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UN CORRIERE APPESO ALLA SALUTE DI GIUSEPPE ROTELLI - MA LO VEDETE UN IMPRENDITORE BERLUSCONE CHE VENDE IL SUO PACCHETTO RCS DELL’11% ALLO SCARPARO? - INVESTIMENTO COSTATO CARISSIMO: minusvalenza che supera i 250 milioni - non solo della valle in pista c’è anche PALENZONA che SI METTE DI TRAVERSO E PROPONE UNA FONDAZIONE PER IL QUOTIDIANO MENEGHINO…

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Gianni Gambarotta per "Finanza&Mercati"

È di venerdì scorso una nota ufficiale del gruppo che fa capo a Giuseppe Rotelli, uno dei maggiori imprenditori della sanità lombarda e italiana, a proposito della sua partecipazione dell'11 per cento nel capitale della Rcs Mediagroup, la casa editrice del Corriere della Sera.

Giuseppe Rotelli

Il comunicato, di poche righe, smentisce le voci circolate che lo danno come possibile venditore di quel pacchetto: Rotelli, vi si legge, sottolinea invece che «il suo interesse è di incrementare la quota, avendo scelto da tempo di diversificare nell'editoria»; in più si precisa che l'imprenditore non ha mai «parlato a nessuno» della possibilità di lasciare Rcs.

ROTELLI

Quali sono le voci cui si fa riferimento e che sono all'origine della precisazione diramata ai media? Questa volta non si tratta dei soliti rumors messi in giro ad arte da qualcuno per creare un po' di effervescenza attorno a un titolo sottile che sale e scende con facilità; questa volta le voci riguardano qualcosa di totalmente diverso, vale a dire le condizioni di salute di Giuseppe Rotelli che, secondo alcune persone che gli sono vicine, non sarebbero buone. È terribilmente difficile e delicato affrontare simili argomenti che appartengono alla sfera privata delle persone, ma il mercato lo fa. E la cronaca non può che registrare il fatto.

DELLA VALLE-COLOSSEO

Seguendo l'ipotesi (e augurandosi che sia infondata), si apre uno scenario nuovo per il controllo della prima casa editrice italiana. La Rcs Mediagroup fa capo a tutti i nomi più importanti dell'establishment economico italiano, che la possiedono in maniera condominiale: nessuno la comanda da solo, ma sono tutti lì insieme che si marcano, e talvolta si guardano in cagnesco, uniti in un patto di sindacato che, formalmente, scadrà solo nel 2014. Quindi, sempre stando alle carte, la società dovrebbe avere una vita tranquilla per i prossimi tre anni. Però le acque hanno incominciato ad agitarsi già nelle scorse settimane.

Uno degli azionisti, Diego Della Valle, è stato protagonista di un'operazione eclatante: ha portato alla defenestrazione di Cesare Geronzi dalla presidenza delle Generali, la compagnia di assicurazioni anch'essa azionista del Corriere e della quale il proprietario della Tod's è consigliere, ma non socio. Nella fase acuta dello scontro, l'imprenditore ha detto non solo che Geronzi doveva andarsene, ma anche che il Leone di Trieste doveva (e deve) cedere la sua quota in Rcs, e che lui è pronto a far crescere la propria. Raggiunto il primo obiettivo (fuori Geronzi) ora centrerà anche il secondo? Si vedrà.

Fabrizio Palenzona

Certo è che l'argomento tiene banco: venerdì scorso, l'Espresso ha pubblicato un'intervista a Tarak Ben Ammar, nella quale il finanziere franco-tunisino ha detto serafico: «Io credo che Diego dovrebbe comprarsi il Corriere. Sarebbe un elemento di chiarezza». Come interpretare una simile dichiarazione da parte di un personaggio da sempre vicino a Silvio Berlusconi? Il premier, si sa, non è amico di Della Valle e meno che mai del suo entourage, nel quale primeggia quel Luca di Montezemolo sempre in odore di discesa in campo proprio in chiave antiberlusconiana.

L'imprenditore delle Tod's è in movimento ed è già riuscito ad assicurarsi insospettabili (almeno fino a ieri) alleati? L'operazione Rcs comunque non sarà semplice, sarà una capriola in salita. Sempre sull'argomento, nelle settimane scorse, si è espresso Fabrizio Palenzona, vicepresidente di Unicredit e consigliere di Mediobanca (primo azionista di Rcs).

La soluzione ideale per il Corriere della Sera - è in sintesi il suo pensiero - è la Fondazione, la sola formula che potrebbe garantire al grande quotidiano l'indipendenza che gli è indispensabile. Sarebbe anche la formula che assicurerebbe a lui, Palenzona, la possibilità di esercitare la sua influenza, la sua abilità di manovratore: da anni, per esempio, è il dominus della Cassa di Torino pur senza ricoprire, oggi, alcuna carica sociale.

Sede del Corriere della Sera in via Solferino GERONZI

Si tratta di una sistemazione, quella della Fondazione, antitetica rispetto ai progetti di Della Valle. Saremmo di fronte a una querelle fine a se stessa, destinata a trascinarsi con dichiarazioni e interviste polemiche quanto poco produttive, se in questo quadro non si inserisse ora il tema dello stato di salute di Rotelli. L'imprenditore è il terzo azionista per importanza di Rcs dopo Mediobanca e Fiat. Il suo pacchetto, come detto circa l'11 per cento, è il residuo della stagione dei furbetti del quartierino che, capeggiati da Stefano Ricucci, nel 2005 hanno tentato l'assalto al quotidiano di via Solferino.

Respinti con perdite, hanno lasciato sul terreno le azioni rastrellate con i soldi presi in prestito dalle banche. Le quali hanno cercato di sistemarle presso imprenditori amici e obbligati da vincoli di gratitudine (in quanto abbondantemente finanziati nei loro business). Tra questi, appunto, Rotelli, uomo abile, intelligente e anche ambizioso, con il sogno di diventare editore. Così quel pacchetto ingombrante gli è stato consegnato e gli ha già procurato finora una minusvalenza che supera i 250 milioni.

Tarak Ben Ammar si volta

Ora, quell'11 per cento di Rcs è di Rotelli, certo, ma non è che lui e famiglia possano decidere di farne tutto ciò che credono. Le banche finanziatrici vogliono che il loro parere venga ascoltato. Di qui il comunicato di venerdì scorso. Per le prossime puntate si aspetta la cronaca.

 


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