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un thriller \"classico\" - Fatto fuori dal duo Belpietro-Feltri a \"Libero\", Filippo Facci non si dà all’ippica ma alla musica classica - Esce in questi giorni il suo \"Misteri per orchestra\", sottotitolo \"Dalla morte di Mozart ai demoni di Paganini, profili ed enigmi di grandi compositori\", Mondadori - Stufo di indagare su Di Pietro, il bionduto mechato si è dedicato a tutt’altra musica....

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INTRODUZIONE: "MISTERI PER ORCHESTRA"
Filippo Facci

Facci

Questo libro è frutto di ricerche personali e di qualche viaggio nelle capitali europee della musica. Non c'è stata volta, di ritorno da qualche festival o alla fine di qualche lettura, senza che molti interrogativi mi rimanessero nel taccuino: da qui il desiderio di approfondire qualcuno dei misteri risolti e irrisolti di cui la storia della musica è costellata, veri e propri thriller che con rare eccezioni sono rimasti un territorio parzialmente inesplorato di musicologi e appassionati. Si tratta di trame che spesso non hanno niente da invidiare a ben più noti gialli della letteratura, con la differenza che le storie sono tutte vere. O quasi.

Facci

E' un lavoro che ha riservato molte sorprese. Ho verificato che certi profili biografici, storicamente noti, sono mischiati a vere e proprie incursioni nella leggenda e nel fantastico; in altri casi ho constatato che molti misteri non sono misteri per niente: sono solo dei miti che hanno sedotto l'ingenuità popolare sullo sfondo dei fulgori ottocenteschi.

Non deve stupire che l'immagine dell'artista non venisse accomunata a quella di una persona normale: l'ingresso nell'immortalità doveva essere il coronamento quantomeno di una gloriosa vecchiaia, e ogni esequia prematura si prospettava perciò come un'ingiustizia divina.

Facci

Spesso la morte di un musicista si accompagnava immediatamente alla voce che fosse stato avvelenato, anche se la salma non presentava sintomi legati all'assunzione di sostanze tossiche. Si puntava dritti al retroscena, anche quando non c'era.

Questo già accadeva quando la musica era poco più che un'occupazione da girovaghi o da servi, un mestiere come un altro, un artigianato, al limite una ricreazione pomeridiana per nobili rampolli. Di rado, nel Settecento, era considerata un'arte, come lo sarà da Beethoven in poi: i musicisti, anche a corte, erano considerati dei domestici e mangiavano con la servitù.

Poi, nell'Ottocento, le cose cambiano, ma per comprenderle appieno bisognerebbe ambientarle come si deve. Prendiamo i teatri, per esempio: erano molto diversi da come li immaginiamo oggi. La Scala, per citare il più noto, al primo piano aveva una bottega del caffè in cui la gente s'intratteneva a leggere e oziare mentre venivano preparate bevande calde da servire nei palchi; al secondo piano c'era una cucina e una pasticceria e dei camerini per le cene, con gli aromi delle pietanze a spandersi per tutto il Teatro; al terzo piano c'era una stanza per i commerci, come la Borsa di oggi, e una galleria dei giochi dove la gente litigava e non di rado si accoltellava.

Mozart

In ogni palco non mancavano i liquori e un braciere per cucinare o per scaldarsi, e le tende, rivolte verso il palcoscenico, si potevano chiudere così da farsi gli affari propri. La musica, intanto, andava. Nel complesso, un baccano d'inferno: tra sguardi e ventagli, l'arte si mischiava all'intrattenimento, e nei teatri, illuminati con splendidi lampadari in argants, i borghesi e gli aristocratici si ritrovavano anche per fare un po' di caciara. E poi certo, per confabulare dell'ultimo e inspiegabile mistero.

Tutto ciò potrebbe anche affascinare, ma certe età dell'oro presentano anche dei volti decisamente meno ammalianti: tra questi c'è un livello di conoscenze scientifiche per noi difficile da concepire, oggi. I compositori trapassati per colpa dei medici e dei loro rimedi imbarazzanti, per malattie cioè cosiddette iatrogene, sono davvero parecchi.

Questo genere di misteri meriterebbe un altro genere di trattazione, e, a parte qualche approfondimento per Mozart e per Paganini, non ce ne occuperemo più di tanto: a dispetto delle accurate fonti consultate, questo non vuole essere un saggio storico-scientifico. Non è il caso di confondere la sordida ignoranza con l'intrigo poliziesco: Johann Sebastian Bach e Friedrich Haendel, per fare un esempio raggelante, nel giro di poco tempo vennero entrambi accecati da un oculista di nome John Taylor, un ciarlatano che usava darsela a gambe prima che le conseguenze dei suoi interventi si palesassero.

Paganini

Bach, che non riusciva più a leggere gli spartiti, ricorse al citato truffatore nel 1749, quando Taylor - recita un diario di quell'anno - «toglie il cristallino dall'occhio, e infila un ferro appuntito lungo mezzo piede». Il musicista fu accecato completamente, e un'infiammazione del bulbo oculare ne accelerò il declino fisico: morì. Due anni dopo venne il turno di Handel. Taylor si servì di uno stiletto d'acciaio non sterilizzato e operò inserendo degli aghi negli occhi del compositore. Non vide mai più.

Ma quando la cosa fu evidente, Taylor era già ripartito coi suoi carrozzoni decorati con occhi splendenti: nelle sue memorie, oltre alla descrizione dei falsi successi ottenuti, era solito elencare anche gli ingredienti di alcune tinture che prescriveva dopo la trafittura delle cateratte, tipo misture di rospi, carne di serpente, carne umana, urina e feci. Il tutto innaffiato da un'essenza di ginepro.

Johann Sebastian Bach

Sono misteri più squallidi e meno conosciuti, questi. Il problema è che sono la maggioranza. Magari, ecco, è arcinoto che i medici non riuscirono a salvare Mozart, ed è ritenuto stupefacente che sia morto a 36 anni non compiuti. E infatti ne parleremo. Ma è anche vero che Giovanni Battista Pergolesi, magnifico compositore di musica sacra e autore dell'immortale Stabat Mater, morì di tubercolosi a 26 anni.

Carl Maria von Weber, uno dei più influenti musicisti tedeschi a cavallo tra Sette e Ottocento, morì sempre di tubercolosi a 39 anni. Suo figlio Alexander, grandissima promessa artistica, morì ancora di tubercolosi a 19 anni. Parliamo di periodi in cui le diagnosi erano ancora estremamente imprecise: la stessa tubercolosi, per capirci, nel 1840 causava il 18 per cento dei morti.

Franz Schubert, magnifico e prolifico compositore austriaco, morì di sifilide a 31 anni: e si parla di un'infezione che ancora all'inizio del Novecento colpiva il 10 per cento della popolazione. Fryedryk Chopin, eccelso pianista che tutti credono francese anche se era polacco, morì di una malattia polmonare a 39 anni.

George Bizet

Il francese George Bizet, autore della Carmen, dapprima contestata e bistrattata, morì a 36 anni senza sapere che la sua opera avrebbe cominciato una marcia trionfale in tutta Europa; non si è neppure capito se sia morto per un problema cardiaco o per un suicidio che i familiari vollero coprire.

Ciaikovskij, sino a prova contraria, morì per l'ottava epidemia mondiale di colera. Ma i romantici riuscirono ad appassionarsi anche a questo: a Parigi descrissero gli hotel coi morti esposti come mummie e i carri funerari che stazionavano come taxi; a casa dello scrittore Victor Hugo ci fu una riunione di intellettuali con Franz Liszt che intanto suonava una marcia funebre: «Era splendido», scrisse Fontaney, «e che magnifica scena si sarebbe potuta allestire, coi morti di colera in marcia verso Notre Dame, avvolti nei loro sudari». Che magnifica scena, già.

Franz Schubert

In questo scenario ottocentesco, con l'avvento della borghesia e dell'afflato romantico, i misteri si fanno decisamente più intriganti. A tutt'oggi può non essere facile separare il ritratto di Nicolò Paganini dalle ombre demoniache che lo circondarono, o comprendere perché la musica di Richard Wagner sia considerata inscindibile dal profilo di Adolf Hitler, o afferrare perché Gioachino Rossini, il più celebrato compositore del suo tempo, si ritirò dalle scene a soli 37 anni e passò il resto della sua vita a discutere di formaggi, o, ancora, capire se Piotr Ilich Ciaicovskij morì appunto di colera o sia stato costretto al suicidio per coprire uno scandalo sessuale.

E Mozart: in definitiva che accadde a Mozart? Gli armadi di questi musicisti nascondono scheletri che possono far rabbrividire anche a distanza di secoli: sono tutti da scoprire. Proveremo a farlo.

 


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