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DA RUTELLI, DEDICATO A CASINI E FINI: "LA LIQUIDAZIONE DEL TERZO POLO SI È CONFERMATA UN ERRORE”

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(TMNews) - "Il mancato accordo Pd-Monti ha privato gli elettori di una credibile proposta di governo. Il boomerang ha colpito entrambi; Grillo ha vinto. Ora deve essere interpellato a prendersi le responsabilità che gli spettano. Se questo non avverrà, ci saranno effetti disastrosi".

ENZO MOAVERO MILANESI MARIO MONTI FRANCESCO RUTELLI resize RUTELLI FINI CASINI

Lo ha detto Francesco Rutelli intervistato a Uno mattina aggiungendo che "il primo partito, è ovvio, non può solo mandare messaggi in rete, deve concorrere alle soluzioni. Berlusconi ha recuperato e pareggiato al Senato. Solo il Porcellum ha potuto dare al Pd 200 seggi in più alla Camera con lo 0,36 di voti in più! Giusta nemesi per il Pdl".

Rutelli ha anche sottolineato su facebook come "la liquidazione del Terzo Polo si è confermata un errore. Il Centro è più debole, nonostante il ruolo di Monti Premier e la vasta copertura mediatica. Tutti sono in grado di leggere i risultati dei partiti, a maggior ragione quelli dei partiti-liste miscellanea. Ho scelto, per queste ragioni, di non partecipare ad elezioni il cui esito mi pareva già scritto. Così è stato".

BERLUSCONI REGGE LE TESTE DI MONTI BERSANI

"Ma un mio periodo 'sabbatico' fuori dalle istituzioni non significa certo interrompere il cammino di Alleanza per l'Italia. Al contrario: siamo un movimento politico di minoranza, ma che ha avuto ragione da molti punti di vista e può avere una funzione importante. Gia' abbiamo aperto le adesioni 2013. Nei prossimi giorni decideremo le prossime tappe politiche" ha osservato. Una sola anticipazione sulle prossime scadenze istituzionali: "occorre eleggere Presidenti delle Camere con le più larghe maggioranze possibili, autorevoli e di rinnovamento".

MONTI E BERSANI

Rutelli ha concluso sul Capo dello Stato auspicando, "se la Legislatura è in condizione di proseguire, dev'essere di svolta e di massima credibilità. Altrimenti, si dovrebbe chiedere a Napolitano di restare un anno, per fare la riforma elettorale e tornare a votare".

 


NANNI CANTA CHE (FORSE) TI PASSA! - CONCERTONE DI MORETTI AL TEATRO VERDI DI FIRENZE, REDUCE DALLA “BENEDIZIONE” A BERSANi. STARRING IL PIANISTA NICOLA PIOVANI - PUR “STONATO E DEFINITIVAMENTE FUORI TEMPO” NANNI MORETTI AMA LA MUSICA: “QUANDO FACCIO UN FILM SCELGO LE CANZONI COME PRIMA COSA” – IL MITICO VIDEO DI MORETTI CHE AZZARDA “E TI VENGO A CERCARE” DI BATTIATO (DEDICATA AGLI ELETTORI DEL PD?)…

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Nanni Moretti, ha sempre fatto nei suoi film un uso mirato della musica, nel senso di recuperare ed utilizzare, nei momenti più emozionanti del film, canzoni popolari, spesso inaspettate, oppure musica di grande qualità, ma poco nota.
Lui stesso ha sempre dichiarato che "quando faccio un film, scelgo le canzoni per prima cosa".

NANNI MORETTI E PIERLUIGI BERSANI

A proposito di canzoni, vale la pena citare il critico musicale fiorentino Ernesto De Pascale che una volta riferendosi a Moretti colse il punto della questione definendolo "stonato, definitivamente fuori tempo, sguaiato nell'esposizione vocale", ma con un "debole per le canzoni".

Se il fascino di questo rapporto non vi è chiaro andate qui: http://www.youtube.com/watch?v=MqcrUsH_t88.

u mon35 nicola piovani


E se ancora non vi siete convinti andate il 28 febbraio (ore 21.00) al Teatro Verdi per un evento che si annuncia memorabile, ovvero uno spettacolo di parole, musica e immagini dedicato al suo cinema.
Nanni Moretti in persona salirà sul palco e si farà interprete di alcuni dei dialoghi, tratti dai suoi film, i più noti al grande pubblico a partire da Io sono un autarchico (1976) Ecce Bombo, Bianca, la Messa è finita e così via fino al Caimano (2006).

Unica e assoluta coprotagonista sarà la musica dei suoi film eseguita dall'Orchestra della Toscana diretta da Luigi Lombardi d'Aquino, compositore e assistente di Franco Piersanti, da sempre collaboratore di Nanni Moretti. Al pianoforte Nicola Piovani, uno dei più affermati compositori d'oggi di musiche da film, artefice di numerose colonne sonore che siglano la produzione cinematografica di Moretti.

‪Moretti canta.... E ti Vengo a Cercare di Battiato: ‬
http://www.youtube.com/watch?v=fdg5T-bXmfo

 

ZINGARETTI HA VINTO - STORACE CHIAMA IL CANDIDATO PD E GLI FA GLI AUGURI PER L’INCARICO

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1 - LAZIO: STORACE, A ZINGARETTI AUGURI PER INCARICO
(ANSA) - "Ho fatto a Nicola Zingaretti gli auguri per l'incarico di presidente della Regione Lazio". Lo ha detto Francesco Storace nel corso di una conferenza stampa nel suo comitato elettorale. "Ho chiamato Zingaretti al telefono poco fa -ha proseguito Storace- gliela abbiamo fatta sudare questa vittoria. Abbiamo combattuto la battaglia con onore". "Imposteremo un rapporto leale ma fermo con la nuova amministrazione regionale. La partita non finisce perché Zingaretti ha conquistato il Lazio", ha aggiunto Storace.

NICOLA ZINGARETTI Intervento di Nicola Zingaretti

2 - ZINGARETTI,E' RISULTATO BELLISSIMO
(ANSA) - "E' un risultato bellissimo, forse prendiamo dieci punti che è una bella responsabilità". Lo ha detto il candidato del centrosinistra Nicola Zingaretti.

3 - ZINGARETTI, STIAMO AL 39-40%
(ANSA) - "Risultato straordinario intorno al 39%-40% consensi. Ringrazio chi ha scelto altri partito ma ha anche scelto la proposta di governo da noi proposta", lo ha detto Nicola Zingaretti nel corso di una conferenza stampa.

Enrico Gasbarra e Nicola Zingaretti

4 - ZINGARETTI, SARO' PRESIDENTE DI TUTTI CITTADINI
(ANSA) - "Da oggi sarò presidente di tutti i cittadini e tutte le cittadine".

5 - ZINGARETTI, RINGRAZIO STORACE PER AUGURI
(ANSA) - "Ringrazio Storace per gli auguri, si è battuto in questa campagna elettorale. Ringrazio il mio comitato, persone silenziose che si sono buttate nella mischia in un momento difficile. Ringrazio gli elettori". Queste le prime battute di Nicola Zingaretti dopo i risultati che lo danno candidato vincente alle elezioni regionali del Lazio.

Storace bacia la mano di donna Assunta


6 - 6/A PROIEZIONE RAI LOMBARDIA: MARONI IN TESTA AL 42,6%
(ANSA) - Secondo la sesta proiezione dell'Istituto Piepoli per la Rai sulle regionali in Lombardia Roberto Maroni (centrodestra) è al 42,6%, Umberto Ambrosoli (centrosinistra) è al 37,6%, Silvana Carcano (Movimento 5 Stelle) al 13,8%, Gabriele Albertini (centro) al 4,7%, Carlo Maria Pinardi (altri) all'1,3%. La proiezione si basa sulla copertura del campione pari all'82,4%.

Storace Francesco

Ecco le percentuali di voto per partiti e coalizioni in base alla 6/a proiezione dell'Istituto Piepoli per Rai sulle regionali in Lombardia:

LISTE %
PARTITO DEMOCRATICO 24,3
PATTO CIVICO-AMBROSOLI PRESIDENTE 6,8
SINISTRA ECOLOGIA E LIBERTA' 2,0
CENTRO POPOLARE LOMBARDO 1,1
ETICA A SINISTRA 1,0
DI PIETRO ITALIA DEI VALORI 0,6
PARTITO SOCIALISTA ITALIANO 0,3 -
COALIZIONE AMBROSOLI 36,1

Storace e Toti


POPOLO DELLA LIBERTA' 17,6
LEGA NORD 12,0
MARONI PRESIDENTE 10,3
FRATELLI D'ITALIA 1,5
PARTITO PENSIONATI 1,1
TREMONTI-3L 0,5
ALLEANZA ECOLOGICA 0,3 -
COALIZIONE MARONI 43,3

MOVIMENTO 5 STELLE 14,8

LOMBARDIA CIVICA 2,7
UNIONE DI CENTRO 1,7 -
COALIZIONE ALBERTINI 4,4

ALTRE LISTE 1,4

maroni


7 - LAZIO; POLVERINI ENTRA, FUORI CHI ACCUSO' FIORITO
(ANSA) - 'Promossi' e 'bocciati' alle urne nel Lazio. Nelle liste del Pdl viene eletta la governatrice uscente Renata Polverini alla Camera ma resta escluso Francesco Battistoni, nemico di Franco Fiorito, colui che sollevò lo scandalo fondi Pdl. Bocciati Fini, Casini e Giulia Bongiorno, dentro il portavoce della Comunità di Sant'Egidio Mario Marazziti. Poi una pattuglia di sconosciuti tutti provenienti dal Movimento 5 Stelle che piazza 11 deputati e sei senatori.

AMBROSOLI CON LA MOGLIE SUL PALCO A MILANO

Da segnalare il 'caso' a Latina di madre e figlio M5s, entrambi eletti: lei Ivana Simeoni, 63 anni, operatrice del 118, al Senato e lui Cristian Iannuzzi, 40enne, alla Camera. Per il Pd passano, al Senato, in 14 tra gli altri Pietro Grasso, Luigi Zanda, Ignazio Marino, Monica Cirinnà, Walter Tocci, Giuseppina Maturani, Raffaele Ranucci. Alla Camera entrano Pierluigi Bersani, Enrico Gasbarra, Paolo Gentiloni, Stefano Fassina, Ileana Argentin, Umberto Marroni, Roberto Morassut, il veterano Giuseppe Fioroni, l'ex presidente della Provincia di Rieti Fabio Melilli.

Renata Polverini

Due senatori per Sel: Loredana De Petris, Massimo Cervellini. Sel prende quattro deputati tra cui il leader Nichi Vendola e l'ex assessore provinciale e coordinatore del Comitato Zingaretti Massimiliano Smeriglio. Il Pdl guadagna invece sei senatori: Silvio Berlusconi a cui seguono Maurizio Gasparri, Claudio Fazzone, Maria Rosaria Rossi, Andrea Augello e Francesco Maria Giro. Alla Camera per il Pdl ne entrano 9. Promossi Angelino Alfano, Fabrizio Cicchitto, Renata Polverini, Beatrice Lorenzin, Gianni Sammarco, Rocco Crimi, Vincenzo Piso e Barbara Saltamartini.

La prima dei non eletti che però potrebbe rientrare è Eugenia Maria Roccella, in ticket con Storace per la Regione Lazio. Tra i 'bocciati' Mario Baccini, l'ex vicesindaco di Roma Mauro Cutrufo. Fratelli d'Italia prende due deputati nel Lazio e nessun senatore: Giorgia Meloni e Fabio Rampelli. Fuori il Masaniello dei tassisti Loreno Bittarelli e Chiara Colosimo. Per l'Udc dentro alla Camera Paola Binetti, fuori Luciano Ciocchetti e Lorenzo Cesa. Fli non prende nessun deputato e tra i 'bocciati' spiccano i nomi di Gianfranco Fini e Flavia Perina. Nessun deputato nemmeno per Rivoluzione Civile per cui erano candidati Antonio Ingroia, Ilaria Cucchi, Antonio Di Pietro.

 

IL LAZIO A ZINGARETTI, LA LOMBARDIA SCEGLIE MARONI - CULATELLO APRE A GRILLO: NO AL PDL - CROLLA PIAZZA AFFARI

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Il Velino

CORRIERE DELLA SERA - In apertura: "La Lombardia sceglie Maroni". Editoriale di Ernesto Galli Della Loggia: "Atlante populista italiano". Editoriale di Michele Ainis: "Tre grandi minoranze impotenti". Al centro: "Borsa in caduta lo spread vola: torna la sfiducia dei mercati Merkel; Roma troverà la strada". In basso: Il declino vaticano, specchio dell'Europa".

Roberto Maroni

LA REPUBBLICA - In apertura: "Bersani apre a Grillo: no al Pdl". Editoriale di Ezio Mauro: "La sede vacante". Di spalla: "La vittoria dello sconfitto". Sotto: "La sinistra e l'arte di perdere al nord". Al centro: "Crolla Piazza Affari, s'impenna lo spread". In basso: "La nuova guerra fredda tra Mosca e Washington". Accanto: "Quattrocento ore l'anno passiamo una vita in coda".

LA STAMPA - In apertura: "Bersani, apertura a Grillo". Editoriale di Luca Ricolfi: "La Sinistra che non impara dai suoi errori". Accanto: "La Destra che non trova alternative". Sotto: "La crepa tra giovani e vecchi fa volare cinque Stelle". Di spalla: "Renzi: non mi chiedano di condividere il ko". Sotto: "Il giro d'Italia del boom grillino".

IL SOLE 24 ORE - In apertura: "Lo shock elettorale travolge Borsa e spread". Editoriale di Fabrizio Forquet: "Le urgenze che il Paese non può dimenticare". Accanto: "Il prezzo che l'Italia paga alla demagogia". "Al centro: "In Lombardia vince Maroni". Di spalla: "Apertura di Bersani al Movimento 5 stelle: niente ‘governissimi'" Il punto di stefano Folli "La corsa verso il vincitore".

IL MESSAGGERO - In apertura: "Bersani chiede aiuto a Grillo". Sopra: "Il Lazio a Zingaretti, la Lombardia a Maroni". Editoriale di Paolo Pombeni: "I due leader sconfitti e il governo che non c'è". Al centro: "Effetto voto, Borsa giù allarme per lo spread". Sotto: "Benedetto XVI si chiamerà Papa emerito".

RENZI E BERSANI

IL GIORNALE - In apertura: "Giù le mani da Berlusconi". Editoriale di Vittorio Feltri: "Caccia al Grillo addomesticato". Al centro, fotonotizia: "Un altro schiaffo ai salotti chic". In basso: "La doppia rivincita del popolo sovrano".

IL TEMPO - In apertura: "C'è un vincitore nel Pd: Zingaretti". Editoriale di Alberto di Majo: "I politici possono ancora farcela". Di spalla: "Bersani non ride e vede 5 stelle". Sotto: "Grillo: ‘Andrò io da Napolitano'". Sotto: "Silvio pronto a larghe intese". In basso: "L'ultimo saluto al ‘Papa emerito'".

IL FATTO QUOTIDIANO - In apertura: "Bersani si aggrappa a Grillo". Editoriale di Marco Travaglio: "Quelli che l'avevano detto". Editoriale di Antonio Padellaro: "Un aiuto a cinque stelle". In basso: "Niente da fare, il Pirellone resta a Maroni e Formigoni".

 

URNE FUNERARIE: LO SPREAD BTP-BUND SUPERA I 350 PUNTI - OGGI IL TESORO PIAZZI 4 MLD € DI TITOLI

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1 - SPREAD BTP VOLA OLTRE 350 PUNTI BASE
(ANSA) - Lo spread Btp-bund sale oltre i 350 punti base nei primi scambi, raggiungendo i massimi da dicembre. Il Btp decennale paga un rendimento del 4,94%, in rialzo rispetto a 4,90% della chiusura di ieri.

ATTENTI ALLO SPREAD

2 - BORSA: RIMBALZA IN AVVIO SU SPERANZA ACCORDO ELETTORARE, +0,4% FTSE MIB
Radiocor - Rimbalzo in avvio per Piazza Affari dopo la debacle della vigilia, in una seduta che si preannuncia gia' volatile: dopo aver ape rto a +0,73% il Ftse Mib e' salito fino a +1% e segna ora un +0,4%. Il Ftse All Share avanza ora dello 0,52%. Recuperano terreno i titoli del comparto bancario, mentre il mercato spera in un accordo tra i partiti che renda possibile la creazione di un Governo.

CATTELAN PIAZZA AFFARI BORSA MILANO

Ma oggi sotto i riflettori c'e' soprattutto l'asta di BTp: il Tesoro deve piazzare quattro miliardi di titoli, mentre lo spread BTp/Bund continua ad essere sotto tensione a 350 punti base e il rendimento del decennale italiano sfiora il 5%. In rialzo anche il resto d'Europa, con Parigi che avanza di uno 0,53%, Francoforte di uno 0,46%, Londra dello +039% e Madrid di uno 0,63%. Sul valutario, euro in recupero contro dollaro a 1,3481 (1,3438) e a 120 contro yen (120,2). Dollaro/yen a 91,70. Il petrolio e' in rialzo dello 0,35% a 92,95 dollari al barile.

3 - BORSA TOKYO: NIKKEI PERDE L'1,27% PER IL 'RISCHIO ITALIA'
Radiocor - Chiusura in calo per la Borsa di Tokyo nella seduta di oggi, sulla scia di un rialzo dello yen nei confronti dell'euro a causa dell'incertezza polit ica in Italia dopo le elezioni politiche. L'indice Nikkei e' sceso dell'1,27% a 11.253,97 punti e l'indice allargato Topix ha perso l'1,35% a 953,72 punti, in una seduta caratterizzata da forti volumi: sono passati di mano 3,12 miliardi di titoli sul primo mercato.

VITTORIO GRILLI FOTO ANSA

4 - ELEZIONI: MOODY'S, INCERTEZZA METTE A RISCHIO RATING ITALIA
Radiocor - Il risultato delle elezioni politiche in Italia, che ha disegnato un quadro di incertezza sul governo del Paese, mette il rating sul debito italiano a rischio in ottica di un downgrade da parte di Moody's. Secondo l'agenzia, la situazione che si e' venuta a creare e' tale che potrebbe portare a una seconda tornata elettorale che comunque potrebbe non essere risolutiva.

'Invece di migliorare la visibilita' sulla direzione politica del Paese, le recenti elezioni in Italia hanno aumentato il rischio che la fase di riforme avviata dal governo Monti possa sospendersi, se non completamente bloccarsi', si legge in una nota dell'agenzia, che aggiunge quanto una situazione di incertezza in Italia, terza economia europea e primo mercato obbligazionario, possa contagiare altre economie deboli dell'area quali Spagna e Portogallo 'potenzialmente riaccendendo la crisi del debito dell'area euro'.

MOODYS

5 - GIÙ LE STOCK OPTION DI MARCHIONNE...
A.Mal. per il "Sole 24 Ore" - Tra gli effetti collaterali del crollo delle Borse, innescato dallo stallo elettorale italiano, c'è un impoverimento di Sergio Marchionne. Il manager Fiat dispone di una serie di stock option sulle azioni del Lingotto e di Fiat Industrial (oltre che di diritti a ricevere un certo numero di azioni gratuite). Il suo patrimonio virtuale cambia quindi tutti i giorni con le quotazioni, ma il crollo di ieri ha fatto andare "out of the money" l'opzione su 6,25 milioni di titoli al prezzo di esercizio di 13,37 euro: la somma dei prezzi di Borsa dei due titoli è infatti scesa a 13,125 euro, e l'esercizio dell'opzione (che scade a fine 2014) non è per ora più conveniente.

Marchionne può consolarsi con un'altra opzione - quella su 10 milioni di azioni a 6,583 euro - che resta "in the money" e vale una plusvalenza teorica di circa 70 milioni di euro. Se si contano le azioni ricevute un anno fa e gli stock grant futuri, la parte azionaria del suo compenso da quando è arrivato al Lingotto vale 167 milioni lordi. Per conoscere il suo stipendio per il 2012 bisognerà invece aspettare il Report sulla governance Fiat, atteso il mese prossimo.

6 - ..MA IL MANAGER FIAT FA UTILI CON LE SIGARETTE
L.G. per il "Sole 24 Ore" - Il primo acquisto l'ha compiuto nel 2008. Poi una seconda puntata nel 2009. Quindi, a partire dal 2010, Sergio Marchionne ha cominciato ad accumulare piccoli pacchetti di azioni Philip Morris. Al punto che lo scorso 20 febbraio, con l'ultimo acquisto, si è ritrovato con 45 mila titoli del colosso del tabacco in portafoglio. Percentualmente si tratta di una partecipazione minima, eppure al manager dell'auto ha già dato abbondanti frutti.

MARCHIONNE EZIO MAURO big sergio marchionne ezio mauro

Marchionne, per costruirsi quella posizione, ha messo sul piatto più o meno 2,8 milioni di dollari per un prezzo medio di carico di 63,8 dollari ad azione. Giusto ieri il titolo Philip Morris trattava a 91,55 dollari. In altre parole, quel pacchetto ora incorpora una plusvalenza implicita di 1,3 milioni di dollari. Decisamente superiore a quanto può aver speso il manager negli ultimi anni per finanziare il vizio del fumo. Vicino, tuttavia, a quanto investito personalmente sul titolo Fiat dal 2004 ad oggi: in tutto ha comprato 240 mila azioni (stando all'ultimo dato disponibile), dei quali 220 mila nell'aprile del 2005 a 4,6 euro per azione.

7 - ALL'EBA NON TORNANO I CONTI SUI RISCHI
L.Mais. per il "Sole 24 Ore" - Differenze consistenti. A dir poco. L'Eba (European banking authority) ha concluso un primo giro d'orizzonte sul metodo di calcolo dei cosiddetti risk weighted assets delle banche, ovvero il credito ponderato al rischio, scoprendo che la forbice arriva al 46 per cento. La percezione dell'azzardo varia, dunque, enormemente fra le 89 banche di sedici Paesi che l'Eba ha posto sotto esame.

E questo non va affatto bene, nonostante in alcuni casi dipenda dai criteri applicati dalle autorità di vigilanza di ciascuno Paese. Non va al punto da aver indotto l'Eba a suggerire l'adozione di nuove regole, buone per tutti, con l'obiettivo di chiudere i buchi della vigilanza sfruttati dagli istituti di credito. Principi che sembrano allinearsi con quelli del Comitato di Basilea. Fra i rimedi suggeriti dai tecnici anche quello di costringere le banche a svelare i metodi di calcolo del rischio per declinarlo con un modello standard.

8 - LIBOR, LE BANCHE ORA TEMONO I RISPARMIATORI
S.Car. per il "Sole 24 Ore" - La priorità per le banche coinvolte nello scandalo Libor non è certo quella di evitare le sanzioni delle autorità: sono rassegnate a settlement che sono già costati più di 2,5 miliardi di dollari ai tre istituti che hanno patteggiato (Barclays, Ubs e Royal Bank of Scotland). Ma per loro il conto potrebbe salire a molte decine di miliardi di dollari se le oltre 30 cause civili intentate negli Stati Uniti dagli investitori dovessero procedere.

Philip Morris

Perciò sedici banche oggetto delle cause civili si apprestano a chiedere a un tribunale federale che siano respinte e soprattutto che non acquisiscano lo status di class action. L'argomento è legalistico: il settlement con le autorità non implica il riconoscimento esplicito di comportamenti illeciti ripetuti e anti-concorrenziali, salvo forse per il caso delle manipolazioni del Libor in yen. I bilanci futuri di alcune delle maggiori banche del mondo, insomma, sono nelle mani del giudice.

9 - MORNING NOTE
Radiocor

CDA (approvazione dati contabili) - Piaggio & C, Prysmian, Saras, Snam.

Logo "Ubs"

Milano - assemblea ordinaria e straordinaria Meridiana Fly. Parte ordinaria: cessazione carica membri Cda. Parte straordinaria: esame situazione patrimoniale.

Roma - l'Istat rende noti i dati sull'andamento della fiducia nelle imprese relativi a febbraio.

Monaco di Baviera: discorso del presidente della Bce, Mario Draghi

Washington: secondo giorno di audizione del presidente della Fed, Ben Bernanke, al Congresso Usa

ELEZIONI/CRISI: I risultati elettorali confusi spingono la borsa in caduta, Piazza Affari perde il 4,89%. Giu' tutte le borse europee. Spread a 344. Oltre l'1% il tasso BoT, oggi test sui Btp. Monti convoca Visco e Grilli per la rete di sicurezza (dai giornali). L'Europa guarda con apprensione allo stallo italiano. Merkel, 'Roma trovera' la sua strada'. Bernanke, 'I mercati reagiscono all'incertezza' (dai giornali)

rbs

BANCHE: Mediobanca, raddoppio dell'utile nonostante le svalutazioni di Telco da 95 milioni. Riffeser esce dal patto di sindacato (dai giornali). JpMorgan, entro due anni 19mila posti in meno (dai giornali). Intesa, secondo Roversi Monaco (Fondazione Carisbo) Bazoli verra' riconfermato (dai giornali). Mps, il faro dei pm si sposta sulle banche internazionali (dai giornali). Il mercato boccia il piano Carige (dai giornali). Derivati, il 18 marzo diventa operativa la nuova disciplina europea. Obiettivo, maggiore trasparenza (Corriere della Sera, pag. 48). All'Eba non tornano i conti sui rischi (Il Sole 24 Ore, pag. 31). Scandalo Libor, le banche ora temono le cause civili dei risparmiatori (Il Sole 24 Ore, pag. 31)

INPS: Sale il rosso, disavanzo a 10,7 miliardi (dai giornali)

Logo "Barclays"

TELECOM: Cairo chiude sull'acquisto di La7 (dai giornali). L'ad Marco Patuano, 'Il bond ibrido quando i mercati saranno propizi' (Il Sole 24 Ore, pag. 30)

RCS: Lucchini da' il via libera all'aumento di capitale (dai giornali)

COMPAGNIE AEREE/AEROPORTI: Alitalia, al via la riorganizzazione, semplificata la catena di comando (dai giornali). Air Dolomiti tra crisi e rilancio, 'Svuotata a favore di Lufthansa' (Corriere della Sera, pag. 50). Gemina valuta i rischi del piano di Atlantia (Il Sole 24 Ore, pag. 31). Gli scali toscani in una holding (Il Sole 24 Ore, pag. 31)

PRYSMIAN: Contratto da 350 milioni da Alstom Grid (dai giornali)

ANSALDO ENERGIA: Nuove commesse in Russia e Tunisia (Il Sole 24 Ore, pag. 34)

FINCANTIERI: Antonini si dimette dalla presidenza, utile 2012 di 15 milioni (dai giornali)

IMPREGILO: Alla Consob l'Opa Salini (dai giornali). Ponte sullo Stretto, no a proroghe dopo il 1 marzo (dai giornali)

HERA-ACEGAS: Oggi ultimo giorno dell'Opas (Il Sole 24 Ore, pag. 31)

OBBLIGAZIONI: Tango Bond, se i rimborsi viaggiano a due velocita' (Corriere della Sera, pag. 53). L'olandese Kpn pronta a collocare un bond ibrido (Il Sole 24 Ore, pag. 37)

RISPARMIO GESTITO: A gennaio sale la raccolta a 3,2 miliardi (dai giornali)

BORSA: L'intesa tra Cme e Db e' tanto sensata quanto improbabile (La Stampa, pag. 40)

 

 

SARÀ UN GOVERNISSIMO DI RE GIORGIO GUIDATO DA GIULIANO AMATO. ALTRO CHE IL DOMATORE DI GIAGUARI

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a cura di COLIN WARD E CRITICAL MESS

Giuliano Amato

1 - PASTICCIONI D'ITALIA
Re Giorgio fa sapere che "riflette" e invita anche i partiti a una "riflessione profonda". Zzzzzzzz. Non tragga in inganno il basso profilo tenuto dal presidente Banalitano, casualmente in gita in Germania. Mister President si trova nella situazione in cui ha più poteri, in cui può dare le carte che vuole facendosi scudo, da un lato di un risultato elettorale che gli consegna tre minoranze, dall'altro dei veti e degli imbarazzi incrociati dei partiti.

GIULIANO AMATO

Comunque vada a finire, checché ne dicano i giornali con il loro ventaglio di opzioni, sarà un governo del presidente. Anzi, di re Giorgio. Il tutto con i mercati e le famose "cancellerie" - che dialogano solo con Lui - a fare il tifo per il Governissimo guidato da Giuliano Amato. Altro che il domatore di giaguari. Il Tesoro emette oggi il nuovo BTP a 10 anni. La paura è che lo spread si allarghi ulteriormente e l'Italia debba tornare a pagare più del 5% per collocare i suoi titoli.

Bersani, Berlusconi, Monti, Grillo e lo spread

Bersani non lo sa ma a Londra hanno deciso che la parola Governissimo è l'unica che può fermere, per un poco, la corsa dello spread. Se il PD pensa di aspettare l'insediamento del nuovo Parlamento per cercare una maggioranza rischia di trovare la porta chiusa per mancanza di fondi. Chi vincerà la volontà di Culatello di ricevere l'incarico da Napolitano o i traders di Londra? Una domanda retorica per chi non ha vinto neanche a Bettola. E ora passiamo ai messaggi a mezzo stampa.

PIERLUIGI BERSANI CON LA BANDIERA DEL PD

"Il Pd apre ai 5 Stelle per evitare la crisi" (Stampa, p. 2). "Bersani chiede aiuto a Grillo" (Messaggero, p. 1). "Bersani: ‘Non abbiamo vinto, ma niente governassimo con il Pdl. Si può dialogare con Grillo'. E offre la presidenza della Camera al Movimento 5 Stelle" (Repubblica, p. 2). Ed ecco la prima risposta: "Grillo: valuteremo legge per legge. Il modello è la Sicilia. Il leader rilancia Fo per il Quirinale. Il premio Nobel declina: asse con il Pd" (Corriere, p. 12). Dalle parti di Hardcore ci si gode il risultato: "Napolitano al Colle e io al Senato. Ecco il piano del Cavaliere per i due anni di governissimo" (Repubblica, p. 17).

beppe grillo porte

"Il Cavaliere non si scompone: tanto dovranno venire da noi. ‘Fanno i sostenuti, guardano a Grillo, non ce la faranno'. L'obiettivo principale resta un'intesa di legislatura, ‘ma solo se i nostri programmi saranno parte integrante di quello di governo" (Corriere, p. 19). E chi dovrebbe guidare un governone dell'inciucione? La Repubblica di Cidibbì ha già pronto il suo uomo: "Spunta Amato per un governo tecnico. Per il Dottor Sottile l'ipotesi di un governo del presidente aperto al sostegno del Pdl" (p. 11). Avanti con il nuovo! Così si risponde alla voglia di cambiamento che bene o male è uscita dalle urne. Con l'ex consigliere di Bettino Craxi.

dario fo e grillo

Soddisfatto il Cetriolo Quotidiano: "Bersani si aggrappa a Grillo" in prima pagina e "Bersani vede le 5 stelle" dentro (p. 5). Gode anche il Giornale: "Bersani ammette la sconfitta e studia l'inciucio con i grillini" (p. 1).

2 - NON FA SOSTA LA SUPPOSTA
In economia non esistono elezioni gratis e allora vai con il massacro di Borsa. Sole 24 Ore: "Lo shock elettorale travolge Borsa e spread. Il differenziale sui Bund vola a 344, all'sta BoT tassi in rialzo dello 0,73% a 1,24%. Oggi test sui BTp. Piazza Affari (-4,89%) affonda i listini europei. Raffica di sospensioni sui titoli bancari, stop della Consob allo short-selling" (p. 1).

ANGELA MERKEL LEGGE SMS SUL SUO TELEFONINO

Sul Corriere è già gabinetto di guerra: "Monti convoca Visco e Grilli per la rete di sicurezza. Bernanke: ‘I mercati? Reagiscono all'incertezza. Non sanno come sarà la nuova politica italiana" (p. 21). La Repubblica degli Illuminati riporta le euro-prediche: "Barroso: ‘Non cedere ai populismi' (o ai popoli?, ndr). Rehn: ‘Italia avanti con le riforme" (p. 6). Sulla Stampa, "Ue in ansia, Barroso chiama il Colle" (p. 16). Ma al Colle ieri non c'era nessuno. Re Giorgio prende il cellulare anche quando è dalla C.I. Merkel?

3 - MA FACCE RIDE!
A proposito. Merkel: "Gli italiani non hanno bocciato Monti per l'austerity" (Stampa, p. 16). Ce l'avevano con il suo cagnolino.

urbano cairo

4 - CUCU' LASETTETE
Zitto zitto, a urne calde, "Cairo chiude sull'acquisto di La7. Oggi si riunisce il consiglio di Ti-media per dare il via libera alla firma dell'accordo" (Sole 24 Ore, p. 30). L'ex segretario del Banana si appresta a piazzare un bel colpo, non solo per mettere in sicurezza i propri contratti pubblicitari con l'emittente di Telecom. Capolavoro dell'ambasciatore del Cav, Tarak Ben Ammar?

ALBERTO NAGEL

5 - ULTIME DAI SALOTTI MARCI
Nonostante la grande sfiga di avere in pancia una bella quota di Telecom, Mediobanca aumenta i guadagni. Corriere con moderata soddisfazione: "Mediobanca svaluta Telco, ultile doppio. Nagel: con Generali e Basilea 3 pronto a giugno il piano strategico. Il patto limita i poteri del presidente Casò e dà via libera all'uscita di Riffeser (0,1%) (p. 48). Ma il piano strategico non doveva essere pronto a dicembre?

berlusconi-bersani

6 - ULTIME DA UN POST-PAESE
"Tre milioni di under 18 a rischio povertà. Eurostat: in Italia sono un terzo, uno dei livelli più alti tra i ventisette. Peggio di noi solo Lettonia, Bulgaria e Romania, dove la metà dei minori è disagiata" (Repubblica, p. 46). Anche di questo, di lotta alla povertà, si sarebbe dovuto parlare in campagna elettorale. Ma era un tema troppo concreto per Lorsignori.

 

ULTIME 48 ORE DI PONTIFICATO PER BENEDETTO XVI: HA REGNATO 7 ANNI, 10 MESI E 9 GIORNI…

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Giacomo Galeazzi per La Stampa

papa ratzinger benedetto

Resterà «Sua Santità Benedetto XVI». Alle 20 di domani il picchetto della Guardia Svizzera sguarnirà il portone della residenza di Castel Gandolfo e Joseph Ratzinger sarà «Papa emerito» o «Romano Pontefice Emerito».Vestirà la talare bianca, senza mantellina. Sfilerà dalla mano l'anello del pescatore e tornerà a indossare quello vescovile. Titolo, veste, elementi dal valore anche simbolico. È stato lui ad indicarli «Ha detto: desidero chiamarmi cosi», riferisce padre Federico Lombardi.

BENEDETTO XVI

Niente titolo di vescovo emerito di Roma. Il Papa non tornerà nemmeno alla talare nera, che pure da cardinale amava indossare spesso al posto di quella porpora. Porterà la veste bianca, ma lascerà le scarpe rosse. «Il Pontefice ha gradito il dono delle scarpe marroni realizzate per lui dagli artigiani di Leon in Messico e continuerà ad utilizzarle», precisa Lombardi. Trasloco quasi ultimato. Tra i bagagli del Papa non ci saranno i documenti legati al pontificato e al governo della Chiesa, nè quelli del periodo in cui guidava l'ex Sant'Uffizio. Lo seguiranno solo gli appunti di carattere più personale. Gli altri andranno agli archivi competenti.

JOSEPH RATZINGER PAPA BENEDETTO XVI DIETER ZESCHE PORTA LA NUOVA PAPAMOBILE A BENEDETTO XVI

Oggi l'udienza e domani l'ultimo giorno da Papa e, forse suo malgrado, Ratzinger sarà tutta la giornata sotto i riflettori: prima l'udienza per il saluto con i porporati, nel pomeriggio il trasferimento in elicottero a Castel Gandolfo. La gente vedrà per l'ultima volta Benedetto XVI (almeno nella sua veste di Papa) domani alle 17.30 quando si affaccerà dalla loggia del palazzo di Castel Gandolfo per salutare i fedeli nella piazza antistante.

Poi si chiuderà la finestra e Ratzinger si ritirerà per una vita isolata nella preghiera. Il segno pubblico, visibile, della fine del pontificato sarà legato ai suoi «angeli custodi».Alle 20 di domani si chiuderà il portone del Palazzo di Castel Gandolfo e gli «svizzeri» lasceranno la guardia: da quel momento in poi loro punto di riferimento sarà il Collegio dei cardinali, fino alla fumata bianca in conclave.

Il titolo di «Papa emerito» e la veste bianca vanno insieme. «L'ipotizzata dizione "vescovo emerito di Roma" avrebbe causato confusione spiega Lombardi -.Hanno riflettuto e lavorato autorevoli esperti», però alla fine «ha deciso l'interessato». Alcuni giuristi della Curia Romana avevano immaginato che Ratzinger potesse vestire una talare giallo oro ed essere chiamato «Sua Beatitudine» come i patriarchi orientali. Domani si abbassano le luci sui 7 anni, 10 mesi e 9 giorni del pontificato. Termina il regno della «purificazione».Ma la bufera continua.

COPERTINA DI LIBERATION PAPUS INTERRUPTUS jpegpapagandolfo

«Ci sono vittime degli abusi dei preti per cui abbastanza non è mai abbastanza», afferma il conclavista William Levada, favorevole come Dolan alla partecipazione del connazionale Roger Mahony all'elezione pontificia malgrado le accuse di aver coperto il clero pedofilo di Los Angeles. «Si è scusato per gli errori di giudizio fatti in passato», spiega Levada. E sul suo blog Mahony scrive: «Prego anche per quei miei nemici che non possono proprio perdonarmi».

 

DOPO GLI APPELLI AL RITORNO IN CAMPO, RENZI GUARDA AVANTI: “BASTA CAMINETTI, NON ANDRÒ A NESSUN VERTICE CON LA BINDI”…

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Federico Geremicca per "La Stampa"

RENZI E BERSANI

I giornalisti telefonano, pressano, insistono per le interviste... Ma che cosa dovrei dire che non ho già detto? E se poi pensano che ora mi metta ad attaccare Bersani, vuol dire che non hanno capito niente: io non faccio lo sciacallo». Pomeriggio inoltrato, Palazzo Vecchio, il sole che tramonta mentre Matteo Renzi conclude una rapida riunione di staff per poi riunire la sua giunta. Come da subito dopo le primarie, infatti, è tornato e continua a fare il sindaco a tempo pieno: ma da 48 ore a questa parte è inseguito da struggenti appelli al ritorno in campo o da tweet e messaggini che evocano quel che avrebbe potuto essere e non è stato.

BERSANI-RENZI

Scrivono: «Con Renzi avremmo vinto a mani basse»; «Se candidavamo Matteo, Grillo se lo sognava il 25%»; «Altro che smacchieremo il giaguaro: ci ha fatti neri così». Sono militanti, cittadini qualunque, giovani che avevamo scommesso su un giovane. Ma arrivano anche dichiarazioni sorprendenti, inattese: come quella del sindaco di Bologna Virginio Merola, ultrà bersaniano alle primarie del centrosinistra e fierissimo avversario del primo cittadino di Firenze, definito addirittura "un golpista": «Matteo Renzi - dice ora Merola - è la nostra possibilità di rinnovamento: e di questo dobbiamo prenderne atto».

DA LIBERO RENZI SI CUCINA BERSANI

 

Riconoscimenti postumi. Ricostruzioni - ma senza controprova - di quel che poteva essere e non è stato. E la speranza - soprattutto - che possa finalmente decollare un progetto che lo stesso "popolo del centrosinistra", però, ha affondato nel ballottaggio del 2 dicembre. Nessuno, naturalmente, può sapere se Matteo Renzi, in cuor suo, avesse puntato sul naufragio elettorale di Bersani sperando in reazioni così. La linea tenuta nelle ore successive al voto, però - nessun commento, nessuna polemica e l'invito agli uomini a lui più vicini di tacere e lavorare - sembra dire che, se anche lo avesse sperato, ora non intende maramaldeggiare su un partito scosso e pronto a dividersi.

 

PIERLUIGI BERSANI ROSI BINDI

«Sto zitto e non faccio polemiche, come dal ballottaggio in poi - ha confermato ieri allo staff riunito -. Ma non mi si chieda di condividere, e soprattutto di venire a Roma per fare riunioni di "caminetto", come lo chiamano, assieme a Rosy Bindi: non è cosa che faccia per me». Ieri mattina, infatti, qualcuno ha chiamato Renzi per invitarlo a partecipare al vertice romano che si sarebbe svolto in serata nella sede del Pd per analizzare il voto e decidere cosa fare: ma il sindaco aveva una riunione di giunta e ha potuto motivatamente rifiutare l'invito.

Del resto, come aveva appena spiegato agli uomini dello staff, cosa potrebbe dire che non aveva già detto? «Dovrei ripetere che il nostro compito era snidare gli elettori delusi del centrodestra? Che non bisognava sottovalutare Berlusconi? Oppure che dovevamo fare nostri alcuni temi di Beppe Grillo? Inutile, ora. Inutile, dopo aver voluto le primarie salvo poi chiuderle al secondo turno per paura che venissero a votare elettori esterni al centrosinistra: che sono precisamente quelli che di cui avevamo bisono alle elezioni vere e che, naturalmente, non ci hanno votato».

ROSY BINDI E PIERLUIGI BERSANI

 

Il punto sarebbe che cosa fare adesso. Ma su questo Renzi passa la palla al segretario: «Ha vinto le primarie, ha fatto la sua campagna elettorale ed è giusto che adesso sia lui a indicarci la rotta», spiega ai suoi che gli chiedono quale sia la via da seguire. «Annoto solo che ci stiamo mettendo nelle mani di Grillo. Gli abbiamo regalato un rigore, e ora vediamo come lo calcerà. Naturalmente, penso ai timori in Europa di fronte a un centrosinistra che pende dalle labbra di Beppe Grillo».

 

GRILLO BEPPE

La sensazione che gli uomini a lui più vicini ricavano dai mezzi ragionamenti del sindaco, è che anche la sua rotta sia ancora da definire. Quel che sembra chiaro, è che per ora non si attacca il segretario (col quale Renzi ha scambiato un paio di sms di commento e solidarietà) ma nemmeno si dà sostegno a una linea che non pare condividere granchè. In un altro tempo si sarebbe detto "nè aderire nè sabotare": ora si può azzardare un meno enfatico "aspettare e vedere". Con la certezza che non ci sarà molto da aspettare per vedere che accadrà...

Resta un ultimo punto: lo stato d'animo della «speranza di cambiamento», come lo definisce oggi Virginio Merola. Onestamente, non pare un granchè, considerata la confusione tra rammarico e spinta a guardare avanti che agita i suoi pensieri. Senza confessarlo, Renzi lo ammetteva in qualche modo regalando ai suoi fedelissimi un'ultima battuta: «Durante le primarie dicevo che il Pd con me sarebbe arrivato al 40% e senza di me al 25. Oggi gli amici mi chiamano per prendermi in giro. "Caro Matteo, il candidato premier non lo potevi fare, ma come sondaggista hai un bel futuro"...». Magra soddisfazione, si potrebbe ipotizzare. Anzi: nessuna soddisfazione, a dir la verità .

 


ITALIA DEI VAPORI - ERA BASTATO IL RISULTATO ELETTORALE DEL 2009 PERCHÉ GIÀ SI GRIDASSE AL PARTITO DELLA RIVOLUZIONE

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Liana Milella per "La Repubblica"

Il dolore è grande per Antonio Di Pietro. Era ieri, in via Santa Maria in Via, quando celebrava il suo 8% alle elezioni del giugno 2009 per il Parlamento europeo. Voti evaporati. Come non fossero mai esistiti.

ANTONIO DI PIETRO - ITALIA DEI VALORI

Adesso Di Pietro è lì, da solo. Solo a pochi metri da dove Ingroia prende atto della sconfitta. Non risponde al telefono. Neppure la sua addetta stampa Fabiola Paterniti riesce a parlarci.

Lui, sempre presente sulle agenzie, non detta neppure due righe. Ingroia ha fagocitato Di Pietro? Di sicuro il pm Ingroia, sceso in politica, non riesce a sfondare come aveva fatto il pm Di Pietro. Ma questa non suona neppure come una magra consolazione.

Rinvia a oggi eventuali commenti, «ho bisogno di tempo per riflettere» dice a chi riesce a penetrare nel suo riserbo. Ma chi ha seguito il breve percorso politico di Rivoluzione civile non può dimenticare la faccia sbiancata di Di Pietro quando, il 21 dicembre dell'anno scorso, Ingroia annunciò che nella lista non ci sarebbe stato posto per i segretari di partito.

ANTONIO DI PIETRO DURANTE UN COMIZIO jpeg

Poi si corresse, disse che sì, ci sarebbero stati. Ma è in quel momento che l'Idv di Antonio Di Pietro ha cominciato a morire. Con amarezza l'ex Fiom Maurizio Zipponi, responsabile lavoro dell'Idv, uno dei pochi candidati con Ingroia, presente adesso a via di Montecatini, ammette il crollo dell'Idv: «Il nostro non è mai stato un partito, ma un movimento legato al suo leader, demolito lui, è caduto tutto il resto».

Poi, amareggiato: «Purtroppo il messaggio che è passato su Di Pietro è che lui è uguale a tutti gli altri leader di partito, quindi è stato demolito nel suo Dna».

ANTONIO DI PIETRO CON LA COPPOLA

Un fatto è ormai certo e lo racconta chi è stato con Di Pietro in queste ore. L'ormai ex leader dell'Idv ha fatto la campagna elettorale, ha viaggiato per l'Italia, ma lo ha fatto per suo conto. «Qui, nel quartier generale di Ingroia, c'è venuto solo una volta, quando c'era una riunione dei segretari di partito». Poi via, oscurato.

Mai in tv per Rivoluzione civile. Mai i due ex pm assieme, Di Pietro e Ingroia. Adesso più d'uno lo sottolinea. Di liti non ce ne sono state. Ma ognuno ha remato per suo conto. Alla fine i consensi di Idv sono trasmigrati altrove. Dov'è finito quell'8%? Dicono che Di Pietro non abbia dubbi, che parli di un flusso «confluito tutto verso Grillo». Il quale ha raccolto la protesta che Di Pietro ha espresso in quella che Zipponi definisce ora «l'unica vera opposizione in Parlamento».

Ingroia e Di Pietro

Zipponi, che gli ha parlato, solleva un altro interrogativo: «Di Pietro è stato l'unico che ha contrastato Monti e Berlusconi ed è soprattutto quello che ha fatto la domanda che non si sarebbe mai dovuta fare, quando ha chiesto chi c'era dall'altra parte nella trattativa Stato-mafia. Sono domande che in Italia non si debbono fare».

LUIGI DE MAGISTRIS ANTONIO DI PIETRO

Per certo, secondo Zipponi, proprio le critiche al presidente Napolitano hanno terremotato lo staff dirigente dell'Idv. L'ex capogruppo alla Camera Massimo Donadi di certo non l'ha gradito. Di Pietro, ovviamente, ha altri crucci. Continua a pensare di aver sbagliato a rilasciare un'intervista a Report, «uscita con troppi tagli», dalla quale non si evinceva che non era proprietario di decine di case. Riflette su chi lo ha abbandonato nell'Idv, ma anche su candidature affrettate che hanno poi portato a clamorosi voltafaccia (gli Scilipoti e i Razzi per intenderci). Ma adesso è tardi. Il ponte lanciato a Grillo fu respinto. Adesso Grillo raccoglie il voto di protesta di chi aveva creduto in Di Pietro e nell'Idv.

 

L’ALLEANZA PD/M5S PASSA ATTRAVERSO LE PROPOSTE PROGRAMMATICHE DI BEPPUZZO…

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Jacopo Iacoboni per "la Stampa"

E adesso? Posto che non si vince un'elezione per il programma, semmai perché si è offerto un corpo, una biografia, un sentimento e anche un pathos a un popolo, adesso può essere interessante anche discutere quali siano le proposte del Movimento cinque stelle; temi su cui dialogherebbero eccome, con un ipotetico governo, perché sono i loro temi.

BEPPE GRILLO VOTA

La prima cosa che colpisce è che il programma sta in un documento snello, le quindici pagine del Movimento cinque stelle non ricordano le duecento del faticoso compromesso del programmone di Prodi. Le cinque stelle significano in origine alcuni grossi filoni, acqua, ambiente, trasporti, connettività, sviluppo. Per ognuno di questi grandi temi, per capirci, Grillo ha sempre aggiunto nei suoi comizi-show la parola «pubblico», che non dovrebbe dispiacere poi tanto a chi proviene da una storia di centrosinistra.

bersani vota

Se uno dovesse scommettere, in aula i cinque stelle partirebbero dai tagli alla casta, dimezzamento dei parlamentari e doppio mandato imperativo per tutte le cariche elettive, tagli per due milioni e mezzo alle dotazioni del Colle, eliminazione dei privilegi dei parlamentari tipo la pensione anche dopo mezza legislatura, divieto delle doppie professioni (e doppi incarichi nei cda delle aziende). Sul conflitto d'interessi c'è pronta una bella legge all'americana. Il Pd gli presenti questo, e vedrà che lo votano.

Berlusconi vota

Le riforme non sono una parola vuota, al limite sono schematiche, ma questo è: questa comunità vuole abolire le province (secondo Grillo si risparmiano undici miliardi, quattro possono essere usati per ricollocare il personale, ne resterebbero sette), accorpare i Comuni sotto i cinquemila abitanti, intervenire sui 98 miliardi di evasione delle slot machine in concessione dello Stato. Intervenire «drasticamente» - non è vero che Grillo non l'abbia menzionata - sull'evasione fiscale (qui è sempre difficile calcolare, ma un po' di soldi sono recuperabili, no?).

BERSANI, GRILLO, BERLU

Il finanziamento pubblico ai partiti va abolito, solo che Grillo sa che i partiti non lo faranno mai, allora ha già annunciato che il Movimento comincerà da solo, usando i cento milioni di rimborsi elettorali per fare microcredito a piccole e piccolissime imprese. E' questo il senso del riferimento di ieri al «quanto è bello il modello siciliano»: non l'inciucio col Pd, semmai il fatto che in Sicilia Cancelleri e gli altri si sono già ridotti del 70 per cento lo stipendio senza aspettare una legge (che gli altri si guardano bene dal votare). Quei soldi -124 mila euro - sono già stati girati a pescatori, artigiani, piccoli imprenditori.

GIORGIO NAPOLITANO

In ogni tappa del viaggio in Italia Grillo si trovava dinanzi anche persone disperate, davvero. Cruciale è la promessa del reddito di cittadinanza: mille euro a chi resta senza lavoro, ma solo per due anni, nei quali, dopo aver rifiutato due offerte di lavoro, si resterà senza. Costa molto, però. E ci saranno soldi per realizzare l'abolizione dell'Imu, sia pure a discrezione dei sindaci? Che Equitalia vada abolita, beh, ogni volta che lo diceva negli show venivano giù le piazze. Grillo vorrebbe anche la non pignorabilità della prima casa: ma questo complicherebbe assai l'erogazione dei mutui. Si sta riflettendo.

Ambiente, energie rinnovabili, trasporti alternativi, la decrescita di Latouche, il wi-fi libero e soldi per la banda larga (legge Pisanu subito cassata) sono cose molto associate a Obama, che infatti viene citato assai, anche se poi non è che sia stato così effettuale. Ovviamente la Tav verrebbe ridiscussa. La Francia parzialmente l'ha fatto; Hollande viene anche citato sempre a proposito delle banche in crisi, che vanno nazionalizzate.

Il movimento vorrebbe introdurre i referendum propositivi senza quorum: occorre cambiare la Costituzione. Ma c'è un punto che atterrisce tutti, soprattutto chi poco sa. Grillo ci vuole fuori dall'euro? Lo disse una volta, in seguito ha molto precisato. Vorrebbe un referendum consultivo in cui a decidere fossero gli italiani. «Ma so benissimo che serve un cambiamento della Costituzione»: come dire, gli avversari lo agitino pure come spauracchio, ma è una cosa che di fatto è mooolto ipotetica.

 

INSABBIARE UN PROBLEMA - LA CINA VUOLE NASCONDERE I RISULTATI DI UNO STUDIO SULL’INQUINAMENTO DEL SOTTOSUOLO

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Giampaolo Visetti per "la Repubblica"

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In Cina anche l'inquinamento del sottosuolo diventa «segreto di Stato». Che la terra e le falde siano avvelenate da decenni di sfruttamento industriale è fuori discussione. Fino a che punto però per il governo deve restare un mistero. Il ministero dell'Ambiente si è rifiutato così di rendere pubblici i risultati di uno studio quinquennale che ha testato 200mila campioni di terreno, di acque sotterranee e di prodotti agricoli, fornendo milioni di dati sullo stato drammatico in cui versa l'ambiente nella seconda economia del mondo. Il segreto, secondo Pechino, è «necessario a causa della sensibilità politica della ricerca».

INQUINAMENTO IN CINA

Avvocati, ecologisti e scienziati denunciano invece «l'alto rischio dell'atteggiamento delle autorità», che accusano di aver tradito le promesse perché la situazione «è ben peggiore di quella ipotizzata». «La decisione - ha detto l'avvocato Dong Zhengwei - pone a rischio la salute di milioni di persone».

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I veleni che in Cina impregnano intere regioni non sono visibili dagli abitanti. Accade così che i contadini coltivino campagne tossiche, che acque avvelenate vengano usate per l'irrigazione, o considerate potabili. «Nascondere la mappa delle aree a rischio - ha detto il direttore dell'Istituto per gli affari ambientali - espone la gente a conseguenze
tragiche, come il boom delle patologie cancerogene».

Gli «interessi collettivi» sarebbero dunque prevalenti sul «segreto di Stato» e a far aumentare l'allarme è il diverso atteggiamento del governo in occasione dei picchi di smog registrati nella capitale e nelle maggiori metropoli del Paese. Dopo anni di censura, la nuova leadership ha consentito anche ai media di Stato di denunciare come traffico, riscaldamenti a carbone ed emissioni industriali abbiamo fatto schizzare le polveri sottili a livelli «inadatti alla vita umana».

INQUINAMENTO IN CINA jpegINQUINAMENTO IN CINA jpeg

Una scelta in realtà obbligata, considerato che i rilevatori dell'ambasciata Usa e gli apparecchi di organizzazioni indipendenti certificavano da tempo come in Cina la qualità dell'aria abbia superato la soglia della respirabilità.
Il dubbio che opprime ora i cinesi è che il segreto sia calato sull'inquinamento del suolo perché il suo livello è ancora peggiore di quello dell'aria.

Le ultime ricerche disponibili, del 2006, dimostrano che oltre il 10% dei terreni cinesi erano inquinati e che 12 milioni di tonnellate di cereali erano state contaminate da sostanze tossiche. Gli scienziati calcolano che nel frattempo i numeri siano quintuplicati e pongano la Cina al vertice delle potenze economiche più inquinate. La sostenibilità della crescita diventa così uno dei problemi cruciali per la nuova leadership.

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L'arricchita popolazione urbanizzata non accetta più di morire avvelenata per alimentare la crescita di export e Pil. Sul fronte della corruzione, altra piaga del partito, il prossimo presidente Xi Jinping ha promesso il pugno di ferro. La lotta contro l'inquinamento si rivela più difficile e costosa, ma trasformare i veleni in un segreto si profila come una soluzione destinata al fallimento. Nascondere la verità non pulisce la terra e tantomeno rende i cinesi più tranquilli.

 

BARICCO ROTTAMA CULATELLO: “FACCE E IDEE VECCHIE, È LA FINE DI UN’EPOCA: QUESTO PD FINISCE QUI”…

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Sebastiano Messina per "la Repubblica"

"Lunedì sera guardavo i risultati in tv - racconta Alessandro Baricco - e pensavo: basta, il Pd è finito. Non come partito, intendiamoci, ma quel Pd lì finisce qua. Nella testa e nel cuore di moltissimi elettori di sinistra, lunedì è morta una stagione politica. E nessuno di loro sarebbe disposto a vedere spuntare fuori ancora le stesse facce, le loro idee e i loro principi. Piuttosto vanno tutti a votare Grillo".

Alessandro Baricco

Baricco, ma che Italia è quella che viene fuori da questo voto a sorpresa?
«È un'Italia in cui la maggioranza dei cittadini vuole cambiare. Vuole avere un Paese diverso. E soprattutto vuole avere una classe politica diversa. Poi c'è una sacca, quella berlusconiana, sempre immobile, che per me è inspiegabile: ma questo è un limite mio. E bisogna dire che ancora una volta Berlusconi ha usato la televisione fino in fondo, e meglio di tutti. Io ho cominciato a pensare che qualcosa sarebbe successo quando l'ho visto da Santoro. Chissà quanti voti gli ha portato quella trasmissione».

ALESSANDRO BARICCO

La vera sorpresa è stata comunque l'affermazione di Grillo, al di là di ogni previsione. C'è la voglia di novità, il desiderio di dare una sberla alla classe politica, la protesta contro i privilegi della casta. Cos'altro c'è, dietro questo voto?
«Io ne conosco molte, di persone che hanno votato Grillo. Beh, sono persone che hanno registrato il fatto che stavamo ancora lì con D'Alema, Casini, Bindi... Hanno capito che da nessuna parte c'era una reale volontà della classe politica di lasciare spazio al nuovo, o comunque al differente, e di capire che questo Paese non ne poteva più. Molti di questi elettori sono persone a cui piacerebbe cambiare l'Italia nell'assoluta fedeltà a ideali di giustizia sociale, di difesa dei deboli, di equilibrio nella distribuzione del denaro e dei privilegi, insomma ai principi della sinistra».

PIERLUIGI BERSANI CON LA BANDIERA DEL PD

Eppure ha votato Grillo e non il Pd. Perché?
«Perché in questo momento quel partito non incarna la voglia di cambiare. E quindi giustamente questa gente non lo vota. Mi pare abbastanza normale».

Dove ha sbagliato Bersani, secondo lei? Cosa avrebbe potuto fare di diverso, rispetto a quello che ha fatto in questa campagna elettorale?
«Bersani aveva un'occasione storica. Poteva essere la fine del berlusconismo, era il momento giusto per inventarsi la sinistra moderna. Più giovane, con meno tabù, con delle soluzioni vere ai problemi della gente. Era un momento splendido per farlo».

MATTEO RENZI SORRIDE IN SALA DURANTE IL COMIZIO DI BERSANI

Lui le risponderebbe: abbiamo fatto le primarie.
«Eh, le primarie hanno registrato la grande abilità tecnica di un partito che è ancora molto compatto e molto unito. Sono state la prova di forza di un partito. La verità è che il Pd è un partito sordo».

MATTEO RENZI CON LA MANO NELL'OCCHIO

Sordo?
«Sì, sordo alla rabbia che c'è anche nella sua gente, e al senso di sfinimento per un certo modo di far politica. E questo messaggio proprio non l'hanno voluto sentire, anche se è molto evidente: l'hanno domato con la disciplina di partito. Ma se poi bisogna convincere il Paese, eh quella è un'altra faccenda. Il fatto di non avere in nessun modo dato dimora a quelli che veramente hanno la rabbia, la voglia e la volontà di cambiare questo Paese nel profondo, cominciando dalla classe politica, è imperdonabile. Poi, tecnicamente quello che dovesse fare Bersani non lo so. Non me ne intendo. Ma il fatto di essersi permesso il lusso e anche l'arroganza di non stare ad ascoltare suonava già molto strano e molto brutto prima. Oggi, dopo queste elezioni, risulta davvero imperdonabile».

MATTEO RENZI VOTA ALLE PRIMARIE

Avrebbe dovuto dare più spazio a Renzi e a quel 40 per cento di elettori che si erano riconosciuti nel sindaco di Firenze?
«Se questo vuol dire seggi in Parlamento o ministeri nel governo, allora no. Credo che lui fondamentalmente avrebbe dovuto fare una cosa che non poteva fare: aprire un dibattito nel partito sulle idee di Renzi, non sul personaggio Renzi. Però avrebbe dovuto farlo prima, molto prima. Il Pd è un partito che ha perso un sacco di tempo per strada. Procede lentissimamente, mentre il mondo è molto più veloce. Qui oggi sta saltando il coperchio, ed è un gran peccato che non sia la sinistra a farlo saltare».

MATTEO RENZI IN BICI

E a Renzi non ha nulla da rimproverare, lei che è stato uno dei suoi più importanti sostenitori?
«Potevamo tutti commettere meno errori. In quelle primarie siamo stati bravi ma non bravissimi. Si poteva essere più convincenti. Ma il tempo era poco, è stato fatto tutto molto di corsa».

Come sarebbero andate le cose, secondo lei, se al posto di Bersani ci fosse stato Renzi alla guida del centrosinistra?
«Guardi, di strategia politica io ne capisco veramente poco. Ma se il Pd avesse scelto Renzi, qualcosa sarebbe andata diversamente. Probabilmente Berlusconi non sarebbe tornato in campo, sarebbe stato ridicolo vedere un trentasettenne contro suo nonno. Probabilmente lo stesso Monti avrebbe avuto più cautele.

E poi la figura di Renzi e le sue idee erano in grado di attrarre nella sfera dei principi della sinistra anche persone che a livello di ideali non li condividono pienamente ma che sulle soluzioni tecniche trovavano in lui un punto di riferimento giusto, equilibrato. E quindi sì, sarebbe stato tutto molto più semplice e sarebbe stata anche la grande occasione per la sinistra di governare con i numeri sufficienti e con l'energia di una classe politica nuova. Poi si poteva anche sbagliare, per carità. Ma se uno immagina questo orizzonte e poi vede quello che abbiamo davanti oggi, la distanza è grande».

P F CASINI CON MASSIMO D ALEMA FOTO ANDREA ARRIGA

Magari tanta gente invece di votare Grillo avrebbe scelto Renzi...
«Questo è sicuro. Le prime tre riforme che Grillo vorrebbe fare per rinnovare la politica sono più o meno le stesse che proponeva Renzi».

E che Bersani non ha mai fatto proprie.
«Già. Perché pensava, lui come gli altri che gli stanno intorno, che questo Paese avrebbe sopportato ancora. Non hanno proprio idea di quanto gli italiani siano esasperati. Non so dove fanno i comizi, chi vedono, con chi vanno a cena. Boh. Renzi l'aveva capito, che non si poteva continuare così neanche per altri due mesi.

silvio berlusconi spara

Uno come Bersani invece si può tenere la Bindi magari presidente della Camera, o mandare ancora la Finocchiaro in televisione a dire frasi che anche nella loro struttura sintattica non esistono più. La gente non parla più così, e loro non se ne sono accorti. Hanno pensato che potevano resistere ancora un giro. Umanamente è molto comprensibile, perché nessuno molla mai niente. Ma la politica è un'altra faccenda».

Da questo voto, Bersani esce dunque sconfitto?
«Secondo me, sì, Bersani è tra gli sconfitti. Naturalmente penso che si prenderà la responsabilità del governo, perché è un galantuomo ed è quello che impongono le istituzioni».

E adesso lei cosa si aspetta che faccia, concretamente, Matteo Renzi?
«Mah, volevo telefonargli per chiederglielo. La politica richiede un talento particolare, che io non ho e lui sì. Perciò sono curioso di vedere cosa fa. Le persone di talento imparano dalle sconfitte. Dopodiché, lui è finito nella tempesta perfetta e navigare ora non sarà semplice. Lui ha scelto la strada della lealtà, e oggi la lealtà impone di dire che ci vogliono facce nuove. Ieri è finita un'epoca, oggi è il primo giorno di una nuova sinistra italiana».

 

IL MOLLE AGIATO SPINGE GRILLO TRA LE BRACCIA DEL PD - “NON È UN IRRESPONSABILE, APPOGGERÀ IL GOVERNO…”

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Dario Cresto-Dina per "la Repubblica"

adriano celentano e beppe grillo

Adriano Celentano, come si sta nei panni del vincitore? Dico così perché il suo sostegno a Beppe Grillo è stato totale e manifestato pubblicamente. Credo sia la sua prima vera vittoria politica.

O sbaglio?
«Non credo di aver vinto qualcosa, se non il grande regalo che Grillo ha fatto a tutti gli italiani, compreso me».

Si attendeva che potesse ottenere un risultato così sorprendente nei numeri, tanto da risultare alla fine il primo partito alla Camera?
«Fin dai suoi primi interventi, e parlo di qualche anno fa, ho subito visto in lui il SEME del cambiamento. Quel seme che, sotto le fronde della sua innata comicità, si nascondeva, forse volutamente, ai tanti FARISEI concentrati solo a deriderlo. Lui ha incarnato la rabbia degli italiani, stanchi di essere spudoratamente MANIPOLATI per i loro sporchi interessi e giochi di potere in tutti i settori ».

grillo-celentano

Sia sincero, il programma di Grillo, che ho letto, appare a tratti confuso e farraginoso. A tratti anche banale. Lei lo ha letto? Come lo giudica?
«Si, l'ho letto. Non ho trovato niente di banale. Può darsi che manchi qualche voce per essere perfetto, ma gran parte dei suoi punti sono condivisibili: L'ABOLIZIONE DEL FINANZIAMENTO ai PARTITI, l'ABOLIZIONE delle PROVINCE che nessuno ha voluto fare, l'ABOLIZIONE della DEVOLUTION fatta dalla Lega che, affidando il finanziamento alle regioni non fa altro che accentuare le differenze fra i territori dove, anche non volendo, è facile cadere in comportamenti razzisti, in cui più che altro prevalgono gli obiettivi economici rispetto alla SALUTE. E ancora, la battaglia agli inceneritori che uccidono (vedi l'Ilva di Taranto), il dimezzamento dei parlamentari e altri e, senza snocciolare tutto il programma, già questi darebbero al Paese segni di vero cambiamento».

ADRIANO CELENTANO IN ROCK ECONOMY jpeg

Ma per governare un grande paese non basta scagliarsi contro il cemento e puntare a energie alternative.
«Il fatto è che, persino in nome delle energie alternative, si è trovato il modo di fregare la gente, Ha visto il Molise? E' letteralmente bombardato dalle pale eoliche. Anche quello è un modo per distruggere la terra».

Lei crede davvero che Grillo e i suoi ragazzi siano in grado di occuparsi di occupazione, di pensioni, di sanità, di temi europei, degli impegni internazionali assunti dal governo Monti, impegni che siamo chiamati a onorare?
«Lei forse non ci crederà ma se guarda più attentamente le facce di quei ragazzi così pieni di entusiasmo si accorgerà che anche il suo respiro sarà meno affannoso. 'Occuparsi di occupazione', pensioni e sanità non è difficile quando si è onesti. E per non sbagliare basta essere TRASPARENTI prima di tutto con se stessi. È questo che ci sta dicendo Grillo».

ADRIANO CELENTANO IN ROCK ECONOMY jpeg

Lei mi sta dicendo che il Movimento 5 stelle sarebbe in grado di occupare sin da subito posti di responsabilità istituzionale?
«Si. Le sto dicendo questo».

Si rende conto che, visti i risultati del voto, siamo in una situazione di quasi assoluta ingovernabilità?
«Io toglierei il quasi».

E allora? Come si gestisce questo nostro povero paese?
«Bersani, che ha vinto le elezioni ma non abbastanza, dovrà sedersi al tavolo con Grillo e vedere quali sono i possibili punti di incontro. Qualcuno, per esempio, dovrà rinunciare alla
Tav. E per Grillo non credo che questo sia un problema. Poi ci sono le grandi opere, gli F35, lo smaltimento dei rifiuti e tante altre cose che, purtroppo, li accomunano appassionatamente in un profondo disaccordo».

Lei sta dimenticando il ruolo del Cavaliere, una sorta di araba fenice della politica italiana. Pensi che sia finito e lui risorge, un altro uomo di spettacolo.
«Eccolo. A questo punto entra in campo il secondo vincitore: Berlusconi. Con una 'vittoria' diversa da quelle a cui era abituato. Questa si può dire che è una vittoria LAMPO. Una vittoria che se non stai attento si può perdere anche il giorno dopo, se non addirittura mentre ti consegnano il 'premio di maggioranza'. Qualche punto di incontro fra lui e Bersani c'è.

renzi e bersani

Tutti e due parlano di edilizia, non importa quale ma bisogna riaprire i cantieri e costruire. Anche cose che non hanno senso, ma costruire. Pare che l'edilizia sia l'ultimo baluardo contro la crisi. Senza contare che è proprio nell'edilizia l'origine del fallimento della politica. Ma basterà questo per metterli d'accordo? E quantunque lo fossero, poi dovranno sempre fare i conti con Grillo».

ADRIANO CELENTANO IN ROCK ECONOMY jpeg

Ha parlato di programma quasi perfetto. C'è un tema difeso dal comico genovese sul quale non è d'accordo?
«Si. Il referendum sull'euro. Penso che uscire dall'euro sarebbe un cataclisma. Nel giro di una settimana l'Italia si troverebbe in ginocchio. Gli investitori e i grandi finanzieri si spaventerebbero, con una inevitabile fuga di capitali all'estero e con un aumento dell'inflazione dovuto a un'impennata dei prezzi sui consumi di prima necessità.

Un brusco innalzamento dei costi soprattutto per quanto riguarda le fonti energetiche da cui noi siamo fortemente dipendenti. Senza contare l'effetto panico, come ad esempio la richiesta di ritirare i propri risparmi da parte dei risparmiatori. Con uno spread al massimo, il quale indurrebbe lo Stato a pagare più alti tassi di interesse ai creditori. E poi, mi domando, che importanza avrebbe questo referendum se poi risultasse vincente l'idea di non uscire dall'euro?».

Quali sono stati gli errori compiuti da Bersani e dal Pd in campagna elettorale?
«Non ho visto errori da parte di Bersani, se non quello di non aver calcolato che il tempo è cambiato. E quindi non aver capito che il tempo era Grillo».

3 celentano rockpolitick03 corsera

Il voto sarebbe andato diversamente con Matteo Renzi candidato premier della coalizione di centrosinistra?
«Per certi aspetti sì. Con Renzi il Pd sarebbe stato all'altezza dei tempi, ma non so fino a che punto. Berlusconi forse non si sarebbe rituffato. Tuttavia il Pd, anche con Renzi, non avrebbe minimamente intaccato l'ascesa di Grillo. Queste elezioni erano un uragano annunciato dal quale non si poteva sfuggire».

Adriano, quale scenario politico si prefigura adesso nella sua testa di artista-politico?
«Grillo non è un irresponsabile, appoggerà il governo qualunque forma abbia. Ma non potrà assolutamente retrocedere dai punti che riguardano il suo programma: proprio in virtù di quei PUNTI lui è esploso in quel CAMBIAMENTO che gli italiani si aspettavano».

RENZI E BERSANI

Quindi il messaggio è?
«O i partiti faranno quello che dice lui o, altrimenti, come egli stesso prevede, si ritornerà alle urne».

(Prima di mandare le risposte Adriano Celentano fa una telefonata di conferma. Dice: «Sto scrivendo, ma non riuscirò a rispondere a tutte le domande, ci impiegherei due giorni». Chiede di lasciare in maiuscolo le parole che, come sua abitudine, vuole rafforzare).

 

MADONNA CHE FOTO! – ALCUNI SCATTI FOTOGRAFICI CONSIDERATI TROPPO OSÉ DA PARTE DI INSTAGRAM

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La Stampa.it

Non è passato neanche un mese e già le tirano le orecchie. Madonna ha ricevuto una lettera di rimprovero da parte dello staff di Instagram per il modo con cui la cantante sta utilizzando il social network fotografico.

madonna

In particolare ad attirare l'attenzione dei gestori del sito sarebbero stati alcuni scatti fotografici considerati troppo osé.
Come era facilmente immaginabile Madonna non l'ha presa bene e ha condiviso sullo stesso profilo la foto del messaggio scatenando le reazioni dei suoi fan che si sono schierati a sua difesa.

INSTAGRAM

Difficile immaginare che i gestori di Instagram possano realmente decidere di censurare e chiudere il profilo della cantante italo-americana sia per la mole di utenti che porta con sé sia anche per le foto che ha attualmente pubblicato: se l'immagine che la vede bere un aperitivo in reggiseno di pizzo o quella un po' sudata dopo una seduta in palestra sono da considerarsi troppo osé, allora il profilo di Rihanna dovrebbe essere già chiuso da tempo viste le immagini che immortalano un abbondante lato b con tanto di tatuaggio su una natica di una foglia di marijuana o quelle che la vedono più spesso nuda che vestita.

 

LA “SCELTA CINICA” DI PASSARE DAL BANANA A MONTI NON PORTA BENE A MARIO SECHI E ALLA CARLUCCI

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Tommaso Ciriaco per "la Repubblica"

Fini e Bocchino davanti ai fotografi ITALO BOCCHINO GIANFRANCO FINI

Uno di quelli che l'ha presa peggio è stato Mario Sechi, escluso dal Senato per il misero 6% raccolto dai montiani in Sardegna. Arrivato ieri mattina nel quartier generale di Scelta civica, ha raccolto mestamente le sue cose, promettendo di tornare al giornalismo. Forse solo uno sfogo a caldo, come quello dei tanti rimasti scottati dall'esclusione.

ITALO BOCCHINO GIANFRANCO FINI

L'Udc, ad esempio, prova a metabolizzare la sconfitta. Lorenzo Cesa, forse perché eletto, al telefono con Andrea Riccardi non perde il sorriso: «Pronto, qui è l'Avis...». Ridono meno i tre quarantenni centristi rimasti fuori: Roberto Rao, Gianluca Galletti e Mauro Libé. Resta senza scranno anche Gabriella Carlucci, decisiva per far cadere Berlusconi, e il calabrese Michele Trematerra. Appeso invece al rebus delle opzioni Ferdinando Adornato. Sui finiani è come se fosse passato un uragano. A casa Gianfranco Fini, Italo Bocchino, Carmelo Briguglio e Fabio Granata. Senza seggio Flavia Perina, Mario Baldassarri e Giulia Bongiorno.

MARIO SECHI

Anche i montiani pagano un prezzo alto a una performance sottotono. Non entra a Montecitorio l'olimpionica e cantante Annalisa Minetti. Fuori anche il portavoce di Scelta civica Lelio Alfonso e il ministro delle Politiche Ue Enzo Moavero. Esclusi due ex berlusconiani come Fabio Gava e Giuliano Cazzola.

Evitato il crollo elettorale, il Pdl riesce a traghettare alle Camera tutti i big uscenti. Resta invece a casa la campionessa olimpica Manuela Di Centa, un berlusconiano di lungo corso come Osvaldo Napoli, l'ex attrice Fiorella Ceccacci, l'ultra democristiano Mario Baccini.

gabriella carlucci foto mezzelani gmt

Senza seggi anche Amedeo Laboccetta, Mario Pepe, Melania Rizzoli, Peppino Calderisi e l'avvocato Maurizio Paniz, che in Aula sostenne la parentela tra Ruby e Mubarak. Il destino di Bruno Archi ed Eugenia Roccella, primi dei non eletti, dipenderà dall'opzione di Alfano. E lo stesso filo lega il Cavaliere a Domenico Scilipoti. Tra i leghisti non passano l'esame del voto Andrea Gibelli e Maurizio Fugatti. Zero eletti tra i "bossiani", esclusi direttamente dalle liste.

MAURIZIO PANIZ

Nel Pd clamorosa sconfitta per Franco Marini. Niente seggio anche per Anna Paola Concia, Luciana Pedoto, Paolo Fadda, Anna Maria Carloni (moglie di Bassolino) e per la vicepresidente della Regione Puglia Loredana Capone. Sconfitto anche il renziano Giorgio Gori. Sinistra e libertà non riesce a far eleggere l'allenatore Renzo Ulivieri e Roberto Natale, ex presidente della Fnsi. E niente scranno per il presidente emerito della Consulta Giovanni Maria Flick, candidato con Tabacci.

PARALIMPIADI 2012 - ANNALISA MINETTI CON LA MEDAGLIA DI BRONZO

Rivoluzione civile non permette ad Antonio Ingroia di diventare parlamentare. Con lui, fuori anche Antonio Di Pietro, Angelo Bonelli, Paolo Ferrero, Oliviero Diliberto, Ilaria Cucchi, Maurizio Zipponi e Sandro Ruotolo. Non diventa deputato neanche l'ex grillino Giovanni Favia. Tra i partiti sotto l'uno per cento non conquistano il seggio lo storico leader Radicale Marco Pannella, Oscar Giannino, il leader della Destra Francesco Storace insieme a Teodoro Buontempo, l'ex governatore Raffaele Lombardo. Fuori a sorpresa anche l'ex potentissimo ras siciliano Gianfranco Micciché.

 


MONTI CHI? - UN FLOP SENZA PRECEDENTI PER IL SUPPONENTE PREMIER VOLTAGABBANA

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DAGOREPORT
Neppure il grido di Beppe Grillo: "arrendetevi!" e i sondaggi sparagnini riguardo al risultato prossimo della sua lista civica avevano smontato l'orgoglio smisurato del professor Mario Monti alla vigilia del voto.

MARIO MONTI CON IL CANE ALLE INVASIONI BARBARICHE GRILLO BEPPE

Dopo aver annunciato, settembre 2012, che mai avrebbe corso per le prossime elezioni avendo ricevuto l'investitura di senatore a vita da Re Napolitano, il Grande Perdente (radicale e di successo) in gennaio si promuoveva spavaldo tra le rovine del Paese - bombardato dall'Imu e costretto a fare i conti (tirare la cinghia) con un anno di governo fallimentare -, "con la sicurezza di un sonnambulo". Una frase attribuita da alcuni addirittura a Hitler.

Già, l'alterigia del Pavone bocconiano messo a coltura nella serra dei Poteri marci - e adulato fino alla nausea dai suoi giornaloni dal fiato corto (di copie) -, non mostrava davvero segni di cedimenti di fronte alla Caporetto che lo attendeva dentro le urne.

Nelle sue apparizioni televisive l'anziano professore, oltre ad annoiare l'uditore con le sue litanie dottorali puntate contro i partititi che l'aveva tenuto in piedi in Parlamento (Ds,Pdl e UdC), cullava la sua testa imbiancata da cui si poteva percepire il rumore di un salvadanaio vuoto (d'idee).

giorgio napolitano

Il Grande Perdente, il "tecnico" che poterà al suicidio (politico) Pierfurby Casini e all'esilio (parlamentare) Gianfranco Fini, all'improvviso era diventato la metafora del "manico di scopa" brillantemente elaborata da Jonathan Swift nel Settecento. Un ramo secco sfrondato dalle sue foglie di boria e privo di linfa vitale.

beppe grillo porte

"Quell'umile bastone, che giace inglorioso e negletto in un canto (...) è oggi il rovescio di ciò che fu un tempo: un albero capovolto, i rami per terra, le radici per l'aria", annotava arguto lo scrittore e politico irlandese. Ecco restituirci a distanza di secoli, la migliore allegoria di un Rigor Mortis "ridotto a un mozzicone di legno" (da bruciare) una volta finito nelle mani degli elettori.

L'emblema di una creatura (politica) "alla rovescia", convinta alla pari dello scaltro disertore Luca Montezemolo e delle sue Dame del Fai (da te) col doppio cognome, che spettasse all'Italia futura un ruolo di ramazza per ripulire i polverosi angolini di casa in cui si nascondevano pure la corruzione. Ma quest'opera di finto lindore, per dirla ancora con le parole di Swift, ha "sollevato nubi di polvere anche là dove l'aria era tersa". O tale si annunciava all'orizzonte.

Gianfranco Fini

Tant'è che le nuvole dell'ingovernabilità si allungano minacciose sul Paese proprio in nome della presunta stabilità pro Monti propugnata dal "Corriere della Sera" di Flebuccio de Bortoli, dalla "Stampa" di Mariopio Calabresi e dal "Sole24Ore" di Robusto Napolitano.
Il polverone provocato dalla scesa in campo del premier (dimissionario) con una propria lista dopo aver promesso il contrario, ha proiettato un'ombra grigia sull'operato dello stesso Capo dello Stato, che non davvero può chiudere in bellezza il suo settennato.
Rigor Mortis doveva essere l'arbitro imparziale delle elezioni e non un suo protagonista, seppure nel ruolo del Grande Perdente di successo.

PIERFURBY CASINI

Anche se, per la prima volta, non c'è stato alcun "effetto Palazzo Chigi" di traino sul risultato a "una cifra" (8,3% alla Camera e 9,13% al Senato) racimolato dalla Lista del Superbone-tecnico. E senza l'ultima goccia di sangue versata nelle urne dall'UdC di Pierfurby Casini (608.199 voti pari all'1,78%) mai Mr. Imu e Don Riccardi avrebbero superato la fatidica quota di sbarramento del 10 per cento.

Il che conferma anche quanto aveva osservato Dagospia sul presunto (scarso) potenziale del voto cattolico. Cioè è andata come avevamo previsto: l'incenso nell'urna profuma meno del 2%. E il tutto si è consumato dopo aver brigato con la Curia vaticana e messo a repentaglio la stessa neutralità della Comunità di Sant'Egidio, guidata dal monticiano di risulta, Andrea Riccardi.

Luca Cordero di Montezemolo

La nuova aggregazione di centro (Monti-Casini-Fini) alla Camera si è fermata sotto i due milioni di consensi (10,54%). Di cui, quasi la metà, sono stati raccolti nel Nord-Ovest. E soprattutto nelle sue grandi città (Milano-Torino). A svenarsi per il Candidato-Perdente sono stati pure gli ex simpatizzanti della Margherita nel Trentino-Alto Adige (Lorenzo Dellai). Le altre vittime illustri dell'illusionismo mediatico che ha accompagnato l'azione dello Scilipoti dell'Italia futura verso una sconfitta annunciata.

Ferruccio De Bortoli

E con quanta superbia e spavalderia il Manico di Scopa della Bocconi, ha preso per il bavero del pigiama oltre a Bella Napoli pure il fondatore di "Repubblica", Eugenio Scalfari.
Il voto dell'altro giorno l'ha ridotto, però, a un tizzone inutilizzabile. E la sua agenda, avuta in dono dal fido giuslavorista à la carte, Pietro Ichino, è buona soltanto per accendere altri fuochi (fatui) per i Poteri marci.

MARIO CALABRESI E GIORGIO NAPOLITANO PRIMA PAGINA CELEBRAZIONI 150 ITALIA

Sempre gli stessi Lor Signori (dei debiti) che negli ultimi vent'anni hanno scommesso (perdendo sempre) sul partito dell'antipolitica.
Già. Il dio Saturno che divora i suoi figli nella speranza che essi possano soppiantarli. E intanto i Grilli cantano sono le finestre del Palazzo (assediato) e i Gabibbo alle vongole friggono di rabbia nelle loro padelle (bucate) di via Solferino.

 

 

 

 

CON LA VITTORIA DI MARONI IN LOMBARDIA SI REALIZZA IL MITO DEL “GRANDE NORD”…

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Ilvo Diamanti per "la Repubblica"

Roberto Maroni

Le elezioni appena svolte hanno cambiato l'Italia. O meglio: hanno fatto emergere - esplodere - cambiamenti latenti e profondi, ma ancora inespressi e invisibili.
In particolare, sembrano essersi consumate - fino a spezzarsi - le fedeltà politiche territoriali.

Tutti i principali partiti della Seconda repubblica hanno, infatti, perduto consensi in alcune fra le aree dove erano più forti e radicati. Il Pd, come mostra la mappa delle variazioni di voto rispetto alle elezioni del 2008, ha subito un'erosione sensibile in tutta la "zona rossa". In misura particolare nelle province adriatiche (le Marche).

Ma anche in Basilicata, in Sardegna, in Puglia: dove si era consolidato negli ultimi dieci anni. In aree particolarmente colpite dalla crisi economica e dalla disoccupazione. Lo stesso centrodestra ha visto calare più che altrove la propria base elettorale nel Nord e in Sicilia. Cioè: dove è sorta e si è sviluppata l'avventura politica di Silvio Berlusconi, fin dal 1994.

ROBERTO MARONI

Ma il caso esemplare, maggiormente indicativo dello "sradicamento" avvenuto in queste elezioni è certamente offerto dalla Lega Nord. Cresciuta nella "zona bianca" del Nord-Est e della Pedemontana lombarda, dove aveva incalzato e "sostituito" la Democrazia cristiana,
negli anni Novanta. La Lega: ha fondato la sua identità e la sua proposta politica proprio sul rapporto con il territorio. Ne ha fatto un marchio, una bandiera, ma anche un modello organizzativo. La Lega: ha inventato la Padania. La patria del Nord produttivo opposto allo Stato centralista dei partiti e dei poteri "romani".

ROBERTO COTA

Ha lanciato il progetto federalista, alternato, a seconda delle stagioni, alle iniziative separatiste, variamente denominate: fra secessione e devoluzione. La Lega: come i tradizionali partiti di massa, ha una struttura di sezioni e di volontari diffusa sul territorio. La Lega: in queste elezioni ha subito un profondo arretramento. In misura forse superiore a ogni altro partito. Sul proprio stesso terreno.

Rispetto al 2008, infatti, ha più che dimezzato la sua base elettorale: dall'8,3 per cento è scesa al 4,1. In particolare, in Lombardia si è ridotta quasi a metà: dal 21,6 per cento al 12,9. In Veneto dal 27,1 al 10,5. In Piemonte dal 12,6 al 4,8. Insomma: si è ristretta a quasi un terzo in cinque anni. Ma il calo appare ancor più forte se si considerano le Regionali del 2010, quando la Lega ha conquistato la presidenza del Veneto e del Piemonte.

Tra le cause dell'improvviso smottamento della base territoriale dei principali partiti della Seconda repubblica c'è, sicuramente, il successo del Movimento 5 Stelle. Tanto dirompente da aver catturato elettori da tutte le direzioni. Impossibile, altrimenti, conquistare il consenso di un quarto dei votanti, alla prima occasione.

Il M5S ha, comunque, modificato profondamente il retroterra "territoriale" del voto, nel
nostro Paese. Anzitutto perché ha un'organizzazione (e un'identità) meta- territoriale. Che si sviluppa attraverso la Rete. Poi, perché presenta una geografia elettorale indubbiamente "nazionale".

LUCA ZAIA SPEZZA IL PANE ROBERTO FORMIGONI

Più di ogni altro partito. Senza concentrazioni di voto né zone di debolezza. Se facciamo riferimento al voto per il Senato, il M5S ottiene un risultato compreso fra il 25 e il 30 per cento in dieci regioni su diciannove. In altre sette supera il 20 per cento. Infine, si attesta intorno al 15 per cento in Trentino e in Lombardia (17%). È, dunque, un partito "nazionale" che ha intercettato e canalizzato diverse domande, diverse esperienze, diversi sentimenti. Compresa una componente, molto ampia, di elettori critici contro i partiti e la classe politica. E insoddisfatti contro le politiche di rigore "imposte" dalla Ue.

Ha, cioè, "nazionalizzato" movimenti locali e risentimenti "nazionali" e (anti) europei.
Se osserviamo la mappa dei risultati ottenuti alla Camera su base provinciale, questo aspetto appare ancor più evidente. Il M5S, infatti, è il primo partito, per numero e percentuale di voti, in cinquanta province. Il Pd in quaranta. Il PdL in diciassette (quasi tutte nel Sud). La Lega in una sola: Sondrio. La forza elettorale del M5S si sviluppa un po' dovunque.

UMBERTO AMBROSOLI

Nelle Isole, nel Mezzogiorno, nel Centro e nel Nord. Tra l'altro, primeggia nelle province adriatiche fra la Romagna e le Marche (oltre all'Abruzzo e al Molise). Ma anche a Livorno. E nel Nordest. In altri termini: nelle province (un tempo) rosse e in quelle leghiste. Il M5S, dunque, ha "nazionalizzato" il comportamento elettorale non solo perché ha una geografia nazionale, ma anche perché ha eroso le basi dei partiti più definiti su basi territoriali. Il Pd, erede dei partiti di sinistra e, in particolare, del Pci. Ma soprattutto la Lega. Il Sindacato del Nord.

Gabriele Albertini

Tuttavia, i percorsi politici del nostro Paese non procedono mai in modo lineare. Così, proprio oggi, o meglio, ieri, Roberto Maroni, leader della Lega, è stato eletto governatore della Lombardia. Successore di Formigoni. Il che sottolinea un singolare e significativo paradosso. La Lega, infatti, oggi è al governo delle tre Regioni più importanti del Nord. Le più rilevanti in Italia, dal punto di vista delle attività produttive. Le più "europee", sul piano della proiezione economica. La Lega ha, dunque, realizzato la Padania. Senza i padani. Visto che gli elettori, nel frattempo, hanno "ridotto" la Lega a un partito "minore". Superato, nelle province padane, dal Pd e dal M5S. In un paio di casi dal PdL. Dovunque. Salvo che a Sondrio.

La Lega, in questo modo, rilancia l'asse del Nord, sul quale ha costruito la propria biografia politica e il proprio successo elettorale. Proprio mentre i partiti si stanno de-territorializzando. Incalzati da un nuovo soggetto - e fenomeno - politico, il M5S, "nazionale". Composito e plurale. Ma senza radici e senza identità locali che lo ancorino e lo specifichino. Uno strano paradosso che conferma la frattura prodotta da queste elezioni. Che hanno reso visibili cambiamenti profondi, in atto da tempo. Non ce n'eravamo accorti
prima. Ma siamo solo all'inizio.

 

LA MAZZATA ELETTORALE DILATA IL MALCONTENTO PD: I DIRIGENTI LAMENTANO DI ESSERE STATI EMARGINATI DA BERSANI

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Carlo Bertini per "la Stampa"

La prima scossa del terremoto, per ora ancora di bassa intensità, viene registrata solo dai sismografi del Pd, ma lascia il segno al punto da far dire sottovoce a qualcuno che «il partito non c'è più se la linea viene decisa in separata sede da una cerchia ristretta, se viene comunicata urbi et orbi alle cinque di sera e se gli organismi dirigenti vengono convocati solo dopo a cose fatte».

bersani

E sono in tanti a ritenere che questo modo di procedere in un momento così delicato e cruciale sia «quantomeno un po' bizzarro», nella definizione di Matteo Orfini, che pure del segretario non è certo uno strenuo oppositore, anzi. Tanto per dare un'idea, ieri mattina alle dieci Anna Finocchiaro si presenta a Largo del Nazareno, convinta di trovare qualcuno con cui parlare e trova la sede del Pd ancora deserta, il leader è chiuso altrove in riunioni riservate con «gli emiliani» e la capogruppo stizzita se ne va. Altri arrivano più tardi e non sanno che fare se non raccontare che ci sono dirigenti che fanno anticamera fuori la porta del segretario.

PIERLUIGI BERSANI

Che certo non deve essere dell'umore migliore se nella affollatissima conferenza stampa pomeridiana, alla domanda di un cronista che gli chiede se abbia pensato a dimettersi in queste ore, risponde con una frase sibillina: «Io non abbandono la nave, posso starci sopra da capitano o da mozzo, ma non la abbandono». E quando gli domandano se non ritenga che con Renzi la vittoria avrebbe potuto essere più netta, allarga le braccia: «Non so, certo può darsi tutto, ma con questi ragionamenti non vorrei oscurare un dato ben più profondo sui motivi di quanto è successo...»

Ecco, il clima è questo e il fatto è che la linea di un governo di minoranza con una sorta di appoggio esterno di Grillo, sponsorizzata da Bersani, non è la sola a tenere banco: c'è chi preferirebbe andare a votare subito senza prestare il fianco a inciuci di nessun tipo, contando sulla carta di una candidatura Renzi; chi ritiene debba essere cercata un'intesa anche col Pdl per un governissimo - e varie fonti identificano in D'Alema il principale sostenitore di questa tesi: che fa però diversi proseliti anche se considerata dagli uomini di Bersani «una linea di minoranza».

RENZI E BERSANI

E c'è perfino chi sponsorizza un governo affidato alla guida di un esponente di Grillo con l'astensione del Pd. Nella fattispecie si spinge a proporlo un fedelissimo di Franceschini come il toscano Antonello Giacomelli. Quindi non sorprende se la linea ufficiale lanciata dal segretario viene interpretata da molti maggiorenti come una sorta di «ponte» per poi arrivare ad un'intesa allargata anche al centrodestra, con una guida tecnica, che traghetti il paese alle urne dopo aver cambiato la legge elettorale e prese le misure necessarie a tenere a bada i mercati.

MASSIMO DALEMA DIRIGE LORCHESTRA ANNA FINOCCHIARO NON LASCOLTA

In questo clima di gran caos si consuma una giornata già densa di incognite sugli sbocchi futuri e col bicchiere colmo di veleni come nelle migliore tradizioni della sinistra. Nessuno nei conversari privati fa sconti sul fatto che il Pd abbia perso più di 3 milioni di voti rispetto al 2008 e nessuno si nasconde la sconfitta.

GIUSEPPE FIORONI

Quando alle otto di sera va in scena un megavertice con i big del partito, membri della segreteria e del coordinamento nazionale, tutti i segretari regionali, il leader per prima cosa sconfessa qualsiasi volontà di dar vita a un governissimo. «No, perché sappiamo qual è la nostra responsabilità, il che significa saper cogliere l'esigenza di cambiamento, maggiore anche di quella espressa in campagna elettorale. Noi ci rivolgeremo alle Camere. Tocca a noi tirar fuori il Paese dall'impasse».

BEPPE GRILLO VOTA

«Non possiamo diventare ora grillini inseguendoli sul loro terreno», obietta Fioroni. «Ma non possiamo neanche replicare lo schema del 2012, con Pd, Pdl e Monti che sostengono un governissimo», ribatte Orfini. E mentre nelle roccaforti rosse si riuniscono come da tradizione gli «esecutivi provinciali» per un'analisi del voto in cui i bersaniani sostengono la tesi che anche con Renzi sarebbe finita nello stesso modo, nel «caminetto dei big» a Roma Piero Fassino osserva che «serve una riflessione sulla forma tradizionale di partito che forse non funziona più: le primarie sono il massimo momento di vitalità...».

 

TROMBATA LA PATTUGLIA ‘FALCE & MARTELLO’ FERRERO-DILIBERTO - BYE BYE A MICCICHÉ E RAFFAELE LOMBARDO

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Emanuela Fontana per "il Giornale"

Granata e Bocchino

Il terremoto sconquassa il palazzo fin dal vertice. Gian¬franco Fini, il presidente, vola via, a casa. I visi più noti non si vedranno più tra le mura di Montecitorio se non come sem¬plici ospiti, vedi Antonio Di Pie¬tro , risucchiato da Antonio In¬groia nella sconfitta di Rivolu-zione civile e scomparso con tutta l'Italia dei valori, un parti¬to cancellato dalle urne del 24 febbraio.

Italo Bocchino

Nella voragine aperta da Beppe Grillo con il voto di queste ultime politiche cadono tanti parlamentari inamovibili della Camera e del Senato. Più che altro sono i Filistei, la trup¬pa al seguito di leader affonda¬ti, perché qualche Sansone so¬pravvive, come Mario Monti, che nonostante la scarsa presta¬zione del suo partito resta a Pa¬lazzo Madama come senatore a vita. Ma il mezzo flop di Scelta civica catapulta tra i desapareci¬dos molti centristi. Come Ro¬berto Rao , portavoce storico di Pier Ferdinando Casini. Il lea¬der dell'Udc è stato salvato sol¬tanto perché candidato in Sena¬to.

IL DISCORSO DI FRANCO MARINI

Non compare, invece, nelle liste degli eletti a palazzo Mada¬ma l'ex ministro della Giustizia
Giovanni Maria Flick , che si era candidato per il Centro de¬mocratico di Bruno Tabacci. Scompaiono tutti gli intrepidi futuristi che avevano seguito Fi¬ni nella pazza avventura di vol¬tare le spalle a Berlusconi. Con queste elezioni perdono il seg¬gio il fido Italo Bocchino, l'av¬vocatessa Giulia Buongiorno , Giuseppe Consolo, Chiara Mo¬roni ei pasdaran Fabio Grana¬ta e Carmelo Briguglio.

GIULIANO CAZZOLA

Fuori Flavia Perina , l'ex direttrice del Secolo d'Italia . Non ce la fa nemmeno Enzo Raisi , candida¬to a Bologna, dove Fli ha rag¬giunto un misero 0,2%. L'unico che si salva della frantumata pattuglia è Benedetto della Ve¬dova . Torneranno tutti alla lo¬ro vita gli uomini che pensava¬no di fare la rivoluzione contro l'allora leader del Pdl.

Ma anche il Pd, il partito arri¬vato primo senza vincere, scon¬ta il risultato sotto le aspettative in termini di uomini e donne persi sotto la ghigliottina di un voto sparpagliato. Non ce la fa Paola Concia , la deputata omo¬sessuale già salvata dallo sbar¬ramento delle primarie anche grazie a una petizione senza precedenti di colleghi e giorna¬listi. Perde in Abruzzo contro Antonio Razzi del Pdl. Dal¬l'Aquila arriva in Senato l'ex presidente della Provincia Ste¬fania Pezzopane.

Paolo Ferrero

Lascia per ora la politica Franco Marini , l'ex presidente del Senato,un al¬tro addio celebre. È escluso dal Parlamento Giorgio Gori , già uomo ombra di Matteo Renzi durante la campagna elettora¬le per le primarie del Pd.

Lascia l'attività politica un ex Pdl passato con il deludente Monti e candidato al Senato, Giuliano Cazzola , che tornerà a fare il professore. Ci sono poi gli esclusi due vol¬te, quei deputati che erano già scomparsi nella scorsa legisla¬tura a causa della clamorosa sconfitta della sinistra radicale ¬ecologista, e che speravano in un ritorno glorioso sempre gra¬zie ad Ingroia il distruttore.

fin06 giulia buongiorno

Pao¬lo Ferrero ( Rifondazione), Oli¬viero Diliberto ( Comunisti Ita¬liani), Angelo Bonelli (Verdi) ci hanno provato ma non c'è sta¬to¬ nulla da fare contro la disper¬sione di voti a favore del solito Grillo. Anche dall'area di cen¬trodestra arriva qualche novi¬tà. Non accede alla politica na¬zionale Gianfranco Miccichè, leader di Grande Sud e già uo¬mo forte del centrodestra in Si¬cilia. È polverizzato pure l'Mpa di Raffaele Lombardo , l'ex go-vernatore.

Oliviero DiLiberto

Non si vedranno più nei pa¬lazzi in questa legislatura gli esponenti radicali. È fuori Em¬ma Bonino con tutta la delega¬zione di Amnistia giustizia e li¬bertà, compresa Rita Bernardi¬ni . Su Twitter gli espulsi vengo¬no chiamati con nomi ben più irriverenti. E un tweet davvero poco istituzionale è partito ieri anche dal sito di palazzo Chigi: «Parlamento, ecco i trombati eccellenti», è stato scritto dalla pagina ufficiale, con una carrel¬lata di foto degli eliminati in questione. Poco dopo il messag¬gio è stato cancellato con tanto di scuse dello staff del governo: «Un tweet partito erroneamen¬te. Ci scusiamo con gli utenti».

Tra i perdenti, sempre sul carro Monti, il ministro per gli Affari europei Enzo Moavero . Non si vedranno poi in Transatlantico altri politici notissimi che si era¬no autoesclusi dal voto: Massi¬mo D'Alema , Walter Veltroni , Giovanna Melandri , France¬sco Rutelli e l'ex sottosegreta¬rio all'Interno Alfredo Manto¬vano .

Chiara Moroni Flavia Perina

 

 

UN BOCCONE AMARO DIFFICILE DA INGROIARE - DOPO LA BATOSTA ALLE ELEZIONI, CHE MESTIERE FARÀ INGROIA?

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Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica per "il Giornale"

INGROIA

Giù alla Camera, più giù al Senato: Antonio Ingroia incassa il fiasco della sua lista, che fa il vuoto di consensi, e s'interroga sul suo futuro. Il candidato premier di Rivoluzione Civile, Antonio Ingroia, deve fare ordine nel guardaroba, capire che cosa buttare via. La toga, messa via solo per tentare la (s)fortuna alle urne?

antonio ingroia

L'abito da leader politico, già sfilacciato dopo due mesi? Il completo coloniale, quasi nuovo, da funzionario Onu in Centroamerica? Ingroia sembra voler tenere tutto. Ieri il pm in fuga dalla trattativa Stato-Mafia convertito alla rivoluzione (civile) non ha rassegnato le dimissioni dal suo nuovo ruolo, annunciando che già da oggi avrebbe lavorato a rilanciare il partito. Concetto ribadito via tweet: «La nostra rivoluzione civile non si ferma qui».

Addio toga, dunque? Sul punto le dichiarazioni di Ingroia, fresco di trombatura, più piglio rispetto allo slang di Crozza (indicato paradossalmente come «colpevole» del fallimento al Nord dal candidato Gianfranco Mascia, che ha anche sostenuto che l'onnipresente Ingroia sia stato «nascosto» dai media), sembrano confermare: «Considero la strada che ho intrapreso senza ritorno rispetto al ruolo di pm». Una presa di posizione cristallina. O forse no. L'ex-non-ex pm prosegue: «Non mi dimetterò dalla magistratura».

CROZZA IMITA INGROIA

Dopo la magistratura politicizzata, ci mancava il magistrato leader politico. Non pm, però, o almeno non a Palermo. Tornare lì persino per lui è «impensabile». Oltre che fuori legge. Il magistrato in aspettativa-ex candidato premier Ingroia poi passa al plurale maiestatis: «Siamo in attesa dei risultati definitivi, faremo le valutazioni e poi decideremo».

«Valuteranno» un ritorno in Guatemala? Le sue «decisioni private», spiega, saranno notificate «quando opportuno». Insomma, grande è la confusione sotto il cielo rivoluzionario civile, se Ingroia «valutano» di violare i regolamenti Onu - che richiedono assoluta terzietà agli incaricati e discrezione comunicativa - tornando in Centro America con le mostrine da leader di partito. Per non dire dell'intenzione di restare in magistratura, stigmatizzata dal consigliere laico del Csm Nicolò Zanon.

Luigi De Magistris

«Chi si è candidato a premier con tale sovraesposizione - spiega il consigliere in quota Pdl, nemico giurato delle toghe col debole per la tv - dovrebbe dimettersi dalla magistratura. Non può fare il pm non solo in Sicilia ma in nessun'altra parte del Paese. Per le attuali norme dovrebbe fare il giudice ma sembra un paradosso, visto che il giudice per Costituzione è terzo e imparziale».

L'aspirante politico con la toga inviato per conto delle Nazioni unite, poi, ci sarà rimasto male per il voltafaccia del «grande sponsor» del suo movimento politico, il sindaco di Napoli ed ex collega Gigi De Magistris. Dopo aver suggerito a Napolitano di affidare a Grillo l'incarico, il sindaco ha silurato Rivoluzione Italiana: «Ha candidato persone espressione della vecchia politica» e «non ha rappresentato il cambiamento vero».

INGROIA LEOLUCA ORLANDO DI PIETRO ALLA FESTA IDV DI VASTO

Insomma, «Rivoluzione Civile è finita», «non ha futuro», ha tagliato corto lui che l'ha appoggiata col pugno chiuso insieme al giornalista di Servizio Pubblico, Sandro Ruotolo.

Ora l'ex pm catanzarese, abituato a voltare le spalle ai fan e a essere mandato a quel paese da chi aveva inizialmente sponsorizzato (è successo prima con Grillo, con la gip Clementina Forleo, col giornalista Carlo Vulpio, con Roberto Saviano) si smarca dal flop di RC per non accreditare quel buco nell'acqua come referendum sul suo indice di gradimento. Ingroia resta solo con i fantasmi di Ciancimino e dei colleghi trombati (come Di Pietro) o irriconoscenti (vedi 'o sindaco). Gli restano un pugno di voti e le telefonate di Napolitano: peccato, per il neopolitico mancato, non salire al Colle per le consultazioni.

 

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