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SARTORI SMONTA GRILLO – IL REFERENDUM SULL'EURO NON SI PUÒ FARE PERCHÉ DISCENDE DA TRATTATI INTERNAZIONALI

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Giovanni Sartori per il "Corriere della Sera"

Grillo è dotato, oltre che di eccezionale bravura scenica, di straordinaria furbizia. Finita la campagna elettorale fa notizia stando zitto. La pubblicità se la fa fare (gratis) rifiutando di parlare alle televisioni e ai giornalisti italiani. Sia chiaro, non è che Grillo si neghi a tutti: ai giornali e alle televisioni del resto del mondo parla. A noi no, perché siamo corrotti, venduti, infidi. Se io fossi un giornalista ricambierei la scortesia: se lui non vuole parlare con me, nemmeno io voglio parlare con lui né di lui.

GIOVANNI SARTORI GIOVANNI SARTORI

Invece ho visto diecine e diecine di operatori delle varie tv accalcati e imploranti di fronte alla sua porta inesorabilmente chiusa. Così, dicevo, ottiene pubblicità gratis e non corre rischi. Attorno a un tavolo, parlando, è molto meno bravo di quanto non lo sia urlando, e dunque lì corre rischi. Alla fine lo dovrà fare; ma forse manderà in sua vece il suo guru.

Intanto, che fare? Io ho spesso criticato molte delle regole che abbiamo. Però riesco a capire che non possiamo vivere e convivere senza regole. Se Grillo non le rispetta o non le accetta, le regole che abbiamo debbono rifiutare lui. Per esempio, se il suo non è un partito, allora i suoi eletti non hanno il diritto di costituire un gruppo parlamentare né di usufruire dei benefici connessi (per esempio di utilizzare una sede che grava sul bilancio del Parlamento). E prima di precipitarsi a cercare di «comprarli» (così direbbe Grillo) qualcuno ci dovrebbe spiegare che razza di rappresentanti sono.

GIOVANNI SARTORI

Chi rappresentano? Tra le richieste perentorie del Nostro c'è anche quella di abolire il divieto del mandato imperativo. Si avverta: questo divieto, istituito dalla rivoluzione francese, esiste a tutt'oggi in tutte le costituzioni democratiche. Perché? È perché altrimenti si ricade nella rappresentanza medievale, o comunque premoderna, per la quale il rappresentante è soltanto l'emissario, l'ambasciatore di un padrone. Il che, intendiamoci, a Grillo va benissimo, visto che tutti i suoi debbono obbedire soltanto a lui e funzionare soltanto come dei «signorsì». Ma questa richiesta è evidentemente inaccettabile per qualsiasi costituzionalista serio (preciso perché non tutti lo sono).

Beppe Grillo

Andiamo egualmente male per la proposta pericolosamente demagogica di sottoporre a referendum la nostra appartenenza all'euro. Tecnicamente non si può fare perché la creazione dell'euro discende da trattati internazionali, e per altre ragioni ancora. Che Grillo probabilmente non conosce.

Ci sono poi tutte le richieste-proposte economiche. Grillo propone un «reddito del cittadino» di mille euro al mese. Nel conteggio Istat i disoccupati in questione sarebbero circa 3 milioni: il che comporterebbe una spesa annua di 36 miliardi. Ma il conteggio dei disoccupati è notoriamente difficile: sono soltanto coloro che hanno perso il lavoro e che non ne trovano un altro?

Beppe Grillo

I 3 milioni di cui sopra includono i cassaintegrati. Ma poi ci sono quasi il 40 per cento di giovani disoccupati. L'altro versante del problema è che abbiamo un debito pubblico vicino al 130 per cento del Pil, del Prodotto interno lordo, e che, con lo spread che torna ad allargarsi, comporta un costo di interessi sui nostri buoni del tesoro che diventa davvero insostenibile. E tutti questi soldi Grillo dove li troverebbe? Io non lo so. Ma non lo sa nemmeno lui.

 

 


QUI CI SCOPPIA IL CORE(A) - DA PYONGYANG ARRIVANO, COME AL SOLITO, DURISSIME MINACCE AGLI USA

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Da "Ansa.it"

KIM JONG UN

La Corea del Nord minaccia il ricorso all'attacco nucleare preventivo contro chiunque metta in campo una minaccia seria contro la nazione comunista. "Dal momento che gli Usa stanno per innescare una guerra nucleare, eserciteremo il nostro diritto per un attacco nucleare contro l'aggressore per proteggere i nostri supremi interessi", ha detto un portavoce del ministero degli Esteri, citato dalla Kcna, nel mentre procedono le manovre militari tra Washington e Seul, e l'Onu prepara la nuova stretta contro il regime.

KIM JONG UN

La nuova mossa, all'insegna della retorica contro "il nemico giurato" Stati Uniti, giunge nell'imminenza del voto del Consiglio di sicurezza dell'Onu sulle nuove sanzioni promosse da Usa e Cina. La Corea del Nord ha accusato Washington di usare le manovre militari congiunte con Seul allo scopo di lanciare un attacco convenzionale e nucleare, minacciando più test di armi nucleari in risposta alle sanzioni promosse dagli Usa. La retorica così forte, pur se già ampiamente usata in passato, conferma l'indubbio inasprimento delle relazioni tra Pyongyang e Washington, dopo il lancio del razzo/satellite di dicembre e il terzo test nucleare del 12 febbraio.

KIM JONG UN A CAVALLO

"Spero che sulla Corea del Nord il Consiglio di Sicurezza adotti le azioni necessarie il prima possibile": ha detto due giorni fa il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, commentando l'accordo raggiunto tra Stati Uniti e Cina sulla bozza di risoluzione per inasprire le sanzioni nei confronti di Pyongyang, dopo il test missilistico del 12 febbraio scorso. Ban ha sottolineato che le azioni nordcoreane su questo fronte rappresentano una "chiara violazione" delle risoluzioni Onu.

DENNIS RODMAN

BOZZA ONU, GIRO VITE SU OPERAZIONI FINANZIARIE DOCUMENTO PREVEDE BANDO BENI LUSSO E CONTROLLI SU DIPLOMATICI
Giro di vite sul movimento di fondi nordcoreani in giro per il mondo, bando alla vendita di prodotti di lusso e, per la prima volta, rigidi controlli sul personale diplomatico: il Consiglio di Sicurezza dell'Onu si appresta a inasprire in modo significativo le sanzioni a carico della Corea del Nord, come risposta al test missilistico effettuato da Pyongyang il 12 febbraio scorso. Si tratta di misure restrittive che - secondo l'ambasciatrice americana al Palazzo di Vetro, Susan Rice - saranno le "più pesanti mai adottate dalle Nazioni Unite".

barack obama basket jpeg

Il documento - di cui l'ANSA ha avuto copia - condanna nei termini più forti l'ultimo test nucleare nordcoreano, e prende di mira banchieri e corrieri di denaro contante. E, per la prima volta, anche il personale diplomatico di Pyongyang, soprattutto per quanto riguarda le attività bancarie e i trasferimenti di fondi illeciti. Un giro di vite che - si sottolinea al Palazzo di Vetro - mira a rendere più difficile al Paese asiatico lo spostamento di ricchezze in giro per il mondo. Inoltre, viene vietata esplicitamente alla Corea del Nord la vendita di beni di lusso come alcuni tipi di gioielli, yacht e auto da corsa.

Si chiede poi agli Stati membri di espellere qualsiasi agente membro degli enti nordcoreani inseriti nella 'lista nera', e di ispezionare le merci sospette, anche in transito sul proprio territorio via cielo o via mare. Infine, si sancisce il divieto di viaggiare per nuovi funzionari del regime. La bozza di risoluzione, elaborata al termine di settimane di trattative tra Washington e Pechino, ha ottenuto il pollice alzato da entrambi i Paesi, e secondo i diplomatici arriverà sul tavolo del Consiglio di Sicurezza per il voto già domani.

 

LA DISFATTA. DA PIERFURBY A PIERFESSO, DAL 5,6% DEI CONSENSI A UN MISERO I,78%, DA 37 A 8 DEPUTATI, DA 6 A 2 SENATORI

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1 - DAGOREPORT
Negli ultimi mesi del governo Monti il santuario del popolo Rai aveva come indirizzo via Due Macelli 66, sede dell'Udc, meta dell'incessante pellegrinaggio di chi chiedeva protezione politica, in vista degli inevitabili contraccolpi della consultazione elettorale sugli organigrammi di viale Mazzini.

AZZURRA CALTAGIRONE PIERFERDINANDO CASINI FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE CON FIGLIA AZZURRA E PIERFERDINANDO CASINI

Una rincorsa ad accreditarsi con chi, nel corso degli anni, nonostante il suo modesto 5/6 per cento, aveva stratificato il suo potere nel servizio pubblico con punte di comicità involontaria; come nel caso di "farfallina" Petruni, che aveva ostentato la benedizione di Pierfurby al suo matrimonio o del direttore del Giornale radio Antonio Preziosi, che si richiamava alla comune tradizione cattolica e democristiana, pronto a saltare sul carro dei montiani nella fase buia del silenzio di Berlusconi, salvo poi fare un nuovo carpiato con il ritorno del Cavaliere sulla scena.

E' un carro che, alla Rai, è guidato dal direttore generale Luigi Gubitosi, avvistato più volte nelle anticamere degli uffici Udc, sempre alla vigilia di provvedimenti importanti da portare al voto del Consiglio di amministrazione. Forte del sodalizio con l'accoppiata Cesa-Casini, è stato lui ad appaltare all'area Monti-Udc l'informazione politica in campagna elettorale con due telegiornali ricondotti alla stessa formazione politica, fatto senza precedenti in Rai: il Tg1 con Mario Orfeo e il Tg2 con Marcello Masi.

PIER FERDINANDO CASINI FOTO ANDREA ARRIGA LUIGI GUBITOSI DORMIENTE

Nel Tg della rete ammiraglia i casiniani non finiscono qui: c'è il vice direttore Fabrizio Ferragni, "salvato" da Casini dopo essere stato "mollato" dal centro-sinistra e il rampante Alberto Matano, gratificato con la conduzione dell'edizione delle 13.30. Il consigliere Rodolfo De Laurentiis sarebbe, invece, in rotta di collisione con il leader, dopo il siluramento dalle liste delle ultime elezioni.

PRIMO PIANO DI ANTONIO PREZIOSI

Stretti i rapporti di Casini con il capo di Rai uno Giancarlo Leone, considerato un "amico di famiglia", mentre sarebbe stato il segretario Cesa a dare la spinta decisiva ad Angelo Teodoli nella corsa alla poltrona che fu di Marano e Liofredi. Fa riferimento all'Udc anche l'amministratore delegato di RaiNet Piero Gaffuri, che ha superato indenne la tempesta aziendale che lo ha investito, dopo le feroci critiche di Gubitosi sulle inefficienze, vere o presunte, della sua struttura.

SUSANNA PETRUNI

Ci sono, poi, il direttore di Radio2 Flavio Mucciante e Roberto Milone, appena subentrato a Marco Simeon, alla guida di Rai Vaticano. Sarà un caso, ma Roberto Sergio è l'unico scampato alla mattanza della Sipra, nonostante i fallimentari risultati della sua stagione, ripescato alla presidenza di Rai Way dall'amico Gubitosi, che aveva, invece, abbattuto amministratore delegato e dg della concessionaria di pubblicità.

Memorabile infine, l'intervista a "Report" del casiniano Franco La Gioia, che, per sua stessa ammissione, avrebbe conquistato la poltrona di consigliere di Rai cinema per aver visto qualche film e letto, "come tutti", pubblicazioni specializzate.

PIERFERDINANDO CASINI LORENZO CESA

È un mondo che vive con inevitabile fibrillazione, se non con terrore, la recente debacle elettorale in gran parte legata alla decisione di allearsi a filo doppio con Monti, lasciando al mortifero premier tutti i riflettori proprio mentre era inviso alla stragrande maggioranza dei cittadini, freschi pagatori di una micidiale rata dell'Imu.

MARIO ORFEO PRESENTA IL NUOVO MESSAGGERO jpeg

Non solo Casini ha perso gran parte della sua rappresentanza parlamentare; con il parlamento diviso tra grillini, piddini e berlusconiani, è andata a ramengo anche la tradizionale ubiquità centrista che consentiva sempre una navigazione serena nel mondo della lottizzazione e degli incarichi pubblici. Ora l'unica speranza per le truppe in-casinate è quella del caos. Un parlamento troppo litigioso e destinato ad una vita talmente breve da non avere tempo di mettere mano al carrozzone della tv pubblica.

tg2-direttore-marcello-masi

2. UDC: E' POLEMICA SU MANCATO AZZERAMENTO VERTICI - NEL CONSIGLIO NAZIONALE ATTACCHI A CASINI ASSENTE, COME SCHETTINO
(ANSA) - Il Consiglio nazionale dell'Udc ha fatto registrare stamane una forte polemica interna sul mancato azzeramento dei vertici dopo la sconfitta elettorale. E' stata infatti approvata in larga maggioranza la relazione introduttiva del segretario Lorenzo Cesa che ha rinviato tutto il confronto al congresso che si terrà a fine aprile.

RODOLFO DE LAURENTIIS

Le altre mozioni di minoranza non sono state messe in dotazione e questo ha suscitato ulteriori polemiche. Mario Tassone, per molte legislature parlamentare, autore di uno dei documenti alternativi a Cesa, ha usato toni duri: "E' stato un camuffamento del clima dell'intero Consiglio nazionale. L'alleanza con Monti si è rivelata un errore perché noi nulla abbiamo a che fare con i massoni e con le filiere dei banchieri. E' stata decisa la liquidazione del partito rinunciando alla nostra sovranità e rimettendoci in decoro e dignità". Molto criticata negli interventi è stata l'assenza di Pier Ferdinando Casini, che pure ha mandato una lettera per dire che non voleva influenzare il confronto in atto. Alcuni consiglieri, a margine della riunione, hanno paragonato Casini al comandante Schettino perché avrebbe abbandonato la nave.

Giancarlo Leone

Tassone, interpellato su questo paragone, ha detto di non condividerlo anche perché l'Udc non è mai affondata; ma aggiunto di comprendere lo stato d'animo di chi fa allusioni esasperate. La mozione di Tassone chiedeva l'azzeramento immediato dei vertici dell'Udc. Ivo Tarolli, primo firmatario di un altro documento mai messo in votazione, ha protestato: "Con la decisione di oggi andiamo ad un congresso senza garanzie perché verrà gestito politicamente dalla classe dirigente che dovrebbe andare a casa subito perché ha sbagliato troppo. In questo modo si va al Congresso senza garanzie".


3 - UDC ALLA RESA DEI CONTI CESA E CASINI SONO IN BILICO
Dino Martirano per il "Corriere della Sera"

PIERO GAFFURI

Pier Ferdinando Casini, stringendo l'alleanza al centro con Mario Monti, ha fatto pagare un prezzo salato allo scudocrociato in termini di voti ottenuti e di seggi conquistati e oggi, dopo il consiglio nazionale convocato a Roma (al quale tra l'altro non parteciperà), rischia di dover essere costretto a un deciso passo indietro insieme al segretario Lorenzo Cesa.
Nel 2008, quando correva da sola, l'Udc portò a casa il 5,6% dei consensi che le permise di schierare sul campo 37 deputati e 6 senatori (4 più 2 transfughi del Pd).

Oggi, quella squadra è ridotta all'osso perché alla Camera, con un modesto 1,78%, l'Udc ha fatto eleggere solo 8 deputati, mentre a Palazzo Madama la partecipazione al listone di Monti ha partorito solo 2 seggi per gli ex diccì: quello del segretario amministrativo, Antonio De Poli, e quello del leader Casini.

ROBERTO SERGIO E MOGLIE

Alla Camera, ce l'ha fatta per il rotto della cuffia il segretario Lorenzo Cesa insieme ad altri cinque (più i due della circoscrizione estero) solo grazie al meccanismo del migliore perdente che ha premiato anche la coalizione Monti (10,5%) con un ripescaggio inizialmente immaginato per Fini. Questa è la dimensione attuale dell'Udc. Per cui oggi, al consiglio nazionale convocato nell'albergone che svetta sull'autostrada Roma-Fiumicino, saranno molte le voci degli esclusi che chiederanno una resa dei conti ai vertici del partito.

Formalmente, la riunione è stata convocata da Cesa per fissare la data del congresso (aprile o maggio) e per scrollarsi di dosso un tentativo di commissariamento della segreteria che Casini avrebbe voluto attuare con un triumvirato di fedelissimi (Libè, Rao, Galletti). Come dire, ha argomentato Cesa con i suoi, «non si sogni Casini di far ricadere su di me, che mi sono sempre dedicato al partito, l'onere della sconfitta».

Mario Tassone

Non è escluso, però, che Cesa si presenti dimissionario per aprire la strada al congresso di primavera. Al consiglio nazionale, su Cesa e Casini potrebbe però arrivare una contestuale richiesta di fare un passo indietro, subito. «Mi dicono che Casini non ci sarà e che invierà una lettera molto addolorata...», spiega con la solita calma Enzo Carra che indica nella mancata alleanza con Bersani l'errore più grave del suo leader: «L'alleanza con il Pd andava fatta a metà del 2012, quando ci sarebbe stato tutto il tempo per fare un programma con tutti i crismi...».

ROBERTO RAO

Avrà molto da dire anche il calabrese Mario Tassone, ex sottosegretario ed ex vice ministro, e partirà alla carica il lucano Agatino Mancusi che senza peli sulla lingua parla di «resa dei conti» perché «era meglio andare da soli alle elezioni». Gianpiero D'Alia (passato dal Senato alla Camera) ritiene invece che il 10 e passa per cento ottenuto dalla coalizione di centro è un buon risultato: «Politicamente abbiamo fatto quello che andava fatto...».

monti casini

Sempre oggi sarà, al contrario, sbrigativa la messa in liquidazione di Fli che verrà presenziata da Gianfranco Fini nella sede di via Poli (dalla quale già sono stati tolti gli arredi e le tv prese in leasing). Fli, infatti, non ha più rappresentanza se non per Benedetto Della Vedova (eletto al Senato nel listone Monti) e per il combattivo Aldo Di Biagio, esiliato all'estero e tornato vincitore con un seggio strappato al Pdl nella circoscrizione Europa.

 

 

LE ELEZIONI TEDESCHE AFFOSSANO L’EUROPA - ANGELA MERKEL BLOCCA LA NORMA SULLE “QUOTE ROSA” NEI CDA…

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Marco Zatterin per "la Stampa"

merkel-mangia

La Germania è pronta a porre un veto all'ingresso della Romania e della Bulgaria nello spazio Schengen, l'area in cui i cittadini dell'Unione (e non solo) possono circolare liberamente. «I nostri cittadini accetteranno l'allargamento solo quando le condizioni fondamentali saranno rispettate», ha tuonato il ministro degli Interni, Hans-Peter Friedrich. Inutile che la Commissione Ue abbia dato il via libera dicendo che coi parametri di accesso Bucarest e Sofia sono in regola. Berlino paventa il diffondersi della corruzione e la migrazione dei Rom. A maggior ragione ora che mancano pochi mesi alla elezioni per il rinnovo del Bundestag.

ANGELA MERKEL LEGGE SMS SUL SUO TELEFONINO

A Bruxelles è sempre più chiaro a molti che l'approssimarsi del voto in Germania sta agitando più del dovuto il processo di integrazione comunitaria. I segnali sono molteplici. Già in dicembre si è assistito all'annacquamento del rafforzamento dell'Unione monetaria, in quel caso la cancelliera Merkel ha tenuto a distanza ogni tentazione di mutualizzazione e lassismo sul fronte del debito. Era il capolinea di tre anni di prediche rigoriste che hanno avuto un evidente effetto nel peggiorare le relazioni fra Nord e Sud dell'Ue, tra corazzieri dell'austerità e amici della solidarietà, tra economie ricche e quelle in difficoltà.

ANGELA MERKEL SONNECCHIA jpeg

Dopo il vertice europeo si è capito che sino all'autunno del giudizio per Frau Merkel, l'Europa avrebbe possibilità ridotte di avanzare a passo spedito. Ora, però, si ha come la sensazione che si stia facendo qualche passo indietro. C'è la questione di Schengen, che è di per sé potenzialmente deflagrante per il clima interno ai Ventisette.

MERKEL ARRABBIATA jpeg

Ma c'è anche il «no» che Berlino intende opporre alla normativa per l'introduzione delle quote rosa nei consigli delle società quotate. La proposta scritta dalla commissaria Viviane Reding, in discussione al Consiglio, riserva il 40% dei board alle donne entro il 2020, mentre le aziende pubbliche dovrebbero arrivarvi già nel 2018. Berlino non ci sta.

ANGELA MERKEL

Secondo la Süddeutsche Zeitung avrebbe dato mandato ai suoi negoziatori bruxellesi di organizzare «il rifiuto della proposta normativa», da raggiungere con la «formazione di una minoranza di blocco». Anticipando in modo improprio l'8 marzo, la cancelleria si appella al principio di sussidiarietà e afferma che non c'è motivo per decidere a livello europeo in materia. Una fonte comunitaria spiega il contrario: «Le aziende sono europee, il mercato è europeo, la decisione deve essere europea».

ANGELA MERKEL THE IRON LADY

«È per garantirsi il voto delle imprese», ammette un osservatore. Così come la strategia rigorista e quella contro Schengen per romeni e bulgari gratta la pancia del cittadino medio e più conservatore. Non si vuole che la cosa europea disturbi la campagna elettorale. Per il Consiglio Interni in programma oggi gli sherpa hanno scritto una formula per salvare tutti e agevolare un rinvio. Quasi impossibile sperare che i cieli di Bucarest e Sofia si aprano come previsto a fine mese, e a terra cadano le frontiere da luglio.

ANGELA MERKEL

Anche olandesi e finlandesi non sono d'accordo, sebbene gli economisti ribadiscano che serve manodopera nel grande mercato. Il premier romeno, Victor Ponta, ha segnalato che non chiederà un voto su Schengen e ha invitato tutti «a toni più moderati». Forse vuole altri scontri. Magari aspetta l'esito delle urne federali. Però, dice, «persiste una barriera che ricorda quella caduta nel 1989». Il che evidenzia ancora una volta il problema.

 

FABRIZIA CARMINATI È UNA DELLE POCHE PERSONE CHE PUÒ VANTARE UN’AMICIZIA “PARTICOLARE” SIA CON GRILLO CHE COL BANANA

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Valerio Palmieri per "Chi"

LE DONNE DI BEPPE GRILLO BY CARMINATI SU CHI

Era il primo volto femminile della tv commerciale. Capelli biondi e ricci, voce squillante. Scelta come valletta da Mike Bongiorno fra mille pretendenti, Fabrizia Carminati si impose all'attenzione del pubblico e, di conseguenza, a quella dei giornali. Allora, come oggi, due gossip la presero di mira: quello di una sua storia con Silvio Berlusconi e quello di un flirt con Beppe Grillo, con tanto di foto. «Uno è verissimo, l'altro è falsissimo», ci racconta subito, divertita.

GRILLO E CARMINATI

L'abbiamo rintracciata a Torino, dove vive con la famiglia ed è la star di PrimAntenna. La Carminati, in tempi non sospetti, è stata vicina a due leader, che dominano la scena politica italiana. «Mi sembra ieri e sono passati un casino di anni, ma vaffanbagno! (ride, ndr). Però, devo dire che la cosa mi emoziona molto, perché sono figlia di un vigile e sono arrivata a conoscere questi due grandi personaggi. Di Silvio sapevo che sarebbe diventato uno degli uomini più importanti d'Italia, mentre Beppe non avrei mai immaginato. Quando l'ho visto sul palco mi sono detta: "Madonna santa, guarda cosa combina!"».

Domanda. Partiamo da Grillo, il più enigmatico.
Risposta. «L'ho conosciuto che era agli esordi come me. Era una persona molto simpatica, disponibile, un ragazzo carino, gentile. Aveva voglia di riuscire, di esplodere, si dava parecchio da fare. Io avevo iniziato a lavorare con Mike, lui era stato lanciato da Pippo Baudo, eravamo due ragazzi come tanti di quel periodo in cui lo spettacolo concedeva grandi opportunità, l'offerta si era raddoppiata, avevamo il futuro in mano e credevamo in quello che facevamo. Beppe è rimasto un po' utopista ma, glielo dico subito, io non l'ho votato. Perché sono sempre stata molto legata all'altro, a Silvio. È uno concreto, un motivatore instancabile: ricordo quando agli inizi, a Cologno Monzese, lavoravamo anche di notte per registrare i programmi da mandare in onda e lui li vedeva in bassa frequenza, pronto a farci rifare tutto se non andava bene».

LE DONNE DI BEPPE GRILLO BY CARMINATI SU CHI

D. Grillo, per come lo conosce, è attaccato ai soldi?
R. «Lo è come tutti, e poi è genovese (ride, ndr). Ma non credo che faccia politica per arricchirsi, lui è già ricco di suo, lo ha fatto anche perché ha visto l'enorme consenso che lo inseguiva, il suo è stato un megaspettacolo elettorale».

D. Ha recitato una parte?
R. «Beppe crede a quello che dice, non è un cretino».

D. Abbiamo delle foto d'epoca di un suo flirt con Grillo.
R. «Questa "storiella" fu inventata ai tempi dai giornali quando io, Beppe e altri volti della tv eravamo a Giardini-Naxos per il Premio regia televisiva. Non c'è stato niente, giuro».

D. Vi siete frequentati?
R. «Ci siamo visti quella settimana in Sicilia e ci vedevamo nelle varie trasmissioni, ma poi ognuno aveva la sua vita».

D. Che cosa ricorda di quel periodo?
R. «Ricordo proprio quell'episodio, cioè che dicevano che Beppe si era innamorato di me».

D. Ed era vero?
R. «Le ripeto che non è vero nel modo più assoluto, ai tempi avevamo altro per la testa».

LE DONNE DI BEPPE GRILLO BY CARMINATI SU CHI

D. Il vero flirt, allora, fu con Berlusconi.
R. «Ormai lo sa tutto il mondo (ride, ndr), ma poi lui ha scelto Veronica. La vide per la prima volta a teatro, ci eravamo andati insieme. Fui proprio io a dirgli: "Guarda che bella quell'attrice, alla fine vai a farle i complimenti!". Ho portato fortuna».

D. Tanto lei aveva Mimmo, l'uomo che ora è suo marito.
R. «Sì, e Silvio mi ha apprezzato perché ho scelto l'amore di una vita, un'altra si sarebbe approfittata della situazione».

D. Facciamo un confronto fra i leader: chi è il più sincero?
R. «Sono sinceri tutti e due, ma Grillo sta commettendo dei gravi errori sottraendosi al dovere morale di garantire stabilità al Paese, è capace solo di criticare e di dire no. Per questo in tanti lo hanno votato, per protestare, ma ora deve mettere questo patrimonio di consensi al servizio della politica. Anche per fare le cose giuste che dice, cioè tagliare i costi della "casta", evitare gli sprechi di soldi pubblici: da spettatrice sono curiosa di vedere che cosa farà».

 

NAPOLI FLAMBE’: LA MANO DELLA CAMORRA DIETRO L’INCENDIO DI BAGNOLI…

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Guido Ruotolo per "la Stampa"

ROGO CITTA SCIENZA ILMATTINO IT

Esce un attimo in corridoio, il procuratore Giovanni Colangelo: «Procediamo, per il momento, sull'ipotesi che si sia trattato di un incendio doloso, per non trascurare alcun aspetto seguiamo tutte le piste».

E' ora di pranzo e il procuratore di Napoli, il suo aggiunto Gianni Melillo e il pubblico ministero anticamorra Michele Del Prete, sono riuniti con gli investigatori. Dietro al rogo che ha distrutto la «Città della Scienza» e mutilato Napoli ci sarebbe la camorra. Ne sono convinti gli investigatori e gli inquirenti. E anche se, naturalmente, non scartano alcuna ipotesi, è sui clan del territorio che concentrano la loro attenzione.

ROGO CITTA DELLA SCIENZA ILMATTINO IT

Partiamo dalla scena del crimine. Con il senno di poi hanno avuto ragione i pm napoletani che l'altro pomeriggio avevano chiesto un sacrificio agli uomini della Scientifica e ai Vigili del fuoco, invitandoli a fare presto, a lavorare tutta la notte per mettere al sicuro i campioni da inviare nei laboratori. Le previsioni meteo annunciavano pioggia, e così è stato.

Ciò che resta dei capannoni anneriti dal fumo e arsi dalle fiamme di «Città della Scienza» rappresenta l'unica traccia per capire l'origine delle fiamme. E, dunque, gli investigatori hanno lavorato tutta la notte per raccogliere campioni di ciò che restava dei capannoni per cercare di individuare i possibili focolai che sono stati attivati e il tipo di innesco utilizzato dai piromani criminali.

COSA RESTA DI CITTA DELLA SCIENZA ILMATTINO IT

Gli inquirenti sottolineano alcune «anomalie» che portano a ipotizzare che la sera di lunedì, tra le 21 e le 21,40 quando è arrivata al centralino dei vigili del fuoco la prima telefonata d'allarme (un'anomalia, sostengono gli inquirenti, è che le telefonate d'allarme siano state soltanto due) - sia entrato in azione un gruppo criminale di più persone. Tra il momento della prima telefonata d'allarme al centralino dei pompieri e l'arrivo sulla scena del crimine dei vigili del fuoco passano in tutto sei minuti. Di certo alle 21 erano usciti gli ultimi partecipanti a un laboratorio di studio. Dunque gli incendiari hanno avuto quaranta minuti in tutto per entrare in azione. E lunedì sera non c'era vento.

Un particolare che depone a favore dell'evento doloso è che la centrale elettrica della «Città della Scienza» non è stata danneggiata, e il sistema antincendio era perfettamente funzionante. Un altro elemento che viene dato ormai per certo è che l'incendio è stato appiccato dal lato mare (il che non comporta necessariamente che i piromani siano arrivati dal mare). Le fiamme si sono sviluppate per circa un centinaio di metri d'ampiezza.

ROGO CITTA DELLA SCIENZA ILMATTINO IT

Questo scenario porta gli investigatori a ritenere che siano stati diversi i punti d'attacco del rogo e a sottolineare che non basta versare del liquido infiammabile in quantità indefinita per ottenere il risultato sperato. Insomma, bisogna essere esperti, essere dei professionisti per calcolare le quantità necessarie di liquido infiammabile per raggiungere l'obiettivo fissato.

Dice il questore Luigi Merolla che «con il prosieguo delle indagini emergeranno uno o più moventi». Vittorio Silvestrini, il fondatore della «Città della Scienza» in una intervista ha invitato a guardare alla prospettiva che in zona si possa realizzare un porticciolo per quattrocento posti barca.

CITTA DELLA SCIENZA IN FIAMME

A ben vedere, i possibili moventi sono diversi: gli appalti, uno «sgarro» per una fornitura non garantita o un'assunzione promessa. E' nella fase iniziale delle indagini che si analizzano tutti i possibili scenari. Inquirenti e investigatori escludono che l'incendio abbia una valenza eversiva-terroristica, come sono stati gli attacchi dei Corleonesi ai monumenti (le stragi di Firenze, Roma e Milano del '93). E tantomeno che a Napoli siano nati gruppi fuori controllo, come quello di Giuseppe Setola dei Casalesi.

 

MENTRE INFURIA LA TEMPESTA, BAZOLI VOLA PLACIDO VERSO LA RICONFERMA AL TIMONE DI INTESA…

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Marco Ferrando per il "Sole 24 Ore"

GIOVANNI BAZOLI E GIUSEPPE GUZZETTI

«Tutti i colleghi dicono così, volete che sia io a dire di no?». Con una battuta, ieri, il presidente di Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti, sembra aver posto la parola fine al dibattito - che di fatto non c'è mai stato - sul prossimo presidente del Consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo: in arrivo c'è la conferma di Giovanni Bazoli, su cui - ha detto ieri Guzzetti - c'è l'accordo tra i grandi soci italiani, le Fondazioni, che da sole valgono più di un terzo dell'azionariato di Ca' de Sass.

GUZZETTI

«È tutto chiaro, non ci sono problemi», ha risposto ieri il presidente di Fondazione Cariplo, a sua volta in fase di riconferma, a chi gli chiedeva se ci fossero già stati incontri tra le principali fondazioni azioniste dell'istituto per discutere della composizione delle liste per i consigli.

Al momento nessun incontro è in agenda tra i presidente degli enti, ma l'intesa sul rinnovo delle cariche è, di fatto, già stata raggiunta: la lista presentata dai primi due azionisti, Compagnia di San Paolo (che ha in mano il 9,71% della banca) e Fondazione Cariplo (4,94%) presenterà al primo posto il nome di Giovanni Bazoli, a cui seguiranno quello di sei consiglieri "in quota" Compagnia e altri tre designati dall'ente lombardo.

Di fatto, si tratta di un rimescolamento delle carte a favore dei torinesi (nell'attuale consiglio in scadenza i rappresentanti sono cinque a testa), ma lo stesso Guzzetti ha definito «normale» che la Compagnia di San Paolo abbia più rappresentanti nel Consiglio di sorveglianza rispetto alla Fondazione Cariplo: «Non è strano che sia così, la Compagnia ha il doppio di noi», ha detto sempre ieri Guzzetti, parlando a Milano a margine dell'inaugurazione dell'anno accademico dell'università Cattolica.

GIOVANNI BAZOLI FOTO ANSA

Le dichiarazioni di ieri di fatto spianano la strada verso l'assemblea che si occuperà del rinnovo degli organi, che - come hanno deciso ieri i consigli della banca - dovrebbe essere convocata dal presidente del Consiglio di gestione, Andrea Beltratti, per il 22 aprile prossimo a Torino.

Stabilita la conferma di Bazoli, sembra ormai definita anche l'altra presidenza, quella del consiglio di gestione (in cui dovrebbero trovare posto anche tre manager oltre al ceo Enrico Cucchiani): in questo caso la nomina "spetta" alla Compagnia di San Paolo, e l'ente guidato da Sergio Chiamparino sembra aver deciso di puntare su Gian Maria Gros-Pietro, attuale componente del comitato di gestione della Fondazione, destinato così a prendere il posto di Andrea Beltratti.

logo intesa san paolo

Oltre alla lista Torino-Milano, come già accaduto tre anni fa ce ne sarà una seconda composta dalle altre Fondazioni azioniste, vale a dire Cr Padova e Rovigo, socia al 4,67%, dove è stato appena confermato alla presidenza Antonio Finotti, Cr Firenze, da poche settimane guidata da Giampiero Maracchi e Cr Bologna, dove a Fabio Roversi-Monaco il primo maggio prossimo dovrebbe succedere Leone Sibani.

Enrico Cucchiani

Per completare le quattro probabili liste - le altre due dovrebbero essere presentate da Generali e Assogestioni - c'è tempo fino a fine mese. Aperta anche la questione dividendi: per alzare il velo sulla (probabile) cedola si dovrà aspettare martedì prossimo, quando il consiglio di gestione approverà il bilancio 2012. Tutti gli azionisti, a partire dalle Fondazioni, sperano per lo meno in una conferma dei cinque centesimi del dividendo 2011, ma «non siamo azionisti esosi, non facciamo pressione sui manager», ha assicurato ieri Guzzetti a chi gli chiedeva di rivelare le sue aspettative per la cedola di quest'anno. «Il consiglio farà una proposta in assemblea avendo come priorità l'interesse della banca», ha aggiunto Guzzetti.

Ieri comunque Intesa ha beneficiato del rimbalzo di Piazza affari, particolarmente generoso per i titoli bancari: Ca' de Sass ha chiuso la seduta a +4,5%, rivedendo quota 1,25 euro.

 

CHE VITA (A)GRAMA! - ALLA RAI SI ACQUISTANO FILM DALL’ESTERO CHE POI NON VENGONO TRASMESSI PER EVADERE LE TASSE

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Valeria Pacelli e Carlo Tecce per il "Fatto quotidiano"

SILVIO BERLUSCONI

Si allarga l'inchiesta della Procura di Roma sui diritti Rai e da poco al vaglio degli inquirenti ci sono finiti anche altri uffici di Viale Mazzini, oltre quelli di Rai Cinema di cui si parla da mesi. L'obiettivo è chiarire se quel "metodo Agrama", divenuto noto dopo l'inchiesta Mediatrade, sia stato applicato anche in altre gestioni dell'azienda di Stato. A partire da Rai due. Rai due infatti acquista all'esterno una serie di prodotti televisivi, dai reality, alle fiction. E ovviamente tutti quei film che poi vengono trasmessi.

Frank Agrama

Anche questi aspetti sono finiti nel fascicolo romano, che mira a chiarire la modalità di gestione del denaro da parte della Tv pubblica. Perché, per quanto riguarda Rai Cinema, si era già parlato di una serie di film che sarebbero stati comprati senza mai essere trasmessi.

In quel caso sulla scrivania del sostituto procuratore Barbara Sargenti, titolare dell'inchiesta, ci sono finiti tutti i bilanci e gli investimenti fatti dal 2004 ad oggi per l'acquisto dei diritti tv. In nove anni infatti le cifre sono esorbitanti: circa un miliardo e duecento mila euro escono fuori dalle casse dell'azienda di Stato per l'acquisto di prodotti televisivi. Insomma, bisogna capire come siano stati spesi quei soldi, e soprattutto perché una parte di essi sia stata utilizzata per comprare film mai più trasmessi.

Anche in questo caso si cerca di andare alla radice del problema e scoprire se nell'azienda fosse di routine quello che per l'accusa romana era il metodo Agrama, un escamotage per evadere le tasse che prende il nome da Mohamed Farouk Agrama, meglio conosciuto come Frank, un egiziano che vive a Los Angeles e compra per conto di terzi.

SILVIO E PIERSILVIO BERLUSCONI

Era questa l'accusa che veniva mossa nei confronti degli indagati del caso Mediatrade che ha coinvolto Silvio Berlusconi, insieme al figlio Piersilvio, al produttore Frank Agrama e ad altri otto e per i quali poco tempo fa è stata emesso dal gip la richiesta di non luogo a procedere. I pm hanno fatto ricorsi, ma ieri la Cassazione ha confermato il proscioglimento.

Come per Mediaset, dalle indagini della procura di Roma si è scoperto che anche in Rai Cinema è stato utilizzato lo stesso escamotage fiscale. E da ciò si è deciso di allargare le verifiche anche agli altri uffici Rai.

Intanto le vicende che riguardano viale Mazzini prendono il sopravvento. A seguito di alcuni esposti anonimi e di uno dell'azienda stessa, come rivelato pochi giorni fa da Il Fatto Quotidiano, è stato aperto un ulteriore fascicolo, di cui è titolare Francesco Caporale e Alberto Galanti, su una serie di stipendi gonfiati al Tg1. Decine di caporedattori e caposervizio del Tg1, regolarmente stipendiati per ore di straordinario soprattutto notturne, ma quasi sempre assenti dal posto di lavoro.

viale mazzini

Questa indagine nasce a seguito di un audit interno cominciato a novembre scorso grazie a una segnalazione anonima e, poi, a un'ispezione di Luigi Gubitosi: il direttore generale, in visita a sorpresa a Saxa Rubra, aveva trovato la redazione deserta seppur numerosi capiredattori fossero teoricamente in servizio.

Luigi Gubitosi

Secondo quel resoconto, per mesi sotto la direzione di Alberto Maccari e probabilmente anche dello stesso Augusto Minzolini (appena reintegrato in Rai dopo l'assoluzione per le spese con la carta di credito aziendale), non c'è stato alcun controllo. E cosi c'erano una trentina di giornalisti, quelli che viaggiano di più, abituati a non risparmiare in albergo o ne ristoranti sapendo di avere rimborsi smisurati.

Dopo Maccari, alla direzione del Tg1 è arrivato l'ex direttore de Il Messaggero, Mario Orfeo. Informato dei controlli aziendali in corso e in attesa di regole più stringenti, da un mese si rifiuta di firmare il foglio dei presenti. È stata disposta un'indagine interna con a capo Zuppi che ha riscontrato decine di irregolarità, che adesso sono diventate oggetto di un'indagine penale.

 


COSI’ FINI’ - GLI ULTIMI ISTANTI DI VITA DI FLI DEDICATI ALLA RESA DEI CONTI…

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Giuliana Fierro per Vanity Fair

GIANFRANCO FINI jpeg

Sorride Fini. L'avvocato Giuseppe Consolo, che ormai tale è perché non è più onorevole, si sente gelare. Fa appello al sentimento e precipita però in una gaffe: «Ci sono le cose importanti, Gianfranco. La tua eredità, la strada fatta insieme, le nostre figlie, poi, sono così amiche...». L'attrice Nicoletta Romanov, figlia di Consolo è, infatti, amica di Elisabetta Tulliani. Che però è la moglie di Fini, anzi, la compagna, meglio ancora: la madre delle bimbe del presidente Fini.

Gianfranco Fini

Il requiem del leader è come una marcetta che se lo porta via. Fa ticchete tacchete con la biro, Gianfranco Fini. È seduto. C'è quindi questa marcetta, non c'è la maestosità del crollo. Dal televisore, tenuto senza audio, si vedono le tabelle che sono lapidi. E c'è questo ticchete tacchete che però diventa puffete paffete fatto con la sigaretta mulinata tra le dita. Nessuno parla e in quell'ufficio pure la cicca di carta e catrame fa rumore.

FINI ELI E GIANCARLO TULLIANI

Sorride, dunque. Solo chi lo conosce bene, per esempio Francesco Cosimo Proietti già deputato, ma adesso no, conosce il vero avviso. Ma anche Roberto Menia, ridotto al rango di ex parlamentare, capisce che non è proprio quella smorfia il segnale del peggio. Piuttosto l'eruzione cutanea che gli si forma sul collo.

GIANFRANCO FINI ED ELISABETTA TULLIANI

Temerario, lo affronta: «Non ci dovevi portare a questo punto». E il punto, magari fermo alla data del 14 dicembre 2010, ultima rottura con Silvio Berlusconi, è un domandare che rimbomba da troppo tempo, ormai. Come le tre precise domande di Tomaso Staiti 1) «Come hai potuto stare con Berlusconi per quindici anni?», a cui così risponde: «Posti e potere». 2) «Perché non ti sei dimesso da presidente della Camera per poi fare politica davvero?» «Per proteggere chi mi ha seguito».

GIUSEPPE CONSOLO GIANFRANCO FINI ELISABETTA TULIANI

Alla domanda numero 3 («Come hai pensato di metterti sotto tutela di Pierferdinando Casini?»), risponde: «Quando piove serve l'ombrello». Ecco, sotto l'orecchio sinistro, c'è il segnale: un gonfiore sotto la guancia. Succede sempre quando non dorme, quando non fa immersioni o quando perde le elezioni.

Può guarire dal fascismo, Fini, ma dal berlusconismo, no. Nulla gli è risparmiato, tutto esce sui giornali. Di come, per esempio, fratello minore di Berlusconi, non potendo tributare compravendita in denaro a Sergio De Gregorio per aver fatto cadere il Governo Prodi, Fini offre una promessa: «Alla prossima ti facciamo ministro della Difesa».

SERGIO DE GREGORIO

Fini continuerà a fare politica. Fabrizio Alfano, il suo collaboratore, gli prospetta i cosiddetti «decreti», ovvero, un ufficio ancora per dieci anni; la scorta dello scandalo che sarà ridotta al rango di tutela; la macchina con cui potrà avere modo di andare alla New school, la scuola inglese, la migliore, per salutare le figlie e poi, non ultimo (gli spiega ancora Alfano) un «decreto» per un proprio addetto stampa: «Lavorerò con te». Fini ci tiene a farsi vedere nella casa di Val Cannuta, all'Aurelio, proprio per non dare adito ad illazioni sulla sua vita coniugale.

È la caduta di una deità minore che non eccita né commuove l'Italia abituata a ben altre rovine. Sorge il sole e - come gli ha raccomandato Staffelli di Striscia la Notizia - porta a spasso il Tapiro. Dovrebbe proprio tenerselo caro, quel feticcio. Anche a Gli Sgommati il suo pupazzo non è più in cartellone. Ticchete, tacchete.

 

MAI DIRE RAI! - IL PARTNER DI “THE VOICE” SARÀ RADIO RTL 102.5, IN BARBA ALLE SINERGIE AZIENDALI

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DAGOREPORT

giudici the voice italia noemi cocciante carra pelu

Si dice che Luigi Gubitosi sia un fan di Rtl, di cui apprezza i conduttori veloci e la programmazione leggera d'evasione. Sarà forse per questo che ha deciso di affidare alla radio di Lorenzo Suraci il ruolo di partner ufficiale di "The Voice", il nuovo talent in onda da stasera su Rai2, alla faccia dell'orgoglio e delle sinergie aziendali.

the voice of italy e rtl

"Una scelta miope, che mortifica il lavoro di giornalisti, conduttori, tecnici e impiegati della Rai- lo attaccano l'Usigrai e il comitato di redazione di Radiouno, che lo accusano di favorire la concorrenza, in una vicenda che "appare tanto più immotivata in un momento in cui l'azienda dovrebbe essere impegnata (come sbandiera Gubitosi ai quattro venti) nel rilancio della radiofonia Rai".

 

 

OBAMA DICE KNO ALLA KNESSET? - BARACK VISITERÀ ISRAELE IL 20 MARZO, MA SARÀ IL PRIMO PRESIDENTE A NON FARE UN DISCORSO

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(ANSA) - Il presidente Usa Barack Obama non parlerà alla Knesset, il parlamento israeliano, nel corso della sua prossima visita in Israele. Lo sostiene il 'Jerusalem Post' citando una fonte anonima della Knesset secondo la quale sono state respinte le richieste avanzate in questo senso all'amministrazione Usa.

obama con netanyahu e abbas jpeg knesset

Lo scorso mese, in previsione della visita del 20 marzo, Benyamin Ben-Eliezer - attuale speaker facente funzione della Knesset - e Reuven Rivlin - ex speaker e candidato a ricoprire la carica nella nuova legislatura (una volta che sarà formato il governo)- sono intervenuti con il premier Benyamin Netanyahu per chiedere che Obama parli davanti la Knesset, come prima di lui hanno fatto Carter, Clinton e George W.Bush. "Il popolo israeliano - ha detto Ben-Eliezer - è interessato ad ascoltare Obama parlargli direttamente e non c'é miglior posto per farlo che la Knesset".

Anche Rivlin è stato dello stesso avviso, aggiungendo che la Knesset è "l'arena" per i dibattiti e le decisioni e "l'unico luogo dove presentare piani diplomatici con ramificazioni decisive". A fronte della decisione negativa, annunciata dalla fonte del 'Jerusalem Post', due deputati, Tzipi Hotovely (Likud Beytenu) e Avi Wortzman (Bayit Yehudi), hanno reso noto il testo di una lettera inviata al presidente Obama al quale hanno chiesto di tornare indietro sulla decisione.

 

A FINE STAGIONE ANTONIO CONTE DIRÀ ADDIO ALLA JUVE: AVVIATE LE TRATTATIVE PER IL SUO APPRODO AL CHELSEA

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DAGOREPORT
La sua panchina è sempre stata considerata blindata e nel toto-allenatori non c'è mai finito. Neanche per gioco. E invece Antonio Conte e la sua folta criniera a fine stagione lasceranno la Juventus. Sono in stato avanzato, infatti, le trattative che dovrebbero portarlo alla guida del Chelsea. Roman Abramovich vuole a tutti i costi l'allenatore bianconero per avviare un nuovo ciclo vincente con i "blues".

ANDREA AGNELLI ANTONIO CONTE antonio conte

Andrea Agnelli, che gioca a fare il presidente con i soldi di Yaki Elkann, è a conoscenza delle intenzioni del magnate russo e non hanno posto alcun veto all'addio. Anzi. I rapporti tra Conte e la dirigenza juventina sono ai minimi termini già da tempo. Azzerati anche i contatti con il "pontiere" Claudio Albanese - responsabile della comunicazione della società e uomo-relazioni di Andrea Agnelli.

Alla base della frattura, i contrasti sulle modalità di gestione della squadra.
La dirigenza (che ha bisogno di maggiori incassi dopo gli maxi-investimento sullo stadio) vorrebbe sfruttare al massimo i diritti d'immagine dei calciatori, monetizzando su ogni occasione di marketing (spot, amichevoli all'etero, promozioni) mentre il tecnico salentino reclama una gestione più disciplinata e senza fronzoli.

ANDREA AGNELLI ANTONIO CONTE JOHN ELKANN

 

 

IL NEUROLOGO CONSULENTE DELLA PROCURA SOSTIENE CHE LA 95ENNE AURELIA SORDI E’ INCAPACE DI INTENDERE E DI VOLERE…

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Da Repubblica.it (ed. Roma)

STEFANIA BINETTI CON AURELIA SORDI

Aurelia, la novantacinquenne sorella del grande attore romano, Alberto Sordi, è incapace di intendere e di volere. E' quanto sostiene un neurologo, consulente del pm Eugenio Albamonte, titolare dell'inchiesta sul presunto raggiro ai danni di Aurelia Sordi.

Il parere del neurologo è contenuto in un referto consegnato al magistrato ed inserito nella domanda di incidente probatorio fatta al gip affinché Aurelia Sordi sia sottoposta ad una più approfondita visita medico-legale sulle sue capacità il cui risultato acquisirà il valore di prova in un eventuale processo.

ARTURO ARTADI L AUTISTA DI ALBERTO SORDI

Il neurologo ha concluso per l'incapacità dell'anziana sorella di Albertone dopo aver assistito alla sua audizione davanti al pm a proposito della firma da lei apposta sulla procura generale che attribuiva ad Arturo Artadi, attuale collaboratore di Aurelia, il potere di operare su tutti i conti correnti della donna. Non solo, dopo l'atto istruttorio, l'esperto ha visitato Aurelia ed il risultato dell'accertamento sulle sue capacità è stato negativo.

Alberto Sordi la sua casa mostrata da Carlo Verdone

Nei giorni scorsi, il reato ipotizzato dal pm Eugenio Albamonte è stato circonvenzione di incapace nei confronti di tre persone indagate. Si tratta dell'autista Arturo Artadi, del notaio Gabriele Sciumbati, dell'avvocato Francesca Piccolella. Secondo l'accusa sono loro che hanno predisposto la procura generale che avrebbe consentito ad Artadi di poter operare sui conti correnti della sorella dell'attore.

alberto sordi 3

L'inchiesta del pm Albamonte è stata avviata sulla base di esposti presentati dai direttori di due istituti di credito presso i quali sono aperti conti correnti intestati alla 95enne sorella dell'attore romano. Questi hanno segnalato che a partire dalla metà di febbraio, Arturo Artadi, storico autista dell'attore, ha depositato una procura generale che lo autorizza a operare su tutte le posizioni contabili della donna.

Una mossa che ha spiazzato i direttori di banca e ingenerato il sospetto che potesse esserci qualcosa di anomalo alla luce dell'età di Aurelia e della consistenza patrimoniale, pari a diverse decine di milioni di euro, che si sarebbe trovato a disposizione l'autista. Da qui l'esposto all'autorità giudiziaria che, come primo atto, ha disposto il sequestro della procura generale che fu firmata, secondo la ricostruzione degli inquirenti, davanti al notaio Gabriele Scambiati sulla base dei consigli dell'avvocato Francesca Piccolella.

 

CATRICALÀ CONTRO LA GABANELLI - ANCHE LO SCANDALO BANCO AMBROSIANO INIZIÒ NEL 1982 CON UN SUICIDIO

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Riceviamo e pubblichiamo:

milena gabanelli

Lettera 1
Caro Direttore,
vorrei chiarire quattro punti relativi all articolo di Milena Gabanelli pubblicato sul Corriere della Sera di oggi dal titolo Uno strano decreto sui magistrati fuori ruolo":

1) non sono "costretto" a tornare a fare il magistrato ma sono onorato di poterlo fare. Dopo aver vinto un difficile concorso di secondo grado ed essere stato chiamato a svolgere incarichi per i quali era richiesta, in alternativa con altre la qualifica di consigliere di Stato. ho chiesto e ottenuto di essere assegnato a una sezione consultiva che non si occupa di Presidenza del Consiglio dei Ministri né di Antitrust. Proprio per evitare conflitti di interessi.

Catricala con moglie

2) sono assolutamente convinto che un magistrato non possa essere autorizzato a svolgere funzioni di amministratore o presidente di qualsivoglia società commerciale. ne in ruolo né fuori ruolo né in aspettativa, ma debba, per svolgere quelle attività, abbandonare la toga. E un dovere morale prima ancora che giuridico.

3) lo schema di decreto non istituisce un nuovo caso di aspettativa ma si limita a richiamare la disciplina già vigente dell'art. 23 bis del d.lgs. n. 165 del 2001. È una regolamentazione severa che rimette ai consigli superiori delle singole magistrature di valutare la compatibilità dell'aspettativa con le esigenze del servizio.

4) lo schema di decreto, che ha ricevuto parere favorevole della commissione parlamentare, restringe di molto la possibilità di svolgere incarichi esterni. perché il numero dei fuori ruolo possibili è limitato presso ogni magistratura. Dal momento di entrata in vigore del decreto i vari incarichi part time (che sono Ia quasi maggioranza) non saranno pii autorizzabili. Per questo la bozza ha molti nemici.
Cordiali saluti.
Antonio Catricalà

Lettera 2
Ho ascoltato attentamente il discorso introduttivo e, successivamente, la replica del futuro presidente del consiglio Bersani, trasmesso da radio radicale. Mi domando e vi domando, a chi volesse togliermi l'atroce dubbio che mi assale: E' forse dovuto alla mia tenera età di ottantuno anni per non aver capito nulla delle cose che intende fare o siamo effettivamente ancora una volta al solito "cazzeggio" ? Ringrazio anticipatamente chi vorra aiutarmi prima che ricorra allo strizzacervelli.

Roberto Calvi

Lettera 3
...corsi e ricorsi storici, ahime' anche lo scandalo banco ambrosiano inizio nel 1982 con il suicidio dall ufficio nel palazzo della banca della segretaria
di calvi, speriamo che nel caso mps non si debba attendere cosi tanto tempo per sapere le vere responsabilita'
elledi61

Lettera 4
Strano nessuno abbia ricordato un intera pagina dedicatale da "l'Unità" nel 1990 a Livia Turco in occasione della nascita felice in età già adulta della figlia, un pezzo clamoroso.
Giampi

Lettera 5
Dago darling, non volermene ma per Chavez sto con Bertinotti e Minà (e tanti altri) nonché con la presidenta argentina che, già a Caracas per rendere omaggio al presidente defunto, ha detto: "Simón Bolívar fue liberador de su pueblo" y Hugo Chávez " liberador de mentes". "Don't cry for him Venezuela". Natalie Paav

Lettera 6
Bisognerebbe avvisare "Le Iene" che si scrive "fiche" o "fiches" e non "fish" (puntata del 3 marzo 2013, servizio su bisca clandestina).
Giuseppe Tubi

Lettera 7
Vabbè s'è beccato 1 anno per la vicenda Bnl-Unipol. Ma finché il Papi non prenderà ,come somma delle condanne, 20 anni non potrà essere in pari con gli italiani (è 20 anni che sfascia l'Italia).
Sanranieri

DAVID ROSSI E GIUSEPPE MUSSARI

Lettera 8
Ciao Dago,
per essere al passo coi tempi, potremmo riassumere questo momento storico in:
"Mala Tempora Currunt 2.0"...
(Gluca)

Lettera 9
Caro dago
Ho visto ieri sera da Gruber uno dei quadri intermedi del M5S.
Povera Italia, vota la rivoluzione di Grillo e si ritrova con la supercazzola dei grillini.
best.

Lettera 10
Caro Dago, non so chi ma sono riusciti ad incasinare pure l'invio del C.U.D. per la denuncia dei redditi. Altro che fermare il declino! Lo stanno accelerando.

MASSIMO GATTI CON ELEONORA ABBAGNATO jpeg

Lettera 11
Caro Dago culatello Bersani da Bettola fa il duro, si difende con le unghie e con le gengive, dice frasi o banali o incomprensibili. Il PD manda in TV personaggi che fanno
rimpiangere perfino la paonazza Rospy Bindi, sVendola, il banale Franceschini e Wolter anche. Ma quanti clowns ha questa italietta la cui gente si sta divertendo da matti.
Hai visto quel Toscani dal sorriso ebete che offende tutti, quella Bruno che viene e riviene in TV. Quell'Alfano dalla pupilla spiritata. Che spasso gli imparziali Santoro e Formigli.
Quante risate ci facciamo....
Ghelpag

LOGO BNL

Lettera 12
Caro Dago,
...e se la finissimo di dire che Grillo "non va in televisione", che "ha vinto perché non è andato in televizione" e via cazzeggiando? Grillo non è andato alle pallosissime tribune politiche, seguite da pochi masochisti e addetti ai lavori. Ma in tutti i telegiornali imperversava. Grazie alla par condicio i telegiornali erano per forza di cose obbligati a trasmettere l'unico materiale che avevano di Grillo, cioè i comizi, facendo a gara nel mostrare le battute più graffianti, le critiche più aspre al sistema dei partiti, le proposte più originali. Un divertente ed esaltante intermezzo tra le soporifere dichiarazioni di Bersani ("siamo persone serie"), le amenità di Berlusconi ("magistrati peggio dei mafiosi"), le delizie di Casini ("Monti ha salvato l'Italia").
Grillo ha sfruttato il mezzo televisivo meglio di chiunque altro.
AUVERNO

Lettera 13
Caro Dago,
qualunque cosa sia accaduta ieri al terzo piano di Rocca Salimbeni, grida giustizia. E' giunto il momento che la magistratura senese vada sino in fondo prima che a dolore si sommi dolore, toccando i fili scoperti di una vicenda, quella del Monte dei Paschi, che sta assumendo sempre più i connotati di una tragedia già conosciuta: il vecchio Banco Ambrosiano. La storia insegna che quando si intrecciano spericolate operazioni offshore, debiti dei partiti, IOR, massoneria e politica segue sempre una lunga scia di sangue.
Davide Scaramuzzino

FASSINO

Lettera 14
Ma ora, tutti i nostri politici sedicenti interpreti-esegeti-esperti dei mercati, tutti quelli che cianciano sempre di stabilità, serietà e amenità varie, perchè altrimenti i mercati ce la faranno vedere loro, non hanno fretta sapendo che in Italia le consultazioni più scivolose degli ultimi 20 anni inizieranno il 19 marzo? Io a questo punto le consultazioni le farei iniziare direttamente il 19 luglio. Così poi c'è la pausa estiva per riflettere meglio. No perchè mercati e spread stanno una pace...
Tiziano Longhi

Lettera 15
Quel Bonafede, deputato grillino-sparlante che Lillibotox ieri sera ha amabilmente preso per il culo, sembrava arrivare anche lui dal Guatemala, emulando Ingroia con i suoi dico-non-dico. Ma la domanda per Grillo è questa: che "punto" hanno i grillini maschi che vanno a Ottoemezzo, dato che non hanno il "punto G"?
Vittorio SexandGrillandrockandroll InFeltrito

HUGO CHAVEZ

Lettera 16
Egregio Direttore,
Certa stampa, e si capisce bene di quale sto parlando, funziona così: Berlusconi assolto definitivamente nell'inchiesta Mediatrade ( diritti Tv) e la notizia appare e scompare. Penati (Pd) prescritto nel processo che lo riguarda e la notizia appare e scompare. Ricordo però molto bene come fu diffusa la notizia del procedimento all'inizio: settimane e settimane di prime pagine per l'uno, trafiletti per l'altro.
Ecco, ci chiediamo poi perché Grillo prende voti? Alla prossima si potrebbe parlare anche del come l'On.le Turco completerà i versamenti per percepire la pensione, anche qui qualche trafiletto da fondo pagina o fondo...giornale!
Grazie per l'attenzione e buon lavoro
Leopoldo Chiappini Guerrieri
Roseto Degli Abruzzi (Te)

Lettera 17
Caro Dago,
leggo con piacere che una eccellenza italiana, Ferrari, ha prodotto una vettura in serie limitata (mi sfugge il perchè) dal costo di 1,2 milioni di euro, che è stata ordinata in numero di gran lunga superiore alla disponibilità. Il Dott. Montezemolo, stando ad alcuni servizi TV, ha dichiarato che a fronte di 39 ordini pervenuti dal mercato italiano potranno soddisfarne solo (!) 25, previo sorteggio.

Due considerazioni; se in Italia ci sono 39 persone che possono permettersi d'impulso un "giocattolo" da 1,2 mil (escluso tutti quelli che acquisteranno l'auto attraverso società o altro, nei vari mercati esteri) significa che dopotutto non siamo messi così male.

SILVIO BERLUSCONI

Dobbiamo aspettarci una visità improvvisa della GDF nella sede della Ferrari per esaminare l'emissione di regolare "scontrino di vendita" ? o esaminare un dettagliato redditometro per valutare se l'acquirente può effettivamente permettersi l'acquisto?
(sappiamo bene che pensionati sociali e/o senzalavoro indigenti si lasciano spesso prendere da acquisti compulsivi che poi non possono permettersi....)
saluti
FB

Lettera 18
Caro Dago,
capisco tutto quanto... ma penso che una convergenza su singoli atti sia possibile tra Centrosinistra e M5S. Anzi, sia necessaria: a termine, massimo un anno, e poi rivotiamo, ma solo dopo aver fatto una legge seria contro la corruzione, sul conflitto di interessi, dopo il recepimento della legge sulla tortura, aver fatto una riforma delle legge elettorale, aver rinunciato agli F35 e al TAV.

LILLY GRUBER LUCA TELESE - copyright Pizzi

Governo di Centrosinistra e sottoscrizione di impegno senza furbate varie. Se torna il nano di Arcore siamo rovinati: con lui non si può ragionare, solo Ualter (l'Africa, l'Africa...) e Dalemone ci credono ancora. Pensa a Gandhi: se egli avesse avuto come interlocutore non gli inglesi, che lo sbattevano in galera ma restava vivo, bensì un dittatore qualsiasi di voga a quei tempi, ebbne l'avrebbero fatto sparire senza tanti complimenti.

Ergo, l'interlocutore che ci si trova davanti ha la sua bella importanza.
Quindi i Dalemoni, i Veltroni (Ualter, l'Africa, l'Africa !!!), le Finoikea, le Bindi, i Fiorin Fioroni... e statevene in silenzio, possibilmente andate a lavorare veramente, di braccia e non di bocca, che sarebbe per voi una bella esperienza...
Recondite Armonie

Lettera 19
Caro Dago,
scrivo di danza e balletto da trentadue anni, ventisette dei quali per il Messaggero, e credo di aver maturato una certa esperienza in materia. Seguo la carriera di Eleonora Abbagnato da quando, bimbetta, debuttò all'Opera di Roma in Ma Pavlova di Roland Petit per poi volare a Parigi ed essere ammessa alla scuola dell'Opéra su presentazione dello stesso Petit che l'aveva personamente "scoperta" a Palermo.
Eleonora Abbagnato dal 2001 è première danseuse dell'Opéra di Parigi. Il titolo esatto è sempre correttamente riportato in ogni suo curriculum.

FILIPPO PENATI

E non è affatto vero che la Abbagnato non abbia mai fatto chiarezza sulla questione. Al contrario tutti i materiali stampa provenienti dal suo entourage sono precisissimi al riguardo e lei stessa, in almeno un'occasione - mi pare fosse un festival di Sanremo di qualche anno fa ma non ne sono sicura - ha precisato con garbo, a chi la presentava come étoile, che questo non era il titolo che le spettava.

Certo non spetta alla Abbagnato precisare ogni volta, in pubblico, quale sia il titolo assegnatole nella gerarchia dell'Opéra, perché questo equivarrebbe a sottolineare l'ignoranza e la superficialità di chi la sta presentando senza essersi neanche preoccupato/a di leggere due righe di biografia e assumendo il titolo di étoile come passpartout.

Eleonora Abbagnato è una deliziosa ballerina italiana che i francesi hanno saputo valorizzare meglio di quanto con tutta probabilità avremmo saputo fare noi. Ha i suoi difetti - come tutti gli esseri umani - e proprio alcuni di quei difetti, come accade agli artisti con una scintilla di vera grandezza, in scena sono la sua forza. Ma fra i suoi difetti non mi risulta ci sia quello della faciloneria né quello del pressappochismo arrogante.
Cordialmente
Donatella Bertozzi

Ezio Mauro

Lettera 20
Caro Dago,
Tre quiz, con risposta, più uno.

Quanti Italiani hanno comprato una casa dichiarando un prezzo inferiore a quello effettivo per risparmiare sulle tasse ? Milioni (tra cui Ezio Mauro).
Quanti Presidenti di squadre calcistiche hanno comprato un giocatore, dichirando una cifra inferiore all'effettiva ? Migliaia.
Quante volte un'intercettazione (o un intero verbale), coperta da segreto è finita sui giornali ? Migliaia di migliaia.

E ora dite, cari lettori, chi è quel cittadino italiano che per i reati/illeciti di cui sopra ha subito un processo ? Lui, solo lui e sempre lui Silvio Berlusconi per la Villa di Macherio, per il calciatore Lentini, e per l'intercettazione Fassino-Consorte. Serve altro per acclarare l'esistenza delle toghe rosse?
Salve
Natalino Russo Seminara

 

SALVATE IL SOLDATO BANANA - BERLUSCONI È OBBLIGATO A CASA DAL DISTACCO DEL VITREO, NON GLI RESTA CHE FACEBOOK

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1. BERLUSCONI: "HO FATTO DECINE DI DENUNCE PER LA DIFFUSIONE DI SEGRETI PROCESSUALI CHE RIGUARDAVANO ME, E FINISCO PER ESSERE L'UNICO CONDANNATO"
Dal profilo Facebook di Silvio Berlusconi

berlusconi dietro sbarre

La sentenza del Tribunale di Milano sulla vicenda Unipol comprova quanto sostengo da sempre: sono stato oggetto di migliaia di articoli di giornali e di trasmissioni televisive che hanno propagato ogni e qualsivoglia notizia di indagine sia coperta da segreto sia con divieto di pubblicazione.

Ho presentato decine di denuncie in merito e mai e poi mai si è arrivati ad un processo. In un caso hanno addirittura smarrito il fascicolo con la mia denuncia.

E per la pubblicazione su un giornale non controllato in alcun modo da me, senza neppure portare a processo il direttore responsabile dell'epoca, mi si condanna perché avrei prima della pubblicazione ascoltato la intercettazione in oggetto. Mai l'ho ascoltata ma anche se l'avessi ascoltata, e non è vero, tutti hanno escluso che vi sia mai stata una mia compartecipazione a tale pubblicazione.

berlusconi galera

E' davvero impossibile tollerare una simile persecuzione giudiziaria che dura da vent`anni e che si ravviva ogni qual volta vi sono momenti particolarmente complessi nella vita politica del Paese.

Soltanto una vera e completa riforma della giustizia potrà consentire che ai cittadini italiani non accada ciò che continuamente accade a me da 20 anni e che continuerà ad accadere, poichè sono ben conscio che anche nei prossimi appuntamenti giudiziari non vi sarà spazio per le doverose assoluzioni che dovrebbero essere pronunciate nei miei confronti e che solo in Corte di Cassazione sarà possibile, come accaduto puntualmente ieri, ottenere giustizia.

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2. UNIPOL: FASSINO, RISTABILITE VERITA' E GIUSTIZIA
(ANSA) - "Una sentenza che ristabilisce verità e giustizia e conferma come intorno a una espressione ironica sia stata costruita consapevolmente, per anni, una campagna di denigrazione e delegittimazione politica". Il sindaco di Torino, Piero Fassino, commenta così la condanna di Silvio Berlusconi e del fratello Paolo per la vicenda Unipol.

3. PDL: A PIAZZA DEL POPOLO LA MANIFESTAZIONE DEL 23 MARZO
(ANSA) - Sarà a piazza del Popolo a Roma la manifestazione convocata dal Pdl. Lo rende noto un comunicato del partito nel quale si informa anche che è stato costituito il Comitato organizzatore dell'evento. Si parte alle 15, prosegue la nota del Pdl, "con Silvio Berlusconi, per la libertà, per un Paese che vuole tornare a crescere, contro l'oppressione fiscale e contro ogni intimidazione giudiziaria".

ruby

4. BERLUSCONI AFFETTO DA CONGIUNTIVITE;STOP A APPARIZIONI IN TV
(ANSA) - "Il Presidente Silvio Berlusconi soffre ancora dei postumi del distacco del vitreo a cui si associa una fastidiosa congiuntivite. Per questo motivo, l'oftalmologo ha consigliato di farlo soprassedere da apparizioni in video". E' quanto si legge in una nota diffusa da Palazzo Grazioli. "Sentito anche il parere del professor Alberto Zangrillo, il Presidente Berlusconi non potrà pertanto partecipare alla puntata di domani di 'Porta a Porta' ".

Mario Monti Angelino Alfano

5. RUBY: BERLUSCONI DEPOSITA CERTIFICATO MEDICO, IMPEDITO DOMANI
(AGI) - Silvio Berlusconi, attraverso i suoi legali, ha depositato un certificato medico nel quale si fa riferimento a un "grave disturbo alla vista", chiedendo il rinvio dell'udienza di domani per legittimo impedimento del processo Ruby.

A causa di questo problema di salute, spiegano uno dei suoi avvocati, Piero Longo, sono stati cancellati anche l'incontro con Mario Monti e l'ufficio di presidenza del Pdl previsti per domani. Stando al programma, nell'udienza di domani il procuratore aggiunto Ilda Boccassini avrebbe dovuto terminare la requisitoria del processo in cui l'ex premier e' accusato di concussione e prostituzione minorile.

6. BERLUSCONI SALTA INCONTRO CON MONTI, PROBLEMI A OCCHIO
(ANSA) - Silvio Berlusconi non sara' a Roma domani per incontrare il premier Mario Monti in vista del summit Ue. E quanto riferiscono fonti del Pdl, sottolineando che il medico ha dato parere contrario ad uno spostamento da Milano. Il leader del Pdl saltera' cosi' anche l'Ufficio di presidenza previsto anch'esso domani a Roma.

 

 


IL CDR DEL CORSERA CONTINUA A PUBBLICARE LA STORIA DELL’ACQUISIZIONE CHE HA INDEBITATO RCS…

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Il Comitato di redazione del «Corriere della Sera»

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Il Comitato di redazione, con l'aiuto dei giornalisti del Corriere della Sera, prosegue il racconto del caso Recoletos, cioè dell'acquisizione compiuta da Rcs nel 2007: causa fondamentale dell'indebitamento del gruppo, oggi pari a circa 880 milioni di euro. Ieri abbiamo visto come il gruppo Recoletos fosse stato acquistato in prima battuta dalla finanziaria Retos Cartera.

Dopo essere stata acquisita da Retos Cartera, la società Recoletos (editrice tra l'altro del quotidiano economico Expansion e del quotidiano sportivo Marca) venne tolta dal listino spagnolo (quindi diventò non più scalabile) e di fatto messa sul mercato, probabilmente destinata a un compratore già individuato. Il presidente di Recoletos, Jaime Castellanos, aveva anche una forte partecipazione in Retos Cartera, era presidente di Lazard Spagna e all'epoca era già cognato di Emilio Botin, presidente del Banco Santander.

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Botin, a sua volta, intratteneva ottimi rapporti con Luca Cordero di Montezemolo, in quel periodo presidente della Fiat e dunque secondo azionista del patto di sindacato che controlla il gruppo Rcs. Santander, sia detto per inciso, era presente su molti fronti italiani: sponsorizzava, per esempio la Ferrari, la casa di Maranello presieduta da Montezemolo. Santander, tra l'altro, aveva acquisito Antonveneta e poi l'aveva rivenduta al Monte dei Paschi di Siena, spuntando un'ingente plusvalenza.

EMILIO BOTIN E LUCA DI MONTEZEMOLO

Nel primo passaggio di mano di Recoletos ebbe un ruolo anche la banca Banesto (azionista di Retos Cartera), presieduta da Ana Patricia Botin, figlia del presidente del Santander e nipote acquisita di Castellanos, nonché (fino all'aprile 2011) consigliere di Generali, azionista del patto Rcs.

Ufficialmente il dossier Recoletos arrivò nel 2006 sul tavolo del consiglio di amministrazione di Rcs. L'allora amministratore delegato Vittorio Colao giudicò l'operazione troppo rischiosa. Lasciò il suo posto nell'estate del 2006 e venne sostituito da Antonello Perricone, ex amministratore delegato de La Stampa (controllata dal gruppo Fiat). Da quel momento l'interesse di Rcs per Recoletos diventò altissimo.

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Perricone era appoggiato da alcuni azionisti del patto di sindacato; gli altri seguirono. Perricone era affiancato dal direttore di Rcs Quotidiani Giorgio Valerio, dal gennaio 2004 amministratore delegato di Unedisa, controllata spagnola di Rcs, cui fa capo il quotidiano El Mundo.

Rcs per l'operazione si avvalse di due advisor: Mediobanca, cioè il maggior azionista di Rcs, e la Banca Leonardo, guidata da Braggiotti, che nel 2004 era stato advisor dell'amico e collega Castellanos nell'operazione di acquisizione di Recoletos dal gruppo inglese Pearson.

JAIME CASTELLANOS

Nell'aprile 2007 Rcs completò l'acquisizione di Recoletos, attraverso la controllata Unedisa, e rese nota la somma della transazione: 1,1 miliardi di euro versati a Castellanos e soci, nonostante Recoletos avesse un fatturato 2006 pari a soli 304 milioni di euro.
Nel giugno 2008 la Consob intervenne per punire, con una sanzione da 200 mila euro, la mancata trasparenza dell'affare Recoletos. In particolare la Consob contestò ai manager di Rcs di aver "avuto contatti con la controparte". (La storia continua nel prossimo comunicato)

2 - LE CESSIONI IMMOBILIARI DIVIDONO I SOCI DI RCS
C.Fe. per il "Sole 24 Ore" - Il nodo da sciogliere resta quello della vendita dell'immobile storico, cioè il palazzo del Corriere della Sera in via Solferino a Milano. Su questo punto tra i soci del patto di Rcs non ci sarebbe perfetta unità di vedute, al punto che secondo quanto emerge da ambienti finanziari la dismissione sarebbe per ora congelata. Comunque, senza gli incassi dalle cessioni dei palazzi, la coperta rischia di essere corta.

Sede del Corriere della Sera in via Solferino

Lo sanno le banche che stanno negoziando il rifinanziamento del debito di Rcs (oggi a oltre 800 milioni). Potrebbe non bastare un aumento di capitale da 400 milioni, soluzione indicata per ora come la preferibile dai soci. Intanto venerdì si riunirà il Cda con l'aggiornamento sul debito e sulla vendita dei periodici (per i quali ci sarebbero 5 offerte), mentre il board decisivo con i conti e le indicazioni sull'aumento di capitale dovrebbe essere il 23 marzo.

 

 

IL PRETE COMPAGNO DON GALLO SPRONA L’AMICO GENOVESE GRILLO AL DIALOGO CON IL PD CON IL SUO SOLITO TONO PACATO

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1. GRILLO AL TIME: SE FALLIREMO NOI, TORNERÀ LA VIOLENZA
(TMNews) - Vuole la dissoluzione dei partiti, un'informazione trasparente, attacca i media italiani e santifica internet, capace persino - afferma tra il serio e il faceto - di far dimettere il Papa, che aveva cominciato a comunicare su twitter. Beppe Grillo si presenta così ai lettori di Time, che lo ha intervistato - come molti altri media internazionali - a Marina di Bibbona, dopo lo straordinario successo alle elezioni politiche.

Beppe Grillo

Tra un anno si vede in giro per un tour mondiale e si considera, ancora, un grande comico. Il leader del Movimento 5 Stelle ha spiegato che chi lo critica dovrebbe ringraziarlo: "Se la violenza non è scoppiata nel Paese, è grazie al movimento. Se falliremo, scoppieranno le violenze" ha detto Grillo, ricordando che "tutto è nato in Italia: il fascismo, le banche, il debito, la mafia. La violenza no, grazie a noi".

Grillo ha poi detto di non aver mai dichiarato di voler lasciare l'euro: "Ho detto che voglio una corretta informazione. Voglio un piano 'B' per sopravvivere per i prossimi dieci anni. Poi, un referendum per decidere. Costi e benefici, cerchiamo di capire quali sono. Prima di tutto, bisogna essere informati".

DON ANDREA GALLO

Alle accuse di non essere democratico, ha risposto: "C'è una regola nel nostro movimento: non si fanno accordi con i partiti. Chiunque si sia iscritto al movimento l'ha accettata, firmando. Non c'è niente da decidere. Se giochi a calcio, dici di voler segnare con le mani? No, si può solo con i pedi. Significa accettare le regole".

"L'uso di internet lo abbiamo copiato dagli Stati Uniti. Da Howard Dean abbiamo preso il meetup: lui lo usava per raccogliere soldi, noi per informare. Obama? Se dovesse fare il 5% di quello che dice, sarebbe grandioso. Ma anche lui è imprigionato in un sistema. L'arte del compromesso, in politica, non è più valida. I compromessi devono essere tra i cittadini, non tra democratici e repubblicani" ha detto Grillo. Il leader del M5S vuole incontrare gli indignados, che si vogliono sbarazzare dei partiti e della corruzione come il Movimento, anche se la loro è rimasta una lotta di piazza.

DON ANDREA GALLO

E alla domanda se sia rimasto sorpreso dell'appoggio di alcuni banchieri, come Jim O'Neill di Goldman Sachs, ha risposto: "Hanno capito il vento del cambiamento. Se non c'è lavoro, ma disperazione, se le aziende chiudono, che devono fare le banche? Speculare? Non c'è nulla su cui speculare".


2. M5S: TIME PRECISA, GRILLO SI CONSIDERA ALTERNATIVO A VIOLENZA

(AGI) - "'E se falliamo noi violenza in strada' del Corriere.it e' una citazione fuori contesto. Grillo e' stato chiaro: lui vede se' stesso come un'alternativa alla violenza. Giusto per essere chiari, in nessun passo dell'intervista con il 'Time' Grillo ha minacciato che ci sarebbero state violenze. Anzi, stava chiarendo che nella sua visione il M5S previene la violenza incanalando la rabbia del paese all'interno del dibattito democratico".

La precisazione e' di Stephan Faris, autore dell'intervista a Beppe Grillo sul 'Time', postato sul blog del comico genovese. "Il Corriere avrebbe dovuto avere l'attenzione di inserire la frase nel contesto originale - prosegue Faris - sembra piu' il prodotto di negligenza e ricerca di sensazionalismo che un deliberato e improprio uso".


3. DON GALLO: "BEPPE NON FARE LO STRONZO. PARLA DI GOVERNO COL PD"
Silvia Truzzi per il "Fatto quotidiano"

Don Gallo risponde alle domande prima di riceverle. Ha pomeriggi intensi, ma non è tipo da sottrarsi. Così capita che, mentre uno dei suoi collaboratori aspetta di passargli il telefono, lui ha già detto cinque cose da segnarsi. In un discorso cosmico, dove c'è posto per le radici ("ho fatto il noviziato nel ‘48. Sono stato marinaio e partigiano, grazie a mio fratello che era comandante, ho potuto assimilare i valori della Resistenza e i valori cristiani") e per le ali ("l'Italia è a pezzi, imperversano i potentati finanziari e le mafie, è un Paese in ginocchio che ha bisogno di una ricostruzione fondante"). E una conversazione a trois, in cui il Gallo parla al Grillo.

Don Andrea, che si fa di fronte all'ingovernabile?
In Italia è tutto precario, doveva esserlo anche l'esito del voto. Mi è spiaciuto molto vedere ancora tanto astensionismo e un milione di schede bianche o nulle. Del resto è stata una campagna elettorale all'insegna di isterismi, superficialità, confusione.

Andrea Gallo

I numeri sono precisi e impietosi: che si fa?
Chi ha veramente a cuore il bene comune non può che sedersi a un tavolo, anche se sarà un confronto lacerante.

Sta invitando Grillo a trattare con il Pd?
Sì, a un tavolo che abbia come obiettivo un governo che io chiamo "di tregua". Magari durerà un anno, ma ci sono cose urgenti da fare. Ho sempre visto con grande gioia il movimento dei grillini, per la ventata di democrazia partecipativa che ha portato. E che man mano va a sostituire la democrazia rappresentativa incarnata da quella legge porcata con cui siamo stati costretti a votare.

Ma lui non sembra molto intenzionato...
Caro Beppe, vuoi le riforme e poi metti le barricate? Non vuoi parlare con nessuno? Stai nel bunker? Ma oh! Qui è un gioco al massacro. Bisogna fare la legge elettorale, il conflitto di interessi, bisogna eliminare le pensioni d'oro e dimezzare i parlamentari. E poi: combattere la disoccupazione, l'evasione fiscale e la corruzione, una nuova politica estera che ci porti davanti all'Europa con la schiena dritta. Ma se il Beppe rifiuta il dialogo quelli che l'hanno votato si sentiranno delusi.

Che pensa delle mosse del Pd?
A loro voglio dire: giù le maschere. Via la boria. Avete fatto tanti errori. I notabili, quei becchini, se ne stiano un po' zitti.

Lei conosce Grillo da tanti anni.
Ci siamo incontrati per strada, dove entrambi siamo nati, ancora con De André, anche se Beppe è più giovane. E con Gino Paoli. Con lui c'intendiamo al volo, basta guardarsi negli occhi: io e Beppe, di queste cose parlavamo tre anni fa.

Quali cose?
Lui ha sempre votato comunista. Voleva iscriversi al Pd, ma l'hanno rifiutato. Si ricorda la frase di Fassino? "Non è un autobus il partito"... (Don Gallo qui si mette a imitare il sindaco di Torino). "Faccia il suo partito e vediamo quanti voti prende". Bravo Fassino, eh? Il risultato è che ha superato il Pd. Da più di un anno dico: non insultate Grillo, offendete i suoi elettori. Non mi hanno mai ascoltato, gli han detto di tutto, "populista", "fascista". Mah...

Beh, diciamo che lui non è stato zitto: ne ha dette di ogni a tutti i politici, compresi i democratici.
Ma l'hanno sempre provocato e insultato! Poi non è infallibile, a volte le azzecca a volte no.

Com'è con gli amici?
L'anno scorso è venuto a una delle mie messe, ha fatto delle letture in chiesa. E si è fermato a mangiare con tutti i ragazzi della nostra comunità. La mia stima è soprattutto per la sua umanità. Certo è intelligente, simpatico, capace. Ma soprattutto, per me, è onesto. Ed è sincero, un uomo pronto a servire il cittadino. Ha una sensibilità, come quella di Gino, profondissima. E rara. Appunto perché è sincero, gli dico: non fare lo stronzo, vai a questo tavolo. e vediamo cosa succede. Non avete la maggioranza per governare da soli.

Ha suggerito al leader del M5s un referendum sul web per capire quanti elettori vorrebbero un governo per le riforme di cui abbiamo parlato.
Sono convinto che tantissimi suoi elettori vorrebbero vedere immediatamente delle riforme. Può darsi che tra 3 mesi salti tutto e allora andremo al voto ma se passano 6, 7 o 8 mesi di stallo non so se gli elettori del Movimento 5 Stelle cresceranno.

Secondo lei un governo guidato dalla Cancellieri o dal professor Rodotà, Grillo lo voterebbe?
Abbiamo bisogno di un anno di tregua, di pace, di lavoro sulle riforme importanti. Io stimo entrambi, sia il prefetto Cancellieri che il professor Rodotà, ma sarebbe uno sbaglio: ci sono gli eletti, non c'è bisogno di scorciatoie.

Farà una telefonata a Grillo per convincerlo a scendere dall'Aventino?
No, io non sono un mediatore. E non voglio condizionarlo: è un uomo maturo e capace. Ovviamente lui sa che se ha voglia di parlarmi, mi può chiamare in qualsiasi momento.

 

ENI, DOPO KNIGHT VINKE AFFRONTERÀ BENIGNI PER LE BOLLETTE DEL GAS O FORSE DELL'ELETTRICITÀ, PER LA SUA CASA A ROMA

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G.D. per il "Sole 24 Ore"

ROBERTO BENIGNI DURANTE LO SPETTACOLO SULLA COSTITUZIONEpaolo scaroni

Dopo l'impegno per la diffusione della Divina Commedia e della Costituzione italiana, Roberto Benigni ha intrapreso un altro cammino, che può assumere un importante risvolto sociale: si è iscritto all'Adiconsum, l'associazione di difesa dei consumatori promossa dalla Cisl. Qual è la ragione del "tesseramento" dell'attore toscano nell'organizzazione che dichiara "oltre 149.375 associati"?

Da quanto trapela, Benigni ha delle rimostranze verso l'Eni, per le bollette del gas o forse dell'elettricità, per la sua casa a Roma. Per l'amministratore delegato dell'Eni, Paolo Scaroni, impegnato a fare chiarezza e a rigettare ogni accusa nell'inchiesta sulle presunte tangenti Saipem, la mossa di Benigni potrebbe aprire un nuovo fronte, dopo l'incalzante richiesta del fondo attivista Knight Vinke che chiede di separare Saipem dall'Eni, come già avvenuto per la Snam.

 

 

NON È SERVITO NEMMENO IL CASO MPS PER FAR CAPIRE CHE È BENE CHE LE BANCHE TORNINO A FARE LE BANCHE

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Stefano Sansonetti per "lanotiziagiornale.it"

Dall'inizio della crisi l'abbiamo sentito ripetere come un mantra: le banche devono tornare a fare le banche. Un modo per dire che, soprattutto in questa fase, ci si aspetterebbe dagli istituti di credito più attenzione alle esigenze di famiglie e imprese. Eppure ancora oggi qualche curiosa "divagazione" continua ad andare di moda. Si prenda il caso di Unicredit, che con Intesa Sanpaolo rappresenta la coppia dei big bancari italiani.

giuseppe scognamiglio

Il gruppo guidato da Federico Ghizzoni, zitto zitto, ha lanciato qualche mese fa una società editrice nuova di zecca. Si chiama Europeye e si è data un obiettivo piuttosto ambizioso: lanciare una rivista di geopolitica, East, addirittura al punto di insidiare i principali concorrenti come Micromega e Limes. Cosa abbia a che fare tutto questo con l'attività bancaria è un po' complicato da afferrare. Di certo lo scenario, come è in grado di documentare lanotiziagiornale.it, si schiarisce non appena si va a guardare chi c'è dietro l'iniziativa.

Il "ministro" banchiere ed editore. Il principale artefice dell'operazione è Giuseppe Scognamiglio, dinamico responsabile public affairs di Unicredit, che si è subito seduto sulla poltrona di presidente della Europeye. La società è controllata dall'istituto di piazza Cordusio con il 90% del capitale. A seguire c'è un 5% in mano all'European council on foreign relations, think tank internazionale guidato addirittura da Martti Ahtisaari, ex presidente finlandese e premio Nobel per la pace, e da Joschka Fischer, già ministro degli esteri tedesco.

Federico Ghizzoni Unicredit

Infine il residuo 5% è in mano a una società di produzione cinematografica, la Far out films, il cui azionista di maggioranza è Fabrizia Falzetti, che è anche diventata consigliere delegato della Europeye. Ma in quest'ultima società, con il 7,2%, c'è anche Farebroz Kamkari, iraniano, regista del lungometraggio "I fiori di Kirkuk", un film che qualche anno fa è stato prodotto non soltanto dalla Far out films, ma anche dalla Oskar, società tra i cui azionisti compare Dorotea Morlicchio, moglie proprio di Scognamiglio. Che poi quella del responsabile public affairs di Unicredit è una storia tutta particolare, che lo vede partire come diplomatico alla Farnesina. Attività che gli frutta la qualifica di "ministro", a cui pare che Scognamiglio tenga molto.

europeye logo

Successivamente si registra un suo passaggio nelle gerarchie ministeriali: prima consigliere diplomatico con Piero Fassino al commercio estero, poi la stessa funzione con Enrico Letta. Ma soprattutto il grande punto d'appoggio di Scognamiglio è Paolo Fiorentino, chief operating officer di Unicredit, il manager che ha seguito da vicino le tribolate vicende della Roma calcistica.

Obiettivo: fare concorrenza a Micromega e Limes. C'è un verbale del consiglio di amministrazione del 17 dicembre 2012 in cui si espongono nel dettaglio gli obiettivi di Europeye. La società ha rilevato della stessa Unicredit proprio East, rivista bimestrale di geopolitica che in questi anni non ha dato grandi risultati. Secondo le ambizioni di Scognamiglio, racconta il verbale, la rivista "dovrà essere presente sia nel settore tradizionale delle riviste cartacee che tra quelle che operano via web, con grande attenzione ai costi.

east cover jpeg

La tendenza a cui il progetto aspira è di riuscire ad avere 5 mila punti retail sui 30 mila disponibili, aspirando ai target delle riveste concorrenti, identificabili con Micromega e Limes". Sul sito di East, proprio per contribuire al lancio, è già apparso l'editoriale di Scognamiglio relativo al numero di marzo/aprile 2013. Dal titolo sin troppo eloquente, "Niente Europa, siamo inglesi", il contributo scaglia un attacco durissimo nei confronti del Regno Unito. "Questa leadership inglese è modesta", scrive Scognamiglio riferendosi a David Cameron, "non riesce a interpretare correttamente i bisogni e, soprattutto, le attuali difficoltà del proprio paese".

Elogi ampi, invece, per la Turchia. "L'unico leader europeo che è riuscito a interpretare il valore della sua leadership trascinandosi dietro un'intera nazione verso obiettivi alti, noncurante dei sondaggi, è stato il turco Erdogan, che ha modernizzato il paese a tappe forzate, riuscendo anche a imporre scelte non sempre facili". Dopotutto Unicredit proprio in Turchia controlla uno dei principali istituti di credito, Yapi Kredi Bank.

 

MONTE DEI NEFASTI DI SIENA – ROSSI, MUSSARI, CECCUZZI: SONO DIVENTATI GRANDI PARTENDO DA “PICCINI”

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Giorgio Meletti per "Il Fatto Quotidiano"

DAVID ROSSI FOTO INFOPHOTO DAVID ROSSI E GIUSEPPE MUSSARI

Un ufficio ampio, luminoso, con due grandi finestre di legno chiaro affacciate sul cortile interno di Rocca Salimbeni. Era la quota toccata a David Rossi dell'elegante, costosa ristrutturazione d'altri tempi che l'architetto Pierluigi Spadolini (fratello maggiore del più celebre giornalista e politico Giovanni) aveva disegnato per la vera reggia di Siena: il Monte dei Paschi.

Nelle settimane turbinose dello scandalo, Rossi mostrava quell'ufficio come la sua coperta di Linus, e invece adesso sappiamo che non gli è bastata, che anzi proprio in quella stanza l'idea di morire l'ha catturato. "Io ho fatto la scelta di scommettere tutto sulle mie capacità professionali", ripeteva facendo roteare lo sguardo sugli scaffali pieni di libri d'arte e pratiche d'ufficio, come se volesse dire "qui si lavora e non si traffica".

E adesso siamo costretti, forse suo malgrado, a prendere la parabola di David Rossi come esemplare della folle storia della città che creò una banca più grande di lei e ne fu alla fine schiacciata. Senza mai primeggiare, Rossi ha consumato la sua parabola in quell'affollato incrocio senese tra le professioni e gli intrighi politici.

LA STRADA DIETRO ROCCA SALIMBENI DOVE SI E BUTTATO DAVID ROSSI FOTO LOZZI PER INFOPHOTO DAVID ROSSI IL LUOGO DELLA MORTE

Negli anni Novanta è il braccio destro dell'allora potentissimo sindaco diessino Pier Luigi Piccini, gli è sempre al fianco negli uffici di piazza del Campo per tutta la decennale sindacatura. Con lui un coetaneo, il giovane avvocato Giuseppe Mussari, altra scoperta di Piccini. Rossi e Mussari sono i dioscuri del sindaco. Assieme all'allora segretario provinciale del partito, Franco Ceccuzzi, lo accompagnano lungo la cavalcata che doveva concludersi trionfalmente con la presidenza della Fondazione Montepaschi, la cassaforte che conteneva il potere sulla banca, ne raccoglieva gli ampi dividendi e provvedeva a distribuirli al territorio.

Nel 2001 la frattura all'interno dei Ds si compie. Un decreto del ministro del Tesoro Vincenzo Visco (Ds) sgambetta il diessino Piccini, che non raggiunge la Fondazione e viene esiliato dal Monte (di cui è dipendente) alla consociata di Parigi.
I tre "giovani turchi" sono subito d'accordo. Mussari va a fare il presidente della Fondazione, Ceccuzzi rimane a presidiare il partito, Rossi rimane a presidiare il comune: tutto si tiene a Siena, soprattutto si deve tenere.

CECCUZZI MUSSARI AMATO

Il partito sceglie il sindaco, il sindaco sceglie i vertici della Fondazione, la Fondazione sceglie i manager del Monte, la banca con dividendi e donazioni varie fa ricco il Comune e fa di Siena una città ben amministrata. Il partito ringrazia.
Nel 2006 Mussari balza direttamente alla guida della banca e, mentre Ceccuzzi diventa deputato (poi sindaco per pochi mesi nel 2011) Rossi lo raggiunge a Rocca Salimbeni.

franco ceccuzzi

Capo della comunicazione del Monte dei Paschi, che vuol dire anche un imponente budget pubblicitario da gestire e molti finanziamenti da distribuire in giro per convegni, mostre e tutto quanto dà sale alla vita politica e culturale di un centro provinciale ma ambizioso come Siena. Poi si mette male. Mussari viene invitato dalla Banca d'Italia a togliere il disturbo, e si organizza il dorato rifugio della presidenza dell'Abi, l'associazione bancaria.

PIERLUIGI PICCINI

Arrivano i nuovi capi, l'amministratore delegato Claudio Viola e il presidente Alessandro Profumo. Rossi viene un po' ridimensionato, molti suoi collaboratori vengono allontanati, anche perché i budget non sono più quelli di un tempo. Ma difende la posizione, dimentica, o finge di dimenticare, i vecchi amici e si mette al servizio di Profumo: "Mi ha dato fiducia - ripeteva ostentando soddisfazione - ha capito che io sono uno che pensa solo a fare bene il suo mestiere".

Ma quella perquisizione a casa e in ufficio, lo scorso 19 febbraio, lo ha fatto ripiombare nell'incubo di perdere tutto, cioè il suo lavoro al Monte dei Paschi. Che era anche l'unica cosa che si era conquistato, mentre i suoi amici incassavano glorie politiche e finanziarie.

 

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