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UN PAESE DI MERDA - LA MORTE DI STEFANO CUCCHI CAUSATA DALLE BOTTE DELLA POLIZIA MA ANCHE DALLA SCELTA CRIMINALE DI PORTARLO LONTANO DA OCCHI INDISCRETI (NELLA SEZIONE RISERVATA AI DETENUTI DEL “SANDRO PERTINI”), INVECE DI CURARLO ADEGUATAMENTE - GIÀ CONDANNATO IL FUNZIONARIO DELL’AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA, È INIZIATO IL PROCESSO AI PICCHIATORI E AGLI INFERMIERI - IL DIRETTORE DI REGINA COELI NON È IMPUTATO MA “SI LIMITÒ AD AUTORIZZARE UN’AMBULANZA CHE I SUOI AGENTI CHIAMARONI DUE ORE DOPO”…

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Fulvio Milone per "La Stampa"

Stefano Cucchi

In quell'ospedale lo portarono non per curarlo, ma per nascondere le sue condizioni fisiche ad «occhi indiscreti»: a quelli, cioè, della magistratura che avrebbe sicuramente aperto un'inchiesta. E così Stefano Cucchi, arrestato una settimana prima per droga e pestato nei sotterranei del tribunale perché era un «rompiscatole», finì i suoi giorni il 22 ottobre del 2009 nella struttura «protetta» (quella riservata ai detenuti) del «Sandro Pertini», mentre avrebbe dovuto essere ricoverato in un ospedale più adatto a garantirgli le terapie adeguate.

Morì, per usare le parole di un giudice, perché «sottratto intenzionalmente a tutte le cure di cui aveva bisogno» mediante falsi certificati medici che ne attestavano un «discreto stato di salute». Ma c'è di più: l'epilogo tragico del caso Cucchi fu reso possibile anche per il coinvolgimento di «un gran numero di soggetti, molti dei quali non ancora scoperti per chiara omertà».

stefano cucchi

A queste conclusioni è giunto il giudice dell'udienza preliminare Rosalba Liso nelle motivazioni della condanna a due anni di carcere inflitta il 25 gennaio scorso a Claudio Marchiandi, funzionario del Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria, processato con il rito abbreviato. In quella stessa occasione il Gup rinviò a giudizio 12 persone: tre guardie carcerarie accusate del pestaggio, sei medici e tre infermieri del «Pertini». La prima udienza si è tenuta sei giorni fa.

Stefano Cucchi

Dunque, falsi documenti e omissioni, ma anche complicità ancora oscure che forse non saranno mai individuate per fare piena giustizia sulla morte di Stefano Cucchi, il geometra di 31 anni che il 16 ottobre 2009, portato nelle celle di sicurezza del tribunale di Roma per l'udienza preliminare dopo l'arresto, aveva dato dello «sbirro di merda» ad un agente di custodia, e che forse per questo motivo fu scaraventato a terra e preso a calci come un cane.

Stefano Cucchi

C'è il ruolo avuto in questa brutta storia da Marchiandi, che abusò delle proprie funzioni e violò tutti i protocolli per imporre il ricovero nella struttura protetta del «Pertini». Si presentò in ospedale di sabato pomeriggio, e fuori dall'orario di lavoro, per consentire l'ingresso del detenuto in un reparto in cui «non doveva assolutamente entrare perché si trattava un paziente con patologie acute». Come fu possibile? Grazie a una falsa diagnosi d'ingresso, con cui uno dei medici imputati dichiarò che lo stato di salute di Stefano era soddisfacente. Così afferma il Gup.

Stefano Cucchi

Ma nel ricostruire i fatti che hanno portato alla morte di Cucchi, a cui i «picchiatori» nelle celle del Palazzo di giustizia provocarono secondo l'accusa lesioni alla colonna vertebrale, il giudice cita anche Mauro Mariani, direttore di Regina Coeli, dove Stefano fu portato dopo l'udienza di convalida dell'arresto. Contro di lui non c'è alcuna imputazione.

Stefano Cucchi

Ma ecco cosa scrive il GUP: Mariani «si è limitato ad invitare Degli Angioli (il medico di turno, ndr) a chiedere un'ambulanza (per portare Cucchi in ospedale, ndr)», ambulanza che è stata poi «chiamata intenzionalmente dagli agenti solo due ore dopo...». In questo contesto, «il direttore non ha velocizzato i tempi, non ha autorizzato una vettura di servizio, ha soltanto dato l'autorizzazione per un'ambulanza che poi i suoi agenti hanno chiamato all'ultimo minuto».

 


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