1- USA: UN COMPROMESSO TRA FALCHI E COLOMBE
Francesco Semprini per "la Stampa"
Hillary Clinton contro Robert Gates, Foggy Bottom contro il Pentagono. Hillary ha dovuto battersi con tenacia per far passare la linea dell'interventismo e tentare di fermare il massacro di civili in Libia. Il confronto più aspro è stato con il numero uno del Pentagono, Robert Gates, con il quale il capo della diplomazia Usa ha ingaggiato «un vero corpo a corpo».
Lo scontro si è consumato pochi giorni prima del passaggio della risoluzione 1973: sino a quel momento sia lei che Obama erano scettici sull'opportunità di intervenire in un altro conflitto. Ma la notte di lunedì 14 marzo, Gheddafi annuncia un'offensiva violenta contro gli insorti: e l'ex First Lady, dalla sua stanza di albergo a Parigi, capisce che è necessario agire. Ma prima deve convincere gli scettici, il Consigliere per la Sicurezza nazionale, Tom Donilon, ma soprattutto Gates. Il segretario alla Difesa è preoccupato per un intervento militare in un altro Paese arabo-musulmano, specie nel Maghreb, una bomba ad orologeria pronta a investire Medio Oriente e Penisola arabica.
Robert Gates il Segretario alla Difesa USAGli Usa sono impegnati già in Afghanistan, e hanno appena chiuso a fatica il capitolo iracheno. Il coinvolgimento in un'altra azione potrebbe essere letale sia per l'immagine del Paese nel mondo arabo, sia per la stessa amministrazione Obama. Ma la tenacia di Hillary ha la meglio sulla prudenza: «Mancava solo che mi tirasse pietre contro le finestre di notte» per convincermi, racconta Obama.
La risoluzione passa col sì americano, grazie al basso profilo su cui punta l'amministrazione: «supporto alla coalizione» ma non leadership. Una formula che ha permesso a Foggy Bottom di avere la meglio sul Pentagono.
2- TURCHIA - I 4 PALETTI DI ERDOGAN ALL'INTERVENTO NATO
Marta Ottaviani per "la Stampa"
La Turchia balla da sola. Il premier della Mezzaluna, Recep Tayyip Erdogan, tiene tesa la barra e assicura che il suo Paese non userà alcun mezzo armato, anche se, durante la telefonata con il presidente Obama, ha aperto a un intervento Nato in Libia, purché con un'ampia base di consenso, Stati arabi inclusi, e una durata breve. La prima reazione di Ankara è stata quella di tenersi il più lontano possibile dalla partecipazione all'attacco, la seconda è stata quella, se non d'interromperlo, almeno di porre dei paletti alla comunità internazionale.
ERDOGANLa Turchia ha posto 4 condizioni per l'intervento Nato: la breve durata, il minor coinvolgimento possibile dei civili, la facoltà del popolo libico di poter decidere autonomamente del proprio destino, l'assicurazione che da parte delle potenze straniere non ci sarà alcun tentativo di appropriarsi delle risorse naturali libiche. Ankara, se parteciperà con le forze della Nato, lo farà senza sparare un colpo. Erdogan ha già detto che la Turchia potrebbe mettere a disposizione mezzi navali e di terra per interventi umanitari e monitoraggio delle coste al largo di Bengasi come del suo aeroporto.
Il passo successivo di Ankara potrebbe essere quello di andare a mediare con il governo di Tripoli per la successione. La Mezzaluna infatti gode di particolare credito presso il regime di Gheddafi. Pochi mesi fa il premier turco è stato insignito del premio Gheddafi per la sua attenzione al diritti umani e l'interscambio commerciale, in costante aumento, nel 2010 è arrivato a 2,2 miliardi di dollari. Nel gennaio scorso, poi, la Turchia ha firmato accordi per 15 miliardi di dollari, soprattutto nel settore delle costruzioni.
3- GRAN BRETAGNA - SUL COLONNELLO È LITE FRA CAMERON E I GENERALI
Andrea Malaguti per "la Stampa"
Litigano. In maniera plateale. Persino scomposta. Inusuale per gli inglesi. Litigano come se non si fossero mai parlati, come se stessero combattendo due guerre diverse. Quella del primo ministro David Cameron, «in piena sintonia con il mandato delle Nazioni Unite», prevede anche la soppressione fisica di Muammar Gheddafi. Lo fa capire il capo del governo, lo conferma il ministro della Difesa Liam Fox, lo spiega nel dettaglio il portavoce di Downing Street, appellandosi alla parte della risoluzione 1973 che prevede «ogni intervento necessario per tutelare la vita dei civili».
Se il raiss li minaccia, colpirlo è ragionevole. «Vogliamo che il regime cada». Peccato che la guerra del capo delle forze armate britanniche, Sir David Richards, «in piena sintonia con il mandato delle Nazioni Unite», escluda tassativamente l'uccisione del Colonnello. «Non è un obiettivo. E non intendo discuterne più». I generali sono compatti al suo fianco. La politica aggredisce, l'esercito frena. Lo scontro frontale è emerso dopo che un Tomahawk della Royal Navy ha danneggiato il compound di Gheddafi a Tripoli. Il primo colpo di quella che avrebbe dovuto essere un'onda violenta e distruttrice.
putin suo delfino medvedevSarebbe stata una strage se le forze speciali britanniche schierate a terra in funzione di supporto non avessero fermato il grilletto dei piloti della Raf. «Non sparate, ci sono civili». Gli aerei sono tornati indietro. Il palazzo era pieno di giornalisti occidentali convocati dal raiss per una presunta conferenza stampa. Inconsapevoli scudi umani o danni collaterali miracolosamente scampati alla morte?
4- RUSSIA - PUTIN FA RETROMARCIA SULLA "CROCIATA" LIBICA
Anna Zafesova per "la Stampa"
Retromarcia di Vladimir Putin dopo l'uscita sulla «crociata» lanciata dagli Usa in Libia. Ventiquattro ore dopo essere stato sgridato in pubblico per «espressioni inaccettabili» da Dmitry Medvedev, l'ufficio stampa del premier russo rende pubblico il mea culpa: «Putin parlava soltanto a titolo personale». Il portavoce Dmitry Peskov ha mostrato di aver capito il monito dal Cremlino: «La valutazione fatta dal Capo di Stato è l'unica posizione ufficiale della Federazione Russa, quella che tutti seguono».
La gerarchia è stata ristabilita, Medvedev ha ricordato a Putin che può anche restare il politico più popolare della Russia, ma la politica estera spetta per Costituzione al presidente. Lo stesso Putin più tardi ha ribadito di «non avere divergenze» sulla politica estera con il suo delfino, ma è tornato a criticare l'operazione in Libia: «Chi provocherà vittime civile deve pregare per la sua anima», ha detto minacciosamente.
gheddafiMa anche il giovane zar, dopo aver ribadito il giorno prima il suo sostegno alla risoluzione 1973, «sostanzialmente giusta», ha dovuto ieri correggere il tiro per non apparire ai suoi concittadini come troppo filo-americano, e di fronte al capo del Pentagono Robert Gates si è lamentato dell'uso «indiscriminato» della forza da parte della coalizione internazionale e del rischio di colpire i civili. Un'obiezione fatta a Gates, in forma più decisa, anche dal suo collega russo Anatoly Serdyukov, che ha chiesto ieri un immediata tregua in Libia per «proteggere i civili». Una proposta che la Russia ha inoltrato anche all'Onu, insieme all'offerta di fare da mediatore tra Tripoli e l'Occidente.