1 - TELEFONICA SALVA BERNABÈ: PRESIDENTE SÌ MA SENZA "CAMPANELLO" E CON DELEGHE "PESANTI". COSÌ FALLÌ L'OPERAZIONE PASSERA-PAGLIARO-PERISSINOTTO (GENERALI), DI PORTARE GABRIELE BURGIO AD DI TELECOM
Gli uscieri di TelecomItalia non sono del tutto soddisfatti per l'esito dell'Assemblea che si è tenuta ieri a Rozzano seguita in streaming minuto per minuto.
Oggi poco prima delle 12 hanno salutato con un certo distacco Franchino Bernabè e gli altri membri del Consiglio di amministrazione che deciderà il nuovo assetto della governance, ma restano convinti che nella lunga assemblea di ieri non siano stati sciolti tutti i nodi e che la conclusione sia piuttosto forzata.
Si chiedono ad esempio per quale ragione Telco, la holding che con il 22,5% è uscita vincente dall'assemblea, possa lasciar fuori un'azionista come la famiglia Fossati che dentro la società ha buttato un mare di soldi per comprare il 5% delle azioni, e alla fine sia rimasta "scandalosamente" fuori dalla porta. Di sicuro agli uscieri è piaciuto il modo con cui il conte Gabriele Galateri di Genola (fortunato collezionista di presidenze) ha svillaneggiato il consigliere Luigi Zingales, il barbuto economista di Chicago che continua a rompere i coglioni perché vorrebbe squarciare il velo sul Rapporto Deloitte, la scatola nera di tanti misteri.
Ed è parso giusto anche se del tutto minimale l'annuncio di Bernabè circa la richiesta a Pirelli di 1,2 milioni come risarcimento per alcune attività che sono state tolte "nell'interesse esclusivo del Gruppo dei pneumatici". È evidente che Franchino non ha alcuna voglia di alzare il velo sulla gestione del passato e su quelle strane operazioni che vanno da Sparkle fino alla cessione di immobili pregiati venduti da Telecom e poi affittati alla società di Tronchetti Provera.
D'altra parte bisogna capirlo il manager di Vipiteno che stamane diventerà presidente e che ieri ha esclamato con enfasi "il passato è alle spalle. È l'ora di una svolta!". Gli uscieri dubitano che questa ora sia davvero arrivata e che si possa mettere il coperchio su vicende che ancora restano oscure, e a questa sensazione aggiungono un giudizio perplesso sul nuovo assetto che guiderà l'azienda nei prossimi anni.
Anche Franchino Bernabè non dovrebbe essere molto soddisfatto per il compromesso finale che lo fa salire sulla poltrona della presidenza e mette nelle mani del 47enne alessandrino Marco Patuano le deleghe di amministratore delegato. Sullo sfondo rimane incerta la posizione di Luca Luciani, il famoso Napoletone che già nel 2006 si è imbattuto nei magistrati e nella Guardia di Finanza a Rovigo per la storia delle sim false. L'unica cosa certa è che a menare la danza di ieri e di oggi è stata Telefonica, il colosso spagnolo di Cesar Alierta che ha messo uno stop ai giochetti degli altri azionisti in assemblea e ha chiuso il sipario sulle manovre che l'hanno preceduto.
E qui gli uscieri possono raccontare con dovizia di dettagli i contorni di una manovra che aveva come obiettivo quello di mandare ai giardinetti il giovane-anziano Bernabè, l'uomo che nel novembre del '98 fu chiamato per la prima volta a guidare Telecom.
Secondo una ricostruzione attendibile il timone del Gruppo sarebbe dovuto passare dalle mani di Franchino a quelle di un altro personaggio. Sembra infatti che l'operazione concepita nel triangolo Passera (Intesa)-Pagliaro (Mediobanca)-Perissinotto (Generali), tirasse la volata a Gabriele Burgio, il manager che per 14 anni ha guidato la catena spagnola Nh Hoteles. Il nome di Burgio è poco conosciuto in Italia perché la sua esperienza professionale si è svolta prevalentemente a Madrid fin dai tempi in cui Carletto De Benedetti lo spedì a curare gli interessi di Cir-Cofide.
Invece di tornare a Milano e di continuare a tifare per la Fiorentina, squadra della sua città d'origine, Burgio classe 1954, è rimasto in Spagna e con un lavoro intenso è riuscito a creare un colosso alberghiero che fattura oltre 1 miliardo in 21 paesi e gestisce 50mila stanze d'albergo tra cui quelle della catena Jolly Hotels.
Nella società madrilena si ritrovano azionisti pesanti come il padrone di Zara e altre banche tra cui quella di Corradino Passera. È su quest'uomo che l'asse milanese e triestino aveva messo gli occhi nella convinzione che agli spagnoli di Telefonica l'idea fosse gradita. Le ragioni per cui la candidatura di Burgio è caduta poche settimane fa avrebbero origine dalla figura di Bernabé presidente con deleghe pesanti. Che varebbero condizionato il ruolo di amministratore delegato e Burgio ha preferito mollare la partita.
All'inizio, il "segnale ai mercati", cogitato da Passera e Perissinotto, con Bernabé presidente non operativo, è stato subito segato da Telefonica. E non solo perché ha sempre avuto un robusto feeling con Bebè. A scatenare le ire di Cesar Alierta pare sia stato un passo falso compiuto dallo stesso Burgio il 9 febbraio scorso in un'intervista al "Sole 24 Ore" dove attaccava la crisi delle banche spagnole accusate di non cogliere il business "sol y playa" del turismo iberico.
Resta il fatto che a distanza di due settimane Burgio ha presentato le dimissioni lasciando il posto al banchiere Mariano Perez Clavier, già presente nel board di Nh Hoteles e rappresentante del 15% detenuto da una banca azionista della catena alberghiera.
Adesso gli uscieri fanno buon viso al nuovo assetto di Telecom, ma restano convinti che si tratti di una soluzione provvisoria; qualcuno addirittura si spinge a parlare di pateracchio con una governance voluta e pilotata da quella Telefonica che in America Latina è la più forte concorrente di TelecomItalia.
2 - CALTA'S DREAM: UNA BANCA PEL CENTRO-SUD: IL MONTE DEI PASCHI DI SIENA - COME CADE BERLUSCONI - RETROSCENA SUL GERONZICIDIO
C'è un uomo a Roma, molto liquido e molto solido, che non vede l'ora di mettere in mare la barca.
È Francesco Gaetano Caltagirone, per gli amici Caltariccone, l'imprenditore che ha fatto del silenzio il suo grimaldello. Al Calta piace l'idea di aggiungere al suo silenzio quello del mare dove il fruscio delle onde consente di ragionare sulle vicende di questi giorni che lo hanno visto tra i protagonisti. E nelle rare volte in cui apre bocca gli piace ricordare le parole di De Gaulle quando diceva: "niente rafforza l'autorità quanto il silenzio".
Tacendo nei momenti caldi che hanno preceduto e seguito la battaglia delle Generali, l'autorevolezza del 68enne Caltariccone è stata apprezzata e gli ha fatto guadagnare punti nel gotha della finanza. Ma come tutti sanno gli interessi di questo erede di una famiglia palermitana sono molteplici e variegati.
Appena potrà sdraiarsi come una lucertola sul ponte del suo "canotto" miliardario, il Calta potrà fare un bilancio privato sui capisaldi dei suoi interessi che toccano l'editoria, l'utility, le banche e le assicurazioni. È questo il perimetro che oggi lo intriga ben più delle costruzioni e della politica.
Su quest'ultima non ha bisogno di chiedere lumi al genero Pierfurby Casini perché ormai ha maturato la convinzione che se il Cavaliere non supererà i due passaggi della processo breve e delle amministrative, il Pdl si squaglierà come la neve al sole. Questa prospettiva sarà di sicuro vantaggio per il marito della figlia Azzurra e potrebbe lasciare aperta la strada a un governo di transizione alla Dini con Frattini (molto benvoluto da Napolitano) o Giulietto Tremonti. Ma non il berlusconissimo Alfano. In caso di rifiuto del Cavalier, si apre la strada a un governissimo con Giuliano Amato ricco di lacrime e sangue.
Poi il futuro dirà se in famiglia potrà sedersi al tavolo anche Pierfurby nei panni di presidente del Consiglio.
In tutti i casi il Calta continuerà a guardare dall'alto del suo ufficio di via Barberini il quadrilatero dei suoi business. Un occhio c'è sempre sull'editoria dove nei giorni scorsi ha risolto in pochi minuti il problema del "Messaggero" con l'arrivo di Mario Orfeo, l'ex-direttore del Tg2 che è riuscito subito a riportare il giornale alla sua vocazione romana.
Per impegni legati alle vicende di Generali, il Calta non è potuto andare come fa di solito a insediare in via del Tritone il nuovo direttore e ha lasciato che a presentare Orfeo fossero la figlia e lo storico amministratore delegato Albino Majore.
Il secondo caposaldo del quadrilatero riguarda l'Acea dove in un anno e mezzo ha incrementato la sua partecipazione del 6% continuando a cacciare soldi come ha fatto fino a ieri per arrivare a una quota che supera ormai il 15% del capitale. Questo è il segno che nella strategia dell'imprenditore romano la multiutility dell'acqua e dell'energia è un altro grimaldello per un ruolo centrale nella Capitale. Qui purtroppo deve misurarsi con il sindaco dalle scarpe ortopediche Alemanno che tergiversa sulla privatizzazione di Acea.
Nell'aprile del 2008 Caltariccone disse in una rara apparizione pubblica: "chiunque vincerà nelle prossime elezioni, questo sarà un segno di discontinuità", parole che oggi stentano a trovare conferma, ma non scoraggiano l'uomo di via Barberini. A dispetto delle polemiche su parentopoli e sulle inefficienze, Acea è un investimento strategico dal quale sta portando a casa in questi giorni 14,2 milioni di dividendi e che all'assemblea di fine mese congederà Giancarlo Cremonesi, l'attuale presidente che gli ambienti romani hanno battezzato "er Pomata".
La centralità di Roma si ritrova nella volontà del Calta di avere nella città eterna una grande banca nazionale. Questo discorso l'ha fatto con parole chiare in un'intervista sul "Foglio" del 12 febbraio dell'anno scorso al giornalista Claudio Cerasa e dietro la prosa ossuta si è capito benissimo che la banca in questione è il MontePaschi di Siena del boccoluto Mussari.
Basta vedere lo spazio enorme che "Il Messaggero" di oggi dedica alla reazione in Borsa sull'annuncio dell'aumento di capitale fatto da MontePaschi per capire quanto ci tenga il Calta (vicepresidente dell'Istituto senese) a bilanciare la milanesità della finanza con una roccaforte operativa nel Centro-Sud.
L'ultimo tassello della sua strategia riguarda il ruolo di assicuratore che si è guadagnato comprando a piene mani azioni di Generali (oggi a quota 2,11%) e soprattutto gestendo nel silenzio la sua parte da protagonista. E qui vale la pena tornare ancora per una volta (sperando che sia l'ultima) alla trama che ha portato alle dimissioni di Cesarone Geronzi, un amico storico verso il quale ha sempre detto di avere stima, rispetto e sintonia.
Secondo voci raccolte dopo il regicidio consumato la settimana scorsa nel palazzo delle Generali di piazza Venezia, Caltariccone avrebbe avuto una parte niente affatto secondaria in tutta la vicenda. Tanto per cominciare sarebbe stato informato una settimana prima del golpe preparato dal tandem Nagel-Pelliccioli, che avrebbe mandato avanti Della Valle per rompere la cristalleria.
Da Pelliccioli, in particolare, il romano più liquido e più solido avrebbe capito che per l'amico Geronzi si stava preparando una fine cruenta, e di questo avrebbe avvisato (si tratta sempre di voci e non di certezze) anche il Gran Ciambellano, Gianni Letta, l'uomo che ieri girava per le stanze di Palazzo Chigi con l'aria distrutta e le occhiaie consumate da troppi spettacoli indecenti.
Nessuno pensi di andare a via Barberini per avere conferma di questa trama nella quale il ricco e furbo Pellicioli si è trovato accanto al ricchissimo e furbissimo Caltagirone; questa è soltanto la pagina di un intreccio che si è consumato in quel silenzio, mai interrotto da dichiarazioni incaute, e considerato per tutta la vita dal Calta come l'ingrediente che citava De Gaulle per aumentare l'autorevolezza.
3 - RIUSCIRANNO I NOSTRI EROI UNICREDIT A OTTENERE DA ZIO TOM DIBENEDETTO 40 MILIONI DI EURO OLTRE ALLE GARANZIE PER L'OPA CHE LA NEWCO DOVRÀ LANCIARE PER CONQUISTARE LA SQUADRA DEL "PUPONE"?
Avviso ai naviganti N.1: "Si avvisano i signori naviganti che questa mattina all'aeroporto di Malpensa è partito un aereo carico di speranze.
A bordo sono saliti Paolo Fiorentino e Piergiorgio Peluso, i due manager di Unicredit che raggiungeranno Boston in serata quando, nella città americana, è l'ora della colazione. Appena scesi dall'aereo avranno appena il tempo di sciacquarsi il viso poi si siederanno a colazione con lo zio Tom Dibenedetto, il candidato a comprare la As Roma. I due manager di piazza Cordusio chiederanno caffè americano, toast, marmellate della California e soprattutto 40 milioni di euro oltre alle garanzie per l'Opa che la newco con dentro lo zio Tom dovrà lanciare per conquistare la squadra del "Pupone".
4 - MARCEGAGLIA, ASSISE GENERALE 2011 SBARRATA AL GOVERNO E AI POLITICI
Avviso ai naviganti N.2: "Si avvisano i signori naviganti che ai piani alti di Confindustria fervono i preparativi per l'assise generale 2011 che si terrà a Bergamo il 7 maggio sul tema "l'Italia che vogliamo".
Il programma è ancora segreto anche se si sa che la Marcegaglia non ha alcuna intenzione di offrire una passerella al governo e ai politici. Si sa soltanto che l'Assise sarà divisa in due parti: in mattinata aprirà i lavori Vincenzo Boccia, presidente della Piccola Industria, mentre il pomeriggio sarà dedicato alla sessione plenaria e alle conclusioni della Marcegaglia. L'unica cosa certa è che la banca di Corradino Passera sarà il main sponsor dell'evento mentre altri quattrini arriveranno dalla Fiat di Marpionne e Sorgenia di Carletto De Benedetti".