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tutti interdetti davanti al futuro interdetto - ALFANO, LONGO E GHEDINI PASSANO NOTTI IN BIANCO PER CERCARE DI EVITARE LO SHOWDOWN DEL 6 APRILE - L’UNICO MODO È SOLLEVARE IL CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE DAVANTI ALLA CONSULTA, MA L’IMPRESA È TITANICA ANCHE PERCHÉ LA CORTE HA GIÀ DETTO CHE È COMPITO DELLA CASSAZIONE - IL VOTO ALLA CAMERA È FRENATO DALL’UFFICIO DI PRESIDENZA DI GIAN-BECCHINO, UNA MOZIONE POLITICA NON RISOLVEREBBE GRANCHÉ - E LA DATA dell’esecuzione SI AVVICINA…

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Francesco Grignetti per "La Stampa"

Berlusconi e Ghedini

Sono ancora giorni di riflessione, per lo staff difensivo del Cavaliere. L'obiettivo è sempre quello di ribadire che se mai quello di Berlusconi fu reato, sarebbe stato di tipo ministeriale e la competenza spetterebbe al Tribunale dei ministri. Ma la via maestra per mettere in discussione la competenza del tribunale di Milano si chiama «conflitto di attribuzione» davanti alla Corte costituzionale.

Solo che i regolamenti e la prassi parlamentare vogliono che questo conflitto sia sollecitato dal singolo parlamentare davanti all'Aula, passando per l'Ufficio di presidenza. E però alla Camera, nell'Ufficio di presidenza la maggioranza è paradossalmente in minoranza. Quindi la parola di Gianfranco Fini è determinante. E se facesse il muro di gomma?

GHEDINI E LONGO

Maurizio Paniz, Pdl, esorcizza un timore largamente diffuso tra i suoi quando dice: «No, non sarebbe accettabile che la Presidenza espropriasse la Camera di un suo diritto quale l'esame di una proposta di conflitto di attribuzione».

Angelino Alfano

Da giorni, quindi, i berlusconiani si stanno scervellando per trovare vie alternative. Una delle ipotesi allo studio nei conciliaboli di palazzo Grazioli tra Berlusconi, Alfano, Ghedini e Longo è una mossa segreta, tutta ancora da studiare, che potrebbe persino rendere inutile il conflitto di attribuzione. Perché non una mozione politica da presentare direttamente all'Aula che richiami l'articolo 96 della Costituzione? L'obiettivo sarebbe salvo: fissare che la telefonata di Berlusconi alla questura rientrerebbe tra i reati ministeriali e che le sue specifiche procedure che nel caso di Berlusconi sarebbero state ignorate. In questo schema, spetterebbe poi ai giudici di interpellare la Consulta.

consulta

Ma se sarà davvero una mozione, dice Pierluigi Mantini, Udc, «trattasi di atto eminentemente politico e quindi rivolto al governo, certo non alla magistratura». In fondo la Camera già si è espressa con un voto politico, respingendo la richiesta di perquisizioni. E come s'è visto la magistratura milanese non ne ha tenuto conto.

Altra ipotesi allo studio nell'inner circle berlusconiano è di sollevare fin da lunedì prossimo il conflitto rivolgersi direttamente alla Giunta per le autorizzazioni, bypassando l'Ufficio di presidenza. Ma è un'ipotesi impervia perché non è mai accaduto prima.

Maurizio Paniz phMarinoPaoloni

Che alla fine sia la Camera o il governo (o entrambi), comunque tutto lascia pensare che si andrà a discutere del caso davanti alla Corte costituzionale. E ieri, a sorpresa, un'autorevole fonte della Consulta ha esternato all'Ansa, ma con garanzia di anonimato: «Se l'obiettivo è trasferire il processo a carico del premier dal tribunale di Milano a quello dei ministri, il conflitto tra poteri dello Stato davanti alla Corte Costituzionale rischia di essere fermato da una pronuncia di inammissibilità. Ciò perché sulle questioni di giurisdizione decide la Cassazione».

Gianfranco Fini

Parole sorprendenti. Non è usuale che dalla Corte costituzionale vengano segnalazioni preventive e per di più anonime. Di qui una ridda di chiacchiere. «Il presidente De Siervo smentisca», ha intimato a sera Daniele Capezzone, Pdl. Puntualmente è giunta una nota ufficiale di precisazione: «La Corte costituzionale si esprime solo tramite i propri atti giurisdizionali o le dichiarazioni ufficiali del suo presidente».

 


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