Alessandro Ferrucci per "il Fatto quotidiano"
Cavallo di Viale MazziniNe parlano nelle stanze, a bassa voce. Quando sono nei corridoi non osano neanche bisbigliare, al massimo si scambiano sguardi di complice paura dopo aver alzato gli occhi al soffitto. Lo spettacolo è tetro, decadente, odora di morte. A Viale Mazzini, sede principale della Rai, la polvere non è un semplice fastidio per asmatici o igienisti: può voler dire asbesto, comunemente detto amianto. Il palazzo, costruito nel 1967, ne è un concentrato, come molti degli edifici progettati e realizzati nel secondo dopoguerra: doveva essere moderno, a tratti avveniristico, più simbolo che sostanza.
Ora ospita circa 1500 lavoratori, tra dirigenza, tecnici, ufficio stampa, legale, impiegati vari. Di questi, oltre cento hanno avuto il coraggio di rivolgersi a un avvocato per portare la televisione pubblica in tribunale, per ottenere quelle risposte ancora chiuse dietro un no comment, per capire se e quanto hanno rischiato e stanno rischiando.
RaiOggi, per loro, è un punto di partenza fondamentale, è in programma la prima udienza: "Vede, abbiamo in mano una perizia di parte del 2009, voluta dalla stessa azienda, che parla chiaro - racconta un dipendente con il patto dell'anonimato -. Insomma, questi sono dei pazzi, degli irresponsabili, dovevano chiudere e fare i lavori, al contrario hanno iniziato la bonifica con noi dentro".
Lo dice con gli occhi terrorizzati, cerca da noi risposte o rassicurazioni, poi segnala le parti del documento interno più preoccupanti: "Vi è amianto fioccato, in cattivo stato di conservazione a vista (...) In conclusione si può affermare che non si esclude il pericolo di un inquinamento da fibre d'amianto aerodisperse, in quanto l'isolamento costituito dal pannello di faesite, posto sopra le doghe del controsoffitto, non impedisce più ai frammenti di coibentazione distaccatisi, di raggiungere l'area del locale sottostante".
Per essere chiari: secondo una sentenza del 2008 della Cassazione, il cancro ai polmoni può arrivare a prescindere dalla quantità e dal tempo di esposizione all'asbesto. Basta una fibra, microscopica, ma capace di infilarsi nella pleura. Può restare lì per anni, sorniona, subdola. Poi all'improvviso venire fuori, e in quel momento non c'è più niente da fare.
LORENZA LEILe ultime stime degli pneumologi italiano recitano cifre da strage: ogni anno 3 mila persone vengono stroncate da patologie maligne correlate proprio all'amianto "per questo dovevano realizzare la bonifica in sicurezza - prosegue un altro dipendente -, al contrario ci hanno lasciati tutti dentro e molti di noi hanno subito anche delle pressioni per non parlare".
VIGNETTA RAI AMIANTOCosì il Fatto ha contattato alcuni dirigenti, per capire, per ottenere delle risposte. Il risultato? C'è chi ha giudicato la condotta dell'azienda "inqualificabile", chi ha esplicitamente sbottato con un "spero che la Rai perda questa causa" e chi ancora ha azzardato un paragone estremo: "Qui dentro stiamo diventando una fossa comune: oramai ho paura anche ad andare in bagno".
Tutto, come spesso, avvolto nel silenzio, anche perché in un palazzo dove l'immagine è tutto, nessuno vuole perdere per primo la faccia, neanche se in gioco è la propria vita. Neanche se è una questione che va avanti da molti anni. Un articolo del 1998 del Corriere della Sera, recita: "Killer silenzioso alla Rai", e spiega come l'allora direttore generale, PierluigiCelli, ipotizzava un trasloco a Saxa Rubra, dopo la segnalazione, nel 1994, del consigliere Alfio Marchini, quando il Cda era presieduto da Letizia Moratti.
pericolo_amiantoL'oggetto era proprio l'amianto. Niente da fare. E non sono servite neanche le periodiche indagini ambientali (ben due, una nel 2000 e un'altra nel 2007), chiare nel segnalare il progressivo deterioramento dello stabile. "Il problema è che non sanno cosa fare - spiega l'avvocato Gian Nicola Iaricci, legale dei dipendenti -, è una questione di risorse economiche.
Voci di corridoio raccontano che la televisione pubblica sta aspettando l'assegnazione dei Giochi Olimpici per ottenere i finanziamenti adeguati". Finanziamenti per trovare una location tra i venti e i sessantamila metri quadri, dislocati intorno al quartiere Prati. Nel frattempo, tutti dentro. Tutti zitti. Chini sulle proprie scrivanie, in attesa che qualcuno, di superiore, decida della loro testa. E vita.