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SE CIANCIMINO DIVIDE LA STAMPA: DAL ’CORRIERE’ A ’REPUBBLICA’ PRO-DE GENNARO CONTRO \"IL FATTO\" PRO-INGROIA - NEL MEZZO CRESCE LO SCAZZO TRA I PM SICULI DOPO: PER CALTANISSETTA, INGROIA “NON È STATO LEALE QUANTO NOI, SIAMO SCONCERTATI DALLA PROCURA DI PALERMO” - ENNESIMO \"PACCO\" DEL CIANCIA CHE AVEVA ASSICURATO: I DOCUMENTI SULLA TRATTATIVA STATO-MAFIA SI TROVANO IN UNA BANCA DEL LIECHTENSTEIN - IL PICCOLO STATO ALPINO RISPONDE: MA CHE STAI A DI’?...

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Giovanni Bianconi per il "Corriere della Sera"

ciancimino

Arriva dalle rogatorie all'estero il nuovo indizio destinato a minare la credibilità di Massimo Ciancimino, il figlio dell'ex sindaco mafioso arrestato per calunnia dagli stessi magistrati palermitani che per tre anni hanno raccolte le sue lunghe e spesso confuse e contraddittorie deposizioni.

Lo scorso anno, per spiegare come mai non si decideva a consegnare i documenti che sosteneva di avere sulla trattativa fra lo Stato e Cosa nostra e sui rapporti dei boss con la vecchia e la nuova politica, il giovane Ciancimino disse - fra l'altro - che erano in una cassetta di sicurezza in Liechtenstein. Alla quale sosteneva di non poter accedere, accampando difficoltà varie. Stanchi di aspettare, i magistrati di Palermo e Caltanissetta avviarono una rogatoria nel piccolo Stato centro-europeo, per sapere se davvero esisteva il presunto deposito di documenti.

Qualche settimana fa è giunta la risposta: presso la Liechtenstein Landesbank, l'istituto di credito che secondo Ciancimino jr custodiva parte dei segreti lasciatigli in eredità da suo padre, non esistono cassette di sicurezza intestate alla società indicata dal testimone.

rutelli comp11 degennaro

Un responso che, unito alle altre incertezze e dichiarazioni traballanti giunte fino all'ipotizzata calunnia, contribuisce a sollevare dubbi sull'attendibilità del presunto super-testimone della trattativa fra pezzi delle istituzioni e delle cosche mafiose, con l'intermediazione del fantomatico «signor Franco» , il mai individuato personaggio a mezzo servizio fra lo Stato e Cosa nostra mai individuato da Massimo Ciancimino.

Quando, dopo quasi un anno di giravolte verbali, davanti a un funzionario della Direzione investigativa antimafia arrivò a identificare questa misteriosa figura col prefetto Gianni De Gennaro, i magistrati di Caltanissetta fecero scattare la prima accusa di calunnia nei suoi confronti.

E proprio in virtù di quel passo ufficiale compiuto a dicembre, il procuratore Sergio Lari oggi reagisce con amarezza di fronte all'iniziativa dei colleghi palermitani:

«Non intendo alimentare polemiche, ma trovo quanto meno ingenerosa l'affermazione del collega Ingroia (procuratore aggiunto di Palermo, ndr) secondo cui loro avrebbero agito con maggiore determinazione rispetto ad altri uffici giudiziari, cioè il nostro. Voglio solo ricordare che siamo stati noi a individuare da molto tempo i profili di inattendibilità e di possibile calunnia a carico di Massimo Ciancimino, e a condividere tutti questi elementi con gli altri magistrati interessati. Noi siamo stati sempre leali, e se altri avessero mostrato una lealtà almeno pari alla nostra, anche l'ultima vicenda che ha portato all'arresto di Ciancimino avrebbe assunto contorni diversi. Sono davvero sconcertato da ciò che è accaduto» .

Antonio Ingroia

Di più Lari non vuole dire, ma è chiaro il riferimento alle frizioni con la Procura di Palermo quando si seppe che a Caltanissetta avevano inquisito il loro testimone per calunnia nei confronti di De Gennaro. All'epoca nel Palazzo di Giustizia palermitano ci fu chi si stupì del comportamento dei colleghi nisseni, facendo trapelare un certo disappunto. Si disse che anziché verificare le ipotetiche accuse (peraltro corrette in corso d'opera da Ciancimino jr) contro un funzionario potente come l'attuale capo dei servizi segreti si preferì prendersela con un testimone senza protettori. Mettendo a rischio inchieste e processi importanti sui rapporti tra mafia e Stato.

Ingroia

Ma se a Caltanissetta non decisero di arrestare allora il figlio di «don» Vito Ciancimino, fu proprio per non danneggiare quei procedimenti penali, nonostante le diversità di vedute. Per questo i magistrati di Caltanissetta si sentono vittime di una sorta di «fuoco amico» , considerato che sia Lari che il procuratore aggiunto Nico Gozzo provengono da esperienze ultradecennali proprio nell'ufficio ora guidato dal procuratore Messineo e dall'aggiunto Ingroia.

Proprio alla vigilia del fermo di Ciancimino, Lari e Messineo hanno avuto intensi contatti a proposito di un'altra vicenda che interessa entrambe le Procure (il pentimento con ritrattazione, fino alla riconferma della collaborazione, di Fabio Tranchina, ex autista di Giuseppe Graviano), ma il magistrato palermitano non ha fatto parola dell'imminente arresto. Provocato da una perizia della Polizia scientifica che gli inquirenti nisseni avrebbero letto volentieri, se solo gli fosse stata inviata. A tutte queste obiezioni i pubblici ministeri palermitani hanno pronte risposte e giustificazioni, ritenendo a loro volta di essersi mossi secondo le regole del codice e della leale collaborazione.

Il PM Sergio Lari

Ma difficilmente basteranno a sanare la frattura. E alla probabile rivendicazione di competenza nel procedimento per calunnia da parte di Caltanissetta, dove il nome di Massimo Ciancimino è stato iscritto per la prima volta sul registro degli indagati, seguirà un altrettanto probabile diniego di Palermo.

Con la conseguenza di un formale conflitto davanti alla Procura generale della Corte di Cassazione. È anche possibile, però, che la prima mossa arrivi dai palermitani, i quali hanno chiesto una particolare protezione in carcere per il figlio di «don Vito» , considerato possibile vittima di ritorsioni per le sue dichiarazioni.

 


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