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NON SOLO BISI - ECCO CHI SONO I SUPERLOBBISTI CHI, LE EMINENZE GRIGIE CHE INFLUISCONO SU ECONOMIA E POLITICA - DA BERETTA A DINI (DE BENEDETTI), DA COMIN (ENEL) FINO ALL’ENFANT PRODIGE MARCO SIMEON (DAL CARDINAL BERTONE ALLA RAI) E RICCARDO PUGNALIN (SKY): PROFESSIONISTI DI PUBLIC AFFAIRS CHE OPERANO RIGOROSAMENTE ALLA LUCE DEL SOLE (FINO A INTERCETTAZIONE CONTRARIA)…

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Andrea Ducci per "Il Mondo"

BISI

Tutta colpa di Bisi. Lo scandalo P4 e il fiume di intercettazioni uscito dalla Procura di Napoli ha avuto un riflesso immediato. Ora parlano meno al telefono, si muovono con maggiore circospezione intorno ai caffè e alle sale da tè nei pressi di Montecitorio, evitano gli appuntamenti nelle terrazze romane e nei grandi alberghi di Via Veneto. Dopo la mazzata di Tangentopoli che li aveva relegati nel ruolo di novelli appestati, i lobbisti si trovano ancora una volta nella scomoda posizione di dover difendere l'immagine di una categoria spesso contaminata da personaggi del sottobosco che gravita a cavallo tra i sensali e i millantatori.

Il pregiudizio, del resto, accompagna da sempre una professione che in verità richiede doti di diplomazia, empatia e un'ottima conoscenza dei dossier che ballano nelle commissioni parlamentari.

Un duro lavoro che l'inchiesta su Luigi Bisignani e il suo ruolo occulto negli affari politici ed economici del governo ha di nuovo gettato nella polvere. Tanto che Claudio Velardi, ex Lothar di Massimo D'Alema ai tempi della presidenza del Consiglio, e attuale lobbista capace di passare da assessore al Turismo in Campania nella fase conclusiva dell'era Bassolino a spin doctor per la campagna elettorale (fallimentare) di Gianni Lettieri a sindaco Pdl di Napoli, ha sentito il bisogno di difendere la categoria.

CLAUDIO VELARDI

In una lettera al Corriere della Sera ha prima confessato e poi rivendicato il proprio mestiere di lobbista. E con la consueta furbizia ha elencato le grandi battaglie in nome delle quali l'esercizio della lobbing si è accreditato agli occhi dell'opinione pubblica.

Tutte cause nobili, come quella di Greenpeace, quella della comunità gay per ostacolare la nomina di Rocco Buttiglione a commissario europeo, così come gli sforzi dell'European women's lobby per assegnare maggior peso alle donne ai vertici di aziende e istituzioni. Altro che Bisignani, insomma, ha tenuto a ribadire Velardi.

Tutto vero. Come è altrettanto vero che le prove di forza su cui sono chiamati a confrontarsi i lobbisti e i portatori di interessi restano quasi sempre legate a grandi partite economiche. Un aspetto che combinato con l'assenza di una legge che ne disciplina l'attività finisce per alimentare sospetti ed opacità.

Malgrado i lobbisti spendano moltissimo tempo all'interno dei palazzi del potere a Montecitorio, non è mai passata una norma per stabilire confini e paletti della professione. Se a Washington ci sono circa 10 mila lobbisti in servizio permanente e regolarmente iscritti ad un registro previsto dal Lobbing Act del 1946 e dal Lobbying and Disclosure Act del 1995 a Roma nessuno ha un'idea precisa. Anche perché in 63 anni di storia repubblicana le proposte di legge in materia hanno superato la trentina senza però essere discusse in aula e, perciò, destinate a restare lettera morta.

COMIN

In questo limbo si muovono centinaia di professionisti seri e qualificati che ambiscono a giocare un ruolo chiave nella vita di provvedimenti, leggi, norme, atti, interrogazioni e interpellanze parlamentari.

Tutto ciò che può portare beneficio ad un'azienda, un comparto industriale, una categoria merceologica, un ordine professionale è pane quotidiano. Il mestiere di lobbista è riconducibile a tre tipologie di profili. I direttori dei rapporti istituzionali delle grandi aziende, i consulenti e i cani sciolti. Soprattutto quest'ultima categoria è quella che raccoglie personaggi di ogni genere.

C'è tuttavia un dato di cui tenere conto per comprendere la professione. Il lobbista è un camaleonte che muove in modo trasversale piluccando all'interno di un'agenda di contatti pressoché infinita.

MAURIZIO BERETTA

Un esempio è Marco Simeon, vero enfant prodige (è nato nel 1977) che grazie alla fiducia accordatagli dal cardinal Tarcisio Bertone ha bruciato le tappe. Dopo la nomina nel consiglio della Fondazione Carige e quella di segretario generale di una fondazione che fa capo alla Pontificia Commissione per i beni e le Attività Artistiche della Chiesa gli si è spalancata la strada per Roma.

Per qualche anno ha curato le relazioni istituzionali di Capitalia e poi di Mediobanca, facendone una sorte di ambasciatore presso la Santa Sede per conto di Cesare Geronzi. E alla fine del 2009 Mauro Masi lo ha scelto come direttore delle relazioni istituzionali della Rai.

Proprio da Viale Mazzini è partita la carriera di Maurizio Beretta, che da giornalista è poi passato a capo delle relazioni istituzionali della tv pubblica. Di lì il balzo verso Torino dove in Fiat ha ricoperto il medesimo incarico fino al 2004, quando è rientrato nella capitale per il ruolo di direttore generale della Confindustria targata Luca di Montezemolo.

Da qualche mese è il nuovo capo della responsabile della struttura Identity and Communications di UniCredit, ma al tempo stesso è anche presidente della Lega calcio e lo resterà fino a quando le squadre non troveranno un sostituto.

Fabio Corsico

Nel club dei direttori dei public affairs di grandi aziende e provvisti di contatti illimitati tra figure istituzionali, politici, alti funzionari, capi di gabinetto e giornalisti sono iscritti d'ufficio anche Gianluca Comin di Enel (anche lui ex redattore parlamentare al Gazzettino), Stefano Lucchini (già collaboratore di Raul Gardini poi al vertice delle relazioni esterne di Enel e Banca Intesa) e oggi all'Eni, Fabio Corsico, che lavora per i molteplici interessi (editoria, banche, costruzioni, assicurazioni) di Franco Caltagirone dopo una stagione con Giulio Tremonti a Via XX Settembre e un passaggio all'Enel, Franco Brescia oggi a capo della struttura public and regulatory affairs di Telecom.

Marco Simeon

Dopo la truppa dei big segue un plotone di direttori altrettanto abili ma con alle spalle aziende e blocchi di potere meno pesanti. Qualche esempio sono Gianni Buttitta, ex Confindustria approdato a Terna, il trentasettenne Francesco Delzio, capo delle relazioni esterne e degli affari istituzionali di Piaggio oltre che membro del direttivo di Federmeccanica e consigliere di amministrazione dell'Università Luiss Guido Carli.

Poi ci sono Francesco Dini, plenipotenziario di Carlo De Benedetti sulle partite istituzionali e Riccardo Pugnalin, direttore affari istituzionali di Sky. Tra i consulenti che prestano servizi di lobbing alle aziende c'è Licia Soncini, che dopo avere curato i rapporti con il parlamento per conto del gruppo Ferruzzi Montedison nel 1998 ha fondato Nomos Centro Studi Parlamentari.

usp22 gianni buttitta marco antonellis marra

I competitor diretti di Nomos sono FB & Associati, costituita una quindicina di anni fa da Fabio Bistoncini, e Cattaneo Zanetto & co. Più di recente sono nate Beretta Di Lorenzo & partners, che vede tra i fondatori proprio Maurizio Beretta, Vera di Francesco Schlitzer (ex direttore affari istituzionali di Autostrade), e Mercury Media Consulting che fa capo a l'ex portavoce di Beppe Pisanu, Luca Mantovani. Il terzo anello dei lobbisti è quello multiforme e multicolore dei battitori liberi.

A cui appartengono personaggi molto diversi tra loro per estrazione, cultura e percorso professionale. Il decano è Giancarlo Elia Valori, con una carriera infinita tra istituzioni e aziende pubbliche.

francesco dini FD

Nell'elenco però finiscono di diritto Chicco Testa (ex parlamentare del Pds, ex presidente di Enel, banchiere di Rothschild), Pippo Marra (editore e patron indiscusso dell'Agenzia Adn Kronos), Marta Dassù (direttore generale dell'Aspen Institute in Italia), Angelo Mellone (dirigente Rai, editorialista e membro del comitato direttivo di Italia Futura), Daniela Viglione (ex Montedison e Finmeccanica oggi amministratore delegato di Agi, Agenzia giornalistica Italia), Laura Pellegrini (ex Ferrovie dello Stato ai tempi di Lorenzo Necci e nominata da poco dal ministro Raffaele Fitto a capo della Struttura Tecnica di monitoraggio sulla Sanità, Stem), Enrica Giorgetti (direttore generale di Farmindustria ed ex Confindustria e Autostrade) e Paolo Glisenti (consulente di Letizia Moratti e ora di Gianni Alemanno).

 


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