Giuseppe Milano per "il Riformista"
Il rapporto sul settore bancario italiano nel 2010 ha tratteggiato un panorama a tinte fosche per gli istituti di credito italiani, un panorama che giustifica a posteriori l'invito lanciato alcuni mesi fa dal governatore Mario Draghi a rimpolpare il capitale.
GIUSEPPE MUSSARIVolendo guardare il bicchiere mezzo pieno, però, va detto che, in una fase storica come quella attuale in cui gli elementi di crisi si succedono giorno dopo giorno, i dati possono in qualche modo essere considerati vecchi e sopravanzati dalle ultime trimestrali, relativa ai dati dei primi tre mesi del 2011, che hanno in molti casi evidenziato un recupero sopra le attese in termini di margini.
Tornando al report dell'Abi, il primo dato che emerge è che le banche italiane hanno continuato a fare utili nonostante un deciso deterioramento della base dei crediti. Le sofferenze delle banche italiane nel 2010 «mostrano una consistenza al netto delle svalutazione di 44 miliardi a fronte dei 33,7 miliardi di fine 2009» mentre l'utile di esercizio presenta un aumento dell'1,5% attestandosi a 7 miliardi di euro.
GIULIO TREMONTINon solo. L'incidenza delle sofferenze sul totale delle esposizione creditizie verso clientela per cassa è pari al 2,2%, a fronte dell'1,7% del 2009. In sostanza i crediti di difficile recupero sono aumentati di circa 11 miliardi, segno che la crisi continua a colpire i debitori al punto da rendere loro impossibile (o quasi) la restituzione dei capitali avuti in prestito, e nonostante questo gli utili sono aumentati, seppure in maniera limitata ma sempre e co- munque in percentuale superiore alla crescita del Pil Italiano.
Nel 2010 le banche italiane hanno anche evidenziato un continuo recupero dei coefficienti di patrimonializzazione, divenuti l'ossessione del sistema creditizio internazionale dopo la recente crisi che ha messo molte assicurazioni e banche mondiali di fatto in bancarotta costringendo gli stati a salvataggi precipitosi.
Le nuove regole di Basilea III impongono dei coefficienti molto elevati. E molti istituti si sono riusciti a portare negli standard richiesti senza chiedere soldi agli azionisti. Fra coloro che hanno deciso di soprassedere per il momento all'aumento ci sono Unicredit e Carige. Secondo il rapporto Abi le banche italiane migliorano il loro livello di patrimonializzazione: il primo coefficiente passa dall'8,21% del 2009 all'8,67% nel 2010. Il total capital ratio, relativo all'intero patrimonio di vigilanza si at- testa al 12,11% rispetto all'11,60% dell'anno precedente.
MARIO DRAGHI«Molto è stato fatto insieme alle banche e il lavoro comune ha dato risultati verificabili» ha sottolineato il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, intervenendo in video conferenza alla presentazione del rapporto sul settore bancario dell'Abi ricordando che «l'Italia nello scenario della crisi ha manifestato alcune particolarità positive» e che «altri sistemi hanno sviluppato attività e sostenuto l'economia con la droga del debito mentre da noi il sistema ha tenuto e non ha dovuto mettere denaro pubblico nell'impresa privata. Altrove la struttura pubblica ha dovuto sostenere la struttura privata».
Federico Ghizzoni UNICREDITGiuseppe Vegas ha approfittato dell'occasione per stigmatizzare l'eccessivo bancocentrismo del sistema produttivo italiano e l'autoreferenzialità eccessive delle nostre banche, che poco si sono ibridate con realtà internazionali: «Forse c'è un legame troppo stretto fra le banche italiane e il sistema italiano: forse servirebbe maggiore internazionalizzazione. Alcune lo sono ma non è sufficiente» si è chiesto il presidente della Consob, ricordando inoltre che «tra il sistema produttivo e il sistema bancario la relazione è troppo stretta perchè sono le banche che finanziano il sistema della produzione».
Il presidente dell'Abi Giuseppe Mussari si «è limitato a fare delle riflessioni sull'aspetto contrattuale dei bancari». Le virgolette sono d'obbligo perché Mussari ha declinato un concetto, quello del contratto legato alla produttività, che per i sindacati del settore bancario è un non piccolo tabù.
«Non abbiamo alternative a un'impostazione delle relazioni contrattuali con i lavoratori delle banche giocata sul tema della produttività», ha spiegato Mussari, aggiungendo che l'Abi, «ha cercato di innovare un sistema contrattuale che va avanti dal 1945: occorre ragionare in termini di recupero della redditività.
CARIGESarà una discussione complicata con le organizzazioni sindacali - ha aggiunto - occorre iniziare a combinare alcune matrici perché non credo che il nostro Paese abbia problemi di crescita ma di dinamica della rescita: è difficile raggiungere la velocità che auspichiamo con la stessa logica e gli stessi strumenti del passato».