1- DAGOREPORT: LA GENIALATA DI SGARBI (A SUA INSAPUTA!)
Massì, poteva essere la grande occasione di sputtanare tutto e tutti. Mettere in mutande un paese che ha fatto del familismo amorale - chiamatelo roboantemente anche "mafia" - la sua bandiera. Io raccomando te, tu raccomande me, ed insieme raccomandiamo un altro amichetto.
Tutti insieme artisticamente, destra e sinistra e centro, berlusconidi e anti-cainano, Eco, Fo, Ozpetek e Olmi, Settis e La Capria, Lidia Ravera e Ascanio Celestino, Augias e Dorfles insieme a Gianni Letta e Giuliano Ferrara, Pupi Avati e Adriana Asti, etc. Tutti hanno risposto alla chiamata del critico d'urto, del pallore gonfiato, del vecchio Sgarbone. Dal Padiglione Italia sbuca un bel ritratto-polaroid di un'Italia che non si vergogna di niente, ben felice di ammucchiarsi pur di favorire qualche amico con la fregola del pennello.
BIENNALE- foto ciani-bassettiEcco, l'operazione che Sgarbi ha messo in moto (a sua insaputa) va presa globalmente come un'opera unica chiamata Italia che lascia indecisi se chiamare il Mago Merlino o la senatrice Merlin.
2- IL GIORNO DI SGARBI CONTRO TUTTI «LA MODA HA MERCIFICATO L'ARTE»
Pierluigi Panza per il Corriere della Sera
Per la civiltà dell'arte, contro il sistema della moda che l'ha fagocitata. Presentando ieri il «suo» Padiglione Italia intitolato «L'arte non è cosa nostra» , Vittorio Sgarbi ha sferrato un attacco agli stilisti-collezionisti, ai critici omologati e asserviti al mondo radical-chic, alle sovrintendenze per gli spazi concessi a installazioni di archistar e all'ipocrisia di alcuni artisti.
L'attacco più duro è quello alla moda, che inventa opere-brand per poi mercificarle in una dimensione ipercapitalistica sulla quale avevano già messo in guardia Heidegger (in Sentieri interrotti) e Debord. «Al pensiero delle Sozzani, Prada, Trussardi e Fendi preferisco quello, lontano dai soldi, degli eredi di Montale e Testori» , afferma con ironia il critico.
BIENNALE- ELIO E SGARBI«La moda parla di maestri, ma se non hanno una K o una H nel nome, meglio se in fondo, non li espongono nemmeno. Quelli di cui oggi tutti parlano sono i maestri dei piccioni, i tipi alla Damien Hirst» .
BIENNALE- ELIO E SGARBIIl riferimento è alle esposizioni della Fondazione Trussardi a Milano curate da Massimiliano Gioni, alla collezione Prada seguita da Germano Celant (Prada ha inaugurato l'altro ieri un museo a Ca' Corner a Venezia) e così via. Questo insieme di iniziative configura un nuovo pensiero unico: «Oggi sembra che la direttrice di "Vogue"sia diventata come Vasari» .
E giù esempi di mostri generati dall'intreccio arte-marketing. Primo fra tutti la (per ora) non riuscita esposizione Ascension di Anish Kapoor alla Basilica di San Giorgio: «La sovrintendenza non doveva consentire un tale scempio, fatto con ventilatori e un aspiratore, all'interno di un'architettura palladiana» . E ancora: «Per non parlare di quell'aborto che il cosiddetto artista Schnabel, uno che va in giro in pigiama, ha collocato in una nicchia del Sansovino. Palladio vale 1.800 Kapoor» .
BIENNALE- ELIO E SGARBIDopo le accuse alla moda e ai sovrintendenti per l'accondiscendenza verso quel mondo, Sgarbi è passato all'attacco dei sedicenti critici d'arte, una figura professionale nata nel Settecento come mediatore tra gli artisti e il nascente mercato che, forse, ha fatto il proprio tempo.
BIENNALE- foto ciani-bassetti«Decenni fa, alcuni critici impedirono l'esposizione dell'orinatoio di Duchamp; oggi, invece, scrivono senza vedere. Tutti quelli che hanno recensito il Padiglione Italia non si sono nemmeno accorti che era esposto un Piero della Francesca. Questa mostra è proprio contro il loro sistema autoreferenziale, ignorante e ridicolo. Vorrei ricordare che tra i circa 200 intellettuali che hanno scelto le opere in esposizione, e che giustamente non devono essere degli specialisti perché l'arte è per tutti, ci sono figure come D'Ormesson, Fumaroli, Kureishi, Eco, Fo, Ozpetek e Olmi, credo tutti culturalmente superiori alla Sozzani. Ma questo i giornalisti e i critici non lo sanno. Per loro, Montale vale meno della Sozzani» .
L'intenzione di Sgarbi è quella di riscoprire il rapporto tra letteratura e arte, a suo avviso non più esplorato dai tempi di Pasolini e Moravia, un mondo alternativo a quello di critici come Bonami e Bonito Oliva. «Perché dovremmo affidarci a quelli che, con civetteria, si fanno chiamare curatori indipendenti? Forse perché ci indichino i loro protetti e ci portino nella loro infermeria dove curano i loro pazienti? Con loro, l'arte è diventata un sanatorio separato dal mondo al quale hanno accesso esclusivamente medici e parenti dei malati... e solo accidentalmente visitato da persone sane» .
BIENNALE- foto ciani-bassetti BIENNALEPoi ce n'è per gli artisti. «C'è chi è presente ma si vergogna, come Kounellis, che è nel padiglione con quattro chiodi attaccati a un lenzuolo, ma non è venuto a Venezia per non essere contaminato da me. Più che arte povera è poverissima. Lui, comunista, non poteva dire di no alla miliardaria Fendi che lo ha segnalato, perché lei compra le sue opere. Jodice, invece, ha scritto a un giornale per spiegare le ragioni della sua assenza, ma in realtà è presente! Ontani ha definito la mia mostra un gioco di società: ma poi è presente. Un critico ha lamentato l'assenza di Enzo Cucchi, che però ho esposto a Palazzo Grimani con 30 opere» .
Cattelan? «C'è anche lui. Ho esposto l'intervista dove dice che si ritira. Meglio. Lui è un uomo della moda, che ha fatto cose divertenti per le signore Prada e per Trussardi» . La coraggiosa, e a tratti commovente, invettiva di Sgarbi- che ricorda l'analoga lanciata dall'antropologo Franco La Cecla («la moda ha ucciso l'architettura» )- è stata da molti apprezzata a Venezia. Mescola orgoglio, nostalgia e Kunstwollen (volontà artistica), dimenticando, però, che i rapporti di forza dettati dal capitale sull'arte ci sono sempre stati, anche nell'età dei Medici e degli Este.
GELITIN BIENNALEOggi gli stilisti (che sostengono anche i restauri) investono su artisti giocattolo che disegnano gadget o capi di abbigliamento: sarebbe compito dei critici smascherarne la pochezza, ma non si capisce su quali basi. Sgarbi ha anche mostrato una lettera che gli ha inviato il critico francese Fumaroli, dove si sostiene che «il rapporto con la moda ha rovinato l'arte consegnandola al mercato» .
BIENNALE- ELIO E SGARBIE la stessa direttrice del ministero, Antonia Pasqua Recchia- pur censurando le critiche di Sgarbi alle sovrintendenze veneziane che hanno «lavorato al suo servizio» - ha apprezzato il padiglione definendolo «un'esplorazione utile per avvicinare anche un pubblico di non addetti ai lavori all'arte contemporanea» .
Tra i duecento esposti nell'allestimento progettato da Benedetta Tagliabue Miralles (già Leone d'oro a Venezia) ci sono, del resto, nomi ad ampio spettro, che vanno dal «vecchio» Vangi a Vanessa Beecroft, dal designer Gaetano Pesce ai fotografi scelti da Zannier.
3- "MA COME SI PERMETTE NOI AIUTIAMO LA CULTURA"
Stefano Bucci per il Corriere della Sera
Il commento di Franca Sozzani (direttrice e anima di «Vogue Italia» e dell' «Uomo Vogue» nonché direttrice editoriale di Condé Nast per l'Italia) alle accuse lanciate da Vittorio Sgarbi arriva implacabile: «Come si permette?» . E aggiunge, dopo essersi detta sorpresa, con tono altrettanto tagliente: «Ognuno faccia il proprio mestiere. Oltretutto che cosa ne sa Sgarbi di moda visto che ne sa così poco di arte contemporanea?» .
SILVIA FENDI FRANCA SOZZANIQuella di Franca Sozzani non è certo una risposta dettata dall'istinto: «Sgarbi è certamente un bravo studioso d'arte antica, ma conosce ben poco di arte contemporanea». Ultima frecciatina: «Ognuno deve imparare a stare al proprio posto. E così come io non giudico né giudicherò il suo Padiglione Italia, lui non si deve permettere di giudicare il mio lavoro» .
Secondo il migliore «Codice Prada» «no comment» da Miuccia Prada. E soltanto poche parole da Germano Celant, critico e curatore (con la stessa Miuccia Prada) di quella selezione dalla collezione attualmente esposta a Ca' Corner della Regina (sempre a Venezia): «Non mi interessa assolutamente quello che ha detto Sgarbi. È una questione minima, un problema locale, senza alcuna importanza a cui non voglio dare assolutamente soddisfazione» .
E dunque? Ecco pronto un altro «no comment» . Intanto alle «intemperanze del curatore» il ministro dei Beni culturali Giancarlo Galan risponde «difendendo» prima di tutto «le soprintendenti messe sotto accusa» e poi confermando che oggi si recherà comunque «a visitare il Padiglione Italia per manifestare tutto il mio rispetto verso il lavoro encomiabile di dirigenti, funzionari e artisti».
Francesco Bonami Beatrice TrussardiPiù dura la reazione di Francesco Bonami, curatore della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e a lungo responsabile anche delle scelte della Fondazione Pinault (altro marchio della moda che ha dimostrato grande interesse per l'arte) anche lui messo sotto accusa (con Bonito Oliva) da Sgarbi: «Che cosa voglio rispondere? È molto difficile parlare in modo sensato davanti ad un delirio allucinatorio, ad un attacco così scomposto. Piuttosto che lanciarsi sui presunti danni degli stilisti che comprano arte contemporanea, Sgarbi dovrebbe monitorare le reazioni, assai negative, di chi ha visitato il suo Padiglione Italia su cui bisognerebbe davvero stendere un pietoso velo» .
pnne20 celant alessandra mammimassimiliano gioniInsomma: «Se c'è qualcuno che fa del male all'arte contemporanea, quello è proprio Sgarbi» . Pacata ma decisa anche la risposta di Beatrice Trussardi, presidente della Fondazione Nicola Trussardi (curata da Massimiliano Gioni e che tra le sue mostre più recenti ha proposto Paul McCarthy e Tacita Dean): «Fa tristezza vedere che Vittorio Sgarbi nella sua veste ufficiale di curatore del Padiglione italiano si permetta di insultare chi da anni sostiene gli artisti, l'arte, i musei e le istituzioni, tra cui la stessa Biennale di Venezia. Noi, come fondazione, da sempre siamo al fianco degli artisti italiani e internazionali: nel 2009, ad esempio, abbiamo finanziato l'opera di Roberto Cuoghi che ha anche ricevuto una menzione speciale dalla giuria della Biennale» .
Prosegue Beatrice Trussardi: «L'ex assessore alla cultura Sgarbi inoltre dovrebbe ricordarsi anche che proprio le fondazioni private della moda sono riuscite a Milano dove le istituzioni pubbliche hanno fallito per più di cinquant'anni. A Milano, per quello che riguarda l'arte contemporanea, le mostre internazionali messe in piedi dalle fondazioni private, mostre aperte a tutti e gratuite, hanno supplito alla carenza del sistema pubblico, creando di fatto una rete di musei privati. Per anni i politici, tra cui lo stesso Sgarbi, hanno promesso musei e biennali, mentre le fondazioni private e la moda, senza inutili proclami e sempre a proprie spese, hanno regalato alla città e al pubblico importanti occasioni di cultura» .
famiglia prada - Patrizio Bertelli e Miuccia Prada coi figli Lorenzo e Giulio (1999)Achille Bonito Oliva4- VENEZIA OFFRE (ANCHE ) "SODOMIA D'ARTISTA" - I GELITIN USANO ALLO SCOPO UNA BANANA COMPLETA DI BUCCIA: «NON ERA UNA PERFORMANCE, TRA NOI LO FACCIAMO SEMPRE»
Francesca Pini per il Corriere della Sera
Inutile invocare la Buoncostume e men che meno la censura. Alla Biennale di Venezia succedono eccessi di ogni tipo e talvolta anche cose che non vorremmo mai vedere. Ma qui siamo in un territorio franco che accetta ogni sorta di trasgressione. Oppure no?
achille BONITO OLIVASono le 17.03 di ieri ed esco dal Padiglione italiano che, a suo modo, è una sconcezza surreale (non solo per colpa di Sgarbi, ma anche di quegli artisti bravi che non hanno saputo dire di no a un'ammucchiata che li stritola: il kitschartista Marco Lodola afferma che questa edizione è la rivincita dei peones). E la ciliegina sulla torta sono anche i due tronisti nudi (un uomo e una donna in carne ed ossa) messi lì tra l'erba. Mi dirigo al Giardino delle Vergini, e incoccio subito in un'altra sconcezza, ma di quelle toste. Ed è proprio vero che al peggio non c'è mai fine.
IL COLLETTIVO IRRIVERENTE - Vengo attirata dal richiamo visivo di un gruppo di statue religiose dai colori fluo (la Madonna, San Pietro e il serpente, opera di Katharina Fritsch) e, soprattutto, dalla musica incalzante di una band hard rock. Situazione simil Woodstock ma formato mignon (lo spinello fa parte dell'ambience). Sul fondo, una montagnetta di tronchi di legno e lì sopra due che ballano quasi una lap dance, ma vestiti normali, con fare più annoiato che sexy.
Un forno acceso che surriscalda l'aria (e fa un caldo boia) nel quale si fonde il vetro delle tante bottiglie di birra e vino bevute, in un gesto di riciclo molto greenmodaiolo. Questo è il «padiglione» open air dei Gelitin, un famoso, irriverente collettivo austriaco (fondato a Vienna nel 1978), invitato a questa Biennale. E cosa ti serve a merenda questo gruppetto di artisti? Nudo come un verme c'è uno di loro che si offre a un altro in una pratica di sodomizzazione con una banana (completa di buccia). La cosa va avanti per un po' finché la musica smette e il pubblico astante applaude.
Jeff Koons e Ilona Staller fuckEDICOLE NOTTURNE - Ma che cosa c'è da applaudire come degli invasati? Siamo in un porno da edicole notturne, in giochi di nonnismo da caserma, nel voyeurismo più assoluto (anche Jeff Koons ha spesso indugiato sull'argomento ma sempre controllandone l'estetica). Non c'è neppure la sofisticazione intellettuale dell'Azionismo viennese, alla Nitsch, artista che pure nelle sue performances sparge e cosparge le persone di sangue animale in un rito purificatorio dell'esistenza umana, macchiata dalla sua colpevolezza eterna.
Ali Janka, un componente fondatore dei Gelitin (vestito di un candido abito bianco da impiegato modello viennese versione estiva) commenta: «Non era affatto una performance. Questa volta abbiamo fatto davanti a tutti ciò che facciamo normalmente quando ci troviamo fra di noi a casa o in studio. Usiamo di tutto: carote, melanzane... Personalmente ho cucinato anche della pasta condendola con escrementi». E con l'urina i Gelitin hanno fatto pure dei ghiaccioli.
BIENNALEMISTIFICAZIONI - Che ogni cosa possa assurgere a fatto, espressione d'arte è una mistificazione bell'e buona, vidimata da una società dell'immagine che vuol superare se stessa in acrobazie, finendo risucchiata in un vuoto narcisismo di contenuti e nella nullità del messaggio.
GELITIN BIENNALELa lista di istituzioni e gallerie che sostiene questo progetto dei Gelitin alla Biennale è corposa e blasonata: ed evidentemente il pietoso spettacolo di ieri è da considerarsi più chic che choc. In questi giorni, ai Giardini della Biennale, circola un artista brasiliano, Fabio di Ojuara, con in testa un'asse del wc e la scritta 'now every shit is art' (per meglio comprendere, fare copia e incolla in Google traduttore).
GELITIN BIENNALEBIENNALE- foto ciani-bassetti