Malcom Pagani per "L'espresso"
Ezequiel Lavezzi tatuatoSordi al secondo comandamento, i chierichetti in mutande invocano l'Altissimo senza pudori. Inequivochi messaggi sulle magliette: "Io appartengo al Signore". Slogan non proprio occulti: "100% Gesù". Tatuaggi a sfondo religioso. E poi mani, baci levati al cielo e riunioni plenarie che somigliano a corsi di marketing in cui intonando beati canzonette incongrue per metrica e accostamenti: "Lode al nome tuo/ quando la tua benignità scorre su di me/lode al nome tuo" non si ometta di tramandare alla platea il senso di una vocazione. In congiunta preghiera, il mondo del pallone promette di non avere altro Dio al di fuori del campo.
Il calciatore, illuminato dal tocco divino, non si controlla più. Se segna, è merito del Creatore. Se è dedito all'astinenza sessuale, anche. Una mania diffusa. Un'ossessione circolare, ovvia se si pensa che il fratello di Tonino Matarrese, caudillo di un ventennio di calcio indigeno, era vescovo. Pure la maglia, abolita la santa numerazione dall'uno all'11, è tema di omaggi. L'ex torinista Rubin, mistico, scelse la 33. In mezzo, tutte le sfumature dell'ignoto.
le magliette religiose di Le Grottaglie e CavaniImprovvise chiamate, voci dall'aldilà, redenzioni a mezzo stampa che derubricano le zampe di gallina nella tasca di Nils Liedholm al paleozoico, il santino spagnolo nella cavigliera di Tardelli all'innocenza e trasformano i pellegrinaggi pedalanti a San Giovanni Rotondo del Foggia di Zeman (cui di recente è capitato il sacrilegio di un arbitro bestemmiatore) in fotogrammi fantozziani.
La modernità pretende strumenti in grado di veicolare il messaggio. Così la logica dell'oratorio va in soffitta e al suo posto brilla la fede. L'associazione "Atleti di Cristo"- migliaia di adepti più o meno noti in costante aumento da quando Leite e Morais, gli antenati del movimento, iniziarono a propagare il verbo nel 1984 - arrivò in Italia nel '98. I missionari devolvono il 10 per cento dello stipendio alla causa, bandìscono l'alcol, vanno a letto presto.
Da allora i crociati si sono moltiplicati. Al romanista Paulo Sergio, che si riuniva in preghiera ad Ostia e poi finiva a venerare le vongole, seguirono le inflazioni delle Suor Paole in tv e i predicatori domenicali, con l'arena adattata a sagrato. Il più famoso, Ricardo Kakà, assicurava che sarebbe giunto vergine al matrimonio. Il più querulo, Nicola Legrottaglie, ex juventino di stanza al Milan, abbonato alle notti dei Murazzi come alle albe milanesi in Corso Como, è andato oltre.
KAKALa sua conversione, giunta dopo l'esilio di Siena, è quasi un nuovo mestiere. Domina sui giornali e negli autogrill. Biografie, istant-book, anatemi: "Non ho nulla contro i gay ma a Dio il peccato non piace". Esultanze: "Non faccio l'amore da anni. Una liberazione". Le Grottaglie alterna altruismo a proselitismo: "Mi sono innamorato di Gesù e ho pensato che sarei stato egoista a tenere per me un amore così grande" e depreca quattro decenni di conquiste civili: "Sono contrario all'aborto".
Giocando sempre meno, poi, trova il tempo di scagliarsi contro la Fifa. Già nel 2002 la federazione internazionale, irritata dallo show brasiliano ai Mondiali, vietò le preghiere collettive in cerchio prima dell'inizio delle gare. Invito ignorato che periodicamente spinge a proteste e derby teologici. L'Egitto festeggia la vittoria inchinandosi verso la Mecca?
All'apostolo Legrottaglie non sfugge il complotto islamista: "Non è giusto, mi fa riflettere". L'ammenda tardiva è un classico. Si redime chi ha ecceduto. Invoca Dio quando è in difficoltà dietro a birre, festini e fajoladas il pingue Adriano e ha preso i voti persino l'ex torinista Muller, un irriducibile che girava in Ferrari e tirava tardi in discoteca dietro le chiome bionde della moglie. Percorsi diversi da quelli di Taribo West. L'ex nigeriano dell'Inter celebre per il quieto soprannome "Cannibale" e le treccine verde hulk, è diventato pastore pentecostale.
Trafitto dalle sfere celesti già ai tempi in cui per tenere lontano il diabolico usava della terrena canfora per scarpini, Taribo ha abbracciato la predicazione in una chiesa alle porte di Milano. All'epoca in cui marcava Del Piero, invitava a cena i compagni facendoli pregare e digiunare fino alla mezzanotte. Poi, fluttuando, cercava di convincere l'allenatore Lippi: "Mister, ho sognato il Signore. Mi ha detto che avrei giocato", con l'altro, lesto: "È davvero un peccato, a me non ha detto nulla".
ZemanA volte la fede è invece un affare di famiglia. Più celebre del fratello prete di Demetrio Albertini, è Romilde Trapattoni, la sorella suora di Giovanni. L'Italia le deve l'ispirazione iconografica da '48, corollario della tragicomica spedizione sudcoreana ai Mondiali del 2002. Il Trap perse la faccia trascinando l'acquasantiera in panchina, il consigliere spirituale in ritiro e la squadra tutta, e tutti i giorni, a messa.
A certe vette ieratiche, basta un segno per cambiare idea. All'atleta di Cristo Claudio Taffarel, portiere brasiliano che ballando sulla linea confuse il buddista Baggio nell'inferno di Pasadena (finale dei Mondiali 1994) fu sufficiente un guasto alla Bmw di ordinanza per decidere di rifiutare l'ingaggio dell'Empoli: "La mano del destino mi ha suggerito di non accettare".
Stefano Albanesi, appena acquistato dal Pescara di Galeone, stracciò un contratto triennale a molti zeri per indossare il saio e rifugiarsi con i fratello nell'abbazia di Farneto, mentre Victor Claudio Vallerini, italobrasiliano del Mato Grosso lasciò la Lazio a 19 anni per trascorrerne dieci in seminario al termine dei quali tornò alle luci di Camaiore, ai sughi della madre e ai palcoscenici di periferia.
trapattoni acquasantaLe influenze vaticane di Roma fanno un effetto strano e ispirano visioni mistiche anche senza motivo. A Cèsar Gomez, modestissimo difensore improvvidamente paragonato a Beckenbauer e messo sotto contratto per tre anni, i tifosi avevano affibbiato la nomea di "miracolato". Gli allenamenti erano la palestra di uno scherno senza confini. Lo chiamavano a colloquio, spietati: "Ah miracolà, viè qua che te faccio un autografo".
A Roma, prima di emigrare a Cesena con un altro atleta da rosario, il connazionale Silas, passò anche il laziale Amarildo. Regalava le Bibbie agli avversari: "Insultandoli però senza risparmio dal figlio di puttana in su per l'intera partita", ricorda divertito l'ex compagno Fontana. Il "trattamento Lotito" ha invece messo in crisi il giovane Artipoli. Mentre i colleghi sgambettavano ad Auronzo di Cadore, Ivan preferì spendere l'estate del 2010 in un eremo toscano "per ritrovare la serenità".
Dietro la noia immobile del circo, si nascondono anche storie crude. Dal bresciano Kovacic che si autoeliminò per seguire una confraternita krishna, recitò da agricoltore in Croazia e alla fine morì a 150 all'ora senza domare curve, scelte e tormenti, a Carlos Roa che nel '99, da portiere acclamato salutò le palme di Maiorca per rifugiarsi in Messico, diventare vegetariano, curare criceti feriti, meditare sulla fine del mondo, tornare e ammalarsi di cancro ai testicoli.
Uscito da un anno e mezzo di chemioterapia, Roa indossò nuovamente i guanti, mai di sabato però, perché nella chiesa avventista del settimo giorno, alla vigilia della domenica, si medita. All'epoca western di un pallone tutto calci sputi e colpi di testa, la logica del branco non avrebbe risparmiato neanche Roa. Carlo Petrini, il maledetto che allo slow food preferì la velocità sfrenata di vino, cibo, combine e amanti compulsive (con preferenza per le mogli dei compagni di squadra) raccontò in un libro che la castità di un ragazzo ai tempi della Ternana, rappresentò l'abbrivio per violenti scherzi.
AmarildoDice oggi: "Si chiamava Sandro Crispino, scoprimmo che si era costruito una cintura di castità in lana grezza con due cordicelle che al momento del pensiero impuro, tirava con forza. Fu la sua fine. Nello spogliatoio non provammo pietà. Gli toccavamo il culo, gli pisciavamo addosso, lo chiamavamo Sandra".
I miliardi hanno ammansito le belve, l'amplesso dei neo-pallonari si consuma con la playstation e Edinson Cavani, un uruguagio che ha la genialità di uno Schiaffino, può segnare gol a decine dando del tu a Dio nelle interviste: "Ci ho parlato recentemente, mi ha dato coraggio". Senza che nessuno aliti un dubbio mentre cammina a occhi chiusi in mezzo al campo come il Carlo Verdone folgorato dalla setta dell'amore eterno e dal suo santone in "Un sacco bello": "Gli ho detto maestro cosa posso fare per lei? E lui subito: "love, love, love"".
Cavani ha oscurato Maradona, l'unica divinità locale dai tempi di San Gennaro. La mano di Dio era una filosofia planetaria. Oggi, messi in panchina gli eccessi, Maradona si gode il presente. A suo nome, 80 mila persone hanno eretto una chiesa. Il natale del supremo coincide con la data di nascita del Pibe, il resto ne consegue.
La confraternita maradoniana sarà anche una parodia, ma il padre nostro è una blasfemia romantica e la fantasia, per una volta, non sembra messa in croce: "Diego nostro che sei nei campi, sia santificato il tuo sinistro. Venga a noi il tuo calcio, siano esaltati i tuoi gol, come in cielo così in terra. Dacci oggi la nostra dose di magia, perdona gli inglesi, come noi perdoniamo la camorra. Non ci indurre in fuorigioco e liberaci da Havelange". Amen.