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U.S.A. E GETTA (LA SPUGNA) - I POZZI PETROLIFERI DELLA LIBIA NON INTERESSANO LE HALIBURTON DEGLI STATI UNITI (MA LA FRANCESE TOTAL E LA BRITANNICA BP), OBAMA SI DEFILA E SCOPPIA L`ANARCHIA DIPLOMATICA TRA GLI EUROPEI - NEL MEDITERRANEO SI RITORNERÀ AI TEMPI DELLA GUERRA FREDDA: CON FRANCIA, GB E ITALIA A SCAMBIARSI COLPI BASSI PER L’EGEMONIA ECONOMICA - IL BASSO PROFILO DI OBAMA FINISCE SOTTO L’ATTACCO DEI REPUBBLICANI E DEL PENTAGONO (“SE DOVEVAMO ATTACCARE ERA MEGLIO FARLO PRIMA. E POI CHI LI CONOSCE QUESTI INSORTI?”)…

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1 - GLI STATI UNITI SI DEFILANO E SCOPPIA L`ANARCHIA DIPLOMATICA
Germano Dottori per "Il Giornale" (Docente presso la Cattedra di Studi Strategici Luiss-Guido Carli e membro del consiglio regionale di Limes)

OBAMA

Il conflitto che oppone da tre giorni il regime libico alla comunità internazionale è certamente atipico rispetto a quelli combattuti nel recente passato. Gli elementi che contribuiscono a renderlo differente sono almeno due.

Il primo è rappresentato dal ruolo tutto sommato secondario assunto dagli Stati Uniti tanto nella sua preparazione quanto nella sua gestione. Il basso profilo tenuto da Washington risulta da tutta una serie di indizi. Innanzitutto, è la prima volta, almeno in tempi recenti, che il Presidente americano comunica ai suoi cittadini l`inizio di una nuova avventura militare nel corso di una visita di Stato all`estero.

In secondo luogo, della gestione degli aspetti militari delle operazioni è stato investito un comando di recente costituzione, l`Africom, che è la cenerentola tra le strutture di questo tipo di cui il governo statunitense si serve per proiettare nel mondo la forza di cui dispone.

Sarkozy e Obama in corsa verso i microfoni per la conferenza stampa alla Casa Bianca

Anche prima che la parola passasse alle armi, l`impegno diplomatico statunitense è rimasto ben al di sotto della soglia alla quale siamo stati abituati. Non c`è stata, ad esempio, alcuna forte iniziativa diplomatica che lasciasse intravedere l`intento della Casa Bianca di prepararsi il terreno.

E le grandi portaerei sono rimaste lontane. Questo è un dato nuovo, che ha colto di sorpresa molte delle potenze che si affacciano sul Mediterraneo, inclusa l`Italia, che si è inserita nei combattimenti nella convinzione che presto o tardi gli americani ne avrebbero assunto il controllo, con o senza la Nato.

Così non è stato. Da questo dato discende il secondo, che è rappresentato dal protagonismo francese, in realtà un fatto non proprio inedito. Il Presidente Nicolas Sarkozy, in effetti, aveva cercato sin dal proprio insediamento all`Eliseo di inserire Parigi negli spazi dischiusi nel Mediterraneo dalla debolezza di un`Amministrazione Bush a fine corsa, puntando su una serie di uomini forti. Erano stati corteggiati, tra gli altri, Hosni Mubarak, Bashir al Assad e lo stesso Muammar Gheddafi.

Berlusconi e Obama

Il risultato è stata l'Unione per il Mediterraneo (UpM), un`iniziativa che avrebbe avuto un profilo certamente più alto se a contenere le ambizioni del Presidente transalpino non fosse intervenuta la Germania. Ad ogni buon conto, l`UpM poggiava sul presupposto che in NordAfrica e Medio Oriente nulla cambiasse.

Invece, sono fioriti i gelsomini e Sarkozy è stato velocissimo a riposizionarsi, sostituendo interamente la squadra che aveva curato per lui i dossier della politica estera e cercando di cavalcare l`onda del risveglio che attraversava la sponda meridionale del Mare Nostro.

È stata una virata di 180 gradi, dietro la quale tuttavia si celano le stesse ambizioni. Parigi intende espandere la propria sfera d`influenza nel Maghreb e la Libia è, sotto questo profilo, strategica. Ovviamente, obiettivi nazionali tanto importanti mal si prestano ad una gestione condivisa.

Napoleone Sarkozy segue le operazioni militari

Di qui, non solo l`attuale no dell`Eliseo al coinvolgimento dell`Alleanza Atlantica nella direzione del conflitto, che restituirebbe voce in capitolo anche a Roma, ma altresì la spregiudicatezza delle mosse d`apertura, parse unilaterali sia nei tempi che nei modi.

L`attacco della coalizione, corre voce, sarebbe dovuto iniziare con un massiccio lancio di missili da crociera anglo-americani. Invece, gli aerei francesi sono arrivati prima del previsto, tra l`altro colpendo non solo le infrastrutture della difesa aerea libica, ma le unità lealiste nei pressi delle città sotto il controllo degli insorti.

Al momento, l`impressione che si ricava dalle fonti aperte accessibili è quella di una coalizione che si muove con almeno due centri di comando e controllo: uno transalpino, che emana dal Presidente Sarkozy, eseguendone le direttive; e l`altro che è invece sotto la guida dell'Africom americano, cioè teoricamente agli ordini di un Barack Obama che sembra però psicologicamente molto lontano dagli eventi. Apparentemente, ad Africom parrebbero rispondere anche le forze aeronavali britanniche.

cameron big

Ma non è certo. Almeno non al 100%.

E non è solo l`incertezza della guerra a confondere le acque. Downing Street ha assecondato nelle ultime settimane la gran parte dei movimenti della diplomazia francese. E non si deve dimenticare che tra Londra e Parigi esiste da alcuni mesi un accordo bilaterale che prevede forme di cooperazione politico-militari molto pervasive. Sono quindi possibili in qualsiasi momento fughe in avanti. Ecco perché alcuni importanti giornali d`Oltralpe stanno riesumando il precedente di Suez 1956, tra l`altro senza mostrare alcun particolare complesso.

Per noi italiani, si tratta di un bel guaio. Al di là della solidarietà dimostrata durante la Guerra Fredda di fronte alla comune minaccia sovietica, infatti, nel Mediterraneo occidentale Italia, Francia e Gran Bretagna non hanno mai smesso di scambiarsi colpi proibiti. È a questa realtà, ben nota alle élite della Prima Repubblica, che dovremo probabilmente riabituarci.

libia

2 - I REPUBBLICANI CONTRO OBAMA: "UN INTERVENTO SENZA PROSPETTIVE"
Federico Rampini per "la Repubblica"

Barack Obama ha garantito agli americani un impegno limitato e ha escluso interventi terrestri ma non ha indicato una exit strategy, non c´è chiarezza su quale sia l´obiettivo finale e quindi l´orizzonte di durata di questa operazione. Stiamo combattendo contro Gheddafi ma a favore di chi? Così i repubblicani puntano il dito sull´inconsistenza (e opacità) degli insorti. Che cosa sappiamo di loro? Non rischiamo di scoprire alla fine che avremo appoggiato gli integralisti islamici?

Mentre è in visita ufficiale in Brasile il presidente americano si scopre improvvisamente attaccato dalle retrovie. A Washington la destra apre un «fronte interno», sollevando sull´intervento in Libia obiezioni che i consiglieri strategici al seguito di Obama prendono molto sul serio. Anche perché le bordate da destra fanno affiorare i dissensi che attraversano la stessa Amministrazione.

LIBIA a c b b d c

Perfino un «falco» come John McCain, il senatore repubblicano dell´Arizona che fu candidato presidenziale nel 2008, attenua il tradizionale consenso bipartisan in tempi di guerra. Lo fa su posizione oltranziste, naturalmente, cioè accusando la Casa Bianca di avere aspettato troppo. «Spero che non sia già tardi - dice McCain - se avessimo preso questa iniziativa un paio di settimane fa, una no-fly zone poteva probabilmente bastare. Ora non è più sufficiente».

libia gg

Ma l´attacco politicamente più gravido di conseguenze è quello lanciato da John Boehner, presidente della Camera, quindi capo della maggioranza repubblicana in un ramo del Congresso. «Il presidente degli Stati Uniti - dice Boehner - è il comandante in capo. La sua Amministrazione ha tuttavia la responsabilità di precisare in cosa consista la missione in Libia. Deve dirlo al popolo americano, al Congresso e alle nostre truppe. Prima che sia assunto qualsiasi ulteriore impegno dobbiamo conoscere la natura della missione libica, e le modalità per portarla a compimento».

Queste critiche toccano un nervo scoperto alla Casa Bianca, perché non è un mistero che la scelta di Obama è stata osteggiata proprio dai suoi uomini più conservatori: il segretario alla Difesa Robert Gates e i vertici del Pentagono. Il dissenso riaffiora nelle parole dell´ammiraglio Mike Mullen, il più alto in grado nelle Forze armate.

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Intervistato dalla Cbs, Mullen fa prova di un realismo che sconfina con il pessimismo. Alla domanda se al termine di questa missione militare ci si può ritrovare con Gheddafi ancora al potere, l´ammiraglio risponde secco: «Questa è certamente una possibilità». Non è questo il tono che ci si aspetta da un comandante capo per galvanizzare le sue forze impegnate sul fronte.

petrolio war02 lap

Ma l´ammiraglio fa parte di quei realisti che avrebbero preferito tener fuori l´America da questa guerra. Obama parlando a Rio torna a ribadire le ragioni della sua scelta di principio. Lo fa esaltando la transizione democratica del Brasile: «Oggi - dice Obama - vediamo la lotta per quegli stessi diritti in Medio Oriente e in Nordafrica. Abbiamo visto il popolo della Libia resistere coraggiosamente contro un regime determinato a usare la violenza.

Avendo lottato per perfezionare le nostre democrazie, gli Stati Uniti e il Brasile sanno che il futuro del mondo arabo sarà determinato dai suoi popoli. Non sappiamo come questo cambiamento andrà a finire, ma non dobbiamo temere il cambiamento». Un messaggio lanciato anzitutto alla sua base storica: perché anche dentro il partito democratico, la sinistra pacifista è attraversata dai dubbi.

 


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