Fabio Martini per "la Stampa"
PIERLUIGI BERSANIAl Pd si stavano ancora misurando la palla, incerti sul da farsi. Ma anche stavolta Silvio Berlusconi ha giocato d'anticipo, facendo capire di voler trasformare le elezioni amministrative di Milano e Napoli in un referendum sulla sua leadership. Capolista del Pdl in entrambe le città - ed era già un segnale - ora il presidente del Consiglio ha chiarito la posta in gioco: si vota a Milano, ma in ballo c'è il governo di Roma. Dunque, il Cavaliere ci mette la faccia.
Ma al Partito democratico conviene o no nazionalizzare la battaglia? Porterà bene politicizzare lo scontro, in particolare a Milano, una città nella quale il sindaco Letizia Moratti ha deluso - così suggeriscono i sondaggi - una parte degli elettori di centrodestra per le sue scelte amministrative? Enigma di non facile soluzione per un'opposizione che naviga tra la "Scilla" della propaganda (Berlusconi è in caduta libera) e la "Cariddi" di quel realismo che faceva ripetere spesso a Francesco Cossiga: «Silvio? La cosa che sa far meglio sono le campagne elettorali».
SILVIO BERLUSCONICome sa bene anche un altro sardo, Renatu Soru, presidente della Regione Sardegna che nel 2009, a dispetto di un eccellente consuntivo e di un valore aggiunto personale di 4 punti percentuali, dovette cedere le armi alla martellante campagna sull'isola del presidente del Consiglio.
Dunque? «Dunque, non bisogna aver esitazioni sulla "morattizzazione" della campagna - dice l'" emergente" Pippo Civati, consigliere regionale lombardo del Pd - rivolgendosi ai delusi di centrodestra, battendo sul flop Expo e non solo. Il che non significa spoliticizzare la battaglia: la Moratti è notoriamente berlusconiana, Milano vale mezzo Paese, dal punto di vista economico e psicologico e naturalmente non possiamo dimenticarci di un anno di Ruby».
LETIZIA MORATTIDunque, una campagna prevalentemente su Milano, ma evitando una Stra-Milano? «Davanti ad un Berlusconi che sta cercando di politicizzare la battaglia e di oscurare il fallimento della giunta milanese - dice l'ex ministro della Comunicazione Paolo Gentiloni - non faremo l'errore di rincorrerlo nella sua speranza di trasformare le elezioni amministrative in un referendum nazionale su di lui. E' la solita arma che usa Berlusconi, dovremo dimostrare che stavolta è un'arma spuntata, anche perché i sondaggi di tutti gli istituti dicono che oramai il premier gode di una fiducia personale che è al disotto di quella della sua coalizione e di gran parte dei suoi ministri».
pippo-civatiEffettivamente i sondaggi convergono su questa analisi. Eppure, quando il Cavaliere accende la sua macchina propagandistica quasi sempre sono dolori per gli avversari, come indirettamente conferma anche Rosy Bindi: «Il principale segno di debolezza del centrodestra a Milano è la discesa in campo di Berlusconi a fianco della Moratti». Come dire che il Cavaliere è ancora un moltiplicatore di consensi?
ROSY BINDI«Lui crede di avere ancora delle risorse e per questo ci sarà un doppio gusto a farcela». Alla fine sarà Pier Luigi Bersani a decidere come dosare gli ingredienti, ma al quartier generale del Pd sembrano aver già deciso la strategia di fondo: «Lo slogan che segnerà questa campagna elettorale preannuncia Stefano Di Traglia, responsabile Comunicazione del Pd - sarà questa: "Un voto per la tua città, per il tuo Paese". In altre parole, non consideriamo queste elezioni - pur importanti - come l'occasione per la spallata al governo, ma - chiedendo di mandare a casa amministrazioni che hanno mal operato - ci attendiamo segnali di carattere generale».
PAOLO GENTILONII ballottaggi per le amministrative si incroceranno con la campagna referendaria (acqua, nucleare, legittimo impedimento) e uno dei promotori, Antonio Di Pietro, sembra rompere gli indugi: «Il 13 giugno ci sarà il giudizio di Dio: può un premier farsi leggi per non farsi processare?». Ma politicizzare sul referendum anti-Silvio non rischia di allontanare gli elettori bipartisan, sensibili ad acqua e nucleare? «Effettivamente sostiene il costituzionalista del Pd Stefano Ceccanti - il rischio è quello di portare a votare più elettori "tuoi", ma di demotivare quelli bipartisan e quindi di restare lontani dal quorum».