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VOGLIO UNA VITA SPERICOLATA (ALL’OSPIZIO) - VASCO NON CI CASCO, SEI PIù BOLLITO DI CELENTANO: TELEFONI A MEDIASET PER SALUTARE VALENTINO ROSSI, PRENDE POSIZIONI SUL NUCLEARE, BOFONCHI SU TUTTO - LA VERITÀ È CHE NON HA PIÙ LA CARICA DI UNA VOLTA - GLI ULTIMI ALBUM SONO STANCHI: TESTI ELEMENTARI, ARRANGIAMENTI GIÀ SENTITI, VOCALI ALLUNGATE E LA GESTUALITÀ DA MACCHIETTA - L’ULTIMO DISCO DECENTE, “CANZONI PER ME”, È VECCHIO DI 13 ANNI…

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Andrea Scanzi per il "Fatto quotidiano"

Vasco Rossi

"Mi ritiro da rockstar". La frase di Vasco Rossi fa rumore. I fans si lamentano, la critica si divide. Reale intendimento o mossa pubblicitaria? Il dilemma pervade financo Pierluigi Bersani, che ne scelse una strofa come slogan in una campagna elettorale: "Un senso a questa storia".

Quella volta, Bersani si dimenticò che la frase andava avanti così: "Anche se questa storia un senso non ce l'ha", che era e resta un'ottima recensione del Pd. In merito all'esternazione vascorossiana, il leader del centrosinistra ha detto di crederci "come al governo d'emergenza". Convinto, anche lui, che il suo idolo non andrà in pensione.

Fa sorridere che Vasco abbia scelto, come luogo dell'annunciazione, lo speciale del Tg1. Ovvero il luogo più distante da una rockstar. Un po' come se Stanley Kubrick avesse dato l'addio al cinema a casa dei Vanzina. Non si capisce, poi, da cosa si congedi Rossi: continuerà con i dischi, continuerà con i concerti qua e là. Quindi? Sembra voler smettere "solo" con le tournèe. E' un addio a metà, forse dettato dal fisico sfiancato da una vita spericolata, come da canzone celeberrima. E forse no.

Ultimamente Rossi è più ciarliero. Telefona a Mediaset per salutare il suo omonimo Valentino da Chiambretti (e nessuno capisce cosa stia bofonchiando), prende posizioni sul nucleare - verso cui era favorevole, "tanto ce l'ha pure la Francia". Ora si dimette da rockstar. La battuta più facile, nonché maligna, è che è stato l'ultimo ad accorgersene.

vasco rossi

Morgan ha sentenziato che Vasco è morto artisticamente a 27 anni, e si potrebbe anche condividere, aggiungendo però che almeno Vasco è nato. Più passavano gli anni, più suonava calzante la recensione perfidamente affettuosa di Edmondo Berselli in Canzoni: "Sulle assi del palcoscenico si muove come un tacchinone, saltando qua e là con balzi che il peso rende magnificamente goffi, e quando si avvicina alla chitarra solista, mimando con audacia il riff spalla a spalla con il chitarrista, sembra il ritratto dell'ex giovane che si è lasciato un po' troppo andare".

Artisticamente, gli ultimi album sono oggettivamente stanchi. Testi elementari, arrangiamenti già sentiti e un effetto d'insieme vagamente caricaturale, le vocali allungate e la gestualità - le mani unite a mimare l'organo femminile - da camionista boccaccesco.

Vasco Rossi non ha dichiarato di dimettersi: se n'è accorto. Con ritardo, ma almeno c'è arrivato. Molti suoi colleghi non vantano la stessa capacità di autoanalisi. L'ultimo disco rimarchevole, Canzoni per me, è vecchio di 13 anni. Guai però a derubricarlo dozzinalmente alla voce "bollito". La carriera, in studio e dal vivo, contempla non poche perle. Toffee, Liberi liberi, Sally, Ogni volta, Vivere, Quanti anni hai. Eccetera. Se Fabrizio De André lo riteneva l'unico suo vero erede, un motivo ci sarà stato.

E se vanta ancora un esercito trasversale di adepti, la mitizzata "Combriccola del Blasco", significa che la sua rabbia generica (chi era mai quell'Alfredo che aveva colpa di tutto?), gli inni biliosi generazionali (Siamo solo noi) e le folgorazioni istintive ("Perché la vita è un brivido che vola via/ è tutta un equilibrio sopra la follia") funzionano ancora.

vasco rossi

Così lo fotografava il corregionale Tondelli sul finire degli Ottanta: "In anni in cui tutto stava andando verso la normalizzazione, il carrierismo, il perbenismo, Vasco, con la sua faccia da contadino, la sua andatura da montanaro, la sua voce sguaiata da fumatore, il suo sguardo sempre un po' perso, diventava l'idolo di una diversità".

Che poi questa "diversità" sia rock, è opinabile. Non è tanto Vasco ad abdicare, quanto un genere intero. Perlomeno in Italia. La penuria è tale per cui, da decenni, va di moda la sfida tra Rossi e Ligabue, col piccolo particolare che il secondo (pur dotato) sta al rock come Romano Prodi a Che Guevara.

Vasco Rossi

In Italia il rock è un miraggio vietato. Terra di popstar e di cantautori, di melodici e posteggiatori: di rock vero e proprio, però, assai poco. Non è questione di età che avanza: Neil Young sa ancora incendiare, che attacchi o meno la spina. Lo stesso Bruce Springsteen, prima che si vedesse falcidiati i compagni per strada, rimaneva irresistibile dal vivo nonostante i 62 anni (tre più di Vasco). Per non parlare delle nuove leve. In Italia, no. Il rock è sempre stato derivativo (ovvio) e di maniera (meno ovvio). Rare le eccezioni, tra queste l'eterna scena "indie", tanto satura di idee quanto affezionata - e costretta - alla nicchia.

In fondo, Vasco Rossi non ha fatto che parafrasare Woody Allen: "Il rock è morto, in Italia forse neanche è mai nato, e anch'io mi sento poco bene". Auguri.

 


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