Michele Anselmi per "il Riformista"
Cover del DVD di MathildeUn romanzo survoltato, a suo modo esilarante e trasgressivo ancorché faticosamente lambiccato nel suo andirivieni temporale. Si chiama "Vivere fa solletico", è appena uscito per Einaudi. Secondo la critica Mariolina Venezia «sembra scritto da un autore della Beat generation che però vive ai giorni nostri, è femmina e porta i tacchi alti».
La signorina si chiama Nina Mimica (pronuncia Mimiza): è croata, bionda, burrosa, ha 43 anni e parla quattro lingue. Domenica sera alle 20 lo presenta all'Auditorium romano, prima di Umberto Eco, nel quadro della rassegna "Libri come".
La curiosità, per chi si occupa di cinema, risiede nel fatto che Nina Mimica è una regista alla quale capitò, nel lontano 2002, una fortuna sfacciata seguita da una sfiga tremenda. "Vivere fa solletico" nasce, infatti, come una sorta di romanzo-terapia scritto per elaborare un lutto chiamato "Mathilde". Trattasi di film, uno dei tanti prodotti in quegli anni di cine-finanza allegra, prima che l'allora ministro Urbani mettesse un po' d'ordine nel sistema impazzito dei finanziamenti pubblici senza fondo (si spendevano anche 100 milioni di euro all'anno).
NINA MIMICAUna storia incredibile, in confronto alla quale la faccenda di Dragomira e "Goodbye Mama", certo poco commendevole per le sue diramazioni politiche che portano tutte a Berlusconi, sembra un gioco da ragazze. Per questo all'Einaudi si sono un po' spaventati, tanto da imporre all'autrice la seguente scritta in esergo: «Il romanzo si ispira a certi eventi realmente successi, ad altri che non sono mai accaduti, ad alcuni che stanno per accadere, e ad altri ancora che non accadrebbero mai nemmeno se li supplicassimo di farlo. Del resto, cos'è la realtà?».
La realtà è che su "Mathilde" hanno mangiato in tanti, spartendosi una torta piuttosto succulenta, visto che il ragguardevole budget di quasi 7 milioni di euro si volatilizzò nel giro di qualche mese, tra cambi di società, subentri, prestanome, furbizie di ogni genere, produttori italiani e coproduttori stranieri (spagnoli, tedeschi e inglesi), fatture contraffatte, eccetera.
Purtroppo quasi 3 di quei 7 milioni, per l'esattezza 2 milioni e 792 mila euro, furono interamente erogati, il 18 novembre 2002, dal ministero ai Beni culturali. Beneficiari? La Silva Film Srl e la E.T. Fiction Group Srl, ovvero Rocco Cesareo e Marco Tranquilli. Anche se poi, materialmente, a gestire la cifra furono i due produttori, oggi scomparsi, che figurano sui titoli di testa: Gherardo Pagliei e Adriano Arié.
Nina Mimica Vivere fa il solleticoChe fine ha fatto il film? Scomparso, mai uscito, nonostante avesse per protagonista Jeremy Irons, che infatti pretese 1 milione di dollari, più attori di un certo calibro: l'irlandese Sinéad Cusack (moglie nella vita di Irons), il serbo Miki Manojlovic, la francese Stéphane Audran, la georgiana Nutsa Kukhianidze.
In Gran Bretagna, in verità, "Mathilde" è uscito in dvd; da noi invece la pellicola è sotto chiave da anni presso la Sound Design di Elio Gualfucci, il quale rivendica compensi mai ricevuti. Chi pagherà? Vai a sapere. In compenso, Nina Mimica nel 2009 ha ricevuto a Firenze il premio "Nozze coi fichi secchi", e non sfuggirà l'ironia della denominazione.
Il film, girato in Montenegro, orbato di una quarantina di scene e di infiniti effetti speciali per risparmiare, è un pasticcio che la stessa Mimica definisce «un thriller sulla guerra nell'ex Jugoslavia con inserti lisergici». Difficile dire come sarebbe potuto venir fuori se i soldi fossero stati davvero spesi, ma certo così, nonostante certe sequenze vagamente "alla Kusturica", non sta in piedi.
Vi si racconta, partendo dalla fine, la tragica avventura di un colonnello triestino dei Caschi blu, appunto Irons doppiato per l'Italia da Massimo Venturiello, che usa come esca una ragazza slava di nome Mathilde, vitale, spregiudicata, tutta istinto, per catturare il macellaio serbo Paradic, salvo poi innamorarsi di lei nel precipitare degli eventi.
Nina Mimica e Jeremy Irons«Forse sono pazzo davvero, sennò che ci sto a fare qui?» si chiede a un certo punto il colonnello De Petris, diviso moralmente tra la missione militare da portare a termine e l'affetto non proprio filiale per la fanciulla, metafora di quella terra insanguinata dall'odio etnico. A dirla tutta sembra parlare l'attore, spaesato come non mai nella divisa mimetica, pure sbagliata e approssimativa, come racconta con piglio divertito, forse per non piangere, la regista in "Vivere fa solletico".
Irons fu preferito ad Harvey Keitel e Daniel Auteuil, sulle prime interessati al progetto, e si può capire come si sentì la poco più che trentenne Nina Mimica quando, dopo un viaggio sul set rumeno di "Callas Forever", esattamente l'11 settembre 2001, la star dei suoi sogni le disse finalmente: «Sì, lo faccio».
Jeremy IronsPurtroppo le cose poi si complicarono, diciamo squisitamente all'italiana, e viene da pensare che, una volta annusata l'antifona, la regista esordiente avrebbe fatto meglio a chiuderla lì, senza farsi risucchiare in un calvario fatto di richieste negate, telefonate senza risposta, comparse scomparse, sequenze mozzate. Nel romanzo allegorico, come si diceva, i nomi sono tutti cambiati: Nina diventa Lea, Gherardo Pagliei diventa Dark Matter, il marito Mauro Falomi diventa Totto e via alludendo.
Ma un passaggio, estrapolato dal tono grottesco-strampalato del tutto, sembra riportare la vicenda per terra. Vi si legge, a proposito di certi produttori: «Prendono i soldi del sovvenzionamento statale con i quali, come prima cosa, coprono i debiti del film precedente. Quello che rimane per la preparazione e le riprese del nuovo film non è che un'ombra di quello di cui il film ha bisogno». La prosa non sarà granché, ma il concetto è chiaro.