1- SEPOLTO GERONZI, RESTANO IN VITA TUTTI I GUAI DI GENERALI
Lo stato maggiore delle Generali di Trieste è entrato questa mattina alle 10,30 all'Auditorium della Musica di Roma con la consegna del silenzio.
Prima di accedere alla sala dove si è svolta l'Assemblea dell'Ania, l'Associazione delle compagnie assicurative, nessun manager del Leone ha voluto rilasciare un commento sulla condanna a 4 anni di reclusione dell'ex-presidente Geronzi che il 6 aprile scorso ha dato le dimissioni dalla Compagnia chiudendo la sua breve esperienza di assicuratore.
GeneraliE nessuno ha voluto commentare i lampi e i fulmini che poco prima dell'Assemblea hanno attraversato il cielo romano anche se qualche giornalista malizioso ha precisato che si trattava dei botti di champagne stappati dall'anziano Bernheim e da quel Leonardo Del Vecchio che alla fine di aprile dichiarò dal suo yacht di Montecarlo "siamo tutti contenti della cacciata di Geronzi".
PERISSINOTTO E CESARE GERONZIPer gli azionisti di Generali e per il tandem Perissirotto-Balbinot la "pratica" Geronzi è definitivamente archiviata e può entrare nella storia delle Generali come un paragrafo breve. D'altra parte è stato lo stesso Perissirotto a dichiarare poco tempo fa con spirito sollevato che la Compagnia non avrebbe potuto sopportare "un dissidio al vertice così grave" che in vista delle sentenze su Cirio e Parmalat avrebbe impegnato ventre a terra il management di Trieste per difendere l'onorabilità dell'ex-banchiere di Marino.
Nella logica rustica e riservata degli uomini che governano adesso le Generali, non c'è spazio per polemiche retrospettive perché bisogna guardare avanti e portare agli azionisti forti (primo fra tutti Caltagirone) le soddisfazioni che il titolo in Borsa non riesce a dare nonostante la cacciata di Geronzi. Nei giorni scorsi le azioni di Generali sono scese pericolosamente sotto la soglia psicologica dei 14 euro, considerata la linea Maginot da difendere con i denti, un valore nettamente al di sotto dei quasi 16 euro segnati ad aprile quando si consumò il complotto per eliminare "l'arzillo vecchietto".
BERNHEIMAdesso il titolo si sta rianimando ma sul tavolo di Perissirotto ci sono dossier che devono essere affrontati in tempi rapidi. Uno di questi riguarda la partecipazione dentro Telco, la scatola che governa Telecom di cui Generali detiene il 30,4% e dove bisognerà decidersi a registrare una perdita potenziale di almeno 370 milioni.
Di questo si parlerà sicuramente nella riunione del Comitato di controllo del 19 luglio, ma anche se dall'azienda di Bernabè continuano ad arrivare dolori, il tema più importante e più caldo riguarda le decisioni in merito alla joint-venture con la banca russa Vtb. Interpellato dal "Sole 24 Ore" il buon Perissirotto ha dichiarato che entro l'estate sarà presentato un accordo quadro sull'alleanza con questa banca russa guidata da Andrey Kostin, un uomo di fiducia di Putin dal volto paffuto.
Leonardo del vecchioL'operazione, discussa alla fine della settimana scorsa per più di tre ore davanti a Nagel, Bollorè e Pelliccioli, rappresenta la chiave per entrare definitivamente nel grande mercato dell'Est e si colloca all'interno della joint-venture che il Leone di Trieste ha già definito con il cecoslovacco Petr Kellner.
Sull'intesa con questo magnate cecoslovacco si erano allungate le ombre durante la gestione Geronzi e c'è chi dice che i costi dell'operazione peseranno fortemente sui prossimi bilanci di Generali. C'è da scommettere che prima o poi qualche manina tirerà fuori le cartuccelle per mettere in chiaro i termini dell'accordo con il magnate di Praga.
Per adesso ai top manager di Trieste interessa chiudere la joint venture con la banca russa Vtb, ma qui è saltato fuori un problema che ha destato l'attenzione finora soltanto del "Sole 24 Ore". In una corrispondenza da Mosca pubblicata sabato scorso la giornalista Roberta Miraglia ha spiegato che il colosso Vtb è stato chiamato dal governo a salvare la Banca di Mosca, il quinto istituto di credito della Russia. L'operazione comporta una ricapitalizzazione di almeno 3,5 miliardi di dollari che costringerà Vtb a iniettare denaro per far sì che 9 miliardi di credit i in sofferenza della Banca di Mosca vadano a scaricarsi sulle spalle di quella Vtb con cui Perissirotto vuole allearsi.
Perissinotto Geronzi BalbinotSi tratta di cifre impressionanti che i soci di Generali dovrebbero tenere bene a mente prima di dare semaforo verde alle voglie espansionistiche del management di Trieste.
2- SEPOLTO GERONZI, RESTANO IN VITA TUTTI I GUAI DI MEDIOBANCA
Anche dai piani alti di Mediobanca non esce una parola sulla condanna di Geronzi, il romano che è salito a Piazzetta Cuccia nell'aprile 2010.
D'altra parte la consegna del silenzio è un habitus istituzionale che è scattato nel 1946 come ha rivelato Enrico Cuccia in una lettera a Malagodi. Questo aneddoto è contenuto nel bellissimo libro di Sandro Gerbi "Mattioli e Cuccia, due banchieri del Novecento", pubblicato da Einaudi pochi giorni fa. È probabile che anche il pallido Nagel lo abbia letto d'un fiato perché è sicuramente una miniera di notizie sul passato che fanno riflettere sul presente.
Dalla lettura si apprendono molte curiosità sull'ironia e la cultura di Mattioli, e sullo stile di vita e la visione strategica del romano Cuccia allievo del liceo Tasso che nell'agosto del 1946 creò in un ufficio di piazza Santi Apostoli a Roma la merchant bank futuro salotto dei capitalisti senza capitale.
FRANCO BERNABEQuando si arriva alla pagina 90 si trova una battuta del grande Mattioli che definiva i padroni dell'epoca "senescenti minorenni", quasi un'anticipazione profetica dei giovinotti arzilli che oggi occupano la scena. C'è poi un passaggio che riguarda Geronzi che agli occhi di Cuccia - scrive l'autore Sandro Gerbi - appariva un consigliere piuttosto discusso ma "molto capace".
Nella parte finale del libro è contenuta la lettera con la quale il fondatore di Mediobanca (che non leggeva il "Sole 24 Ore" e riteneva di sapere di finanza meglio di quanto scrivesse "Repubblica") boccia la richiesta di aiuti finanziari pervenutagli dall'editore Giulio Einaudi. E qui il pallido Nagel che insieme ai due figli avrà divorato le pagine di questo volumetto, avrà pensato sicuramente alle vicende di Rcs, il Gruppo dove Mediobanca deve decidere come contenere le ambizioni di Dieguito Della Valle.
Nagel e PelliccioliMa una volta richiuse le pagine di questo libro che è una lezione di stile e di cultura, il 46enne Nagel è sicuramente ripiombato coi pensieri alla battaglia di settembre quando si dovrà decidere il nuovo assetto di Mediobanca. È notizia di oggi che il finanziere bretone Bollorè (uno degli azionisti che non se l'è sentita di pugnalare apertamente Geronzi) ha aumentato la propria partecipazione a Piazzetta Cuccia fino al 5,18%. E questa novità aggiunta agli sgomitamenti di un Pallenzona ammaccato ma sempre "pesante" si profila come una minaccia.
bollore article
3- SEPOLTO GERONZI, RESTA IN VITA IL TRAN TRAN BANCARIO DI MATTEUCCIO ARPE
C'è un terzo personaggio oltre a Perissirotto e Nagel che sicuramente non avrà voglia di commentare la condanna di Geronzi.
È Matteuccio Arpe, il banchiere milanese che nel 2003 è diventato amministratore delegato di Capitalia dove ha vissuto una stagione d'oro fino a quando nel febbraio 2007 si è consumata la rottura con il banchiere di Marino.
Chi avrà voglia di ricostruire i rapporti tra il rothweiler ex-Mediobanca e l'uomo che per 50 anni è stato protagonista del capitalismo relazionale, dovrà lavorare di fino ed entrare nei meandri della psicologia. Il rapporto tra i due è infatti una case history con risvolti freudiani, un connubio di amore e odio che li ha danneggiati entrambi rompendo un sodalizio che avrebbe portato a risultati straordinari.
petr kellnerOggi Matteuccio, che anche nelle vicende più sofferte non ha mai perso la sua abbronzatura al quarzo, ha motivo di godere intimamente ma con stile anglosassone non vuole aggiungersi al coro di chi festeggia il crollo di Geronzi, pilastro del triangolo Palazzo Chigi-via Nazionale-Vaticano.
Chi l'ha visto in questi giorni sostiene che Arpe ha l'aria molto divertita perché l'azienda Belstaff, un marchio della moda maschile famoso per i giubbotti di pelle esibiti in numerosi film dagli amici George Clooney e Johnny Depp, è stata acquistata dalla holding austriaca Labelux.
LA BANCA RUSSA VTBPer alcuni mesi Arpe ha tentato con la sua Sator di rilevare l'azienda Belstaff di Mogliano Veneto, ma l'operazione non gli è riuscita per l'opposizione aperta di Emanuele Malenotti, che insieme alla famiglia gestiva la Belstaff.
E Arpe gode.
4- DE DOMINICIS NON È NIENT'ALTRO CHE IL NIPOTE DI BISIGNANI
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che dopo sei giorni di indagini serrate Alessandro Profumo e la moglie Sabina Ratti sono riusciti a dare un volto e un'identità al dirigente di Unicredit che (secondo un'intercettazione riportata dall'"Espresso") aveva parlato a briglia sciolta della cacciata di Profumo dal vertice di Unicredit.
Il linguaggio usato nella conversazione tra il dirigente di Unicredit, Luca De Dominicis, e Bisignani aveva colpito per la disinvoltura e la durezza dei giudizi ("...ora ha finito di fare lo stronzo"). Dalla piccola inchiesta condotta dai coniugi Profumo è risultato che il dirigente De Dominicis non è nient'altro che il nipote di Bisignani".