Dagotraduzione dell'articolo di Guillaume Delacroix per "Les Échos"
ENTRATA MEDIOBANCASale la temperatura a Palazzo Visconti, sede di Mediobanca a Milano. Il patto di sindacato della banca d'affari è in scadenza a fine anno e i suoi membri, che controllano il 44,3% del capitale, hanno fino al 30 settembre per dichiarare le loro intenzioni per il futuro. Malgrado il clima antifrancese che regna attualmente laggiù, Vincent Bolloré non ha intenzione di cedere terreno.
Al contrario, il capofila degli azionisti stranieri, che possiede a titolo personale una partecipazione di poco superiore al 5%, cerca di rafforzare la sua posizione. Dopo esser stato autorizzato lo scorso autunno a salire fino al 6%, cerca ora di far tornare in Mediobanca la famiglia Dassault, a lui molto vicina. I Dassault lo accompagnarono durante la sua ascesa in piazzetta Cuccia nel 2004, comprando lo 0,6%. Ma, tre anni dopo, la famiglia rivendette la sua quota per finanziare l'acquisto della Socpresse, casa editrice di "Le Figaro".
Serge DassaultTORRE DI CONTROLLO
Tre mesi fa, Laurent Dassault, che ha l'incarico di diversificare gli investimenti del gruppo, ha inviato un primo segnale di questo ritorno, evocando sulle colonne del "Corriere della Sera" una partecipazione "almeno dell'1%" e forse anche "fino al 5%" in Generali. Ora, come tutti sanno, la torre di controllo della compagnia assicurativa triestina è Mediobanca, il suo azionista numero uno. A Laurent Dassault "piacerebbe" quindi entrare per la porta principale, ma deve convincere suo padre Serge, che ha appena festeggiato i suoi 86 anni e resta il padrone incontrastato del gruppo familiare.
Laurent Dassault non nasconde il suo "rimorso" per essere uscito da Mediobanca nel 2007. Il fatto di essere azionista gli aveva garantito all'epoco un posto nel consiglio di Generali (è tuttora amministratore della filiale francese). "Era un grande onore sedersi intorno al tavolo in cui si ritrova tutta l'Italia", dice, ricordando anche che la sua famiglia è da una decina d'anni in 21 Investimenti, il fondo creato da Alessandro Benetton.
Laurent DassaultPer comprare delle azioni Mediobanca, serve però un venditore. Oltre a Commerzbank e Sal. Oppenheim, che a quanto pare sarebbero pronti a uscire, Groupama sembra il candidato ideale. Quest'inverno, l'azienda specializzata in mutui ha fallito nella sua conquista dell'assicuratore transalpino FonSai, e in molti credono che voglia vendere la sua partecipazione in Mediobanca (3,1% all'interno del patto di sindacato, 1,8% fuori).
bollore articleMINUSVALENZA LATENTE
L'unico problema è che Groupama ha investito 493 milioni di euro per titoli che ieri sera valevano in borsa 316 milioni. Un tema che Vincent Bolloré conosce bene: anche l'industriale bretone si trova in una situazione di minusvalenza latente per aver acquistato a più di 11 euro un titolo che oscilla attualmente tra 7 e 8 euro. "E' un investimento a lungo termine e ho tutte le ragioni per restare almeno fino al 2022, anno della mia pensione", ripete quest'ultimo.
E se gli italiani decidessero di ridurre il perimetro del patto di sindacato al 40%, o anche meno? "Non è nell'interesse di nessuno", afferma Bolloré. E' però l'obiettivo del capo di Mediobanca. Alberto Nagel rivendica un "riequilibrio" tra l'attività della banca, il mantenimento di un azionariato stabile, e "il respiro del mercato".
Federico Ghizzoni UNICREDITUnicredit, primo azionista di Mediobanca (con l'8,7% del capitale), spinge in questa direzione. "Vediamo in che modo potremo contribuire ad aiutare il management di Mediobanca a valorizzare il nostro investimento", ha dichiarato ieri il suo AD, Federico Ghizzoni, al "Sole 24 Ore".
2- ARIA DI GUERRA SU RCS E MEDIOBANCA. SARÀ SCONTRO PALENZONA-DELLA VALLE? L'ASCESA DEL PATRON DELLA TOD'S NELL'EDITORIALE DEL CORRIERE DELLA SERA SAREBBE DI GIOVAMENTO PER IL FUTURO POLITICO DI MONTEZEMOLO MOSSA CONTRASTATA DA ROTELLI (SOSTENUTO DA BAZOLI E BERLUSCONI) E DA PERISSINOTTO
Giuseppe Milano per "il Riformista"
La parola d'ordine, tra coloro che hanno dato la spallata che ha portato Cesare Geronzi fuori dalle Generali (ma non solo), è dissimulare e minimizzare. Minimizzare l'impatto sui poteri forti dell'uscita del banchiere di Marino, cercando di sostenere l'idea che fosse già un potere dimezzato anche quando era in sella a Trieste. E dissimulare le tensioni che ancora vibrano fra poteri e che rischiano di essere qualcosa di ben più consistente di pure scosse di assestamento dopo un terremoto della magnitudo di quello che ha investito Generali.
della valle montezemolo funerali pininfarina lapIl dossier più caldo, ancora una volta, è quello di Rcs, l'editoriale del Corriere della Sera. Il tema di una possibile uscita delle Generali, che hanno una quota del 3,7 per cento del capitale vincolata al patto, sembrava tramontata dopo l'uscita di Geronzi dal Leone di Trieste, Diego Della Valle, consigliere indipendente di Generali che per primo aveva sollevato la questione, pur non essendoci ritornato su, non ha dismesso l'ambizione di potere incrementare la sua quota in Rcs, anche con l'acquisto di tutta, o parte delle azioni di Generali.
La sensazione è che il tema sarà una delle bombe che Giovanni Perissinotto, ormai supermanager delle Generali, sarà chiamato a disinnescare. Di questa idea è certamente Lorenzo Pellicioli, consigliere del Leone in quota De Agostini oltre che uno dei più convinti oppositori di Geronzi che ieri ha spiegato che è «una questione su cui deve decidere il management».
Lorenzo PelliccioliUn'ascesa di Della Valle in Rcs potrebbe essere di gran giovamento a Luca di Montezemolo qualora dovesse effettivamente scendere in politica. Il numero uno di Ferrari conserva buoni rapporti nella casa editrice da quando era presidente di Fiat, ma sembra poco plausibile un endorsement pieno del Lingotto alla causa montezemoliana dalle colonne del Corriere della Sera. Il problema è che fra i candidati alla salita c'è anche Giuseppe Rotelli, già primo azionista della casa editrice, con una quota che ha acquistato a prezzi superiori ai quattro euro, che il titolo toccò dopo le intemerate di Stefano Ricucci.
Giuseppe RotelliRotelli, tra l'altro, si trova nella condizione di avere una sponda certa sia in Giovanni Bazoli sia in Silvio Berlusconi. Ma secondo alcuni osservatori le condizioni di salute di Rotelli non sarebbero molto buone.
Comunque, la questione Rcs ha una sordina naturale nel patto di sindacato, che è appena stato rinnovato fino al 2014 e che quindi rende formalmente più complessa ogni manovra. Per converso la dialettica sul patto di sindacato di Mediobanca, che invece scade a fine anno, è destinata a essere ogni giorno più frizzantina. Per la merchant bank di Piazzetta Cuccia i temi sul tavolo, oggetto delle spinte e delle controspinte delle diverse forze in campo sono due: il primo è l'eventualità di ridurre la quota sindacata al 30 per cento circa dall'attuale quota superiore al 40 per cento.
Dieter RamplIl secondo è la possibilità di allentare il legame con le Generali, tema molto caro ai mercati finanziari e agli oppositori di turno del legame Mediobanca-Generali.
L'eventualità che l'azionista forte di Piazzetta Cuccia, Unicredit, avalli un allentamento del legame è remota. Nella banca che fu di Alessandro Profumo, ben più laico sul tema, tutto il top management, dal presidente Dieter Rampl, al vice Fabrizio Palenzona, fino all'ad Federico Ghizzoni, hanno segnalato la volontà della banca di giocare un ruolo di primo piano. Come ribadito dallo stesso Ghizzoni in un'intervista apparsa ieri sul Sole 24 Ore.
Fabrizio PalenzonaIl problema, spiega una fonte interna a Piazza Cordusio, è che i tre non si muoveranno come un uomo solo, avendo ambizioni differenti per il futuro della merchant bank. Il più aggressivo è Fabrizio Palenzona che, secondo i meno benevoli, potrebbe addirittura ambire alla poltrona che oggi è di Renato Pagliaro, ovverosia la presidenza.
carlo pesentiIntanto non si arrestano le manifestazioni di amore degli azionisti sindacati di Mediobanca, che sembrano poco interessati alla prospettiva di fare un passo indietro dal patto e assecondare l'ambizione dei manager che vorrebbero ridurre la quota sindacata al 30 per cento. Ieri è stata la volta di Carlo Pesenti, ad di Italcementi, che non ha nessuna intenzione di uscire da Piazzetta Cuccia: «Siamo per rimanere dove stiamo. Siamo investitori stabili e di lungo termine».