Gli uscieri di TelecomItalia non sono uomini, sono martiri.
La domenica precedente l'hanno trascorsa in casa per leggere insieme ai figli e alle mogli le 31 pagine del Rapporto Deloitte sulle Sim false che una newsletter clandestina ha buttato in pasto ai dipendenti di Telecom.
Ieri è successa la stessa cosa, ma in questo caso le persiane si sono abbassate per discutere sulla disputa circa il futuro de "La7" e di TelecomItalia Media provocata dalle dichiarazioni delle due vergini miliardarie, Michelone Santoro ed Enrichetto Mentana.
Alle famiglie che strillavano per saperne di più sul "baratto" che Franchino Bernabè avrebbe realizzato salvando l'integrità della Rete telefonica dalle manine fameliche di Berlusconi concedendo in cambio della testa del conduttore di "Annozero", gli uscieri hanno cercato di alzare il livello della discussione spiegando che si tratta di due grandi professionisti che hanno una concezione diversa della libertà.
la7 -santoroMa quando hanno preso a citare qualche celebre frase di De Tocqueville, Orwell, Goethe e Pierluigi Battista ("la libertà di stampa è buona solo per se stessi"), i figli degli uscieri hanno tagliato corto ricordando che già Rousseau nel 700 aveva scritto: "l'uomo è nato libero ma dovunque è in catene", e subito dopo in tono categorico hanno chiesto di ricostruire con esattezza ciò che è avvenuto ai piani alti di Telecom tra Bernabè, Santoro, Mentana e quella figura, marginale ma fin troppo loquace, del "canaro" Stella che è rimasto travolto dagli eventi.
Enrico MentanaA questo punto la memoria è andata all'opinione espressa il 7 e il 9 giugno da quel sito disgraziato di Dagospia che nella sua infinita miseria si era chiesto: per tirare a campare Bernabè ha davvero l'intenzione di mettere in piedi una corazzata televisiva che potrebbe creargli grossi problemi con il governo?, e ancora: per caso il Capo di Telecom sta facendo da equilibrista la politica dei due forni per gonfiare il valore de "La7" in modo da avvantaggiare Telecom sul grande tema della banda larga?
ENRICO MENTANAErano domande legittime che arrivavano dopo la legnata di Mentana su una possibile alleanza con De Benedetti, covo umano di conflitti di interessi (Sorgenia, rigassificatori, assistenza senile, oltre all'editoria) e l'annuncio sullo sbarco imminente di Santoro nella scuderia de "La7". È la sera del 6 giugno quando Enrichetto esclama dai teleschermi: "Santoro è a un passo da "La7", la trattativa è molto avanzata sul piano sia contrattuale sia dei contenuti giornalistici che potrebbe autonomamente realizzare: la decisione definitiva spetta a lui".
Il giorno dopo il titolo di TelecomItalia Media schizza in Borsa del 17% mentre il "canaro" Stella, che tre giorni prima aveva annunciato di aspettare che "i macachi-conduttori" scendessero dal banano Rai, si frega le mani per la gioia. Fino a quel momento Franchino Bernabè tace e in quelle ore si prepara a raggiungere Saint Moritz dove nei saloni dell'hotel Suvretta partecipa alla riunione annuale del Bilderberg, la lobby dei cosiddetti "padroni del mondo".
L'euforia dentro "La7" e TelecomItalia Media continua nei giorni successivi ed è condivisa anche da Berlusconi che ormai ha cancellato dal suo taccuino l'indirizzo di viale Mazzini e dichiara: "Sono sincero, non posso dirmi dispiaciuto che Santoro lasci la Rai". Passano pochi giorni e la vergine miliardaria di "Annozero" rilascia una dichiarazione curiosa nel programma radiofonico "Un giorno da pecora" di Sabelli Fioretti dove dice testualmente: "La possibilità che io vada a "La7" è del 100% se le loro intenzioni fossero buone, concrete e rispettose delle nostre prerogative. Bisogna soltanto aspettare".
FRANCO BERNABESono parole che alle orecchie fini degli uscieri suonano strane come se nell'aria ci fosse qualcosa di irrisolto e dubitativo. E non hanno torto perché, secondo quanto risulta a Dagospia, in quel momento la lettera che annunciava la rottura delle trattative era già stata scritta. A fermarla sarebbe stata la volontà di Bernabè di non spedirla a Santoro prima che, il 17 giugno, giornalista salisse sul palcoscenico di Bologna per la serata celebrativa dei 110 anni della Fiom "Signori entra il lavoro. Tutti in piedi".
santoro-mentanaIn pratica Franchino avrebbe bloccato la rottura per non aggiungere altre frecce al San Sebastiano dell'etere che dal palco di Villa Angeletti a Bologna avrebbe potuto urlare il suo sdegno nei confronti delle catene alla libertà imposte da Telecom Italia. Secondo gli uscieri che hanno orecchie immense come la loro cultura, la decisione di rompere le trattative con Santoro è stata preceduta da un colloquio chiarificatore tra il manager di Vipiteno e il barbuto "canaro" di TelecomItalia Media.
santoroPer dirla con le parole forbite che appartengono al lessico del management, Bernabè avrebbe chiesto a Stella: "chi cazzo l'ha cercato questo Santoro?, sei stato tu?", e l'altro avrebbe risposto: "no, mi è arrivato tramite un regista che ha fatto da intermediario e da quel momento è cominciata la trattativa", poi quando Bernabè ha voluto conoscere le condizioni poste dall'anchorman transfuga della Rai, il povero "canaro" ha spiegato con grande imbarazzo che quelle di Michele non erano solo richieste di natura economica piuttosto pesanti per la piccola emittente, ma anche regole del tutto simili a quelle che gli avevano garantito la sua autonomia a viale Mazzini.
StellaE quando nel "pacchetto" è spuntato il vincolo (collaudato dentro la Rai per "Annozero") di annunciare il contenuto delle trasmissioni solo pochi minuti prima di andare in onda, pare che Franchino abbia perso la sua tradizionale freddezza fino al punto di scagliare una matita sul quadro di Andy Warhol che abbellisce il suo ufficio.
La richiesta di una totale autonomia da parte della vergine miliardaria con Ti-media nel ruolo di sede "ospitante" nonché obbligata alla copertura legale penale e civile, gli è parsa inaccettabile; da qui la decisione di interrompere la trattativa prima della serata Fiom a Bologna, cioè prima del 18 giugno.
PAOLO ROMANINonostante questa decisione il "canaro" Stella si presenta giovedì 23 per annunciare che con Santoro è stata trovata un'intesa di massima e aggiunge "spero di uscire presto con l'annuncio di firmare il contratto". Le sue parole vengono ribattute alle 13,36 dall'agenzia Ansa, ma poco dopo le 20 il povero Stella è costretto a rimangiarsi le sue parole con l'Ansa che scrive: "col dottor Santoro non è stato ancora trovato l'accordo".
Non ci vuole molto per capire che la figuraccia del povero Stella è il frutto di una confusione all'interno di un gioco più grande di lui. A fargli da spalla in quei giorni di fuoco ha sempre avuto accanto Enrichetto Mentana che ancora oggi in una lettera a Santoro pubblicata a pagina 33 del "Corriere della Sera" discetta sulla libertà e continua a non credere "che la via dell'intesa non sia del tutto preclusa".
È una lettera dalle intenzioni nobili dove si legge che i principali ingredienti della libertà sono due: l'intransigente necessità di esercitarla "per fare il nostro mestiere" e il successo che ne consegue. Si potrebbe discettare a lungo soprattutto sul secondo capoverso che lega la libertà al successo, e allo stesso modo si potrebbe alzare il ciglio quando Enrichetto sfida l'amico Santoro "diversamente libero" a cercare nella videoteca "una sola marchetta per questa o quella casa automobilistica, per questo o quello stilista, per questa o quell'azienda pubblica o privata (Telecom compresa)".
SILVIO BERLUSCONIAnche a costo di perdere la faccia, Montezemolo e Dieguito Della Valle sono pronti a mettere la mano sul fuoco per sostenere la tesi dell'amico Mentana, ma come già si è detto agli uscieri e ai loro figli il dibattito sulla tv senza padroni va riportato ai veri protagonisti dell'intera vicenda che non sono le due vergini miliardarie, ma Franchino Bernabè e il governo del Cavaliere ammaccato.
E qui bisogna ricordare alcuni passaggi: primo fra tutti quello che riguarda l'intenzione del Capo di Telecom di liberarsi de "La7" e di TelecomItalia Media vendendola in blocco. Non a caso il 10 giugno quando si dava per scontato l'arrivo di Santoro e di altre star, Telecom annunciava di aver affidato a Mediobanca il ruolo di advisor per la ricerca di possibili acquirenti. In quelle stesse ore Dieguito Della Valle e Lorenzo Pelliccioli varcavano i cancelli di Piazzetta Cuccia per tastare il polso del pallido Nagel sulla possibilità di mettere le mani dentro il business televisivo.
CLAUDIO SABELLI FIORETTIGli uscieri sono convinti che per Bernabè questa sia l'unica strada da seguire in modo da portare a casa 1 miliardo senza "irritare metà del pubblico, che gli dà 27 miliardi di ricavi telefonici con una tv santorizzata che renderebbe qualche centinaio di milioni di pubblicità" (come ha scritto ieri l'editorialista imbazolito del "Corriere della Sera", Massimo Mucchetti).
Se questo è vero e se la ricostruzione della "rottura" era già decisa a metà giugno, viene a cadere il teorema del baratto e del ricatto sull'annoso problema della Rete che il governo avrebbe esercitato prima e dopo l'ultima Finanziaria di Tremonti. Gli uscieri di Telecom ricordano che sul tema della banda larga in tutta Italia, gli scazzi tra Bernabè e il ministro ex-Opus Dei Paolo Romani durano da almeno un anno.
Luca Cordero Di Montezemolo e Diego Della Valle - Copyright PizziL'ultima versione del progetto, messo a punto negli uffici del ministero con l'aiuto di Roberto Sambuco, il Mister Prezzi braccio destro di Romani sulle tecnologie, prevedeva che nella società per portare la fibra ottica entro il 2020 nelle case degli italiani intervenisse la Cassa Depositi e Prestiti, una sorta di nazionalizzazione che avrebbe spossessato Telecom del suo asse principale.
frau DELLA VALLE ROSSELLA MENTANA tnPur di portare avanti il suo progetto il furbo Romani ha infilato la proposta nella manovra Finanziaria, ma qui si è scontrato con il "ragioniere" di prima classe Tremonti che nel testo finale della Finanziaria ha cancellato le quattro righe sulla banda larga.
Dopo la notizia sulla rottura della trattativa con Santoro è questa la notizia più appetitosa che gli uscieri hanno potuto raccontare ieri alle loro famiglie dietro le persiane di casa. Invece di parlare di baratto e di ricatto è quindi più opportuno parlare di un veto che Giulietto Tremonti ha posto di fronte all'ipotesi di utilizzare le risorse della Cassa Depositi e Prestiti nel momento in cui si sta raschiando il barile.
Nagel e PelliccioliIl risultato finale sembra segnare due punti a favore del manager di Vipiteno. Santoro rimane fuori dalla porta e la Rete per il servizio universale resta nelle sue mani. Alle due vergini miliardarie "diversamente libere" che dibattono sugli editori più o meno "sessuati" dal punto di vista politico, può rimanere il gusto di una dialettica brillante quanto sterile perché - come direbbe il "canaro" Stella - "business is business".