffrono violenze e soprusi, ma anche quello sul tema caldissimo dei martiri cristiani.

La notizia delle scorse ore è che Bergoglio è scoppiato a piangere giovedì scorso davanti a Louis Raphaël I Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei (Baghdad). Questi gli raccontava in udienza privata della Chiesa perseguitata in Iraq, dei suoi 950 martiri e delle sue 57 chiese attaccate. «Ho visto delle lacrime scendere sul volto di Papa Francesco », ha detto il patriarca.

 

 

CIPRO-VANO ANCORA: PRELIEVO SOLO AI RICCHI - Tassa fino al 20% sui conti sopra i 100mila €

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1. CIPRO, PRELIEVO DEL 20% SUI DEPOSITI RICCHI TASSA MASSIMA PER LA BANCA PRINCIPALE, 4% PER LE ALTRE. L'FMI: NON BASTA
Giampaolo Cadalanu per "la Repubblica"

PROTESTE A CIPRO CONTRO IL PRELIEVO FORZOSO DAI CONTI CORRENTI

E' una corsa contro il tempo, per mettere a punto il piano che dovrebbe salvare Cipro dalla bancarotta. Domani notte scade la garanzia di liquidità della Banca centrale europea: in queste ore il governo di Nicosia sta discutendo i dettagli del piano con i rappresentanti dalla troika - Ue, Bce e Fondo monetario - dopo aver di fatto compiuto una scelta in favore dell'Europa e parzialmente sgradita a Mosca. Il prelievo forzoso, suggerito da Bruxelles e bocciato dal Parlamento, è tornato nei piani dell'esecutivo come strumento inevitabile per recuperare i 5,8 miliardi chiesti dall'Ue per varare il piano di aiuti di altri dieci.

Il presidente cipriota Nicos Anastasiades jpeg

Secondo le indiscrezioni trapelate in tarda serata e provenienti da «alti funzionari governativi », il sacrificio richiesto ai correntisti sarà mirato ai benestanti: più pesante, ma solo sui conti sopra i centomila euro. Non sarà più del dieci, ma del 20 per cento per i conti della Bank of Cyprus, uno degli istituti più esposti. Tirano un sospiro di sollievo i correntisti delle altre banche, che se la caveranno con un prelievo più modesto, pari al 4 per cento. I fondi pensione nazionalizzati non faranno parte del "pacchetto", hanno fatto sapere le stesse fonti alla tv locale.

Ma l'intesa - che alle 20 sembrava cosa fatta - alle 21:30 torna in alto mare a causa - scrive l'agenzia ufficiale cipriota, Cna - «delle sempre più alte richieste avanzate dai rappresentanti dell'Fmi ». Venerdì notte il Parlamento aveva già approvato diverse misure, fra cui la creazione di un "fondo di solidarietà" in cui verranno convogliate le risorse raccolte, limitazioni severe ai movimenti di capitale e la ristrutturazione delle banche più esposte (in particolare la Laiki, i cui dipendenti sono scesi in piazza).

proteste-cipro

In altre parole: c'è lo strumento tecnico per raccogliere i soldi, compresi quelli messi a disposizione dalla Chiesa ortodossa, c'è la garanzia che le riserve non verranno prosciugate d'improvviso al riaprirsi degli sportelli bancari, martedì, e c'è anche un primo robusto taglio al debito, con la vendita delle agenzie di banche cipriote in terra greca, sia pure cariche di titoli tossici. Manca ancora l'accordo politico, sia interno, sia internazionale: il via libera del Parlamento e l'assenso dell'Unione europea, che il presidente cipriota Nicos Anastasiades cercherà a Bruxelles oggi, dopo la riunione dei ministri delle Finanze europei dedicata appunto alla crisi dell'isola.

CIPRO - TROIKA GO HOME

La spedizione di Anastasiades arriverà comunque al limite del tempo disponibile: la chiusura forzata delle banche sta ormai diventando intollerabile e rischia di strangolare l'economia dell'isola. Le code ai bancomat sono sempre più lunghe, anche perché le macchine non distribuiscono più di 260 euro a prelievo. Lunghe file di automobili si sono formate anche alle stazioni di servizio, mentre crescono le difficoltà nei negozi, che spesso rifiutano le carte di credito e devono affrontare i clienti più pessimisti, decisi a fare scorte massicce.

E' tempo di «scelte difficili», dunque «è essenziale», ha detto il vicepresidente della Commissione europea Olli Rehn, che le misure siano soddisfacenti per l'Europa. Altrimenti per Cipro si potrebbe aprire la via verso l'uscita dall'euro: strada che una buona fetta di cittadinanza considera ormai auspicabile.

draghi


2. CIPRO: SI TENTA ACCORDO, PRESIDENTE ARRIVA A BRUXELLES
(AGI) - Si tenta un accordo in extremis per scongiurare il 'default' di Cipro: il presidente Nikos Anastasiadis si riunira' oggi con gli esponenti dell'Fmi, per cercare una soluzione ed evitare cosi' il peggio, e cioe' che l'isola venga costretta a uscire dall'Euro. Cio' creerebbe un precedente troppo pericoloso: per questo motivo, a Bruxelles e' stata fissata una fitta scaletta di incontri con lo scopo di giungere ad un accordo. Alle 18 si riunira' poi l'Eurogruppo e non si esclude una lunga notte di trattative.

Innanzitutto, il presidente cipriota si incontrera' con il presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, e il presidente della Commissione Ue Josè Manuel Durao Barroso, e poi con il presidente della Banca Centrale Europea (BCE) Mario Draghi, e il direttore generale dell'Fmi Christine Lagarde. Le trattative tra Cipro e la troika sono "in un momento molto delicato. La situazione e' difficile e i margini stretti", ha detto il portavoce del governo di Nicosia. Secondo indiscrezioni, l'accordo sarebbe stato trovato sull'ipotesi di un prelievo al 20% sui conti correnti superiori ai 100 mila euro per la Banca di Cipro e del 4% sui conti di altri istituti.

CHRISTINE LAGARDE

Ma su questa ipotesi di compromesso, l'Fmi ha alzato il tiro chiedendo che la Banca di Cipro si assuma anche il debito del Laiki Bank, che dovrebbe dividersi in una 'bad' banca scorporando cosi' le passivita'. L'obiettivo del cosiddetto 'piano B' prevede invece di raccogliere almeno 5,8 miliardi che chiede la troika in 'cambio' di un prestito da 10 miliardi, senza compromettere pero' la stabilita' del debito, un fattore che l'Fmi ritiene essenziale. Bisogna cosi' trovare un accordo, e non si esclude che si faccia notte: il limite massimo e' infatti lunedi' quando la Bce non fornira' piu' liquidita' alla banca cipriota, e gli istituti di credito e la Borsa di Nicosia riapriranno martedi'. Secondo il Commissario Ue agli Affari Economici Olli Rehn, e' ora il momento di trovare "soluzioni difficili" senza chiederne di "ottime e disponibili". (

PUTIN E BARROSO


3. COHN-BENDIT: IL PRELIEVO FORZOSO SUI CONTI È ASSURDO E ILLEGITTIMO

Andrea Tarquini per "la Repubblica"

«La signora Merkel non si rende conto che le sue parole - gradite in casa propria scatenano allarme e ostilità verso la Germania, diffidenza e problemi sui mercati». La dura accusa viene da Daniel Cohn-Bendit, ex leader del maggio ‘68, massima voce dei Verdi europei e della sinistra critica nell'eurozona. Merkel parla duro con Cipro: è il ritorno del tedesco cattivo? «Non solo il governo federale ma anche tutti i ministri delle Finanze dell'eurozona hanno preso verso Cipro decisioni assurde e incomprensibili. Hanno deciso tutti all'unanimità che l'isola dovrà intaccare i suoi depositi e conti».

Perché è assurdo?

Daniel Cohn Bendit

«In ogni Paese, tutti i conti e tutti i risparmi al di sotto dei centomila euro sono o dovrebbero essere garantiti. Avrebbero dovuto aspettarsi, i ministri delle Finanze dell'eurozona, che una richiesta di "prelievo forzoso" avrebbe sollevato collera e protesta a Cipro. Ora la situazione è sfuggita al controllo, è come una barca alla deriva senza timoniere ».

In che senso?

«A Cipro non c'è chiarezza, tra i ministri finanziari dell'eurozona nemmeno, e sia i ciprioti sia noi altri europei siamo a bordo di treni che viaggiano verso l'abisso ».

Lei appare molto pessimista...

«La crisi può essere alla fine solo psicologica o invece, come temo, può consolidarsi come reale. Non si capisce dove gli attori del dramma vogliano arrivare: il governo tedesco, i ministri delle Finanze europei, Cipro stessa».

Non ha l'impressione che, nella posizione dura del governo tedesco, si riverberino anche i toni da campagna elettorale in vista del voto a settembre?

«Da tempo il governo federale e la signora Merkel lavorano in modo da dare l'impressione di voler salvare l'Europa quanto necessario, ma con il minimo costo possibile. E' la posizione della Merkel, che ritiene così di difendere gli interessi nazionali tedeschi. Ma in questa storia c'è anche un "massimo necessario" perché sappiamo che la Germania ha bisogno dell'Europa. Il massimo necessario, dunque, ma anche il minimo possibile».

protesta a cipro contro merkel jpeg

Non c'è il pericolo che gli altri Paesi europei rivedano il volto del tedesco cattivo?

«Una volta Helmut Schmidt ha detto che, pur presumendo la politica del governo federale come giusta, se rifiutata ovunque essa fa emergere un errore di fondo nel sistema. Di fatto, la politica tedesca che dovrebbe salvare l'Europa la disintegra, producendo l'effetto opposto al desiderato. Ecco la conseguenza disastrosa della politica del governo federale».

In Italia, in Grecia, ovunque, cresce il malcontento anche di piazza contro Berlino e Angela Merkel, proteste populiste ma non solo. Quanto è pericoloso?

«La signora Merkel non capisce che quel che rafforza la sua popolarità in Germania assume una dimensione tale da indebolire l'Europa e da nuocere all'immagine della Germania in Europa. I manifesti con Merkel ritratta come Hitler sono somme idiozie, ma Frau Merkel nutre un'insensibilità verso la storia degli altri Paesi. Così si sviluppano comportamenti e scelte sbagliate che purtroppo si rafforzano a vicenda, a tutto danno della costruzione europea».

 

GRILLO SOMMERSO DA “SCHIZZI DI MERDA DIGITALI”

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BEPPE GRILLO FOTO DA CHI

Da www.corriere.it

«Da mesi orde di trolls, di fake, di multinick scrivono con regolarità dai due ai tremila commenti al giorno sul blog. Qualcuno evidentemente li paga per spammare dalla mattina alla sera. Questi schizzi di merda digitali si possono suddividere in alcune grandi categorie». Beppe Grillo, dal suo blog, denuncia le infiltrazioni sul suo sito e attacca «i telegiornali e i talk show» che «colgono fior da fiore, con lerci e studiati "copia e incolla" per spiegare che Grillo è un eversivo, che il MoVimento 5 Stelle è spaccato».

Beppe Grillo tra i cronisti jpeg

«INFILTRATI» - Le categorie degli «infiltrati» sul suo blog, secondo Grillo sono così suddivise: «Quella degli "'appellanti" per la governabilità per il bene del Paese, del '"votaBersani, votaBersani", o del "votaGrasso, votaGrasso" (l'unico procuratore antimafia estimatore di Berlusconi)». Quella dei «divisori», «venuti per separare ciò che per loro è oscenamente unito, che chiedono a Grillo di mollare Casaleggio, al M5S di mollare Grillo e a tutti gli elettori del M5S di mollare il M5S per passare al sol dell'avvenire delle notti polari del pdmenoelle».

Arrivano, di solito nel tardo pomeriggio, continua il leader M5S, «i cosiddetti ex, "Grillo ti ho votato ma dopo che sei passato con il rosso con sprezzo delle istituzioni non ti voto più"». A questi si aggiungono, racconta ancora Grillo, quelli che, sempre della categoria «divisori», scrivono «"Beppe, ti ho seguito dal primo Vday, ma il tuo autista, si legge in giro, è un narcotrafficante. Addio al mio voto». Gli «ex» si presentano anche con tutta la famiglia e persino con gli amici: «"Grillo, siamo un gruppo di tuoi estimatori, io, mia moglie, le nostre due figlie e i loro fidanzati. Non ci rispecchiamo più nel tuo comportamento antidemocratico. Il voto la prossima volta lo daremo al pdmenoelle che è più serio"».

beppe grillo risponde all inchiesta dell espresso con de benedetti

«ACCUSATORI» e «CRITICI DI GIORNATA» - Non mancano - aggiunge il comico genovese - gli "accusatori" che si attaccano alle fortune «che io e Casaleggio staremmo accumulando alle spalle del M5S. Ci sono poi i «critici di giornata». Arrivano «in massa come le locuste». Qualunque cosa Grillo abbia detto o fatto viene «ferocemente attaccata, spesso con lunghe e articolate argomentazioni di 2.000 caratteri».

Vero obiettivo della filippica domenicale di Beppe Grillo sono comunque i media. «Da questa brodaglia i telegiornali e i talk show colgono fior da fiore, con lerci e studiati "copia e incolla" per spiegare che Grillo è un eversivo, che il MoVimento 5 Stelle è spaccato». E conclude: «Dato che nel blog chiunque può commentare questo non vuol dire nulla. Prima vomitano i commenti sul blog e poi li rivomitano nelle televisioni».

SECONDO ATTACCO - Gia nella mattinata era partito un primo attacco di Beppe Grillo. Obiettivo dei suoi strali i presidenti delle Camere. Sempre con un post sul suo blog, il leader 5 Stelle dice che Laura Boldrini e Piero Grasso sono «la più moderna manifestazione della partitocrazia». Grillo sostiene che i due presidenti non sono stati «democraticamente scelti» con votazioni nei loro gruppi, ma nominati da Bersani.

GRASSO E BOLDRINI IN DIRETTA A BALLARO

Laura Boldrini e Piero Grasso - si legge - sono celebrati dai giornaloni e dai partiti come le effigi del cambiamento, il segno del rinnovamento, l'espressione della società civile (dando così implicitamente per scontato la società civile non sia mai stata rappresentata). In realtà sono la più moderna manifestazione della partitocrazia. Foglie di fico: brave persone accuratamente selezionate per coprire personaggi che sanno benissimo di essere impresentabili, ma che in questo modo continuano a sopravvivere».

«Né la Boldrini né Grasso hanno partecipato alle Buffonarie del pdmenoelle, ma sono stati nominati e inseriti nelle liste direttamente dai rispettivi capi Vendola e Bersani. Né la Boldrini né Grasso sono stati democraticamente scelti per il loro attuale ruolo istituzionale attraverso votazione del gruppo parlamentare di appartenenza, come avvenuto per i candidati presidenti del M5S, ma ri-nominati da Bersani», sottolinea.

BOLDRINI - NAPOLITANO - GRASSO - MONTI

LA RISPOSTA DEL PD: SCELTI DAGLI ELETTI - Poco dopo è arrivata la risposta del Partito democratico : «In un momento come quello attuale, così difficile per l'Italia, le continue offese di Grillo, anche alle più alte cariche dello Stato, dimostrano uno scarso rispetto per il Paese». Lo afferma Davide Zoggia, deputato del Pd, che aggiunge: «Laura Boldrini e Piero Grasso sono stati scelti liberamente dal Parlamento eletto dagli italiani. Grillo, dall'alto del suo suv con i vetri oscurati, che infrange tutte le regole senza nemmeno chiedere scusa, è evidente che ha una concezione della democrazia totalitaria: quello che lo mette in difficoltà o che personalmente non lo soddisfa, non va bene», conclude Zoggia.

PIETRO GRASSO TRA BERSANI ED ENRICO LETTA

 


LA FORNERO NON SERVE, E MANCO APPARECCHIA La riforma più pompata del governo dei tecnici, quella del lavoro, è un flop

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Roberto Mania per "la Repubblica"

FORNERO si tappa le orecchie

Sono i numeri che parlano. E nessuno dice che la riforma Fornero abbia migliorato il mercato del lavoro. Illustrano il contrario: è cresciuta la disoccupazione (era al 10,6 % nel luglio del 2012, mese di entrata in vigore della legge, è ora all'11,7 % con un aumento più che doppio rispetto alla zona euro), si è ridotta l'occupazione (c'erano 23 milioni di occupati, ce ne sono 22,7, vuol dire 1.641 occupati in meno al giorno, un calo dell'1,3%, il peggior risultato degli ultimi nove anni), la precarietà è rimasta quel che era ma sempre più non c'è nemmeno il contratto atipico per sfuggire dalla disoccupazione. Trimestre dopo trimestre, gli obiettivi sembrano tutti lontani a parte qualche segnale di inversione di tendenza sul lavoro intermittente o a chiamata (job on call) e sui contratti per le partite iva.

Fornero Floris e Mieli

Certo c'è la crisi, la più grave e più lunga recessione del dopoguerra. Ma se la riforma non è riuscita minimamente a frenare l'emorragia di posti di lavoro cominciata con il crac della Lehman Brothers vuol dire che qualcosa non ha funzionato. D'altra parte questa è una legge che - a parte il governo dei tecnici e poi la Lista di Monti - nessuno ha condiviso. Non le parti sociali, seppur, ma non sempre, per ragioni opposte; non i partiti o i movimenti politici (dal Pdl al M5S, passando per il Pd).

proteste contro la fornero a napoli

LA BOCCIATURA
L'ultima bocciatura arriva dalla Confartigianato che con l'istituto Ispo ha sondato (tra l'8 e il 12 marzo) un campione dei suoi iscritti. Bene, il 65 % ha dichiarato che la riforma ha avuto effetti negativi sull'occupazione e pure sulla crescita. Anche se poi alla richiesta di indicare i maggiori ostacoli alle assunzioni, il 46 % delle piccole imprese ha dato la colpa alla crisi, il 30 al fisco e solo l'8 % alle regole del mercato del lavoro e alla burocrazia.

"Le nostre rilevazioni - ha dichiarato il presidente della Confartigianato, Giorgio Merletti - confermano quanto avevamo temuto e denunciato: la riforma Fornero ha frenato la propensione ad assumere e ad utilizzare contratti flessibili, ha aumentato il costo dell'apprendistato e dei contratti a tempo determinato, senza peraltro alcuna riduzione del costo del lavoro dei cosiddetti contratti standard. Inoltre la confusa formulazione delle norme su partite iva e associazioni in partecipazione, sta determinando un freno anche rispetto al lavoro autonomo genuino e, conseguentemente, al sistema produttivo. Ed ha ulteriormente complicato la normativa sul lavoro. Insomma, tutto il contrario rispetto a ciò che serve".

Mario Monti e Elsa Fornero

I JOB ON CALL
La riforma ha reso più gravoso e anche più oneroso il ricorso ai contratti a termine. Il 59 per cento degli artigiani intervistati dice che non rinnoverà i contratti in essere o che è ancora in dubbio su cosa fare. Per quanto l'unico mini-monitoraggio prodotto dall'Isfol per conto del ministero del Lavoro sostenga che l'incidenza degli avviamenti al lavoro con i contratti a tempo determinato è passata dal 63,1 % al 65,8 %, mentre scivola al 6,2 % (dall'8) la quota dei contratti a progetto.

Ma la vera débacle si registra per i contratti a chiamata ribattezzati intermittenti: nel primo semestre di applicazione della riforma si sono ridotti del 37,4 % rispetto al secondo semestre del 2011. Crollano pure i contratti parasubordinati (le diverse tipologie di collaborazioni): - 15,3 %. In media entrambe le tipologie scendono del 24,4 %.

FORNERO squinz

IL "TRAVASO"
Ma che fine fanno i lavoratori? C'è stata una stabilizzazione dei contratti? In generale no, se si considera che anche le assunzioni di lavoratori dipendenti sono diminuite, nello stesso periodo, del 4,4 %. Un segnale interessante, tuttavia, arriva dal Veneto che, insieme all'Emilia Romagna, ha registrato dal 2008 in poi il maggior utilizzo dei contratti intermittenti. La riforma ha bloccato anche in quelle regioni il ricorso al job on call, secondo quanto riporta Bruno Anastasia in un articolo su lavoce. info. Ma nel 36 % dei casi si è avviato un nuovo rapporto di lavoro. Nel 48% dei casi a tempo indeterminato, nel 39% a tempo determinato. Nella maggior parte dei casi si tratti di rapporti part time.

ELSA FORNERO

LE PICCOLE IMPRESE
C'è un ultimo dato che vale la pena considerare. E riguarda il fatto - come sostiene anche un'indagine degli industriali del Piemonte insieme ad Assolombarda - che l'impatto dalla riforma Fornero è molto maggiore nelle piccole imprese nelle quali il peso dei contratti flessibili può superare il 50-60 % dei dipendenti.

 

 

Fornero Passera

FORMIGLI: “LA RICOSTRUZIONE DI TRAVAGLIO SUL CONFRONTO CON GRASSO È FALSA”

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1. FORMIGLI SU FACEBOOK
La ricostruzione di Travaglio sul confronto con Piero Grasso a Piazzapulita è falsa. Vi spiego perché.

Corrado Formigli

1 - Durante la puntata di Servizio Pubblico, scrive Travaglio, "s'intromette nottetempo il simpatico Corrado Formigli, che non c'entra nulla di nulla, invitando Grasso via twitter a tenere il duello a Piazzapulita"

Non mi sono "intromesso". Ho semplicemente offerto il mio spazio di approfondimento dato che Grasso in diretta ne ha chiesto uno per il confronto. E visto che Grasso parlava di un programma prima di giovedì e che io conduco un programma, per giunta alla stessa ora e sulla stessa rete di Servizio pubblico, e prima di giovedì, non si può dire che non c'entrassi "nulla di nulla". Lo dimostra il fatto che, subito dopo di noi, altri programmi della rete e non solo si sono fatti avanti per ospitare il confronto.

MONTI A PIAZZAPULITA DA CORRADO FORMIGLI

Tutti "intromessi"? Dovevamo tutti rimanere zitti e buoni in segno di religioso rispetto? E magari aspettando, far sì che il confronto si tenesse su una rete concorrente di La7? La tv vive di confronti, di contraddittorio, di eventi. E quando una notizia esce da un programma diventa di tutti. Perché avrei dovuto lasciar cadere la richiesta del presidente del Senato? Un confronto Grasso-Travaglio a Piazzapulita, organizzato in modo aperto e leale, sarebbe stato un evento interessante. E non credo di essere l'unico a pensarlo.

2 - "Formigli mi convoca con un gentile sms per lunedì nel suo programma già bell'e pronto, manco fossi la sua colf"

CORRADO FORMIGLI Marco Travaglio

E' vero che ho inviato a Travaglio un sms per invitarlo a Piazzapulita. L'ho fatto dopo averlo chiamato al cellulare inutilmente per due volte, e per due volte lui ha chiuso la comunicazione. E dopo che lui stesso mi ha chiesto, con un messaggino, di comunicare per sms. Il mio sms diceva così: "Ciao Marco allora lunedì sei con noi a Piazzapulita per il confronto con Grasso? Se vuoi ne parliamo appena ti liberi".

Non mi pare una "convocazione" ma un invito, con tanto di punto interrogativo e proposta di discutere le modalità di un programma che, come risulta dal messaggio, non appare "bell'e pronto" ma da costruire assieme. Quanto alla colf, vorrei tranquillizzare Marco: mi rivolgo alla persona che mi aiuta in casa con lo stesso rispetto che uso con chiunque altro. A giudicare dai toni, temo che lui non faccia lo stesso.

STRETTA DI MANO TRA TRAVAGLIO E BERLUSCONI jpeg

3 - Non è vero che Travaglio nel suo sms abbia risposto che "il confronto avverrà nel programma che ha originato la polemica e con cui collaboro in esclusiva". Il suo sms dice così: "No grazie. Lo faccio da Michele oppure sulla web tv del Fatto e di Servizio Pubblico". La web tv del Fatto è evidentemente un programma diverso da quello che ha originato la polemica, cioè Servizio Pubblico. Se Marco cita le fonti, che almeno le citi correttamente. Specie se la fonte è lui stesso. Quanto all'esclusiva, mi risulta che per Travaglio non sia valsa in numerose altre occasioni. Torna in vigore quando viene invitato a ‘'Piazzapulita''?

berlusconi, santoro travaglio

4 - L'idea che il direttore di La7 Paolo Ruffini si sia accordato "alle sue spalle" con me e Grasso è semplicemente ridicola. Sono stato io a invitare Grasso e Travaglio ed è stato Grasso ad accettare l'invito su Twitter alle 7.31 del mattino dopo la puntata di Servizio Pubblico. Una volta accettato, il Presidente del Senato ha voluto mantenere il suo impegno nonostante Ruffini, col quale ho parlato solo dopo l'accettazione di Grasso, abbia fatto presente al presidente del Senato che anche altri programmi della rete sarebbero stati disponibili al confronto.

PIERO GRASSO

Ma Grasso è stato fermo sulla parola data a Piazzapulita, ed io non posso non apprezzare il fatto che abbia mantenuto il suo impegno. D'altra parte non c'era e non c'è alcuna ragione per ritenere che Piazzapulita non sia adeguato ad ospitare il confronto. Infatti lo stesso Santoro, in trasmissione, visto che il Presidente del Senato non voleva aspettare il giovedì successivo, aveva così invitato Travaglio e Grasso a mettersi d'accordo sul duello: "Trovatevi un posto dove volete voi". Dunque non necessariamente Servizio Pubblico.

Ma Travaglio di come sono andati i fatti se ne frega. E invoca le maniere forti: "Spetterebbe a Ruffini mettere a posto Formigli e tutelare la dignità del programma di punta di La7". Lasciamo stare la prosa da manganello, qui mica stiamo parlando di liberali. Ma che cosa avrebbe dovuto fare Ruffini? Sigillare gli studi di Piazzapulita, far prelevare il Presidente del Senato e deportarlo nottetempo a Servizio Pubblico per tutelare la dignità umiliata di Travaglio? Raccogliendo velocemente la richiesta di Grasso di fare un confronto, ho fatto il giornalista. Cioè il mio mestiere.

Caro Marco, da un po' di tempo le tue ricostruzioni fanno acqua da tutte le parti. Sui giudizi non metto bocca, ma allo stravolgimento completo dei fatti e alle accuse mosse a vanvera non si può non rispondere. Soprattutto quando chi scrive bugie si atteggia da anni a giudice delle falsità altrui.

Vedi Marco, il fatto che io abbia lasciato la redazione di Michele Santoro due anni fa per tentare la mia strada, con un mio gruppo di lavoro e un programma che si sta facendo spazio e sta guadagnando ascolti grazie a molti bravi e giovani giornalisti, non implica per forza che si debba essere nemici. Si cresce, ci si appassiona, si gareggia sul piano delle notizie e degli ospiti.

PAOLO RUFFINI E DOMENICO PROCACCI

Collaboriamo sulla stessa rete in giorni diversi. I buoni ascolti di Servizio Pubblico sono anche per noi un'ottima notizia, così come dovrebbero esserlo per Servizio Pubblico quelli di Piazzapulita. Emancipazione, mercato, competizione. Attenzione alle esigenze del pubblico. Non sono brutte parole, come sai bene. L'ospite della settimana, Marco, era Pietro Grasso. Ci siamo limitati a invitarlo al confronto, e lo abbiamo fatto prima degli altri e prima che qualche altra rete lo facesse al nostro posto.

Tutto quello che ho scritto qui vale fino a domani, alle 21.15, quando su La7 inizierà Piazzapulita. Allora le considerazioni e i risentimenti personali verranno messi da parte per realizzare una trasmissione giornalistica corretta e imparziale.

Le porte dello studio rimarranno aperte per te fino all'ultimo momento utile, e se vuoi anche al telefono. Altrimenti il Presidente del Senato lo intervisterò io, da solo, facendogli tutte le domande che, credo, il pubblico si aspetta. Nello spirito di un contradditorio che è il sale del nostro mestiere. Su un fatto che non è privato, ma interessa tutto il paese.

santoro travaglio

DUELLO A UNO
di Marco Travaglio per Il Fatto


Siccome sulla polemica del presidente del Senato Piero Grasso si è subito attivata la macchina della disinformazione, è il caso di mettere qualche altro puntino sulle i.

Sul merito del duello. Finale di Champions League, poniamo, tra Juventus e Barcellona. All'ultimo momento l'Uefa cambia le regole e stabilisce che la Juve non può giocare. Anziché rifiutarsi di disputare la partita senz'avversario per un elementare principio di sportività, il Barça scende ugualmente in campo da solo, tira 90 volte (una al minuto) nella porta vuota, vince 90 a zero e si aggiudica la coppa.

Alle comprensibili proteste della Juve, giocatori, dirigenti e tifosi del Barcellona rispondono che sì, in effetti, cambiare le regole del gioco all'ultimo momento non è stato il massimo. In ogni caso la loro vittoria è valida, dunque ritirano il trofeo e se lo portano a casa. L'indomani, sui giornali, si legge che la finalissima è stata comunque regolare: infatti chi ci assicura che la Juventus, se avesse potuto battersi contro il Barcellona, avrebbe vinto la partita?

CORRADO FORMIGLI

La stessa cosa accade nel concorso del 2005 al Csm per il posto di procuratore nazionale antimafia: i candidati sono due, Grasso e Caselli, ma all'ultimo momento il governo Berlusconi fa tre leggi che vietano a Caselli di concorrere, così vince l'altro, unico candidato rimasto: Grasso. Il quale, anziché ritirare la sua candidatura finché la Consulta non abbia cancellato quelle norme incostituzionali, non dice una parola, rimane in corsa da solo e incassa la poltrona.

Gli piace vincere facile. Quando poi la Consulta fulmina le norme incostituzionali, Grasso riconosce che, certo, non erano proprio il massimo. Pazienza, cosa fatta capo ha. In un paese serio quella macchia indelebile sporcherebbe per sempre il curriculum di Grasso e tutti si domanderebbero cos'abbia fatto per guadagnarsi quell'abuso di potere illegale da parte del governo Berlusconi.

Invece ancora ieri, sui giornali, era tutta una gara a minimizzare lo scandalo, con la decisiva argomentazione che non è affatto detto che Caselli, se avesse potuto giocare la partita, avrebbe prevalso su Grasso. Anzi, secondo Claudia Fusani dell'Unità, è certo che avrebbe vinto comunque Grasso. La prova? L'ultima legge anti-Caselli fu approvata il 30 luglio 2005, mentre già il 12 luglio la commissione Incarichi direttivi del Csm aveva tributato 3 voti a Grasso e 2 a Caselli.

TRAVAGLIO MANCINO INGROIA SANTORO

Già, peccato che dovesse ancora pronunciarsi il Plenum, dove capita spesso che la maggioranza raggiunta in commissione venga ribaltata. E in ogni caso il Csm già sapeva che, votando Caselli, avrebbe scelto un candidato che di lì a poco sarebbe stato escluso per legge, oltre a sfidare apertamente il governo in carica.

PIERO GRASSO E BOCCASSINI aaa bf c e afb dbd a

Dunque la prova Fusani è una panzana. Anche il Corriere della Sera accenna alla prova che non prova nulla, con lo sragionamento di cui sopra: "Non c'è la prova che, se Caselli fosse rimasto in gara, il Csm avrebbe scelto lui e non Grasso". Scusate, ma se era così scontato che il Csm avrebbe scelto Grasso anche senza le leggi anti-Caselli, perché mai il governo B. varò ben tre leggi in sei mesi per escludere Caselli?

Sul metodo del duello. Appena Grasso, giovedì sera al telefono con Santoro, mi lancia il guanto di sfida, rispondo subito che non vedo l'ora. Trattandosi di cose dette a Servizio Pubblico, è naturale che il duello si disputi a Servizio Pubblico. Grasso però, chissà perché, non vuole aspettare fino a giovedì.

Per venire incontro alle sue esigenze, Santoro fa chiamare durante il programma dal suo staff e alla fine chiama personalmente il direttore di La7 Paolo Ruffini, che si dice d'accordo per realizzare uno speciale di Servizio Pubblico fin da domenica sera, in diretta o in differita.

SANTORO E BERLU To Pol x

Ma negli stessi minuti s'intromette nottetempo il simpatico Corrado Formigli, che non c'entra nulla di nulla, invitando Grasso via twitter a tenere il duello a Piazza Pulita. Alle 7.31 di venerdì Grasso risponde con un tweet al "gentile Corrado" che accetta volentieri il suo invito. Poi, con comodo, verso le 11, Formigli mi convoca con un gentile sms per lunedì nel suo programma già bell'e pronto, manco fossi la sua colf.

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Rispondo che il confronto, come ho detto in diretta e come Santoro ha concordato con Ruffini, avverrà nel programma che ha originato la polemica e con cui collaboro in esclusiva. Santoro avvia contatti con lo staff di Grasso dando disponibilità per ogni giorno e ogni sera da domenica in poi, disposto anche a cedere il passo a un altro "arbitro" casomai la sua figura fosse ritenuta troppo sbilanciata dalla mia parte.

Ma Grasso, che prima aveva tanta fretta, può soltanto lunedì alle 21.15, guardacaso l'orario d'inizio di Piazza Pulita. Spetterebbe al direttore di rete Ruffini mettere a posto Formigli e tutelare la dignità del programma di punta di La7 (che fa ascolti doppi rispetto a Piazza Pulita). Invece scopro che s'è già accordato alle mie spalle con Formigli e Grasso per bypassare Servizio Pubblico e trasferire tutto a Piazza Pulita, in uno strano duello dove lo sfidante sceglie luogo, giorno, ora, padrini e arbitro, mentre lo sfidato resta all'oscuro di tutto e deve soltanto subire le decisioni altrui prese altrove.

PIERLUIGI BERSANI PRESENTA LA CANDIDATURA DI PIETRO GRASSO

Altrimenti viene pure accusato di sfuggire al confronto. Ruffini è lo stesso che, nominato direttore di Rai3 dal centrosinistra, chiuse Raiot di Sabina Guzzanti dopo la prima puntata di grande successo; poi, nel 2008, mi attaccò per aver raccontato da Fazio le liaisons dangereuses del predecessore di Grasso, Schifani; e ora delegittima Servizio Pubblico e il suo gruppo di lavoro, trattandolo come un programma inaffidabile.

SANTORO MATTATORE E BERLUSCONI LEONE

Io continuo a sperare che il confronto con Grasso si faccia, in un luogo concordato da entrambi: non certo in un programma dove - per contratto, per correttezza e per decenza - non posso metter piede. Se invece il presidente del Senato continua a fare giochetti coi suoi compagnucci di partito, viene il sospetto che abbia già optato, un'altra volta, per la fuga. Insomma, come già con Caselli, gli piace vincere facile: giocando le partite senza l'avversario.

Ps. Tutto questo non è, come credono in molti, un gossip televisivo senza importanza. È una questione politica cruciale, riconosciuta dallo stesso Grasso quando, dal secondo scranno della Repubblica, ha telefonato in diretta a Servizio Pubblico, manifestando una gran fretta di chiarire tutto. Una fretta che non si spiega se non con la speranza di diventare premier se l'esplorazione di Bersani fallisca.

SANTORO BERLU

In quel caso potrebbe essere lui l'uomo giusto per un governissimo che metta d'accordo Pd e Pdl. Perciò i suoi rapporti con B. e il Pdl vanno chiariti fino in fondo. E perciò si tenta di delegittimare uno dei pochi programmi che ancora disturbano i manovratori.

 

 

PUÒ UN OLIGARCA MORIRE DI “CAUSE NATURALI”? Lo sostiene la famiglia di Berezovsky

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1. GIALLO A LONDRA, TROVATO MORTO BEREZOVSKY
Claudio Gallo per "La Stampa"

VLADIMIR PUTIN CON LA PISTOLA jpeg

Che Boris Berezovsky possa essere morto come una personale normale sembra impossibile. Senza vita dentro una vasca da bagno nella sua tenuta nel Surrey, a sentire il Telegraph. Morto a Londra invece, secondo il suo avvocato Aleksander Dobrovinsky. Sulla pagina di Facebook del suo studio ha scritto: «Appena ricevuta una chiamata da Londra. Boris Berezovsky si è ucciso. Era un uomo pieno di problemi. Un gesto di disperazione? La paura di diventare povero? Impossibile capirlo ora».

berezovsky con la moglie

Sessantasette anni, una vita avventurosa: da matematico sovietico a miliardario nella Mosca di Eltsin a capostipite degli esuli dorati a Londra nell'era di Putin. Amicizie pericolose, sicari alle costole, spese sfacciate fino al lento declino. Costretto a cercare di vendere i Lenin di Warhol e le ville in Costa Azzurra per pagarsi le ciclopiche spese della lite legale con Roman Abramovich, altro magnate russo-londinese con l'hobby degli yacht esagerati e delle squadre di calcio come il Chelsea, e del divorzio dorato dalla moglie russa.

Il sismografo di Twitter ha subito urlato al suicidio sull'onda delle parole di Dobrovinsky, ma poi lentamente la parola è scemata nel forsennato tam-tam della rete, pur senza sparire del tutto. La verità è che in serata non si sapeva ancora com'era morto, meglio tenere a freno la fantasia, troppo stimolata da una biografia romanzesca.

berezovsky

Il «Telegraph» online che, apparentemente, ha dato la notizia per primo tra i giornali inglesi, si è lasciato andare a qualche congettura per riempire lo spazio lasciato bianco dall'assenza di dettagli: «Viene inevitabilmente da fare un riferimento a ipotesi efferate, dato che Berezovsky è sopravvissuto a svariati tentativi di assassinio, compresa una bomba che ha decapitato il suo autista nel 1994». Era anche uno stretto amico di Aleksender Livtinenko, l'ex agente segreto del Kgb avvelenato nella capitale britannica con il polonio-210 radioattivo.

Boris Berezovsky e Boris Eltsin

La possibilità del suicidio è certamente avvalorata dal contesto. Negli ultimo tempi il re Mida russo non riusciva più a trasformare ciò che toccava in oro. Aveva infilato una sequenza di disastri finanziari: solo al suo ex socio e protégé Abramovich doveva 35 milioni di sterline in spese di avvocati. Si dice che l'intero conto legale ammontasse a 100 milioni.

L'ex moglie Elena Gorbunova, 43 anni, aveva appena battuto cassa: 8 milioni di dollari per la vendita della tenuta nel Surrey da 40 milioni, proprio quella dove sarebbe morto. Niente a confronto all'ingiunzione che la signora avrebbe ottenuto a gennaio dal tribunale: 200 milioni di beni dell'ex marito congelati.

Negli ultimi tempi era depresso e non usciva più di casa. Si dice che avesse chiesto il perdono a Putin per poter rientrare in Russia. Inaffidabili voci complottistiche su Twitter legano la sua scomparsa ai guai dei capitali russi a Cipro. Una morte normale comunque non sarebbe nel suo stile.

La villa di berezovsky ad Ascot


2. GB: POLIZIA NON TROVA SOSTANZE PERICOLOSE IN CASA BEREZOVSKY
(AGI/AFP/EFE) - Gli esperti in sostanze batteriologiche, chimiche e nucleari della polizia britannica non hanno trovato materiale pericoloso nella casa di Boris Berezovsky, l'oligarca russo ritrovato morto nella sua abitazione alle porte di Londra. Un portavoce della polizia ha segnalato comunque che il decesso rimane "inspiegabile" e che l'inchiesta prosegue per accertarne le cause.

Boris Berezovsky and Roman Abramovich

Il corpo del magnate -acerrimo critico del presidente russo Vladimir Putin e che si era trasferito nel Regno Unito dal 2000- e' stato ritrovato ieri da una delle guardie del corpo nel bagno della sua casa, un'elegante villa nella localita' di Ascot. Il suo avvocato moscovita, Alexander Dobrovinsky, ha segnalato che negli ultimi tempi Berezosky era molto depresso perche' aveva accumulato enormi quantita' di debiti. Intanto la famiglia, che non ha ancora deciso nulla in merito al luogo di sepoltura, ha fatto sapere -secondo una fonte- di ritenere che Berezovsky sia morto per "cause naturali".

3. BEREZOVSKI: CREMLINO; 'NEMICO IMPOTENTE, ORMAI CONTAVA ZERO'
(ANSA-AFP) - ''Un nemico impotente'', la cui influenza in Russia era ormai vicina a zero. Cosi' il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, descrive oggi l'ex oligarca Boris Berezovski, oppositore di Vladimir Putin, morto ieri vicino a Londra. ''La sue critica non era costruttiva, era la critica di un nemico impotente'', ha tagliato corto Peskov, aggiungendo che non va ''sovrastimato il suo ruolo negli anni 2000, ormai minimo'', poich‚ il magnate non aveva in patria ''assolutamente pi- influenza'' e il suo peso era ''sempre pi- vicino a zero''

berezovsky


4. SI RACCONTA CHE AVESSE CHIESTO IL PERDONO A PUTIN PER POTER RIENTRARE IN RUSSIA
Anna Zafesova per "La Stampa"

boriz berezovsky bella vita

E' la fine di un'epoca. Boris Berezovsky non era un'oligarca, era L'Oligarca, come diceva anche il titolo del film sulla sua vita che il beniamino di Cannes Pavel Lunghin aveva girato una decina di anni fa. Era suo il brevetto di quella miscela di soldi, potere, politica, ambizione, crimine e sogni che fu il primo capitalismo nato dai rottami dell'Urss, e lui ne fu il personaggio più carismatico e controverso, odiato e temuto quasi da tutti, ma anche riconosciuto da tutti come un genio (del male).

Figlio di una famiglia di piccola intellighenzia ebraica, aveva trascorso i primi 40 anni della sua vita nella ricerca matematica, quel mondo accademico sovietico dove era concesso un micro-dissenso e dove i migliori cervelli dell'impero cercavano rifugio intellettuale. Pochi anni dopo era un miliardario, partito dalla compravendita del primi Pc che arrivavano in Urss e dalle cooperative autorizzate da Gorbaciov, per costruire un impero con i primi concessionari privati delle ambitissime Lada, le vecchie Fiat 124 sogno dei sovietici. Poi arrivò tutto il resto, il petrolio, le tv, l'Aeroflot, ma soprattutto il potere, il suo business preferito.

Negli ultimi 20 anni non ci fu carriera o evento in Russia che non venisse attribuito in qualche modo alla malefica influenza di questa eminenza grigia che, invece di farsi re, volle farsi manipolatore e inventore di re. C'era Berezovsky dietro alla miracolosa rielezione di un Boris Eltsin distrutto nel 1996, c'era Berezovsky dietro alla incredibile ascesa in pochi mesi di Vladimir Putin, c'era Berezovsky sia dietro alla pace raggiunta con la Cecenia che dietro alla nuova guerra che scoppiò pochi anni dopo.

Anna Politkovskaja

Secondo molti a Mosca, c'era Berezovsky dietro alla morte di Anna Politkovskaya, a quella d Alexandr Litvinenko, uno dei suoi fedelissimi, e la magistratura russa tenta ancora di provare che ci fu lui dietro all'esplosione della protesta in piazza dell'inverno scorso.

Un personaggio che godeva di una fama quasi diabolica, che sguazzò nella corruzione e nel nepotismo eltsiniano, ma i suoi talenti di incantatore e genio combinatorio non vennero richiesti da Putin, marionetta ribelle che ha spedito il suo creatore in esilio. Dal 2001 viveva a Londra sotto la protezione di Sua Maestà, eternamente accusato di qualche complotto, circondato da una corte di uomini dei servizi segreti, ribelli ceceni, difensori dei diritti umani e affaristi, sempre più accanito nel denunciare il putinismo che aveva contribuito a creare, e sempre più emarginato.

E povero. La causa persa con Roman Abramovich, altra sua creatura che gli aveva voltato le spalle, il divorzio miliardario, la gestione sempre più complicata di amanti, questuanti, politici di serie B, e soprattutto dei creditori e dei magistrati (in Russia era ricercato e condannato a un totale di 18 anni), l'avevano ridotto sul lastrico, per i parametri oligarchici beninteso.

Litvinenko

Ma soprattutto, il gioco del potere era finito definitivamente in altre mani. L'uomo a cui Forbes negli anni '90 dedicò la storica copertina "L'uomo più potente della Russia. No, non è Boris Eltsin" era un pensionato di lusso del Surrey, pieno di cause e debiti. La sua storia era diventata un romanzo ("La grande razione" di Yuli Dubov, mai tradotto in Italia) e un film, ma lui era diventato solo un reperto storico.

 

 

IO PARLO, TU TACI: DAL POLLAIO AL MONOLOGO In tv e in politica, si parla da soli e non si accettano più domande o interr

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Stefano Bartezzaghi per "la Repubblica"

BEPPE GRILLO SUL PALCO

Parlare da soli non è proprio mai stato un gran bel sintomo. Eppure oggi appare come una vera e propria vocazione, e vociferazione, nazionale, almeno a giudicare dagli immancabili «Io non ti ho interrotto prima, ora non interrompere me» che costituiscono l'essenza degli ormai frustri talk-show televisivi, detti anche dibattiti.

ROBERTO SAVIANO DURANTE LA PRIMA PUNTATA DI VIENI VIA CON ME jpeg

Dalla spensierata "stand up comedy" al solenne discorso di fine anno del presidente della Repubblica passò già un abisso: ma ora che Beppe Grillo (che eccelse nella prima e parodiò il secondo) ha salito il Colle per incontrare Giorgio Napolitano la distanza e il dislivello si sono notevolmente ridotti.

Il monologo.

Se non lo usasse soprattutto per esprimere dubbi, Amleto sarebbe il nostro nume protettore. Così preferiamo Girolamo Savonarola: la predica, il messaggio, il monito ma anche lo sfogo di autocompianto, l'argomentazione indignata, la replica ad argomentazioni immaginarie, l'occupazione dello spazio acustico, fiera di sforare e incurante di quella risorsa della civiltà che consiste nel rispetto dei turni di parola. Ci sono anche monologhi che esortano al dialogo: altrui. Il malnato bipolarismo all'italiana ha ricevuto l'imprinting dal video di Arcore del 1994.

celentano

Da allora l'interlocutore è considerato solo un avversario dialettico, ovvero un facitore di monologhi opposti. L'intervista che approfondisce, insinua dubbi, contrappunta il monologo nei tempi e nei temi è percepita come "inginocchiata".

Qualche tempo fa, il maestro Nicola Piovani in privato rivolgeva una domanda: «Ma come è che c'è sempre più gente che va in tv a leggere?». Si riferiva alle liste e alle letture di brevi testi degli ospiti di Fabio Fazio, ma anche agli interventi filati del quadernetto di Marco Travaglio, alla divisione del mondo in "rock" e "lento" declamata da Adriano Celentano, fino a declamazioni attoriali di livello vario.

MARCO TRAVAGLIO

È un nuovo ruolo giocato anche in tv dalla parola scritta (di cui la civiltà dell'immagine ha un bisogno spesso sottovalutato), ma è anche la nuova impazienza verso il "gobbo" e gli altri artifici che vogliono mascherare lo scritto da orale puro e "naturale". Colpisce però che sia un altro uomo di cinema a sottolineare la vocazione monologica della società, o forse dell'antropologia, italiana. Critico e preside della facoltà di comunicazione dello Iulm di Milano, Gianni Canova dedica all'argomento l'editoriale del prossimo numero di "8 1/2", (il mensile da lui diretto e edito da Cinecittà/Istituto Luce).

SANREMO MAURIZIO CROZZA CONTESTATO

Viviamo in una cultura monologica, che non tiene conto che del proprio punto di vista, nella di suscitare adesione fideistica ed emozionale. È per questo, secondo Canova, che un'arte polifonica come il cinema in Italia occupa una posizione minoritaria nella forma, prima ancora che nei temi.

Oltre che dal testo scritto, oggi il monologo è spesso soccorso anche da proiezioni di immagini e "schermate", secondo i dettami retorici diPower-Point, in termini di inventio, dispositio, elocutio.

Matteo Renzi spiega il programma

Se ne giova Matteo Renzi, a partire dai suoi interventi alla Leopolda, ma anche Gazebo (RaiTre) una novità della stagione televisiva: Diego Bianchi commenta davanti a un pubblico divertito i video che ha girato in settimana nei luoghi degli eventi topici della settimana. Una trovata che richiama però (e il caso è molto curioso) lontane trasmissioni del giovane Grillo, Te la do io l'America e Te lo do io il Brasile.

DIEGO ZORO

Lo snodo a modo suo storico si è avuto quando il monologo teatrale (genere la cui diffusione epidemica incomincia a farsi inquietante) ha incrociato i diversi linguaggi della comicità e dell'orazione civile, entrando in tv e proponendosi come una forma artistica e nobile di infotainment. Tenendo per certa una genealogia che ha alle radici il lavoro di Dario Fo e quello di Giorgio Gaber, e ancor prima il drammatico caso di Lenny Bruce, un piccolo big bang si ebbe nel 1997 quando la primissima RaiDue di Carlo Freccero trasmise in diretta il "Racconto del Vajont", monologo di Marco Paolini, nell'anniversario della catastrofe. Paolini era allora quasi sconosciuto: dopo quella sera non lo fu più.

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Negli stessi anni si stava anche aprendo la proficua stagione degli eventi culturali. Lo scrittore Daniele Del Giudice si inventò a Venezia il ciclo "Fondamenta" per cui riprese dalla tradizione accademica la forma della "Lectio Magistralis", per ospiti come IanMcEwan o José Saramago. Aiutato anche dall'aura elitaria del suo nome latino, il format fu poi universalmente declinato anche ad altezze ben più modeste. Vezzo forse perdonabile: sottolinea, magari con troppa enfasi, quella solennità che davvero si addice all'occasione in cui qualcuno, essendo qualificato per farlo, prende la parola davanti a un uditorio attento.

Ben pochi dubbi si possono avere sulla funzione depurativa che i nuovi format monologici hanno svolto rispetto alle stucchevoli logomachie di dibattiti- pollaio, tavole rotonde olistiche e confronti a somma zero. Ma detto che proprio l'attenzione e la concentrazione di ascolto che richiama, la preparazione altrettanto attenta che consente e però l'immediatezza di resa che propizia costituiscono i vantaggi del monologo quando è al suo meglio, non se ne possono nascondere i limiti intrinseci.

Perpetua quella riluttanza al dialogo denunciata da Canova; esalta il narcisismo più pernicioso dei suoi virtuosi; li invita a un solipsismo che può rasentare la verbigerazione psicotica. Tutto ciò rende la struttura del monologo molto fragile, esposta a qualsiasi irruzione dell'Altro.

Lo si è visto nell'increscioso incidente sanremese che è occorso a Maurizio Crozza, che da comico pur consumato qual è, si è visibilmente paralizzato di fronte a interruzioni e proteste che in passato hanno consegnato alla leggenda le capacità di reazione di leoni dell'avanspettacolo Ettore Petrolini e Alberto Sordi. Ma lo si è visto anche nella fatale puntata berlusconiana di Servizio Pubblico dove Marco Travaglio è apparso spiazzato dalla ritorsione - poco sostanziosa nei contenuti, ma efficacissima per lo spettacolo - che l'obiettivo polemico di tanti suoi editoriali declamati ha operato lì per lì.

Ettore Petrolini fa Pulcinella Dal piacere alla dolce vita Roma Borgna Debenedetti MOndadori

Il monologo non presuppone l'ascolto, ma spesso ne fa sa fare a meno anche il contraddittorio all'italiana. Per arrivare al dialogo occorrerebbe rottamare il modello egemone di comunicazione, l'agonismo fondato sul bombardamento verbale e la prevalenza quantitativa. Non poche delle crisi italiane non conoscono altra soluzione che quella che prevede di aprire le orecchie, magari prima della bocca. Purtroppo se fare ascolto, in tv o altrove, non è da tutti, saperlo dare risulta ancora più raro.

 

 

IL MONDO MILITARE CONTRO IL GOVERNO-PULCINELLA DI MONTI & TERZI: “SIAMO ASSISTENDO UNA FARSA”

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Sole24ore.com

MASSIMILIANO LATORRE E SALVATORE GIRONE

«Siamo militari, abbiamo le stellette. Sappiamo obbedire, nella buona e nella cattiva
sorte». Così al Tg1 Massimiliano Latorre, che oggi ha partecipato con Salvatore Girone ad una Messa speciale per la domenica delle Palme con il sottosegretario Staffan de Mistura e l'ambasciatore d'Italia Daniele Mancini. Una scarna dichiarazione in mezzo alla pomposa propaganda indiana e il crescente nervosismo del mondo militare italiano: continua così la vicenda dei due marò accusati della morte dei due pescatori del Kerala e rispenditi in India dopo il braccio di ferro Roma-New Delhi.

Massimiliano Latorre e Salvatore Girone

Il ministro della Difesa indiano A.K. Antony ha detto oggi a Trivandrum, in Kerala, che i due marò italiani sono ritornati in India grazie «all'atteggiamento deciso» della Corte Suprema indiana e del governo del Paese. Lo riferisce l'agenzia di stampa Pti. «La questione è stata risolta - ha spiegato - senza molti problemi con il deciso atteggiamento assunto dalla Corte Suprema e il suo energico intervento».

La vicenda dei due militari italiani rientrati a New Delhi è sventolata sia dal governo sia dall'opposizione. Il governo vanta una vittoria, l'opposizione non vuole rimanere indietro: il Bharatiya Janata Party (Bjp), principale partito di opposizione indiano, respinge le rivendicazioni italiane sulla giurisdizione.

2cap12 stef demistura ambONU

«Gli italiani possono dire quello che vogliono, ma i fatti non cambiano. Degli italiani hanno ucciso due indiani in acque indiane. Devono essere processati in India in base alle leggi indiane», ha detto il leader del Bjp, Balbir Punj , secondo quanto riferisce l'emittente Ibn. Alla stessa emittente, il sottosegretario agli Esteri, Staffan De Mistura, in un'intervista aveva ribadito la posizione italiana secondo la quale i due militari devono essere processati nel Paese di appartenenza. Al giudizio di Punj si aggiunge quello del ministro dell'Interno del Kerala, Thiruvanchoor Radhakrishnan, secondo il quale «l'incidente è avvenuto all'interno del territorio indiano».

TERZI E MARO

Se i politici indiani stanno lucrando sul caso marò, i giuristi smentiscono la versione del governo italiano secondo cui il tira-e-molla dei giorni scorsi sarebbe servito a scongiurare una condanna a morte degli italiani da parte di un qualsiasi tribunale indiano. Trattandosi al più di «un increscioso incidente di confusione» fra pescatori e pirati, la pena di morte per i marò "non è applicabile". Lo ha dichiarato Fali Sam Nariman, presidente dell'Ordine degli avvocati indiani, costituzionalista ed autorità nel campo degli arbitrati internazionali. In una intervista oggi al quotidiano Business Standard Nariman sostiene che «non siamo di fronte ad un assassinio deliberato fatto intenzionalmente».

Intanto, in Italia, cresce l'insofferenza del mondo militare per quanto accaduto. Quello che è successo ai due marò è una "farsa" che gli alti gradi italiani si augurano si «concluda quanto prima», dice il capo di Stato Maggiore della difesa, l'ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, che esprime la vicinanza delle forze armate ai fucilieri di marina e chiede «siano al più presto riconsegnati alla giurisdizione italiana».

INDIA MASSIMILIANO LATORRE E SALVATORE GIRONE

Ieri era stato il Cocer interforze, l'organismo di rappresentanza, ad esprimere «profondo sconcerto ed amarezza» per la «incomprensibile decisione del governo italiano di rimandare in India i due fucilieri di marina», auspicando il rientro in patria del personale militare impegnati.

LUIGI BINELLI MANTELLI jpeg

Oggi l'ammiraglio «auspica che questa vicenda che sta sempre più assumendo i toni di una farsa si concluda quanto prima e che i nostri fucilieri, funzionari dello Stato in servizio di stato, alla stessa stregua di tutti i militari che operano all'estero con onore per la pace e stabilità internazionali siano al più presto riconsegnati alla giurisdizione italiana».

E sulla difesa a oltranza dei due marò e delle loro famiglie insiste anche il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, l'ammiraglio Giuseppe De Giorgi che elogia il comportamento di Latorre e Girone: «Un esempio per tutti noi», dice l'alto ufficiale ricordando che i due marò «hanno avuto il coraggio dell'obbedienza, nel momento più difficile, guardando all'interesse dell'Italia, coerentemente con i valori di lealtà, onore e amore di Patria che devono sempre ispirare le nostre azioni e le nostre scelte». Anche lo stato maggiore dell'Aeronautica militare manifesta solidarietà e afferma che «le priorità oggi sono Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Siamo vicini a loro e alle loro famiglie. Con il loro comportamento ci danno la forza di difenderli e sostenerli».

VIGNETTA BENNY DA LIBERO VICENDA DEI DUE MARO MONTI E TERZI DESTINAZIONE INDIA

Sempre in Italia due senatori della Lega nord, Raffaele Volpi e Stefano Candiani, osservano;: «'La legge 130 delll'agosto 2011 che prevede la presenza dei militari sulle nostre navi è una legge raffazzonata in quanto i nostri soldati una volta che sono sulla nave non comandano più nulla. Diventano una sorta di contractors privati con gli armatori che pagano la Difesa». Proprio per questa «anomalia il comandante della nave è potuto arrivare nel porto indiano e i due marò non hanno potuto opporsi a tale decisione, probabilmente caldeggiata dalla Farnesina».

 

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