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QUERCIA MISTERY - “IL FATTO” SFOTTE SALLUSTIONI: OGGI PUBBLICATE LE CARTE SULL’OAK FUND ACCUSANDO I PM DI NON AVER APERTO UN’INDAGINE. MA NEL 2006 TUTTI, TRANNE DI PIETRO, VOTARONO IL DECRETO MASTELLA PER LA DISTRUZIONE DI QUEI DOCUMENTI (E “IL GIORNALE” SOSTENNE IL PROVVEDIMENTO) - I SEGUGI CHIOCCI E FAZZO PROSEGUONO L’INCHIESTA: LA PISTA DEI FONDI ESTERI DEI DS PORTA ALLA BANCA ANTONVENETA - NICOLA ROSSI S’INCAZZA: CON QUEI CONTI NON C’ENTRO NULLA. HO GIÀ QUERELATO D’AVANZO...

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1 - IMBARAZZO MASSIMO...
Da "il Fatto Quotidiano"

Interessante l'inchiesta del "Giornale" sul dossier raccolto dagli spioni della security Telecom sul misterioso "Oak Fund" (Fondo Quercia) alle Cayman che parrebbe riconducibile ai Ds e al suo Lider Massimo. Imbarazzante l'imbarazzo con cui i Ds e il suo Lider Massimo hanno, anzi non hanno reagito. Peccato che i segugi del "Giornale" accusino la Procura di Milano di non aver aperto un'indagine, ovviamente per salvare gli amici comunisti.

SALLUSTI

Balle. Il 22 settembre 2006, due giorni dopo l'arresto di Tavaroli & C., il governo Prodi approvava (un solo voto contrario: Di Pietro) il decreto Mastella n. 259, concordato con le cosiddette opposizioni (Pdl, Udc e Lega) che poi lo votarono: "L'Autorità giudiziaria dispone l'immediata distruzione dei documenti... illegalmente formati o acquisiti... Il loro contenuto non costituisce in alcun modo notizia di reato, né può essere utilizzato a fini processuali o investigativi".

Se la Procura non potè indagare sul Fondo Quercia e sulle altre notizie di reato contenute in quei dossier fu grazie a quel decreto destra-sinistra-centro. Che "Il Giornale" sostenne appassionatamente (come del resto il padrone B.), accusando di giustizialismo Di Pietro e i magistrati che lo osteggiavano. Ma, per pentirsi e chiedere scusa, non è mai troppo tardi.

2 - LE CARTE ALLA PROCURA DI MILANO - LA PISTA DEI FONDI ESTERI DEI DS PORTA ALLA BANCA ANTONVENETA...
Gian Marco Chiocci e Luca Fazzo per "il Giornale"

il direttore Padellaro

«Non possiamo mica fare le rogatorie alle Cayman, si figuri se ci rispondono...». Così, nelle pause degli interrogatori, i pubblici ministeri milanesi rispondevano a Emanuele Cipriani, il detective privato che aveva indagato sull'Oak Fund, il «Fondo della Quercia», e sui suoi presunti legami con il partito dei Democratici di sinistra. È ben vero che le Cayman non sono famose per la loro disponibilità a collaborare con le magistrature occidentali, specie se vengono a frugare nel segreto bancario e fiscale che - insieme alle immersioni subacquee - è il core business dell'arcipelago caraibico.

Ma ora si scopre che il dossier su Oak Fund conteneva spunti investigativi assai più raggiungibili, se si fosse voluto accertare quanto di vero e quanto di falso ci fosse nelle conclusioni riassunte da Cipriani nei suoi «summary», i report stampati su carta giallina e inviati a Giuliano Tavaroli, all'epoca capo della Security di Telecom.

È ben vero che il foglio cruciale, quello, ampiamente macchiato, che invita a «evitare di mostrare Massimo D'Alema come rappresentante», sembra provenire dalle Cayman. Ma i segugi assoldati da Cipriani hanno scovato anche da questa parte dell'oceano tracce che poi sono finite nel dossier, indicate come tasselli del sudoku finanziario che lega l'affare Telecom, il fondo Quercia e il principale partito della sinistra.

dalema sbuffa sfuffa foto gmt

C'è, come riferito ieri dal Giornale, l'appunto con il nome di quello che il dossier definisce «il Greganti del nuovo millennio», il fiduciario che gestiva i conti del «Fondo Quercia»: un signore che abita in corso di Porta Romana, a Milano, a poca distanza dal palazzo di giustizia. E non è tutto. Ci sono una serie di conti correnti, anch'essi collegati alle operazioni di Oak Fund, appoggiati presso una banca che più italiana non si può: la Antoniana Popolare Veneta, meglio nota come Antonveneta, l'istituto che dopo il fallimento della scalata da parte della Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani, è finito nelle mani degli olandesi di Abn Amro e poi in quelle del Monte dei Paschi di Siena.

UGO SPOSETTI - Copyright Pizzi

Secondo il dossier, la Citco Holding, la società che detiene il controllo dell'Oak Fund, ha un conto presso la filiale lussemburghese dell'Antonveneta, gestito da tale signor Tschiderer, ma anche un conto presso una filiale in Italia dello stesso istituto. È su questo conto che - secondo lo schema ricostruito da Cipriani - passa l'ultimo movimento di denaro individuato nel dossier prima della sospensione delle investigazioni, i 10 milioni e 785 mila dollari provenienti da una non meglio specificata società Crystal. E, sempre secondo lo schema, riconducibile al «noto partito».

Una verifica su questi dati, con i potenti mezzi della Procura milanese, non sarebbe stata particolarmente gravosa. Eppure non ci fu, e la storia del conto Oak Fund sarebbe rimasta sepolta nel dossier se il giudice Giuseppe Gennari, la settimana scorsa, non avesse tolto il segreto sull'intero frutto delle fatiche di Cipriani.

nicola rossi lap

Insieme al dossier sul «Fondo Quercia », è stato riportato alla luce tutto il contenuto della «Banca dati Zeta», ovvero l'intero archivio Cipriani. Tra questi ci sono altri dossier delicati, e solo in parte commissionati da Tavaroli. Ce n'è uno, assai approfondito, sull'attuale amministratore delegato di Enel Fulvio Conti, realizzato all'epoca in cui nella stessa azienda rivestiva la carica di direttore finanziario.

Ce n'è uno su Riccardo Ruggiero, amministratore delegato di Telecom, in cui si parla di suoi rapporti con aziende fornitrici del gruppo e di suoi presunti viaggi su aerei privati messi a disposizione per assistere a partite di Champions del Milan. Ce n'è uno sull'ex ministro Maurizio Gasparri. Ce n'è uno su Franco Bernabè, oggi numero uno di Telecom. Ce ne sono tanti, troppi, destinati presto a vedere la luce.

j38 clemente mastella

3 - NICOLA ROSSI: CON QUEI CONTI NON C'ENTRO NULLA...
Lettera di Nicola Rossi a "Il Giornale"

È assolutamente falso che il Senatore Nicola Rossi sia titolare di un conto corrente all'estero. Il Senatore Nicola Rossi non ha mai avuto firme su conti esteri, né a Londra, né altrove e non sa nemmeno cos'è l'Oak Fund. Il Senatore Nicola Rossi ha già agito in sede civile innanzi il Tribunale di Roma per ottenere il risarcimento dei danni provocati dalla pubblicazione da parte del quotidiano «La Repubblica» con un articolo a firma del giornalista D'Avanzo.

DIPIETRO

È assolutamente falso che il Sig. Tavaroli abbia detto che sul conto Oak Fund avesse la firma «Nicola Rossi». Il Senatore Nicola Rossi è assolutamente estraneo a ogni vicenda raccontata nell'articolo del 4/4/2011 del quotidiano il Giornale a pagina 3 con richiamo in prima dal titolo «Fondi esteri, arrivano le carte che fanno tremare D'Alema». In particolare è assolutamente estraneo a qualsiasi forma di esportazione di capitali all'estero anche sotto forma di trasferimento tra molteplici società, tanto meno per conto di partiti politici.

Precisa infine che nel giudizio proposto innanzi il Tribunale di Roma per ottenere il risarcimento dei danni nei confronti del giornalista D'Avanzo e dell'editore del quotidiano la Repubblica, il Sig. Tavaroli ha smentito di aver detto che i conti erano intestati al Sen. Nicola Rossi».

 


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