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ORA CHE IL PAPA C’È E HA IN MANO IL ‘DOSSIER VATILEAKS’ TOCCA CHIARIRE ALCUNE COSE

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DAGOREPORT
Le "Consultazioni" vaticane iniziano domani. Papa Francesco - dopo aver preso ufficialmente il comando di Santa Romana Chiesa - ha bisogno di creare rapidamente la sua "agenda operativa": ecco perché, per tre giorni e fino a venerdì, incontrerà i principi del potere vaticano. Ieri l'incontro con Bertone, poi ci saranno quelli con Bagnasco, con i curiali fino ai prefetti delle Congregazioni e i presidenti dei pontifici Consigli per capire, conoscere, riflettere.

INAUGURAZIONE DI PAPA FRANCESCO BERGOGLIO

El Jesuita - che ha ricevuto dai Herranz, Tomko e De Giorgi il rapporto su Vatileaks - ha preso tempo per calibrare le sue mosse per dare al suo ministero una vera svolta "pauperista" e francescana.
Sabato - a Castelgandolfo - ci sarà la sintesi nello storico incontro con Joseph Ratzinger. Non che Bergoglio sia all'oscuro di tutto, anzi. Padre Georg ha già avuto modo di riferirgli una serie di informazioni ‘riservate' sul passato recente della Curia e i suoi equilibri di potere.

I due Vescovi di Roma avranno comunque l'opportunità di confidarsi, scambiarsi opinioni. E il "Papa emerito" potrà consigliare. Persone da evitare e mosse da fare.

D'altronde l'elezione al Soglio pontificio di un candidato imprevisto ha sparigliato le carte in Curia. Imprevisto sia per i giornalisti che per i maxi-esperti, che non pensavano sarebbe stato scelto un candidato così lontano dai Cavalieri di Colombo, da quelli di Malta o da Comunione e Liberazione.

Bergoglio - per volontà di Benedetto XVI - è stato l'unico a poter leggere il rapporto Vatileaks. Ma con il livello di burocratizzazione in cui è sprofondata la Curia Romana, sembra difficile comprendere come il prossimo Segretario di Stato possa affrontare il problema Ior senza sapere cosa sia realmente accaduto nella "Banca di Dio".

Come potrà - ad esempio - confermare il Consiglio di Sovrintendenza dello Ior ed aver fiducia nel suo operato se non conosce la verità? D'altronde nessuna Commissione d'inchiesta è stata istruita sul caso nonostante l'ex presidente Gotti Tedeschi l'abbia richiesta più volte.

Tarcisio Bertone

Il nuovo Segretario di Stato non può che partire da un quesito-chiave: perché - dopo aver subito una "sfiducia tecnica" - Gotti è stato in silenzio per nove mesi senza difendersi né replicare?

In Vaticano nessuno ha voluto verificare quali intrecci e giochi di potere abbiano causato il suo allontanamento. Tarcisio Bertone - primo indiziato a dare risposte - si è limitato a dire e a far scrivere che "non è stata una decisione politica e lui non ne sapeva nulla". Ma come? Il Segretario di Stato - che sullo Ior ha messo bocca più volte, fino ad approvare una nuova direttiva che cancellava i poteri di ispezione sui conti dello Ior dell'Autorità di informazione finanziaria, subordinandoli a un suo nulla osta - può davvero non sapere o semplicemente non dice?

Perché la Commissione Cardinalizia di Vigilanza sullo Ior (Bertone, Nicora, Tauran, il brasiliano Scherer e l'indiano Telesphore Placidus Toppo) per nove mesi e per tre volte non ha ratificato la sfiducia che il board della Banca di Dio aveva rifilato - all'unanimità - a Ettore Gotti Tedeschi?
E perché per nominare il nuovo presidente Ernest von Freyberg, s'è prima dovuto assistere alla sostituzione di Attilio Nicora con Domenico Calcagno all'interno della Commissione? E perché tutto è avvenuto solo dopo le dimissioni di Papa Benedetto? E perché gli altri quattro membri sono stati confermati "al buio", senza cioè averne prima verificato comportamenti e operato?

Perché nessuno in Curia ha mai verificato la "solidità" del documento in nove punti con cui è stato motivato il benservito a Gotti Tedeschi: 1) non aver svolto le funzioni base che spettano al presidente; 2) l'incapacità di essere informato e di informare il board rispetto all'attività dell'Istituto; 3) aver abbandonato o non aver preso parte a riunioni del board; 4) aver mostrato poca prudenza in dichiarazioni sull'Istituto; 5) non aver potuto fornire giustificazione formale per la diffusione di documenti in possesso del presidente; 6) aver diffuso informazioni non accurate sull'Istituto; 7) non aver difeso l'Istituto rispetto ad articoli di stampa inappropriati; 8) aver creato divisioni nell'Istituto; 9) aver tenuto un comportamento personale non coerente («erratico»))?

gotti tedeschi jpeg

Bergoglio attraverso il suo nuovo Segretario di Stato - coerentemente con l'idea di Chiesa che intende realizzare - non può evitare di far luce sulle ombre vecchie e nuove dell'Istituto Opere religiose. Perché alle semplici questioni finanziarie, sullo sfondo della vicenda Ior, si mescola di tutto: presunti complotti giudaico-massonici (denunciati dallo stesso Gotti nelle persone di Carlo Maria Marrocco e Michele Briamonte), dossier sulla sanità mentale dell'ex presidente dello Ior a firma dello psicoterapeuta Pietro Lasalvia e finito sulla scrivania di Bertone, la recente attività di discredito di monsignor Viganò e poi gli interessi di 25 mila correntisti e 9 miliardi di euro di depositi...

 

 


MONTI A PEZZI: HA GIA’ FATTO LA FINE DI FINI

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Paolo Guzzanti per "Il Giornale"

Mario Monti si è incartato. Che peccato, un uomo di tanto e persino eccessivo talento. Ieri mattina ha dato un'intervista a Marcello Sorgi per la Stampa e ha detto una cosa bizzarra: «Se non avessi preso tre milioni di voti, avrebbe vinto Berlusconi».

MARIO MONTI CON IL CANE ALLE INVASIONI BARBARICHE

Formidabile: forse dimentica che tutta la sua operazione politica è consistita nel prosciugare per intero l'elettorato dell'Udc di Casini e quello minuscolo del Fli di Fini, senza aggiungere che pochi spiccioli. E poi: davvero può essere così contento di aver impedito la vittoria di Berlusconi? Nella stessa intervista manifesta il suo orrore per i barbari a cinque stelle che promettono di riportarci al medioevo e supplica Bersani di resistere al grillismo. E allora? Che gioco fa? Secondo Lorenzo Dellai, candidato centrista alla presidenza della Camera, Monti fa soltanto il suo gioco, un gioco personale, individuale e non di squadra.

Monti è inviperito con Napolitano (di cui mostra gli sms sul telefonino creando un certo imbarazzo) perché quello gli ha sbarrato la strada alla presidenza del Senato, arrivando a dire che persino gli argomenti giuridici addotti dal capo dello Stato sono sbagliati. Quando entrò in politica tutti lo avvertirono che così facendo si giocava il Quirinale, ma come un maldestro giocatore di poker pensava di avere ancora una scala reale in mano prevedendo per se stesso un oceanico consenso elettorale. Poi è andata come è andata, riducendo Fini e Casini come due zombi, il primo addirittura non rieletto deputato. I suoi adesso lo accusano di «fare come Fini» e cioè di voler tenere i piedi in tutte le staffe, fino a cadere disarcionato.

MARIO MONTI GNAM CON LA PIZZA A NAPOLI

Le foto lo mostrano perplesso, ma si direbbe piuttosto immerso nel solipsistico pensiero di se stesso pensante, lo sguardo perduto e un senso di disagio fra tutta quella gente in gran parte sconosciuta e dalla laurea dubbia che si affolla intorno a lui.

Certo, è vero che in passato ha rifiutato incarichi importanti, a cominciare dalla presidenza del Consiglio dopo il rovesciamento del primo governo Berlusconi. E poi altri rifiuti governativi importanti per gli Esteri e l'Economia. Ma l'impressione che offre di sé è tutt'altro che quella di un uomo schivo e distante dall'amore per le alte cariche. Al contrario, sembra proprio un giocatore che sa di avere un bel pacco di fiche in tasca e cerca soltanto il tavolo adatto per far saltare il banco: baccarat o blackjack, Senato o Quirinale, al diavolo tutti gli altri.

Anche Casini, ripescato miracolosamente al Senato come l'ultimo esemplare di un mondo che fu, proprio lui che si è suicidato e che ha suicidato il suo partito al grido di «Con Monti sempre e ovunque fino alla morte, specialmente alla morte» adesso si è un po' scocciato e dice senza mezzi termini che l'ultimo Monti gli sembra Mastella. Anzi, ha inventato il neologismo «Mastellismo di ritorno», che non è edificante.

SPOT ELETTORALE MARIO MONTI CON I NIPOTI

Tutti gli orologi dei componenti di «Scelta Civica» si sono fermati durante la tessitura della trama per la presidenza del Senato e della Camera, e quando sono tornati a ticchettare segnavano tutti un'ora diversa. I gruppi sono spaccati, le votazioni per il capogruppo sono diventate terreno di giochi e giochetti da Prima Repubblica. La scollatura fra Monti e i suoi, che vengono da esperienze spesso diversissime, sta sgretolando i gruppi e questo accade perché un po' tutti hanno la sensazione che ormai il divo bocconiano pensi soltanto agli affari suoi, alle poltrone sue e al suo metafisico cursus honorum.

MARIO MONTI AL TRUCCO

Ed è questo l'elemento che lo fa accostare sempre più a Gianfranco Fini, che non mollò la cadrega della presidenza della Camera anziché dedicarsi a costruire il suo fatiscente partito, finendo com'è finito. Come conseguenza la gente comincia a sparire o a defilarsi. Tutti hanno notato come il ministro Andrea Riccardi, benché presidente del comitato direttivo, abbia approfittato di questi giorni per dedicarsi anima e corpo al nuovo Papa, staccando la spina che lo teneva unito al premier.

PAOLO GUZZANTI

Insomma, spiace dirlo (e a me spiace davvero perché sono stato anche in Parlamento un leale sostenitore di Monti) ma il patrimonio divino e divinizzante dell'uomo della Bocconi sta svanendo nel nulla e decadendo nella farsa triste. Il risultato del resto di tanta operosità nel tessere piccole trame politiche è ormai sotto gli occhi di tutti: molto difficilmente Monti salirà al Quirinale, certamente non tornerà a Palazzo Chigi (o vi resterà ibernato nella camicia di forza della strategia di Grillo), non è diventato presidente del Senato e resterà lì a scambiarsi sms con Napolitano, da mostrare orgogliosamente ai suoi come ultima soddisfazione.

 

OBAMA PER LA PRIMA VOLTA IN ISRAELE. DA TURISTA…

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1- MO: VISITA OBAMA; OLP, SUBITO QUALCOSA PER SOLUZIONE 2 STATI
(ANSA) - "Siamo ad un momento storico: se non si fa qualcosa subito, la soluzione dei due stati è morta". Questo l'appello al presidente Usa Barack Obama, in arrivo domani nella regione, rivolto oggi da Mustafa Barghuti del Consiglio legislativo palestinese in una conferenza stampa in corso a Ramallah, organizzata dall'Olp. Barghuti ha aggiunto che "é finito il tempo della passività" e che "dopo 20 anni dalla firma degli Accordi di Oslo la situazione per i palestinesi è peggiorata molto".

obama netanyahu


2. ISRAELE ABBATTE 6 STRUTTURE COLONI IN CISGIORDANIA
(ANSA) - L'esercito israeliano e la polizia hanno smantellato, nel corso della notte, sei strutture in due insediamenti "illegali" in Cisgiordania. Lo riferiscono i media spiegando che due delle strutture sorgevano a Oz Zion e altre quattro a Ramat Migron, non distanti da Ramallah. L'intervento è avvenuto alla vigilia dell'arrivo in Israele del presidente Usa Barack Obama. I coloni - hanno aggiunto i media - hanno criticato il nuovo governo di Benyamin Netanyahu che ha cercato con l'azione di ingraziarsi il capo della Casa Bianca.


3. PRIMA VISITA DI OBAMA IN ISRAELE TUTTE LE TRAPPOLE DELL'ITINERARIO
YAD VASHEM SÌ, MURO DEL PIANTO NO. E NEANCHE MOSCHEA
Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"

obama con netanyahu e abbas jpeg

Barack Obama inizia la sua missione internazionale più difficile: da domani in Israele, poi a Ramallah, nei territori palestinesi governati da Abu Mazen, infine in Giordania. Coi riflettori di tutto il mondo di nuovo puntati su di lui, il presidente Usa affronta il rischio - anzi la probabilità - di tornare a casa a mani vuote o, al massimo, con sotto braccio una cornice nella quale provare a inserire la ripresa del difficile dialogo tra lo Stato ebraico e l'Autorità palestinese espressione di Al Fatah.

La prima visita al principale alleato degli Stati Uniti in Medio Oriente arriva solo nel quinto anno della sua presidenza. Obama troverà la diffidenza di molti ebrei che lo considerano il presidente meno filo-israeliano a memoria d'uomo, ma anche l'ostilità di un mondo arabo in pieno subbuglio politico nel quale le voci democratiche della primavera egiziana e tunisina di tre anni fa sono state soffocate dal prepotente riemergere del radicalismo islamico.

COLLOQUIO ALLA CASA BIANCA TRA BARACK OBAMA E BENJAMIN NETANYAHU

Così stando le cose, ironizza Tom Friedman sul New York Times, Obama potrebbe essere il primo presidente americano della storia ad andare in Medio Oriente a fare solo il turista. Friedman, ovviamente, esagera: piccoli margini per la riapertura di un dialogo tra israeliani e palestinesi ci sono, anche se almeno tre fattori inducono a non farsi troppe illusioni: l'intransigenza e l'aggressività di Hamas, l'ulteriore spinta agli insediamenti ebraici nei territori occupati (in Cisgiordania vivono ormai 300 mila coloni) e la stessa struttura del nuovo governo dello Stato ebraico (nel quale non sono entrati gli ultraortodossi, ma ha trovato spazio un partito dei coloni che chiede l'annessione della Cisgiordania).

Del resto è la stessa Casa Bianca ad avvertire che è meglio non farsi illusioni su una visita che ha soprattutto il valore di una testimonianza di solidarietà a Israele (anche, e forse soprattutto, rispetto alla minaccia nucleare iraniana), oltre che di un tentativo di vedere e capire, di esplorare i margini che ci possono essere per una ripresa del dialogo.

obama muro del pianto

Un tour - non turistico, ma politico, culturale e anche simbolico - che è stato assai difficile da costruire tra veti contrapposti, esigenze di sicurezza e timori di offendere le diverse suscettibilità in una terra contesa da due popoli e in una città, Gerusalemme, culla di tre religioni.

E così il presidente americano, dei grandi simboli religiosi dei luoghi santi, visiterà solo la Chiesa della Natività di Gesù a Betlemme, mentre rinuncerà al Muro del Pianto, il luogo sacro degli ebrei, e la moschea di Al Aqsa, luogo sacro per i musulmani. Del resto qualcosa del genere accadde anche nel 1996 quando Bill Clinton, che voleva ardentemente visitare questi tre luoghi, cancellò tutto dopo il veto palestinese all'ingresso nella moschea del premier israeliano Olmert, deciso ad accompagnare il presidente Usa.

Altra scelta delicata quella del discorso pubblico: Obama non parlerà davanti alla Knesset, ma al Convention Center. Perché non vuole parlare solo ai politici ma alla società civile e soprattutto ai giovani, spiegano alla Casa Bianca. Perché, replicano i suoi critici, nel Parlamento israeliano ha molti nemici, soprattutto nelle forze politiche radicali: non vuole rischiare di essere sonoramente contestato in mondovisione.

OBAMA E HILLARY CLINTON

A Ramallah Obama vedrà i palestinesi dialoganti di Abu Mazen mentre non avrà contatti con Hamas. Il presidente visiterà poi, come ogni capo di Stato, il museo dell'Olocausto e renderà omaggio alla tomba di Theodor Herzl, considerato il padre del sionismo moderno. La Casa Bianca ha, però, declinato l'invito a visitare la città costiera di Haifa dove il premier Netanyahu voleva mostrare a Obama il volto del nuovo Israele delle tecnologie avanzate. A conferma dell'impegno a difendere lo Stato ebraico dalla minaccia nucleare di Teheran, Obama esaminerà una delle batterie di missili antimissile realizzate con l'aiuto americano, ma non quella operativa montata sulle colline che dominano Tel Aviv che era stata scelta dagli israeliani.

Tzipi Livni

Poche illusioni sui risultati, si diceva. La settimana scorsa è stata la stessa Casa Bianca a spegnere ogni focolaio di ottimismo. Dopo un vertice a porte chiuse dedicato alla missione mediorientale, alcuni anonimi funzionari hanno fornito indiscrezioni a vari «media» americani che vanno tutti nella stessa direzione: la soluzione di questa controversia che dura da decenni è in cima alle preoccupazioni del presidente, ma al momento non si vedono spiragli che possano far sperare ragionevolmente in un progresso decisivo verso la ripresa del negoziato di pace.

Solo la speranza che i cambiamenti in atto nei Paesi arabi e certi fermenti giovanili che si avvertono anche in Israele possano pian piano portare a un maggior pragmatismo da parte di tutti, a una maggiore attenzione ai problemi interni di queste società sciogliendo gradatamente le incrostazioni prodotte da contrapposizioni antiche.

 

 

STAMPA AL MURO: CAMERON OSCURA O NON OSCURA?

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1. GB: OSCE CRITICA CREAZIONE ORGANO CONTROLLO MEDIA
(ANSA-AFP) - L'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) ha fortemente criticato la Gran Bretagna per la creazione di un organo di sorveglianza dei media, perché a suo parere potrebbe minacciare la libertà di espressione. "Un organismo di controllo istituito da un governo, qualunque sia il suo grado di indipendenza, potrebbe costituire una minaccia alla libertà dei media"", ha commentato la bosniaca Dunja Mijatovic, rappresentante per la libertà di stampa dell'OSCE.

DAVID CAMERON A DAVOS

2. CAMERON SFIDA LA STAMPA: VUOLE UNA LEGGE PER REGOLARLA
Erica Orsini per "il Giornale"

Dopo tre mesi di consultazioni serrate con i rappresentanti dei media la questione è approdata in Parlamento ieri pomeriggio. A richiederla con urgenza lo stesso premier David Cameron che soltanto la notte prima era riuscito ad evitare la frattura definitiva con i liberaldemocratici che in materia si sono sempre schierati a fianco delle «vittime» della cattiva stampa assieme ai laburisti. Una brutta gatta da pelare per il leader conservatore il cui partito è da tempo in difficoltà. Le prossime elezioni si avvicinano e i Tories non possono certo permettersi di perdere l'appoggio di metà della coalizione di governo.

James Murdoch con David Cameron

Cameron ha procrastinato la discussione sull'autoregolamentazione della stampa fino a quando ha potuto, ma dopo più di un anno l'eco dello scandalo delle intercettazioni illegali che hanno condotto alla chiusura del settimanale News of the World risuona ancora nei corridoi della Camera dei Comuni. Non foss'altro per il fatto che i giornalisti di News Corporation, il gruppo che fa capo a Rupert Murdoch, continuano a venir arrestati, indagati, condannati. È di ieri la notizia che anche il Wall Street Journal risulta indagato per delle mazzette pagate in Cina.

Quando il caso era scoppiato Cameron aveva assicurato alle migliaia di vittime delle intercettazioni che avrebbero avuto giustizia e che le regole sulla libertà di stampa sarebbero state riviste. Nei mesi seguenti però il leader conservatore era stato più volte additato come «troppo vicino al gruppo Murdoch» per quelle sue imbarazzanti relazioni con alcuni dirigenti di News of the World.

MURDOCH E CAMERON

Uno di loro, Andy Coulson, se l'era perfino scelto come direttore della Comunicazione. Alla delfina di Murdoch, Rebekah Brooks, aveva anche regalato un cavallo. Entrambi sono accusati di aver ordinato le intercettazioni e di aver cospirato per deviare il corso della giustizia. Non sorprende quindi che la tenace opposizione di Cameron ad approvare una nuova regolamentazione indipendente puntellata da una legge parlamentare abbia trovato un fermo ostacolo nei laburisti e negli stessi liberaldemocratici.

Perché soprattutto qui sta il nodo della questione. La Gran Bretagna vanta una delle regolamentazioni più antiche e più libere del mondo e i suoi giornalisti si sono sempre ritenuti, a torto o a ragione, liberi di bacchettare chiunque, si trattasse della Regina o del Primo Ministro di turno. Chi si ritiene calunniato o offeso può reagire legalmente, ma è molto raro che i politici lo facciano. Lo scandalo Murdoch, che ha evidenziato il comportamento illegale e inappropriato di un intero gruppo editoriale e poi in seguito anche di altri tabloid, ha reso più facile la proposta di alcuni partiti secondo i quali i media andrebbero in qualche modo controllati dalla politica.

murdoch-cameron

In che modo ancora non è chiaro, ieri nell'acceso dibattito alla Camera le argomentazioni sono rimaste generiche, ma all'orizzonte si profila una svolta che potrebbe avere ripercussioni fortissime anche nel panorama internazionale dell'informazione. I giornali fanno muro per difendere la propria libertà ricordando peraltro che le intercettazioni fatte da News of the World sarebbero state un reato a prescindere da qualsiasi tipo di autoregolamentazione. Un paradosso, spiegano gli editorialisti delle più autorevoli testate, che ha consentito a chi voleva tappare la bocca ai giornalisti di farsi avanti cavalcando l'indignazione popolare.

 

 

TOGHE CONTRO TOGHE: “LAUDATI E SCELSI A PROCESSO”

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Da Ilfattoquotidiano.it

ANTONIO LAUDATI

Ha cercato di "insabbiare le indagini relative al caso escort" che vede coinvolti Gianpaolo Tarantini e Silvio Berlusconi. Con queste accuse la procura di Lecce ha chiesto di rinviare a giudizio il procuratore capo di Bari Antonio Laudati e l'ex pubblico ministero Giuseppe Scelsi. Le ipotesi di reato sono abuso di ufficio e, solo per Laudati, anche favoreggiamento.

La vicenda è quella relativa alla gestione dell'inchiesta sulle escort che l'imprenditore barese Tarantini procurava all'ex presidente del Consiglio Berlusconi per le feste nelle sue residenze. Secondo la Procura di Lecce, Laudati avrebbe aiutato sia Tarantini, sia, indirettamente, Berlusconi a eludere le indagini sul presunto giro di prostitute gestito dal primo. In particolare avrebbe fatto in modo che venissero rallentate le indagini sul filone ‘escort'.

Inoltre il procuratore Valentino Cataldo Motta sostiene, nell'avviso di conclusione delle indagini, che Laudati "nello svolgimento delle funzioni di procuratore avrebbe intenzionalmente arrecato ingiusto danno ai magistrati Giuseppe Scelsi e Desiree Digeronimo, consistito nella indebita aggressione alla sfera della personalità per essere stati i due magistrati illecitamente sottoposti da parte della Guardia di finanza a investigazioni e ad abusivo controllo della loro attività professionale e della loro immagine". Scelsi è invece accusato di aver disposto intercettazioni su un'utenza telefonica per danneggiare una sua collega.

Giuseppe Scelsi

Tutto è iniziato nel luglio del 2011 quando l'ex pm Scelsi - titolare dell'inchiesta escort fino al trasferimento in Procura generale - ha presentato un esposto al Csm in cui accusava Laudati di aver ostacolato le indagini e accelerato il suo trasferimento. Secondo il racconto fatto da Scelsi ai procuratori di Lecce, Laudati, arrivato a Bari nell'estate del 2009 quando il caso Tarantini-D'Addario-Berlusconi era già esploso, avrebbe avviato un'indagine parallela con accertamenti "extra" svolti da militari della Guardia di finanza a lui fedeli.

Stando a quanto narrato da Scelsi e da altri testimoni, Laudati, ancor prima di prendere possesso del suo incarico, avrebbe inoltre partecipato a una riunione con gli investigatori invitandoli sostanzialmente a bloccare tutto. Il magistrato ha sostenuto che il neoprocuratore si presentò con "un amico″ dell'allora ministro della Giustizia, Angelino Alfano, e che spiegò di essere stato inviato a Bari dal ministero. Inoltre Laudati affiancò a Scelsi i colleghi Eugenia Pontassuglia e Ciro Angelillis e l'inchiesta su Tarantini e le escort, invece che essere chiusa immediatamente come previsto, fu tenuta aperta per altri due anni.

SILVIO BERLUSCONI

A richiedere il processo per Laudati e Scelsi ora è stato il procuratore capo di Lecce, Motta, ma la richiesta di rinvio a giudizio non è stata notificata agli indagati, bensì inviata al Consiglio superiore della magistratura che ha avviato la procedura per il trasferimento d'ufficio per incompatibilità a carico di Laudati. Il procuratore sarà ascoltato a Palazzo dei Marescialli l'8 aprile.

 

RIUSCIRÀ IL PD A PERDERE ANCHE STAVOLTA IL CAMPIDOGLIO?

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Alessandro Capponi per il "Corriere della Sera - Roma"

DAVID SASSOLI GUARDA LONTANO

«Con noi finirà l'epoca dei privilegi e dei favori e inizierà quella dei diritti e delle possibilità per tutti. Ogni incarico amministrativo sarà attribuito solo per capacità e curriculum». È parte del primo - e corposo - intervento di Ignazio Marino candidato sindaco di Roma. Con lui sono otto i partecipanti alle Primarie del 7 aprile: si presenteranno direttamente alle Comunali gli indipendenti Sandro Medici (presidente di Cinecittà), Alessandro Bianchi (ex ministro con Prodi) e Alfio Marchini. Polemiche nel Movimento Cinque stelle che, come scritto domenica sul Corriere ha chiuso il forum ufficialmente per «manutenzione», e ha di nuovo rinviato le consultazioni on line: deciderà Grillo, pare.

Il segretario regionale Enrico Gasbarra prima fa notare la differenza con centrodestra e M5S - «il Pdl non fa primarie, Grillo fa votare solo cinquemila persone» - poi invita i partecipanti a «gareggiare con stima e rispetto reciproco».

ALFIO MARCHINI

Non sarà semplice. Ignazio Marino, la cui candidatura è stata voluta da Goffredo Bettini e apprezzata da Nicola Zingaretti, incassa sì l'incoraggiamento di molti sia in città sia fuori (De Magistris da Napoli, Orlando da Palermo) ma, a Roma, ottiene anche qualche frecciata. Alla consegna delle firme, cominciano Umberto Marroni e David Sassoli: ironizzano, pur senza nominarlo, sulla raccolta firme di Marino, sorridono, «io ho cominciato a novembre a raccoglierle...». Il senatore Raffaele Ranucci non lo nomina ma scrive: «Chi si candida per Roma non lo faccia perché non è stato nominato ministro e allora ripiega».

Marino però può contare - oltre a sondaggi che lo danno vincente per distacco - non solo sui molti attestati di stima che da ieri circolano sui social network, ma anche su quello, tra gli altri, del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris: «Che lui sia in campo è buona notizia per la società civile che vuole politica, beni comuni, diritti». Il sondaggio Swg di una settimana fa, quindi prima delle elezioni dei presidenti di Camera e Senato: Pd tra 28 e 29, Sel tra 3 e 4,7, Pdl tra 18 e 21, Grillo tra 27 e 31, Monti 4,2-7,9.

Ignazio Marino, nato a Genova e a Roma fin da studente, annuncia la sua decisione su Twitter - «mi candido per la città che più amo al mondo» - e poi sul sito spiega la Roma che vorrebbe: «Una città che cresce in modo etico, intelligente ed ecologico, accogliente e attenta ai bisognosi, che sa difendere e valorizzare le donne, che si riprende il ruolo che le spetta nel mondo, che sa essere a misura di bambino e fa riscoprire il gusto di sorridere per strada».


2. MARCHINI SI SFILA: «SFIDA TRA CORRENTI CORRO DA SOLO»
Dal "Corriere della Sera - Roma"

SANDRO MEDICI

Alfio Marchini consegna le firme per le Primarie ma annuncia che non parteciperà: «Abbiamo deciso di depositarle perché era un dovere verso coloro i quali, pur non essendo per la grande maggioranza d'accordo sulla mia partecipazione, in poco tempo hanno permesso di andare ben oltre il quorum richiesto. Inoltre, lo trovo giusto e rispettoso verso la casa del Pd che ha cambiato il regolamento rendendo così tecnicamente possibile la nostra partecipazione».

Evidentemente, però, per lui non è stato sufficiente: «Ho sperato che maturassero anche le condizioni politiche per una competizione che andasse oltre il legittimo confronto tra diverse correnti interne. Appare evidente che quelle condizioni non si sono verificate, come peraltro sottolineato dai recenti commenti di importanti esponenti del Pd, oltre al fatto che non ho colto alcuna differenza sostanziale nei programmi dei principali partecipanti».

 

DALLE VISCERE DI ROMA SPUNTA L’ULTIMO BUNKER DEL DUCE

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Mattia Feltri per "La Stampa"

PETACCI e MUSSOLINI

«Ricordavo quel rumore di fondo che percorre il palazzo da sempre, quel brusio di ricordi e dicerie diffuse dagli operai più anziani, e sentite da chi venne prima di loro», dice Anna Imponente. Le voci volevano che in quella zona del palazzo (siamo sotto Palazzetto San Marco) negli ultimi anni del regime di Benito Mussolini si tenessero opere febbrili a cui pochi avevano accesso.

La soprintendente fece aprire la botola e vi si calò insieme con un operaio e l'architetto armati di torce elettriche. Il terzetto dovette prodursi in un piccolo salto e si trovò su una scala di mattoni in fondo alla quale imboccò un breve passaggio con pareti di epoca romana e, dopo il passaggio, entrò in una strano ambiente quadrato, ogni lato costituito da un corridoio diviso da tramezzi per un totale di nove ambienti. «Quando abbiamo visto il cemento armato, è stato tutto chiaro», dice l'architetto Serafini. È il dodicesimo bunker di Roma. L'ultimo bunker di Benito Mussolini. Da allora, la notizia non è mai stata diffusa.

I CORPI DI BENITO MUSSOLINI E CLARETTA PETACCI

Il 13 luglio del 1943, il comandante in capo della Royal Air Force (Raf) chiese al primo ministro Winston Churchill il permesso di eliminare il Duce. Il piano era di bombardare simultaneamente Palazzo Venezia e villa Torlonia, la residenza privata di Mussolini. Il ministro degli Esteri, Anthony Eden, diede parere negativo dubitando che l'azione avesse molte possibilità di successo e temendo i danni collaterali sui civili e, nel cuore della Città Eterna, sul Colosseo, sui Fori, sul Palatino: la culla d'Europa.

In calce Churchill scrisse «I agree», concordo. Evidentemente il Duce sapeva benissimo a quali rischi era esposto: la costruzione del bunker comincia presumibilmente alla fine del 1942 e prosegue fino alla mattina dell'arresto, undici giorni dopo il no di Churchill al piano.

BUNKER MUSSOLINI FOTO LUCA BOGGIO PER LA STAMPA

Il bunker che abbiamo visitato ieri mattina è palesemente incompleto. La struttura è finita, il sistema di aerazione funziona perfettamente anche se non si è ancora capito da dove attinga. Nelle pareti grezze ci sono buchi dedicati a un sistema fognario appena abbozzato. L'impianto elettrico è al medesimo stadio. Non c'è pavimentazione. Non c'è traccia di mobilia e, quando venne scoperto, il bunker conteneva scatoloni, gessi appartenuti allo scalone d'accesso, cianfrusaglie accumulate lì nell'immediato dopoguerra, e lì dimenticate come l'esistenza stessa del bunker. Non c'è archivio che ne parli.

«La struttura è solida, probabilmente avrebbe retto, anche se molto dipende dalla potenza di fuoco. Di certo è ben isolato e non c'è umidità», dice l'architetto Serafini. Siamo 15/20 metri sotto il livello del suolo. Le pareti, che poggiano sulle fondamenta di una vecchia torre, in certi punti sono spesse due metri. Lo spazio calpestabile è di 80 metri quadrati, pensati dunque per il solo Duce, al massimo due persone (Claretta Petacci?).

BUNKER MUSSOLINI FOTO LUCA BOGGIO PER LA STAMPA

Lui non ci ha mai albergato, ma senz'altro ci andò per seguire i lavori. Non si fece in tempo nemmeno a realizzare le vie di fuga: se ne intuiscono due, se tali sono, una diretta al giardino di Palazzetto San Marco e la seconda, purissima ipotesi, diretta all'Altare della Patria (dove c'era un ulteriore bunker) e al cui punto di partenza è stato trovato un mosaico romano.

Si tratta di un antico pavimento che sta a un livello appena superiore e si riesce a toccare alzandosi sulle punte: anche il mosaico andrà studiato per decidere che farne. Nel frattempo la soprintendente del Lazio, Anna Imponente, ha deciso che fare del bunker, renderlo visitabile: «Metteremo un impianto di illuminazione adeguato (ora pendono lampadine, ndr) e lo bonificheremo dai chiodi e dai tubi che spuntano. In uno dei locali vorrei uno schermo che proiettasse immagini dell'Istituto Luce, un paio di touch screen. Mi piacerebbe riprodurre il suono delle sirene d'allarme. Il resto resterà così com'è». Se tutto va bene, il bunker sarà vostro dall'autunno.

MUSSOLINI SI AFFACCIA DAL BALCONE DI PALAZZO VENEZIA

 

OH NO! IL PAPA HA RICOMINCIATO A TWITTARE: “MI PRESTI 100 EURO…”

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1. COMMENTI AI TWEET DI PAPA FRANCESCO

PAPA FRANCESCO TWITTER

Papa Francesco ‏@Pontifex_it
Il vero potere è il servizio. Il Papa deve servire tutti, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli

twittopolis ‏@twittopolis
.@Pontifex_it caro Francesco mi servono soldi,mi presti 100euro che lunedì te li restituisco?Ringrazio anticipatamente.


Pope Francis ‏@Pontifex
True power is service. The Pope must serve all people, especially the poor, the weak, the vulnerable.

Old Holborn ‏@Old_Holborn
@Pontifex Big Mac, large fries please


2. FRANCESCO, LO STAFF VATICANO GLI REGALA «L'IPAPAD»
Filippo Bernardi per www.ilmessaggero.it

PAPA BERGOGLIO TWEET


Chi lo conosce ammette che la tecnologia non gli è familiare per niente, ma Papa Francesco sembra intenzionato a mettersi in fretta al passo con i tempi: pochi giorni dopo la sua elezione aveva già un iPad sulla scrivania. Glielo ha regalato monsignor Lucio Adrian Ruiz, responsabile internet per il Vaticano, insieme a tutto il suo staff. E dal tablet, ovviamente bianchissimo (il commesso che glielo ha venduto lo ha subito ribattezzato "iPapad") domenica è partito il primo tweet dell'era Bergoglio: «Cari amici vi ringrazio di cuore e vi chiedo di continuare a pregare per me».

L'ACQUISTO
Monsignor Ruiz, nato nel 1965 a Santa Fe, è uno specialista del web. Ha anche insegnato materie legate all'informatica in due atenei romani e a Bogotá. Il giorno dopo il conclave decisivo, intorno alle 19, è entrato in un negozio Apple dietro via della Conciliazione, a pochi passi dalla Santa Sede, e ha chiesto di comprare un iPad.

«Capitano spesso clienti prelati - racconta Fabio Comelli, il ragazzo che lo ha servito -. Molti comprano iPhone o iPad per le applicazioni che offrono, dal breviario a quella del Vaticano. Quasi tutti, però, lo vogliono nero. Invece giovedì sera entra questo sacerdote molto sorridente. «Mi serve bianco perché è per una persona speciale», dice. Poi, come per togliere ogni dubbio aggiunge: «Proprio così, è per il Papa».

L'INCISIONE
Il modello di iPad del Pontefice è quello da 32 giga, dotato di sim per connettersi anche in mancanza di reti wi-fi. Il commesso ha offerto a monsignor Ruiz l'ultima versione del tablet, da 128 giga: «No grazie, dopo si lamenta che abbiamo speso troppo», si è sentito rispondere. Sull'iPapad è stata incisa anche una dedica: «A Sua Santità Francesco dal servizio internet del Vaticano».

PAPA BERGOGLIO TWITTER

Lo staff ha fatto una colletta e ha consegnato il regalo alla fine dell'udienza di sabato con i giornalisti (qui a fianco, la foto de L'Osservatore Romano che ha immortalato il momento). Bergoglio proseguirà nel solco di Benedetto XVI? Il Papa tedesco è stato il primo a sbarcare su Twitter, ha inaugurato un canale Youtube, se la cavava benino con il computer e più di una volta è stato fotografato con un iPad tra le mani.

I DIECI CONSIGLI
Per dire come nuoterà il nuovo Pontefice nel mare magnum di internet è ancora presto ma intanto il sito Usa Mashable ha stilato per lui 10 tecno-consigli tra il serio e il faceto: usare la piattaforma video di Google per le messe in streaming, inaugurare un profilo Facebook che spazzi via le decine di fake spuntati all'indomani dell'elezione e magari debuttare persino su Instagram: «Una sua foto della Cappella Sistina o dell'appartamento papale - prevede Mashable - renderebbe patetici i milioni di tramonti pubblicati ogni giorno» sul socialnetwork delle immagini.

 


CIPRO COSTERÀ ALL’ITALIA 750 MILIONI DI EURO (PER ORA)

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Federico Fubini per il "Corriere della Sera"

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Ora, anche senza governo, il Senato di Roma dovrà probabilmente votare su Cipro. Dovranno dire sì o no gli eletti di M5S, quelli di Sel e quelli del Pd vicini alla Cgil, e chissà quale maggioranza (semmai) si troverà. Perché qualunque siano le modifiche dei prossimi giorni, il piano per Nicosia presto arriverà anche a palazzo Madama per il semplice fatto che l'Italia è chiamata a contribuire con 750 milioni: un prestito che peraltro aumenterà il debito pubblico.

Fra gli altri aspetti, quel pacchetto per ora contiene un prelievo forzoso dei conti correnti sui piccoli risparmiatori ciprioti, quelli che hanno fino a 100 mila euro: il colpo di forbice potrebbe essere del 3% in una delle ipotesi meno pesanti, del 6,75% in quella inizialmente uscita dall'Eurogruppo.

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È la prima volta che un «salvataggio» europeo condiziona un prestito a una sforbiciata dei depositi bancari. Colpire i patrimoni sopra i 100 mila significa far pagare i debiti di Cipro a molti oligarchi russi, anche quelli dal passato poco chiaro che hanno nascosto lì i loro milioni. Ma scendere sotto la soglia dei 100 mila è violare un tabù: non solo quello di una direttiva europea, soprattutto l'idea che i piccoli risparmiatori e i loro conti correnti fossero comunque al sicuro in queste ricorrenti crisi di debito.

Nel caso di Cipro, dove le banche sono vicine al crac ma vantano attivi pari ad almeno sette volte il reddito lordo del Paese, non c'erano molte alternative. Se i governi europei avessero prestato tutto il denaro necessario al salvataggio, avrebbero sepolto Nicosia sotto altri debiti insostenibili. E se si fossero imposte perdite agli obbligazionisti della banche stesse, non si sarebbero raccolte risorse sufficienti. Non restava che colpire i depositi, pari ad almeno tre volte il Pil del Paese: da là verrà il 58% dei fondi necessari al piano.

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A partire dal commissario agli Affari monetari Olli Rehn, tutti i responsabili europei ripetono che a Cipro sono state applicate misure uniche e irripetibili perché tale è la situazione del Paese. E a fine giornata il contagio è risultato ridotto, anche perché Cipro e gli altri Paesi in crisi continuano a beneficiare della (potenziale) rete della Banca centrale europea.

Ma anche nella sua «unicità», Cipro manda un segnale di cui i senatori italiani al voto sul salvataggio dovranno pur tenere conto. Non è solo il precedente specifico che potrebbe crearsi, al quale qualcuno crede: ieri a Handelsblatt il capoeconomista di Commerzbank Jörg Krämer auspicava una tassa una tantum sui depositi in Italia, «un prelievo del 15% sulle attività finanziarie che basterebbe a spingere il debito sotto il 100% del Pil». Ma questa è un'ipotesi alla quale quasi nessuno oggi crede.

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Piuttosto, dopo il caso di Cipro, l'imposizione di perdite sui creditori è diventata ormai un passaggio ricorrente in molti programmi per i Paesi in crisi di debito. Stanche di offrire sempre nuovi prestiti al Sud Europa, Germania, Olanda e Finlandia ormai lo esigono. Ma soprattutto, le perdite a carico dei creditori appaiono una conseguenza prevedibile di debiti totali (pubblici e privati) che per certe economie in recessione superano il 400% del Pil.

Non è un caso se gli ultimi mesi hanno segnato una sequenza di insolvenze più o meno parziali. Non c'è solo l'esempio della Grecia, dove il valore dei titoli di Stato ha già subito due sforbiciate e altre revisioni del debito al ribasso probabilmente seguiranno. In Irlanda, il governo di recente ha ristrutturato le «note» con cui si era fatto carico dei debiti della Anglo-Irish Bank per una somma pari al 19% del Pil: sono diventate titoli di Stato a scadenza lunghissima e interessi bassi.

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L'onda lunga dell'insolvenza lambisce poi anche la Spagna: gli obbligazionisti «subordinati» (meno garantiti) di Bankia, terzo istituto del Paese, hanno perso quasi tutto; per varie altre banche iberiche, i bond sono stati convertiti forzosamente in azioni dai prezzi stracciati. E in fondo persino l'Olanda ha scelto la terapia d'urto quando ha azzerato i bond subordinati di Sns, terza banca del Regno. Perché Cipro sarà anche un caso «unico». Ma quando voteranno sul suo destino, i nuovi senatori italiani avranno davanti a sé un nuovo atto di questa saga dell'euro che, forse, farà loro sembrar semplice il compito di formare un governo.

 

AHI! TECH - STARCRAFT II: LE STELLE BRUCIANO - LA RECENSIONE DEL NUOVO EPISODIO “HEART OF THE SWARM”

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A cura di Andrea Andrei per Dagospia
(Twitter: @andreaandrei_ )

Innanzitutto, una precisazione, perché è bene fin da subito scoprire le carte. Chi scrive non è né un appassionato di videogiochi di strategia né tantomeno un amante della fantascienza. Forse sarà per colpa di tutti quegli esseri schifosi con innumerevoli zampe e antenne dai nomi impronunciabili, o di quelle tute gigantesche che emettono tutti quei rumori di metallo e pistoni.

STARCRAFT II HEART OF THE SWARM

Per farla in breve, ho sempre considerato questo tipo di giochi noiosi e complicati. Insomma, uno svago succhia-tempo e succhia-anima per soli nerd incalliti. Una premessa necessaria, perché oggi parliamo proprio di un videogame di strategia ambientato nella pura fantascienza, proprio quella dei mostri e delle tute meccaniche di cui sopra. Un gioco che anche i non appassionati avranno sentito nominare chissà quante volte: "Starcraft II", distribuito da Blizzard. Sì, se ve lo state chiedendo, è proprio lo stesso sviluppatore dell'epidemico "World of Warcraft", gioco che è paragonabile a eroina in formato video ludico, vista la quantità spaventosa di giocatori che sono entrati in un tunnel di dipendenza dal quale, a detta di tutti, è difficile uscire. Ebbene qualche giorno fa, dopo una sosta di tre anni da "Starcraft II: Wings of Liberty", è uscita un'espansione, "Heart of the Swarm", che in realtà è il secondo capitolo del predecessore.

STARCRAFT II HEART OF THE SWARM

La premessa fatta, come detto, era necessaria, soprattutto se, come il sottoscritto, il lettore ha gli stessi pregiudizi su questa tipologia di videogiochi. In tal caso, sappiate che quei pregiudizi, se avrete modo di provare Starcraft II, dureranno poco, giusto il tempo di abituarsi ai nomi impronunciabili e ai meccanismi in apparenza un po' cervellotici.

Se avete già dimestichezza con i videogame strategici, e siete in particolare fan della serie, di sicuro troverete questa nuova uscita entusiasmante. La vera sorpresa sarà appunto per i profani, che se avranno la pazienza di apprendere i fondamentali (sembra più complicato di quello che è in realtà) rimarranno sorpresi da quanto il gioco diventi coinvolgente.

BARCRAFT 2013 MILANO

La campagna giocatore singolo, cioè la storia, riprende dalla fine di "Wings of Liberty". Stavolta il giocatore sarà nei panni della ex "Regina delle Lame" Sarah Kerrigan, che prima era la spietata sovrana di un enorme esercito di orrendi mostri, chiamato "Sciame Zerg" e che nel frattempo ha riacquistato la sua dimensione umana (anche se forse, come ci sarà modo di scoprire, non si è liberata del tutto del suo lato oscuro) grazie al protagonista del primo episodio, Jim Raynor.

Ci sono sostanzialmente tre fazioni che se le danno di santa ragione: due umane, in perenne lotta fra loro, e appunto lo Sciame Zerg, una razza in costante evoluzione genetica che punta al raggiungimento della perfezione. La trama è avvincente fin da subito e dà la possibilità al giocatore, missione dopo missione, di abituarsi e di diventare sempre più abile man mano che gli obiettivi si fanno più complicati. Inoltre è possibile far evolvere il personaggio di Sarah, accedendo così a nuove abilità con cui potrete affrontare i vostri nemici.

STARCRAFT II HEART OF THE SWARM

Si tratta di una storia molto ben strutturata e ricca di colpi di scena di cui preferiamo non svelare niente, ma che parla sostanzialmente della vendetta di una donna follemente innamorata e di come l'uomo possa rivelarsi ben più mostruoso degli stessi mostri.

Poi c'è l'altro punto forte, e cioè il gioco online. Esiste una piattaforma dedicata, "Battle.net", dove si può acquistare il gioco (a questo indirizzo: http://eu.battle.net/sc2/it/, ma potrete anche provarlo gratis, solo creando un account) e dove è necessario iscriversi per godere dell'intera esperienza di Starcraft. Ci sono diverse modalità di gioco: è possibile interagire continuamente con gli altri utenti, organizzarsi in Clan, sfidarsi uno contro uno o in più persone. Tanto per dare l'idea di quanto le partite online possano essere divertenti, basti pensare che a Milano, lo scorso 11 marzo, in occasione dell'uscita di "Heart of the Swarm", si è riunito il primo "BarCraft". In pratica, decine di appassionati si sono dati appuntamento in un locale della città per assistere e cimentarsi nella guerra spaziale di Starcraft II che, tramite la rete, si è svolta in contemporanea in tutto il mondo. In Corea del Sud è una specie di istituzione, in Italia sta prendendo piede. Ci sono campionati a livello nazionale e internazionale, con tanto di commentatori professionisti.

BARCRAFT 2013 MILANO

D'altronde, prendere il controllo di un esercito di Zerg, farlo evolvere, organizzarlo e scagliarlo contro le linee nemiche annientandole dà una soddisfazione rara. Soprattutto, vi renderete conto di quanto presto entrino a far parte del vostro vocabolario i nomi impronunciabili di cui parlavamo prima. Il segnale è inequivocabile. Quando vi scapperà, mentre siete a pranzo, di pensare a voce alta che la prossima volta dovete essere più rapidi a creare delle pozze germinali per produrre più Zergling e gli altri commensali vi guarderanno con un'aria a metà fra lo schifato e il perplesso, allora potete giurarci: o siete dei nerd incurabili, o questo gioco fa decisamente per voi, e potete salutare una volta per tutte i vostri pregiudizi in merito.

 

GLI IMPRESENTABILI DELLA PROSSIMA VOLTA

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LUIGI CESARO

Andrea Cinquegrani e Rita Pennarola per la Voce delle Voci

Arriva l'eterno, immarcescibile parlamento dei "nominati" dalle segreterie di partito alla faccia della volonta' popolare. Intanto, mentre tutti giurano di voler abrogare il "porcellum", noi registriamo che solo sei, fra i ventidue candidati caldamente "sconsigliati" dalla Voce nel numero di febbraio, ce l'hanno fatta. A loro si aggiungono, questo mese, gli eletti di ogni latitudine e partito che porteranno con se' a Montecitorio e a Palazzo Madama un bagaglio di impresentabilita', politica o giudiziaria, ma saranno ugualmente chiamati a legiferare nel nome degli italiani. Poco piu' di quaranta nomi in tutto, quelli che vi proponiamo in ordine alfabetico, con l'unica certezza che l'elenco sarebbe ancora lungo, ma che sara' pur sempre utile tenere d'occhio vecchie conoscenze e new entry, specie per i tanti dalla memoria corta.

Denis Verdini

La vittoria del Partito Democratico, sia pur risicatissima, porterebbe un nome e cognome: quelli di Tommaso Barbato, segretario campano dell'Udeur di mastelliana memoria, altrimenti definito "lo sputazzatore di Palazzo Madama", dopo essersi lasciato andare al poco nobile gesto nei confronti del collega Nicola Cusumano, durante la burrascosa caduta del governo Prodi. All'indomani del 25 febbraio, Barbato lo dichiara candidamente alla stampa: «senza di noi sarebbero mancati quei circa 100mila voti che hanno fatto la differenza». Che si prepari di nuovo un posto da Guardasigilli per Clemente Mastella in ragione di tanta gratitudine?

Mentre da ogni parte si fanno i debiti scongiuri rispetto a questa ipotesi, resta invece il fatto che quella differenza di suffragi viene invece rivendicata con ben diversa concretezza dal Partito Socialista Democratico Italiano, la cui richiesta di coalizione col Pdl, trasmessa direttamente a Denis Verdini e da questi smistata ad Ignazio Abrignani, non fu nemmeno presa in considerazione benche' - secondo i sondaggisti - il partito di Saragat, oggi retto da Renato d'Andria, sulla base delle elezioni 2006 fosse stimato proprio intorno ai 120mila voti.

La storia, come sappiamo, non si fa con i "se". Percio' la Voce, in questo numero speciale, prova a fotografare la situazione degli eletti, quasi tutti in posizioni blindate, che varcheranno l'uscio di Montecitorio e Palazzo Madama portando con se' un fardello di vicende tali da renderli impresentabili sul piano politico o giudiziario. E invece eccoli tutti la', pronti a legiferare in nome del popolo.

Qui proviamo a tracciare la mappa in ordine alfabetico, ben consapevoli che sarebbe impossibile esaurirli tutti e limitandoci alla cinquantina di casi piu' clamorosi, compresi alcuni candidati "da non votare" gia' indicati nel numero di febbraio della Voce e che, nonostante tutto, sono stati eletti (e poi non dite che non ve lo avevamo detto).

SCILIPOTI E I SUOI BRAVI

In queste pagine troverete percio' in sintesi anche i profili dei sei candidati compresi nella "black list" poi eletti. La maggior parte fra coloro che erano compresi in quell'elenco (da Italo Bocchino a Aniello Di Nardo, da Massimo Donadi a Giampiero Samori') e' invece stata mandata a casa dagli elettori.

Lo stesso destino ha travolto centinaia di candidati dei partiti tradizionali: Pd e Pdl hanno perso complessivamente 10 milioni di voto. Otto e passa sono andati al Movimento 5 Stelle e alla sua pattuglia di giovanissimi, pronta a fare pulizia del vecchio potere. Ed e' alla loro freschezza che buona parte degli italiani ora guarda per sperare in un rinnovamento che sia vero.

ABRIGNANI IGNAZIO - PDL
Vola a Montecitorio dalle Marche Ignazio Abrignani, avvocato e uomo-ovunque dell'ex ministro delle Attivita' produttive Claudio Scajola, che in quella veste lo aveva nominato commissario straordinario del gruppo Cit, all'epoca con l'acqua alla gola. Nel 2009 Abrignani e' tra gli indagati, su ordine della Procura milanese, per il crac del colosso turistico, col l'ipotesi di dissipazione post fallimentare.

RENATA POLVERINI

ALLI PAOLO - PDL
Spicca il volo per Montecitorio subito dietro Daniela Santanche' il braccio destro di Roberto Formigoni Paolo Alli, blindato dal Celeste in Lombardia 3 e con lui coinvolto fino al collo nelle indagini sulla sanita' che hanno mandato a casa l'ex governatore. Tanto fedele al capo da essere nominato sottosegretario regionale con delega all'Expo 2015. Gia' nel 2010 Alli veniva considerato un interlocutore privilegiato - a loro dire - per uomini della P3 come Pasqualino Lombardi e Arcangelo Martino.

ANGELUCCI ANTONIO - PDL
Tranquilli: in parlamento tornera' anche il big della sanita' privata Tonino Angelucci detto Antonio, nel 2009 indagato per truffa ai danni della Regione Lazio con richiesta di autorizzazione a procedere, mentre il figlio Giampaolo finiva ai domiciliari nell'ambito dell'inchiesta che vedeva al centro il colosso di famiglia Tosinvest, legato a doppio filo con gli affari da miliardi del San Raffaele e di don Luigi Verze' buonanima. Due anni dopo scoppia il bubbone dei finanziamenti statali all'editoria per gli Angelucci, che secondo gli inquirenti li avrebbero percepiti, in violazione della legge, per due quotidiani: Libero e il Riformista, contemporaneamente.

Un groviglio ingarbugliato al punto tale che se oggi cerchi su Wikipedia il profilo di Antonio Angelucci (presente per tutti i parlamentari in carica o decaduti) trovi solo la seguente scritta: «Attenzione: questa pagina e' stata oscurata e bloccata a scopo cautelativo a seguito di minaccia di azioni legali». Se non altro, la riconferma di Angelucci alla Camera col Pdl in Lombardia 2 servira' a consolidare le prove di governissimo, visto che era stato proprio l'ex portantino di origini abruzzesi a salvare dal crac i Ds acquistando nel 2003 buona parte del patrimonio immobiliare ex Pci per circa 82 milioni di euro.

lorenzo cesa

ATTAGUILE ANGELO - PDL
Potenza (e sconcio) del Porcellum! Silvio Berlusconi in persona catapulta nelle liste della Campania il qui sconosciutissimo Angelo Attaguile in posizione blindata, che cosi', senza nemmeno dover incontrare gli elettori, spicca direttamente il volo per Montecitorio. Lo conoscono bene, invece, in quel di Catania e piu' precisamente a Grammichele, paese d'origine del suo nume tutelare Raffaele Lombardo, l'ex presidente dell'Ars Sicilia andato via con disonore e definito "Arraffaele Lombardo". Si' perche' Attaguile e' figlio di quell'andreottiano purosangue Gioacchino Attaguile, senatore, vero artefice della carriera dell'ex governatore Lombardo. Inquisito per lo scandalo delle case popolari nella sua citta', Angelo Attaguile e' stato poi prosciolto, diventando anni fa presidente del Catania Calcio (altra contestata gestione) e poi tesoriere del Mpa. Cittadini campani, lo avete eletto voi. Sappiatelo.

ROSARIA CAPACCHIONE

BAZOLI ALFREDO - PD
Eccola, la famigliona del banchiere Giovanni Bazoli, con la maglietta del Pd lanciata all'assalto del parlamento. Se alle primarie 2007 in fila per votare si era visto lui, il banchierone di Imi Sanpaolo Giovanni, oggi ecco nipote Alfredo, 44 anni, figlio del fratello Luigi, blindato al numero otto della lista in Lombardia e puntualmente eletto. Quando Pier Luigi Bersani dice: «fuori i banchieri dai partiti»...

BINDI ROSI - PD
Niente da dire sulla persona, cattolica, coerente, mai sfiorata da inchieste giudiziarie. A parte, naturalmente, le dichiarazioni di Luigi Lusi, tesoriere maneggione della Margherita, il quale aveva dichiarato che una parte delle somme trafugate erano state consegnate proprio a lei, l'arcigna e moralizzatrice Rosi. Distratta o sorda negli anni in cui presiedeva il fiorellino, e oggi incurante delle "maldicenze" di Lusi, ora la Bindi e' riuscita a disgustare migliaia di elettori del Partito Democratico per la sua ennesima richiesta di deroga al regolamento interno, facendosi catapultare in Calabria dopo una permanenza a Montecitorio che dura da ben cinque legislature. E a niente sono servite, nel suo caso, le reprimenda di Matteo Renzi sui mammut in parlamento. Coi bersaniani che continuano a parlare di "rinnovamento" e "spazio ai giovani"...

BRUNO BOSSIO VINCENZA - PD
Moglie del plenipotenziario calabrese del Pd Nicola Adamo, la neo-onorevole Vincenza Bruno Bossio e' imprenditrice a tutto campo nel settore delle tecnologie informatiche. Il suo nome ricorreva piu' volte nelle inchieste dell'allora pubblico ministero di Catanzaro Luigi de Magistris, che ne aveva radiografato per filo e per segno l'arcipelago societario: una holding destinataria, negli anni, di consistenti finanziamenti pubblici.

ENZO CUOMO PD

Sappiamo come sono andate a finire le inchieste di de Magistris dopo l'avocazione, al punto che la Bossio e' stata fra coloro che hanno intentato una causa civile ai danni dell'ex pm. Restano pero' agli atti alcune imbarazzanti intercettazioni: nulla di penalmente rilevante, ma quei colloqui con gente come l'inquisito numero uno, Antonio Saladino, la dicono lunga sulla considerazione che l'imprenditrice aveva all'epoca per le istituzioni.

CALIENDO GIACOMO - PDL
Sottosegretario alla Giustizia nel governo Berlusconi con incarichi apicali al Dipartimento di Via Arenula, il senatore uscente Caliendo, oggi riconfermato in Lombardia, era stato prosciolto a marzo 2012 dall'accusa di aver fatto parte della loggia segreta P3 insieme a personaggi come il faccendiere Pasqualino Lombardi, col quale aveva fondato il Centro Studi Giuridici per l'Integrazione Europea Diritti e Liberta' finalizzato, secondo l'accusa, ad esercitare indebite pressioni sui magistrati. Per altri indagati il processo e' tuttora in corso. Archiviando invece la posizione di Caliendo, il gip Giovanni De Donato descrive le sue condotte come «al limite fra il penalmente rilevante e il deontologicamente censurabile».

CAPACCHIONE ROSARIA - PD
Giornalista del Mattino, autrice di inchieste anticamorra, entra a Palazzo Madama sull'onda delle polemiche scatenate dalle traversie giudiziarie del fratello Salvatore Capacchione, costruttore, che cominciano nel 2004, quando il pm di Perugia Sergio Sottani chiede ed ottiene dal gip quattro ordinanze di custodia cautelare. Una e' per Salvatore.

ANTONIO PAOLUCCI jpeg

L'inchiesta e' quella sulla sezione fallimentare del tribunale di Roma e sulle risorse milionarie sottratte ai legittimi creditori con la complicita' di alcuni magistrati. Arriva il 2005 e Salvatore Capacchione si ritrova indagato nell'ambito dell'inchiesta della Procura partenopea sulle opere a Ponticelli eseguite dalle "cooperative bianche", fra cui la sua. Ce ne sarebbe gia' abbastanza. Se non fosse che a Caserta spunta un altro procedimento, dove stavolta ad essere sul banco degli imputati e' proprio lei, la neo-senatrice. L'accusa e' di calunnia ai danni dell'ufficiale delle Fiamme Gialle Luigi Papale.

CARDINALE DANIELA - PD
E' al suo secondo mandato, ottenuto in un collegio ritenuto "blindato". Sponsor l'ex margheritino Giuseppe Fioroni, il gesto politico piu' significativo ricordato dai suoi biografi e' racchiuso in tre parolette: «se po' fa'». Nel pedigree una parentela che conta: e' infatti figlia del pluriministro di poste e telecominicazioni targato Pd (primo e secondo esecutivo D'Alema, poi governo Amato), Salvatore Cardinale, il cui nome figurava nell'elenco degli invitati alle nozze di Francesco Campanella (con due altri big, Clemente Mastella e Toto' Cuffaro). Ha fatto tutta la trafila scudocrociata, senza perdersi una tappa: Dc, Ccd, Udeur, Ppi, Margherita, Pd.

SAVERIO ROMANO

CASSON FELICE - PD
Ex toga di punta a Venezia con un ricco pedigree di indagini soprattutto su ambiente e terrorismi, e' anche docente di diritto ambientale all'istituto universitario di Architettura del capoluogo lagunare e all'universita' telematica Uninettuno. Pochi bagliori nell'attivita' parlamentare. Tra le inchieste da ricordare, invece, quella relativa a Gladio che fece infuriare Francesco Cossiga (lo defini' «l'efebo di Venezia»): strano attacco, quello dell'ex picconatore, vista la comune amicizia dei due con Giancarlo Elia Valori, grand commis, ex piduista depennato dagli elenchi da Gelli in persona. I percorsi della vita.

CESA LORENZO - UDC
Dalle macerie dell'Udc e' riemerso solo lui con pochi altri: rieletto in Calabria, dov'era capolista Udc, rieccolo in pista pronto a dettare le regole della morale insieme al suo alter ego Pier Ferdinando Casini. Le indagini a carico del segretario nazionale Lorenzo Cesa cominciano nel 1991 e da allora praticamente non finiranno piu'. Abuso d'ufficio, concussione, tangenti, fino alla clamorosa inchiesta Why Not dell'allora Pm di Catanzaro Luigi de Magistris sulla Loggia San Marino e al sequestro di tutti i suoi beni nel 2010. Tra prescrizioni ed altri escamotage, se l'e' sempre cavata, pur avendo ammesso in dibattimento molti degli addebiti contestatigli. E' in parlamento dal 2005 e, continuando di questo passo, ci restera' probabilmente a vita.

rosy bindi x

CESARO LUIGI - PDL
Piove sul bagnato, ovviamente, per il pidiellino partenopeo assurto a simbolo dell'illegalita' in pianta stabile a Montecitorio. Indagato per rapporti coi famigerati Casalesi in seguito alle rivelazioni del pentito Gaetano Vassallo, oggi si ritrova al centro di una nuova bufera per i suoi rapporti degli anni '80 col boss della Nco Raffaele Cutolo e con sua sorella Rosetta.

Non per niente, in quel periodo il consiglio comunale di Sant'Antimo era stato sciolto per infiltrazioni mafiose proprio a causa della presenza in consiglio comunale della loro dinasty. Che oggi cresce sia in fatturati - sono proprietari del maggior gruppo privato sanitario dell'area nord di Napoli, dove mancano strutture pubbliche, oltre che di un albergo-monstre a 5 stelle - che in potere politico, col figlio di Giggino ‘a purpetta, Armando, gia' ai nastri di partenza per succedere al padre in Parlamento alla prossima tornata.

CIRIELLI EDMONDO - FRATELLI D'ITALIA
Ex duro di Alleanza Nazionale, poi Pdl, alla Provincia di Salerno - che ha guidato per quattro anni - lo ricordano soprattutto per il flop dell'aeroporto mai "decollato" a Pontecagnano: un centinaio di milioni buttati per uno scalo da pochi voli la settimana, eredita' del precedente numero uno della Provincia (l'ex Margherita Pasquale Villani, un impero della distribuzione alimentare finito in crac). Cirielli voleva spenderne un'altra trentina per allungare la pista: non ha fatto in tempo. Si consola col volo a Montecitorio.

MATTEO COLANINNO

COLANINNO MATTEO - PD
Pierluigi Bersani lo spedisce nei salotti televisivi per dar fiducia alle truppe disorientate, a caccia di una rotta per evitare l'ingovernabilita'. Gli potranno risultare utili i consigli paterni, visto che l'ex patron di Olivetti e Piaggio, Roberto Colaninno, cresciuto sotto la protettiva ala dalemiana, e' stato poi prescelto da Silvio Berlusconi per pilotare il minestrone CAI, destinato a evitare il collasso di Alitalia. La compagnia, dopo aver sperperato milioni su milioni e aver "bruciato" i vertici aziendali (alla guida adesso c'e' proprio Colaninno senior), ora rischia la svendita ad Air France.

CROSIO JONNY - LEGANORD
Nella lista per il Senato in Lombardia era al decimo posto, ma lui, che proviene dalla Camera, ce l'ha fatta lo stesso. E ora sono in molti a prevedere che dovra' dividersi tra Palazzo Madama e la procura di Sondrio, dove il 3 maggio avra' inizio il processo nel quale Crosio dovra' difendersi per i reati di turbativa d'asta, concussione, corruzione e rivelazione di segreto d'ufficio, assieme ad altri 20 imputati.

La vicenda risale al 2010, quando in Valtellina vengono indagati o arrestati politici, amministratori locali, funzionari della Comunita' montana e imprenditori privati. Tra questi c'e' anche Crosio, all'epoca dei fatti assessore provinciale alla Viabilita'. L'accusa e' di aver esercitato pressioni su piccoli proprietari, minacciandoli di esproprio, per far vendere i loro appezzamenti di terreno, a prezzi inferiori al dovuto, alla ditta Galperti, per agevolare la costruzione della strada di Bema. Un processo sul quale incombe la prescrizione.

CLAUDIO SCAJOLA jpeg

CUOMO VINCENZO - PD
Arriva al Senato dalla Campania il sindaco di Portici Vincenzo Cuomo. Ex Dc, poi Margherita, quindi approdato nelle braccia larghe del partito di Pier Luigi Bersani, Cuomo e' stato eletto sindaco del popoloso comune vesuviano nel 2009 al primo turno, con quasi il 70% di preferenze. Un bel successo. Peccato che nell'incandescente relazione della Commissione d'accesso nominata nel 2003, quando Portici fu sciolta per mafia, si parlasse proprio di lui, l'allora vicesindaco Cuomo.

I commissari prefettizi ricordavano infatti che «Cuomo Vincenzo, nato a Piano di Sorrento il 3/4/64 e' coniugato con Graziano Sara, nata a Torre del Greco, sorella di Graziano Cristiana, moglie di Zaza Pio, nato a Portici il 30/7/60, ivi residente in via Dalbono 18». Pio Zaza - ricostruiscono i commissari - e' a sua volta figlio di «Zaza Salvatore, fratello del defunto Michele, capo indiscusso del clan Zaza». Il neo senatore del Pd Cuomo, dunque, e' imparentato con la famiglia camorristica dei Zaza.

D'ALI' GIAMPIERO - UDC
Professione barone, prima di darsi alla politica. E poi: latifondista (sue le centinaia di ettari fra le saline del trapanese e Marsala) e banchiere, a bordo della Banca Sicula, nel cui staff ha fatto capolino fino al 1991, come funzionario, Salvatore Messina Denaro, fratello del ricercato numero 1 di Cosa nostra, Matteo. Il nome del padre, Antonio, figurava invece negli elenchi della P2 made in Licio Gelli. Responsabile economico della prima Forza Italia, D'Ali' e' stato sottosegretario agli interni nel secondo governo Berlusconi.

EDMONDO CIRIELLI

D'ATTORRE ALFREDO - PD
Ricercatore di filosofia all'universita' di Salerno, Alfredo D'Attorre era stato spedito da alcuni mesi in Calabria come commissario regionale a dipanare la difficile matassa di squilibri e arretramenti nel partito. Una vigilanza che - ci auguriamo - gli sara' riuscita meglio di quella che tenne a Salerno da segretario provinciale. Il 2006, quando D'Attorre ricopriva questa carica nella sua citta', fu infatti l'anno in cui divampo' lo scandalo del consigliere comunale piddino Vincenzo Bove, nominato dall'allora sindaco deluchiano Vincenzo Di Biase assessore alla movida.

Quando Bove venne arrestato sulla base di intercettazioni con uomini dei clan camorristici locali, D'Attorre ne se usci' con un candido: ««certo su Bove c'erano sempre state delle voci, ma con lui avevamo parlato e gli avevamo chiesto di queste voci ma lui ci aveva sempre rassicurati». Come chiedere all'oste se il vino e' buono.

DAMBRUOSO STEFANO - MONTI
Non ha lasciato la magistratura negli ultimi mesi, l'ex pm di Milano Stefano Dambruoso, ma ha solo chiesto l'aspettativa al Csm rimanendo, come altri colleghi, ad attendere l'elezione in Parlamento prima di prendere la decisione con comodita'. Fatto sta che dell'ex pm del caso Abu Omar Stefano Dambruoso in questa campagna elettorale si e' parlato davvero poco.

Scajola e Fitto

E lui, forse proprio per questo, ora sbarca alla Camera da montezemoliano doc (aveva firmato il manifesto di Italia Futura) sotto le insegne del Professore. Proviene dall'ufficio coordinamento internazionale di Via Arenula, dove era arrivato proprio in seguito alle polemiche sul caso dell'ex imam di Milano. Ora Dambruoso dichiara che si battera' per una legge tesa ad impedire che i magistrati passati in politica tornino a giudicare. Ma nulla dice sulle richieste di aspettativa e sulle candidature delle toghe che, in caso di mancata elezione, tornano a decidere il destino delle persone, senza imbarazzo alcuno.

DE GIROLAMO NUNZIA - PDL
Nel 2007 comincia a farsi notare come commissario giovanile di Forza Italia a Benevento. Un anno dopo arriva in Parlamento ed esordisce tra le Papi girls. Ma il punto e' un altro: nel 2010, quando scoppia lo scandalo della P3, Arcangelo Martino dal carcere prova a tirare in ballo la deputata sannita, che a suo dire doveva accompagnare da Berlusconi il faccendiere beneventano Pasqualino Lombardi. Lei smentisce tutto. Resta pero' il fatto che sua sorella lavora in una societa' sannita dedita alla messa all'asta di beni pignorati che fa capo a Gianfranco Lombardi - figlio del faccendiere Pasqualino - e a Vincenzo Viscione, il cui padre, Paolo, e' un altro protagonista del caso "Loggia P3".

RAFFAELE FITTO

DEL BASSO DE CARO UMBERTO - PD
Massone, avvocato difensore negli anni ‘80 di uomini come Bettino Craxi, forse grazie a tali benemerenze era assurto ai vertici del Partito Democratico campano, tanto da diventarne numero uno alla Regione, dove avrebbe dovuto contrastare sul piano politico l'attivita' del governatore socialista - e delfino di Craxi - Stefano Caldoro. Misteri e beffe dei piddini italiani, fatto sta che oggi Del Basso De Caro, piazzato a Campania 2 in posizione blindata, torna a furor di popolo in parlamento. Trovera' tempo per la difesa in tribunale del suo cliente eccellente Nicola Mancino, ex vicepresidente del Csm, nel processo sulla "trattativa"?

ESPOSITO GIUSEPPE - PDL
Torna in Senato il componente del Copasir Esposito, nella scorsa legislatura al vertice dell'organismo chiamato a vigilare sui servizi segreti, come vice di Massimo D'Alema. Classe 1956, Giuseppe Esposito e' nato a Pagani, provincia di Salerno. Eletto per la prima volta nel 2008, dichiara nella navicella di essere "funzionario di partito e imprenditore". Qualifica, quest'ultima, che lo vede in pista, per esempio, come consigliere d'amministrazione della societa' che aveva organizzato gli infausti campionati di nuoto per Roma 2009, cuore dello scandalo sulle grandi opere che oggi vede alla sbarra uomini come Angelo Balducci. Interrogativi si aprono infine anche sulla Esor spa, che vede Esposito fra i principali azionisti: fondata nel 2006 con appena 20mila euro di capitale sociale, e' oggi un'autentica multinazionale dell'energia con fatturati da milioni di euro e sedi in mezzo mondo.

FITTO RAFFAELE - PDL
Rieccolo, l'ex governatore della Puglia Raffaele Fitto, un giorno si' e l'altro pure sulle prime pagine dei giornali, durante la scorsa legislatura, per inchieste giudiziarie a suo carico. Il clou in piena campagna elettorale, quando sul capo di Fitto arriva la condanna in primo grado per illecito finanziamento ai partiti ed abuso d'ufficio in relazione alla tangente che avrebbe ricevuto dal ras della sanita' Giampaolo Angelucci, figlio del parlamentare Pdl Tonino (vedi).

FRATOIANNI NICOLA - SEL
Uno degli assessori forti della giunta Vendola fa il salto a Montecitorio. Peccato che il suo nome sia finito fra le carte della bollente inchiesta sullo scandalo finanziario e ambientale targato Ilva, in cui si legge che «l'avvocato Francesco Manna, capo di gabinetto del governatore Vendola, il 6 luglio 2010, e l'assessore Nicola Fratoianni sono stati incaricati di "frantumare" il direttore generale dell'Arpa Puglia (l'agenzia regionale per l'ambiente, ndr), Giorgio Assennato, che aveva osato diffondere dati allarmanti sul superamento delle soglie di inquinamento ambientale dello stabilimento e sugli effetti catastrofici sulla popolazione». Auguriamoci che il braccio destro di Nichi Vendola, nelle sue nuove vesti, frantumi anche mafie e spread.

Nunzia De Girolamo

GALATI GIUSEPPE DETTO PINO - PDL
Passato dall'Udc al Pdl, Pino Galati era sottosegretario alle Attivita' produttive quando fini' nel registro degli indagati nell'ambito delle indagini condotte a Catanzaro da Luigi de Magistris. Dopo archiviazione e proscioglimento, restano documentati i contatti stretti di allora fra Galati ed alcuni personaggi discussi emersi da quelle inchieste, a partire dallo stesso faccendiere Antonio Saladino, e poi altri come Lorenzo Cesa (anche lui rieletto in Calabria, vedi) e l'allora procuratore capo Mariano Lombardi.

GITTI GREGORIO - MONTI
Altro rampollo della famiglia Bazoli spedito in corsia preferenziale a Montecitorio. Gregorio Ghitti, che del banchiere ha sposato una figlia, tanto per diversificare ha lasciato la corrente di Rosi Bindi per sbarcare alla corte di Mario Monti e da qui prendere il biglietto di sola andata (speriamo di no) verso gli scranni di Montecitorio. Tanto per sostenere la causa, l'appello a favore del Professore era stato sottoscritto anche dall'altro genero di Giovanni Bazoli, Fabio Coppola, marito della secondogenita Chiara. E poi c'e' ancora qualcuno che mette in dubbio l'asse di ferro pre-elettorale Bersani-Monti, bocciato dai cittadini.

MARINO LUIGI - MONTI
Dopo ventidue anni passati al timone della corazzata bianca Confcooperative, ora fa il salto tra gli scranni parlamentari. Da una bolgia all'altra il salto non e' poi cosi' lungo, viste certe traversie di casa coop, dove il suo inossidabile braccio destro, e vicepresidente Conf., Carlo Mitra, deve vedersela con qualche brutta grana giudiziaria. Come quella sul patronage piu' che disinvolto di una mega coop della vigilanza privata e Roma (e non solo), l'ex Urbe molto cara a Sergio De Gregorio poi diventata Nuova Citta' di Roma. Peccato che sulla nuova sigla si stagli nientemeno che l'ombra della Magliana band, tenuto conto dell'inchiesta al caloro bianco (riciclaggio e 416 bis le piste investigative) che vede coinvolto il suo vertice, Fabrizio Montali (figlio dell'ex senatore psi Sebastiano). Altre ombre, poi, arrivano dalla Campania, dove le performance di bianco-coop sono spesso al centro di polemiche: come ai tempi del ras anni ‘70-'80 Francesco Capacchione, padre di Rosaria (la giornalista anticamorra fresca di Parlamento, vedi) e Salvatore.

MATARRESE SALVATORE - MONTI
Da coordinatore di Italia Futura Puglia Salvatore Matarrese, nipote di mister Federcalcio Antonio, e' stato tra i finanziatori della lista Monti. Forte di una corazzata edile come la Salvatore Matarrese spa, il momtezemoliano Matarrese presentera' nuovamente ora un conto salatissimo ai contribuenti italiani, quei 49 milioni attribuiti con sentenza al suo gruppo per l'abbattimento forzato degli ecomostri di Punta Perotti, sul lungomare barese. Sempre che non si presentino nuovi risvolti giudiziari a carico del suo parente Toto Greco, sotto processo per il caso Tarantini e intercettato piu' volte in conversazioni imbarazzanti proprio con il nuovo onorevole montian-montezemoliano. Staremo a vedere.

Stefano Dambruoso MAU

MATTEOLI ALTERO - PDL
Uno dei colonnelli di An rimasto, negli anni, un fedelissimo del Cavaliere, accompagnandolo dal debutto del 1994 (Matteoli ministro dell'Ambiente nel primo governo Berlusconi) fino all'ultimo esecutivo (e' titolare dei Trasporti, con l'intermezzo del quinquennio 2001-2006 ancora all'Ambiente). Qualche grattacapo lungo il percorso, dove si ricorda il protagonismo fin troppo invasivo del direttore al ministero per l'Ambiente Paolo Togni. Altre gatte da pelare dall'isola d'Elba, per una serie di vicende relative ad abusi edilizi: storie finite nel nulla giudiziario, cosi' come il forte e discusso legame col prefetto di Livorno, Vincenzo Gallitto. Il duro di Msi, Destra Nazionale, poi An, quindi Pdl e' sempre in campo.

MINARDO ANTONINO - PDL
Eletto a furor di popoli in Sicilia, nel 2011 il senatore uscente Nino Minardo e' stato condannato con rito abbreviato dal gip di Messina a un anno di carcere per abuso d'ufficio in merito all'inchiesta sul Consorzio Autostrade Siciliane, di cui era stato presidente nel 2007, dopo aver tentato invano l'elezione all'Assemblea Regionale Siciliana. Recentemente la condanna e' stata ridotta a "soli" 8 mesi di reclusione.

MINNITI MARCO - PD
Pochi lo sanno, ma il superdalemiano Minniti ha svolto un delicato incarico nell'ultimo anno e mezzo: e' stato, infatti, il responsabile nazionale del Pd per "la verifica dell'attuazione del programma dell'esecutivo Monti". Una chiave, forse, per spiegare la debacle delle truppe capeggiate da Pier Luigi Bersani. La sua presenza, comunque, fa capolino anche in altre stagioni e su altre strategiche poltrone: sottosegretario alla presidenza del consiglio nel D'Alema 1 e nel D'Alema 2, viceministro degli Interni con Romano Prodi tra il 2006 e il 2008, poi ministro ombra, sempre per gli Interni. Trova il tempo, comunque, per dar vita, nel 2009, a ICSA, acronimo di Intelligence Culture and Strategic Analysis, una fondazione che si occupa in prevalenza di sicurezza, difesa e intelligence. La sua creatura ha avuto un presidente onorario d'eccezione: l'ex capo dello Stato Francesco Cossiga.

MARCO MINNITI

PAOLUCCI MASSIMO - PD
Non fa in tempo a brindare per lo scranno (blindato, in caso di successo Pd) di Montecitorio, che gli piomba una sonora tegola sulla capoccia: dovra' risarcire al comune di Napoli 560 mila euro e rotti per la malagestione dell'emergenza rifiuti (condannati per un importo analogo, fra gli altri, gli ex sindaci Antonio Bassolino e Rosa Russo Iervolino). E lui, il superburocrate Paolucci, in quella ‘monnezza' ha ricoperto un ruolo strategico, proprio quello di supercommissario a partire dall'anno 2000. Secondo alcune ricostruzioni investigative, insieme all'altro commissario, Giulio Facchi, sarebbe stato protagonista di una vera e propria "trattativa" con un gruppo di imprenditori in odore di mafia per l'individuazione di "buchi" ad hoc (leggi discariche), "disponibili" per interrare rifiuti. Ora potra' occuparsi con profitto della monnezza che continua ad abbondare nelle aule parlamentari.

PARISI MASSIMO - PDL
Blindato per Montecitorio il coordinatore del Pdl in Toscana Parisi, fedelissimo del coordinatore nazionale Denis Verdini (vedi). Con lui e' indagato, assieme ad altri 23 tra editori e imprenditori, per truffa aggravata allo Stato, in merito ai contributi pubblici all'editoria incassati indebitamente dai giornali tra il 2002 e il 2012. Nel caso di Parisi l'inchiesta riguarda il Giornale di Toscana, gestito dalla Nuova editoriale cooperativa srl, socia di maggioranza della Societa' Toscana di Edizioni, che edita la testata. Una cooperativa «palesemente fittizia» per la procura di Firenze che stima la truffa ai danni dello Stato in oltre 20 milioni di euro, coinvolgendo anche il settimanale Metropoli Day. I magistrati stanno inoltre cercando di ricostruire i dettagli della vendita avvenuta nel 2009 della Societa' Toscana Edizioni all'imprenditore Giuseppe Tomassetti, ritenuto vicino al faccendiere Flavio Carboni, per 300mila euro.

PICCOLO SALVATORE - PD
Una bella, bella carrierona per l'ex peones democristiano (gavianeo doc) alla Provincia di Napoli Salvatore Piccolo. Quando mette piede per la prima volta in Parlamento, nel 2008, la sua dichiarazione dei redditi mostra un imponibile adeguato al cognome, 35mila euro e spiccioli, nonostante la proprieta' dichiarata di appartamenti e fabbricati nella natia Brusciano. Oggi, a distanza di quasi cinque anni, l'imponibile balza a 147.490 euro. Niente da dire, la vita da parlamentare rende bene. Almeno a chi la pratica. Tutt'altro che brillante, invece, l'indice di produttivita' del deputato Piccolo secondo l'agenzia specializzata Open Polis, che risulta solo 479esimo su 630.

POLVERINI RENATA - PDL
Uscita dalla finestra della Pisana, torna dalla porta principale di Montecitorio l'ex sindacalista Ugl Renata Polverini. Memorabili, nel suo travolgente mandato di presidente della Regione Lazio (nel senso che e' stato travolto dagli scandali), sprechi come il doppio incarico, a spese dei contribuenti, della coppia campana Salvatore Ronghi (ex Cisnal pure lui), nominato sul campo segretario generale della Regione (stipendio: 200mila circa all'anno) e Gabriella Peluso, di lui compagna e giornalista, "avocata" dalla Polverini nella capitale con mansioni ad hoc e stipendio da 132mila euro. Presentatosi a Napoli nel listone di reduci e impresentabili targato Grande Sud, Ronghi e' stato bocciato dagli elettori, benche' la Peluso avesse tempestato le redazioni di comunicati sulla sua campagna elettorale, tutti inviati dalla mail ufficiale della Regione Lazio.

ROMANO ANDREA - MONTI
Un curriculum che incute un fortissimo timore reverenziale per la possanza dei suoi ingredienti: professore associato di storia contemporanea all'universita' di Tor Vergata, politologo, editorialista per Stampa e Sole 24 ore, responsabile della Cultura per l'Italia Futura sognata da Luca Cordero di Montezemolo. Peccato inciampi sull'italiano e scivoli sugli accenti come su un pavimento appena cerato: mitica la sua "co'ngrega di conservatori" davanti agli sbigottiti ospiti nel salotto tv di Corrado Formigli.

ROMANO SAVERIO - PDL
Ex ministro nell'ultimo governo Berlusconi, ha schivato una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa a luglio 2012, quando il gup del trivbunale di Palermo l'ha assolto, in pratica per quella che un tempo si chiamava "insufficienza di prove". «Gli elementi c'erano - osserva il pm Francesco Messineo - ma non sono stati ritenuti ideonei per una condanna». Vediamo di che elementi si tratta (ricostruiti anche in una sentenza di Cassazione dell'anno precedente).

Due carriere, quelle di Romano e di Toto' Cuffaro, che corrono parallele, a cominicare da quel 1991 quando i due incontrano Angelo Siino, il "ministro dei lavori pubblici del "governo Riina" per concordare una strategia in vista del voto. Anno clou, poi, il 2001, quando Cuffaro diventa governatore in Sicilia e Romano fa il suo primo ingresso a Montecitorio. «E' l'anno - commenta il pm Nino Di Matteo - in cui Romano deve onorare le cambiali staccate quando da giovane corteggiava e blandiva i boss per acquisire spazio e avere potere». Ora blandisce il Cavaliere.


SARRO CARLO - PDL
Tornera' a Palazzo Madama anche il massone Carlo Sarro, che proprio di una roccaforte storica del Grande Oriente d'Italia, Piedimonte Matese, era stato sindaco. Fedelissimo del detronizzato Nicola Cosentino - per il quale potrebbero spalancarsi ora le porte del carcere in ragione delle accuse formulate dai pubblici ministeri antimafia circa il suo rapporto stretto coi Casalesi - Sarro e' l'avvocato di ferro di Nick ‘o mericano e della sua famiglia, affiancati anche durante la gestione del Consorzio rifiuti Ecoquattro, al centro dello scandalo che ha travolto l'ex sottosegretario all'economia. Eletto per la prima volta nel 2008, Sarro era andato a sedere nella Giunta per le immunita' parlamentari, nel delicatissimo Comitato parlamentare per i procedimenti d'accusa e, soprattutto, in seno alla Commissione parlamentare antimafia.

SCIASCIA SALVATORE - PDL
Arcinote le vicende giudiziarie dell'ex fiamme gialle Salvatore Sciascia, che torna a vele spiegate in Senato con una condanna definitiva a due anni e mezzo per corruzione a finanzieri che indagavano sul gruppo Fininvest. Forse per questo nella legislatura appena trascorsa e' stato membro della Commissione permanente Finanze e tesoro di Palazzo Madama.

SCILIPOTI DOMENICO - PDL
Eccolo, l'emblema nazionale del trasformismo, che torna alla Camera grazie al Pdl. I maggiorenti del partito avrebbero voluto piazzarlo in Abruzzo in posizione piu' defilata, ma dopo l'autentica levata di scudi in quella regione, con minaccia di dimissioni in massa se nelle liste fosse comparso il nome di Scilipoti, si e' optato per la piu' accogliente Calabria.

Entrato in parlamento nella scorsa legislatura con Italia dei Valori, fa da stampella al governo Berlusconi dopo lo schiaffo di Gianfranco Fini. Ma il punto e' ancora un altro. Al di la' della vecchia condanna per debiti, Scilipoti avrebbe intrattenuto rapporti «con personaggi appartenenti ad una delle piu' importanti cosche della provincia di Reggio Calabria». Lo scrivono nel 2005 i commissari prefettizi inviati a Terme Vigliatore, comune sciolto per mafia a seguito delle denunce di Adolfo Parmaliana, il medico antimafia morto suicida dopo i tentativi di delegittimarlo.

TIDEI MARIETTA - PD
Eccola, la figlia del potentissimo sindaco di Civitavecchia Pietro Tidei, sbarcare finalmente in parlamento dopo la "gavetta" - si fa per dire - tutta d'oro di capo di gabinetto dell'allora presidente del consiglio regionale del Lazio Bruno Astorre. Per quell'incarico, benedetto da papa', gia' nel 2009 la signorina Tidei percepiva dai contribuenti uno stipendio da circa 160mila euro l'anno.

Niente male per una debuttante e tutto grasso che cola per una famiglia capace di piazzare contemporaneamente il cugino di Marietta, Marco Tidei, nel consiglio di amministrazione dell'Ater. Ha davvero motivi per sorridere, l'intraprendente neo-deputata, che nella sua pagina twitter cinguetta: «La politica per me e' da sempre l'attivita' piu' amata. Ho sempre dedicato tempo e cura nel capirla e nel prepararmi ad essa».

VERDINI DENIS - PDL
Tanto per rinfrescare la memoria, e' alla sua quarta legislatura l'onorevole banchiere Denis Verdini, sulle cui spalle pende un'autentica raffica di indagini, dai grandi appalti per il G8 della Maddalena a quelle sulla "cricca" dei costruttori, fino al coinvolgimento nelle Logge P3 e P4 insieme a un nugolo di faccendieri. Ultima tegola in ordine di tempo, il coinvolgimento nello scandalo Monte Paschi venuto alla luce attraverso una lettera in cui nel 2004 Verdini si rivolgeva a Fabrizio Felici, anche lui di Forza Italia e componente della Fondazione Mps, per partecipare alla spartizione dell'istituto senese.

 

ORNELLA ZARINA DI RUSSIA: LA MUTI FESTEGGIA A MOSCA I SUOI 58 ANNI

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Da "Chi"

1 - IN RUSSIA TUTTI... MUTI
Lo scorso 9 marzo dove avrà festeggiato i suoi cinquantotto anni Ornella Muti? Lo rivela "Chi". L'attrice è volata in Russia, a Mosca, dove le hanno preparato una festa molto ricca (e ben pagata).

ORNELLA MUTI

2 - BONOLIS SI TUFFA IN GIURIA
Il dado è tratto: Paolo Bonolis non condurrà il programma, in partenza a fine aprile su Canale 5, Stasera mi tuffo (otto vip che impareranno a tuffarsi con l'aiuto di alcuni esperti del settore). Paolo, insieme con la produzione, ha deciso che si cimenterà nel ruolo di giudice. Accanto a lui la campionessa Tania Cagnotto e altri esperti, che in questi giorni verranno provinati. Alla conduzione, invece, ci sarà una donna. Ancora top secret il nome della presentatrice.

3 - IL PAPA VISTO DA BELEN
La showgirl Belen Rodriguez è al settimo cielo per la scelta di padre Jorge Mario Bergoglio come Papa. Il commento a caldo della showgirl rilasciato a "Chi" è stato: «Sembra un po' me e un po' Lionel Messi dall'accento. Però mi piace tantissimo. È una persona seria e solare».

ANTONIO CASSANO

4 - NO, IL DIVORZIO NO
Colpo di scena. Continua la guerra a distanza tra Fabrizio Corona, detenuto nel carcere di Opera, e Nina Moric. Il prossimo 17 aprile ci sarà l'ultima udienza per firmare le carte del divorzio tra i due. Ma ora Nina, prima di concedersi una vacanza al caldo con il fidanzato Matteo Bobbi, ci fa sapere: «Ho cambiato idea. Non firmerò le carte per il divorzio. Combatto per ottenere quello che Corona deve non a me, ma a suo figlio Carlos Maria». Intanto il piccolo ancora non ha mai visto suo padre che è appena stato portato dal carcere di Busto Arsizio a quello di Opera. «Per ora non lo manderò in quel posto», conclude Nina.

Moric Nina

5 - MANGIA CHE TI PASSA
Il pericolo è il sottopeso, come per il fidanzato Fernando Alonso, pilota della Ferrari, il pericolo è il sovrasterzo. A Dasha Kapustina la stampa spagnola rimprovera di esibire un'eccessiva magrezza. Ma lei, modella russa, protesta: vuole mostrarsi sana e dimostrarsi sazia. Sarà per questo che ogni volta che posa o sfila a Milano, spunta una foto di lei munita di piatto in cui mangia. Con molto gusto.

6 - I PICCIONCINI VIAGGIATORI
Alberto di Monaco si è regalato un aereo per il suo cinquantacinquesimo compleanno, festeggiato con Charlene a Palau (in Micronesia). Il Principato aspetta di ammirare i due piccioncini viaggiatori volare a bordo del Falcon 7X, modello di jet che era stato ribattezzato il Carla One, quando a utilizzarlo erano Nicolas Sarkozy e Carla Bruni. Se poi la coppia principesca decollerà definitivamente, a questo punto diventerà il Charlene One.

7 - PARODI&GORI IN LOVE
Non sembrano passati 18 anni di matrimonio per una delle coppie più ammirate della tv e del jet set, Cristina Parodi e il marito Giorgio Gori. Lei in formissima, lui, invece, un po' appesantito, ma pur sempre in pista al pianobar più trendy di Madonna di Campiglio, il Piano 54. E, dopo un po' di chiacchiere e qualche drink, l'atmosfera si è fatta più hot e i due si sono lanciati in un bacio superappassionato... stile Tempo delle mele (ma non per under 14).

NINA MORIC E CORONA

8 - I VIP DA EROS... NON CANTANO
Solito tifo da stadio e grande successo al concerto milanese di Eros Ramazzotti. Il cantante, tra una canzone e l'altra, si prende una pausa per ringraziare con trasporto gli amici presenti, da Biagio Antonacci ad Albertino, da Mietta a Javier Zanetti. Peccato che, mentre tutta la tribuna cantava a squarciagola e ballava sulle note di Fuoco nel fuoco e Più bella cosa, loro stessero immobili e con la bocca cucita...

9 - LA ZILLI DUETTA CON NEFFA
Svelato il nome del misterioso musicista legato all'eterea Nina Zilli: si tratta di Giovanni Pellino, in arte Neffa, in vetta alle classifiche con il brano Molto calmo.

10 - LA CASSANO DI NUOVO MAMMA
Mentre suo marito, Antonio Cassano, spacca in due la tifoseria dell'Inter, fra prodezze e "cassanate", Carolina Marcialis è diventata mamma per la seconda volta. È nato infatti Lionel. Non si sa se a ispirare la scelta del nome sia stato Messi, il campione del Barcellona.

CRISTINA PARODI

11 - UN TRENO D'AMORE
Milano, 17 marzo, in Stazione Centrale una coppia si tiene per mano, prima di prendere il Frecciarossa, che li porterà a Roma. Lei è Mara Carfagna, lui il parlamentare uscente di Futuro e Libertà Alessandro Ruben. I due hanno viaggiato insieme, non si sono mai persi di vista e una volta arrivati a destinazione, si sono persi tra le luci della sera.

12 - MI... AMI? SÌ!
La scorsa settimana "Chi" aveva dato la notizia che la tennista Flavia Pennetta aveva concluso la sua storia d'amore con il collega Potito Starace (avvistato in discoteca con la showgirl Susanna Petrone). Ma in realtà Flavia, impegnata a Miami per lavoro, è in compagnia del suo nuovo "accompagnatore", Andrea Preti, ex di Fiammetta Cicogna.

13 - IL MARCHIO È MIO
Giovanni Vernia, imitatore di Fabrizio Corona, aveva pensato bene di registrare i marchi SocialCella e A testa alta, tormentoni da lui lanciati sul palco di Zelig. Ma quando si è recato alla Camera di Commercio per metterli nero su bianco, ha trovato un collaboratore di Fabrizio Corona che aveva già svolto le pratiche per togliere il business a Vernia, a cui non resta che l'imitazione a Zelig o la creazione di nuovi slogan.

GIORGIO GORI AL BIG BANG DI RENZI

14 - POLITICALLY (S)CORRECT
di Giulia Cerasoli

Politiche conquistate da papa Francesco
Dietro le quinte della diretta Rai per l'elezione di papa Francesco le deputate in studio Paola Binetti e Laura Ravetto, alla proclamazione, hanno avuto reazioni intense: la prima si è inginocchiata per terra, unendo le mani in segno di preghiera, mentre la seconda è scoppiata in un pianto commosso.

Dal "GF" alle 5 Stelle
«Sono qui perché non c'è ancora l'addetto stampa nazionale. E sia chiaro: non ci guadagno nulla!», ha assicurato Rocco Casalino, ex Grande Fratello 1, ora collaboratore alla comunicazione del M5S per la Lombardia, ai giornalisti che l'hanno avvicinato in Transatlantico.

Molto scaramantico
Il neopresidente del Senato Pietro Grasso ha zittito chi, prima del conteggio dei voti, già lo chiamava presidente: «Vi prego, dopo, dopo, altrimenti porta male».

FLAVIA PENNETTA

Parlamento olimpico
Josefa Idem, neosenatrice Pd, già straordinaria campionessa olimpica di canoa, è molto contenta della sua nuova vita. «Soprattutto quando mi sveglio la mattina e guardo fuori dalla finestra». E vede Roma.

 

 

UN SONDAGGIO TERRORIZZA B&B (BERSANI E BERLUSCONI)

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1 - IL SONDAGGIO CHE AGITA I DEMOCRAT: SOLO CON RENZI VITTORIA AL 40%
Nino Bertoloni Meli per "Il Messaggero"


Nel Pd, com'è ovvio, già pensano al dopo. Mentre Pier Luigi Bersani tenta e insiste e prova a formare il governo, nel partito che ha vinto-non vinto le elezioni c'è chi guarda lontano, oltre l'eventuale incarico al leader e oltre l'ancora più eventuale riuscita dello stesso. In sostanza, ci si comincia ad attrezzare per un più che probabile sbocco di ritorno alle urne.

BERLUSCONI AL SENATO CON GLI OCCHIALI

LA RILEVAZIONE
Un sondaggio agita in proposito il Nazareno. Un qualcosa a metà tra il rilevamento e lo studio propedeutico, frutto del lavoro della Swg, dal quale risultano alcune cose molto interessanti. I chiamati in causa hanno risposto a due domande semplici ma significative. La prima: «Se alle prossime elezioni si presentasse una coalizione di Pd, Sel e Monti guidata da Bersani, come voterebbe?».

PIERLUIGI BERSANI CON LA BANDIERA DEL PD

La seconda: stessa domanda ma con coalizione diversa - Pd più Monti e, soprattutto, guidata da Renzi. Ebbene, le risposte sono state differenti assai: nel primo caso, la coalizione guidata da Bersani si attesterebbe su un 29 per cento, mentre Pdl più Lega e Destra si fermerebbe al 26 per cento, con un exploit di Grillo al 40 per cento, che sarebbe quindi il primo partito e di gran lunga.

Le cose cambiano, e parecchio, con il secondo scenario, coalizione Pd+Monti senza Sel guidata dal sindaco di Firenze: in questo caso questo centrosinistra a trazione modernista senza sinistra vendoliana raggiungerebbe il 44 per cento, con un centrodestra al 19 per cento e Grillo "ridimensionato" al 30 per cento, poco sopra a quanto ha conquistato alle recenti elezioni, ma non più primo partito (Sel da sola prenderebbe un 4 per cento, e ove mai sí accordasse poi con il Pd+Monti farebbe sfiorare il 50 per cento al centrosinistra o come si chiamerà). Il leit motiv, in sostanza, ascoltato subito dopo il voto, secondo cui «con Renzi si sarebbe vinto a man bassa», troverebbe precisa conferma da questi rilevamenti.

MARIO MONTI CON IL SIMBOLO

IL SINDACO
Anche un altro sondaggio conferma questa tendenza. Lo pubblica Il Retroscena.it molto addentro alle cose democrat, un rilevamento della Digis secondo il quale gli elettori del centrosinistra non vogliono sentir parlare di accordi con il Pdl, vogliono un ritorno alle urne se non si riesce a formare un governo, e si dichiarano per il 27% a favore di una coalizione guidata da Bersani, ma il favore cresce fino al 37% se alla guida ci fosse Renzi. «Visto? Andando all'attacco si ottengono risultati. Quando non si gioca di rimessa o si aspettano i movimenti dei 5Stelle, e si fanno proposte credibili come per le presidenze delle due Camere, si vince e si convince», si fa sentire il rottamatore sulla sua e-news.

E lo fa il giorno prima che il Pd si riunisca per la scelta dei nuovi capigruppo, dove si sta giocando una partita che riguarda gli equilibri interni. L'idea di congelare Finocchiaro e Franceschini solo il tempo delle consultazioni sta provocando malumori. Né miglior sorte sembrano avere candidature di "succedanei" come Giacomelli per Franceschini o Boccia per Letta.

MATTEO RENZI jpeg

E' stata pure messa in giro una presunta candidatura del renziano Richetti, che però sente puzza di bruciato. Ancora peggio se la passa Orlando dei giovani turchi, già sospettati di intesa con i renziani all'insegna del ricambio generazionale, tanto che Massimo D'Alema, ormai fuori dalle beghe interne, va pronosticando per il futuro più o meno vicino la formazione di un correntone turco-rottamatore come nuova maggioranza interna. 


2 - QUIRINALE: ZOGGIA, CONCORRANO ANCHE ALTRE FORZE POLITICHE

(ANSA) - ''La scelta del presidente della Repubblica non puo' essere un calcolo aritmetico. Anche se la coalizione Italia bene comune + Monti potrebbe indicare il presidente della Repubblica, non ritengo necessario che lo faccia. Ritengo che anche altre forze politiche debbano concorrere''. Lo ha detto Davide Zoggia (Pd) intervenendo ad Agora', su Rai Tre.

 

SE LO FA IL BANANA È “MERCATO DELLE VACCHE”, SE LO FA BERSANI È “SCOUTING”

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1 - DIZIONARIO DELL'INCIUCIO
Marco Travaglio per "Il Fatto Quotidiano"

Marco Travaglio

I 5 Stelle che han votato Grasso contro Schifani sapevano bene chi è Schifani e hanno scelto il meno peggio, cioè Grasso. Ma non avevano la più pallida idea di chi è Grasso, e questo è un bel problema. Specie per chi dice di informarsi sul web per sfuggire alla propaganda di regime. Se l'avessero fatto davvero, avrebbero scoperto che il dualismo Schifani-Grasso era finto. Schifani è sempre piaciuto al Pd, che infatti 5 anni fa non gli candidò nessuno contro, votò scheda bianca e mandò la Finocchiaro a baciarlo sulla guancia.

Quando poi il sottoscritto raccontò in tv chi è Schifani, i primi ad attaccarmi furono Finocchiaro, Violante, Gentiloni, il direttore di Rai3 Ruffini e Repubblica. Schifani era il pontiere dell'inciucio Pdl-Pd. Così come Grasso che, per evitare attacchi politici, s'è sempre tenuto a debita distanza dalle indagini più scomode su mafia e politica, mentre altri pm pagavano e pagano prezzi indicibili per le loro indagini.

Nessuno l'ha scritto, nei soffietti al nuovo presidente del Senato: ma Grasso, quando arrivò alla Procura di Palermo nel 2000, si ritrovò Schifani indagato per mafia e lo fece subito archiviare (l'indagine fu riaperta dopo la sua dipartita). Così, un colpo al cerchio e uno alla botte, divenne il cocco del Pdl (che lo impose alla Pna, estromettendo per legge Caselli), del Centro (che voleva candidarlo) e del Pd (che l'ha candidato).

Ma ciò che conta in politica non è la verità, bensì la sua percezione: perciò sabato era difficile per i grilli siculi non votare un personaggio da tutti dipinto come un cavaliere senza macchia e senza paura. Anche stavolta i media di regime ce la mettono tutta per fare il gioco dei partiti, con il sapiente dosaggio di mezze verità e mezze bugie e il dizionario doppiopesista delle grandi occasioni.

GRASSO E BOLDRINI

Leninismo. La regola base della democrazia è che si decide a maggioranza e chi perde si adegua o esce (salvo poche questioni che interpellano la coscienza individuale). Così ha fatto M5S sui presidenti delle Camere, decidendo a maggioranza per la scheda bianca. Ma, siccome non piace al Pd, la minoranza diventa democratica e la maggioranza antidemocratica. "Leninista", dice Bersani, senza spiegare con quale metodo democratico è passato in 48 ore dall'offerta delle due Camere a Monti e M5S, al duo Franceschini-Finocchiaro, al duo Boldrini-Grasso.

Dissenso. Da che mondo è mondo il parlamentare che approfitta del segreto dell'urna per impallinare il suo partito è un "franco tiratore". Ma, se è di M5S, la sua è una sana manifestazione di dissenso contro la pretesa di Grillo di telecomandarlo.

Indipendenza. Per vent'anni, se uno passava da destra a sinistra era un "ribaltonista", mentre se passava da sinistra a destra era un "responsabile". Ora, se un grillino porta acqua al Pd è un bravo ragazzo fiero della sua indipendenza; se resta fedele al suo movimento e ai suoi elettori, è un servo del dittatore Grillo.

RENATO SCHIFANI

Scouting. Quando B. avvicinava uno a uno gli oppositori per portarli con sé, era "mercato delle vacche", "compravendita", "voto di scambio". Se Bersani sguinzaglia gli sherpa ad avvicinare i grillini uno a uno, è "scouting" e odora di lavanda.

Epurazione. Se Pd, Pdl, Udc, Lega espellono un dirigente che ha violato le regole, è legalità. Se lo fa M5S, è "epurazione".

Rivolta. Ci avevano raccontato che Adolf Grillo e Hermann Casaleggio lavano il cervello al popolo del web e censurano sul blog i commenti critici (un po' incompatibili col lavaggio del cervello). Ora scopriamo che c'è la "rivolta del web" pro-dissenzienti. Ma anche, dal sondaggio di Mannheimer sul Corriere, che il 70% degli elettori M5S è contro l'inciucio col Pd. Gentili tromboni, potreste gentilmente mettervi d'accordo con voi stessi e poi farci sapere come stanno le cose, possibilmente chiamandole col loro nome?

ANNA FINOCCHIARO

2. GRASSO, L'ATTENTATO CHE VISSE DUE VOLTE

Da "Il Fatto Quotidiano"

Niente è più inedito di quello che è già stato scritto. Capita così che il neopresidente del Senato, Pietro Grasso, annoti di un attentato mancato nei suoi confronti e che la stampa si produca in titoli a effetto sulla notizia venduta per nuova. Poi succede, però, che le persone che le carte le hanno lette, e che a volte quelle storie le hanno vissute sulla propria pelle, ricordino il vero svolgersi degli avvenimenti.

"Il 6 giugno del 1997 in aula a Firenze davanti alla corte di Assise e al pm Gabriele Chelazzi, durante il processo per le stragi del 1993, Gioacchino La Barbera, collaboratore di giustizia, a pagina 23 e 24 del verbale di deposizione, ci ha raccontato per filo e per segno il mancato attentato al Procuratore Grasso". È Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell'associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili, a chiedere: "Ma dove eravate negli ultimi 20 anni?".

 

 

LA CARFAGNA QUOTIDIANA: “NON HO ‘MARTELLATO DI SMS’ PROPRIO NESSUNO”

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Riceviamo e pubblichiamo:

Mara Carfagna

Lettera 1
Egregio D'Agostino,
Ancora una volta il suo sito si è trasformato in buca delle lettere di non-notizie spazzatura, già smentite dai fatti, nello sfogatoio di qualche "addetto ai livori", magari frustrato per la piega che stanno prendendo le cose. Come al solito, i suoi articoli non si limitano a critiche - che sono sempre legittime - ma attribuiscono fatti determinati privi di riscontri. Non sono mai stata protagonista di alcuna "rivolta", non ho "martellato di sms" proprio nessuno, anche perchè - come potrà riconoscere addirittura lei - conosco bene il reato di stalking: bastano due sms (molesti), lo sapeva?

La invito pertanto a smentire, ai sensi dell'art. 8 della legge sulla stampa, il contenuto dell'articolo dal titolo "La scelta di Brunetta scatena l'assedio ad Alfano". Dentro il Pdl, contrariamente a quanto pensa lei e vorrebbe far credere qualcuno, ci confrontiamo in altro modo. Lasci pure perdere i suoi "attendibilissimi spifferi": a furia di dare loro spazio potrebbe finire per prendersi il raffreddore.
Cordiali saluti
Mara Carfagna

Lettera 2
Che ne dite di parlare del caso Marzullo una volta per tutte? Il prototipo del giornalista Rai che fa i cazzi suoi, tra autisti e segretarie, ruoli e prebende, (pensate alle maggiorazioni) mai citato da nessuno, il sovrano dei doppi incarichi e delle doppie conduzioni. Il Re dei programmi fai da te, il vicedirettore e capo redattore di se stesso, l'unico che scrive, conduce, invita, domanda, risponde scambia favori e controlla lui e i suoi dipendenti. La Rai ha l'uveite da troppo tempo guardando il giornalista Gigi Marzullo
Leonardo Metalli - giornalista RAI

LEONARDO METALLI E ZAIRA

Lettera 3
caro Dagospia.
La neopresidente della camera spieghi qual'era lo stipendio che percepiva quando lavorava all'agenzia dell'ONU. Si parla di incarichi strapagati.

Lettera 4
Caro Dago,
dopo che Aldo Grasso ha tuonato contro l'esclusione dei Gialappa dalla tv, nel giro di qualche mese il trio comico è stato infilato alla conduzione delle Iene (dove peraltro è vistosamente a disagio) e ora tornerà su Canale 5 con l'ennesimo "Mai Dire...". Non pensavo che i dirigenti Mediaset si cagassero Aldo Grasso così tanto. RP

Lettera 5
La dolce Mara, dimentica che ha avuto poco tempo (fortunata lei, meno la moglie di Ruben) per consolarsi del suo infelice matrimonio. È che alle regionali campane era invece aiutata supportata ed altro da un'altra uomo all'epoca sposato di cui ora si vergogna di fare il nome.. (Povero Italo) una vera mantide religiosa... Chi sarà' il prossimo?

Lettera 6
Ma la Boldrini non assomiglia a Jessica Rizzo? No, ma dico, sembrano sorelle...
Pippo De Peppo

Gigi Marzullo - copyright Pizzi

Lettera 7
Caro DAGO,siamo ormai abituati che la donna politica europea è la Merkel. Occorreva finalmente il nuovo Pontefice per far arrivare quella bella Gnocca della Presidenta dell'Argentina,(e lo scrivo con la G maiuscola per testimoniare il rispetto verso una Capa di Stato). Penso che anche il Chiavagliere, al contrario della racchia germanica,
avrebbe apprezzato la muy guapa Cristina.
Saluti, Labond

Lettera 8
Caro Dago, ma non sara' che tutta la fretta di fare un nuovo governo che ha colto i nostri dinosauri politici, non è dovuta al fatto che si sono improvvisamente accorti che gli Italiani stanno respirando con la cannuccia (perche' sono nella m. fin sopra i capelli) ma bensi' perche' stanno finendo i soldi in cassa per i loro miseri stipendi e devono quanto prima tornare a legiferare per sanguisugarci ulteriormente?
Stefano55

BOLDRINI

Lettera 9
Vorrei pubblicare il mio gesto del 24 febbraio al seggio nella mia città... premesso che ho sempre votato destra e cdx..ma dopo essere stato non solo iscritto al PLI e in Forza Italia dal 94 al 2008, ma nella mia città sono stato parte attiva nel partito, nel 2008 mi sono distaccato completamente poichè non rappresentato sia a livello locale che Nazionale...

per cui dopo aver annullato nei seggi schede questa volta nel seggio ho fatto attivare la procedura del rifiuto al voto perchè non mi sento rappresentato del Governo Italiano... chiaro! il mio sarà un gesto singolare.. dovevano farlo in molti e forse le cose andrebbero meglio...poichè... il voto di protesta dato al comico Grillo non è credibile... la politica non si fa tramite pc e imponendo ordini ai fedelissimi...si fa assumenmdosi responsabilita di fare le cose il resto non serve..grazie

jessica rizzo

Lettera 10
Ciao Dago! Ti propongo uno scenario: Bersani riuscirà a fare un governo con i M5S (c'è poco da essere disperati: alla fine lo sosterranno anche in cambio di nulla pur di non rischiare di far rientrare in gioco Berlusconi); ma a quel punto si deve governare: che faranno per ridurre il debito pubblico e stabilizzare i conti?

Aumenteranno IVA, imu e faranno il prelievo forzoso? Le entrate tributarie sono in calo (in particolare l'iva) e questo verrà evidenziato dalla trimestrale di cassa del 31 marzo. E quella deputata che vuole controllare le caramelle, secondo te che ne pensa??? O meglio, che ne sa?? Io le caramelle per questi non le voglio pagare!
Alberto

Lettera 11
Caro Dago,
volevo ringraziare Antonio Polito per il magistrale distillato di politica che ci ha dispensato domenica 17 marzo in merito alla spaccatura interna al Movimento 5 Stelle nelle scelte da compiere in merito alle presidenze delle Camere. É stato un "pezzo" illuminante e perfetto dal punto della scienza politica, non potrebbe essere diversamente, il Dott. Polito verga i suoi articoli sul quotidiano della intelighienza italiana. 
Per questo motivo chiedo al Capo dello Stato, come ultimo atto del suo supremo Magistero, di nominare al Governo di questo paese il Patto di Sindacato del Corriere della Sera.
Saluti
IL LANCIANESE

Lettera 12
Sarà questo il piano segreto di Bersani? Per avere la fiducia al Senato, come prima condizione si deve raggiungere il numero legale (quindi almeno 319/2+1 presenti) ovvero 160 senatori. IBC e SC dispongono di circa 144 senatori. Necessitano, quindi, di 16 voti/votanti. Ora: Se tutti i M5S si astengono allora anche PDL e Lega lo fanno e quindi non c'è maggioranza (144 v 175)

aldo-grasso

Se solo 16 M5S entrano e si astengono, i grillini vengono comunque conteggiati come voti contro però mantengono il numero legale. Se PDL più Lega entrano e votano contro si arriva 144 a 133 (117+16) e la fiducia è accordata. L'obiettivo di Bersani è, quindi, quello di far restare in aula SOLO 16 senatori del M5S mentre gli altri 38 devono restare fuori dall'aula. Piano astruso ma realizzabile. Napolitano darà l'OK?

Lettera 13
il prof. MONTI,se avesse dignità,dovrebbe rinunciare alla carica senatoriale a vita e chiedere scusa a tutti gli Italiani che ha fregato.Tremonti lo definì:"un bicchiere di talento in un oceano di presunzione".Alla BOCCONI,DOVREBBERO INSEGNARE ANCHE LA MODESTIA E LA DIGNITA'.
Con affetto e simpatia
Giuseppe UVA

Gialappas Band

Lettera 14
Caro Dago,
Quale giustificazione plausibile potrebbero mai dare, nemmeno arrampicandosi su tutti i vetri di questo mondo, il CSM e l'ANM all'abissale differenza di tempi di svolgimento per processo di primo grado e di appello, per il più efferato dei delitti, contro le bestie che sequestrarono, seviziarono,uccisero e sciolsero nell'acido il piccolo innocente Di Matteo (17 lunghissimi anni) con quelli per l'eventuale evasione fiscale sui Diritti Mediaset del Cavaliere (5 mesi appena)?
Salve
Natalino Russo Seminara

Lettera 15
Dago,
non pensi che l'incontro Grillo-Napolitano dovrebbe essere trasmesso a reti unificate? In effetti Napolitano avrebbe una scappatoia per non essere travolto da Grillo: farsi sostituire da Crozza!!!
Bye
Luigi A

Beppe Grillo

Lettera 16
Caro Romano,
nei quotidiani di oggi si leggo che le borse europee sono allarmate dalla situazione di Cipro. Penso che ad essere più che allarmati siano i cittadini UE, o meglio, quelli coinvolti nella sfortunata avventura dell'euro. Cerco di spiegarmi; dopo la Grecia, che per consistenza e PIL ha (o dovrebbe avere) un impatto minimale all'interno dell'Unione Europea è riuscita da sola (!!!) a bloccare la ripresa nell'area euro, ricevendo in cambio la possibilità di precipitare in una condizione di quasi totale miseria dalla quale (lo sappiamo) uscirà solo tra decenni.

Giorgio Napolitano

Ora l'elemento destabilizzante dell'Europa, composta da "colossi" come la Germania, la Francia, mettiamoci anche l'Italia è Cipro, una nazione più piccola della Sicilia e della Sardegna. Se è così , cosa può succedere ai cittadini europei se la Germania, per scelte proprie, imboccasse una strada di recessione? Fame per milioni di persone?

Cipro rappresenta la prova che l'Euro è stata una grande truffa nei confronti dei cittadini (onesti) dell'Europa e che è necessario da subito dichiararlo e porvi rimedio evitando di condannare alla povertà milioni di persone per decine di anni. ( a meno che non intervenga una salvifica...intuizione da parte di qualche avventuriero, ne abbiamo bisogno?) gradito un commento
cordiali saluti
Fernando Borghini

 


I “CLINTON BOYS” SI FANNO LA LORO MERCHANT-BANK

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1 - BILL CLINTON NELLA BANCA D'AFFARI TENEO
Claudio Gatti per il "Sole 24 Ore"

BILL CLINTON E DOUG BAND

Gruppo Teneo. Fuori dal circolo degli addetti ai lavori, il nome non dice ancora nulla. Ma le intenzioni sono di farne una nuova Goldman Sachs. Anzi, un ibrido tra Goldman Sachs e McKinsey. Perché, come si legge nel suo sito, "confini e ambiti tradizionali stanno ormai dissolvendosi".

Nel nuovo mondo global-interdisciplinare Teneo si dichiara in grado di operare da merchant bank, fondo di private equity e consulente strategico. Il suo quartier generale è a New York, sulla Lexington Avenue, dove occupa quasi 10mila metri quadri al 45esimo piano di uno dei grattacieli più alti di Manhattan, ma il gruppo ha uffici-satellite anche a Washington, Dubai, Hong Kong, Zurigo, Londra e San Paolo.

Teneo dà oggi lavoro a un centinaio di persone. Gente di altissimo livello, tra consulenti strategici, esperti di Pr e soprattutto banchieri provenienti da colossi della finanza quali Morgan Stanley, Merrill Lynch o General Electric. A fianco dei quali siedono ex funzionari della Casa Bianca, del Pentagono e della Cia. Insomma, una cosa seria.

doug band jpeg

Ma chi c'è dietro? Trovare una risposta definitiva non è facile. Innanzitutto perché di Teneo ce ne sono una mezza dozzina. Una in Irlanda, una in Gran Bretagna e svariate negli Stati Uniti. Fanno tutte capo a quattro società registrate in uno dei più grandi paradisi fiscali del mondo, il Delaware, lo stato americano che oltre a forti sconti sulle tasse offre un benefit aggiuntivo: l'anonimato societario. Insomma, non è dato sapere l'elenco dei proprietari - o anche solo degli amministratori - di Teneo Capital Llc, Teneo Securities Llc, Teneo Strategy Llc o Teneo Securities Llc, le quattro controllanti registrate nel Delaware.

Si conoscono solo i nomi dei soci-fondatori del gruppo: il presidente Douglas Band e l'amministratore delegato Declan Kelly. Due nomi che non si può dire abbiano finora lasciato il segno nel mondo degli affari americano. Anzi, nel caso di Band l'unico affare in cui è emerso il suo nome si è rivelato alla fine parte di un'enorme truffa (ma di questo parleremo più avanti). Di tutt'altro calibro è invece la persona alla quale Band deve tutto e Kelly deve molto. Si chiama William Jefferson Clinton, detto Bill.

GEORGE HW E GEORGE W BUSH CON CLINTON E DOUG BAND

Negli Stati Uniti quella della sovrapposizione tra politica e affari è questione nota e discussa da tempo. Ma in questo caso si va oltre. A sovrapporsi sono infatti politica, filantropia e affari grazie a chi da sedici anni fa da braccio destro di Bill Clinton, che fa da perno e cinghia di trasmissione tra i tre settori. Prima di lanciarsi nel business del business, Douglas Band, detto Doug, è stato infatti a fianco di Clinton prima alla Casa Bianca e poi nelle sue attività umanitarie e di beneficenza, a partire dalla Clinton Global Initiative, la straordinaria kermesse filantropica ideata nel 2005 dall'ex presidente.

«Senza Doug Band non avrei potuto realizzare la metà di quello che sono riuscito a realizzare dopo avere lasciato la presidenza», ha spiegato lo stesso Clinton, che ha definito la Clinton Global Initiative «un progetto creato su suo (di Band) suggerimento».
È stato proprio lavorando per la Clinton Global Initiative che Band è stato coinvolto nella vicenda di Raffaello Follieri, l'ex fidanzato dell'attrice Anne Hathaway recentemente tornato in Italia dopo aver scontato quattro anni e mezzo di carcere per truffa in un carcere newyorkese. Spacciandosi per consulente finanziario del Vaticano e potenziale finanziatore delle attività filantropiche di Clinton, Follieri aveva stretto un rapporto di amicizia personale con il suo coetaneo Doug Band.

Dopodiché si era servito di lui per accedere alla rete di ricchissimi "amici di Bill", quali il miliardario californiano Ron Burkle e l'immobiliarista canadese Michael Cooper. A questi Follieri aveva strappato finanziamenti per svariati milioni di dollari.

DECLAN KELLY

Da lui per lo più sperperati. In una sua inchiesta, rilanciata negli Usa dal Wall Street Journal, Il Sole 24 Ore aveva scoperto che Doug Band si era fatto pagare da Follieri la non insignificante cifra di 400mila dollari per aver facilitato quegli incontri (cifra che successivamente Band ha dichiarato di aver restituito un anno e mezzo dopo, in seguito a ciò che aveva scoperto Il Sole 24 Ore).

Come dice il suo stesso curriculum nel sito di Teneo, "in veste di consigliere del presidente Clinton, Band ha viaggiato in quasi cento Paesi, e oltre duemila città", contribuendo a raccogliere gli oltre 63 miliardi di dollari che oggi finanziano le 2mila iniziative filantropiche che la Cgi conduce nel mondo. Fondando Teneo, Band ha evidentemente deciso di mettere economicamente a frutto quella straordinaria rete di conoscenze e contatti costruita per conto dell'ex presidente e della sua "iniziativa". Senza peraltro rinunciare al suo ruolo di braccio destro di Clinton in Cgi.

Seppur molto meno stretto, anche l'altro socio-fondatore di Teneo, Declan Kelly, ha un rapporto con la famiglia Clinton. Di origine irlandese, ex giornalista passato alle pubbliche relazioni, nel corso degli ultimi cinque anni Kelly ha raccolto milioni di dollari per le attività filantropiche dell'ex presidente e per le campagne politiche di sua moglie.

Nel 2009, quando è diventata segretario di Stato, Hillary Rodham Clinton ha creato una carica apposita per Kelly, quella di "inviato economico del Governo americano per l'Irlanda del Nord". Nei successivi due anni, l'ex giornalista ha viaggiato tra Usa ed Europa a nome e per conto del Governo americano. Poi, nella primavera del 2011, alcuni mesi prima che Hillary lasciasse il Dipartimento di Stato, Kelly si è dimesso. Come Band, anche lui era evidentemente pronto a far fruttare la network di conoscenze strette grazie anche all'incarico avuto da un Clinton.

TENEO BANCA D AFFARI VICINA A CLINTON

Ma l'elenco dei "clintoniani" nella Teneo è più lungo. Ci sono Tom Shea e Orson Porter, rispettivamente direttore generale e vice-presidente di Teneo Strategy, che avevano entrambi la carica di"special assistant" del presidente durante l'amministrazione Clinton. E c'è Nancy Hernreich Bowen, direttore generale di Teneo a Hong Kong, che dopo essere stata direttrice dell'Ufficio Ovale dal 1993 al 2001 (quindi per tutti e due i mandati di Clinton alla Casa Bianca) è stata direttore generale della Clinton Global Initiative per l'Asia.

Fino a qualche tempo fa, nel sito di Teneo era citato anche Justin Cooper, che dopo aver lavorato nell'Ufficio Ovale con Clinton, nel periodo post-presidenziale è diventato il suo braccio sinistro (Band è il destro). Il suo nome appariva nel sito di Teneo in qualità di "consigliere senior", ma poi è stato inspiegabilmente tolto. Così come sono stati inspiegabilmente tolti tutti gli altri nomi dei "consiglieri senior". Uno dei quali, secondo l'annuncio iniziale, era proprio Bill Clinton.

Quale sia esattamente il ruolo dell'ex presidente nella network Teneo non è chiaro. Il sospetto in alcuni circoli di Washington è che Clinton abbia un ruolo tanto attivo quanto importante. Ma in previsione anche della ri-candidatura di sua moglie alla Casa Bianca nelle Presidenziali del 2016, si dice che Bill preferisca rimanere dietro le quinte.
«Ha imparato dalla sua esperienza con Burkle», ci dice un ex funzionario governativo repubblicano. Il riferimento è a Ron Burkle, il miliardario californiano truffato da Follieri e al fatto che nel 2002, poco dopo aver lasciato la Casa Bianca, Clinton accettò l'offerta fattagli da Burkle di lavorare con i suoi fondi di investimento, gli Yucaipa Funds.

Il fatto che Clinton non fosse solo consulente ma vero e proprio partner di Burkle in Yucaipa si è saputo solo nel 2007, quando Hillary Clinton ha deciso di candidarsi alle Presidenziali e per questo ha dovuto rendere pubbliche le ultime dichiarazioni dei redditi della sua famiglia. Da quelle si è scoperto che, in qualità di socio di Yucaipa Global Holdings e Yucaipa Global Partnership Fund, tra il 2003 e il 2007 Clinton ha guadagnato un totale di 15 milioni di dollari. Con la moglie impegnata nelle primarie contro Barack Obama, Clinton si è poi trovato a dover uscire da Yucaipa.

Follieri e Hathaway

Quattro anni dopo, con la nascita di Teneo, per l'ex presidente si è aperta una nuova opportunità. Ma anche questa relazione si è presto dimostrata problematica. Il New York Post, quotidiano del magnate pro-repubblicani Rupert Murdoch, ha infatti denunciato che Clinton riceveva 50mila dollari al mese per contribuire alla campagna di pubbliche relazioni affidata a Teneo alla vigilia del suo crack, il broker di derivati Mf Global.

A rendere tutto più incestuoso era il fatto che l'amministratore delegato di Mf Global era Jon Corzine, l'ex senatore democratico tornato a fare il banchiere dopo aver perso le elezioni a Governatore del New Jersey, da sempre vicinissimo ai due Clinton.

Davanti alle critiche, Clinton ha annunciato di «non aver rotto i rapporti finanziari con Teneo, ma di averli cambiati». Nessun ulteriore dettaglio è stato però mai fornito. Al Sole 24 Ore, che ha ripetutamente chiesto quali fossero prima e quali siano oggi i rapporti finanziari tra loro, né Clinton né Teneo hanno voluto rispondere.

2 - I PROTAGONISTI
Dal "Sole 24 Ore"

BILL CLINTON, EX PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI
Quale sia il ruolo di Bill Clinton nel gruppo Teneo non è chiaro. Il sospetto in alcuni circoli di Washington è che l'ex presidente degli Stati Uniti abbia un ruolo tanto attivo quanto importante. Ma, in previsione anche della ri-candidatura di sua moglie alla Casa Bianca nelle Presidenziali del 2016, si dice che Bill Clinton preferisca rimanere dietro le quinte.

DOUGLAS BAND, PRESIDENTE DI TENEO
Douglas Band è presidente di Teneo. Prima di lanciarsi in questa avventura, Band è stato a fianco di Clinton prima alla Casa Bianca e poi nelle sue attività umanitarie e di beneficenza, a partire dalla Clinton Global Initiative. «Senza Band non avrei potuto realizzare la metà di quello che sono riuscito a realizzare dopo avere lasciato la presidenza», ha spiegato lo stesso Clinton.

DECLAN KELLY, AMMINISTRATORE DELEGATO DI TENEO
L'altro socio-fondatore di Teneo è Declan Kelly. Di origini irlandesi, ex giornalista passato alle pr, negli ultimi cinque anni, Kelly ha raccolto milioni di dollari per le attività filantropiche dell'ex presidente e per le campagne politiche di sua moglie. Nel 2009, quando è diventata segretario di Stato, Hillary Rodham Clinton ha creato una carica apposita per Kelly.

3 - IL PERSONAGGIO ITALIANO
L'AMICIZIA CON BAND

Raffaello Follieri, l'ex fidanzato dell'attrice Anne Hathaway recentemente tornato in Italia dopo aver scontato quattro anni e mezzo di carcere per truffa in un carcere newyorkese, aveva stretto un rapporto di amicizia personale con il suo coetaneo Doug Band, spacciandosi per consulente finanziario del Vaticano e potenziale finanziatore delle attività filantropiche di Clinton.

IL PAGAMENTO
In una sua inchiesta, rilanciata negli Usa dal Wall Street Journal, Il Sole 24 Ore aveva scoperto che Doug Band si era fatto pagare da Follieri 400mila dollari per aver facilitato gli incontri fra lo stesso Follieri e gli amici di Clinton (Band, dopo l'inchiesta del Sole 24 Ore, ha dichiarato di aver restituito la somma un anno e mezzo dopo).

 

PRELIEVO FORZOSO SUI CONTI: A CHI TOCCA DOPO CIPRO?

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Giuditta Marvelli per il "Corriere della Sera"

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Un caso speciale, come continuano a ripetere Angela Merkel e i vertici della Ue, o un brutto precedente che rischia di tener svegli tutti i correntisti d'Europa?

La vicenda del prelievo forzoso sui conti correnti di Cipro sta facendo discutere il mondo intero. Ma tocca un nervo particolarmente sensibile nel nostro Paese dove ventuno anni fa, nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1992, il governo guidato da Giuliano Amato impose a tutti i correntisti italiani una patrimoniale «mordi e fuggi» pari al sei per mille. Un balzello che fruttò oltre 5 mila miliardi di vecchie lire e che venne utilizzato, insieme ad altri, per affrontare la crisi finanziaria che portò poi all'uscita dallo Sme e alla svalutazione della lira, avvenuta nell'autunno di quello stesso anno.

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Una tassa molto contestata: nel 1994 fu sollevato addirittura un dubbio sulla sua costituzionalità, respinto però con una sentenza dalla Suprema Corte. L'odiato prelievo fu però una decisione nazionale: il governo italiano la prese in autonomia, mentre nel caso di Cipro, il Parlamento voterà una misura che è anche il frutto di un drammatico confronto con l'Unione Europea, disposta a mettere sul piatto solo 10 dei 17 miliardi necessari per salvare Nicosia.

La minuscola economia cipriota, dotata di un sistema bancario ipertrofico (vale 9 volte il Pil nazionale), rischia un'implosione simile a quella a cui andò incontro sei anni fa l'Islanda, quando gli istituti finanziari di Helsinki arrivarono a valere oltre 12 volte il Prodotto interno lordo della terra al confine col Polo Nord. Ma l'Islanda è caduta e si è rialzata da sola, Cipro è nell'Unione Europea.

PROTESTE A CIPRO jpeg

Ed è nella solita incompiuta dell'Euro, la moneta senza politica fiscale comune, che vanno letti tutti i legittimi dubbi del caso: potrebbe toccare anche a noi?

Ieri, da più parti, anche dalla stessa Angela Merkel, si è ribadito che la garanzia pubblica sui depositi privati non è in discussione. E che, appunto, Cipro è un «caso particolare». Ma di quale garanzia parla la Cancelliera tedesca? Il riferimento può avere due significati. C'è quello che rimanda al paracadute che si apre in caso di fallimento bancario.

PROTESTE A CIPRO jpeg

Quello di cui i correntisti italiani si sono non molto tempo fa rinfrescati la memoria in occasione dello scandalo Monte Paschi di Siena: 100 mila euro per ogni intestatario che verrebbero appunto rimborsati ai correntisti dal Fondo interbancario di garanzia se un istituto di credito dovesse andare a gambe all'aria. Dal 2008 l'Europa ha regole simili in tutti gli Stati su questo tema.

Nel caso di Cipro (e dell'ormai storico prelievo di quella notte italiana) la questione però è diversa: nessuna banca fallita. Solo una legge nazionale che stabilisce una tassa. In serata fonti europee hanno però chiarito che i vertici Ue si aspetterebbero da Cipro più protezione (e quindi, forse, aliquote meno draconiane rispetto al 7-10% paventato fino a ieri) per i titolari di depositi che non superino i fatidici 100 mila euro.

Le differenze tra Cipro e l'Italia sono notevoli, anche al netto del nostro delicato presente. Nell'isola i depositi bancari sono pari a 68 miliardi di euro, un terzo dei quali frutto di «emigrazioni» dalla Russia. Perché Cipro è una sorta di paradiso fiscale, dove la tassa sulle società è pari solo al 10% (ora salirà al 12,5%). La scure del Fisco, però, se non dovessero cambiare le cose in queste ore convulse, si abbatterebbe su tutti, ciprioti inclusi.

merkel-mangia

In Italia i conti correnti e i conti di deposito vincolati sono nell'ordine dei mille miliardi, 14 volte quelli di Cipro, e rappresentano circa un terzo della ricchezza finanziaria delle famiglie, pari a oltre 3 mila miliardi di euro. Ieri l'Abi, l'associazione bancaria italiana e Giuseppe Vegas, il presidente della Consob, hanno ribadito che il nostro sistema è solido, che i conti pubblici dell'Italia (per ora) reggono e che l'esposizione di tutto il sistema verso la sfortunata Nicosia non supera il miliardo.

La soluzione del problema di Cipro rischia di essere uno dei peggiori autogol dell'Unione. Difficile, se non impossibile, giocare in difesa. Il conto corrente è «borsellino» della vita quotidiana. Mentre i salvadanai online vincolati custodiscono soldi risparmiati a tassi annuali che in Italia oscillano tra il 2 e il 3% netto.

Giuliano Amato

Chi avesse liquidità non utile alla realizzazione di progetti molto vicini può decidere di investirla. I «mordi e fuggi» (nel '92 fu così) in genere non toccano le gestioni di lungo termine. Se il prelievo dovesse diventare invece una patrimoniale su tutti gli asset finanziari, non si scappa.

 

LASCIATE OGNI SPERANZA: ARRIVANO I CAPIGRUPPO

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1-PD: SPERANZA ELETTO CAPOGRUPPO CON 200 VOTI SU 297. ZANDA AL SENATO
(ANSA) - Roberto Speranza e' stato eletto capogruppo del Pd con 200 voti su 297. E' l'esito del voto dell'assemblea dei deputati del Pd. 53 sono state le schede bianche, 6 le nulle e 25 voti sono andati dispersi. L'assemblea del Pd ha votato per alzata di mano, con un astenuto, l'elezione di LuigiZanda a capogruppo del Pd al Senato.

RENATO BRUNETTA

2-PDL: BRUNETTA NOMINATO CAPOGRUPPO CAMERA
(Adnkronos) - E' ufficiale: Renato Brunetta e' stato nominato per acclamazione nuovo capogruppo del Pdl alla Camera. E' il risultato della riunione dei parlamentari che si e' tenuta nel primo pomeriggio nella sala Colletti a Montecitorio. La nomina, informa una nota, e' avvenuta all'unanimita'.

3-LEGA NORD: GIORGETTI E BITONCI I NUOVI CAPIGRUPPO DI CAMERA E SENATO
(ASCA) - I gruppi della Lega Nord e Autonomie della Camera e del Senato - informa una nota - hanno eletto oggi i rispettivi uffici di presidenza. Il capogruppo a Montecitorio e' Giancarlo Giorgetti, i vice sono Matteo Bragantini (vicario), Gianluca Pini, Gianluca Buonanno, Massimiliano Fedriga, Rudy Marguerettaz. Tesoriere e' Nicola Molteni. Al Senato e' stato eletto capogruppo il veneto Massimo Bitonci, i vice sono Raffaele Volpi e Sergio Divina.

Giancarlo Giorgetti - Copyright Pizzi

4-SCELTA CIVICA:DELLAI CAPOGRUPPO CON 30 SI,13 BIANCHE,2 NULLE
(ANSA) - Trenta voti per Lorenzo Dellai, 13 schede bianche, 2 nulle. Sono i numeri della elezione a capogruppo di Scelta Civica alla Camera, alla quale si e' arrivati dopo un teso confronto. L'altro candidato in ballottaggio, Andrea Romano della componente Italia Futura, aveva proposto che fossero ritirati i due nomi sul tappeto (Dellai e Romano stesso) a vantaggio di Irene Tinagli, di Italia Futura, che per Romano, essendo la componente 'maggioritaria', doveva esprimere il capogruppo.

Una tesi che alla fine non ha prevalso: 15 sono state le schede tra bianche e nulle, mentre in 30 hanno votato Lorenzo Dellai, cattolico, ex Margherita, uomo delle autonomie (e' stato Presidente della Provincia autonoma di Trento), il cui nome e' stato sul tappeto come possibile presidente della Camera prima della elezione di Laura Boldrini.

roberto speranza

5-M5S: CAMERA, ASSEMBLEA UFFICIALIZZA NOMINA LOMBARDI A CAPOGRUPPO
(ITALPRESS) - Roberta Lombardi e' ufficialmente lacapogruppo del MoVimento 5 stelle alla Camera. La formalizzazione dell'elezione e' avvenuta nel corso di un'assemblea del gruppo, trasmessa in diretta streaming sul blog di Beppe Grillo, ed e' stata sancita da un applauso. Il voto era avvenuto in una delle prime riunione dei parlamentari M5S.

6-CAMERA: PISICCHIO ELETTO CAPOGRUPPO MISTO
(Adnkronos) - Pino Pisicchio, del Centro democratico, e' stato eletto all'unanimita' capogruppo del Gruppo Misto della Camera, composto da venti deputati: 6 dello stesso Centro democratico, 5 dell'Svp e 9 di Fratelli d'Italia.

 

“CEREBROLESI”: TRAVAGLIO ATTACCA LA RETE (E POI RITRATTA)

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Dal blog di Marco Travaglio per "Il Fatto Quotidiano"

MARCO TRAVAGLIO

Cari amici, sono felice che la mia provocazione di ieri (scritta apposta con la tecnica del pugno nello stomaco) abbia suscitato tanto interesse. Non perché io venga "pagato a commento", come ha scritto qualche intelligentone (va bene così?): magari! Ma perché il livello medio del dibattito che si è innescato è parecchie spanne più alto di quello che purtroppo caratterizza la gran parte dei commenti degli ultimi mesi.

Ho avuto l'impressione che la parte raziocinante dei frequentatori del blog e della pagina Facebook abbia deciso di intervenire massicciamente, isolando come speravo i guastatori di professione e seppellendoli sotto un benefico e variopinto tsunami di argomenti.

Mi spiace che la mia espressione "cerebrolesi" abbia offeso qualcuno: non mi riferivo certo a chi soffre dell'omonima patologia, ma a chi ha mandato il cervello all'ammasso, a chi non l'ha mai usato, a chi lo tiene in stand by. E si trincera vigliaccamente dietro nomi fasulli per diffamare e calunniare, cosa che non oserebbe mai fare col suo nome, né tanto meno di persona, faccia a faccia.

Filippo Facci

Sono felice che moltissimi abbiano capito con chi ce l'avevo e ce l'ho: non certo con chi mi critica (è da quando ero in fasce che sono in minoranza, quindi ci ho fatto un discreto callo), ma con chi spara sciocchezze (va bene così?) in libertà senza sapere ciò che scrivo (e spesso neppure ciò che scrive lui). Per il resto, liberi tutti di pensare ciò che vogliono, se e quando pensano.

Siccome vedo che qualcuno insiste a delirare (va bene così?) sulla famosa puntata di Servizio Pubblico in cui avrei reso un gran servigio a Berlusconi (che, insieme a Grillo, mi paga da anni a mia insaputa), vi allego il testo dei miei due interventi di quella sera. Così magari a qualcuno viene la curiosità a andarsi a leggere quello che gli ho davvero detto, anziché pontificare (va bene così?) per sentito dire senza informarsi. E poi magari mi farà sapere quanti e quali altri giornalisti han detto in faccia a Berlusconi quello che gli ho detto io.

Ps. Appello ai commentatori raziocinanti: continuate a commentare, quando avete qualcosa da dire, anche di duramente critico. Solo così riusciremo a isolare la banda dei senza-cervello.

Facci e Travaglio


2. PERFINO TRAVAGLIO SCOPRE CHE TIRA UNA BRUTTA ARIA
Filippo Facci per "Libero"

A forza di evocare il 1993 ci siamo finalmente arrivati: è il momento più terribile degli ultimi vent'anni (civilmente, economicamente, politicamente) ma ogni segno di malattia viene scambiato per un eccitante sintomo di guarigione. C'è una forza politica che ha preso milioni di voti e che ha vinto le penultime elezioni (si chiama Pdl) ma che tuttavia è oggetto di un apartheid cultural-politico che la emargina dal dibattito e dalla sua rappresentazione. Le consultazioni con le altre forze politiche non la vedono penalizzata: la vedono esclusa.

Il Partito Democratico, che pure ha preso solo una manciata di voti in più, preferisce interloquire con una forza politica che a sua volta lo rifiuta e lo deride (si chiama Movimento Cinque Stelle) e cerca punti di convergenza semplicemente impensabili per formare un governo purchéssia. In pratica: se il Pd non trova un'intesa coi grillini - e non la trova - non ne cerca altre, e punta a prendersi anche le cariche istituzionali che di norma vengono concordate.

LUISELLA COSTAMAGNA

È in questo clima che il Partito Democratico ha deciso di non concordare alcunché: non col Pdl, ritenuto «impresentabile»; una definizione, questa, che durante le elezioni ha già condizionato le candidature di chi ne aveva magari facoltà e però è stato escluso in base a sondaggi che, a loro volta, derivavano dallo stesso clima civile e mediatico che si continua a respirare. Lo stesso clima in cui un'intervista - trice di dubbia presentabilità come Lucia Annunziata - la Rosy Bindi del giornalismo - si è permessa di dare dell'«impresentabile» ad Angelino Alfano e non è chiaro in effetti da quale pulpito.

Che il Pdl abbia motivi di impresentabilità, da queste parti, lo abbiamo scritto centomila volte: ma a parte che Libero non è la Rai (quindi non è servizio pubblico, non viene pagato un canone) va rilevato che la stessa Rai e certi giornalisti, soprattutto, non fanno che risentire dell'aria che tira.

rosy bindi x

Ecco: l'aria che tira è quella in cui le vicende processuali di Silvio Berlusconi (che in pratica è il Pdl) vengono snobbate e liquidate al di là del vittimismo innegabile di quest'ultimo. Il balletto delle visite fiscali a suo carico, sconcertante al di là di ogni faziosità, è stato sostanzialmente liquidato al pari del diritto di una forza politica di manifestare in tema di giustizia e processo penale.

Su qualsivoglia dibattito, che avesse redistribuito torti e ragioni, è passato uno schiacciasassi politico-mediatico che tende a dividere il ruolo della magistratura dai problemi del Paese, dunque a escludere che la stessa magistratura ne faccia parte. Persino il governo Monti, pur senza citare la politicizzazione di parte della magistratura, aveva annoverato la giustizia italiana tra le cause che danneggiano l'economia e che scoraggiano gli investimenti: eppure il Pd, nei suoi famosi otto punti in cui ha cercato un'improbabile convergenza col Movimento Cinque Stelle, non ha menzionato il processo penale ma solo il «conflitto d'interesse» mirante a disinnescare Silvio Berlusconi e ad ammiccare ai grillini.

Ingroia e Di Pietro

Ma l'aria che tira è questa, ed è la stessa in cui un'altra giornalista di noto equilibrio come Luisella Costamagna (una che era troppo persino per Santoro) venerdì sera ha potuto dire che il Parlamento ora sarebbe più «pulito» solo perché non c'era più Nicola Cosentino, che proprio in quelle ore si era costituito. Non un cane ha osato ricordare che quelle ai danni di Cosentino restano richieste di custodia cautelare, dunque di carcere preventivo, qualcosa che non avrebbe più senso - dopo anni - perlomeno in relazione ai pericoli di fuga e inquinamento delle prove che le avevano motivate. Il clima, l'aria che tira: nevica ma ti parlano di primavera, di irresistibile stagione di cambiamento.

Dei grillini in Parlamento sappiamo già tutto (basta poco) ma ieri s'è aggiunto il caso demenziale dell'onorevole-cittadina Gessica Rostellato (si scrive così) che ha raccontato di un invito rivoltole in Parlamento da Rosy Bindi: «Presentiamoci, così cominciamo a conoscerci». Risposta della grillina: «Ho tirato dritta e me ne sono andata... ma ti pare che ti do la mano e ti dico pure "piacere"»?. Sarebbe eversivo. Poi c'è l'ennesimo e incredibile caso Travaglio, un collega che esprime sempre cose significative ma di cui gli sfugge il significato.

grillo di pietro

Ieri, inaspettatamente, si è scagliato contro il popolo del Web e sul suo blog del Fatto Quotidiano l'ha messa addirittura così, prego leggere bene: «È ora di riconoscere che molte volte anche il mitico "popolo del web" è una bella merda». Ha scritto così. E ancora: «Più leggo certi commenti più mi viene voglia di chiuderli e di dare ragione a chi paragona i social network alle pareti dei cessi pubblici.... C'è chi viene qui (sul blog, ndr) solo per insultare... chi viene qui e nemmeno legge quello che scrivo... pretendono che io dia sempre ragione a loro...

Altri pretendono addirittura di dirmi quello che devo scrivere, e se non lo faccio subito sono un venduto, un servo eccetera... Altri ancora confondono il parlare di Tizio (bene, o male, o parlarne e basta) con lo sposare Tizio o l'esserne addirittura servi o pagati (ieri ho pubblicizzato un libro distribuito dal Fatto con i ritratti degli eletti del Movimento Cinque Stelle, è bastato ad alcuni decerebrati per scambiare un lavoro giornalistico, senz'averne letta una riga, per un manifesto propagandistico... ».

Beppe Grillo

Il commento è troppo facile. Travaglio pensa che il popolo che finge di scoprire (solo adesso) non sia lo stesso popolo che ha sempre sorretto lui, i suoi monologhi, i suoi cartafacci giudiziari, i suoi mitici Di Pietro-Ingroia- Grillo. Travaglio forse pensa che alle varie manifestazioni e ai Vaffa-day e nondimeno nell'urna - a votare Cinque Stelle e dintorni - sia andato un «popolo del web» affatto diverso da quello che ora perseguita lui e che da molti anni rompe le palle a noi. Una reprimenda tardiva, quella di Travaglio: ma che in fondo fa piacere. Benché sembri, invero, una scissione da se stesso.

 

POTERI MARCI: UNA FUSIONE CHE VA MOLTO BENETTON

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DAGOREPORT

L'operazione lampo che porterà alla fusione tra Atlantia e Gemina avverrà utilizzando dei criteri di valutazione che lasciano basiti diversi operatori di mercato.

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Nel prospetto appena pubblicato per la fusione Gemina-Atlantia si sottolinea come il criterio a cui è stato attribuito da parte degli amministratori indipendenti di Gemina un maggior peso per la valutazione di Atlantia, sia stato il prezzo del titolo Atlantia nel periodo compreso tra il 27 dicembre e il 7 di marzo.

Durante i 51 giorni di mercato considerati la holding dei Benetton (Sintonia) ha effettuato acquisti massicci in ben 15 giorni di mercato.

Nei primi 15 giorni di Febbraio l' azionista di controllo di Atlantia (Sintonia) ha infatti acquistato circa 8,4 milioni di titoli Atlantia a un prezzo medio di 13,44 euro per azione.

8,4 milioni di azioni rappresentano circa il 41% del volume dei titoli scambiati nel periodo e sembra difficile pensare che queste operazioni non abbiano avuto impatto sui prezzi.

fratelli benetton

Casualmente terminati gli acquisti il prezzo di Atlantia è calato bruscamente (dai 13,44 euro medi pagati da Sintonia ai 12,15 euro attuali).

Risulta inoltre interessante come tra i criteri utilizzati nella valorizzazione di Gemina non siano stati considerati i multipli a cui sono avvenute transazioni per il controllo di società comparabili.

Se guardiamo alle transazioni nel settore dal 2011 in poi vediamo come I multipli siano stati più che doppi rispetto a quelli nel deal Gemina Atlantia.

Stansted (Londra), ANA (Lisbona) e l' aeroporto di Edimburgo sono tutti passati di mano a multipli di circa 15 volte il MOL (margine operative lordo) contro le circa 7 volte di Gemina.

BENETTON AL COMPLETO

Inoltre è da considerate che il prezzo non viene corrisposto in cassa ma in azioni Atlantia che quotano a circa 8.5 volte il MOL.

Se è vero che le transazioni nel mondo aeroportuale avvengono a circa 15 volte questo indicatore, lo stesso non può essere detto per le concessioni autostradali come Atlantia. In particolare la redditività di Atlantia è messa duramente sotto pressione a causa del calo del traffico autostradale che non sembra arrestarsi neppure nel 2013.

 

 

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