Francesca Schianchi per "la Stampa"
Clemente MastellaLuigi De Magistris ha agito «nell'esercizio delle sue funzioni in qualità di deputato al Parlamento europeo». Questa la motivazione per cui, ieri a Strasburgo, gran parte dell'emiciclo ha confermato il parere espresso un mese fa dalla Commissione giuridica e ha approvato la richiesta di immunità dell'eurodeputato dell'Idv nella causa intentata da Clemente Mastella, collega e competitor nella corsa a sindaco di Napoli, per un'intervista ritenuta in parte diffamatoria rilasciata nell'ottobre del 2009.
«L'ex pm continua a scappare e a farsi scudo dell'immunità di parlamentare europeo, la stessa immunità che lui ed i suoi amici di partito continuano a condannare come un intollerabile privilegio», attacca l'ex ministro della Giustizia, «dovrebbe ringraziare Berlusconi», aggiunge provocatorio, perché anche gli eurodeputati del Pdl hanno votato in difesa dell'immunità.
de magistris«Non devo ringraziare proprio nessuno: il Parlamento ha solo ritenuto che le opinioni dei suoi componenti sono insindacabili», si difende De Magistris, che ha fatto altre tre richieste di immunità. «Non ha niente a che vedere con la casta: non mi avvarrò mai dell'immunità per un processo penale. Nei processi civili scatta l'insindacabilità: non è un privilegio, è la possibilità di denunciare cose scomode, rapporti con il malaffare, corruzione.
Di Pietro De MagistrisSono stato eletto per questo: gli elettori si arrabbierebbero al contrario se stessi a Bruxelles a scaldare la poltrona». D'accordo con lui il leader del partito, Antonio Di Pietro, che sottolinea si tratta di insindacabilità delle opinioni, che il Parlamento europeo vota «per tutelare l'istituzione e non un singolo». Anche se, ragiona, «sarebbe meglio fosse valutata dai magistrati anziché dai parlamentari, per evitare scelte dettate da opportunismi».
Mai invece l'autorizzazione a procedere, ripete Di Pietro: anche l'Italia dei valori chiude subito con nettezza («una proposta indecente», dice il capogruppo al Senato Belisario) al cosiddetto lodo Mantini, una proposta di modifica dell'articolo 68 della Costituzione arrivata dal deputato Udc Pierluigi Mantini e investita ieri dalle polemiche. Si tratta di una revisione dell'articolo 68 della Costituzione che dia la possibilità a tutti i parlamentari rinviati a giudizio di chiedere la sospensione dell'azione penale fino alla fine della legislatura.
SILVIO BERLUSCONIPerché riprenda poi nella legislatura successiva, anche in caso di rielezione. «Una seria proposta di riforma costituzionale per l'efficienza di un Paese dilaniato tra giustizialismo, impunità e quotidiani conflitti con la magistratura», la definisce il primo firmatario, mentre dal suo stesso partito arrivano prese di distanza plateali. Prima il vicecapogruppo Gianluca Galletti fa sapere che «non c'è alcuna proposta dell'Unione di Centro di riforma dell'art. 68 della Costituzione.
C'è una proposta di riforma costituzionale del collega Pierluigi Mantini come ve ne sono tante altre analoghe presentate da colleghi del Pd e del Pdl». Poi dieci su quattordici centristi che avevano messo la loro firma sotto la proposta la ritirano, e con loro anche il deputato Api Pino Pisicchio, «per non dare adito ad alcuna strumentalizzazione».
Per il Pd parla l'esperta di giustizia Donatella Ferranti: «Ci opporremo ad ogni salvacondotto per il premier», assicura, «sarebbe un ulteriore tentativo di aggirare le regole e stabilire che qualcuno è più uguale di altri davanti alla legge». L'unico soddisfatto è il capogruppo Pdl Fabrizio Cicchitto: un testo da esaminare «con grande attenzione» perché «apre il terreno per un serio confronto».