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WOODCOCK NON MOLLA LA PRESA SUL PATONZA: RINVIO A PRE-GIUDIZIO….

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PISCITELLI E WOODCOCK NON MOLLANO LA PRESA SUL PATONZA Fulvio Bufi e Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera"

HENRY JOHN WOODCOCK

La Procura di Napoli rilancia e chiude l'inchiesta per corruzione contro Silvio Berlusconi. Due giorni dopo la decisione del giudice che aveva negato il giudizio immediato per i tre milioni di euro che il Cavaliere avrebbe versato all'ex senatore Sergio De Gregorio, i pubblici ministeri Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock avviano la procedura per la richiesta di rinvio a giudizio. Processo ordinario, ma tempi stretti per evitare il rischio di prescrizione. I magistrati sono convinti di essere pronti a dimostrare la fondatezze delle accuse e dunque procedono.

Berlusconi è accusato in concorso con lo stesso De Gregorio e con il faccendiere Walter Lavitola. Secondo il capo di imputazione sarebbe stato lui «l'istigatore prima e autore materiale poi, nella sua posizione di leader dello schieramento di centrodestra, all'epoca all'opposizione del governo presieduto da Romano Prodi, operando in esecuzione di una più ampia strategia politica di erosione della ridotta maggioranza numerica che sosteneva l'esecutiva in carica, strategie denominate convenzionalmente «Operazione libertà» e tesa ad assicurarsi il passaggio al proprio schieramento del maggior numero di senatori tra quelli che avevano votato la fiducia al predetto esecutivo Prodi».

WOODCOCK dal Corriere della Sera

Lavitola avrebbe invece avuto il ruolo di «intermediario e autore materiale di specifiche e plurime consegne di denaro in contanti al fine di orientare e comunque pilotare le manifestazioni di voto parlamentare di De Gregorio, pubblico ufficiale in quanto eletto senatore nelle liste dell'Italia dei Valori - costituendosi in tal modo in capo allo stesso un illecito mandato imperativo contrario al libero esercizio del voto previsto dall'articolo 67 della Costituzione e quindi contrario ai doveri di ufficio - promettevano prima e consegnavano poi al predetto pubblico ufficiale la somma di denaro di complessivi tre milioni di euro.

SILVIO BERLUSCONI E SERGIO DE GREGORIO

Somma in concreto poi erogata per un milione di euro sotto forma simulata e mascherata di contributo partitico e mediante bonifici bancari e per i restanti due milioni in modo occulto e «in nero», comunque mediante frazionate consegne in contanti ad opera di Lavitola, somme tutte intenzionalmente erogate in modo dilazionato e cadenzato nel tempo, in modo da assicurarsi l'effettivo e progressivo rispetto del patto criminale intercorso e versate quale effettivo corrispettivo delle promesse manifestazioni di voto contrarie alle proposte della maggioranza di governo da parte di De Gregorio e messe in atto in quattro sedute del Senato: il 2 agosto, il 20 dicembre, il 21 dicembre del 2007 e il 24 gennaio 2008».

SERGIO DE GREGORIO SILVIO BERLUSCONI

I magistrati chiudono il primo capitolo di indagine, ma proseguono gli accertamenti per il reato di finanziamento illecito. Era stato proprio De Gregorio, in alcuni interrogatori del dicembre scorso, ad ammettere di aver percepito i soldi per indebolire il governo Prodi. Sono stati poi gli accertamenti degli investigatori della Guardia di finanza, guidati dal colonnello Nicola Altieri, a mettere in relazione le consegne di denaro - in alcuni casi addirittura all'interno degli uffici di Palazzo Madama - con il voto parlamentare.

BERLUSCONI A SAN GREGORIO ARMENO

Al momento di negare il giudizio immediato il giudice ha ritenuto non ci fosse l'evidenza della prova su questo scambio illecito e ha evidenziato come «il comportamento del De Gregorio così come contestato, non appare univocamente determinato dalla corresponsione del denaro quanto piuttosto dalla volontà di acquisire sempre maggiore credibilità agli occhi del Berlusconi sì da poter ipotecare la prossima candidatura al Senato una volta terminata "l'esperienza Prodi"».

L'accusa è invece convinta che la correlazione sia supportata da elementi concreti e ha deciso di chiudere il fascicolo con la massima urgenza per arrivare prima possibile all'udienza preliminare. La parola torna adesso alla difesa di Berlusconi che si era opposta al rito abbreviato e si era aggiudicata il primo round. E la partita ricomincia.

 


(CONTRO)CANTO DE-GREGORIANO: “TUTTI PARLANO DI GRILLO. IO NO”

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FRANCESCO DE GREGORI

Malcom Pagani e Marco Travaglio per "il Fatto Quotidiano"

Sul ramo preferito da Francesco De Gregori, nel punto esatto in cui muore la città, una bottiglia basta ancora per un pomeriggio intero. Tra un manifesto e lo specchio, guardare nel suo cappello pieno di ricordi è un viaggio di sola andata. Dalla periferia del mondo all'Arizona dei nostri cuori. Pagine chiare. Pagine scure. Cani per strada. Baci, abbracci, sputi e solitudini. Minimalismo e Storia.

Irene affacciate alla finestra e prati di aghi sotto il cielo. Radio che andavano a valvola e progressi troppo sicuri di sé. Regali che duravano una settimana e capitani di ventura irresponsabili, "andiamo avanti tranquillamente", al comando di tutti i Titanic della nostra vita. Giorno di pioggia. Gente tranquilla in fila. C'è un concerto. Lo zingaro nato nel '51 che legge la musica nel firmamento adesso vive all'Atlantico.

Un capannone grigio. Un palco. E dietro le quinte, la stanza con bagno prenotata a suo nome. Il camerino si riempie di fumo. Fuori dalla porta tecnici, amici, musicisti e il fratello Luigi, autore de "Il bandito e il campione", un apache di due metri: stivali da vecchio West, capelli da Jesse James, baffi da uomo a presidiare la ferrovia. L'ultima stazione di De Gregori, Sulla strada, è un diario di sopravvivenza con ingressi segreti e uscite mascherate. Fortuna e talento tra le dita, il Principe ha imparato a riconoscerle. "Dài, cominciamo. Che intervista volete fare? Cattiva? Buona?"

FRANCESCO DE GREGORI

Perché cattiva? Ha fatto qualcosa di male?
Qualcosa, come tutti.

Fumare Gitanes fa parte del qualcosa?
Sono stato 25 anni senza fumare. Avevo smesso con le sigarette, poi anche coi sigari. Ho ripreso durante il tour con Lucio Dalla. Accendeva in continuazione Marlboro sostenendo di non aspirare. Era una gran bugiardo, Lucio. Fumava come tutti, con l'aggravante della compulsività.

Ma il fumo non rovina la voce. Della scuola contiana "aspiro e poi canto come solo in paradiso", Dalla era il manifesto.
Non solo ce l'aveva, la voce. Ma, anche quando gli mancava, sapeva inventarne una di riserva.

FRANCESCO DE GREGORI

Buttava il cuore tra le stelle. C'è un metodo per farlo in musica?
Se dovessi spiegare come si fa, non saprei. Ho scritto canzoni nei modi più diversi. Della "Donna cannone" composi prima la parte pianistica. Parapam, parapam, parapam... Stava lì, chiusa in un cassetto, pensavo non ne sarebbe mai uscita. Quasi la stessa cosa accadde con "Alice". In origine la musica. Tre mesi dopo, le parole. L'alchimia tra testo e note è sottile, ma non c'è un metodo unico. Può capitare che la scintilla iniziale sia più letteraria che musicale. Mi viene in mente un titolo, un'assonanza, una cosa curiosa, poi mi metto al piano o alla chitarra e provo una melodia che stia bene con le parole. Se la trovo anche in una sola strofa, mezza canzone è fatta.

Quando ha capito di essere un cantante?
Quando intuii che avrei potuto mantenermi facendo una cosa che mi piaceva. Le case discografiche iniziavano a darmi retta. "Alice" andò relativamente bene, partecipò a Un disco per l'estate e arrivò ultima. Era l'epoca del dominio dei 45 giri sugli Lp e quando mi dissero "l'Lp ha venduto 4 mila copie", sorrisero.

FRANCESCO DE GREGORI

Era il De Gregori coi capelli lunghi, quello pre-Rimmel.
Il De Gregori coi capelli. Quello che da ragazzo aveva l'hobby della musica e sognava di suonare su un palco come si può desiderare di diventare calciatori. Mi piaceva molto il Morandi di "In ginocchio da te" di cui, mascherandomi da cantante, replicavo i pezzi in camera mia. Di lui mi rapivano esuberanza e bellezza. Mi facevo prestare i soldi dai miei e correvo a vedere i suoi film con Laura Efrikian.

Rita, insegnante di lettere e Giorgio, bibliotecario: i suoi genitori. Chi erano?
Persone di buon senso che mi lasciavano libero nelle scelte fondamentali. Cosa leggere, cosa vedere al cinema, che scuola fare. Non mi hanno mai contrastato, pur augurandosi per me un mestiere più normale. Iniziai a fare musica nel ‘68, col mondo giovanile in rivolta contro la famiglia. Temevano diventassi troppo antagonista ai valori che mi avevano insegnato. Non accadde.

Passioni di quegli anni?
Il godimento primigenio me lo diede Celentano. "Il ragazzo della via Gluck" è il primo pezzo che suonai. Poi De André. La scoperta del "Testamento" mi spalancò un mondo. Capii che le canzoni potevano servire anche a immergersi in ambiti profondi. Ruvidi, celesti e complicati. Che si potevan raccontare cose molto diverse da quelle di Morandi, senza offesa per Gianni. Avevo 13 anni. Fabrizio era fuori mercato. Non era tipo da promozioni. Lo pubblicava una casa discografica superindipendente, la Karim. Poi lo conobbi.

FRANCESCO DE GREGORI

Collaboraste. "Oceano", "La cattiva strada" e "Canzone per l'estate" sull'infelicità coniugale.
Non l'ho mai sentita davvero mia. Non che fosse un esercizio di stile, ma diversamente da un'altra sofferenza amorosa molto autobiografica, quella di "Dolce amore del Bahìa", non c'era l'urgenza di raccontarmi o, se c'era, era molto attutita.

Con De André a fine anni 70, Idroscalo di Milano, cercando emozioni sulle montagne russe.
Ci divertimmo molto. Fu una delle ultime volte che lo vidi. Ma ci eravamo persi prima, durante un viaggio canadese in cui litigammo per motivi banali. Sulla carta l'itinerario sentimentale era perfetto. Io, Fabrizio e due ragazze che sarebbero diventate le nostre mogli. Ma sulla strada cumulammo banali incomprensioni. Uno pensa: ‘De André e De Gregori avran rotto sui massimi sistemi'. Troppo facile. Si chiude per un'inezia.

Ce la racconta?
Fabrizio era nervoso. Non conosceva l'inglese e a Toronto il suo ottimo francese si rivelò inutile. Al disappunto iniziale per l'impotenza espressiva, si aggiunsero piccoli tasselli di reciproca incomprensione. Acquistò un Winchester e pretendeva di sistemarlo in auto. Mi ribellai. E mi opposi all'idea che guidasse lui senza patente, con la macchina noleggiata a mio nome. Ci separammo davanti al lago di un'isoletta canadese. Quando poi lo rapirono, telefonai a sua moglie per avere notizie. Era ancora nelle mani dell'Anonima. Una volta libero mi chiamò: ‘Belìn, so che sei stato carino con la Puni, che figlio di puttana, grazie'. Fu gentile, ma ormai ci eravamo persi di vista. Questi sono i miei ricordi. Ma esiste la memoria selettiva e Fabrizio probabilmente l'avrebbe raccontata diversamente.

Francesco De Gregori

La leggenda del De Gregori furioso, dal carattere aspro. Litigò anche con Dalla?
Al termine di Banana Republic ci fu un allontanamento fisiologico. Siamo... eravamo due persone molto diverse, ma di fronte a un rapporto umano specialissimo le incomprensioni del passato passano veramente in secondo piano. C'erano motivi di scontro, su inezie ricomponibili e sempre ricomposte, anche se in certi momenti lui non telefonava a me, né io a lui.

"Telefonami tra 20 anni, io adesso non so cosa dirti, non so risponderti e non ho voglia di capirti".
Non ci siamo mai veramente persi di vista. I miei ricordi recenti sono molto teneri. Prevale il lato più domestico della vicenda. Non tanto il lavoro condiviso sul palco, ma i fotogrammi privati. Lucio che arriva affaticato in camerino e, dopo il concerto, è ringiovanito. O ancora lui che scherza e si leva la maglietta e mostra i pettorali: ‘Guarda che fico che sono'.

Sentirlo cantare le mie canzoni è stato meraviglioso. Scorgere il suo divertimento mentre interpretavo le sue, sorprendente. La condivisione, la sintonia e la lunghissima frequentazione, eventi miracolosi. Ora tutti parlano di Lucio, ma al tempo della seconda tournée molti giornalisti furono volgari. Dissero cose orrende. ‘Ecco due cantanti finiti alla ricerca degli ultimi spiccioli'. E adesso che è morto, Lucio di qua e Lucio di là... ma per favore.

Il primo incontro?
Alla It, la casa discografica di Vincenzo Micocci. Lucio aveva già fatto "4 marzo" e doveva ancora incontrare Roversi. Ci acchiappammo subito. Era straordinario, divertente, intelligente. Diverso dagli altri, ma capace di mettersi in comunicazione con chiunque. Sapeva stare al gioco. Aveva un'istrionica potenza da cui eravamo tutti irresistibilmente attratti. Alla It c'era Venditti, come me, ragazzino di bottega in quella piccola casa discografica. Dalla sconvolgeva anche lui.

francesco de gregori

Alla It passarono in tanti.
Una compagnia di giro. Negli studi Rca, consorella maggiore della It, il bivacco era quotidiano. Rino Gaetano, Fossati, Baglioni, Renato Zero. Era fortissimo, Renato. Non ancora baciato dal successo, ma si travestiva già. È sempre stato coerente, non si sarebbe mai messo le ali o il trucco per compiacere il pubblico.

Baglioni e quell'elemosina a Trastevere...
Eravamo andati a mangiare alla Rosetta, trattandoci benissimo. Poi un po' bevuti, non so perché, ci improvvisammo situazionisti. Forse per emulare i Beatles sui tetti di Abbey Road, forse aggrediti da megalomanìa. Tirammo fuori le chitarre: "Ora si bloccherà il traffico". Non ci si filò nessuno. A Baglioni mi lega un altro episodio.

Quale?
Claudio aveva conosciuto uno che lo voleva intortare per fare un film e, un po' come Ismaele, mi si caricò sulle spalle e disse ‘Ahò, vieni pure tu'. Andammo in un bizzarro posto, sede della produzione, dove un tipo ci fece proposte ardite che accogliemmo dandocela a gambe.

Altre avventure cinèfile?
Un cammeo per Battiato in ‘Del perduto amor'. Franco mi è molto simpatico, ero curioso, con me c'era anche Morgan. Poi sfiorai Fellini, all'epoca del Folkstudio.

LUCIO DALLA CON RON

"Fiori falsi e sogni veri nella friggitoria chantant". Sperimentazione, albe in via Garibaldi.
Molti amici. Tra loro Paolo Pietrangeli, appena assunto da Fellini in vista di Roma. Era il '71, Paolo arrivò trafelato: ‘Il maestro cerca un protagonista, ho pensato potresti essere tu'. Capirai, a 18 anni, con l'ansia di mordere la vita, andai di corsa. A Fellini, come si dice a Roma, avrei portato l'acqua con le orecchie. Lo incontro a Cinecittà, dietro la scrivania. Professionale e informale: ‘Ciao, cammina un po''. Poi fa a Pietrangeli: ‘Ti avevo detto che lo volevo magrolino, basso e bruno. Tu mi porti questo bel ragazzo alto e biondo, cosa me ne faccio?'.

Nelle atmosfere del Folkstudio lei e Venditti creaste "Theorius Campus"
Prodotto sempre da Micocci, un grande discografico di leggendaria avarizia. Lo avvicinavi mellifluo per gli anticipi sulle royalties: ‘Devo partire con la mia ragazza per una fuga d'amore' e lui prendeva tempo: ‘Quando?'. Poi, tra promesse e menzogne, si danzava incerti. ‘Partirei tra una settimana', ‘Passa tra un mese'. Dopo un mese ti presentavi speranzoso, venivi respinto un altro paio di volte e infine conquistavi un assegno con la metà della cifra pattuita. Theorius Campus è figlio di un viaggio in Ungheria a cui avrebbe dovuto partecipare Giorgio Lo Cascio, il nostro amico del Folkstudio.

Lucio Dalla

Giorgio si innamorò follemente di una donna bellissima, la sposò e rinunciò a partire. Andai da Antonello e gli dissi: ‘Pagano tutto, vieni tu?'. Emigrammo oltrecortina, per me fu la prima e l'ultima volta. L'Ungheria non era quella del '56 e non somigliava alla Ddr, ma faceva impressione. Ci portavano per scuole e università, cantavamo 6 volte al giorno. Il partito controllava ogni respiro. La macchina arrivava di mattina presto, autista già totalmente ubriaco. Grappa d'albicocca, forse sbaglio.

I soldi sono stati importanti?
Piacciono a tutti e sarei ipocrita a dire che è meglio non averli, ma non han mai condizionato il mio percorso artistico o personale. Le scelte più importanti della vita non le ho fatte per soldi.

Mai ricevuto offerte che avrebbero messo in crisi integrità o coscienza?
Facendo certe cose avrei potuto guadagnare molto e senza vendere l'anima al diavolo. Non ho un'opinione moralistica della contaminazione commerciale, ma credo fermamente che coerenza e libertà stiano nel non fare quel che non ti piace fare. Un lusso che mi sono sempre permesso, anche quando non avevo una lira.

LUCIO DALLA

La gavetta. Lo Cascio confessò lo sgomento nel vedere lei e Venditti abbigliati in maniera improbabile per una comparsata in tv.
Micocci aveva miracolosamente trovato un passaggio televisivo per me e Antonello. Non ci voleva nessuno e, per partecipare, avremmo dovuto rimanere a Torino per tre giorni. Nella trasmissione dominava l'antesignano del trash. Per esigenze di scena i nostri colleghi erano stati travestiti. Chi da Cowboy, chi da paggio del ‘700.

Chi c'era?
Gino Paoli, Claudio Villa, Iva Zanicchi. Un fritto misto di tendenze di cui io e Antonello avremmo dovuto rappresentare l'avanguardia. Eravamo abbastanza burberi e indisposti a fare compromessi, ma non potevamo tornare indietro. Mi-cocci ci avrebbe ammazzato, così, pur soffrendo come cani, resistemmo. Alla fine optammo per il costume meno devastante. Con cappellaccio e grembiule color paglia, eravamo diventati due autisti di autoambulanza del primo ‘900.

Beppe Grillo

Oggi come vanno i rapporti con Venditti?
Non molto stretti, ma non abbiamo litigato.

Ai tempi del grande freddo, tra il tramonto dei '70 e l'inizio degli '80, lui le dedicò "Francesco". Era prostrato per averle rubato dalle tasche e dalla bocca "rubini puri" e "cioccolata".
Mi chiese scusa in musica, non so perché. Io non mi sono mai sentito derubato da nessuno. Tantomeno da Antonello. In ogni caso, a scanso di equivoci, ‘il pianista di piano bar' non era lui.

Davvero? Ne eravamo sicuri. Con lei la manìa dell'identificazione forzata fa prendere la mano.
Ogni tanto la realtà entrava nelle canzoni. Nel "Signor Hood", l'uomo assalito dai parenti ingordi sulla strada di Pescara, la città che amavo e in cui avevo trascorso momenti importanti, era Marco Pannella, di ascendenze abruzzesi.

Pannella aveva canestri di parole nuove e l'indole dell'impaziente. Non dissimile dal De Gregori che in una lontana preistoria televisiva ribalta il tavolo e lascia il Mago Zurlì senza parole.
Mi trattarono male, mi chiesero i documenti, furono scortesi. Mi irritai e me ne andai perché una certa tv era e a volte è tuttora così. Un posto in cui ti impediscono di essere te stesso e sei obbligato a partecipare a una pantomima. Fu così anche allora e anche se i patti erano chiari, a farmi fuggire fu l'atteggiamento del mago. Quando lo inquadravano con i bambini era svenevole, ma dava l'impressione di non sopportarli.

Beppe Grillo

Feci per andarmene, ma sulla porta venni fermato dalla segretaria di uno degli autori: ‘Stia attento, il dottore se la legherà al dito'. ‘Per me se la può legare al...'. Uscii. Telefonai alla mia ombra, Michele Mondella e andai giù secco: ‘Sono fuori da Porta Carlo Magno'. ‘E perché?'. ‘Perché il programma non lo faccio più'. Mondella prese un aereo, tentò invano di convincermi e alla fine, preferimmo andare al ristorante.

Vero che il primo successo di "Alice" la infastidì?
No, assolutamente, il successo non mi ha mai dato fastidio. E chi tra i miei colleghi lo sostiene, mente. Averlo avuto, coltivarlo e conservarlo fa parte del gioco. Non devi esserne schiavo, ma avere l'equilibrio per accogliere il momento in cui non arriva con serenità, è un dono. Il problema è che al tempo di "Alice" facevo già qualche seratina.

Fabrizio De Andre

Piccoli concerti in cui il pubblico che voleva ascoltare la storia di Cesare perduto nella pioggia per tre volte in tre quarti d'ora, mostrava plateale menefreghismo per gli altri 20 pezzi del repertorio. Magari erano meno belli, ma l'idea che la gente fosse prigioniera del meccanismo del già ascoltato, già sentito e già famoso era deludente. Potevano scoprire il bagaglio di strane cose che mi trascinavo dietro e invece urlavano: ‘Ahò, rifacce Alice'. Ma che mondo è?

Altre canzoni suonate in quelle esibizioni?
"1940", "Marianna al bivio", "I musicanti" e altre ancora che non finirono in nessun altro disco.

Ad esempio "De Gregori era morto".
Quella l'ho scritta più tardi, però poi non la incisi. Mi sembrava eccessivamente autoreferenziale, ma so che in rete gira un'incisione presa al Folkstudio. È cantata da me o da altri?

Da lei. Ha un testo da oracolo. "De Gregori era morto/ucciso dal suo ultimo Lp e dai suoi profeti". Tra le righe si trovano già Hilde e i menestrelli per brevità chiamati artisti.
Non l'ho mai registrata né risentita. Ripensando a quel che accadde dopo, comprendo la tentazione di rileggerlo come un brano profetico.

Allude alla violenta contestazione subita al Palalido il 2 aprile ‘76? Urla, insulti, fumogeni, cazzotti, processi kafkiani. "La rivolta non si fa con le canzoni, Majakovskij era un vero rivoluzionario e si è suicidato. Suicidati anche tu".
Non alludo a niente, ma spesso incontro gente che si dice più a sinistra di me. In un certo senso sono sempre stato a destra di qualcuno. Il Palalido non è stato lo choc della mia vita, come si è detto, ma un episodio spiacevole.

Ancor più spiacevole è che se ne parli ancora. Per me è una storia lontanissima che ho spiegato da ogni punto di vista. Personale, storico, politico, emotivo. Interessante casomai sarebbe ascoltare la versione degli altri. La truppa dei contestatori era formata da ragazzi normali, i capi invece erano dei fighetti. E io ai fighetti non sono mai piaciuto.

CLAUDIO BAGLIONI NEGLI ANNI OTTANTA

"Ci sono posti dove sono stato/ Mi ci volevano inchiodare/ ai loro anni ciechi e sordi/ ai loro amori raccontati male" ha cantato una volta. Ha mai cercato i contestatori di quella notte? Parlato con loro? Nel gruppo c'erano la figlia di Giorgio Bocca, Nicoletta, e l'inventore di Stampalternativa, Marcello Baraghini.
Dovreste parlarci voi giornalisti, non io.

Sui fatti di quel 2 aprile Roberto Vecchioni scrisse Vaudeville. "E spararono al cantautore in una
So che scrisse una canzone, ma non l'ho mai sentita. Sentire il riferimento alle pistole e la parola cantautore cantata da un altro cantautore, mi respinge. Con buona pace di Vecchioni, non fui entusiasta dell'omaggio.

Reazione comune ai poeti da lei tanto vituperati.
Nelle storie di ieri sono brutte, bugiarde creature.

In "Poeti per l'estate" diventano presenzialisti bifronti. Firmano grandi appelli per la guerra e la fame/vecchi mosconi ipocriti/vecchie puttane".
Di quell'insulto mi pentii. So che a Marco Lodoli e Silvia Bre, che a quei tempi non conoscevo, la canzone non piacque per niente. Ce l'avevo molto con quelli che andavano in tv col libro in mano, a promuoverlo. Quelli che in una pausa, zac, tiravano fuori il tomo e spostavano il discorso sulla loro ultima, fondamentale opera.

renato zero

"Però l'avvenimento/ il più spettacolare/ è quando in televisione li vedi arrivare/ profetici e poetici/ sportivi ed eleganti/pubblicare loro stessi come fanno i cantanti".
Certo, faceva così, però se il cantante oggi mette mezzo piede in tv trova subito il talebano che ti attacca. ‘Orrore, si fa pubblicità!'. Nei talk show invece, si parla delle sorti progressive del Paese e dal nulla, ineluttabile come il Natale, spunta l'automarchetta.

Quando dicono poeta a lei?
Non lo trovo giusto. La gente pensa di farmi un complimento, ma è una definizione sbagliata. Io scrivo canzoni e per quanta attenzione puoi porre al testo, rimangono tali. La poesia è un'altra cosa. Trovare qualcuno che fischietta un mio motivo è semplice, ma portatemi uno che reciti "La donna cannone" a memoria. Ne trovate pochi.

Altre canzoni che vorrebbe non aver scritto?
Qualche verso qua e là. In "Cercando un altro Egitto", un trattato sull'idea di non appartenere più a un luogo da cui ci si sente minacciati, ce n'era uno bruttissimo sulle gelaterie di lampone che fumano lente e i bambini che volano.

L'orrore di un lager in metafora.
Un verso pessimo, troppo barocco, ci stavo ripensando proprio l'altro giorno.

Si è allontanato quel tanto che basta per guadagnarsi la nostalgia?
È uno strano sentimento. Sono molto legato ad alcuni panorami, anche geografici del mio passato. A una Roma che non esiste più.

rana112 antonello venditti

I simpatici le stanno ancora antipatici?
Come e più di ieri. E i comici mi rendono triste, mi fa paura il silenzio e non sopporto il rumore, proprio come nella mia canzone.

E l'Italia che incontra?
Eccola, è tutta qui (mostra il camerino nda). Vado, canto, riparto. Mi sono fatto l'idea che sono troppo vecchio per capirla. Preferisco tacere. E stare in ascolto.

Parliamo di politica?
Per carità, tutti mi chiedono di Grillo. Ma vedo che in moltissimi hanno molto da dire. Non sopporto il chiacchiericcio di chi pensa di avere cose interessanti da dire solo perché è noto. Mi ricorda quelli che al bar sono tutti commissari tecnici della Nazionale.

I critici musicali ascoltano ancora i dischi che recensiscono?
Non sentono più niente o magari semplicemente non ascoltano i miei. Di me e altri miei colleghi si discute pigramente. ‘Han dato il meglio 20 anni fa, dopo solo decadenza e precipizio'. Non sono per niente d'accordo. Ma che ci posso fare?

Roberto Vecchioni

L'hanno scritto anche di Lucio Battisti.
"Hegel". "Cosa succederà alla ragazza", "Don Giovanni". Gli album con Panella sono meravigliosi. Capolavori difficili, ma capolavori.

In "Vecchi amici" c'è il feroce ritratto di un giornalista.
Vi rivelo una cosa, però poi mi fermo. Nella prima strofa c'è una persona, nella seconda un'altra.

Due distinte personalità. Si vociferò che il brano fosse figlio d'un dissidio con Gino Castaldo, il critico di Repubblica.
Non posso commentare. Non è né vero né falso, ma la canzone è rock, ha ritmo, mi piace e nei concerti la ripropongo spesso come cambio di registro musicale. Peccato per la durezza del testo. Un po' come "Poeti per l'estate", preferirei non averla scritta. Non voglio più dare l'ispirazione ad affreschi malmostosi. Non me ne frega niente. A quasi 62 anni, se devo mandare qualcuno al diavolo, ce lo mando direttamente.

 

REQUIEM DEMOCRISTO: MONTI HA FATTO FUORI I CATTOLICI DAL PARLAMENTO

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Paolo Cirino Pomicino per "Il Foglio"

Il 25 febbraio 2005 Mario Monti e noi "duellammo" a Bruxelles, come scrisse il giornalista che moderava il confronto, in un incontro organizzato dal circolo culturale "Palombella" molto noto nella capitale belga. Il professore era reduce da dieci anni di commissario europeo, prima al Mercato interno e poi alla Concorrenza, mentre noi eravamo componenti della commissione Affari economici e monetari del Parlamento di Strasburgo.

CIRINO POMICINO

Prima nell'incontro pubblico e poi nella successiva cena, condividemmo con il professore larga parte dell'analisi sull'Europa, ancora priva di un comune governo dell'economia, e sull'Italia che già a quell'epoca era la cenerentola d'Europa per tasso di crescita. Quella sera, a cena, il professor Monti ci disse che dieci anni da commissario europeo gli avevano fatto comprendere fino in fondo cosa fosse la politica della cui ignoranza noi lo accusavamo, scherzosamente ma non troppo, durante i tre anni di collaborazione al ministero del Bilancio.

A quel punto lo incoraggiammo a scendere in politica ma avemmo l'impressione che fosse affaccendato in più lucrosi rapporti di tipo internazionale. Abbiamo raccontato tutto questo per dire che, dopo quasi un anno e mezzo di governo, Monti di politica capisce molto poco o, per meglio dire, ha un'idea distorta della politica ritenendola solo sinonimo di potere. E lo ha dimostrato nei fatti. Il professor Monti ha preteso di essere nominato senatore a vita da un presidente della Repubblica terrorizzato dai circoli finanziari e politici internazionali prima di assumere la guida di un governo di emergenza.

mario monti

Una pretesa che non ebbero né Ciampi né Dini, neanche dopo aver reso un grande servizio al paese. Nonostante gli impegni assunti con il presidente della Repubblica e dopo aver combinato non pochi guai nei suoi 15 mesi di governo mettendo il paese in ginocchio, l'esimio professor Monti decise, noblesse oblige, di salire in politica mentre tutti gli altri scendevano in politica.

Nei suoi colloqui internazionali, lì dove risiede la sua vera maggioranza, Monti aveva spiegato che la sua "salita" in politica avrebbe intercettato tra il 20 per cento e il 25 per cento del consenso popolare e che solo per questo motivo lui era disposto ancora una volta a sacrificarsi come già aveva fatto lasciandosi nominare senatore a vita. Come è andata a finire è fin troppo noto. La sua coalizione non è scomparsa del tutto solo per uno 0,7 per cento che gli ha fatto superare la soglia di accesso al Parlamento del 10 per cento.

IMMAGINARIO MANIFESTO ELETTORALE DI MARIO MONTI jpeg

Un gran professore stile Luigi XIV
E' inutile ricordare che la lista, insieme ai "liberali" (!!??) di Montezemolo, fu denominata "Scelta civica per Monti", una sorta di riedizione, a distanza di quasi 300 anni, de "l'Etat c'est moi" di Luigi XIV o, forse più giustamente, "la politique c'est moi". Non c'è, infatti, nella storia democratica europea alcun precedente di una lista civica candidata a governare un grande paese.

Ma Mario Monti è un grande professore. E che questa fosse la ratio della sua "salita" in politica lo ha dimostrato anche in questi giorni quando ha tentato di farsi nominare presidente del Senato lasciando, senza alcun senso dello stato, il governo allo sbando.

Una volta fermato giustamente dal presidente Napolitano in questa sua tracimante sete di potere, Monti, dopo aver impedito a chiunque della sua lista di andare alla presidenza della Camera, non ha disarmato e dopo aver chiesto invano di parlare con Berlusconi ha riferito a Gianni Letta la sua "oscena" proposta.

giorgio napolitano

I cosiddetti "montiani" (una nuova specie politica) avrebbero votato Schifani alla presidenza del Senato se il Pdl avesse fatto nascere un governo Bersani-Monti e subito dopo avesse favorito l'ascesa, sul colle più alto di Roma, dello stesso Monti ancora una volta disponibile a un sacrificio personale nell'interesse del paese. Monti è un uomo che non conosce l'autorevolezza senza funzione: nel suo caso, è la funzione a essere autorevole. E con questa filosofia ha del tutto annientato l'ultima presenza del cattolicesimo politico nel Parlamento italiano rappresentato da Casini e i suoi cari. Se questo è il frutto della discesa in politica della nostra società civile che Dio salvi l'Italia.

 

GRASSO-TRAVAGLIO ESPLODE IL CASO. LA7 DICE NO A SANTORO Carlo Tarallo per Dagospia

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Carlo Tarallo per Dagospia

travaglio, santoro

Il "match dei match" tra Piero Grasso e Marco Travaglio (roba forte e ricaduta assicurata su giornali, tv e parlamento del giorno dopo) è a rischio. Al termine (termine?) di una giornata convulsa e ad alta tensione, La7 dice "no" a uno "speciale" su Servizio Pubblico. E la faccenda diventa politica.

"In merito a quanto riportato da alcuni siti web sul confronto tv tra il giornalista Marco Travaglio e il Presidente del Senato Pietro Grasso, sollecitato dallo stesso Presidente ieri sera nel corso di Servizio Pubblico - si legge in una nota della rete - La7 precisa di aver dato immediata disponibilita' ad ospitare tale dibattito all'interno dei programmi di informazione in onda sulla Rete. Avendo il Presidente del Senato accettato stamattina l'invito a partecipare al programma Piazzapulita, in onda il lunedi' in prima serata, La7 conferma che il palinsesto del week end non subira' nessuna variazione".

Grasso aveva dato la sua disponibilità in mattinata a Piazzapulita, per lunedì, rispondendo su twitter alla redazione. Ma Servizio Pubblico è riuscita a organizzare una puntata speciale, venendo incontro all'esigenza di Grasso di non aspettare la prossima puntata della trasmissione, come spiegato ieri al telefono in diretta dallo stesso Grasso.

santoro travaglio vauro

Stamattina Marco Travaglio aveva ricevuto la telefonata dalla redazione di "Piazzapulita" per organizzare la trasmissione. Marcolino aveva risposto picche, ripetendo quanto detto ieri in diretta subito dopo aver raccolto il guanto di sfida di Grasso: "Sono pronto al confronto anche subito. Ma o a ServizioPubblico o in streaming su FattoTV e serviziopubblico.it". Anche su facebook, Travaglio aveva spiegato i motivi della sua decisione, anticipata già ieri in diretta, prima che lo stesso Santoro ribadisse la posizione:

Pietro Grasso article

"Nel rispetto delle norme sul diritto di rettifica e poiche' Servizio Pubblico e' la trasmissione che ha creato il dibattito - spiega Santoro - dal quale nasce la necessita' del confronto, solo li' potra' avvenire il confronto tra il presidente del Senato Pietro Grasso e il giornalista Marco Travaglio. Il Presidente del Senato - aggiunge Santoro - ha chiesto ieri sera in diretta, durante la nostra trasmissione, di poter avere un confronto con l'editorialista di punta di 'Servizio Pubblico', Marco Travaglio. Ho immediatamente dichiarato la mia disponibilita' e offerto tutte le garanzie possibili per concretizzare questo suo desiderio. Il presidente Grasso ha obiettato che non avrebbe potuto aspettare perche' 'queste cose vanno fatte a caldo".

Corrado Formigli

"Ne ho dedotto - aggiunge Santoro - che il presidente ritenesse necessaria una trasmissione il giorno dopo o quello successivo. Di conseguenza ho contattato il direttore di rete e il direttore del Telegiornale de La7 per avere la possibilita' di realizzare uno speciale ad hoc che poteva anche non essere condotto da me. Questo speciale sarebbe potuto andare in onda sabato o domenica".

PAOLO RUFFINI

Ma ora, col "niet" di La7 allo speciale, cosa succederà?

 

 

COSTA DISCORDIA, LA RETROMARCIA DI CLINI SU PIOMBINO

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1 - LA MARCIA INDIETRO DI CLINI SU PIOMBINO: "RENDERE PUBBLICHE ALTRE PROPOSTE"
Alla fine, dopo due settimane di rimpalli e scaricabarile, anche Corradino Clini si è dovuto arrendere. Annunciando l'operazione trasparenza sulla Costa Discordia, il ministro dell'Ambiente rende pubblica la sua marcia indietro sull'inciucio di Piombino tanto caro a Culatello Bersani e ai piddini toscani. Tra le lettere messe online sul sito del Ministero, c'è anche la missiva del 21 marzo inviata al capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli.

IL MINISTRO CORRADO CLINI

Nella lettera Clini scrive testualmente: "Diversamente da quanto riportato nella tua nota secondo la quale ‘l'unica soluzione possibile percorribile sia quella di trasportare la nave Costa Concordia presso il Porto di Piombino per il successivo smantellamento e bonifica in attuazione della delibera del Consiglio dei Ministri dell'8 marzo 2013', considerata l'urgenza, ritengo opportuno richiamare l'attenzione sull'esigenza di rendere pubbliche, se disponibili, altre proposte al fine di consentire la completa applicazione della delibera del Consiglio dei Ministri dell'8 marzo 2013 in condizione di chiarezza e trasparenza".

ENRICO ROSSI

Una retromarcia completa rispetto alle dichiarazioni dei giorni scorsi di Clini su Piombino unica destinazione possibile. Basta prendere il comunicato del ministro dello scorso 15 marzo, quando dopo una riunione a Palazzo Chigi dichiarava: "La riunione è servita ad attuare la delibera del Consiglio dei ministri che ha stabilito che la Concordia verrà ricoverata e smantellata in un porto italiano. Il Porto identificato e' quello di Piombino". Ora, invece, si procederà a valutare altre destinazioni.

bersani luigi

Nel carteggio pubblicato da Clini c'è un altro elemento che inchioda il blitz (oramai fallito) del governo. Gabrielli, in una lettera sempre del 21 marzo, affonda definitivamente la possibilità che smaltimento della Concordia e lavori di adeguamento a Piombino possano essere messi insieme, affindando alla protezione civile la gestione infrastrutturale.

Nicola Zingaretti

"Stante la non correlazione tra l'emergenza in rassegna e le attività necessarie da porre in essere nel porto di Piombino - scrive Gabrielli - le stesse potranno essere svolte dai soggetti ordinariamente competenti a cui la normativa vigente già attribuisce i poteri per l'espletamento delle attività riconducibili all'emergenza di cui trattasi".

2 - MARE. 'CONCORDIA', CLINI: IN ATTO CAMPAGNA DI DISINFORMAZIONE
(DIRE) - "E' in atto una evidente campagna di disinformazione per impedire il completamento delle operazioni di recupero della Costa 'Concordia' in condizioni di legalita' e sicurezza per l'ambiente". Lo afferma il ministro dell'Ambiente Corrado Clini che - insieme a questa nota - ha deciso di rendere pubbliche e disponibili sul sito del ministero dell'Ambiente le note che fanno seguito alla delibera del Consiglio del ministri dell'8 marzo 2013 in merito all'emergenza Costa 'Concordia'.

I DETRITI LASCIATI DALLA COSTA CONCORDIA

"Si rassegni chi si illude di poter giocare sulla transizione tra questo governo e il prossimo, per modificare la linea di rigore e scrupoloso rispetto delle leggi e direttive europee in campo ambientale- attacca Clini- il relitto della 'Concordia' va portato via dal Giglio in condizioni di sicurezza ambientale e smantellato secondo le regole in materia di recupero e smaltimento dei rifiuti, e nel rispetto del principio 'chi inquina paga'".

COSTA CONCORDIA

3 - LINK AI DOCUMENTI PUBBLICATI SUL SITO DEL MINISTERO
http://www.minambiente.it/home_it/showitem.html?item=/documenti/comunicati/comunicato_0281.html&lang=it

4 - GIGLIO: ZINGARETTI, BENE GABRIELLI, SI' A CONCORDIA A CIVITAVECCHIA =
(Adnkronos) - "Credo che la posizione di Gabrielli sia molto importante. Credo anche io che la Concordia possa essere lavorata nel porto di Civitavecchia". Lo ha detto il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, al termine della prima riunione di giunta, facendo riferimento al trasferimento della Costa Concordia a Civitavecchia. "Sono d'accordo con il sindaco Tidei che sta conducendo questa battaglia. Ho gia' posto la questione a Clini e la Regione e' a totale disposizione", ha concluso.

5 - CONCORDIA: CLINI A ZINGARETTI, E' COMPETENZA DELLA TOSCANA
(ANSA) - ''Il relitto della Concordia e' un rifiuto che va smantellato, recuperato e smaltito secondo le norme nazionali e le direttive europee in materia di rifiuti. A questo proposito la competenza e' attribuita primariamente alla Regione Toscana''. Lo ricorda in una nota il ministro dell'Ambiente Corrado Clini, in riferimento alle dichiarazioni fatte dal presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, in merito alla smaltimento del relitto della Costa Concordia a Civitavecchia.

NAVE CONCORDIA

Clini ricorda inoltre che ''La Regione Toscana ha presentato nel novembre scorso la proposta per le operazioni di smantellamento, recupero e smaltimento nel porto di Piombino, che prevede anche l'utilizzazione delle infrastrutture industriali esistenti per il recupero dei materiali . Le operazioni sono a carico della societa' Costa Crociere, secondo il principio ''chi inquina paga''. ''Non risultano pervenute altre proposte - conclude il ministro Clini -, che in ogni caso devono essere sottoposte a Costa Crociere ed approvate preliminarmente dalla Regione Toscana''.

 

IL GOVERNO DEI “TECNICI” NON DOVEVA RESTITUIRE LA CREDIBILITA’ PERDUTA AL BEL PAESE?

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DAGOREPORT

L'ultimo atto (indecente) del governo Monti è la resa incondizionata alla ragione e alle regole della diplomazia internazionale. E speriamo che la restituzione dei due marò alle autorità indiane sia davvero l'ultimo capitolo di un bilancio nerissimo dell'esecutivo tecnico.

GIULIO TERZI

La brutta figura dell'Italia di Rigor Mortis si è consumata tra il voto delle politiche di fine febbraio e l'incarico per un nuovo esecutivo consumatosi l'altro giorno al Quirinale.
E qualcuno (maligno) potrebbe anche sospettare che il "trionfale" ritorno in patria dei due fucilieri della Marina, proprio alla vigilia del voto, sia stata anche una mossa propagandista di chi sedeva a palazzo Chigi e contemporaneamente girava le piazze per raccogliere consensi con la sua Lista Civica.

GIANFRANCO FINI jpeg

Così, trattati come agnelli sacrificali al mercato all'ingrosso della Farnesina, i due marò accusati di aver sparato e ucciso degli inermi pescatori in acque lontane, tornano per essere giudicati in India. Lì dove il nostro ambasciatore, Daniele Mancini, è stato preso in ostaggio dopo che il nostro Paese aveva violato le intese sulla riconsegna dei "prigionieri" autorizzati a far ritorno in Italia per partecipare alla tornata elettorale.

MARIO MONTI LEGGE RESTART ITALIA

Detto che l'ambasciatore Giulio Terzi, ha dimostrato di non essere all'altezza del compito affidatogli per grazia di Gianfranco Fini (ma questo era noto nel mondo della diplomazia già dai tempi che era stato promosso da Berlusconi alla sede di Washington), quel che appare insopportabile e indecente è che il premier Monti scarichi tutte le colpe dell'immorale vicenda marò sulle spalle del suo responsabile degli Esteri.

DANIELE MANCINI

L'Affondatore della Bocconi solo per codardia nemmeno si rende conto che sarebbe inaudito se l'esecutivo fosse stato tenuto all'oscuro della più grave crisi diplomatica in cui si è imbattuta l'Italia negli ultimi anni. Ma grazie a una stampa a dir poco compiacente se non lecchina, ieri gli uffici del premier sono arrivati alla sfrontatezza di far sapere ai cronisti che "palazzo Chigi e Quirinale non sono stati coinvolti in modo adeguato nella decisione". Tirando in ballo, appunto, Giorgio Napolitano, che ha poco gradito l'accostamento con gli "errori" della Farnesina.

Ma li leggono i giornali Rigor Mortis e il suo staff? I professoroni non si sono leccati i baffi quando i corrispondenti diplomatici dei giornaloni li hanno coperti di encomi per aver strappato i due marò alle sgrinfie della giustizia indiana?

TERZI E MARO

E pensare che il governo Monti, a dare ascolto ai media scodinzolanti, era nato sulle spoglie dell'improponibile Berlusconi proprio per ridare credibilità all'Italia. Se la affidabilità di un Paese venisse misurata non soltanto con lo spread (bancario) ma pure attraverso i suoi gesti diplomatici oggi potremmo vantarci di aver indossato la maglia nera in Europa e nel mondo.

I DUE MARO GIRONE E LATORRE

SOS CORRIERE, FLEBUCCIO DE BORTOLI RESTA O VA VIA?
A proposito dei giornaloni dei Poteri marci. Ieri il direttore del Corrierone, Flebuccio de Bortoli, ha spiegato al Comitato di redazione che le notizie riportate da Dagospia (e non solo) di sue imminenti dimissioni, non sono fondate. La rappresentanza sindacale, facendosi portavoce di Flebuccio, ha riportato il messaggio all'assemblea dei giornalisti riunita in via Solferino.

Forse con altrettanta sollecitudine il Cdr avrebbe dovuto mettere fine pure alle voci che circolano nelle redazioni di Roma e Milano sul prossimo arrivo al Corriere di Giulio Anselmi in duplex con l'attuale responsabile de "la Stampa", Mario Calabresi. Di sicuro c'è che il primo aprile scade il quadriennio di Flebuccio alla guida del quotidiano dei Poteri marci. E soltanto allora sapremo chi è stato vittima del "pesce d'aprile".

 

LE OPERETTE IM-MORALI DELLA EX FIDANZATA DEL TROTA - ELENA MORALI HA INSULTATO I CARABINIERI E IL PM

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Da "Milano.Corriere.it"

ELENA MORALI

Non ne voleva sapere di andare a testimoniare in tribunale, e così ha fatto una «scenata» ai carabinieri, insultato il pm e tentato di fuggire dall'accompagnamento coatto.

LA PUPA ELENA MORALI

Protagonista del siparietto la soubrette Elena Morali, ex fidanzata di Renzo Bossi, sentita venerdì mattina in aula dal pm Antonio Sangermano nel processo «Ruby bis» a carico di Fede, Mora e Minetti. La Morali ha battibeccato con il pm, il quale ha fatto leggere in aula la relazione di come si è comportata la soubrette con i carabinieri che l'hanno convocata in caserma per notificarle l'accompagnamento coatto.

RENZO BOSSI CON LA MAGLIETTA DEL TROTA

INSULTI - «Con tono sprezzante - si legge - Morali ha affrontato i militari che l'avevano convocata e, prima di tentare di fuggire dalla stazione dei carabinieri, ha insultato il magistrato che ha disposto l'accompagnamento «definendolo co...ne». Una vera signora.

«LE TONACHE» - Durante l'udienza poi la showgirl, alla domanda se avesse avuto «una relazione con un figlio di un noto uomo politico», intendendo Renzo Bossi, ha risposto così al magistrato: «Le mie cose sono private, io non le chiedo chi è sua moglie». Poi ha sbottato contro i giudici: «A me non me ne frega nulla se voi avete le tonache». Forse voleva dire «toghe».

 

ASSALTO A BERLUSCONI: CHE GRATTACAPI PER LE “POLTRONCINE”

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DAGOREPORT

FRANCESCO BOCCIA E NUNZIA DE GIROLAMO DA CHI

Questa volta l'assalto non e' arrivato dai magistrati ma dalle sue "amazzoni" capeggiate da Nunzia De Girolamo sempre piu' alla ricerca di un ruolo di primo piano nel Pdl. Oggetto del contendere: incarichi alle Camere. La pasionaria di Benevento (secondo qualcuno sperando nei voti Pd per opera del marito Francesco Boccia) si sarebbe scatenata in una riunione infuocata per la scelta prossimi ruoli parlamentari da decidere nel Pdl.

Col sostegno delle donne piu' fidate dell'ex premier, un incarico di prestigio sarebbe a un passo, ma la corsa di Nunzia potrebbe essere stoppata dalla necessità di dare spazio anche ad altri volti, manco Napolitano stesse per formare un governissimo "Boccia-De Girolamo".

ALESSANDRA MUSSOLINI ASPETTA SILVIO

E alla Camera? Altre grane per Berlusconi: il Pdl avrebbe dato quattro indicazioni per l'elezione dei Segretari degli uffici di Presidenza. Ma sarebbero insorte ancora le amazzoni ! Michaela Biancofiore e Nunzia De Girolamo, insieme a Pina Castiello e Stefy Prestigiacomo, avrebbero scatenato un putiferio chiedendo di votare solo Laura Ravetto, che avrebbe però incontrato difficoltà "oggettive" perchè il suo nome avrebbe sbilanciato troppo gli equilibri a favore del Nord.

nitto palmasilvio berlu occhiali

Il gruppo sarebbe quindi andato in confusione spaccandosi nelle votazioni. E come se non bastasse, si sono aggiunti ai malesseri anche i franchi tiratori campani contro la candidatura Calabrò (campano indicato per l'ufficio di Presidenza). Il risultato è che il Pdl non ha aletto nessuno, anche perchè ai franchi tiratori Pdl si sarebbero sommati quelli della Lega che, incassata la vicepresidenza Calderoli al Senato, non avrebbe votato compatta i nomi Pdl alla Camera. Alessandra Mussolini l'ha spuntata: è segretario dell'ufficio di presidenza.

Intanto, Schifani è già sulla graticola. Da un lato il capogruppo porta a casa i nomi di Casellati e Gentile, ma lo "schifaniano" Gasparri prende ben 30 voti in meno di Calderoli. Motivo del malessere? I senatori berlusconiani "ortodossi" (guidati da Nitto Palma) avrebbero lamentato che quanti hanno nella scorsa legislatura messo più in difficoltà Berlusconi, non solo sono stati ricandidati, ma stanno vedendosi riconoscere peso. Tra loro viene incluso lo stesso Schifani, ma anche Sacconi, Roccella, Augello...

 


STADERINI: “MAI ‘POSTEGGIATO’ CON GRAZIA E LEGGEREZZA IN RAI, INPDAP E LOTTOMATICA”

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Riceviamo e pubblichiamo:

Marco Staderini

Lettera 1
Mi riferisco all'Avviso ai naviganti di ieri "Acea addio per Staderini" e Vi ringrazio per il tono, tutto sommato simpatico e non aggressivo con cui tratteggiate le mie esperienze professionali.

Ma vorrei approfittare della Vostra ospitalità per alcuni chiarimenti. Non sento di "aver posteggiato con grazia e leggerezza sulle poltrone dell'Inpdap, Lottomatica e Rai". Le ricordo tutte come esperienze molto impegnative e difficili.

Giulio Terzi di Sant Agata

Dopo aver contribuito, con i primi 30 colleghi, alla costituzione nel 1976 della SOGEI-Anagrafe Tributaria (sulle ceneri del famoso e fallito Progetto Athena della grande IBM), ho assunto in Sogei posizioni di sempre crescente responsabilità, e ne sono uscito per partecipare alla gara per l'automazione del Lotto.

Nel 1994 è nata Lottomatica che ho guidato dalla sua costituzione fino alla quotazione in Borsa del 2001. Non è stato certo un "posteggio": dal forte contrasto al Lotto clandestino (emersione di un incredibile volume di giocate che alimentavano direttamente la malavita organizzata) alle lunghissime battaglie con la Commissione UE per difendere la decisione del Governo italiano di avere una Concessionaria a prevalente partecipazione pubblica.
Ma non mi dilungo, perché notoriamente Lottomatica è stata ed è un grandissimo successo industriale.

Di Paola

Mi sono dimesso nel 2003, da Presidente, non condividendo più le linee strategiche della nuova proprietà. E, ancora, non ritengo un "posteggio" né la prima esperienza come Consigliere RAI - peraltro breve, da maggio a novembre 2002. Mi sono dimesso per solidarietà con l'uscita dei due Consiglieri di minoranza Zanda e Donzelli; nacque così il CdA smart Baldassarre-Albertoni - e nemmeno la seconda (da maggio 2005 a ottobre 2008).

Un periodo caratterizzato da tante, troppe tensioni che risentivano del clima politico esterno. Ricordate certo il caso Meocci, il cambio di maggioranza governativa del 2006 tra Berlusconi e Prodi e quello inverso del 2008, con i ripetuti cambi di maggioranza nel CdA Rai, e tutte le tempeste mediatiche del periodo.

1 ammiraglio giampaolo dipaola

Onestamente non mi sembra di aver "posteggiato" con grazia e leggerezza.
E nemmeno come Presidente Inpdap. Ricordo solo la lunga battaglia vinta per riportare all'interno di Inpdap la gestione del patrimonio immobiliare.

Abbiamo potuto rendicontare, nei 18 mesi finali della mia Presidenza, un recupero e un risparmio di 256 milioni di euro!! Credetemi, non è stata una "passeggiata".
Nell'aprile 2009 sono stato nominato Amministratore Delegato di Acea. E magari avessi "posteggiato".

Basta ricordare il lungo e difficile "braccio di ferro" con l'azionista GdFSuez per sciogliere una JV che non funzionava. Tutti i risultati di oggi testimoniano la validità di quella decisione, che Vi assicuro ha richiesto molta forza e determinazione.

TERZI E MARO

Senza parlare della difficoltà di raggiungere, com'è stato, risultati sempre positivi in un periodo molto particolare per Acea: dalla violenta crisi economica nazionale e internazionale che riguarda tutti, al referendum sull'acqua, alle battaglie nel Consiglio di Roma Capitale per la privatizzazione...

I DUE MARO GIRONE E LATORRE

Certo, ove possibile ho privilegiato, nell'esercizio delle mie responsabilità nei diversi ruoli, la ricerca di una mediazione e comunque, sempre, il sorriso.
Spero che sia questo a meritare i Vostri aggettivi di "grazia e leggerezza".
Sono un manager che ha maturato esperienze in tanti diversi settori, soprattutto infrastrutturali, sempre al servizio degli interessi pubblici e avendo costante cura degli aspetti sociali. E su questa strada intendo proseguire.

DANIELE MANCINI TRA SALVATORE GIRONE E MASSIMILIANO LATORRE jpeg

Infine una parola sui miei rapporti con Pier Ferdinando Casini. Non ho gli ho mai "portato la borsa con ammirevole spirito di servizio". Non è mai stato necessario, né lo sarà mai, per nessuno dei due.

Sono legato a lui, da almeno vent'anni, da vera amicizia, sempre leale e sincera.
E da una profonda, convinta e sempre confermata stima per lui.
Continuo a ritenere che sia una delle pochissime (davvero pochissime) personalità in grado di guidare il nostro Paese fuori dall'allucinante situazione di stallo in cui si trova.
Vi ringrazio per la cortese ospitalità.
Marco Staderini

SALVATORE GIRONE E MASSIMO LATORRE

Lettera 2
Marò.
Mi piacerebbe una campagna stampa per Terzi e Di Paola in India, "consulenti tecnici" dei legali dei Marò. Come noto NON intendono dimettersi da Ministri e, come noto, nessuno può imporgli di dimettersi. Ma, a ore o a giorni, non saranno più Ministri.
Proponiamo che il nuovo Presidente del Consiglio li destini in India.
Quali consulenti e, quindi, senza passaporto diplomatico e senza immunità diplomatica.
Vitto e alloggio come i Marò. Retribuzione 3.000 euro, netti, al mese.
Durata dell'incarico: fino al rientro definitivo in Italia dei Marò e, in ogni caso, fino a conclusione della vicenda giudiaria dei Marò.
Aldo Pica

I DUE MARO LATORRE E GIRONE

Lettera 3
Qualcuno può spiegare perché Bersani, sulle orme di Silvio, si tinge i capelli?
E usando anche lo stesso antiruggine?
Sandro Michetti Marino

Lettera 4
Caro Dago, sacrosanto il tuo invito al Movimento 5 Stelle affinché, invece di cazzeggiare, offendere i giornalisti, il presidente Napolitano e perdere tempo assaporando i manicaretti del potere, intervenga sui doppi ruoli incompatibili. Hai fatto alcuni esempi. Ne aggiungo un altro: il vicepresidente di Nicola Zingaretti alla Regione Lazio, Massimiliano Smeriglio, in quota Sel e vendoliano di ferro, è stato eletto anche deputato all'ultima tornata elettorale. Che aspetta a dimettersi - subito - da uno dei due incarichi? Invece vuole attendere un mese per poter votare il successore di Napolitano: l'ha confessato a "la Repubblica". Un po' di decenza mai?
Saluti Michele Anselmi

LATORRE E GIRONE I DUE MARO ALL ALTA CORTE DEL KERALA

Lettera 5
Nella gestione della vicenda dei due maro' i massimi responsabili del Governo e dei Dicasteri interessati hanno infangato oltre ogni limite l'onore dell'Italia, prima facendo i furbetti del governicchio (venendo meno alla parola data) e poi facendo i pavidi pusillanimi (rimandando nottetempo al macero i maro') di fronte alle energiche reazioni indiane. Una vergogna totale.
Carlo Anderlini

IL MINISTRO TERZI A KOCHI CON I DUE MARO

Lettera 6
Salve Dagospia, mi sembra chiaro che i nostri due fucilanti, di fronte alla possibilità di finire in un carcere italiano, abbiano preferito far ritorno in India, dove la detenzione sarà senza dubbio più umana. Belushi

Lettera 7
Finirà così. Finirà che dopo sto pasticciaccio brutto in diplomazia internazionale, il ministro Terzi dirà "abbiamo salvato l'ambasciatore Mancini". Finirà che chiederanno di mandare Mancini in Italia su dichiarazione giurata dei Marò e così via come un Leone di Venezia che si morde la coda. Finirà così. Finirà che per amor di un governo bipartisan Berlusconi pretenderà di nominare il prossimo ambasciatore in India: Ilda Boccassini.

Finirà così, a pollo al curry e fichi. Finirà che dopo il confronto televisivo Grasso / Travaglio, Berlusconi appoggerà un mandato esplorativo a Grasso stesso, perchè il nemico di un nostro nemico è un nostro amico. Se poi l'amico ci propone anche alla medaglia per l'antimafia è ancora meglio.

BERSANI

Finirà che Berlusconi la pretenderà perchè, assumendo un Mangano come stalliere, ha ammorbidito i rapporti con Cosa Nostra. Finirà che Bersani avrà oggi l'incarico per formare un Governo. Finirà che tanto de ‘sta Italia non cambierà nulla, ci ubriacheremo quando possibile, sino a quando la disoccupazione non sarà ancora più stretta, e allora finiremo tutti noi a smacchiare i ghepardi. Finirà così finirà.
Edgarap

PIERLUIGI BERSANI

Lettera 8
Caro Dago ora che il nostro ministro degli esteri ci ha rassicurato che per i nostri eroi maro' non ci sara' la pena di morte mi sento molto tranquillo....in fondo cosa vuoi che sia se al massimo vengono condannati alla pena dell'ergastolo!! Penso che sia giunto il momento che il nostro paese sia seriamente commissariato....

Lettera 9
Caro Dago,
il ministro Terzi ha detto che non darà le dimissioni per il caso marò. Dopo la figura di merda fatta, avrebbe dovuto darle, ma per non perdere quattrini, anche solo per qualche mese, ha pensato di aspettare che venga sostituito dal probabile futuro ministri del governo(sic!) Bersani. Il governo dei tecnici, oltre a trascinarci in una crisi dalla quale ci vorranno anni per uscire, ci ha ridicolizzati nel mondo intero. Fortunatamente l'Italia si è in parte riscattata, anche se il Santo Padre è argentino, grazie all'elezione del Pontefice.
Cordiali saluti.
Annibale Antonelli

Berlusconi

Lettera 10
Caro Dago,
a Mosca succedono certe cose?...ballerine che diventano prostitute e viceversa?...io sono appena a tornato da una vacanza a San Pietroburgo, e in un night mi hanno ripulito della bellezza di 1800€...lasciandomi sì da solo in una stanzetta appartata in mezzo a due bellissime danzatrici senza freni, una delle quali pareva la sosia di Carla Bruni a 20 anni, ma anche ripulendomi la carta di credito fino al blocco con un bell'aggiro...non ci meravigliamo dei russi...quello che esce fuori allo scoperto è solo un 0,1% di quello che combinano realmente...non c'è da meravigliarsi quindi che il Banana si sentisse perfettamente a suo agio dall'amico Putin...
Alessandro

SILVIO BERLUSCONI

Lettera 11
Caro DAGO,sulla vicenda Italia-India ci sono tanti Di-troppo e un solo De-mistura.
Dal governo Di tecnici,al ministro Di Sant'Agata,al ministro Di Paola. Il tutto per una sana figura Di merda,ma Di-plomatica.
Saluti, Labond

Lettera 12
Egregio Ministro mi vergogno di come lei ha gestito la vicenda dei due Fucilieri esponendo due volte il nostro Paese al ludibrio internazionale e desidero pubblicamente prenderne le distanze. Credo che si dovrebbe dimettere per salvare l'onore dell'Italia. Sono onorato invece di essere rappresentato da due persone come Massimiliano Latorre e Salvatore Girone che in ogni occasione, anche la più difficile, hanno smemre tenuto la testa alta e hanno sempre difeso la loro e la nostra dignità.
Paolo
Treviso

Lettera 13
Caro Dago,
scrivo d'impulso sperando di non rischiare denunce o, peggio, trasferimenti in India. Ma dopo comportamenti a dir poco contradditori e stravaganti su (forse è bene ricordarlo) due servitori dello Stato che rischiano anche la vita in un paese dopo succede di tutto alla ..luce del sole..non sarebbe il caso di sottoporre il nostro "dottor stranamore all'amatriciana" ad una attenta visita specialistica?
saluti
FB

SILVIO BERLUSCONI

Lettera 14
Caro DAGO, a vedere l'avanti e indietro a dir poco vergognoso inflitto dal "governo" ai 2 maro' mi viene in mente il racconto di Caporetto che mio nonno visse di persona: fu mandato a riparare una linea telefonica, sentì odore di gas, fece in tempo a mettersi in una buca con la maschera, vide passare i prussiani guidati da un certo capitano Rommel con le mazze ferrate per finire silenziosamente gli italiani gassati. Il giorno dopo si mise in marcia verso ovest, unico superstite: per ringraziamento fu arrestato come disertore e scampo' alla fucilazione andando volontario nei reparti d'assalto. Il Badoglio e il Vittorio Emanuele di allora oggi hanno epigoni ben riconoscibili. Un abbraccio ai 2 marò BLUE NOTE

 

SAVE THE CIPRO: I PIANI DEL CREMLINO SULL’ISOLA

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Antonella Scott per "Il Sole 24 ore"

PUTIN E BARROSO

Spetta a Cipro - aveva detto mercoledì Dmitrij Medvedev - risolvere i propri problemi, a Cipro e poi all'Unione europea di cui l'isola fa parte. «Solo in terza battuta - ha aggiunto il primo ministro russo - possono intervenire altri Paesi che, per varie ragioni, hanno interessi laggiù». La Russia, dunque, chiamata in causa dai flussi di capitali che vanno e vengono tra i due Paesi, un'esposizione di 70 miliardi di dollari tra depositi di società e persone fisiche e i prestiti delle sue banche alle imprese di origine russa registrate a Cipro.

PUTIN BARROSO E VAN ROMPUY

Offesa per non essere stata consultata nel progetto dell'Eurogruppo quando sabato scorso venne annunciata l'intenzione di tassare i conti bancari ciprioti, la Russia è stata riportata al centro dell'attenzione dalla speranza delle autorità di Nicosia di trovare un'alternativa più benevola a quel prelievo forzoso, un modo per raccogliere a Mosca i fondi necessari a sbloccare il bailout europeo senza tassare gli eurorubli dei biznessmeni. Contando sulla determinazione dei russi a proteggere i propri interessi sull'isola.

protesta a cipro contro merkel jpeg

I negoziati, come sa ormai bene il ministro delle Finanze cipriota, Michalis Sarris, si sono rivelati più complicati del previsto: non c'è da aspettarsi niente prima della fine della settimana, diceva ieri Andrej Kostin, il presidente della banca russa Vtb. Sarris è arrivato nella capitale russa con una serie di offerte che potrebbero riassumersi in una riedizione del meccanismo con cui Boris Eltsin negli anni 90 privatizzò l'economia, cedendo sottocosto le azioni delle compagnie di Stato in cambio di prestiti a sostegno dei conti pubblici: prestiti ottenuti, in parte, da quegli stessi oligarchi che ora vedono mettere in discussione il rifugio di Cipro, un regime fiscale a loro particolarmente favorevole e un quadro giuridico - su base britannica - più tranquillizzante di quello offerto dalla madrepatria.

MEDVEDEV A CIPRO

In cambio di aiuti finanziari, nelle indiscrezioni circolate in questi giorni Nicosia è sembrata pronta a offrire a Mosca una presenza privilegiata nelle proprie banche e nei giacimenti di gas su cui scommette il proprio futuro. Altre indiscrezioni fanno pensare che il prezzo chiesto dai russi fosse troppo alto, anche per chi ha disperatamente bisogno di una soluzione urgente: lo stesso Medvedev avrebbe accennato all'apertura di una base militare nell'isola, "ricompensa" da accompagnare a posizioni di controllo nei board delle banche, diritti esclusivi per Gazprom nello sfruttamento delle riserve offshore di gas, un posto nella futura compagnia che le gestirà e nelle infrastrutture che seguiranno l'atteso boom energetico di Cipro.

CIPRO - TROIKA GO HOME

In modo meno spettacolare, la soluzione del rebus dovrà intrecciarsi alla trattativa tra Nicosia e Bruxelles: mentre, una dopo l'altra, tutte le grandi banche russe da Sberbank a Gazprombank hanno escluso la possibilità di un bailout per Cipro, fonti politiche e finanziarie hanno detto all'agenzia Reuters che la Vnesheconombank - Veb, la banca di Stato russa dalle radici sovietiche dedicata al sostegno dell'economia nazionale - potrebbe essere utilizzata come veicolo di raccolta di 5,8 miliardi in nuovi finanziamenti, garantiti da assets che potrebbero essere rivenduti in seguito. La somma richiesta dalla Ue.

PROTESTE A CIPRO CONTRO IL PRELIEVO FORZOSO DAI CONTI CORRENTI

Un'altra strada percorsa da Sarris è il tentativo di ottenere dai russi un riscadenziamento del prestito ottenuto nel 2011, 2,5 miliardi di euro in scadenza nel 2016, termine che Cipro vorrebbe prolungare di cinque anni a un tasso di interesse inferiore all'attuale 4,5%.
La partita per Mosca è complessa. Rimanendo in disparte, Vladimir Putin ha lasciato alzare la voce a Medvedev, attento a non mostrarsi troppo preoccupato a salvare il tesoro di oligarchi verso cui non vanno certo le simpatie della maggioranza dei russi.

PROTESTE A CIPRO jpeg

Così è stato Medvedev ad attaccare le «confische bolsceviche» architettate dall'Europa, minacciando addirittura di rispondere all'incertezza creata con una riduzione delle riserve russe denominate in euro. Ma oggi sarà Putin a parlare, accanto a José Manuel Barroso, in conferenza stampa.

In teoria il tramonto del paradiso fiscale di Cipro va nella direzione auspicata dal presidente russo, che ha lanciato una crociata contro la fuga di capitali che penalizza l'economia. Ma se è questa l'occasione per trasformare Putin in alfiere della trasparenza finanziaria, prima viene la composizione della crisi: e qualunque sarà la strada, per gli oligarchi russi non sarà indolore.

GAZPROM

2. OLIGARCHI, UN POSTO AL SOLE TRA HOLDING E CONTI BANCARI
A.S. per "Il Sole 24 Ore"

Se Vladimir Putin volesse impressionare favorevolmente il mondo, potrebbe offrire di coprire le perdite che i russi stanno rischiando a Cipro in cambio di trasparenza: i nomi di chi ha scelto di rifugiarsi nell'isola con società e capitali, le fonti delle proprie ricchezze.

Aleksandr Lebedev

Perché se in parte la lista dei russi di Cipro corrisponde a quella usata da Forbes per elencare i più ricchi del Paese, è ben più lungo l'elenco che non ha nomi, le società di copertura create per parcheggiare denaro il tempo necessario e poi volare altrove, le banche che negano di avere alcuna presenza nell'isola.

Se l'economia russa nel 2012 ha perduto circa 60 miliardi di dollari, secondo il governatore uscente Serghej Ignatjev basterebbe poco per risalire ai referenti di commerci illegali e trasferimenti sospetti, movimenti che per il presidente della Banca centrale fanno capo a un rete ristretta di società legate tra loro. E Cipro, come ormai si sa, è uno dei rifugi prediletti del denaro russo.

Almeno, lo è stato finora. «Questa è la fine dei russi a Cipro, a mio parere», diceva nei giorni scorsi Aleksander Lebedev, magnate dei media e azionista di Aeroflot, commentando la tassazione dei depositi bancari ipotizzata dall'Eurogruppo e poi bocciata dal Parlamento di Nicosia, una «confisca di stampo stalinista» per Lebedev. Tra i suoi colleghi oligarchi, Mikhail Prokhorov - l'imprenditore dei metalli sceso in politica per sfidare Putin alle elezioni dell'anno scorso - è presente a Cipro con la Intergeo Management Ltd, registrata nel 2008: sul quotidiano Vedomosti ha scritto che è dovere di Mosca appoggiare Cipro, ma anche un'Europa unita in cui la Russia sia una delle economie guida: «Abbiamo l'opportunità di dimostrare la nostra posizione come protagonisti di peso nell'arena globale». La fortuna di Prokhorov, valutata da Forbes in 13 miliardi di dollari, basterebbe a risolvere in un colpo solo il problema delle banche cipriote.

ROMAN ABRAMOVICH

A 13,8 miliardi di dollari ammontano invece gli assets gestiti dalla Russian Commercial Bank, unità cipriota di Vtb che, seconda banca russa, appare come l'istituto più esposto sull'isola. In quanto tale, Vtb con il suo presidente Andrej Kostin partecipa alle trattative in corso a Mosca, e a chi gli chiedeva se fosse interessato ad acquisire attività bancarie a Cipro ha risposto con un secco "no". Probabilmente la stessa risposta la darebbe anche Dmitrij Rybolovlev, oligarca nell'industria dei fertilizzanti che con una quota del 9,7% è il principale azionista singolo nella Bank of Cyprus, la prima a Cipro.

Tra i russi che si sono costruiti a Cipro una casa - tra le tante altre - c'è Roman Abramovich, padrone del Chelsea e di Evraz, un impero siderurgico controllato dalla Lanebrook, registrata sull'isola. Chissà per quanto ancora. «Conoscendo il temperamento degli investitori russi - racconta al servizio locale della Bbc uno di loro - sono sicuro che se ne andranno presto». C'è chi dice che molti, fiutando l'aria, avevano già cominciato nei mesi scorsi ad alleggerire pian piano i propri conti. Perché prelievo forzoso o no, probabilmente Cipro per loro non sarà più la stessa.

 

LISCIA (E INFIAMMABILE) COME L’OLIO - LA PANTERONA DI BISCEGLIE NANCY DELL’OLIO CONTINUA A FAR PARLARE DI SÉ

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DAGOREPORT

NANCY DELLOLIO

Dal "Daily Mail"
http://bit.ly/Zh6HJK

NANCY DELLOLIO

Un talento italiano brilla all'estero. La panterona Nancy Dell'Olio (all'anagrafe Annunziata), nata a New York da genitori di Bisceglie, avvocato nonché ex compagna dell'allenatore Sven Goran Eriksson, continua a far parlare di sé oltremanica.

nancydellolio Sun 02

Nancy ha fatto la sua comparsa per due serate di fila ad altrettante feste mondane di beneficenza a Londra, come racconta il tabloid "Daily Mail", mostrando un look aggressivo, come nel suo stile. Completamente vestita di nero, con pantaloni attillati, cappotto leopardato e scollatura procace, Nancy vuole far vedere al mondo di essere uscita, più agguerrita di prima, dalla battaglia legale contro l'ex compagno Eriksson per la proprietà di un appartamento da 2,7 milioni di sterline, dove la coppia viveva fino a quattro anni fa.

nancydellolio Sun 01

Lei è però ancora furibonda, e dice senza mezzi termini: "La vita opera in termini di selezione naturale: ci sono vincitori e vinti. Sven non ha carriera, né status. A chi importa più di lui? Lui è il vero perdente, anche se alla fine dovrò lasciare il mio appartamento. Non vedo l'ora di voltare pagina. Sven è diventato il peso morto che mi impedisce di spiccare il volo. Ho troppi progetti interessanti da mandare avanti".

Fra questi progetti c'è anche uno spettacolo teatrale sulla sua vita. E provate a fermarla, se ci riuscite.

 

SILVIO, CI MANCHERESTI! ONIDA DICE NO ALL’INELEGGIBILITA’

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Roberto Scafuri per "Il Giornale"

Valerio Onida

Questa proprio non ci voleva. A ventiquattr'ore dalla manifestazione di massa indetta nella piazza Santi Apostoli cara all'Ulivo prodiano, a un passo dal traguardo come Dorando Pietri nelle Olimpiadi di Londra del 1908, a un capello dal traguardo considerevole di 250mila firme (alcune altisonanti) raccolte.

Il problema sarà dirlo con dovuta cautela a Paolo Flores d'Arcais, animatore del comitato che negli ultimi due decenni ha provato in tutti i modi a far capire al popolo come Silvio Berlusconi fosse ineleggibile, a norma della legge del 1957 che inibisce il Parlamento a titolari di concessioni pubbliche.

Silvio Berlusconi

Attorno a questo importante risultato, fallito per un pelo nel '94 e nel '96, e così distante dalle ultime raccomandazioni di Napolitano («Garantire al Cavaliere la partecipazione politica»), si era coagulata nelle scorse settimane l'unico concreto punto di contatto tra il Movimento di Grillo e il partito di Bersani. Punto di contatto plasticamente identificato nel capogruppo dei senatori Pd, Luigi Zanda, unico del gruppo dirigente ad aver sottoscritto l'appello anti Cav e pronto, immaginiamo, a prendere parte alla manifestazione di domani «per la difesa della Costituzione e l'ineleggibilità di Berlusconi». I fatti, però, congiurano contro titolo e obbiettivo. O si sta alla Costituzione, e con uno dei massimi suoi interpreti, il professor Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale, o con l'idea di ghigliottinare lo scranno del Cav in forza di legge.

Silvio Berlusconi - copyright Pizzi

Onida, persona onesta fino al midollo, tanto da essere diventato negli ultimi giorni candidato-ombra a tutto in quanto cattolico, piddino e anti-casta, l'ha spiegato con la pazienza e la dovizia del giurista agli storici microfoni di Radio Popolare. Primo punto: «Nell'applicazione dell'attuale legge mi sembra difficile poter dichiarare ineleggibile Berlusconi».

paolo flores arcais

Secondo - non di poco peso per chi aveva fatto del girotondismo la malattia infantile dell'antiberlusconismo, in nome delle leggi ad personam: «Il Parlamento non dovrebbe mai legiferare a favore o contro interessi personali. Abbiamo una lunga storia di leggi ad personam, abbiamo una situazione giudiziaria con elementi anche critici, ma immaginare che il Parlamento e il governo si muovano per favorire o per non favorire soluzioni giudiziarie di una singola persona, mi sembrerebbe una brutta degenerazione». Terzo - elemento di solito noto a chiunque abbia fatto almeno qualche esame introduttivo al diritto (superandolo) - ne bis in idem.

ZANDA LUIGI

«Fino ad ora la legge non è stata ritenuta applicabile nei confronti di Berlusconi, visto che non è più il rappresentante legale dell'azienda di cui è proprietario». Il precedente, in un ordinamento giuridico, ha un suo peso. Dulcis in fundo: cambiare si può, perché no? «Si può pensare a una norma, in futuro, che prenda in considerazione le posizioni dominanti sul mercato della comunicazione. Ma questo, sarà per il futuro».

Beppe Grillo

Onida dixit. Ovvero, tanto per rendere onore all'onestà, un giurista che arrivò terzo alle primarie comunali milanesi del Pd nel 2010, che tutti indicano nome assai gradito ai ragazzi grillini (ma sapranno chi sia, questo Carneade del diritto che non mastica web, anche se ha un blog, e da cattolico non risulta abbia mai pronunciato neppure un timido «vaffa»). Addirittura, nella maionnaise impazzita giornalistico-politica degli ultimi giorni, era diventato su alcuni quotidiani e siti online il presidente del Consiglio in pectore. «Esercizio di fantasia, farneticazioni», ci ha scherzato lui in radio. Dilettanti allo sbaraglio. Anzi, allo sbadiglio.

BERSANI luigi

 

MENNEA, CAMERA ARDENTE CON POLEMICA

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Foto Mezzelani - GMT

malago giomi gallo foto mezzelani gmt

1 - MENNEA: IL SALUTO DELLA GENTE, 'ORA CORRERAI LASSU''
(ANSA) - "Ci ha regalato un sogno, era doveroso venirlo a salutare". In coda per rendere omaggio alla camera ardente di Pietro Mennea non ci sono solo i campioni: tanta gente comune, qualcuno con i fiori in mano, altri che lasciano un pensiero per l'olimpionico scomparso ieri. Molti i tifosi di Pietro che hanno voluto portare la loro testimonianza d'affetto: "E' stato giusto portarlo qui - commenta un anziano riferendosi al salone d'onore del Coni che ha aperto le sue porte per salutare il campione della velocità - una scelta significativa. Certo, Mennea era la velocità e stare qui fermo.... Correrà lassù". Tra le dediche molti i "grazie" per il "riscatto della gente del sud".

letta vittori foto mezzelani gmt

2 - MENNEA: APERTA CAMERA ARDENTE AL SALONE D'ONORE DEL CONI
(ANSA) - E' giunta nella sede del Coni la salma di Pietro Mennea, fuoriclasse azzurro della velocità, scomparso ieri a 60 anni. Il feretro sarà esposto nella camera ardente allestita nel Salone d'Onore del Coni, circondato dai cuscini di fiori della presidenza della Repubblica, del presidente del Consiglio, del Comitato Olimpico Italiano, della Federatletica e del sindaco di Roma.Il primo a rendergli omaggio é stato il presidente del Coni, Giovanni Malagò, che ha abbracciato la moglie di Mennea, Manuela, e salutato i familiari.

letta vedova mennea tilli foto mezzelani gmt

Un grande e commosso applauso ha accolto la salma di Mennea al palazzo del Coni. Particolarmente commosso Franco Carraro, membro del Cio, che non è riuscito a trattenere le lacrime abbracciando la moglie del campione olimpico. La salma di Mennea è giunta nel palazzo H del Coni con circa un'ora di ritardo rispetto all'orario previsto per l'apertura della camera ardente. Ad attenderla, oltre al presidente del Coni, Giovanni Malagò, il numero uno della Fidal, Alfio Giomi, i presidenti federali Gianfranco Ravà (cronometristi) e Francesco Purromuto (pallamano) e l'altro membro del Cio Mario Pescante. Presenti anche l'ex campione mondiale di calcio, Dino Zoff, l'ex oro olimpico del pugilato, Nino Benvenuti, e l'ex calciatore, Francesco Rocca.

letta foto mezzelani gmt

3 - MENNEA: MALAGO', CAMERA ARDENTE AL CONI E' SCELTA POLITICA - PRESIDENTE PUNGE: IN 100 ANNI NESSUN ATLETA MERITAVA TALE ONORE?
(ANSA) - "Il prossimo anno il Coni compie 100 anni e il Salone d'Onore del Coni non era mai stato dato per la camera ardente di un atleta. In 100 anni non c'é stato un atleta che ha meritato questo onore? Questo fa riflettere".

il presidente malago saluta il campione foto mezzelani gmt

Così il presidente del Comitato Olimpico, Giovanni Malagò, ha commentato la sua scelta di ospitare la commemorazione di Pietro Mennea nel Salone d'Onore del Coni. L'occasione l'ha offerta il convegno 'Sport Modello di Vita' spostato nel Palazzo delle Federazioni proprio per lasciare spazio alla camera ardente del campione olimpico scomparso. "Questo convegno si sarebbe dovuto svolgere nel Salone d'Onore - ha detto Malagò -. Il Coni esiste se ci sono gli atleti e lo sport. Il motore di tutto è chi fa attività di base e di vertice. La mia non è una critica ma una precisa scelta di politica sportiva".

feretro mennea foto mezzelani gmt

"Mennea era un personaggio contro? No, era un personaggio a favore - ha aggiunto Malagò -. Non era un'eccezione. Forse era un po' integralista, eccessivo e meno elastico ma solo perché fa parte di una categoria di grandi che se non avesse avuto questa rigidità probabilmente non avrebbe mai ottenuto quei risultati. Pietro sarebbe stato molto contento di partecipare a un convegno come questo in cui si parla di sport come modello di vita perché incarnava al 100 per cento la sua filosofia di vita", ha concluso il presidente.

4 - MENNEA: BLATTER 'AMAVA CALCIO PULITO, ERA UNO DI NOI'
(ANSA) - "Pietro Mennea era tifoso del calcio pulito e quindi pur essendo stato un campione dell'atletica leggera, è sempre stato uno di noi. Il mondo del calcio si stringe allo sport italiano in questo momento così triste". Lo scrive il presidente della Fifa, Joseph Blatter, in un messaggio di cordoglio indirizzato ai familiari di Pietro Mennea, il campione della velocità scomparso ieri a 60 anni.

feretro mennea foto mezzelani gmt

"E' con grande dolore che ho ricevuto la notizia della morte di Pietro Mennea, leggenda dello sport italiano che ho avuto l'onore di conoscere personalmente. La sua morte mi rattrista personalmente - scrive Blatter -. E' una grandissima perdita. Il mondo dello sport deve onorare la memoria di Pietro Mennea, come atleta eccezionale". Il massimo rappresentante del calcio mondiale ricorda poi i pregi dell'ex campione azzurro dell'atletica. "Pietro - le sue parole - ha sempre creduto nei valori dello sport a livello sociale nazionale e internazionale. Era un vero campione. Tutti ne ricordano il suo profondo spirito di abnegazione e di sacrificio".

folla camera ardente foto mezzelani gmt

Blatter riporta anche il proprio pensiero personale sulla 'Freccia del Sud': "Ho sempre ammirato Pietro come atleta. Le sue straordinarie vittorie sono ancora vive nella mente e nel cuore di ogni sportivo. Mi ha reso molto felice di sapere che amava tanto il calcio. Pietro Mennea era tifoso del calcio pulito e quindi pur essendo stato un campione dell'atletica leggera , è sempre stato uno di noi. Il mondo del calcio si stringe allo sport italiano in questo momento così triste". Nel messaggio, il numero uno della Fifa torna a rivolgersi poi direttamente ai familiari di Mennea. "Alla famiglia rivolgo, a nome mio e del mondo del calcio, le condoglianze più sincere", conclude la nota.

frasca giomi foto mezzelani gmt

5 - MENNEA: VALENTINO ROSSI 'UN CAMPIONE VERO,VIA TROPPO PRESTO'
(ANSA) - "Mennea è stato uno di quegli sportivi italiani che ha fatto qualcosa in più. Il suo record, 19.72, è rimasto lì per 17 anni, tutti sanno che quello è il suo record, anche io che non sono appassionato lo sapevo. E' un peccato che sia andato via così a 60 anni, è troppo presto". Valentino Rossi ha voluto ricordare da Jerez, dove domani comincia l'ultima tornata di test prima del via del motomondiale, l'olimpionico scomparso. "C'é qualcuno che ha fatto di più la differenza, quelli come Mennea, Tomba, Del Piero, Totti e poi ci sono anche io e Giacomo Agostini sono tra quelli che hanno fatto qualcosa".

6 - MENNEA: PRES.CORTE COSTITUZIONALE, UN ESEMPIO PER GIOVANI
(ANSA) - "In questo momento lui è per i giovani un punto di riferimento importante. Per come ha vissuto e inteso fare atletica, nel senso del dilettantismo più puro, in questo momento dovrebbe essere indicato come esempio". Con queste parole il presidente della Corte Costituzionale, Franco Gallo, ricorda Pietro Mennea, il fuoriclasse azzurro della velocità scomparso ieri a 60 anni.

La quarta carica dello Stato si è recata personalmente a rendere omaggio alla camera ardente allestita al Coni, e si è intrattenuto con i familiari di Mennea, assieme al presidente del Comitato Olimpico, Giovanni Malagò e a quello della Federatletica Alfio Giomi. "Sono stato un atleta da ragazzo - ha detto Gallo, che poggiato le mani sulla bara del campione -. Mennea lo conoscevo quando ha fatto l'avvocato, si è laureato e ha iniziato a svolgere la professione. Ci frequentavamo e lo consigliavo.

Il mio rapporto con Mennea era un rapporto di uno che non era certo un grande atleta e che però ammirava questo grosso personaggio". "Era un uomo che aveva il senso dell'autenticità, della correttezza e dell'eticità che forse gli atleti di oggi non hanno allo stesso modo", ha concluso il presidente.

 

feretro mennea foto mezzelani gmt

ARCIVESCOVO DI CANTERBURY IN SALSA AFRICANA - IERI SI È INSEDIATO IL NUOVO ARCIVESCOVO DI CANTERBURY

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DAGOREPORT

Dal "Daily Mail"
http://bit.ly/10pu1tH

IL PRINCIPE CARLO E CAMILLA PARKER BOWLES ALLA CERIMONIA DI INSEDIAMENTO DEL NUOVO ARCIVESCOVO DI CANTERBURY JUSTIN WELBY

Dopo un papa, se ne fa un altro. E così se pochi giorni fa si è insediato papa Francesco, ieri è toccato al suo alter ego anglicano, l'arcivescovo di Canterbury Justin Welby.

EDWARD MILIBAND ALLA CERIMONIA DI INSEDIAMENTO DEL NUOVO ARCIVESCOVO DI CANTERBURY JUSTIN WELBY

Solo che se il pontificato di Bergoglio è incominciato all'insegna della sobrietà, lo stesso non si può dire della cerimonia che ha accolto Welby nella cattedrale di Canterbury.
Alla presenza delle autorità inglesi, fra cui David Cameron, il leader (ateo) dei laburisti Edward Miliband, il principe Carlo e la duchessa di Cornovaglia Camilla Parker Bowles, si è anche esibito un gruppo di ballerini africani, con tanto di tamburi e costumi locali.

CERIMONIA DI INSEDIAMENTO DEL NUOVO ARCIVESCOVO DI CANTERBURY JUSTIN WELBY

Mentre fra le signore imbellettate e il clero schierato i ballerini si scatenavano al ritmo di musiche tribali, Camilla non è riuscita a trattenere le risate, e cercava goffamente di nascondersi sotto il suo cappellino viola, con scarsi risultati.

È stato lo stesso Welby a volere quell'esibizione. Il nuovo arcivescovo di Canterbury pare voglia affrontare i temi più spinosi della Chiesa, in primis quello relativo alle donne e agli omosessuali. E se da una parte ha dato un segno molto importante permettendo per la prima volta a una donna, Sheila Watson, di officiare il suo insediamento, dall'altra ha comunque ribadito la sua contrarietà ai matrimoni gay. Ma in passato Welby si è dimostrato molto tollerante con la comunità omosessuale.

Su di lui, come su papa Francesco, i fedeli ripongono molte speranze.

CERIMONIA DI INSEDIAMENTO DEL NUOVO ARCIVESCOVO DI CANTERBURY JUSTIN WELBY

 

CANNES CHE VERRA’ TRA DI CAPRIO E SORRENTINO

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VIDEO - IL TRAILER DEL FILM DI SOFIA COPPOLA "THE BLING RING"

 

VIDEO - IL TRAILER DEL FILM DI BAZ LUHRMANN CON DI CAPRIO - "IL GRANDE GATSBY"

TONI SERVILLO NEL FILM DI SORRENTINO "LA GRANDE BELLEZZA" FOTO GIANNI FIORITO

 

Marco Giusti per Dagospia

Di sicuro, per adesso, c'è solo il manifesto con Paul Newman e Joanne Woodward che si baciano in un bel bianco e nero d'epoca. Oltre a Steven Spielberg presidente di giuria e il già dichiarato film d'apertura, "The Great Gatsby" di Baz Luhrmann con Leonardo Di Caprio, Tobey McGuire, Carey Mulligan e la musica di Jay-Z.

gatsby dicaprio x

Però già vengono dati come sicuri o quasi una serie di titoli che non dovrebbero mancare in questa edizione del Festival di Cannes 2013, che si svolgerà tra il 14 e il 26 maggio prossimi. Il problema è che, quest'anno, il direttore, Thierry Frémaux, si è venuto a trovare tra le mani qualcosa come 40-50 titoli davvero forti, che alla fine dovrà dividere con Venezia e Toronto.

DIANA NAOMI WATTS DI HIRSCHBIEGEL

La causa, sembra, sia nella velocità con cui il nuovo cinema girato e montato in gran parte in digitale viene realizzato. Questo ha formato una specie di intoppo, troppi film da selezionare e troppi film buoni, anche se molti, proprio per i tempi del digitale e degli effetti speciali, è probabile che non siano davvero pronti per maggio.

Ma questo non lo si saprà fino all'ultimo. Come un misterioso ultimo film di Jean-Luc Godard in 3D dal titolo profetico "Adieu au langage". Altro che Beppe Grillo e i suoi vaffa-day. Va detto, però, che in tutti gli elenchi dei film pronti e possibili figura un solo titolo italiano, "La grande bellezza" di Paolo Sorrentino con Toni Servillo, Carlo Verdone e Sabrina Ferilli.

chiara mastroianni vincent lindon les salauds claire denis

Potrebbero anche esserci il film di Daniele Luchetti, "Storia mitologica della mia famiglia", o l'opera prima di Emma Dante, "Via Castellana Bandiera" con Alba Rohrwacher, ma non figurano in nessun articolo della stampa straniera. Tra i più citati, invece, una bella serie di registi famosi e molto legati a Cannes con film difficilmente non destinati al concorso maggiore. Come Sofia Coppola e il suo "The Bling Ring" con Emma Watson, storia di teenager infoiatissime delle star che, complici Twitter e social network, vanno per Los Angeles a colpo sicuro a ripulire gli armadi di Paris Hilton e Lindsay Lohan. Il trailer è davvero notevole.

verdone coi baffi nel film di sorrentino

O i fratelli Cohen, con l'interessantissimo "Inside Llewyn Davis", sorta di ritratto romanzato del folk singer Dave Van Ronk nel Village degli anni '60, tra discografici sòla e geni alla Bob Dylan, con protagonisti Oscar Isaac, Carey Mulligan e il grosso John Goodman. O Steven Soderbergh, con il film televisivo per la HBO "Behind the Candelabra", biopic del pianista ultragaio Liberace con Michael Douglas come Liberace e Matt Damon in quelli del suo amante Scott Thorson (ma ci sono anche Dan Aykroyd e Debbie Reynolds!).

Twelve Years a Slave di mcqueen sorrentino sul set di La grande bellezza

O Steve McQueen, che dopo "Hunger" e "Shame" ritrova Michael Fassbender per il suo film sulla schiavitù, "Twelve Years a Slave", che vede tra i protagonisti anche Brad Pitt, Chiwetel Ejiofor e Quvenzhané Wallis, la bambina prodigio di "Re dela terra selvaggia". Ci sarebbe anche Woody Allen con il film del suo ritorno in patria (era ora, va, se la riprendano un po' loro...), "Blue Jasmine", tutto ambientato a San Francisco, con Cate Blanchett, Alec Baldwin, Sally Hawkins, sulla crisi di una casalinga di mezza età.

inside llewyn davis dei cohen jpeg

Terrence Malick minaccia di presentare a Cannes un altro dei suoi confusi capolavori per la gioia di Cruzio Maltese, "Knight of Cups" con Christian Bale protagonista e la partecipazione di Ryan Gosling, Natalie Portman e Antonio Banderas, ma c'è il mistero più fitto sulla lavorazione e sulla storia. Pronto invece Roman Polanski con la sua commedia sadomaso "Venus in Furs", tratta dalla recente piece di David Ives, interpretata dalla moglie, Emmanuelle Seigneur, e da Mathieu Amalric.

E' una specie di commedia a due anche il nuovo film di Arnaud Desplechin, "Jimmy Picard", ancora con Mathieu Amalric come psicanalista e Benicio Del Toro come indiano piede nero che torna malconcio dalla Seconda Guerra Mondiale. I francesi puntano parecchio sul nuovo film di Jean-Pierre Jeunet, il regista di "Amélie", "The Young and Prodigious Pivet", tratto da un romanzo fantasy di Reif Larson, una stravaganza in 3D con Kyle Catlett, Helena Bonham Carter e Judy Davis.

kate blanchett sul set di blue jasmine di woody allen jpeg

Vengono dati come sicuri in concorso "Les salauds" di Claire Denis, storia di una vedova con figlioletto, Chiara Mastroianni, che si deve vendicare dell'uomo d'affari che l'ha ridotta sul lastrico, e "Abus de faiblesse" di Catherine Breillat, dove Isabelle Huppert si confronta con un ragazzaccio, il rapper Kool Shen, che l'ha rapinata.

Spingono parecchio "Blood Ties", primo film girato in America di Guillaume Canet con James Caan, Marion Cotillard e Billy Crudup, storia di due fratelli, uno gangster e l'altro avvocato nella Brooklyn anni '70, per non parlare di "Le bleu est une couleur chaude" di Abdellatif Kechiche, il regista di "Cous Cous", con la bellissima Léa Seydoux o di "Le passé", primo film francese dell'iraniano Ashgar Farhadi, il regista di "Una separazione" con Bérenice Bejo protagonista.

marion cotillard blood ties set with guillaume canet

E vorrebbero, almeno fuori concorso, l'opera di un vecchio maestro, Bertrand Tavernier, "Quai d'Orsay" con Thierry Lhermitte. Frameaux vorrà sicuramente anche "Low Life" di James Gray, un altro ritratto dell'America minore del regista di "Two Lovers", con Joaquin Phoenix e Marion Cotillard in versione profuga polacca dfalla vita dolorosa pronta alla lacrima.

Più che possibile che o "Diana" di Oliver Hirschbiegel, non scordato regista di "La vita degli altri", con Naomi Watts o "Grace" di Olivier Dahan con Nicole Kidman siano presentati a Cannes, anche se Harvey Weinstein ha prenotato per "Grace" un'uscita natalizia che farebbe scivolare "Grace" su Toronto o Venezia. Meglio a Cannes. Molto atteso anche il nuovo film di Nicholas Winding Refn con la sua star Ryan Gosling, "Only God Forgive", con l'eroe ultracool di "Drive" che si scatena con chi gli ha ucciso il fratello in quel Bangkok. Violentissimo.

matt damon behind the candelabra di soderbergh

Speriamo non abbia dimentico lo stecchino. Sul sito "Indiewire" è segnalato come imperdibile per Cannes il nuovo film di Lee Daniels, il regista nero di "Paper Boy" e "Precious", cioè "The Butler", gran ritorno al cinema della diva della tv Oprah Winfrey nei panni di una domestica che accudisce ben otto presidenti americani e relative first ladies, tutti interpretati da star, Robin Williams è Eisenhauer, John Cusack è Nixon, James Mardsen è Kennedy, Liev Schrieber è Johnson, Alan Rickman è Reagan. Possibile che non sia però pronto, come il fantascientifico in 3D da 80 milioni di dollari "Gravity", diretto del messicano Alfonso Cuaron con Sandra Bullock e George Clooney protagonisti che fanno i sopravvissuti su un'astronave.

E' tratto da un maestro della fantascienza, Stanislav Lem, anche "The Congress" dell'israeliano Ari Forman, il regista dell'innovativo cartone animato "Valzer con Bashir". Anche qui la complicazione degli effetti potrebbe spingere il film verso le date veneziane.

Michael Douglas in Behind the Candelabra di soderbergh jpeg

Tra gli altri film che potrebbero essere pronti e scelti si va dai vampiri snob di Jim Jarmusch, "Only Lovers Left Alive", con Tilda Swinton, Mia Wasikowska e John Hurt, alla nuova opera di Michel Gondry, "Mood Indigo", tratto da "L'ecume des jours" di Boris Vian che già ebbe una versione cinematografica, a una spy story tratta da John Le Carré: ma c'è anche "A Most Wanted Man", diretto da Anton Corbijn ("Control") con Philip Seymour Hoffman e Roachel McAdams protagonisti.

Niente male neanche "Nebraska", road movie in bianco e nero di Alexander Payne ("About Schmidt", "The Descendants") con una padre e un figlio, Bruce Dern e Will Forte, in viaggio dal Montana al Nebraska.Tra gli orientali, sono pronti i nuovi film di Jonnie To, "Blind Detective", Eric Khoo, "The Charming Rose", storia di una spogliarellista nella Singapore degli anni'50, Kiyoshi Kurosawa, "A Perfect Day for a Plesiosaur".

ONLY GOD FORGIVES DI WINDING REFN CON RYAN GOSLING jpeg

Il coreano Bong Joon Ho, il regista di "The Host", ha pronto il suo primo film occidentale, il postatomico "Snow Piercer", tratto da una celebre graphic novel, con Chris Evans, Jamie Bell e la molto gettonata Tilda Swinton. Non si sa a che punto siano le lavorazioni, invece, di "Malavita" di Luc Besson o di "The Zero Theorem", il film che Terry Gilliam ha tratto dalla sceneggiatura di un professore universitario, fantasy misteriosa sull'origine del mondo (sempre esagerato), con un megacast che va da Christoph Waltz a, ancora una volta, Tilda Swinton.

Il dramma di Thierry Frémaux, insomma, ammesso che sia un dramma, è proprio nell'aver troppi film, soprattutto troppi film di abbonati di Cannes, da dover scegliere. Non potendo scontentare i poteri forti del cinema francese e neppure Hollywood, che non ha film di major, ammesso che non si recuperino fuori concorso "Monster University" di Dan Scanlon o "Man of Steel" di Zack W Snyder. Meglio così. Certo, per il nostro cinema, a parte il kolossal post-cafonal "La grande bellezza" c'è proprio pochino. Un vuoto abbastanza desolante.

Only Lovers Left Alive di Jim Jarmush THE BUTLER FILM DI LEE DANIELS CON OPRAH WINFREY jpegNICOLE KIDMAN SUL SET

 


AHI! TECH - BOMBA-CARTA: 50 SFUMATURE DI KINDLE: IL CONFRONTO FRA IL KINDLE BASIC E IL PAPERWHITE

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A cura di Andrea Andrei per Dagospia
(Twitter: @andreaandrei_ )

Del fenomeno degli e-book si potrebbe parlare all'infinito. Si può essere favorevoli o contrari, spiegare il perché della propria presa di posizione e in questo modo esprimere il proprio concetto di "libro" o di "cultura" più in generale. Si potrebbe fare, insomma, lo stesso discorso che fu fatto anni fa per la musica quando uscirono i primi lettori Mp3.

KINDLE 4 VS KINDLE PAPERWHITE

Che un lettore di e-book non sia la stessa cosa di un libro cartaceo, è evidente. Qualcuno, oltre al rapporto tattile con l'oggetto-libro, lamenta delle sottili tavolette elettroniche il fatto che non abbiano lo stesso odore della carta che viene sfogliata.
Ciò che però è altrettanto sicuro è che gli e-book reader hanno avuto una diffusione enorme, e che ormai sono talmente ben fatti da rendere l'esperienza di lettura se non uguale perlomeno simile a quella dei cari vecchi volumi cartacei.

Nel vastissimo mercato dei lettori e-book, alcuni si sono imposti sulla concorrenza e hanno raggiunto una maggiore popolarità. Si pensi ad esempio ai Kobo, ai Sony o ai Cybook. Ma forse la linea più famosa di e-book reader, che poi è anche quella che ha in un certo senso aperto la strada al fenomeno dei libri elettronici in Italia, è il Kindle di Amazon.

Il primo lettore Kindle uscì alla fine del 2007. Da allora sono state prodotte varie versioni della tavoletta, che si è distinta da subito per la tecnologia "E-ink", a inchiostro elettronico: niente schermo retroilluminato, quindi niente luce negli occhi, e ottimo contrasto. Insomma, proprio come un libro stampato.

KINDLE PAPERWHITE

Le due versioni più recenti sono il Kindle "basic" (giunto alla quinta generazione) e il Kindle Paperwhite. Soprattutto quest'ultimo è stato accolto con grande entusiasmo, non solo per il touchscreen, l'inchiostro elettronico migliorato e una risoluzione più alta, ma soprattutto per l'auto-illuminazione che permette di leggerlo anche al buio.

Ma esaminiamo con ordine le differenze fra il Kindle basic, il classico lettore Amazon (senza touchscreen), e il Paperwhite 3G, dotato, oltre al wireless, anche della connessione 3G gratuita.

DIMENSIONI E ASPETTO
Sebbene lo schermo sia di identica dimensione, e cioè di 6 pollici, il Paperwhite è leggermente più grande e più spesso, ma è questione davvero di pochi millimetri. La vera differenza è nel peso: 170 grammi il Kindle, 213 grammi il Paperwhite, che diventano ben 222 nel caso della versione con il 3G integrato. Questo è forse lo svantaggio più evidente del Paperwhite. Pesa solo pochi grammi di più, eppure è una differenza che si fa sentire parecchio: mentre il Kindle classico si può tenere con sole tre dita anche per un periodo di tempo prolungato senza affaticarsi, la stessa cosa non è possibile per il Paperwhite.

L'aspetto esteriore è gradevole in entrambi i casi: il Kindle basic ha nella cornice cinque tasti nella parte inferiore e due tasti per ogni lato per avanzare o sfogliare all'indietro le pagine. Sempre nella parte inferiore, in entrambii dispositivi sono posizionati il tasto d'accensione/stand-by e la presa micro-usb per la ricarica.

KINDLE PAPERWHITE

MENU E NAVIGAZIONE
Il menu principale del Paperwhite appare meglio organizzato del Kindle basic: nel primo compaiono le copertine dei libri, mentre nel secondo i titoli dei volumi sono ordinati in un elenco testuale. Navigare nel menu del Paperwhite, grazie al touchscreen, è ovviamente più agevole rispetto a quanto accade del Kindle basic, dove per muoversi fra le varie opzioni c'è un tasto direzionale non comodissimo da usare. La navigazione è in questo caso anche meno intuitiva rispetto al Paperwhite, e bisogna decisamente prenderci un po' la mano e imparare dei passaggi fondamentali, il che può essere abbastanza fastidioso, soprattutto per chi non si trova particolarmente a suo agio con la tecnologia.

Per connettersi alla rete e accedere allo store di Amazon, dal quale è possibile acquistare e scaricare e-book con pochissimi clic, il Kindle basic ha il wi-fi, mentre il Paperwhite 3G ha a disposizione anche una connessione telefonica gratuita, dal funzionamento immediato ed efficiente. Insomma, se dovesse venirvi una voglia irrefrenabile di acquistare un libro quando non siete in prossimità di un wi-fi point, in questo modo potrete farlo. Senza contare che entrambi i dispositivi sono dotati di un browser sperimentale, ovviamente in bianco e nero, che vi permette di collegarvi ai siti internet. Non è comodissimo (soprattutto in assenza del touchscreen) ma in situazioni ""d'emergenza" può rivelarsi utile.

Chiaramente si possono fare acquisti su Amazon anche da un pc o da un qualsiasi altro dispositivo, basterà sincronizzare il lettore e la lista degli acquisti sarà immediatamente scaricata. La memoria interna, in tutti e due i casi, è di 2 GB, solo che il Kindle basic può contenere fino a 1400 libri, mentre il Paperwhite un massimo di 1100. In ogni caso, comunque, parliamo di numeri molto abbondanti.

LA LETTURA
Ma veniamo alla lettura vera e propria. C'è da dire da subito che in entrambi i casi leggere un libro su Kindle è un'esperienza piacevole, che spesso non fa sentire nemmeno troppo la mancanza delle pagine di carta. Su Kindle basic bisogna necessariamente avere una fonte d'illuminazione esterna, proprio come per i libri tradizionali. L'unica differenza con la carta è che lo schermo del dispositivo può creare dei riflessi fastidiosi.

Il Paperwhite ha invece un sistema di illuminazione integrata pensato per non affaticare la vista dei lettori. In pratica la luce non colpisce direttamente gli occhi ma attraversa orizzontalmente la superficie del dispositivo. In realtà però è comunque consigliabile leggere in una stanza non completamente buia, perché alla lunga anche il Paperwhite può comunque affaticare lo sguardo. Il livello di illuminazione è regolabile per permettere di trovare la giusta intensità di luce per ogni situazione. In questo modo anche il problema del riflesso viene notevolmente ridotto.

KINDLE 4

La batteria ha una durata parecchio lunga, a patto però che i dispositivi non siano connessi alla rete. Sia il Kindle basic che il Paperwhite possono essere messi in stand-by semplicemente premendo brevemente il pulsante di accensione. Compariranno così diversi screensaver, uno più bello dell'altro.

Su entrambi i Kindle è possibile visualizzare molti tipi di file, dal .pdf al .doc passando per .jpeg e .txt. Ma solo il formato nativo del Kindle .azw, permette in realtà una fruizione davvero godibile, potendo in quel caso anche regolare la grandezza del carattere e lo spazio fra le righe (nel Paperwhite, anche i margini sono modificabili).

PREZZO E CONCLUSIONI
Il vero nodo cruciale, dove la sfida si consuma, è il prezzo. La differenza fra i due dispositivi è notevole: 79 euro per il Kindle basic, 129 euro per il Paperwhite, 189 euro per la versione con il 3G integrato.

Ebbene la domanda che a questo punto si pone è: vale la pena spendere tanto di più? Come al solito non esiste una risposta univoca. Il Paperwhite è un dispositivo decisamente superiore e molto più versatile (caratteristiche che però si ripagano con un peso un po' eccessivo).

Ma se si usa l'e-reader soprattutto in casa o comunque in ambienti nei quali non è un problema trovare delle buone fonti d'illuminazione, anche il Kindle basic (o, se proprio non si sopportano i pulsanti, il Kindle Touch) va più che bene. E il consiglio spassionato è di spendere i soldi della differenza nel fornitissimo catalogo Amazon, piuttosto che in una tecnologia che, per quanto bella, potrebbe alla fine rivelarsi poco utile.

 

BANKITALIA CEDE LA QUOTA GENERALI A CDP Il Fondo Strategico sgancerà 883 mln € - Milano +0,7%, spread in calo (313)

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1 - CIPRO: NICOSIA VALUTA TASSA 15% SU DEPOSITI OLTRE 100MILA EURO (TV)
Radiocor - 'Il piano B' che i leader ciprioti stanno tentando di mettere a punto per ottenere il piano di salvataggio europeo prevede una tass a del 15% sui depositi bancari superiori a 100mila euro. Lo ha annunciato la televisione pubblica di Cipro. Martedi' il Parlamento aveva respinto un primo piano che prevedeva un'imposta fino al 9,9% su tutti i depositi, ma con il fallimento di tutte le ipotesi alternative, il principio della tassa sui conti correnti e' tornato all'ordine del giorno.

protesta a cipro contro merkel jpeg

2 - CIPRO: SCHAEUBLE, GIUSTO COINVOLGERE MOSCA
(ANSA) - Per il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, è "assolutamente giusto" che la Russia venga coinvolta negli sforzi per evitare la bancarotta di Cipro. Il ministro dell'esecutivo della cancelliera Angela Merkel non ha "alcun rilievo critico da fare" in proposito, ha detto a Berlino.

3 - CIPRO:MEDVEDEV,PORTE APERTE MA DOPO ACCORDO UE-NICOSIA
(ANSA) - Mosca "non ha chiuso le porte per discutere i problemi finanziari di Cipro" ma deciderà "solo dopo che la Ue e Nicosia avranno concordato una soluzione". Lo ha detto il premier russo Dmitri Medvedev nella conferenza finale congiunta con il presidente della Commissione europea Jose Manuel Barroso.

MEDVEDEV A CIPRO

"Non abbiamo chiuso le porte", ha spiegato il capo del governo russo. "Siamo pronti a discutere di differenti forme di sostegno una volta che sarà elaborato uno schema definitivo da parte della Ue e di Cipro in quanto Paesi membri" dell'Unione europea, ha osservato Medvedev, assicurando che Mosca continuerà i contatti con Nicosia e Bruxelles. "Continueremo a lavorare ad una soluzione accettabile per tutti gli Stati membri", ha garantito dal canto suo il presidente della Commissione Ue Barroso.

4 - BANKITALIA: CEDUTA QUOTA GENERALI A FONDO CDP
(ANSA) - La Banca d'Italia ha ceduto, come previsto nell'accordo di dicembre, la partecipazione del 4,5% di Generali al Fondo Strategico Italiano controllato dalla Cdp. E' quanto si legge in una nota secondo cui l'istituto centrale ha sottoscritto l'aumento di capitale da 3,3 miliardi in natura di Fsi riservato al conferimento delle azioni Generali.

wolfgang schaeuble e angela merkel

Secondo quanto previsto dall'accordo con Banca d'Italia e come già reso noto al mercato entro il 31 dicembre 2015 Fsi cederà a terzi, a condizioni di mercato, la partecipazione in Generali. Saranno retrocesse a Banca d'Italia, sotto forma di dividendi delle azioni privilegiate, le eventuali plusvalenze calcolate come differenza tra il valore dell'azione a fine 2012 (ultimi 5 giorni di negoziazione) e il valore di conferimento. Completata la vendita della partecipazione in Generali, Fsi procederà altresì al rimborso a Banca d'Italia delle sole azioni privilegiate.

Banca d'Italia resterà azionista stabile di minoranza di Fsi per la quota rappresentata dalle azioni ordinarie. Nella gestione della partecipazione in Generali, Fsi continuerà ad attenersi ai criteri finora seguiti da Banca d'Italia. In particolare, ai fini dell'elezione degli organi sociali, il voto sarà di norma espresso a favore della lista di minoranza presentata da qualificati gruppi di investitori istituzionali, con l'obiettivo di favorire l'attività di controllo che gli stessi possono esercitare.

Ignazio Visco

5 - BANKITALIA: QUOTA 4,5% GENERALI VALUTATA 883 MLN
(ANSA) - La quota pari al 4,5% di Generali conferita al Fondo Strategico Italiano della Cdp, seguendo l'accordo dello scorso dicembre, è stata valutata 883 milioni di euro a un prezzo di 12,6654 euro per azione. E' quanto si legge nel comunicato che spiega i dettagli dell'operazione. Il valore è stato determinato sulla base del prezzo medio ponderato espresso dalle negoziazioni di borsa delle azioni Generali nei sei mesi precedenti alla data di chiusura convenzionale dell'operazione. Oggi in Borsa il titolo ha chiuso in rialzo del 3,46% a 13,14 euro.

6 - BORSA: MILANO CHIUDE IN RIALZO (+0,7%) NONOSTANTE INCERTEZZE SU CIPRO
Radiocor - Milano, 22 mar - L'incertezza su una soluzione per la crisi di Cipro ha pesato oggi sulle Borse europee, che dopo una mattinata incerta avevano pres o la via del rialzo dopo la notizia che le banche greche hanno avviato l'acquisto delle filiali delle banche cipriote nel Paese, ma hanno nuovamente ripiegato sul finale.

A Milano, mentre si attendono novita' sul fronte politico dopo che il Presidente della Repubblica ha convocato al Quirinale il segretario del Pd Pierluigi Bersani, gli indici nel pomeriggio sono arrivati a salire dell'1% chiudendo la seduta con la performance migliore in Europa: il Ftse Mib ha superato i 16mila punti e chiude in rialzo dello 0,69% a 16.045 punti, mentre il Ftse All Share ha guadagnato lo 0,64%. Segni contrastati nel resto d'Europa con Parigi a -0,12%, Londra a +0,25% e Francoforte a -0,27%.

Bassanini

A Piazza Affari tengono banco le societa' che hanno presentato solidi risultati per il 2012, a partire da Ferragamo (+4,52%) maglia rosa del listino principale. Balzo del 4,19% per Buzzi Unicem, in linea con gli altri titoli del settore e sui massimi dal 2009. Su del 3,46% Generali dopo la conferma del rating da parte d i Moody's. Deboli alcuni bancari che avevano corso molto nelle ultime sedute come Bper (-2,91%), Ubi Banca (-2,67%) e Banco Popolare (-2,8%). Sul mercato valutario, euro in lieve rafforzamento contro il dollaro sulla soglia di 1,30 a 1,2996 dollari (da 1,2921 ieri), e poco mosso sullo yen a 122,80 (122,92 ieri), mentre il dollaro/yen e' a 94,512 (95,13). In rialzo, infine, il prezzo del petrolio: il future maggio sul wti guadagna lo 0,63% a 93,61 dollari al barile.

7 - SPREAD BTP CHIUDE STABILE A 313 PUNTI BASE
(ANSA) - Lo spread tra il Btp e il Bund tedesco chiude la settimana a 313 punti base, sostanzialmente stabile rispetto a ieri dopo il conferimento dell'incarico di governo a Pierluigi Bersani. Il tasso sul titolo del Tesoro si attesta al 4,51%.

GEORGE OSBORNE

8 - GB: FITCH PONE RATING AAA SOTTO LENTE CON IMPLICAZIONI NEGATIVE
Radiocor - Fitch pone sotto osservazione con implicazioni negative il rating tripla A della Gran Bretagna. E' quanto annuncia l'agenzia indicando ' un aumento delle probabilita' di un downgrade nel breve termine'. L'eventuale taglio sul rating dovrebbe arrivare entro fine aprile. La mossa di Fitch, che arriva a poco distanza dal taglio di rating di Moody's, riflette le ultime previsioni economiche e fiscali sull'Inghilterra fornite dal governo nei giorni scorsi.

9 - BANCO POPOLARE: S&P TAGLIA RATING A BB+, OUTLOOK NEGATIVO
Radiocor - L'agenzia di rating Standard&Poor's ha tagliato il rating sul Banco Popolare a BB+/B da BBB-/A-3 con outlook negativo. S&P's ritiene che la ba nca sia piu' vulnerabile a causa delle perdite superiori alle attese sui crediti in sofferenza, per i quali ha un livello moderato di riserve di copertura, e del difficile contesto economico italiano in generale. S&P afferma che l'outlook negativo riflette la possibilita' di ulteriori declassamenti nel caso di un ulteriore indebolimento del profilo finanziario, e in particolare della posizione di capitale, nei prossimi 12/18 mesi.

10 - FISCO: IRPEF 2012; IMPOSTA ZERO PER 9,7 MLN ITALIANI
(ANSA) - Gli italiani che pagano l'Irpef sono il 76% del totale e pagano in media 4.820 euro di Irpef a testa. Ma ci sono anche 9,7 milioni di contribuenti italiani, sui 41,3 milioni che presentano la dichiarazione, che "hanno imposta netta uguale a zero". E' quanto rileva il dipartimento delle Finanze dai dati delle dichiarazioni Irpef 2012. "Si tratta - affermano le Finanze - prevalentemente di contribuenti con livelli reddituali compresi nelle soglie di esenzioni o la cui imposta si azzera con le numerose detrazioni riconosciute dal nostro ordinamento".

Evasione Fiscale

11 - ACCIAI SPECIALI TERNI: CORDATA ITALIANA PREPARA OFFERTA, ALTRI 3 IN CORSA
Radiocor - La cordata italo-lussemburghese con Aperam, Marcegaglia e Arvedi sta preparando l'offerta per Acciai Speciali Terni messa in vendita dalla finlandese Outokumpu. In gara potrebbero scendere anche altri tre concorrenti. Sono stati in quattro, infatti, come apprende Radiocor, a visitare gli impianti: due delegazioni espressione di soggetti industriali e due emissari di fondi di investimento. Tra le realta' industriali c'e' il gruppo cinese Tsingshan, basato a Shanghai, oltre alla joint venture tra la lussemburghese Aperam e le italiane Marcegaglia e Ilta Inox (gruppo Arvedi).

MARCEGAGLIA

La cordata studia il dossier anche sotto il profilo dei vincoli che la normativa europea contempla (gli stessi vincoli che hanno costretto il gruppo finlandese a cedere sotto l'impulso dell'Antitrust di Bruxelles). Una volta ricevute le offerte vincolanti, questione di giorni, Outokumpu iniziera' a valutarle.

A quel punto scattera' la convocazione al ministero dello Sviluppo economico per ver tici aziendali, enti locali e sindacati, questi ultimi preoccupati che l'acquirente scelto presenti un piano industriale importante e abbia un profilo internazionale. Nel novembre scorso la Commissione europea aveva autorizzato l'acquisizione di Inoxum, la divisione 'acciaio inossidabile' della tedesca ThyssenKrupp, da parte di Outokumpu. Il via libera e' stato tuttavia subordinato alla cessione dell'impianto di produzione di acciaio inossidabile di Inoxum che si trova a Terni. L'iter di vendita si dovra' concludere entro sei mesi dalla decisione dell'Antitrust europeo, dunque entro il 7 maggio.

Marco Fossati di Findim

12 - TELECOM: FOSSATI, AZIENDA MERITA UNA GESTIONE MIGLIORE
Radiocor - 'Soddisfatti sicuramente non lo siamo, non lo e' nessuno. L'azienda merita di piu', merita una gestione migliore'. Cosi' Marco Fossati, titolare del 4,98% di Telecom attraverso la cassaforte lussemburghese Findim, interpellato sull'andamento di Telecom alla luce dei conti 2012. Certo, sui risultati della societa', ha continuato, 'influisce anche il fatto che Telecom operi in Italia e, quindi, risente anche del momento di crisi che sta vivendo il Paese, pero' meriterebbe di piu''. Fossati, nel passato proprietario della Star, ha confermato che la sua quota in Telecom e' ferma intorno al 5% e, ha aggiunto, 'certamente non intendo svendere. Questi - ha spiegato ancora - non sono i prezzi di Borsa che merita l'azienda'. In merito alla sua visita in Mediobanca in mattinata, Fossati ha detto di non avere parlato di Telecom ma, ha spiegato, 'Sono qui per altri investimenti', ma niente che abbia a che fare, ad esempio, con Rcs: 'Assolutamente no, niente in Italia'.

 

YOUTUBE È BEN PIÙ DI UNA TV O UN “SITO WEB”: È UNA “COMUNITÀ”

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1. TE LA DO IO YOUTUBE!
Glauco Benigni per Dagospia

Sulle pagine del Corriere della Sera di oggi , a firma Aldo Grasso , compare un bel (quasi) paginone su Youtube. Un buon lavoro di divulgazione realizzato con un taglio tipico della stampa mainstream.

GLAUCO BENIGNI jpeg

Un'occasione da non perdere però per contribuire all'informazione su un fenomeno planetario che , al di là, delle strabilianti apparenze da luna park digitale, contiene in sé altri elementi importanti che nell'articolo rimangono in ombra .

Intanto c'è da dire che quel miliardo di cui si parla non è costituito da "utenti attivi" ma più propriamente da "accounter" o membri , cioè singoli individui o istituzioni o società private (o altro) che hanno scelto un giorno di aprire un account, ma che non sempre lo hanno utilizzato in modo attivo.

Una certa percentuale di questi infatti non ha mai caricato alcuna videoclip, altri ne hanno caricata una o due, altri si sono limitati a visionare, mentre solo altri ancora , certamente la maggioranza, si sono cimentati, chi più chi meno e con diversi esiti, nella produzione di filmati o semplicemente nello scambio di filmati o , ancora, nel copia-incolla da fonti diverse spesso con conseguente infrazione alle norme sul copyright .

YOUTUBE

Il fenomeno fra l'altro manifesta al suo interno e al suo esterno una complessità che non è corretto ridurre al paragone con la TV . Youtube può essere considerato, anche , una enorme Tv senza frontiere, ma non è solo questo . Basterebbe riflettere sul fatto - peraltro accennato da Grasso - che Youtube è diventato un archivio di immagini planetario e trarre una prima conseguenza . Un archivio accessibile "anywhere-anytime" ( da dovunque-in ogni momento) non è una TV .

YOUTUBE ONE CHANNEL

Grasso scrive poi definendolo talvolta un "sito web", talvolta "un portale". Non è proprio così. Youtube è una vera e propria "comunità" e in questo differisce dalle altre manifestazioni digitali rinvenibili all'interno della Rete. Una delle sue caratteristiche salienti infatti è che sia ogni membro della Comunità, sia i proprietari della Comunità posseggono i diritti di qualsiasi immagine in movimento sia stata caricata e ne perdono il possesso non appena venga rimossa. Questo ha fatto la differenza .

YOUTUBE PAY PER VIEW

Nel corso di 8 anni ha consentito a ogni membro di poter disporre - potenzialmente - della facoltà di uso e di elaborazione di ogni filmato presente . Questo è il concetto base del "videosharing" , un concetto che in Italia non è stato ancora abbastanza compreso nella sua portata storica . Un ulteriore aspetto che comunque differenzia Youtube da una TV .

YOUTUBE SU PLAYSTATION 3

Credo che Grasso - come del resto chiunque si occupi di tali materie - resti colpito dal fatto che a seguito di accordi, peraltro molto sofferti, con le Majors del Cinema, da qualche tempo e sempre più in futuro, dentro Youtube circoleranno film sia gratis che a pagamento.

E questo diventa un altro pezzo del vasto mosaico: Youtube non è solo una TV ma si candida ad essere anche una Pay TV, un sistema di Video on Demand e tenderà a sostituire gli apparati di homevideo come ha già in gran parte sostituito i sistemi di riproduzione musicale che esistevano nelle case ( per lo meno nelle case dei digital natives, i quali non vanno più al cinema e non comprano più i Cd audio ) .

APP YOUTUBE IPHONE

Un'altra precisazione va fatta . Non bisogna lasciar credere che quel miliardo di "accounters" (membri) sia costituito solo ed esclusivamente da teenagers dediti al puro intrattenimento che hanno trovato lì il loro Eldorado cultural-esistenziale . Le ricerche ci dicono che del totale, una percentuale tra il 70-75% si occupa della vanità del vivere, ma il rimanente 25-30% è costituito da un arcipelago molto variegato di sigle, anche molto autorevoli, tra cui:

ogni Istituzione che si rispetti (dall'ONU alla Santa Sede passando per quasi tutti i Ministeri del mondo e per la Famiglia Reale inglese), più ogni soggetto commerciale internazionale rilevante, più una quantità notevole di media tradizionali che hanno voluto aprire una finestra anche su Youtube (tra questi non si può non citare Russia Today che raggiunge centinai di milioni di viewers al giorno) e ancora Università e singoli ricercatori e scienziati , filmakers e artisti di grande rilevanza, etc...etc. Al dunque si tratta di 250-300 milioni di membri (questi sì) attivi.

STEVE CHEN

Il fenomeno ha inoltre senza dubbio una rilevanza geopolitica. E' vero che la massa di membri , ovvero la Comunità, è paragonabile ad una sorta di nazione , una nazione senza confini che concede un passaporto digitale a patto che si accettino i termini e le condizioni della Comunità .

Una nazione che riconosce quale sua Legge suprema, quasi costitutiva , il Copyright Act del Terzo Millennio voluto da Clinton e Gore. Una Legge di fatto transanazionale che consente il "fair use" ovvero la libera circolazione di filmati all'interno della comunità a patto che nessuno ne tragga profitti .

Una parte di tale Comunità, in questi ultimi anni, è stata anche la protagonista di grandi eventi sociali (in Tunisia, in Egitto, in Siria e altrove); mentre un'altra parte, quella dedita alla promozione dei diritti civili è da sempre protagonista di importanti attacchi ai Governi più reazionari.

CHAD HURLEY

Non possiamo dimenticare che tra l'ex Segretario di Stato, Hilary Clinton e il governo cinese sono volate parole molto grosse a proposito della penetrazione di Youtube in Cina . In questa chiave la Comunità, ancorchè divisa in un mosaico di infinite interpretazioni e "visioni" della realtà, è anche un potente strumento di relazioni internazionali, talvolta anche poco diplomatiche. E così via .... Insomma Youtube è ben più di una TV .

 

2. UN MILIARDO SU YOUTUBE IL SITO CHE VUOLE FARSI TV
Aldo Grasso per il "Corriere della Sera"

La notizia è questa: se YouTube fosse un Paese, il numero dei suoi «abitanti» raggiungerebbe il terzo posto delle nazioni più popolose, dopo Cina e India. YouTube ha infatti superato da poco la fatidica soglia del miliardo di utenti attivi al mese, un risultato davvero ragguardevole. Nel mese di ottobre era toccato a Facebook, a riprova che le comunità virtuali stanno occupando un posto fino a ieri impensabile.

CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIM

YouTube è la nuova tv mondiale? Con YouTube si avvera l'antico sogno di una tv senza frontiere?
Com'è noto, YouTube è il più famoso tra i siti web che permettono la condivisione di file video fra utenti. L'idea è partita da tre giovani dipendenti di PayPal: Chad Hurley (amministratore delegato), Steve Chen (direttore tecnico) e Jawed Karim (consigliere) hanno fondato questa società nel febbraio del 2005. Il primo video si chiama «Me at zoo» e viene caricato due mesi dopo; passa poco più di un anno e YouTube viene rilevato da Google per 1,65 miliardi di dollari.

Da allora, il portale ha compiuto passi da gigante, il suo sviluppo è impressionante. Nel giugno 2006 l'azienda comunica che quotidianamente vengono visualizzati circa 100 milioni di video, con 65.000 nuovi filmati aggiunti ogni 24 ore. Nel 2012 sono quattro miliardi le ore di video viste ogni mese. Il portale si è evoluto a tal punto da riuscire a monitorare costantemente la tipologia di filmati inseriti, così da cancellare quei video che violano i diritti di copyright o che hanno contenuti porno o illegali.

lapresse youtube Chad Hurley Steve Chen

Se l'uso massivo della fotografia è stato un rituale collettivo attraverso cui siamo entrati nella modernità (secondo Susan Sontag una società diventa moderna quando una delle sue attività principali consiste nel produrre e consumare immagini), l'era di YouTube sancisce la «filmabilità» e la condivisione di qualsiasi cosa. In pochi anni, YouTube si è trasformato nel più grande archivio digitale della storia, in un dispenser di frammenti audiovisivi che a volte vivono di vita propria.

Ma più che strumento di rappresentazione, YouTube diventa un nuovo ambiente in grado di generare profondi mutamenti culturali.

La sua rilevanza culturale è cresciuta in modo esponenziale, di pari passo con la sua presenza nelle abitudini di tutti: nasce assecondando la grande promessa degli «user generated content», i video caricati dagli utenti, cavalcando il desiderio di personalizzare sempre di più i propri consumi mediali, aggirando i vincoli imposti dai produttori «tradizionali» per crearsi una sorta di palinsesto privato alternativo ai vecchi media (compresa la tv).

OLIMPIADI YOUTUBE

In realtà, si capisce ben presto che la forza principale del portale non è tanto quella di aggirare la tv ma quella di vampirizzarla, di trasformarsi in una sorta di megafono che rilancia all'ennesima potenza i fatti più curiosi o demenziali successi altrove. Nascono così i primi «meme» e i fenomeni virali, sempre caratterizzati da una portata globale (da Gangnam Style a Susan Boyle).

Anche sul rapporto con la tv si giocano i destini futuri di YouTube: da un lato, i canali tv lo usano per rilanciare i propri contenuti, dall'altro il portale stesso vorrebbe creare dei propri «canali» alternativi a quelli tradizionali, su cui però regna ancora una certa incertezza sul modello da seguire e sulle possibilità di successo.

YOUTUBE DOLLARO

YouTube, in fondo, è anche il sogno proibito di una tv che per decenni non è riuscita ad attraversare i confini nazionali, restando confinata nei rispettivi recinti: una «tv senza frontiere» che ci mette in contatto con altri mondi, con generi inediti, con star prima sconosciute. Dagli spezzoni di fiction francesi e tedesche, passando per gli sketch del Saturday Night Live e dei late show americani come Jimmy Fallon o Letterman, molto del meglio della tv attuale passa dal sito. Più o meno legalmente (adesso la tutela del copyright si è fatta più rigida).

Il fatto curioso è che poi YouTube ha espresso una propria originale forma di divismo, tutto misurato sui numeri delle visualizzazioni dei video, capace anche di curiosi travasi con il mondo della tv (è il caso della YouTube star Clio Make Up, ora su Real Time).

E non basta ancora. La tv è soltanto uno dei media fagocitati da YouTube in questi anni: si pensi alla radio, per esempio, o alla discografia. Grazie alla sua estrema semplicità e immediatezza, il sito si è rivelato, negli usi forse più che nelle intenzioni, un enorme juke-box: quasi ogni canzone si può trovare in diverse esecuzioni, dal videoclip alle esibizioni televisive. Persino, ed è quasi un controsenso per un portale prevalentemente basato sul video, senza immagini se non una fotografia del cantante. Tanto basta ascoltare (e trovare ciò che si cerca). E la canzone successiva è quella suggerita alla fine della clip.

CHAD HURLEY E STEVE CHEN

YouTube si inserisce appieno nei ritmi della nostra vita quotidiana, frammentari e caotici. Non richiede fatica, si accontenta (e si nutre) di momenti residuali. In un tempo in cui lo schermo una volta piccolo diventa ad alta definizione e occupa intere pareti, molti video di YouTube presentano immagini sgranate, colori sfalsati, audio fuori-sincro: il contenuto (talvolta introvabile) vale più della forma. In un'epoca in cui siamo travolti dall'information overload, sottoposti contemporaneamente a mille stimoli, i pochi minuti di una singola clip si scoprono perfetti per una soglia di attenzione sempre più bassa.

 

DA IERI CULATELLO HA COMINCIATO A CAMBIARE LINEA RISPETTO ALL'OSTINAZIONE PRO-GRILLINA

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DAGOREPORT

Per Pierluigi Bersani, e anche per il Pd, per gli italiani di una certa età che hanno conosciuto il Pci, fa un certo effetto vedere un ex comunista proveniente dall'Emilia già ricca e comunista salire al Colle per ricevere l'incarico di formare il governo. A prescindere da come andrà a finire, difficilmente ci sarà un altro erede di quella tradizione politica a potersene vantare e va dato atto a Bersani di averlo avuto attraverso un percorso ineccepibile, con le primarie e con un passaggio elettorale, anche se la maggioranza ce l'ha in una camera sola. D'Alema Massimo, per dire, arrivò a Palazzo Chigi con un cambio di maggioranza parlamentare e non attraverso le elezioni.

Detto questo, e premesso che se la situazione del Paese non fosse disastrosa e nel frattempo non fosse cambiato il mondo, l'evento di stasera sarebbe paragonabile all'incarico che ebbe Craxi Bettino nel lontano 1983, va dato atto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di essere sempre più augusto ed impeccabile custode della lettera e dello spirito della Costituzione.

Tecnicamente, Re Giorgio ha inchiodato Bersani alle sue responsabilità: gli ha conferito infatti un preincarico. Significa che solo dopo che avrà verificato l'esistenza di un sostegno parlamentare certo, si sottolinea certo, che consenta la formazione di un governo, Bersani potrà tornare a riferire e ad avere l'incarico pieno.

VIGNETTA MANNELLI DAL FATTO IL POVERACCIO DI BETTOLA BERSANI jpeg

Napolitano ha fatto appello ai precedenti e ha vincolato la nomina alla fiducia: ciò significa che Bersani dovrà dimostrare di avere una maggioranza per la fiducia per avere l'incarico pieno, non richiedere la fiducia quando andrà alle Camere. Non è una differenza da poco. Questo e' il dettato del combinato disposto degli articoli 92 e 94 della Costituzione cui il Presidente della Repubblica si è' rigorosamente attenuto.

bersani luigi

Troppo rigorosamente? Lo vedremo presto perché è qui tutta la complessità del passaggio politico cruciale di questi giorni. Ma vanno registrati alcuni dati favorevoli al presidente per incaricato:

1. Bersani ha fatto quello che doveva fare con i grillini ma sa che non può inseguirli più, sa anche che Swg oggi li ha registrati in calo del 3,5 per cento sui risultati elettorali di febbraio. Essi restano all'opposizione perché non sono in grado di fare altro, salvo populismi spiccioli facili da vendere al popolo ma difficili da trasformare in proposta politica concreta.

BERSANI CIMELIO SOVIETICO

2. L'economia ha disperato bisogno di un governo che archivi il prima possibile l'attuale inquilino di Palazzo Chigi, che di danni ne ha fatti ormai troppi e ne continua a fare, a cominciare dal decreto non fatto per i pagamenti della PA alle aziende. E tutti sanno che Berlusconi Silvio e' disposto a fare non uno ma due passi indietro a condizione che si faccia sul serio e che nomi della cosiddetta società civile riferibile al centrodestra (contraddizione in termini, ma a ben pensarci vale la stessa cosa per la sinistra), siano tra i ministri.

Bersani in croce

3. Nel governo di emergenza economica e istituzionale che potrebbe nascere e' ovviamente compreso anche il rinnovo dell'attuale inquilino al Quirinale. Re Giorgio non vuole e c'è da credergli, ma come farebbe a dire di no se Bersani torna da lui con un accordo serio con il centrodestra e i montiani (loro malgrado e non si sa fino a quando)? Non si potrà sottrarre a restare anch'egli due anni. Non è mai successo prima e non succederà più, ma stiamo parlando della più grave emergenza economica e politica dalla Seconda guerra mondiale.

Le diplomazie sono al lavoro, tutti i canali sono aperti. Da ieri Bersani ha cominciato a cambiare linea rispetto all'ostinazione pro-grillina. Se cambierà ancora, il governo del cambiamento potrà nascere davvero. E se il Pd esplode o implode, chi se ne frega. Anche perché in tanti saranno pronti a correre in soccorso del vincitore.

 

 

IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA INDIANO: “NON POSSO ESCLUDERE LA PENA DI MORTE PER I MARҔ

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VIGNETTA BENNY DA LIBERO VICENDA DEI DUE MARO MONTI E TERZI DESTINAZIONE INDIA


1. MARO': GUARDASIGILLI INDIA, GOVERNO NON PUO' ESCLUDERE PENA MORTE
(AGI) - Il ministro della Giustizia indiano, Ashwani Kumar, ha escluso che il governo indiano possa aver fornito un'assicurazione all'Italia che ai due maro' non sara' inflitta la pena di morte. In un'intervista alla tv Ibn, il Guardasigilli di New Delhi e' sembrato sconfessare una dichiarazione in questo senso del suo collega Salman Khurshid, il ministro degli Esteri. "Come puo' il potere esecutivo fornire garanzie sulla sentenza di un tribunale?", si e' chiesto. Khurshid "e' anche un avvocato", ha ricordato il ministro della Giustizia, "sta a lui rispondere sul perche' abbia detto quelle cose".

In realta' la spiegazione potrebbe stare nel fatto che la diplomazia indiana ha ricordato come l'applicazione della pena di morte in India sia ristretta "ai piu' rari tra i casi rari", fattispecie in cui evidentemente non poteva rientrare l'uccisione dei due pescatori indiani del Kerala.

I DUE MARO GIRONE E LATORRE

In precedenza si era appreso che le autorita' giudiziarie indiane hanno avviato la procedura per la costituzione di un tribunale ad hoc che giudichera' sul caso dei due maro', dopo il ritorno a New Delhi di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre dalla licenza che gli era stata concessa dalla Corte suprema. In seguito all'autorizzazione arrivata dal ministero della Giustizia indiano, venerdi' sera l'Alta Corte di New Delhi ha emesso un'ordinanza che dispone la formazione di uno speciale organo giudicante, come aveva stabilito la Corte suprema il 18 gennaio.

MARIO MONTI E TERZI DI SANTAGATA A NEW YORK jpeg


2. "COLPI DI MANO, BUGIE E RIVALITÀ" COSÌ TERZI HA ACCELERATO LA CRISI
Vincenzo Nigro per "la Repubblica"

Venerdì 15 marzo alle 15 Giorgio Napolitano convoca al Quirinale i tre "ministri del colpo di mano" (Esteri, Difesa, Giustizia). I tecnici che hanno deciso di sfidare l´India facendo saltare l´accordo per il rientro dei marò. Mai c´era stata una riunione col capo dello Stato prima dell´annuncio fatto da Terzi (l´11 marzo con un tweet) sul mancato rientro dei fucilieri. Napolitano, che non ha poteri di governo ma ha allargato la sua capacità di influenza sui ministri già negli ultimi mesi del gabinetto Berlusconi, nel pieno della impasse politica nata dai risultati elettorali era stato informato dai suoi consiglieri di un confuso programma per alzare la temperatura con l´India.

DE MISTURA

«Ma i parametri, le indicazioni che ci avevano dato sulla situazione indiana erano differenti da quella che si è rivelata la realtà», dicevano già il 15 marzo a Repubblica fonti vicine al Quirinale. Al termine di quella riunione Terzi provò addirittura a rassicurare Napolitano: «Presidente, ne usciremo alla grande!». Si è visto.

Ieri da Dublino il ministro degli Esteri che ha guidato la Farnesina in questa Caporetto della diplomazia italiana non ha fatto che occuparsi di India. Per provare a limitare i danni, soprattutto a rintuzzare le richieste di dimissioni che gli sono arrivate dal centrodestra e da metà della stampa italiana.

MARTA DASSU

«Ma il ministro degli Esteri continua a comportarsi in maniera scorretta, a dire bugie belle e buone, disegnando una realtà che é soltanto sua», dice amareggiato un ministro che nelle ultime settimane non ha saltato una riunione del Consiglio dei Ministri. Terzi ancora ieri, per allargare le responsabilità della retromarcia sull´India agli altri colleghi, ha detto che «le decisioni sul caso India sono state sempre collegiali».

«Non è vero», dice il ministro che abbiamo sentito, «da sempre di India si è parlato in riunioni in formato ristretto, e soprattutto nell´ultima fase Terzi aveva escluso da ogni comunicazione non solo il sottosegretario con la delega per le organizzazioni multilaterali (Onu, Ue) Marta Dassù, ma lo stesso Staffan De Mistura, delegato all´Asia e in particolare proprio del negoziato con l´India».

MONTI NAPOLITANO

«Terzi voleva fare della questione dei marò la sua medaglia per entrare in politica, arrivando a chiedere di cancellare qualsiasi presenza mediatica per i due sottosegretari», dice un diplomatico che lavora alla Farnesina. Un esempio: a una radio nazionale ha fatto chiedere di non invitare più Dassù e De Mistura in trasmissione, altrimenti lui non avrebbe garantito più interviste. Ma il vero problema è che negli ultimi mesi sull´India De Mistura era stato estromesso da ogni decisione, perché visto come un rivale pericoloso dal punta di vista mediatico e anche politico.

AK ANTONY MINISTRO DELLA DIFESA INDIANO

Il messaggio sulla "collegialità" è quindi il tentativo di Terzi di trovare dei corresponsabili nella decisione di bloccare e poi di rimandare i marò in India. Un tentativo mal tollerato a Palazzo Chigi: la presidenza del Consiglio nel primo pomeriggio fa girare un comunicato in cui sostiene che «nella seduta del Comitato interministeriale per la sicurezza non ci sono stati nessuna accusa e nessun «processo» al ministro degli Esteri».

E infatti l´irritazione del premier Mario Monti è stata tutta bilaterale: nel Comitato si è solo cancellata la decisione di bloccare il ritorno dei marò in India, dando mandato al sottosegretario De Mistura di trattare con l´India una resa onorevole, che prevedesse una dichiarazione sulla pena di morte e sugli arresti "domiciliari" in ambasciata, cosa di cui i marò già godevano.

Una resa che di fatto ha messo da parte argomenti centrali, che gli esperti del Ministero di Grazia e Giustizia avevano segnalato da settimane nelle riunioni di coordinamento: i marò subiranno un processo in un Tribunale speciale costituito ad hoc, cosa contraria alla legge italiana e internazionale. E tra l´altro - si chiede un altro diplomatico - «abbiamo venduto il successo di aver evitato la pena di morte: ma se li condannano all´ergastolo? Oppure a 30 anni? Siamo pronti ad accettarlo?»

Salvatore Girone

Terzi ieri mattina ribadiva ai suoi collaboratori quel che aveva dichiarato in un´intervista a Repubblica: «Non servono le mie dimissioni, siamo un governo dimissionario». E su questo forse non ha tutti i torti. Il problema è quanto tempo ci vorrà ad avere nuovi ministri degli Esteri e della Difesa, e in quanto tempo si impadroniranno del "dossier India" per capire cosa fare con l´affare dei marò della Enrica Lexie.


3. CASO MARO': STAMPA INDIANA, NON E' CHIARO PERCHE' ITALIA HA CAMBIATO ATTEGGIAMENTO
(Adnkronos) - La stampa indiana si interroga oggi sui motivi che hanno indotto il governo italiano a tornare sui propri passi e decidere di far tornare in India i due maro' Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. L'emittente Ibn ripercorre le ultime fasi della vicenda, con il duro braccio di ferro diplomatico tra New Delhi e Roma, ricordando che l'India ha assicurato al governo italiano un procedimento veloce, che verra' celebrato davanti al tribunale speciale deciso dalla Corte suprema di Delhi e che, se ritenuti colpevoli, i due militari non verranno puniti con la pena di morte.

Tuttavia, quelle che Roma ha definito "condizioni", per il governo indiano sono "semplici chiarimenti". Come a dire, questi punti non sono mai stati in discussione. Il Times of India, dal canto suo, chiede apertamente se il cambio di rotta nella vicenda sia dovuto a ragioni commerciali. In un lungo servizio, nel quale si da' conto delle forti polemiche suscitate in Italia dalla gestione della vicenda da parte del governo, compaiono anche le voci del presidente dell'Ice, Riccardo Monti, e di Massimo Goldoni, presidente di FederUnacoma, azienda che vende macchinari in India.

DANIELE MANCINI TRA SALVATORE GIRONE E MASSIMILIANO LATORRE jpeg

"Non c'erano indicazioni" che la crisi diplomatica stesse condizionando in maniera negativa i rapporti commerciali, sostiene Goldoni. Il volume di affari tra i due Paesi, ricorda il quotidiano indiano, e' al momento relativamente modesto, con un valore di circa 7,2 miliardi di euro. Ma si tratta di un settore che ha ancora un "potenziale inesplorato", dice Monti.

Infine, il quotidiano indiano ricorda anche la vicenda che vede coinvolta Finmeccanica, attraverso AgustaWestland, con l'accusa di presunte tangenti pagate dai vertici dell'azienda a funzionari indiani per favorire la vendita di 12 elicotteri alle forze armate di Delhi. L'india ha per il momento sospeso l'acquisto, del valore di 750 milioni di dollari. L'indagine e' ancora in corso.


4. ULTIME ORE D´ANGOSCIA IN FAMIGLIA "I FIGLI TEMONO DI NON RIVEDERLI PIÙ"
Giuliano Foschini per "la Repubblica"

«Non è facile. Non è facile spiegare a tuo figlio che suo padre non è soltanto suo padre. Ma è un eroe». Vania Girone è la moglie di Salvatore. Dall´inizio di questa storia utilizza poche parole, sempre composte. Le stesse che ha usato l´altra notte nella sua casa di Torre a Mare, periferia residenziale di Bari, quando suo marito è arrivato. Doveva essere una serata serena, avevano invitato alcuni amici a cena. E invece Salvatore ha preso tutta la sua roba, scortato da colleghi del battaglione San Marco, ed è andato via.

MARO' - I FAMILIARI DEI PESCATORI MOSTRANO IL DOCUMENTO ITALIANO CONNO ALL'INDENNIZZO L'IMPEG

«Papà, non mi dire le bugie! Tu non torni più, tu non torni più», gli urlava Michele, suo figlio. Ma proprio gli urlava contro, una voce disperata di un bambino che ha visto suo padre morire, poi resuscitare e poi ancora morire. Quando era ancora vivo. «Dopo l´arresto - parla Michele Emiliano, il sindaco di Bari che è diventato come un amico di famiglia, la sua telefonata nel salone di casa Girone con il presidente del consiglio Monti sarebbe stato un memorabile pezzo di rabbia cinematografica, se non fosse stato vero - queste persone, i bambini, temevano di non vedere mai più il loro papà. Quando è tornato è stato un regalo inaspettato, quando gli hanno detto che non sarebbe più partito, una liberazione, come quando ti dicono che sei guarito da un mare incurabile. Ora come glielo spieghi quello che sta accadendo ai loro bambini?».

LATORRE E GIRONE I DUE MARO ALL ALTA CORTE DEL KERALA

Come ha fatto Salvatore, che li ha presi in un angolo, mentre in casa tutti piangevano, mentre il padre era paralizzato e la madre urlava «Maledetti, maledetti», non verso la divisa che portava il figlio ma verso il pasticcio che avevano combinato (anche) quelli che portano quella stessa divisa. Pochi minuti prima quando Salvatore ancora doveva arrivare, la signora Maria ha avuto un mancamento, è arrivata l´ambulanza, i bambini hanno pianto.

IL MINISTRO TERZI A KOCHI CON I DUE MARO

Hanno smesso soltanto quando Salvatore ha spiegato ai figli quello che stava accadendo: «Io vi amo più di me stesso. Noi siamo italiani, dobbiamo essere orgogliosi di essere italiani. Non possiamo permettere a nessuno di dire che gli italiani non mantengono la loro parola. Voi state tranquilli, io vi prometto che tornerò presto». «Non è vero», singhiozzavano i bambini. Michele in particolare. «Gli ho spiegato - parla il sindaco Emiliano - che se il papà non fosse partito non avrebbe potuto vivere sereno: chi crede e serve l´Italia lo deve fare a prescindere da chi la governa. Salvatore, come Massimiliano, è un italiano di cui essere orgoglioso. Michele ha capito: mi ha detto che lui è orgoglioso del suo papà».

MASSIMILIANO LATORRE

È stato Salvatore a scegliere di tornare in India. Gli hanno detto che non aveva scelta, è vero («e probabilmente non è stato spiegato a questi ragazzi i loro diritti perché conoscono troppo bene i loro doveri» chiosa ancora Emiliano), ma è stato lui a scegliere «di fare il soldato italiano», come ha spiegato a casa, Quando giovedì notte è andato via, su una Bmw grigio chiara, direzione India, si sentiva ancora la voce di quella donna che urlava: «Maledetti, maledetti».

La stessa voce che ieri davanti a quella foto dall´India in canottiera dei due ragazzi con lo stemma dell´Italia sulla spalla, diceva convinta: «Vedrete che tutto questo finirà molto presto».

 

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