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“LI SORDI” DI ALBERTONE - ALTRO CHE LA SORELLA: L’EREDE DI SORDI È LA FONDAZIONE

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Giulio De Santis e Fulvio Fiano per il "Corriere della Sera - Roma"

STEFANIA BINETTI CON AURELIA SORDI


Si nascondono nei tagli di un video girato per la commemorazione dei 10 anni della morte di Alberto Sordi i riscontri che la Procura cerca sullo stato di salute di sua sorella Aurelia. Le immagini - una intervista-racconto commissionata dalla Regione Lazio - sono state acquisite all'inchiesta che vede la 95enne erede del patrimonio del grande attore vittima di un presunto raggiro e verranno messe a disposizione del medico legale incaricato della perizia sulla lucidità della donna. Il passo forse decisivo per le indagini.

ALBERTO SORDI

Ma mentre procedono gli accertamenti e gli interrogatori del pubblico ministero Eugenio Albamonte, un'altra ipotesi si fa largo. Ossia che l'autore della presunta circonvenzione d'incapace non sia solo l'autista storico della famiglia, Arturo Artadi. L'uomo gode di grande affetto tra tutte le persone vicine alla «signorina Aurelia», ma di lui potrebbe essersi servito chi aveva bisogno del suo patrimonio di fiducia presso la donna per convincerla a firmare una nuova procura generale.

ARTURO ARTADI L AUTISTA DI ALBERTO SORDI

Quella che dà ad Artadi libero ed esclusivo accesso a tutta l'eredità custodita in due banche e permette così di operare su un patrimonio che - secondo il testamento rinvenuto dalla Procura - assegnerebbe l'intero ammontare del lascito (decine di milioni di euro) alla Fondazione Alberto Sordi. Con la consapevolezza di Artadi? Questo saranno le indagini a dirlo. Il fascicolo resta a carico di ignoti, ma l'ipotesi del coinvolgimento di altre persone nel presunto raggiro sembra più di una deduzione logica dai passi compiuti finora dall'inchiesta.

casa sordi images

Le rassicurazioni avute sulla limpidità dell'operazione da parte del notaio davanti al quale la procura è stata firmata e le parole della stessa signorina Aurelia sulla linearità delle proprie intenzioni, non sembrano infatti aver fugato tutti i dubbi nati dopo la segnalazione arrivata alla Procura da uno dei due istituti di credito. Artadi aveva già accesso a uno dei conti correnti, dal quale attingeva per le esigenze quotidiane della anziana donna e - secondo la sua versione raccontata al pm- anche per il suo stipendio. Poi la nuova delega.

casa sordi casa

Sullo sfondo dell'inchiesta resta l'amarezza di tutte le persone vicine alla sorella di «Albertone» per il caso nato proprio nel decennale della sua morte. Chi ha contatti con la donna la descrive molto colpita e provata dalla vicenda. Dopo la festa del 18 febbraio tenuta nella villa alla Terme di Caracalla con oltre 100 invitati, la signorina Aurelia si sarebbe chiusa nel silenzio e non vorrebbe più ricevere visite.

La notizia dell'eredità assegnata alla Fondazione, che oltre a custodire i cimeli dell'attore (premi etc) si occupa di ricerca biomedica sugli anziani secondo le espresse volontà dell'attore, è giunta come una sorpresa nel mondo di affetti lasciato da Sordi.

 

Alberto Sordi la sua casa mostrata da Carlo Verdone

ORA E’ GIOCO FACILE PER GRILLO SEPPELLIRE NELLA FOSSA LA POLITICA MORIBONDA: "IO DO AI PARTITI ANCORA SEI MESI"

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AN

Beppe Grillo BERSANI E GRILLO

"Se il Pd di Bersani e il Pdl di Berlusconi proponessero un cambiamento immediato della legge elettorale, l'abolizione dei rimborsi dei costi della campagna elettorale e al massimo due legislature per ogni deputato, noi sosterremmo naturalmente, subito un governo del genere. Ma non lo faranno mai". Lo dice Grillo al settimanale tedesco Focus.

"Loro bleffano soltanto - ha aggiunto - per prendere più tempo". Il leader del M5S ha poi ribadito: "Io do ai partiti ancora sei mesi, e poi è finita qui". "Poi non potranno più pagare le pensioni e gli stipendi pubblici", ha aggiunto. Nell'intervista, di cui è stata diffusa una anticipazione, Grillo dice: "Saremo schiacciati non dall'euro ma dai nostri debiti. Se gli interessi salgono a 100 miliardi all'anno siamo morti. Non c'é alternativa". "Se compro le azioni di una società che fallisce sono sfortunato. Ho rischiato e perduto", spiega. "Se le condizioni non cambiassero l'Italia vorrebbe lasciare l'euro e tornare alla lira", si legge nell'anticipazione.

lloyd blankfein ceo of goldman sachs casaleggio E GRILLO

'E' il mercato delle vacche. Al M5S arrivano continue offerte di presidenza della Camera, di commissioni, di ministrì, ma 'non siamo in vendita', dice Beppe Grillo. Se il Pd 'vuol trasformare il Parlamento in un Vietnam, non staremo a guardare', aggiunge il leader del M5S che si è trasferito nella sua casa al mare in Toscana'. Nessuna trattativa né calcolo sottobanco - replica il Pd - Giochiamo a viso aperto'. Parla per la prima volta dopo il voto Renzi: 'Niente giri di parole, il centrosinistra ha perso. Non pugnalo Bersani alle spalle. La priorità é tornare in sintonia con gli italiani, non giocare al compro baratto e vendo dei seggi grillini'.

MONTI the-goldman-sachs

2. GOLDMAN SACHS, «ENTUSIASMO» PER IL M5S
E. Bu. Per il Corriere della Sera

Il giudizio che non ti aspetti, quello che ti sorprende. Il bacio del «nemico». Jim O'Neill, il guru di Goldman Sachs che ha coniato l'acronimo «Bric» (Brasile, Russia, India, Cina), sostiene (in un commento nello studio «Riforme non vuol dire austerity») di trovare «entusiasmante» l'esito delle Politiche. L'Italia, secondo l'economista, ha «bisogno di cambiare qualcosa di importante» e forse «il particolare fascino di massa del Movimento 5 Stelle potrebbe essere il segnale dell'inizio di qualcosa di nuovo».

BILD GRILLO E BERLUSCONI ACCUSATI DI ESSERE POLITICI CLOWN IN GRADO DI DISTRUGGERE LEURO

Insomma una promozione per Beppe Grillo a pieni voti, proprio da quella banca d'affari che il leader politico del movimento ha attaccato più volte. Anche con post dedicati, come «L'Europa di Goldman Sachs», del gennaio 2012, in cui venivano evidenziati i rapporti tra politici europei e l'istituto americano. Nell'occhio del ciclone (più volte) Mario Monti bollato come un «impiegato» (22 marzo 2012, ndr) della banca.

BILD PIZZA QUATTRO STAGNAZIONI jpeg

L'ALLEANZA DEI «PIGS» - Ancor più surreale il fatto che il giudizio di Goldman Sachs arrivi nel giorno in cui viene rilanciata sul web un'intervista di Grillo alla tv greca in cui il leader invita i «Pigs» (Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna) ad allearsi contro le banche. «Magari faremo una associazione di solidarietà tra noi. Stiamo vicini e facciamo le stesse battaglie - sostiene lo showman -. O creeremo una alleanza tra noi Pigs perché intanto ci abbandonano: appena si saranno ripresi i soldi, le banche tedesche e francesi ci mollano».

E ancora: «Se trovate uno come me in Grecia, potete iniziare a fare movimento di rete e fare meet-up, riunirvi e iniziare ad impattare nella politica le idee che avete nelle piazze». Sul blog, come editoriale de «La settimana», Grillo sceglie uno stralcio del «Manifesto per la soppressione dei partiti politici» di Simone Weil: «Il fine primo e, in ultima analisi, l'unico fine di qualunque partito politico è la sua propria crescita, e questo senza alcun limite. Per via di queste caratteristiche ogni partito è totalitario in nuce e nelle aspirazioni».

GOLDMAN SACHSdario fo e grillo

GRILLO E HITLER - E proprio su Internet sorge un nuovo caso, con un parallelo diffuso sui social network in cui si accosta un discorso di Adolf Hitler ai comizi del capo politico del movimento. Ovviamente, il confronto ha causato la reazione sdegnata dei militanti grillini, impegnati anche ieri nella discussione su un eventuale appoggio a un governo di centrosinistra.

A La Zanzara il neosenatore campano Bartolomeo Pepe dichiara: «Per me Chavez è un modello, non Bersani. Molto meglio Chavez, che non vuole smacchiare il Giaguaro». E mentre sul web si dibatte, i neodeputati (in vista del vertice romano in cui verranno decisi linea e incarichi) si affacciano a Montecitorio: cinque eletti si sono presentati ieri alla porta principale del palazzo. Ma da lì non sono stati fatti entrare: per registrarsi, viene spiegato a una di loro, l'entrata da usare è quella sul retro. «È stato come in primo giorno di scuola», hanno detto ai microfoni de Il fatto quotidiano. E in serata militanti e alcuni neoeletti si sono dati appuntamento sempre a Roma in un pub in piazza dell'Esquilino per festeggiare.

GREG SMITH WHY I LEFT GOLDMAN SACHSECONOMIST ITALIA UN PERICOLOSO CASINO CON BERLUSCONI GRILLO BERSANI ALFANO

DON ANDREA GALLO - Venerdì ha commentato l'esito elettorale anche don Andrea Gallo: «I grillini hanno avuto consenso perché sono scesi in piazza tra la gente, sono entrati in politica dal basso - ha detto il sacerdote -. È la piazza che conta, l'agorà che conta. Si parte da lì. Per mesi Grillo ha riempito le piazze, e gli altri non capivano. Ecco la sua vittoria».

 

TUTTO È PRONTO PER IL CONCLAVE - DALL’11 MARZO SI DARÀ IL VIA ALLE SESSIONI DI VOTO, MA GLI EQUILIBRI GIÀ SONO DEFINITI

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Giacomo Galeazzi per "La Stampa"

IL CARDINAL SODANO ABBRACCIA PAPA RATZINGER DOPO L ANNUNCIO DELLE DIMISSIONIpadre georg bertone papa

Sempre più probabile che il conclave si apra l'11 marzo: la macchina si è messa rapidamente in moto. I porporati hanno ricevuto la lettera di convocazione e lunedì alle 9,30 entreranno nell'Aula del Sinodo. Due sessioni al giorno. Ieri mattina si è svolta la prima riunione tecnica in vista delle congregazioni generali. Il decano Sodano, il vicecamerlengo Celata e il segretario del sacro collegio, Baldisseri hanno discusso «gli argomenti da trattare riprendendo in mano la costituzione apostolica», riferisce padre Federico Lombardi.

Intanto il camerlengo Bertone ha apposto sotto l'occhio delle telecamere i sigilli all'appartamento pontificio con in mano la «ferula», una sorta di scettro che indica la responsabilità di «reggitore» della Chiesa durante la sede vacante. In realtà (come chiarisce la nota inviata giovedì alle 20,01 alle rappresentanze diplomatiche) fino alla fumata bianca i referenti della Santa Sede sono Sodano e il sostituto Becciu.

Lunedì i conclavisti Usa intendono discutere di Vatileaks e (mala)gestione dei Sacri Palazzi. «Visto che gli scandali accadono in una Curia a maggioranza italiana, è un modo per lanciare un papabile extraeuropeo»,osservano Oltretevere. L'arcivescovo di Chicago, Francis George assicura: «Analizzeremo la "governance" della Chiesa con chi ha realizzato il rapporto-Vatileaks».

CARDINALE MAHONY jpegChristoph Schoenborn

Gli scandali avranno un peso notevole. Gli ultimi otto anni sono stati segnati da nodi che affondano le radici nei decenni precedenti ma sono venuti al pettine solo nell'era Ratzinger. E adesso possono influire sulla scelta del suo successore. Non c'è una «agenda» prefissata del conclave, ma la pedofilia nel clero inciderà. Benedetto XVI ha preso estremamente sul serio la questione. Ha dato un «giro di vite» alle norme canoniche, ha scritto una lettera ai cattolici irlandesi, ha incontrato diversi gruppi di vittime, ha fatto dimettere decine di vescovi, ha spinto gli episcopati a collaborare con la giustizia civile.

Questa linea dura ha suscitato plauso di alcuni, critiche di altri. Il «ratzingeriano» Schoenborn si è scontrato con Sodano, Gomez col predecessore Mahony. A Los Angeles Analogo potere «interdittivo» avrà nella Sistina un altro «convitato di pietra»: lo Ior. Il Vaticano è sotto osservazione di Moneyval, organismo del Consiglio d'Europa che misura l'adeguamento agli standard internazionali anti-riciclaggio. Il nuovo Pontefice dovrà affrontare la crisi economica che tocca anche le «sacre casse», i rischi dei mercati finanziari e una maggiore «accountability» divenuta improcrastinabile per i maggiori contributori della Santa Sede (Usa,Germania).

ODILO PEDRO SCHERER jpeg ODILO PEDRO SCHERER jpeg

Temi spinosi che non incideranno sulla scelta di un Papa-manager, ma potrebbero mettere fuori gioco candidati privi di senso pratico e oculatezza pastorale. Non a caso vengono ritenuti «papabili» due membri del consiglio di sorveglianza dello Ior, il brasiliano Scherer e l'indiano Toppo. Con la possibilità finora solo teorica di un «papato a termine». Comunque la pensino i cardinali sull'opportunità che il successore di Benedetto XVI muoia o meno ancora Papa, l'ipotesi che l'eletto tra qualche anno possa lasciare il pontificato è ricorrente nei conciliaboli.

2. L'IPOTESI DI UN PONTEFICE LATINOAMERICANO PER DARE UN FORTE SEGNALE DI CAMBIAMENTO
Andrea Tornielli per "La Stampa"

«Quattro anni di Bergoglio basterebbero per cambiare le cose...», sussurra un porporato amico di lunga data dell'arcivescovo di Buenos Aires. C'è il nome di un cardinale che non entra nelle rose dei «papabili» di questi giorni, a motivo della sua età: quello del settantaseienne gesuita Jorge Mario Bergoglio, di origini torinesi, arcivescovo della capitale argentina.

ODILO PEDRO SCHERER jpeg

Il candidato che alla terza votazione del rapidissimo conclave del 2005 ottenne una quarantina di consensi risultando il candidato più votato dopo Ratzinger. Negli ultimi anni il suo prestigio si è accresciuto nella Chiesa latinoamericana e anche all'interno del collegio cardinalizio.

Non è escluso che possa ancora raccogliere dei voti, ma certamente sarà una delle figure chiave destinate ad avere peso nelle congregazioni generali e sul conclave. Nella sua diocesi, già da tempo la Chiesa va nelle strade, nelle piazze, nelle stazioni per evangelizzare e amministrare i sacramenti.

«Tutta l'attività ordinaria della Chiesa si è impostata in vista della missione - ha detto Bergoglio parlando dell'evangelizzazione - Questo implica una tensione molto forte tra centro e periferia, tra la parrocchia e il quartiere. Si deve uscire da se stessi, andare verso la periferia. Si deve evitare la malattia spirituale della Chiesa autoreferenziale: quando lo diventa, la Chiesa si ammala.

Scherer resize

È vero che uscendo per strada, come accade a ogni uomo e a ogni donna, possono capitare degli incidenti. Però se la Chiesa rimane chiusa in se stessa, autoreferenziale, invecchia. E tra una Chiesa accidentata che esce per strada, e una Chiesa ammalata di autoreferenzialità, non ho dubbi nel preferire la prima».

ANGELO SCOLA ARCIVESCOVO DI MILANO jpeg

In occasione del concistoro del febbraio 2012, celebrato nel pieno della bufera dei vatileaks, Bergoglio aveva affermato che il «peccato peggiore nella Chiesa» è «l'atteggiamento della mondanità spirituale», nel quale rientrano anche «il carrierismo e la ricerca di avanzamenti». A lui potrebbero guardare coloro che si augurano un significativo cambio di passo.

Della possibilità di eleggere un candidato proveniente dall'America Latina ha parlato il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio consiglio per i testi legislativi: «A mio parere è giunto il momento di guardare anche fuori dall'Italia e dall'Europa e in particolare di considerare l'America Latina».

I questa direzione potrebbero orientarsi anche porporati che sono stati nunzi apostolici in quei Paesi, come il presidente del Governatorato Giuseppe Bertello e il prefetto della Congregazione delle Chiese orientali Leonardo Sandri.

JORGE MARIO BERGOGLIO ARCIVESCOVO DI BUENOS AIRES jpeg

Ma anche curiali navigati ormai emeriti come Giovanni Battista Re. Uno dei nomi che viene fatto con maggiore frequenza è quello dell'arcivescovo di San Paolo del Brasile, Odilo Pedro Scherer, 63 anni, un prelato che non ha - e questo potrebbe non giovargli un carattere «latino» e brasiliano. Dal 1994 al 2001 è stato officiale della Congregazione dei vescovi.

Benedetto XVI con il cardinale Angelo Scolaarticle

E oggi è inserito nelle commissioni cardinalizie che sovrintendono lo Ior e gli affari economici e finanziari della Santa Sede. Un altro possibile candidato dell'aerea geografica latinoamericana è l'arcivescovo di Guadalajara, il messicano José Francisco Robles Ortega, 64 anni. Ma i cardinali elettori dell'America Latina voterebbero per un loro connazionale? È possibile che alcuni di loro dirigano le preferenze verso altri candidati, come ad esempio il canadese Marc Ouellet, che ha abitato per molti anni in Sudamerica.

Per quanto riguarda invece i «papabili» europei, nei pourparler si consolidano, in vista delle prime votazioni, le posizioni dell'arcivescovo di Milano Angelo Scola, 71 anni, e dell'arcivescovo di Budapest Peter Erdö, 60 anni.

Un elemento comune che emerge è la voglia di un cambiamento di rotta, innanzitutto nella gestione della Curia romana, ma non solo. In quale direzione attuarlo, sarà oggetto delle discussioni nelle congregazioni generali che iniziano lunedì. La settimana prossima sarà decisiva per sapere quale Papa uscirà dal conclave.

 

 

PARTITO DECREPITO - IL VERO AVVERSARIO DI CULATELLO NON È GRILLO, MA BELLA NAPOLI, CHE VORREBBE UN GOVERNO TECNICO

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Claudio Cerasa per "Il Foglio"

bersani_napolitano

Dopo quattro giorni di tentativi, abboccamenti, proposte, offerte e messaggi sibillini rivolti da Pier Luigi Bersani al Movimento 5 Stelle, la premiata ditta Grillo&CasaleggioSmanettoni&Associati, che negli ultimi giorni ha già definito il segretario del Pd, nell'ordine, "un morto che parla", "un politico alla Gargamella" e uno "smacchiatore fallito", anche ieri ha regalato al centrosinistra una dichiarazione che non contribuisce a rafforzare il progetto di grande coalizione Pd-Grillo suggerito in queste ore dal leader del Partito democratico.

casaleggio E GRILLO

"Renzi e Bersani - ha scritto ieri Grillo sul suo blog - hanno le facce come il culo, non siamo in vendita, non votiamo nessuna fiducia". L'ennesimo "vaffa" regalato da Grillo al segretario costituisce una notizia di rilievo non perché il comico abbia detto qualcosa di nuovo sul leader del Pd (Gargamella è sempre Gargamella) ma semplicemente perché, come ha confermato ieri Bersani in una intervista a Rep., a oggi la linea del centrosinistra continua a essere quella:

renzi e bersani

definire un pacchetto di sette-otto proposte da presentare alle Camere a metà marzo, tentare di stanare Grillo su queste proposte mettendolo di fronte alle "sue responsabilità" e presentarsi quindi al Quirinale "forti" (tra mille virgolette) dell'idea di costruire un governo di minoranza sul famoso modello adottato in Sicilia dal governatore Rosario Crocetta.

RENZI E BERSANI

Fin qui tutto chiaro. Se non fosse che la linea del segretario giorno dopo giorno risulta essere in contraddizione sempre più aperta con quella del presidente della Repubblica. E la questione, come si capirà, non è da poco.

Il primo fotogramma dello scontro (per ora) a bassa intensità tra il Quirinale e i massimi vertici del Pd è andato in onda lunedì pomeriggio su tutti i canali italiani, quando diversi esponenti di primo piano del centrosinistra - una volta realizzato che lo straordinario successo della coalizione fotografato dai primi exit poll non era a ben vedere né straordinario né tantomeno un successo - si sono lasciati andare e hanno messo nero su bianco le vere e inconfessabili intenzioni del Pd: si prova a fare un governo e nel caso in cui non ci si dovesse riuscire niente discussioni e si torna subito al voto.

MONTI BERSANI NAPOLITANO CASINI ALFANO

La proposta di nuove votazioni ventilata in quelle ore, per esempio, da Stefano Fassina ed Enrico Letta ha portato il presidente della Repubblica a intervenire in prima persona e a chiedere al Pd, e a Bersani, di cambiare linea e cancellare dal vocabolario la parola "elezioni" (risultato: a tarda sera Enrico Letta smentirà l'ipotesi "nuove elezioni"). Un concetto che lunedì Napolitano ha ribadito al telefono al segretario e al vicesegretario e che ieri il capo dello stato ha ripetuto questa volta in via ufficiale.

"Andare a votare di nuovo non mi interessa. Per quanto mi riguarda non ho potere di scioglimento delle Camere e dubito che il nuovo presidente possa pensare solamente allo scioglimento". Parole che hanno avuto un riflesso importante nel quartier generale del Partito democratico e che hanno avuto dei riflessi importanti sui delicati equilibri del centrosinistra.

imu veltroni

La diffidenza di Napolitano per la linea Bersani - e la convinzione che sia quasi impossibile per il segretario del Pd dimostrare di avere un accordo preventivo con Grillo, condizione considerata indispensabile dal Quirinale per dare a Bersani l'incarico di formare un nuovo governo - è speculare alla freddezza percepita in queste ore dal leader del Pd all'interno del suo stesso partito.

casaleggio grillo

Mercoledì, a meno di sorprese, Bersani otterrà infatti la fiducia della direzione Pd sulla sua agenda programmatica (governo con Grillo oppure voto). Ma nonostante le apparenze la verità è che in questa fase cruciale la vecchia oligarchia del Pd (D'Alema, Veltroni, Fioroni, Franceschini, Letta) pur non potendolo confessare apertamente condivide in pieno la linea di Giorgio Napolitano.

"Lasceremo fare un tentativo a Bersani - confida al Foglio un dirigente di peso del Pd - dopo di che, una volta appurato, come è evidente, che il governo con Grillo non si potrà realizzare, ci schiereremo con Giorgio Napolitano e tenteremo in tutti i modi di costruire un esecutivo tecnico. Bersani è convinto che il ‘no' di Grillo al governo sia un assist perfetto per il Pd per fare una campagna elettorale tutta incentrata sulla irresponsabilità del comico.

Napolitano ha incontrato anche Bersani e Casini

Lui la pensa così e come Vasco Errani, Maurizio Migliavacca, Vendola e alcuni dei giovani turchi già intravede la finestra di giugno per andare a votare. Ma come sa chiunque nel Pd, la realtà è che tutti gli altri esponenti di peso del partito la pensano al contrario, ed esattamente come Giorgio Napolitano".

veltroni giovane

Motivo? Semplice. Un po' perché - si ragiona nel Pd - i vecchi dirigenti sono convinti che andare a votare oggi sia pericoloso per il paese (la stabilità dei conti, i mercati, la credibilità internazionale, eccetera). Un po' però perché gli stessi vecchi dirigenti in questione sanno che per molti di loro un esecutivo tecnico rappresenterebbe l'ultimo biglietto utile per farsi un giro e ritardare la loro inevitabile rottamazione.

Ecco. Un po' per tutto questo, dunque, non è un caso che tra i corridoi del Quirinale e quelli del Nazareno (sede del Pd) ci sia un nome che giorno dopo giorno viene sussurrato sempre con più convinzione: non Matteo Renzi, naturalmente, ma Ignazio Visco, governatore della Banca d'Italia. Un nome di fronte al quale, probabilmente, il Pd avrebbe una certa difficoltà a dire no scusate meglio andare a votare.

 

LA BANDA DI SIENA RISCHIA DI SEPPELLIRE BERSANI: LE INTERCETTAZIONI MUSSARI-CECCUZZI SAREBBERO “POLITICAMENTE DEVASTANTI

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CECCUZZI MUSSARI AMATO

1. IL GIALLO DELLE INTERCETTAZIONI MPS: SCOMPARSI I BROGLIACCI DI QUATTRO MESI DI CO-GESTIONE TELEFONICA MUSSARI-CECCUZZI
Gian Marco Chiocci e Paolo Bracalini per "Il Giornale"


Le intercettazioni tra l'ex presidente Mps Mussari e l'ex sindaco Pd di Siena Ceccuzzi fanno fatica a vedere la luce. Non escono fuori. Di quei quattro mesi di fitte chiacchierate telefoniche (gennaio-aprile 2010) c'è una nitida traccia nei brogliacci. Se ne parla in un'informativa dei carabinieri sul gruppo di potere politico-economico senese denominato la «banda della birra» che ha finito per tirare dentro anche i figli del fantino «Aceto» Degortes.

Chi le ha ascoltate, poi, assicura siano «politicamente» devastanti per il partito di Bersani che si è sempre dichiarato estraneo alle logiche e alle spartizioni della banca della città del Palio. Ma se quelle intercettazioni non escono in modo integrale un motivo c'è. A detta degli inquirenti - e la cosa non può che non lasciare perplessi - non sarebbero state trascritte integralmente (ma solo in modo parziale o riassuntivo) perché all'epoca vennero ritenute non utili all'inchiesta sulla gestione e la compravendita di ristoranti e immobili targati Mps.

In procura si corre comunque a precisare che alla luce degli accadimenti sul crac della banca più antica del mondo, quelle conversazioni verranno riesumate dagli archivi, riascoltate dalla prima all'ultima, e nuovamente trascritte per essere convogliate nel fascicolo sul disastro Antonveneta e derivati.

dalema ceccuzzi franco ceccuzzi

Solo leggendo le trascrizioni dei colloqui Mussari-Ceccuzzi avremmo chiaro ciò che una «gola profonda» inserita nei segreti meccanismi del«groviglio armonioso» aveva spifferato ai carabinieri ad aprile 2012. Una fonte, dato il livello, estremamente importante, «conosciuta nell'ambiente e ben inserita negli ambienti politico imprenditoriali delle province di Siena e Grosseto».

Informazioni relative all'esistenza «da alcuni anni, di un gruppo di persone molto note in città che avrebbe sfruttato illegalmente, a fini di lucro, la posizione di potere assunta quale presidente della Fondazione Mps prima e della banca Monte dei Paschi poi, dall'avvocato Giuseppe Mussari».
La fonte rivelava ai carabinieri una serie di compravendite, su immobili d'interesse Mps, supervisionate direttamente dall'ex numero uno di Mps.

MUSSARI

«La Banca vende dove vuole e a chi vuole continua la gola profonda facendo riferimento a specifici casi -; e certe offerte non possono essere rifiutate perché sponsorizzate dal presidente Giuseppe Mussari». Da qui il discorso si allarga al gruppo «solito riunirsi in un bar-birreria di piazza del Campo» gestito «da Andrea Bellandi, in passato consigliere e assessore ai Lavori pubblici al Comune di Siena».

MUSSARI TREMONTI DRAGHI GUZZETTI jpeg

Tra gli immobili citati a verbale dalla fonte, sul quale sarebbero state effettuati accertamenti capillari, vi sarebbe un appartamento di Castiglion della Pescaia «che era stato concesso al Partito democratico durante le elezioni amministrative del maggio 2011».

2. IL COMUNE DI SIENA RISCHIA IL CRAC: LE ELEZIONI POTREBBERO ESSERE ANNULLATE PER DUE ANNI
Marco Franchi per "Il Fatto Quotidiano"

Mentre il Monte dei Paschi cerca di guardare al futuro dopo aver incassato i Monti bond e mosso un'azione di responsabilità contro gli ex vertici travolti dalle inchieste giudiziarie, i senesi fanno i conti con il rischio crac del Comune. E del Pd.
È infatti attesa per il 4 marzo la decisione della Corte dei conti sulla relazione del commissario Enrico Laudanna che dall'estate scorsa ha preso le redini dell'amministrazione comunale dopo la mancata approvazione del bilancio consuntivo.

imu mussari non risponde

Bilancio che oggi si presenterebbe in rosso per circa 16 milioni e zavorrato da una montagna di debiti (circa 300 milioni) nonostante i 230 milioni versati dal 2001 al 2011 nelle casse comunali dalla Fondazione Mps. Una situazione disastrosa che potrebbero convincere la Corte a chiedere il dissesto formale del Comune di Siena che verrebbe così ricommissariato per altri due anni facendo saltare le elezioni fissate a maggio.
Ai conti che non tornano si aggiunge lo smarrimento della sinistra senese.

LANCIO DI MONETINE A MUSSARI IN PROCURA jpeg

Il partito di Bersani in città non ha solo ha perso consensi ma anche il suo candidato alle comunali visto il ritiro dalla corsa dell'ex sindaco Franco Ceccuzzi nonché vincitore delle primarie locali, indagato dalla procura di Salerno per il fallimento del Pastificio Amato insieme all'ex presidente del Monte Giuseppe Mussari e all'ex direttore generale Marco Morelli.

Dopo la rinuncia di Ceccuzzi nel dibattito è entrato a gamba tesa il governatore della Regione Toscana, Enrico Rossi, che avrebbe proposto a Bersani la candidatura a sindaco dell'assessore regionale ai trasporti ed ex primo cittadino di Chiusi, Luca Ceccobao. Una soluzione che troverebbe ampia sponda anche nelle stanze della segreteria regionale del partito. Ma che, se accolta, per il Pd senese rischia di suonare di fatto come un commissariamento a tutti gli effetti.

PIERLUIGI BERSANI GIUSEPPE MUSSARI

Qualche giorno fa, infatti, il segretario dell'Unione Comunale Giulio Carli e quello provinciale Niccolò Guicciardini avevano parlato di nuove primarie precisando che "lo stabilisce lo statuto del Pd".
Ma quelle di Ceccobao sindaco odi nuove primarie non sono le uniche ipotesi al centro del dibattito. Ambienti vicine alle liste civiche senesi starebbero infatti ragionando sulla figura di sindaco di garanzia per tutti, un professionista cui affidare una sorta di governo di transazione finché non verrà ritrovata la quadra sia sui conti sia sul confronto interno al centrosinistra.

LANCIO DI MONETINE A MUSSARI IN PROCURA jpeg

Altre ipotesi sono quella di candidare Laura Vigni di Sinistra per Siena allargando dunque la scelta all'intera coalizione. Oppure Fabrizio Vigni (presidente della società Siena Ambiente che gestisce lo smaltimento dei rifiuti della provincia) o la docente universitaria Gabriella Piccinni entrambi sponsorizzati da Alessandro Starnini, ex presidente della Provincia di Siena in quota Pd.

PASSERA MUSSARI GRILLI o jpeg

Nel frattempo il partito si trova anche con un'altra grana da gestire: ieri in Procura sarebbe stato presentato un esposto relativo ad alcune spese dell'amministrazione provinciale e in particolare quelle riferite agli incarichi affidati all'agenzia di comunicazione di riferimento del Pd. Intanto, ai piani alti di Rocca Salimbeni, il cda del Monte ha deciso giovedì sera di avviare azioni di responsabilità e risarcitorie nei confronti di Mussari, dell'ex direttore generale Antonio Vigni e delle due banche, Nomura e Deutsche Bank, con cui aveva intrapreso rispettivamente le operazioni strutturate Alexandria e Santorini.

GIUSEPPE MUSSARI E SUSANNA CAMUSSO MARCO MORELLI FOTO INFOPHOTO

La quantificazione del risarcimento è ancora da definire ma il calcolo potrebbe essere fatto sulla base dei flussi di interesse pagati e ricevuti. In occasione dell'assemblea del 25 gennaio, anche la Fondazione Mps si era detta "determinata" ad eventuali azioni di responsabilità se ci fossero stati gli elementi utili a giustificarla. Elementi sempre più concreti.

3. LE "TELEFONATE COMPROMETTENTI" TRA MUSSARI E CECCUZZI
Dall'articolo di Andrea Greco e Francesco Viviano per "la Repubblica"

I Carabinieri di Siena hanno anche effettuato ore di intercettazioni telefoniche anche tra Mussari e Ceccuzzi, «telefonate compromettenti» dice chi indaga, che hanno svelato gli interessi personali di chi faceva il bello e il cattivo tempo dentro e fuori la banca. Queste telefonate ora saranno ripescate alla luce dell'intreccio di inchieste giudiziarie che hanno per protagonisti nomi ricorrenti: anche a Salerno Mussari, Ceccuzzi e Marco Morelli (interrogato ieri) sono indagati, per il fido da 19 milioni concesso da Mps al Pastificio Amato sull'orlo del fallimento.

4. LA PROFEZIA DI GRILLO
Dal blog di Beppe Grillo

Bersani é fuori dalla storia e non se ne rende conto. I giochini sono finiti e quando si aprirà la voragine del Monte dei Paschi di Siena forse del pdmenoelle non rimarrà neppure il ricordo.

 

PERDONO LIQUIDITÀ LE HOLDING DEL CAVALIERE - SU IMPREGILO, IL FONDO AMBER SI MUOVERA’ COME SU PARMALAT?

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1 - RCS: ENTRO LUNEDI' OFFERTE PER 8 TESTATE PERIODICI 5-6 INTERESSATI, ANCHE FONDI DI INVESTIMENTO
Tiziana Montrasio per "Radiocor"

Saranno depositate lunedì prossimo le manifestazioni di interesse per le testate della divisione Periodici di Rcs messe in vendita dal gruppo nell'ambito del piano strategico di sviluppo al 2015. Secondo quanto appreso dall'Agenzia Radiocor da fonti finanziarie, il termine per la presentazione delle offerte e' lunedi' 4 marzo: 'I candidati - ha riferito la fonte vicino al dossier - presenteranno la loro offerta, correlata da un piano industriale, per le otto testate della Periodici Rcs e solo verso meta' settimana si potra' forse sapere gia' qualcosa. Le candidature rimaste - prosegue la fonte - mi risulta siano circa cinque, fra cui anche dei fondi di investimento'.

Berlusconi Rossi SCOTT JOVANE

Secondo le disposizioni dei vertici di Rcs, le offerte 'devono riguardare tutte le otto testate insieme e salvaguardare gli organici'. Tempi stretti quindi, come previsto dall'amministratore delegato del gruppo, Pietro Scott Jovane, che punta a chiudere contemporaneamente vari fronti, in particolare l'accordo per il riscadenziamento del debito con le banche creditrici - che hanno gia' ricevuto una proposta strutturata dall'advisor Credit Suisse - e sull'aumento di capitale che dovrebbe aggirarsi intorno ai 400 milioni di euro.

banca arner a lugano

2 - PERDONO LIQUIDITÀ LE HOLDING DEL CAVALIERE
Andrea Giacobino per "Il Mondo.it"

E' il parlamentare più ricco d'Italia con un imponibile di 35,4 milioni di euro, ma in compenso Silvio Berlusconi vede diminuire la liquidità a disposizione delle proprie quattro cassaforti da 17 a poco più di 3,2 milioni. E' il dato ricostruito da ilmondo.it analizzando i bilanci appena depositati delle Holding Italiana Prima, Seconda, Terza e Ottava, veicoli attraverso cui l'ex presidente del Consiglio detiene il 63% del capitale di Fininvest mentre le quote restanti sono dei figli Marina e Piersilvio attraverso, rispettivamente, le Holding Italiana Quarta e Quinta e dei tre figli di Veronica Lario tramite la Holding Italiana Quattordicesima. Nel dettaglio la liquidità della Holding Italiana Prima cala da 5,3 milioni a 960.000 euro, quella della Seconda da 2,2 a 1,2 milioni, quella della Terza da 6,8 milioni a 176mila euro e quella della Ottava da 2,7 a un milione.

VIGNETTA ELLEKAPPA DA REPUBBLICA - COME SUCCESSORE BERLUSCONI PENSA A SUA FIGLIA MARINA

La liquidità dei quattro veicoli è depositato in conti correnti presso il Monte dei Paschi di Siena. Berlusconi ha poi firmato attraverso la Holding Italiana Prima e Ottava due contratti di gestione patrimoniale, entrambi per 10,9 milioni, affidati a Banca Arner, istituto di cui nove ex dirigenti sono stati recentemente rinviati a giudizio per presunti illeciti su operazioni immobiliari. Peraltro con Banca Arner ha un contratto di gestione di 111,4 milioni anche la Holding Italiana Quinta di Piersilvio (la cui liquidità è salita da 95,6 a 108,8 milioni) mentre la sorella Marina detiene titoli obbligazionari per 3 milioni depositati presso Mps e con la sua Holding Italiana Quarta ha liquidità per 31,3 milioni, invariata rispetto all'esercizio precedente.

3. PARMALAT-IMPREGILO, PARALLELISMI DI AMBER
Sole 24 Ore

Sarà la più grossa operazione finanziaria a Piazza Affari da qui all'estate. L'Opa di Salini sulla Impregilo è una scalata da oltre un miliardo di euro. Il gruppo romano delle costruzioni, che nel giro di un anno e mezzo ha rastrellato il 29% e ha conquistato il controllo scalzando il rivale Beniamino Gavio, ha messo sul piatto 4 euro per azione. Un prezzo bello rotondo.

PIETRO SALINI

Ma se Salini ha potuto conquistare Impregilo è stato grazie al fondamentale appoggio di Amber che col suo 7% ha votato a favore di Salini contro Gavio. Il fondo era stato allettato anche dalla promessa di Salini di un jumbo-dividend. E ora che fa Amber? Consegnerà in Opa e porterà a casa la plusvalenza? Aspetterà il super-dividendo? Oppure entrambe le cose? Niente di tutto ciò. Ha già venduto le azioni sul mercato.

Di solito, quando c'è un'Opa, tutti aspettano fino all'ultimo minuto prima di consegnare sperando in un rilancio o in una contro-Opa. Anzi, i fondi opportunisti provano in tutti i modi a fare ostruzionismo per costringere chi lancia l'Opa quantomeno a ritoccare il prezzo.

salini costruttori

Invece in Impregilo Amber non ha nemmeno aspettato che l'offerta partisse. Come mai questa arrendevolezza? Vero è che il titolo già quotava 4 euro. Ma balza all'occhio una curiosa coincidenza: nel caso dell'Opa Parmalat, Amber non solo non ha aderito all'offerta di Lactalis, ma già prima dell'Opa non risultava più azionista. Poi è rientrata dopo la scalata e tuttora continua ad attaccare il socio di maggioranza, sperando magari in un delisting. Farà lo stesso con Impregilo? (S.Fi.)

 

 

LA SCIA DI DUE MILIONI IN NERO, L'OMBRA DELLA CAMORRA E L'INTERESSE DEGLI USA NELLA CADUTA DEL GOVERNO PRODI

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1.DE GREGORIO, PM SULLE TRACCE DI DUE MILIONI IN NERO
di Simone Di Meo per http://www.ilsole24ore.com

DE GREGORIO - DI PIETRO

La scia dei soldi, l'ombra della camorra e l'interesse degli Usa nella caduta del Governo Prodi. Molti sono gli spunti investigativi che l'inchiesta, in cui sono indagati per corruzione e finanziamento illecito ai partiti Silvio Berlusconi, Sergio De Gregorio e il faccendiere Valter Lavitola, offre per la ricostruzione della compravendita dei senatori tra il 2006 e il 2008. I pm sono sulle tracce dei due milioni di euro in nero consegnati all'ex senatore dipietrista, denaro «in origine proveniente da società di capitali del Gruppo Berlusconi in via di individuazione concreta» e transitato «attraverso altre società anch'esse in via di individuazione».

De Gregorio Lavitola

Una ricostruzione che, se fosse confermata, potrebbe aprire inediti scenari investigativi e portare a nuove contestazioni di reato. Ma che comunque viene fermamente negata, nel suo complesso, dall'avvocato del Cavaliere. «Un milione - ha detto Niccolò Ghedini - è stato dichiarato con un regolare contratto depositato alla Camera e al Senato. Da dove arrivino gli altri due milioni questo non lo sappiamo. De Gregorio dice che glieli ha dati Lavitola, ma quest'ultimo nega».

Gli accertamenti sui conti correnti del parlamentare hanno dimostrato, scrive il perito dell'accusa, «un movimento di contanti più ampio di quello oggetto della ricerca di riscontro», pari ad almeno 4 milioni. Le movimentazioni bancarie del parlamentare hanno interessato negli anni una «vasta platea di soggetti» in entrata e in uscita: oltre allo stesso Berlusconi ci sono imprenditori, faccendieri e «soggetti vicini alla criminalità organizzata, terminali economici di associazioni di stampo camorristico operanti nella città di Napoli».

HENRY JOHN WOODCOCK DE GREGORIO-LAVITOLA- LUCARE

Altro filone di approfondimento riguarda, invece, la circostanza che alla caduta dell'esecutivo del Professore fossero interessati anche ambienti statunitensi. Lo racconta De Gregorio in un interrogatorio quando riferisce dell'incontro con Del l'Utri per avere un aiuto per il suo futuro lontano dalla politica: voleva diventare produttore cinematografico e lavorare con Medusa.

«Gli feci leggere un appunto... del mio intervento con gli americani per mandare a casa Prodi». Agli atti dell'inchiesta, tornata a Napoli da Roma su decisione del pg della Cassazione, c'è anche il verbale della storica segretaria di De Gregorio che ha riferito ai pm di aver lei stessa aiutato economicamente, con i risparmi dell'anziana madre, il parlamentare in perenne ricerca di denaro fresco per mantenere le sue imponenti uscite economiche.

Sergio de gregorio


2. DE GREGORIO CHIESE A BRUTTO MUSO AL POMPETTA DI "ASSICURARGLI UN FUTURO FUORI DAL PARLAMENTO"
Marco Lillo per "Il Fatto Quotidiano"

L'ex presidente della commissione Difesa del Senato Sergio De Gregorio intervenne sugli americani per far cadere il governo Prodi nel 2007. Lo racconta ai magistrati napoletani l'ormai ex senatore, indagato per corruzione con Silvio Berlusconi e Valter Lavitola in relazione ai milioni ricevuti dal Cavaliere per abbandonare Prodi nel 2007. Il verbale è secretato e sono in corso accertamenti.

IL PM JOHN HENRY WOODCOCK FUORI DALLA SEDE MILANESE DELLA LEGA NORD

De Gregorio riteneva talmente importante questo favore a Berlusconi da rivendicarlo come un credito da esigere. Nel suo verbale De Gregorio, da anni vicino ai servizi e buon amico dell'allora capo del Sismi Nicolò Pollari, entra nei dettagli, elenca nomi e circostanze, coperte dagli omissis.

"Nel periodo giugno-luglio, avendo un rapporto di consuetudine con il senatore Dell'Utri, ci siamo visti all'hotel Saint Regis a Roma e io gli ha detto: Marcello, voglio soltanto dirti quali sono le cose che io ha fatto per il presidente Berlusconi. In base alle quali credo, non volendomi candidare, di meritare in qualche modo un riconoscimento per la mia vita futura, perché questa vicenda giudiziaria mi auguro finirà ma poi, dopo, dovrò reinventarmi una vita professionale. Quindi volevo chiederti - gli dissi - di sostenere al presidente (Berlusconi, ndr) di valutare la possibilità di darmi una mano per il futuro e gli spiegai anche che avevamo concordato...".

DELLUTRI E BERLUSCONI

A questo punto, prima che De Gregorio ricordi cosa aveva concordato con Berlusconi, i magistrati napoletani lo interrompono e gli chiedono di elencare i suoi crediti, cioè cosa poteva vantare di avere fatto per il Cavaliere. "Feci leggere a Dell'Utri - spiega De Gregorio - un appunto relativo alle cose che io vi sto illustrando, sto parlando del mio intervento con gli americani per mandare a casa Prodi".

Ai pm sbigottiti per la sfrontatezza della richiesta di assistenza futura di De Gregorio, il senatore spiega che lui stava facendo in fondo una grande rinuncia. "Berlusconi mi disse un giorno: ‘Fino a quando campo io, tu fai il senatore'. E questo vi deve far riflettere sulla mia scelta odierna che non è condizionata da nessun elemento esterno".

Come a dire: io non sto parlando perché ho il terrore della galera in caso di mancata rielezione. Berlusconi mi avrebbe ricandidato in posizione blindata. Se sto collaborando e perché l'ho scelto. Ieri Silvio Berlusconi, per difendersi dalle accuse, ha battuto proprio sul tasto del presunto baratto accettato dal senatore tra libertà e dichiarazioni accusatorie. De Gregorio ha smentito: "La mia scelta di rendere dichiarazioni su Berlusconi è stata libera ed è frutto di una mia determinazione".

BERLU DELLUTRI NICOLO GHEDINI E IL PM DE PASQUALE

Ai pm De Gregorio ha spiegato perché poteva permettersi di chiedere tanto agli uomini del Cavaliere: "Sono stato dall'onorevole Ghedini il 5 e 11 maggio del 2012 e gli ho detto: ‘Guarda tu probabilmente non lo sai perché non eri parte di questa transazione, ma io ho ricevuto due milioni dal presidente oltre il milione di finanziamento in contanti e lui mi ha detto di questi 500 mila euro presi (da Lavitola, ndr) in nome e per conto, cioè come se li dovesse dare a me". De Gregorio sostiene di non avere preso quei soldi e si infuria: "Ho cercato Berlusconi per dirgli: oh siete matti?".

Medusa

Quando i pm chiedono l'oggetto dell'incontro con Ghedini, De Gregorio spiega: "Era stata arrestata la mia segretaria, poverina, vedo arrestato l'amministratore delle mie società, mi rivolgo a Ghedini e gli dico: ‘Nicolò, io nonostante tu possa pensare che io possa nascondermi dietro all'immunità parlamentare, io già adesso ti dico che non voglio candidarmi, perché qui altrimenti questa storia non finisce. Io devo organizzarmi la vita. E gli dico anche: ho paura che oltre alla Bvp che è fallita per 400 mila euro, possa far fallire qualche altra mia società e dico: vuoi chiedere al presidente se posso avere un aiuto per evitare il fallimento di questa società? E lui mi disse che l'unico aiuto lo avrei potuto avere come partito, se avessi pensato di fare la campagna elettorale del 2013".

PRODI

Però era troppo complicato e allora si punta sulla casa di distribuzione cinematografica del gruppo Mediaset: "L'idea di accreditarmi a Medusa come futuro produttore cinematografico, a un certo punto... i destinatari delle mie attenzioni staccano ogni contatto, io avevo chiesto a Ghedini di incontrare Berlusconi per discutere di queste cose, avevo chiesto a Verdini di incontrarci di nuovo, Ghedini mi telefonò la prima volta e mi disse: il presidente ha dato l'ok per il finanziamento al tuo partito, ci puoi contare. Avendomi visto preoccupato rispetto alla questione del fallimento della società. La seconda volta mi disse: ne parliamo con Medusa, mi sembra una buona idea".

BEPPE GRILLO E ROMANO PRODI

Non se ne fa nulla e De Gregorio è deluso: "Io tutta questa guerra, diciamo, politica l'ho fatta per prefigurare un futuro di presenza dentro il partito, perché non avrei dovuto dire a Dell'Utri? Gli parlai anche dell'ipotesi di finanziamento al partito che Ghedini aveva fatto nei miei confronti".

RENATO BRUNETTA E RONALD SPOGLI - Copyright Pizzi

I suoi contatti con Berlusconi tagliano i ponti e De Gregorio va dai magistrati a raccontare tutto. Anche i suoi rapporti con gli americani: "Feci una dichiarazione molto forte, dopo aver incontrato l'ambasciatore americano in Italia, Ronald Spogli, e l'ambasciatore americano presso la Nato, garantendo il mio appoggio di presidente della commissione Difesa, rispetto alla richiesta precisa che gli americani facevano di rafforzamento del contingente italiano in Afghanistan; ciò fece andare, l'ala antimilitarista dell'Unione su tutte le furie e questo fu un primo atto di una serie di comportamenti e di segnali politici".

Poi i magistrati dicono a De Gregorio: "Visto che sembra rilevante, facciamogli spiegare questa cosa degli americani". Poi iniziano gli omissis. Per Romano Prodi "se le cose sono così, si tratta di un vero attentato alla democrazia. Esigo si abbia chiarezza, perché non si può cambiare la storia di un Paese corrompendo dei parlamentari".

 

LA ROTTAMAZIONE RICOMINCIA - LA PROSSIMA PARTITA RENZI VUOLE VINCERLA. PER QUESTO NON VUOLE BRUCIARE I TEMPI

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Fabio Martini per "La Stampa"

RENZI E BERSANI

La prossima partita Matteo Renzi vuole giocarla e vincerla. Per questo il sindaco di Firenze non vuole bruciare i tempi, bruciando se stesso e lascia cadere tutti gli allettamenti di chi lo vorrebbe in campo subito, magari candidato premier: «Purtroppo - dice non hanno sentito il rumore del tuono e ora, dopo aver perso le elezioni, stanno cercando di trovare un accordo con Grillo, o con una parte dei suoi parlamentari.

Vedremo, ma lo schema utilizzato, lusingarli con le poltrone, mi sembra vecchio: il Cinque Stelle non è la Dc degli anni Settanta.» E su sé stesso è chiarissimo: «Una cosa è certa: io resto fuori da questa vicenda e non mi lascerò certo cooptare: mica voglio fare Matteo I! No, non mi faccio incoronare dai rottamandi, il mio ruolo lo conquisto con la battaglia politica».

renzi

In queste ore Renzi è tornato di moda. Dopo una eclissi durata tre mesi e parzialmente interrotta dai comizi pro-Pd, l'ex enfant prodige della sinistra italiana oramai adulto politicamente, è evocato con richiami di varia natura. Qualcuno dice che con lui in campo, il Pd avrebbe stravinto le elezioni, qualcun altro (Arturo Parisi) è dell'idea che Renzi dovrebbe prendere subito la guida della linea anti-Bersani nel Pd, mentre altri arrivano a collocare il sindaco di Firenze nientedimeno che a palazzo Chigi, appoggiato da una maggioranza formata da Grillo e Berlusconi oltreché da un partito che non lo ama, il suo.

Uno scenario che lo ha indotto ad intervenire nella sua Enews («Ho combattuto Bersani a viso aperto quando non lo faceva nessuno e ora non lo pugnalo alle spalle») ma anche sulla pagina di Facebook: «Leggo incredibili interpretazioni. Ho evitato di fare dichiarazioni dopo il voto per evitare di finire nel festival di chi la spara più grossa e nei pastoni degli addetti ai lavori:nello zoo del Pd ci sono troppi tacchini sui tetti e troppi giaguari da smacchiare, per permettersi gli sciacalli del giorno dopo».

grillo RENZI

Una volta tiratosi fuori dalla partita in corso, la vera notizia è che Renzi sta rapidamente riprendendo le distanze, depositando dissensi, pareri dissonanti quasi ogni giorno. E così, a Bersani che aveva detto che il Pd è il primo partito ma non ha vinto, Renzi fa osservare: «Niente giri di parole: le elezioni il centrosinistra le ha perse: la vittoria numerica alla Camera non basta». Ma in queste ore il gruppo dirigente del Pd, Bersani in testa, si gioca tutto nella complicata mission di convincere i Cinquestelle a star dentro, in qualche modo, alla maggioranza assieme al Pd.

MATTEO RENZI SORRIDE IN SALA DURANTE IL COMIZIO DI BERSANI

E su questo fronte Renzi convinto che «il pallino» ce l'abbia Napolitano - confida il suo disappunto, sia sul metodo adottato dal Pd che sulla sostanza: «Grillo non va inseguito. va sfidato sul suo terreno. Se avessimo la forza di presentarci con proposte nostre, forti, abolire il finanziamento pubblico dei partiti, rinunciare ai vitalizi, far uscire i partiti dalla Rai, a quel punto il movimento di Grillo scenderebbe al 7% in un quarto d'ora!».

BERSANI-RENZI

Ma c'è un altro errore che Renzi imputa, in questo caso alla proposta di Massimo D'Alema: «Sbagliato e vecchio lo schema di offrirgli poltrone, la presidenza di una Camera, provando a disarticolare il Movimento Cinque Stelle. Questo è un partito post-moderno, mica la Dc!».

Ma nella scommessa di Bersani c'è una consapevolezza: una buona parte dei parlamentari di Grillo sono ex elettori del Pd o della sinistra e dunque - questa è la speranza - potrebbero vacillare davanti ad un appello forte. Ma l'idea di staccarne un pezzo non persuade Renzi, che confida: «Gli emiliani vicini a Bersani sono convinti di farcela, persuasi di portare a casa il numero giusto di senatori. Non so se giocare al compro-baratto-vendo dei seggi con i grillini sia una scelta giusta».

RENZI E BERSANI

Ma nei prossimi giorni Renzi non intende attaccare Bersani, in una fase così delicata della sua battaglia. Anche se il sindaco di Firenze è convinto di una cosa: se il leader del Pd non riuscisse a comporre una maggioranza con Grillo, a quel punto punterebbe sulle elezioni anticipate. con lui candidato per palazzo Chigi. Uno scenario futuribile, ma che chiamerebbe Matteo Renzi ad un posizionamento davvero difficile.

 


UN PAESE SENZA - BELLA NAPOLI NON SE LA SENTE DI AFFIDARE A IN-CULATELLO L’INCARICO PRIVO COM’E’ DI MAGGIORANZA

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Francesco Bei per "La Repubblica"

Giorgio Napolitano

Anticipare la convocazione delle Camere per uscire dall'incertezza. Il Quirinale ne ha discusso con Palazzo Chigi e sono stati anche sondati i principali leader politici. Perché Napolitano è convinto che altri quindici giorni di caos e reciproche delegittimazioni il Paese non se le possa in fondo permettere.

MONTI SBRANA UNA PIZZA A NAPOLI

Ieri, mentre lo spread saliva a 340 punti, l'agenzia di rating Fitch, quella che ha finora mantenuto il giudizio più positivo ("A -") fra le grandi americane, ha messo nero bianco un timore diffuso: "La prospettiva di un lungo periodo di instabilità politica dopo le elezioni italiane aggiunge pressione sul rating sovrano del Paese". Anche al Quirinale, nonostante le rassicurazioni pubbliche, l'allarme per un attacco speculativo e una corsa a disinvestire è massimo. Una preoccupazione condivisa con il governo.

Eppure il tentativo di convocare subito le Camere per uscire dallo stallo è al momento tutto in salita. Le Corti d'appello che devono convalidare i risultati elettorali sembra infatti che non riescano a forzare i tempi. Inoltre per modificare la data di insediamento, stabilita dal decreto di scioglimento anticipato delle Camere, servirebbe un altro decreto del presidente della Repubblica, "previa deliberazione del Consiglio dei ministri".

Ancora ieri sera a palazzo Chigi non era nell'aria una convocazione imminente del governo ma, dicevano, "ci teniamo pronti a ogni evenienza". Dunque si potrebbe proseguire per inerzia verso metà marzo a meno che il Colle non imprima in questi giorni una improvvisa accelerazione.

NAPOLITANO BERTINOTTI FINI CEASESCU-NAPOLITANO

E di fronte agli anatemi di Grillo contro il Pd, crescono anche i dubbi del capo dello Stato. Sarà prudente affidare l'incarico direttamente a Bersani, deciso ad andare avanti con il suo "governo di scopo"? Nonostante in tv il capo dello Stato abbia detto di non averla letta, l'intervista a Repubblica del segretario del Pd è stata infatti analizzata al Colle riga per riga.

E la sicurezza con cui Bersani si presentava, come se avesse già in tasca il mandato di formare il governo, ha fatto alzare qualche sopracciglio. Se infatti il leader democratico andasse a sbattere contro il niet del Movimento 5 Stelle, deciso a non concedere a palazzo Madama alcuna fiducia preventiva, per il capo dello Stato si restringerebbe assai il mazzo delle carte da giocare.

Insomma, Napolitano sta valutando fin da ora tutte le possibili soluzioni avendo come bussola l'opportunità di non lasciare al suo successore una situazione talmente compromessa che il voto a giugno sia l'unico esito possibile. Sul Colle hanno sempre sottolineato l'esigenza di dare certezze al Paese e anche alla comunità internazionale.

GIORGIO NAPOLITANO E OBAMALA STRETTA DI MANO TRA NAPOLITANO E BENEDETTO XVI

Non a caso nelle ultime ore molti stanno prendendo in esame l'opzione di un incarico esplorativo. E provare a coinvolgere anche il centrodestra. Persino Bruno Tabacci, alleato convinto del segretario del Pd, si mostra molto realista e ammette: "Non sono sicuro che ci siano i tempi per un incarico a Bersani subito. Non credo che il capo dello stato possa dare un incarico a Bersani senza una maggioranza".

Si partirà intanto con i primi adempimenti, l'elezione degli uffici di presidenza di Camera e Senato, dove si potranno sperimentare ipotesi di intesa. Per palazzo Madama non c'è alcun timore di stallo, visto che il regolamento prevede che alla quarta votazione si debba andare al ballottaggio secco fra i due meglio piazzati. Una clausola di garanzia perché la Repubblica non può stare senza un vicario del capo dello Stato.

napolitano agnelli fa b d a d b e c b b

Insomma il capo dello Stato al momento si tiene aperte tutte le strade, nessuna esclusa. Nemmeno quella di un'intesa fra il Pd e M5S, se è vero quello che racconta un alto dirigente del Pdl: "A noi risulta che Bersani stia provando in queste ore a coinvolgere Grillo, anche con la mediazione di Napolitano".

BACIAMANO NAPOLITANO MARELLA CARACCIOLO AGNELLI CON LAPO ELKANN SULLO SFONDO FOTO REPUBBLICA jpeg

Dunque la situazione è sempre più avvitata. Quello che Napolitano va ripetendo nei suoi colloqui da Berlino è che dall'Italia deve partire il prima possibile un messaggio di stabilità: "Dobbiamo dare garanzie interne e internazionali".

NAPOLITANO

L'ammonimento sulla stabilità si accompagna a un altro convincimento che si sta facendo strada al Quirinale: come dimostrato dagli attestati di stima arrivati dall'America e dall'Europa, in un modo o nell'altro Mario Monti dovrebbe far parte del nuovo governo. Se non come premier, come ministro.

Al momento, vista la paralisi politica e la possibilità che Monti resti in carica, le segreterie dei ministri hanno avuto il contrordine: basta fare gli scatoloni, c'è la possibilità di restare fino a ottobre.

 

STATI UNITI SOTTO ‘’SEQUESTER’’ - L’ACCORDO CON I REPUBBLICANI NON SI È TROVATO E COSÌ SCATTANO TAGLI PER 85 MLD $

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1. STATI UNITI SOTTO SEQUESTER - L'ACCORDO NON SI È TROVATO E COSÌ NEGLI USA SONO SCATTATI I TAGLI DA 85 MLD $
Da "Repubblica.it"

Non sono riusciti ad evitarlo, e quindi il tanto temuto 'sequester' è diventato legge: tagli lineari alla spesa pubblica degli Stati Uniti per 85 miliardi, che sono scattati - come previsto in mancanza di un accordo - il 1° marzo.

BARACK OBAMA E GIORGIO NAPOLITANO ALLA CASA BIANCA

Questa tranche di tagli da 85 miliardi è solo fino a settembre, ma se il congresso non dovesse trovare un accordo, la 'scure' si abbatterà su 1200 miliardi di spese nei prossimi 10 anni.

BARACK E MICHELLE OBAMA BALLANO DOPO IL GIURAMENTO

Oggi Barack Obama ha tentato un accordo dell'ultima ora ma senza esito: i leader del Congresso hanno lasciato la Casa Bianca senza un nulla di fatto. "Questi tagli sono stupidi e non necessari", ha detto Obama al termine dell'incontro. E anche se non causeranno una nuova crisi finanziaria si faranno sentire sulla ripresa - ha avvertito - e sul mercato del lavoro.

"Avranno un effetto domino e ci costeranno 750.000 posti di lavoro" ha aggiunto Obama. Standard & Poor's ha stemperato i timori di una brusca frenata: i tagli avranno un impatto limitato sull'economia a condizione che non si prolunghino nel tempo. Standard & Poor's infatti ritiene che saranno sostituti nel secondo trimestre da un piano di lungo termine.

OBAMA ALLE HAWAII

2. ANCHE IN AMERICA TEMPO D'AUSTERITÀ
Mario Margiocco per Sole 24Ore

L'Europa trae da lungo tempo molto conforto dall'esempio americano, ma alcune riflessioni si impongono. Oggi chi segue chi? In senso lato è e sarà ancora a lungo l'Europa a seguire, se non l'esempio, la leadership americana perché quella primogenitura occidentale che si è trasferita a New York e poi Washington tra il 1919 e il 1945 non tornerà mai indietro. Non in questo secolo, almeno.

LA CAPIGLIATURA DI OBAMA

Ma nello specifico della situazione economica attuale, dominata dalle conseguenze della grave crisi finanziaria del 2007-2008 diventata per tutti crisi economica, è ora l'America che sta seguendo l'approccio europeo. Che è quello, esecrato, combattuto, ma non facilmente eludibile, dell'austerità. Purché di austerità non si muoia.

MICHELLE OBAMA ANNUNCIA IL MIGLIOR FILM AGLI OSCAR DALLA CASA BIANCA

L'ultimo modello made in Usa che l'Europa ha potuto alla fine seguire, con fatica, lo ha offerto la Federal Reserve, con i suoi massicci interventi di acquisti di titoli del debito pubblico e immobiliari. Per la Bce non è stato semplice adottare interventi in parte analoghi, e comunque rilevanti, date le difficoltà istituzionali. Mario Draghi alla fine cinque mesi fa ci riusciva. Ma come sempre ha detto, si tratta di interventi di emergenza che sorreggono il debito pubblico ed evitano il panico. Hanno come contropartita una politica di bilancio rigorosa. Ma anche per questo non garantiscono la crescita.

L'Europa infatti non cresce. L'America non cresce, dopo tre anni di crescita asfittica e un solo anno, i 12 mesi successivi alla fine della recessione nel giugno 2009, con un Pil che marciava a ritmi paragonabili a quelli tipici delle fasi post-recessive, piuttosto sostenuti. Poi una media triennale deludente inferiore al 2% nominale, certo invidiabile se vista dalla terra bruciata italiana.

OBAMA GIOCA CON UN BIMBO IN PAUSA PRANZO OBAMA CON LA SPADA LASER DI STAR WARS

Ma ora siamo a crescita zero, con un mercato del lavoro pressoché immobile negli ultimi quattro anni e che ha registrato un saldo positivo per un soffio - 28mila posti - tra l'impiego creato dal settore privato e quello perso nel settore pubblico, statale, che due anni e più va avanti con bilanci di austerità.

Quella stessa austerità che ora, con il sequester in vigore da ieri, colpisce anche la spesa federale e che già si è fatta sentire, anticipando i tempi, soprattutto sul Pentagono, nell'ultimo trimestre 2012, finito anche per questo con un Pil a crescita negativa, sia pure di un soffio. Americani ed europei, superata con l'inverno 2009 la fase di grave emergenza, hanno seguito all'inizio due strade diverse in risposta alla crisi finanziaria.

MICHELLE OBAMA CULONA

Obama ha privilegiato il sostegno al settore privato che poi è stato in realtà, a parte il caso, importante, dell'auto, un sostegno soprattutto alle banche, più a Wall Street insomma che a Main Street, come ampiamente testimonia la pubblicistica americana di questi ultimi quattro anni.

Obama è stato rieletto, anche, perché era evidente che lo sfidante Mitt Romney sarebbe stato ancora più sensibile ai desiderata dell'alta finanza.

MICHELLE OBAMA CULONA

L'Europa dell'euro, a parte vari massicci interventi di vari governi nazionali per salvare banche, grandi e non, pericolanti, ha puntato soprattutto alla tenuta dei bilanci pubblici, mentre gli Stati Uniti il debito federale correva, molto più che in Europa. Per un anno, dalla primavera 2009 a quella 2010, Washington spendeva infatti liberamente. Poi sempre meno, in realtà, con il deficit che si è mantenuto a livelli più che doppi rispetto a quello medio dell'area euro non tanto per la spesa, ma per il calo del gettito.

A ben vedere quindi Washington sta entrando adesso ufficialmente in una politica di austerità di fatto già adottata da tempo, e che sarebbe scattata anche senza il sequester: quest'ultimo infatti è l'automatismo della disperazione innescato in mancanza di un accordo, che finora non c'è, su tagli della spesa e diminuzione delle tasse, con Obama pronto a una riforma (tagli) dello stato sociale (pensioni e sanità pubbliche), ma solo se ci saranno più imposte per i ceti medio-alti.

obama spara

L'austerità quindi, parola che negli Stati uniti piace ancora meno che in Europa perché sembra la negazione del concetto stesso di America, ci sarebbe comunque, con o senza sequester.

Secondo Laura Tyson, economista a Berkeley e già capo dei consiglieri economici di Bill Clinton, è dal 2010 che «anche senza il sequester la spesa pubblica reale pro capite è scesa sotto Barack Obama mentre era aumentata sotto ogni altro presidente da Nixon in poi». La realtà del debito si impone.

OBAMA A LAS VEGAS

Ogni giorno nell'anno solare 2012 Washington ha creato nuovo debito, in media, per 3,3 miliardi di dollari, per tre quarti circa coperto indirettamente dalla Fed, ormai più della Cina ancora massimo creditore del Tesoro. Le previsioni attuali sono migliori, ma finora nei primi 57 giorni del 2013 la creazione di nuovo debito, a tutto il 26 febbraio, è stata in media di 3,2 miliardi al giorno.

bill clinton e barack obama giocano a golf jpeg

«Quanto è grosso il nostro debito nazionale?» si è chiesto nei giorni scorsi il Washington Post. Molto grosso, e ben oltre il circa 105% del pil comunemente valutato oggi, è la risposta del WP. Che prende in considerazioni voci spesso ignorate, non tutte preoccupanti in tempi normali, ma che potrebbero diventarlo, e continua stranamente ad ignorare i circa 3 mila miliardi dei debiti statali e locali, che i paesi dell'euro invece per legge (Maastricht) conteggiano. In realtà si può dire che il vero debito americano, valutato all'europea, viaggi attorno al 140 per cento, non certo meno.

OBAMA CON UNA MOSCA SULLA FRONTE

Ed è per questo che Washington, dopo avere così tanto indicato nell'Europa dei bilanci sotto osservazione un modello negativo e miope, si è messa su questa stessa strada. Speriamo per poco tempo.

 

 

 

ARMANDO, IL GERUNDIO CHE SUONA - IL “TROVAJOLI TOUCH” ERA LIEVE, ISPIRATO, ESSENZIALE...

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Michele Anselmi per Dagospia

«Non aspettatevi Benedetti Michelangeli, eh!». Me lo ricordo come fosse oggi, invece risale a quasi cinque anni fa. S'era quasi fatta l'ora di pranzo, alla romana Casa del cinema, quando Armando Trovajoli, allora novantunenne, si sedette al pianoforte. Reiventò, in una sorta di improvvisazione jazz, "Roma nun fa' la stupida stasera" e un brano di "Ciao Rudy", per «ricordare Marcello», ovvero il prediletto Mastroianni.

ARMANDO E MARIA PAOLA TROVAJOLI COCCIANTE TROVAJOLI

Il tocco era lieve, ispirato, essenziale, di gran gusto, in platea si commossero in tanti. Anche tra i vip: Carlo Rossella, Giampaolo Letta, Pippo Baudo, Gigi Magni, Ettore Scola, Enrico Montesano, Tullio Kezich, Carlo Vanzina, Bruno Cagli, l'ex ministro Rutelli...

L'occasione era l'uscita di un cofanetto edito da Medusa, «uno scrigno» lo definì Enrico Magrelli, contenente un dvd (il concerto all'Auditorium della musica del 28 aprile 2007), due cd (una selezione di brani tratti dalle commedie musicali e dai film), un libro di 140 pagine (ricolmo di fotografie e testimonianze). Titolo della strenna, nei negozi al prezzo di 39 euro: "Armando Trovajoli, le stagioni di un artista".

ARBORE TROVAJOLI

Dal fondo nero, in copertina, emergeva la bella faccia del compositore: gli occhiali tondi, la barba curata, i capelli bianchi portanti lunghi dietro. «Grazie a tutti, ma non merito tanto onore. Sono solo un modesto artigiano che ha provato a fare del suo meglio», sussurrò alla platea, dando davvero la sensazione che non fosse una posa.

ARMANDO TROVAJOLI E SIGNORA

Il grande compositore di musiche da film (e non solo) è morto qualche giorno fa all'età di 95 anni, ma solo oggi, sabato 2 marzo, la moglie Maria Paola ha reso nota la ferale notizia, in ossequio alle ultime volontà dell'artista. Il quale ha chiesto di essere cremato.

Come l'amico di una vita Dino Risi, che compariva già smagrito nella schietta video-intervista al musicista di Antonello Sarno contenuta nel dvd, Trovajoli era schivo, poco incline alle celebrazioni troppo aggettivate, segnato dalla morte prematura di una figlia. Confessava: «Arrivato a una certa età non sopporti più gli anni che compi, subentra una specie di amara rassegnazione. Vorrei attraversare la giornata del mio compleanno, il 2 settembre, ignorandolo, purtroppo gli eventi, e gli affetti, vanno in un'altra direzione».

mat23 armando trovajoli

Una sola volta Trovajoli ha fatto l'attore, nel ruolo di se stesso. Il "dentone" Alberto Sordi, nell'indimenticabile episodio dei "Complessi", apriva la porta sbagliata e si ritrovava in sala d'incisione, beccandosi gli insulti coloriti del compositore romano. «La credevo settentrionale», si congedava Albertone, preciso come una mitraglia nello scandire le notizie del tg.

trj001 ettore scola armando trovajoli gianni battistoni

In effetti, quella di Trovajoli era una "romanità" gentile e mai sguaiata, forse perché armonizzata dal jazz, oltre che da una elegante naturalezza. Però chi se non lui avrebbe potuto comporre le melodie di "Rugantino", "Ciao Rudy", "Aggiungi un posto a tavola" o "Vacanze romane"? E a non dire delle colonne sonore, appunto quasi 300, tra le quali spiccano le innumerevoli composte per Risi, De Sica, Scola.

Un sodalizio mai interrotto, quello con il regista di "Una giornata particolare", che di Trovajoli ha sempre lodato non solo la musica, ogni volta intonata alle immagini, ma soprattutto la qualità umana. «Armando suscita sempre buon umore, anche quando capita di essere un po' aggrondati o preoccupati» dice Scola.

trj002 armando trovajoli serena autieri

Quel giorno alla Casa del cinema fu Enrico Montesano, già azzeccato Rugantino a teatro, a strappare il sorriso della platea quando rievocò i consigli di Trovajoli su come pronunciare i versi, cri-cri incluso, di "Roma nun fa' la stupida stasera". «Me la rovinano tutti», protestava il compositore. Mentre Baudo, che quasi si sarebbe messo al pianoforte, paragonò l'ouverture di "Rugantino" addirittura un'opera di Puccini: «Armando è un grande e basta» sancì il Pippo nazionale.

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In quel clima di beatificazione ante-mortem, Trovajoli scelse il basso profilo. Lui, che definiva le proprie mani «da ostetrica, da timbra-lettera alla Posta» in confronto a quelle del "genio" e amico Benedetti Michelangeli, nella sua lunga carriera, iniziata come violinista, ha preso un po' da tutti: da Bach e Mozart, da Ellington e Gershwin. «Ancora oggi quando sto al piano mi sento un diciottenne», gli piaceva dire. E anche quel giorno d'autunno si beccò la standing ovation.

 

IL PRANZO È SPARITO - GLI ITALIANI ORMAI HANNO SOSTITUITO IL PRANZO COMPLETO CON UNA SOLA PORZIONE DI PASTA

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Da "Ansa.it"

TOTO-SPAGHETTIMICHAEL WINNER SPAGHETTI

Il rapporto di amore e gusto degli italiani per la pasta diventa tanto più forte con la crisi. La pasta che costa poco e sazia molto passa a sostituire per il 32% degli italiani il pranzo di una volta, quello completo dal primo al dolce. E' quanto emerge da un sondaggio condotto sul sito www.coldiretti.it dal quale si evidenzia che solo il 18% dichiara di fare quotidianamente un pranzo completo con un primo, un secondo, un contorno e un dolce o un frutto. Il 9% preferisce un panino.

All'opposto - sottolinea la Coldiretti - sono il 9 per cento gli italiani che mangiano solo un frutto o uno yogurt o un gelato, mentre il 4 per cento addirittura niente. L'abbandono del pranzo completo è confermato - continua la Coldiretti - dal 24 per cento di italiani che si limitano a consumare un secondo accompagnato dal contorno e dal 9 per cento che preferisce un panino, un pezzo di pizza o un tramezzino.

Sgarbi e gli Spaghetti - Copyright Pizzi DER SPIEGEL ITALIA SPAGHETTI PISTOLA

Con la crisi si assiste - rileva la Coldiretti - ad un profondo cambiamento nelle abitudini alimentari degli italiani che tendono a frammentare durante il giorno la propria alimentazione. 7,7 milioni di italiani si portano al lavoro il cibo preparato in casa e di questi sono oltre 3,7 milioni a dichiarare di farlo regolarmente, secondo l'indagine Coldiretti/Censis In Italia sono consumati oltre 1,5 milioni di tonnellate di pasta, per un controvalore di 2,8 miliardi di euro e, in controtendenza rispetto al calo generalizzato dei consumi nel 2012, gli acquisti di pasta delle famiglie sono aumentati dell'1,1 per cento, secondo Ismea-Gfk-Eurisko. L'Italia detiene il primato mondiale nel consumo di pasta che ha raggiunto - sottolinea la Coldiretti - attorno ai 26 chili a persona.

 

ASPETTANDO GOTOR - COME AVREBBE POTUTO CULATELLO COMBINARE UNA SERIE COSÌ IMPRESSIONANTE DI DISASTRI TUTTO DA SOLO?

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Leonardo Paco per "Il Giornale.it"

Miguel-Gotor

Se vi state per caso chiedendo chi sia quella mente così sofisticata, brillante e folgorante che ha suggerito a Bersani di chiedere in ginocchio a Grillo i voti per dare il via al governo Gargamella (come Grillo chiamava Bersani fino a tre giorni fa, prima di ribattezzarlo, forte della sua nuova sensibilità istituzionale, «il morto che cammina» e «l'uomo dalla faccia come il culo») il nome da appuntare sul taccuino è quello del grande consigliere e spin doctor del leader del centrosinistra, insomma il grande puffo di Bersani: Miguel Gotor.

gotor-bersani

Miguel Gotor - da mesi nel Pd affettuosamente chiamato nel Pd «Aspettando Gotor», nel senso che tutti aspettano con ansia che il buon Miguel ne dica una giusta - è il più brillante tra i cervelloni che vive fianco a fianco con il segretario i giorni della «non vittoria » e all'interno del famoso «tortellino magico» che ha scorta¬to per mesi il leader del centrosinistra durante la campagna elettorale non c'è dubbio che lo storico romano (classe 1971) abbia rappresentato, in qualche modo, quello che David Axelrod ha rappresentato per Barack Oba¬ma - o, se volete, quello che Birba ha storicamente rappresentato per il mitico Gargamella.

Molto probabilmente, Gotor (autore, insieme con Claudio Sardo, di un'agiografia bersaniana pubbli¬cata nel 2011 per Laterza) lo avrete tutti notato per la prima volta questa settimana quando lunedì sera l'eminenza grigia del segretario, presentandosi con invidiabile nonchalance di fronte alle telecamere di Porta a porta, invece che ammettere che c'è mancato poco a che il giaguaro smacchiasse Bersani, come se nulla fosse ha iniziato a dettare la linea; dicendo: ragazzi, non scherziamo, non è finita, non abbiamo perso, siamo ancora in pista, siamo ancora in palla e abbiamo ancora una carta formidabile, che dico, straordinaria per smacchiare il giaguaro: dimostrare che quello che vuole mandare tutto all'aria non siamo noi ma naturalmente è Beppe Grillo.

SARDO GOTOR BERSANI - PER UNA BUONA RAGIONE

In queste ore di grande e spasmodica attesa per il futuro del possibile governo Garagamella, poi, nel Pd gli osservatori più maliziosi, quelli cioè iscritti alla mozione «Aspettando Gotor»,ricordano che anche su Grillo il consigliere di Bersani, come spesso gli è capitato, ha cambiato prospetti¬va nel giro di un weekend.

Miguel Gotor Memoriale della Repubblica

E dopo aver passato con coerenza mesi, mesi e mesi a girare l'Italia su mandato di Bersani per ricorda¬re che «mai e poi mai scenderemo a compromessi con i populisti alla Berlusconi e alla Grillo» oggi, oplà, eccolo qui, il nostro Gotor, impegnato a dimostrare per¬ché il compagno Grillo, e che non lo sapete?, è praticamente, una formidabi¬le costola della sinistra.

«Dietro gli otto milioni di voti che ha preso Grillo - ha det¬to ieri Gotor al¬la Stampa¬ c'è anche una pro¬testa che viene da sinistra a un modo di essere della sinistra che interroga il Pd e deve essere ascol¬tata con umiltà». Le giravolte di Super Miguel Godor non sono però una novità del curriculum dell'ideologo del bersanismo.

Gotor, che fino a qualche mese fa scriveva anche per Repubblica, da cui si autosospeso dopo esser¬si schierato con Bersani in cam¬pagna elettorale, arrivò a Largo Fochetti dopo aver scritto peste e corna proprio su Repubblica (giornale il cui Fondatore, secondo Gotor, «piegava la realtà alla necessità»)nel suo bel libro su Aldo Moro Il memoriale della Repubblica.

Ma la piroetta più sen¬sazionale del neo senatore Pd (Gotor era capolista in Umbria) riguarda uno strepitoso articolo che Gotor nel 2009 pubblicò sul Sole 24Ore. Articolo in cui lo stori¬co analizzava il linguaggio di Ber¬sani notando che l'allora candi¬dato alla segreteria Pd, con tutte le sue metafore sulle osterie, le ca¬scine, le pompe di benzina e le bocciofile, «sembra rivolgersi a una platea di cattolici e socialisti dell'Ottocento al punto che il pubblico che lo ascolta si sente come estraniato, quasi fosse in un museo davanti a un quadro di Pellizza da Volpedo».

MIGUEL GOTOR FOTO ANDREA ARRIGA

All'epoca, bisogna dirlo, Gotor capì con anticipo ¬quali sarebbero stati i limiti del bersanismo. L'avesse ricordato qualche volta anche in campagna elettorale, invece che limitarsi a fare bau bau a Grillo, magari Bersani non sarebbe qui a ragionare su come convincere Grillo a fare un governo con Gargamella. Chissà.

 

MAMMA LI GRILLI! - IL M5S SI PREPARA AD APRIRE IL PARLAMENTO COME UNA SCATOLETTA E SI RADUNA IN DIRETTA STREAMING

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Andrea Malaguti per "La Stampa"

POpolo di Grillo GRILLINI A CENA FIRENZE

Strategie. Il papa di Genova e il suo Spin Doctor sono attesi a Roma domani pomeriggio per aprire il loro inedito conclave. Riunione fiume con i 162 parlamentari 5 Stelle. La tabella - elastica - prevede un incontro di un giorno e mezzo e la diretta streaming. Nessuno si può avvicinare, ma tutti devono sapere. Il mondo esterno è contaminato e il MoVimento si protegge con la sua cupola di cristallo virtuale.

Prima le presentazioni - molti di loro non si sono mai incontrati - poi il dibattito. Grillo e Casaleggio a capotavola, gli altri intorno a discutere e integrare le proposte. Che sono sostanzialmente due. La più forte, è quella sostenuta dal papa ligure e dallo Spin Doctor. Semplice da descrivere. Complicata da realizzare. Titolo: governiamo noi.

POpolo di Grillo grillini in festa

«Se il Presidente della Repubblica ci indicasse per la guida del Paese non ci tireremmo indietro», conferma il napoletano Roberto Fico, da sempre in sintonia col Capo-Megafono-Garante-Guida. Tre i presupposti.

Il primo: il MoVimento è l'entità elettorale più votata della Camera, staccato nel numero di parlamentari soltanto a causa di una legge elettorale che nessuno vuole più.

Il secondo: la paura dell'effetto Lega Nord, che incardinando il proprio destino a quello di Berlusconi, e lasciando a lui lo scettro, ha finito per mancare il proprio obiettivo originario, cioè il federalismo reale. Per dare la fiducia a qualcuno bisogna credere nella sua lealtà e il MoVimento del Pd non si fida (eufemismo). Regolamenti, inghippi parlamentari, misteri da commissioni. Troppi angoli bui. Una palude che può inghiottire qualunque buona intenzione senza lasciare tracce oggettive delle responsabilità.

POpolo di Grillo MARTA GRANDE GRILLINA A OTTO E MEZZO

Il terzo: chi governa scrive il programma non può essere ingannato. Niente sotterfugi, niente ambiguità. I punti fondamentali sono noti. Abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, abbattimento dei costi della politica, dimezzamento dei parlamentari, nuova legge elettorale, legge anti-corruzione, legge sul conflitto di interessi. Il resto del Parlamento non ci sta? Si torna a votare.

Popolo di Grillo

Ma le responsabilità dell'ennesimo collasso a questo punto sarebbero incontestabili. Dalle urne future Grillo si aspetta un'ulteriore valanga di voti e la pietra tombale su un sistema comatoso. Chi guiderebbe oggi l'esecutivo? Non lui. Che pure, in quanto capo legale dei 5 Stelle, vorrebbe partecipare alle consultazioni col Quirinale e che inevitabilmente manterrebbe un potere di influenza decisivo.

I GRILLINI ARRIVANO ALL ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA

Alternative? Decide l'assemblea. Fico è uno dei papabili. Lo ha fiutato anche l'ex parlamentare Idv Francesco Barbato, che ieri ha dichiarato: «Ho dato la mia disponibilità al capolista del MoVimento in Campania a utilizzare la mia esperienza per fare da apripista in Parlamento. Fico ne è stato ben felice». Evidentemente a sua insaputa. «Non ho dato alcuna disponibilità a Barbato, con cui non ho niente in comune. Quanto a una mia candidatura a Palazzo Chigi è fantapolitica. Non c'è stato nessun confronto nel merito. Siamo tutti pronti. Dalla riunione usciranno ruoli e modalità di comportamento». Ultra-ortodosso.

COPERTINA DEL LIBRO IL GRILLO CANTA SEMPRE AL TRAMONTO

Il piano B. Quello più debole. Sostenuto al momento da una minoranza. Prima di descriverlo vale la pena ricordare le parole pronunciate da Gianroberto Casaleggio nell'intervista al Guardian. La terra di confine tra due orizzonti alternativi. «Il Presidente della Repubblica deciderà a chi dare il mandato». Non è un'ovvietà. Ma un'apertura di credito. Un attestato di stima.

BEPPE GRILLO VOTA

La conferma che è il Quirinale l'unico tramite dal quale il MoVimento 5 Stelle intende passare per eventuali mediazioni. Possibile immaginare un appoggio esterno al Pd? Possibile, improbabile, ma comunque ipotizzabile solo a due condizioni. «Né Bersani né Renzi alla guida dell'esecutivo. E nel governo nessuno degli eletti scelti dal segretario del Pd senza passare dalle parlamentarie», chiarisce Alfondo Bonafede, un altro dei fedelissimi del papa ligure.

Premesse che rischiano di sbriciolare alla radice il vulnerabile ottimismo del vertice piddino. Quello che Grillo è pronto a guidare è un conclave pensato per dare una spallata a un Paese che per non soffrire era diventato un pezzo di roccia. La tomba di se stesso. È possibile riuscirci senza farlo esplodere?

 

SE SCAPPI, TI AMANO - IL FREDDO PASTORE TEDESCO È STATO AMATO SOLO NEL MOMENTO IN CUI HA MOLLATO

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Giulio Anselmi per "la Repubblica"

PAPA RATZINGER LASCIA IL VATICANO IN ELICOTTERO

Timido, schivo, prigioniero di un guscio settecentesco di paramenti sontuosi e di riti solenni, papa Ratzinger ha cominciato a essere amato nel momento in cui ha reso pubblico l'addio. Forse perché tutti, fedeli e cittadini del mondo, sono stati sorpresi dalla constatazione che uno dei contemporanei più potenti, a differenza dell'oscuro popolo della Curia e di molti cardinali, era estraneo alle tentazioni del potere. Simboleggiato dall'anello detto del pescatore che giovedì, con rito crudele, è finito in frantumi.

PAPA RATZINGER LASCIA IL VATICANO IN ELICOTTERO

Prima tutti affermavano, dicendo il vero, che era un grande teologo le cui parole sconfinavano nella preghiera; ma la teologia non scalda il cuore delle folle, soprattutto nell'interpretazione di un professore senza grande carisma e privo di naturale propensione al contatto con la gente. «Giovanni Paolo II era tutto da vedere», dice un cardinale vicino all'Opus Dei, «Benedetto andava ascoltato. E con attenzione».

PAPA RATZINGER LASCIA IL VATICANO IN ELICOTTERO

Narrano che a Colonia, una sera di mezz'agosto 2005, dopo aver spiegato la differenza della parola "adorazione" in greco e in latino e al termine della preghiera comune, se ne sia andato a dormire, lasciando migliaia di ragazzi imbronciati. «Brontolavano: non ci ha detto neanche buona notte», ricorda il rettore di una magnifica chiesa romana. Ma lui temeva il rischio di una Woodstok cattolica. E pochi giorni fa, quando già aveva comunicato il ritiro e una folla di romani gli si era fatta più vicina per i riti delle Ceneri, applaudendolo con particolare calore, ha sorriso, quasi sorpreso, e ha tagliato corto: «Beh, ora torniamo a pregare».

PAPA RATZINGER LASCIA IL VATICANO IN ELICOTTERO

Tra mille, era stata avanzata l'ipotesi che avrebbe disseminato la strada dell'addio di molte altre sorprese. Ma alla fine il Papa - ché alcune decisioni varate in fretta e furia allo Ior e all'Idi e certi regolamenti di conti in segreteria di Stato non possono essergli realmente attribuiti - si è limitato ad accomiatarsi dai fedeli con un «non mi ritiro a vita privata, non lascio la Croce» che, in bocca ad altri, potrebbe apparire sibillino.

«Ma che rivela solo grande sollievo», dice un monaco che lo conosce e che l'anno scorso era stato ipotizzato come predicatore per gli esercizi spirituali in Vaticano.

PAPA RATZINGER LASCIA IL VATICANO IN ELICOTTERO

Esauriti i rituali degli addii, dietro l'immagine straordinaria del primo Papa che vola via in elicottero, restano tutti gli interrogativi umani, ecclesiastici, teologici, legati al ruolo del successore di Pietro che ha deposto le chiavi del regno, anche se vengono incoraggiate vulgate semplificatorie: come se fosse uscito di scena un timido vecchietto il cui addio non va drammatizzato, dato che era già previsto dai canoni della Legge.

La papo-latria, che aveva catalogato i predecessori di Ratzinger come "il papa prigioniero" (Pio IX), "il papa universale" (Pio XII), "il papa buono" (Giovanni XXIII), "il papa forte" (Giovanni Paolo II), prova a seppellirlo come "il papa mite".

HANS HERMANN GROER CON PAPA WOJTYLA

Fu mite o debole? Di certo provò a essere giusto e si impegnò nel tentativo di purificare la Chiesa: come mostra il gran numero di arcivescovi e vescovi - circa ottanta- cacciati per vari scandali durante il suo pontificato, dopo un lungo esame, compiuto dallo stesso Benedetto, delle loro Ponenze (i dossier vescovili). Tanto rigore viene citato da cardinali e uomini di curia come prova indiretta dell'assenza di addebiti specifici a carico di cardinali, per lo meno elettori, nel dossier Vatileaks: «Non avrebbe voluto esporre il successore a un tale rischio».

RATZINGER E WOJTYLA

Di certo fu generoso con i collaboratori. Difese sempre il segretario di Stato Bertone, a cui era grato della sua fedeltà, malgrado molti cardinali lo esortassero a liberarsene per i suoi errori: «I Ratzinger sono leali», fu l'epitaffio del cardinale Joachim Meisner sulla vicenda. E salvò, fino a promuoverlo arcivescovo, il segretatario Georg Gänswein (che per ora lo segue), seriamente indiziato di essersi fatto rubare dal Corvo le fotocopie di atti del Papa che aveva conservato per sé.

CARDINALE TARCISIO BERTONE

Ma, a differenza di Wojtyla, Benedetto non è stato in grado di preparare, almeno un poco, la successione. «Di italiani non se ne parla», assicura un cardinale italiano, «tutto quello che è successo ci ha screditati in blocco». Per il porporato, ben deciso, «se me lo chiederanno», a contendere al collega Piacenza la Segreteria di Stato, i papabili possibili sono quattro, asiatici e sudamericani: l'arcivescovo di San Paolo Odilo Pedro Scherer in testa, Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila, per ultimo. Nell'ipotesi, considerata remota, di un europeo , avrebbe chance Jean Pierre Ricard, metropolita di Bordeaux.

PADRE GEORG GANSWEIN jpeg

Ma tutto è in alto mare. A tal punto che ha cominciato a circolare, tra monsignori e sostituti, il nome di un membro della "covata" genovese, al pari del vescovo Guido Marini, maestro delle celebrazioni liturgiche, quello che pronuncerà l'Extra omnes alla Sistina, e Ettore Balestrero, da poco nominato nunzio in Colombia. Si tratta di Francesco Moraglia, patriarca di Venezia. Ma l'ipotesi, malgrado le qualità del prelato di cui molti (cosa rara, di questi tempi, nella Città leonina) parlano bene, sembra un sintomo della confusione.

monsignor Ettore Balestrero

«È vero che il patriarca porta per tradizione la veste rossa, ed è sicuro che nel prossimo concistoro a Francesco gli daranno la berretta», dice un suo compagno di seminario. «Ma ora dovrà aspettare. Neanche con Montini riuscirono a eleggere un papa fuori dal Sacro Collegio. E poi, francamente, di rivoluzione basta, e avanza, quella di Ratzinger».

ODILO PEDRO SCHERER jpeg

 


SICILIA, PROVE GENERALI DI GOVERNO? - SPINTO DAL M5S, CROCETTA FISSA ALL’ORDINE DEL GIORNO L’ABOLIZIONE DELLE PROVINCE

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Da "Palermo.Repubblica.it"

CROCETTA ALL ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA

Si riunirà questa sera la giunta regionale siciliana, guidata dal presidente Rosario Crocetta, per varare l'abolizione delle Province. La mossa a sorpresa e' arrivata ieri dal Governatore che ha annunciato l'accelerazione della riforma. Crocetta pensa alla creazione di liberi consorzi. Una mossa che ha sorpreso anche l'alleato principale, l'Udc, che non e' stato avvertito dell'accelerazione.

Sabato il leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, aveva sollecitato un intervento in questa direzione: "Stop alle Province, inutili stipendifici" il messaggio che tra un attacco a Vendola e uno al possibile governissimo con Pd e Pdl, aveva messo al centro del dibattito il tema dell'abolizione delle Province siciliane retwittando un post di Matteo Mangiacavallo, deputato all'Ars di M5S.

Crocetta

E se i grillini puntano i piedi per cancellare i nove enti e istituire i liberi consorzi "che non incidono su spesa pubblica e tasche dei cittadini", oggi il Pdl, in occasione del bilancio del voto che farà Alfano a Palermo, lancerà la sua campagna per far votare per i Comuni e le Province a fine maggio "anziché rimandare a data da destinarsi. Si risparmierebbero 12 milioni. Siamo pronti alle barricate". Il Consiglio provinciale di Palermo ha chiesto ieri una riforma delle Province "entro autunno" e non fra un anno come vorrebbe Crocetta. Le nove Province siciliane costano oltre 700 milioni di euro all'anno.

giancarlo cancelleri

Ma quali sono i costi di questi enti cosiddetti intermedi? Le Province siciliane sono nove colossi che costano 700 milioni di euro all'anno. Presidenti, assessori e consiglieri formano un esercito di 350 unità che percepiscono ricche indennità: il presidente della Provincia di Palermo, per esempio, incassa un mensile di 8.459 euro, il vice 6.334 mentre gli assessori prendono 5.948 euro e i consiglieri poco più di 2.500 euro.

CANCELLERI VERSUS CROCETTA

Inoltre lo Stato spende per le Province siciliane 295 milioni, il trasferimento più imponente in Italia. Il personale rappresenta quasi il 50 per cento della spesa corrente per un totale di 244 milioni annui, secondo i dati Istat del 2009. Tra il 2007 e il 2010 ogni siciliani ha pagato di tasse destinate alle Province 60,93 euro. Ammonta a oltre 4 milioni la spesa sostenuta per i trecento e passa consulenti contrattualizzati nel 2011.

Beppe Grillo

Replica il presidente della Provincia di Palermo Giovanni Avanti: "Sulla riforma della Province il Presidente della Regione prosegue nel suoi proclami quotidiani, cambiando posizione in continuazione. Siamo di fronte ad una manovra puramente demagogica".

 

GIULIANO AMATO SENTE ARIA DI INCARICO E ESAGERA: “NON FACCIO PARTE DELLA CASTA…”

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Lettera di Giuliano Amato a "la Repubblica"

Caro Direttore, l'articolo di Giovanna Casadio pubblicato sabato e dedicato alle reazioni dei militanti del Pd a un eventuale governissimo, era affiancato da alcuni commenti apparsi su Twitter. In uno di essi si diceva: "Se fanno il governissimo con Amato, al prossimo giro Grillo prende il 60%".

GIULIANO AMATO

Io non conosco l'autore di questo commento, ma, premesso che non aspiro né a governi né a governissimi, vorrei chiedergli sulla base di quali informazioni e valutazioni pensa scrive su di me una cosa del genere. Forse lo fa sulla base della campagna dalla quale sono stato bersagliato, soprattutto in rete, perché sarei un vorace cumulatore di prebende pubbliche, sommando una pensione già alta con il vitalizio di ex parlamentare per un totale di 31mila euro mensili.

Ma io ho reso noto da tempo che il vitalizio lo giro mensilmente a una comunità di assistenza e dallo Stato ho quindi soltanto la pensione, che è al netto poco più di 11mila euro. E' una pensione alta, lo so, che sta tuttavia sotto il tetto stabilito dal governo Monti per i trattamenti pubblici ed è peraltro inferiore a quella che riscuotono giudici costituzionali, alti magistrati ed altri funzionari, specie se andati in pensione dopo di me. Posso essere crocifisso per questo, quando sono forse l'unico ex parlamentare che ha rinunciato al vitalizio?

Giuliano Amato

Forse lo fa invece sulla base dei tanti incarichi che mi sono trovato ad assolvere e di quelli che ancora assolvo (gratuitamente e quindi senza cumuli), vedendomi per ciò stesso come espressione di quella casta di cui ci si vuol liberare. Un momento. Con tutto il disagio che mi provoca dover parlare di me (ma a questo punto non posso non farlo), io, per cominciare, nella vita mi sono fatto largo con le mie forze e con le mie qualità.

GIULIANO AMATO

Non avevo alle spalle una famiglia altolocata - mio nonno era muratore, mia madre aveva fatto le elementari, mio padre era diplomato- e sono arrivato alla laurea ed oltre vincendo il concorso al collegio giuridico, annesso alla Scuola Normale. Né sono poi arrivato
alla cattedra universitaria grazie ad intrighi baronali. Il mio maestro, Carlo Lavagna, mi disse: «Amato, io non sono un barone, se gli altri scrivono un libro, lei ne deve scrivere due e buoni perché io ce la faccia a sostenerla». Ne ho scritti ben più di due e ho compiuto un'ottima carriera universitaria, sino alla chiamata a Roma, ben prima di entrare in politica.

GIULIANO AMATO

In politica ho portato la mia competenza e credo sinceramente di dovere ad essa, oltre che alla mia personale onestà, gli incarichi che mi sono stati affidati. Ne è uscito un curriculum che pochi hanno e me ne dovrei vergognare?

Vergognarmi del fatto di essere stato tanto stimato in Europa da essere chiamato a vicepresiedere la Convenzione per la Costituzione europea e tanto stimato negli Stati Uniti da essere eletto lì, e certo non per intrighi di caste italiane, alla American Academy of Arts and Sciences, di cui pochissimi professori italiani fanno parte?

GIULIANO AMATO

Insomma, un curriculum così va additato ai giovani come un esempio da non seguire o come un modello di mobilità sociale al quale chiunque possa aspirare per sé o per i propri figli in un'Italia che lo sta rendendo sempre più difficile a chi non ha vantaggi di partenza?
Pensiamoci, queste sono domande che non mettono in gioco soltanto la mia dignità. Mettono in gioco il futuro che vogliamo e la cultura con la quale lo stiamo disegnando.

 

CACCIA AI DOPPI INCARICHI A VIALE MAZZINI: IL NEODIRETTORE DI RAITRE VIANELLO LASCIA “AGORÀ” A GERARDO GRECO

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1 - RAI: USIGRAI, REGOLA DOPPI INCARICHI VALE ANCHE PER BERLINGUER
(AG) - "Le regole si rispettano. Sempre" e valgono per tutti, anche per il direttore del Tg3, Bianca Berlinguer, a cui il direttore generale Rai deve "imporre il rispetto delle regole". E' durissimo Vittorio di Trapani, segretario dell'Usigrai, parlando dei doppi incarichi e denunciando - riferendosi alla direttrice del Tg3 - una "inaccettabile eccezione" rispetto alla circolare del direttore generale di viale Mazzini, Luigi Gubitosi, che fissava al 28 febbraio il termine ultimo per porre fine a tutti i doppi incarichi.

Bianca Berlinguer e Mario Orfeo

Ma oggi, 1 marzo, la Berlinguer ha regolarmente condotto l'edizione delle 19 del Tg3. Il che ha finito con l'innescare l'intervento del sindacato, che aveva piu volte nel tempo sollecitata appunto la fine dei doppi incarichi, come quello appunto di direttore e al tempo stesso anche di conduttore di un tg. "Abbiamo plaudito alla scelta del direttore generale della Rai" di emanare quella circolare che fissava il divieto - ricorda il segretario dell'Usigrai - e "abbiamo apprezzato la decisione del direttore del Tg1 di applicarla immediatamente".

BIANCA BERLINGUER

Infatti Mario Orfeo, fresco direttore della testata ammiraglia, da subito decise di cancellare i doppi incarichi nel corpo redazionale del Tg1. Vittorio di Trapani sottoliena che "con la stessa determinazione oggi dobbiamo denunciare una inaccettabile eccezione: il direttore del Tg3 continua a condurre" e si chiede se per lei sia stata quindi prevista "una specifica deroga". Se cosi fosse, allora "vogliamo sapere il perche". Oppure - si chiede ancora il segretario dell'Usigrai - "e una palese violazione di una circolare aziendale?" In tal caso "allora chiediamo al Dg di imporre il rispetto delle regole".

MARIO ORFEO PRESENTA IL NUOVO MESSAGGERO jpeg

2 - VIANELLO LASCIA, ARRIVA GERARDO GRECO AD AGORA'
Da "Il Giornale"

Pure Andrea Vianello lascia. Non sarà certo una svolta epocale come quella del Papa, ma è una piccola rivoluzione dentro Raitre. Vianello, da tre anni conduttore del fortunato programma mattutino, ha dovuto fare la scelta tra il video e la direzione del canale e, ovviamente, ha optato per la seconda avendo a suo tempo accettato l'incarico. Ieri l'ultima apparizione, da lunedì a sostituirlo sarà Gerardo Greco, amico dello stesso Vianello, abituato a gestire le corrispondenze da New York e con una parentesi non proprio brillantissima a Unomattina.

Andrea Vianello e Bianca Berlinguer

Si vedrà come si saprà districare in un programma che tratta di attualità ma con leggerezza e se saprà mantenere quello stile per nulla ingessato che gli ha saputo imprimere Vianello. Pare, però, che quella di Greco potrebbe essere una gestione ponte, una sorta di «prova». Nel senso che il giornalista, lanciato nella nuova carriera di conduttore, avrebbe già in mente altri approdi più importanti. In ogni caso, ci sarebbero semmai, altri colleghi pronti a prendere il suo posto.

giuseppe cruciani

Per esempio Luisella Costamagna: voci sul suo approdo ad Agorà sono cominciate a circolare subito dopo l'addio a Servizio Pubblico (dopo la puntata con Berlusconi, dove lei non ha gradito il trattamento di Santoro). Ma in lizza per quel salotto sono stati fatti anche altri nomi come i giornalisti Giuseppe Cruciani, Tommaso Labate, Francesco Specchia.

GERARDO GRECO

Più probabile, in caso di ulteriore cambio, in un momento di austerity, il ricorso a risorse interne. Intanto il direttore di Raitre deve mettere in piedi una nuova rete che abbia un'impronta diversa da quella, ormai identica da molti anni, data dai suoi predecessori. «Finisce una grande avventura di conduzione - ha detto - ma inizia, a tempo pieno, l'avventura strepitosa di fare il direttore di Raitre. Due cose incompatibili».

 

IL BALLO CHE FA “BALLARE” I GOVERNI - DOPO IL “GANGNAM STYLE” DI PSY IL NUOVO TORMENTONE GLOBALE VIENE DALLA GRANDE MELA

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VIDEO: UNA DELLE (MILLE) COMPILATION DEI MIGLIORI "HARLEM SHAKE"


1- HARLEM SHAKE - IL BALLO CHE CONTAGIA
Federico Rampini per "la Repubblica"

HARLEM SHAKE

Volete che il vostro messaggio politico raggiunga le masse? Imparate a ballare. L'Harlem Shake di preferenza. È la danza "virale" del momento: irresistibile, contagiosa, magicamente efficace. I giovani egiziani che sono stufi dell'autoritarismo dei Fratelli Musulmani sono andati davanti al palazzo presidenziale di Mohamed Morsi: a ballare l'Harlem Shake. I ragazzi tunisini hanno scelto la stessa forma di protesta.

HARLEM SHAKE TUNISIA

Prima di loro, il 14 febbraio milioni di donne avevano ballato in tutte le piazze del mondo nella giornata contro la violenza. In fondo anche Michelle Obama per rafforzare la sua campagna contro l'obesità ha finito per piegarsi alla moda: la First Lady è andata in tv a ballare (non proprio l'Harlem Shake ma una parodia su misura per mamme quarantenni).

HARLEM SHAKE ESERCITO

C'è chi sostiene che perfino Gangnam Style, video virale del cantante pop coreano Psy, sia una libera interpretazione asiatica del ballo hip hop nato a Harlem. Tant'è, il dissidente cinese Ai Weiwei ha scelto di ballare, visto che la censura gli vieta altre espressioni. La premier sudcoreana si è sentito obbligato pure lui, a esibirsi in pubblico nelle contorsioni a ritmo di musica.

La Bbc ha misurato il successo con queste cifre: 700 milioni di persone hanno guardato i video dell'Harlem Shake su YouTube, in una delle 200mila versioni che circolano (parodie incluse). Per curiosità o, più spesso, per imparare come si fa. Lo chiamano un "meme", ovverosia: «fenomeno culturale o comportamentale la cui diffusione ha la stessa potenza della trasmissione genetica».

HARLEM SHAKE

E ora i veri detentori del marchio cominciano a protestare: contro questa pirateria. Harlem Shake è roba seria, da professionisti o quasi. Il New York Times ha rintracciato gli artefici di questa danza stile hip hop, i cui emuli allietano da sempre i nostri tragitti nel metrò di Manhattan. Quei ragazzini equilibristi, che nonostante le frenataccie e gli sbalzi della Subway riescono a fare piroette e giravolte ritmiche, contorsioni e convulsioni con la megaradio accesa sulla spalle, hanno tutti un maestro.

HARLEM SHAKE

Il vero inventore dello Harlem Shake si chiamava Al. B. (nome d'arte di Albert Boyce), lanciò il suo ballo frenetico trent'anni fa durante l'intervallo di una partita tra ragazzini a Rucker Park. La paternità era talmente chiara che per molto tempo la danza in quello stile fu chiamata "The Al. B.". Lui purtroppo non c'è più: è morto nel 2006, a soli 43 anni.

HARLEM SHAKE

Ma "The Al. B." venne popolarizzata come Harlem Shake quando il ballo fu reinterpretato da un gruppo di quattro ragazzi, i Crazy Boyz. Negli anni Novanta, loro si esibivano sulla pista di pattinaggio Skate Key, nel Bronx. Veri artisti del genere, vennero ingaggiati per comparsate frequenti nei video musicali di musicisti come Eve e Diddy.

HARLEM SHAKE

Ora alla gente di Harlem e del Bronx fa un certo effetto vedere che la danza è interpretata su YouTube da un reparto di militari norvegesi; dalla squadra di nuoto della University of Georgia. Che esiste una versione "per nonne", un'altra ballata da spogliarelliste. Sempre su YouTube si possono trovare perfino dei cagnolini che ballano l'Harlem Shake. La gente di qui, per fortuna, ha uno spiccato senso dell'umorismo. Hanno reagito a loro volta con una parodia: ballando l'Harlem Shake travestiti da vichinghi. Titolo: "This Ain't Harlem", no davvero questa non è Harlem.


UN'ALTRA COMPILATION DI "HARLEM SHAKE":
http://www.youtube.com/watch?v=8f7wj_RcqYk

 

 

VENDOLONE A CINQUE STELLE -“C’È SOLO IL GOVERNO BERSANI CON GRILLO. ALTRIMENTI SI TORNI A VOTARE”…

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Umberto Rosso per "la Repubblica"

VENDOLA grillo

«Concentriamoci su cosa proporre al paese. E' il momento del coraggio, di avanzare una proposta di "riformismo audace" che colga l'essenziale del cambiamento. Traduciamola in agenda di governo, e vediamo l'effetto che fa con Grillo. Con l'M5S, ne sono convinto, il confronto è possibile».

Sono soltanto i grillini, governatore Vendola, gli interlocutori del centrosinistra per il governo?
«Esprimono la rivolta contro le politiche di austerità, incarnano una rivoluzione contro l'arroganza e lo strapotere di vecchia politica e lobby finanziarie».

Beppe Grillo

Un'operazione-alleanza per Palazzo Chigi da affidare a Bersani?
«Spetta al capo dello Stato consegnare l'incarico. Secondo me è legittimo e doveroso che tocchi a Bersani. Sono convinto che metterà insieme il meglio del riformismo, tenendo insieme utopia e concretezza».

Grillo ha respinto la mano tesa dal segretario.
«Ma siamo solo ai primi passi. Siamo ancora nella fase dell'assestamento psicologico dopo il terremoto elettorale. Qualcosa che anche per Grillo è complicato da gestire: non è facile passare da movimento di protesta a classe dirigente. Piano, allora, i fatti hanno una loro tempistica».

Anche le scadenze per formazione del governo...
«Non si possono bruciare le tappe, a rischio di indebolire la possibile soluzione. Non ci sono alternative: dobbiamo convivere col terremoto politico. Ma invece di vederne solo le macerie, io propongo di coglierne anche le novità e le possibilità».

GV Ridotte Niki Vendola

Se l'intesa Pd-grillini fallisce, c'è il "governo del presidente" sotto l'ombrello del Quirinale?
«L'ipotesi B non esiste. E non solo perché, tatticamente, toglie forza all'ipotesi A».

Niente riedizioni di governi "tecnici"?
«Il governo tecnico è responsabile di tutto quel che è successo, del gran pasticcio. O, se la vogliamo mettere così, di una possibile grande opportunità. Di Monti ne abbiamo già avuto uno. Può bastare. Certo, al peggio non c'è mai fine».

Quindi, se salta l'ipotesi Bersani con appoggio Grillo, meglio tornare a votare?
«Sì. E senza passare per abbracci disperati come il governissimo Pd-Pdl: l'autoconservazione del sistema, per il popolo del centrosinistra è inaccettabile. Torneremmo al voto, così, mantenendo aperta la possibilità che la nostra possa essere la risposta giusta alla richiesta fortissima di cambiamento, e che stavolta è stata in gran parte intercettata da Grillo».

Beppe Grillo

Non si rischia invece, con nuove elezioni, che i cinquestelle facciano il pieno assoluto?
«Non se è il piano è questo, però attenzione, certi calcoli possono anche dimostrarsi sbagliati. Ma a Grillo io chiedo proprio questo: sei di fronte ad un bivio, dicci se vuoi impegnarti in una sfida per una trasformazione radicale del nostro paese oppure se anche tu coltivi il vizio vecchio del politicismo».

Intanto, spara a zero contro l'articolo 67 della Costituzione, attacca l'assenza del vincolo di mandato dei parlamentari.
«Ecco, mi piacerebbe discuterne insieme, provare a spiegargli che si tratta di una garanzia per gli elettori e non certo di una "circonvenzione", come sostiene. In fondo, lo capisco. E' l'angoscia di perdere l'innocenza, la difesa a oltranza della purezza del movimento che fa scattare certe reazioni. Come le riunioni "segrete" dei debuttanti parlamentari. Il confronto, la mediazione, il compromesso non sono negativi in sé, ma legittimi e utili per raggiungere un giusto obiettivo. Vorrei, perciò, rivolgere un appello».

NICHI VENDOLA

A Grillo?
«A tutti i protagonisti di questa vicenda. Il crollo della Seconda Repubblica pone l'Italia di fronte ad un passaggio che è allo stesso tempo pericoloso ma anche incredibilmente promettente. Senza risposte immediate alle pene e ai dolori del paese, la crisi sociale tenderà a trasformarsi in crisi democratica. Il populismo tracimerà a destra».

Una ragione in più per aprire ai cinquestelle?
«Grillo non ha solo il diritto di rallegrarsi della vittoria elettorale ma anche il dovere di sentirne tutta la responsabilità. Non può tirarsi da parte, gridare al grande inciucio per sperare di lucrare voti. Anche perché il governissimo Pd-Pdl non ci sarà».

Beppe Grillo

Su quali punti "incrociare" l'agenda del Pd e quella di Grillo?
«C'è solo l'imbarazzo della scelta. Dal reddito di cittadinanza alla riduzione dei costi della politica, dall'antitrust alla legge sul conflitto di interessi, dalla riforma dei partiti al taglio degli F35, passando per investimenti su ammortizzatori sociali e scuole».

 

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