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30! BUON COMPLEANNO P2 - GUZZANTI ALZA IL CALICE: “OGGI QUELLO CHE RESTA È IL LASCITO PERMANENTE DELLA CULTURA DEL SOSPETTO E UN GELLI CHE A 92 ANNI RECITA NELL’INDIFFERENZA GENERALE IL RUOLO DI DISPENSATORE DI MESSAGGI CIFRATI” - MA SU UNA COSA VARREBBE LA PENA INDAGARE: LA DECAPITAZIONE DEI COMANDI DI SERVIZI E FORZE ARMATE IN PIENA GUERRA FREDDA - E POCHI GIORNI PRIMA CI FU L’ATTENTATO A WOJTYLA. UN CASO? - VIGNA RIVELA: \"1981? LE LISTE ERANO NOTE GIÀ NEL 1976\"…

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1 - A CHI È SERVITO LO SCANDALO P2...
Paolo Guzzanti per "Panorama"

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Sono passati trent'anni: titoli giganteschi, la patria in pericolo salvata appena in tempo, i giornalisti spediti a frugare tra gli iscritti alla loggia massonica segreta Propaganda 2, poi detta P2; i nomi di militari, politici, imprenditori e gente di spettacolo (Maurizio Costanzo, il povero Alighiero Noschese perfetto imitatore, poi morto suicida...) riuniti in una losca combriccola di cui si sussurrava molto e si sapeva poco. Oggi non se ne sa veramente molto più dopo i processi penali e i lavori della commissione d'inchiesta guidata dalla democristiana Tina Anselmi.

Certo, il «programma politico» di Licio Gelli, il fondatore, era ed è lì, nero su bianco, ma riletto oggi sembra una banalità da centrodestra moderato: presidenzialismo, rafforzamento dei partiti di centro, chiusura ai comunisti di allora. La P2 era certamente un'associazione molto attiva nel lobbying: il Corriere della sera per esempio risultò dominato dai suoi iscritti (Bruno Tassan Din, l'amministratore delegato, il direttore Franco Di Bella che lasciò il posto a Piero Ottone per una vigorosa apertura a sinistra), ciò che ne causò la rovina e il conseguente sorpasso di Repubblica, che ingrassò le tirature proprio grazie alla P2.

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La cultura del sospetto fu il lascito permanente della vicenda P2 e quella cultura andò a saldarsi con la già attiva cultura delle «liste» misteriose: quando lo scandalo esplose, i giornali alludevano alla mai trovata «lista dei 500 di Sindona» (dal nome del banchiere siculoamericano Michele Sindona avvelenato in carcere come il mafioso Gaspare Pisciotta, cognato e assassino del bandito Salvatore Giuliano). Poi emergeranno periodicamente nuove liste, da quella della Gladio a quella del dossier Mitrokhin, della cui commissione parlamentare d'inchiesta sono stato il presidente dal 2002 al 2006.

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Liste e complotti non dimostrati, questa l'eredità emotiva e retorica della P2, se andiamo a fare un bilancio. Che alla fine non si sia cavato un ragno dal buco è dimostrato anche dal fatto che il «venerabile» Licio Gelli non soltanto è vivo e vegeto a 92 anni, ma libero di recitare, nell'indifferenza generale, l'antica parte del dispensatore di messaggi cifrati: a febbraio ha detto che Silvio Berlusconi è soltanto un debole e che Giulio Andreotti aveva più stoffa, disponendo di una fantomatica sua lista detta «Anello».

Chiacchiere cui nessuno dà peso. Eppure Gelli era stato dipinto come il demonio che possedeva questa nazione. Tutto lì? Certo la P2 non era una bocciofila, basta leggere i nomi di rispetto, ma certamente la sua memoria viene oggi ravvivata come un utile marchio con cui generare, in un gioco retorico, il bestiario di figure come la «P3» o la «P4» risalendo magari fino alla «P38» che era la pistola preferita dei brigatisti rossi. Eppure, trent'anni fa, il trauma fu violentissimo e improvviso: il governo di Arnaldo Forlani cadde subito dopo avere reso pubblica, il 21 maggio 1981, la lista degli iscritti.

L'Italia fu travolta da una ventata di panico democratico perché veniva certificata l'esistenza di una congiura in cui confluivano i mostri dell'immaginario collettivo: i servizi segreti deviati, la massoneria, la mafia, la Cia, il Mossad, i fascisti, la finanza occulta... un gran minestrone di cui a conti fatti non si è trovato nulla. Dal lavoro della commissione parlamentare emerse soltanto uno studio sociologico sui gruppi di potere che condusse all'austera notazione secondo cui la P2 costituiva «un complotto permanente che si plasmava in funzione dell'evoluzione della situazione politica ufficiale».

Licio Gelli

Come dire nulla. La commissione stigmatizzò anche, con tono accigliato, l'«uso privato della funzione pubblica da parte di alcuni apparati dello Stato» legati alla loggia. Banalità. Tuttavia qualcosa di singolare accadde: risultò che l'intero vertice militare era stato arruolato da Licio Gelli attraverso un'efficace catena di promesse di promozioni, fazioni, intrighi e carriere. Grazie a questa retata, al momento dello scandalo i generali e gli ammiragli erano tutti lì, in trappola, e il risultato fu che vennero con un sol colpo decapitati i servizi segreti e i quadri di comando delle forze armate: 52 alti ufficiali dei Carabinieri, 50 dell'Esercito, 37 della Guardia di finanza, 29 della Marina militare, più 11 questori, cinque prefetti.

Questa decapitazione delle difese interne ed esterne spinge a controllare in quale contesto ciò avvenisse: era dunque il 1981, nel pieno della guerra fredda che minacciava di diventare calda, con l'Unione Sovietica che aveva adottato la dottrina militare (oggi verificabile nei verbali delle riunioni del Patto di Varsavia integralmente pubblicati in "A Cardboard Castle", pubblicato da Vojtech Mastny and Malcolm Byrne) di un attacco improvviso con cui separare l'Europa dagli Stati Uniti, messi di fronte al fatto compiuto.

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Quella guerra poi non si fece, dicono i verbali, perché la Polonia, perno dell'operazione, era stata sottratta al controllo sovietico dal sindacato Solidarnosc guidato attraverso l'elettricista Lech Walesa dallo stesso papa polacco Karol Wojtyla, che ne ebbe in cambio alcune revolverate nello stesso maggio 1981 (il 13, ndr) in cui vennero fatti trovare da Gelli gli elenchi della P2 a Villa Wanda, vicino ad Arezzo. Questo fatto, diversamente dalla vaga e banale sociologia delle lobby, è incontrovertibile e meriterebbe, 30 anni dopo, qualche riflessione.

2 - E VIGNA RIVELA: LE LISTE ERANO NOTE GIÀ NEL 1976...
Da "Panorama"

Tina Anselmi

Le liste segrete della loggia P2 rese pubbliche nel maggio 1981? In realtà erano note alla magistratura già dall'agosto 1976. Lo rivela Piero Luigi Vigna, ex procuratore di Firenze, nel libro In difesa della giustizia scritto con Giorgio Sturlese Tosi per la Rizzoli e in uscita a fine mese. Vigna indagava sul terrorismo nero e interrogò Licio Gelli. «Mi consegnò personalmente la lista di tutti gli iscritti alla P2» ricorda il magistrato. «Verificai che la legge di pubblica sicurezza risalente al fascismo, in sostanza, consentiva la creazione di associazioni segrete ma esigeva che, a richiesta delle autorità, fossero mostrate le liste degli appartenenti. E che, se ci fosse stato un dipendente pubblico, questi avrebbe perso il posto, lo stipendio e la pensione.

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Giudicai però che quella norma contraddiceva l'articolo 18 della Costituzione che sancisce la libertà di associazione e non ne feci niente. Quando poi iniziò il processo per l'omicidio di Vittorio Occorsio e dovetti presentare in aula la lista della P2, ritenni opportuno farla pubblicare su alcuni organi di stampa.

Nel 1981 quelle stesse liste, con pochi nomi diversi, furono ritrovate a Castiglion Fibocchi: solo allora mi telefonò il ministro dell'Interno, Virginio Rognoni, dicendo: «So che lei era già a conoscenza di questi documenti. Perché non li ha mai inviati al ministero?». Risposi: «Non pensavo che al ministero si leggesse solo Topolino, perché, signor ministro, guardi che sono stati già pubblicati».

 


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