Francesco Manacorda per "La Stampa"
CESARE GERONZI - Copyright PizziL' inchiostro della tregua firmata in Rcs è ancora fresco e già si apre un nuovo scontro in Generali. Nei salotti buoni del capitalismo italiano, insomma, non è tempo di pace. Effetto di una convulsa situazione politica che all'ombra di un Berlusconi indebolito fa vacillare certezze che parevano acquisite e rimette in posizione centrale - proprio in Rcs - Giovanni Bazoli. Ma anche risultato di un conflitto che vede sotto attacco, per questioni di ruolo e di modello di business, Cesare Geronzi, oggi alla presidenza del Leone.
Così sul consiglio delle Generali in programma per il 23 febbraio - che già vede all'ordine del giorno la provocatoria proposta di Diego Della Valle di cedere la quota del 3,95% posseduta dalla compagnia in Rcs - per il presidente si vanno addensando altre nubi. Compresa la richiesta di ridiscutere chi debba rappresentare le Generali nei patti di sindacato - ossia la stessa Rcs, Mediobanca e Pirelli - dove oggi siede proprio Geronzi. E ancora, una possibile discussione sulle sue ultime dichiarazioni, di cui alcuni consiglieri sono intenzionati a chiedere conto.
DIEGO DELLA VALLEA dar fuoco a polveri già roventi è stata un'intervista di Geronzi al Financial Times. Il presidente ha spiegato tra l'altro che la compagnia è pronta a investire nel settore bancario italiano e in grandi progetti infrastrutturali come il ponte sullo Stretto. Parole che colgono di sorpresa alcuni analisti e che irritano fortemente alcuni soci - da Mediobanca al gruppo dei cosiddetti «privati» come De Agostini, Caltagirone e Del Vecchio, per non parlare del ceco Petr Kellner - per almeno due motivi. Il primo è che Geronzi ha parlato come farebbe un capo azienda e non come un presidente non esecutivo. Il secondo è che il presidente ha citato alcune iniziative mai state esaminate in cda, mandando messaggi opposti a quelli dell'ad Giovanni Perissinotto.
NAGEL GERONZIE' su questo aspetto che si concentrano alcuni giudizi degli analisti. Ieri uno studio di West Lb parlava di «sorpresa» per gli «ulteriori investimenti in banche italiane» ipotizzati dal presidente, visto che «all'ultimo appuntamento con gli investitori nel novembre 2010 la compagnia aveva detto che... le partecipazioni bancarie in particolare sarebbero state ridotte». Sulla stessa linea i giudizi di Equita Sim e di Kepler, mentre altre banche d'affari non evidenziano alcuna critica.
Perissinotto Geronzi BalbinotLo stesso Geronzi ha precisato ieri che solo «in circostanze straordinarie e senza alcun riflesso non favorevole per la redditività si può anche valutare l'intervento in materia infrastrutturale o bancaria, valutando possibili accordi di bancassurance». Ma questo avendo sempre come obiettivo principale «la piena salvaguardia degli obiettivi di economicità ed efficienza».
Basterà la correzione di rotta ad ammansire i soci? Difficile. In Mediobanca, dove Geronzi è già stato come presidente, trapela irritazione per quello che sta avvenendo a Trieste, o meglio a Roma. Il maggior azionista del Leone, con il 13,6%, non intende farsi coinvolgere in scontri come quello tra lo stesso Geronzi e Della Valle, ma vuole che ci si concentri sul funzionamento degli organi sociali e sul business assicurativo. E sulla stessa linea sono altri soci di peso.
MEDIOBANCAFRANCESCO GAETANO CALTAGIRONETra di loro c'è anche chi sostiene che la scelta più igienica sarebbe quella di far uscire le Generali, fatta salva la redditività attesa dall'investimento, da tutte le partecipazioni di minoranza vincolate a patti e quindi poco liquide. Proposta logica ma maliziosa, perché l'identikit corrisponde appunto a quello di Rcs, Mediobanca e Pirelli, tre snodi del «capitalismo di relazione» nei cui patti finora siede proprio Geronzi.