1- UNO SPIRAGLIO DI TREGUA DA SEIF AL ISLAM, IL FIGLIO 'RIFORMISTA' DI GHEDDAFI: UN ACCORDO CON I RIBELLI E' POSSIBILE, FORSE ANCHE GIÀ ENTRO OGGI
Ansa.it
Il giorno dopo l'arringa di Gheddafi nella piazza Verde di Tripoli, non sembrano placarsi le proteste in Libia. Uno spiraglio arriva pero' da Seif al Islam, il figlio 'riformista' del leader libico, il quale ha detto che un accordo con i ribelli e' possibile, forse anche gia' entro oggi. ''I leader di questi gruppi sono ormai alla disperazione - ha detto - stiamo invitandoli a la deporre le armi e se cosi' faranno non gli faremo del male'.
Sarko e GheddafiLIBIA: VIA LIBERA USA A SANZIONI, IN ARRIVO ANCHE DA UE E ONU - Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha varato una serie di sanzioni contro la Libia, congelando i beni della famiglia Gheddafi, ma non quelli che appartengono al popolo libico.
Obama ha firmato l'ordine esecutivo poche ore dopo che i Quindici del Consiglio di Sicurezza dell'Onu avevano raggiunto un accordo su una serie di misure internazionali dello stesso tipo, che saranno formalizzate oggi. In giornata arrivera' anche il documento dell'Unione Europea. Allo stesso tempo, il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon ha lanciato l'allarme profughi, chiedendo ai paesi vicini alla Libia - compresa l'Italia - di tenere aperti i confini per ragioni umanitarie.
Proteste contro GHEDDAFI2- TRIPOLI, CALMA APPARENTE NELLE STRADE
La Stampa.it
La situazione a Tripoli appare relativamente calma questa mattina dopo i violenti scontri di ieri e la manifestazione sostegno di Gheddafi. Nella notte si sono uditi sporadici colpi di armi da fuoco.
La città deserta
Le strade della capitale libica dopo la festività islamica del venerdì sono semideserte. Le utorità libiche hanno intanto deciso di trasferire i giornalisti stranieri, tra cui gli inviati italiani, dall'hotel Corinthia al Rixos, alla periferia sud della capitale.
Bengasi e la Cirenaica
Secondo quanto riefrisce il giornalista residente nella capitale libica, Muahhadm al-Hayazi, alla tv araba Al Jazeerà, un gruppo di attivisti e intellettuali che hanno preso parte alle proteste di ieri sta creando un coordinamento dei gruppi di opposizione in città per cercare di operare in stretto contatto con i gruppi di insorti che controllano Bengasi e la Cirenaica, in modo da portare avanti un tipo di lotta organizzata contro il regime.
La prova di forza di Gheddafi
Ieri Gheddafi si è oggi presentato sulla Piazze Verde a Tripoli dove, in un tripudio di bandiere verdi, ha arringato i suoi sostenitori, ha annunciato l'inferno per i ribelli e ha promesso di sconfiggere i rivoltosi così come è accaduto con «il colonialismo italiano». «Questo è il popolo che ha messo l'Italia in ginocchio, io sono con le masse, lotteremo e vinceremo», ha detto il raiss rivolto alla folla che lo applaudiva. Sfoggiando il curioso copricapo nero già visto l'altra notte quando era comparso in Tv per soli 22 secondi, il leader libico ha ostentato il suo solito piglio sicuro.
I numeri della repressione
Ma il suo regime appare tutt'altro che stabile, a giudicare dalle notizie sia pur contraddittorie che arrivano dalla Jamahiriya. Gran parte del paese ormai non sarebbe più sotto il suo controllo e ieri i pretoriani del colonnello hanno sparato su una folla di manifestanti anti-governativi scesi in piazza a Tripoli dopo la preghiera del venerdi. Secondo la Tv del Golfo Al Jazeera ci sarebbero state «decine di morti». Un dato comunque sembra ormai certo: in poco più di una settimana, alcune migliaia di civili avrebbero perso la vita, come ha denunciato il vice-ambasciatore libico all'Onu, Ibrahim Dabbashi.
L'assedio alla capitale
La situazione a Tripoli è caotica. Secondo alcune fonti, i governativi controllerebbero la città in solo parte, con le unità speciali pro-regime attestate attorno a Bab Alazizia, il complesso fortificato residenza dell'ancora numero uno libico. «Abbiamo un piano per far cadere Tripoli, non ci fermeremo fino a quando non avremo liberato tutto il Paese», ha detto al Wall Street Journal Tareq Saad Hussein, uno dei sette colonnelli che a Bengasi hanno conquistato la seconda città del paese. Ma in serata la situazione nel centro della città era tranquilla, con i dimostranti pro-regime ancora sulla Piazza Verde, a commentare le parole del loro leader, oggi dato addirittura per morto dalle solite voci incontrollabili.
Le tensioni nel clan di Gheddafi
Ibrahim Dabbashi, il numero due della rappresentanza libica all'Onu, è stato uno dei primi diplomatici a ribellarsi. A lui si sono uniti via via altri ambasciatori. E a conferma del crescente isolamento del regime, ieri si sono schierati con la «rivolta» anche l'ambasciatore libico in Italia Hafed Gaddur, quello all'Onu Abdurrahman Shalgam, e gli ambasciatori a Londra (Omar Jelban), Parigi (Salah Zarem), Madrid (Al-Egieli Al Breni) e Berlino (Gamal Barq).
Dallo Zimbabwe, invece, arriva la notizia che il presidente Robert Mugabe avrebbe inviato dei combattenti per dare man forte a Gheddafi, offrendogli anche ospitalità nel suo paese. Oltre alla rete diplomatica libica, anche il clan Gheddafi si starebbe sfaldando. Secondo il quotidiano britannico Daily Telegraph uno dei figli del colonnello sarebbe fuggito in Venezuela. Stando a altre voci un altro figlio di Gheddafi sarebbe passato addirittura dalla parte degli insorti.
Rivolta in LibiaL'allarme profughi
Intanto la diplomazia internazionale si muove per isolare Gheddafi. Barack Obama ha varato, nelle notte, una serie di sanzioni contro la Libia, congelando i beni della famiglia del Colonnello, ma non quelli che appartengono al popolo libico. Il presidente Usa ha firmato l'ordine esecutivo poche ore dopo che i Quindici del Consiglio di Sicurezza avevano raggiunto un accordo in serata a New York, su una serie di misure internazionali dello stesso tipo.
Ed è attesa oggi, salvo sorprese dell'ultimo minuto, l'approvazione formale di queste prime sanzioni dell'Onu contro la Libia, aprendo la via ad un eventuale ricorso internazionale per crimini contro l'umanità. Allo stesso tempo, il segretario generale Ban Ki-moon ha lanciato l'allarme profughi, chiedendo ai paesi vicini alla Libia - compresi quelli europei e quindi anche l'Italia - di tenere aperti i confini per ragioni umanitarie.
SCONTRI A BENGASILe defezioni tra i diplomatici libici
Il Consiglio di Sicurezza si è riunito ieri pomeriggio (in serata in Italia) per consultazioni a New York, separandosi con un accordo di massima, che verrà perfezionato in queste ore, come ha annunciato la presidente di turno, la rappresentante del Brasile, Maria Luiza Ribeiro Viotti. Ban, scambiando alcune battute con la stampa del Palazzo di Vetro, ha detto che «è importante che i Paesi vicini (alla Libia), compresi quelli europei, lascino i confini aperti alle persone che stanno fuggendo» dal Paese.
Il segretario generale ha sottolineato che ci sono «serie indicazioni di una crisi sempre più grandi per rifugiati e profughi» che stanno scappando dal Paese per evitare di essere uccisi. Non c'è quindi soltanto la pressione sempre più forte della piazza in Libia, che sta conquistando giorno dopo giorno il paese: il rais Muammar Gheddafi è sempre più isolato internazionalmente, con l'avvicinarsi di una serie di sanzioni come il blocco dei beni del regime e l'embargo sulle forniture di armi, mentre i suoi diplomatici in giro per il mondo continuano ad abbandonarlo: l'ultimo è Mohammed Salghadi, un fedelissimo, ex ministro degli esteri, ex ambasciatore in Italia, o ora rappresentante permanente all'Onu.
Bucchi - Natale a Tripoli tripoli bigLa Nato valuta l'ipotesi di una no-fly zone per proteggere i ribelli
Appare inoltre scontata l'espulsione della Libia dal Consiglio dei diritti umani dell'Onu, con sede a Ginevra, sul quale l'Assemblea Generale, a Ny, si pronuncerà il primo marzo. Sanzioni sono sul punto di essere varate anche dall'Unione europea, dopo l'accordo raggiunto ieri a Bruxelles tra i 27: anche in questo caso si tratta di un embargo sulle armi e il blocco dei beni, oltre all'interdizione per Gheddafi, i suoi familiari e i suoi collaboratori di viaggare nell'Ue.
Nato ed Unione europea stanno inoltre coordinando gli sforzi per mettere a punto un piano di emergenza umanitaria, oltre ad una no fly zone, un'area di non volo, per proteggere pozzi petroliferi e popolazioni civili. Gli Stati Uniti hanno alla fin fine alzato anch'essi la voce, dopo le incertezze dei giorni scorsi, forse perchè una nave carica di profughi è riuscita a lasciare finalmente la Libia, e lo stesso hanno fatto una serie di voli charter. Le attività dell'ambasciata a Tripoli sono state sospese e il personale diplomatico è stato evacuato all'estero.
tripoli big Posti di Blocco a TripoliRispetto al presidente francese Nicolas Sarkozy - che nel corso di una visita in Turchia ha espressamento chiesto a Gheddafi di andarsene - Obama continua però a mantenere una linea più prudente, non chiedendo espressamente che lasci il potere. Gheddafi ha perso la fiducia della sua gente, ha detto il suo portavoce Jay Carney e la sua legittimità è «ridotta a zero». Secondo la Casa Bianca, lo status quo «è inaccettabile» in Libia perchè il popolo «ha chiaramente espresso che le continue violenze mortali (commesse da Gheddafi) rappresentano una chiara violazione dei diritti umani, inaccettabile in qualsiasi parte del mondo».