Il miglior pesce d'aprile è stato senza dubbio quello che porta la firma di Corradino Passera, il 57enne banchiere comasco che insieme al presidente Abramo-Bazoli guida IntesaSanPaolo.
Venerdì la sua banca ha annunciato un aumento di capitale di 5 miliardi per rafforzare il patrimonio in vista dei criteri di Basilea che saranno applicati a partire dal 2013. La sorpresa nel mondo della finanza, dove in genere si ride soltanto quando arrivano i bonus milionari, è stata davvero grande, e molti analisti hanno pensato che si trattasse di una bufala.
Solo dopo la sollecitazione della Consob l'Istituto di Ca' de Sass ha precisato le sue intenzioni e ha alzato il velo su una problematica inaspettata. Nessuno infatti pensava che la prima banca italiana (18esima nell'elenco delle banche europee) facesse un annuncio così clamoroso. Per chi non lo sapesse Intesa detiene il 17% dei depositi, ha 11,4 milioni di clienti, 5.800 sportelli e ha chiuso i conti del 2010 con un utile netto di 2,7 miliardi.
IntesaSolo la cortina di compiacenza che attraversa in lungo e in largo il mondo dell'informazione economica, non ha sottolineato nei toni giusti il valore dirompente di una decisione così importante.
VICTOR MASSIAHFino alla settimana scorsa si sapeva che altre banche italiane avevano le gambe fragili e una necessità assoluta di procedere ad un aumento di capitale. Tra queste, in prima fila, UBI, MontePaschi, Banco Popolare di Milano e forse Unicredit. A scoperchiare il vaso di Pandora ci ha pensato per prima l'UBI con un aumento di 1 miliardo e il titolo è crollato in Borsa di oltre il 12%. L'amministratore delegato Victor Massiah ha detto che "quando bisogna distinguersi per il merito creditizio c'è bisogno di capitale", un giro di parole adatto alla retorica ma non al mercato.
GIUSEPPE MUSSARIDa parte sua il vertice di MontePaschi ha continuato a negare ciò che i contradaioli senesi davano per scontato, e oggi arriva la notizia che Mediobanca e Jp Morgan sarebbero già al lavoro per convincere il boccoluto Mussari e la Fondazione che controlla con il 56% l'Istituto di Rocca Salimbeni, a rafforzare il patrimonio con un'operazione da 2,2-2,3 miliardi (ben più robusta del taglio dei costi che ha portato i due big della banca senese a imporre un limite di spesa di 48 euro sui cellulari aziendali).
Federico Ghizzoni UNICREDITPer il momento sulla sponda del fiume rimane Unicredit dove il buon Ghizzoni (con fiducia discutibile) dice di essere in anticipo di 7-8 anni su Basilea III. Gli analisti non ci credono e nell'operazione-principe di Corradino Passera trovano la piena conferma di ciò che Mario Draghi ha detto il 26 febbraio al Forex di Verona.
MARIO DRAGHIIn quell'occasione lo stato maggiore di IntesaSanPaolo era platealmente assente e non ha potuto cogliere il sorrisetto amaro con cui il Governatore arrivato alla pagina 12 del suo intervento, ha alzato gli occhi dai fogli e ha detto che le maggiori banche avrebbero fatto bene ad aumentare il capitale prima dell'arrivo dei famosi stress-test.
Il monito di Draghi sembrava rituale, ma era preceduto da un avviso ai naviganti sul rischio Paese che stanno correndo "anche le banche più efficienti, penalizzate nella provvista sui mercati". Come se non bastasse sono arrivate le parole di una donna, Anna Maria Tarantola, l'alto dirigente di Bankitalia, che indica in 40 miliardi il fabbisogno degli istituti italiani per reggere la sfida dei prossimi anni.
Anna Maria TarantolaQualcuno come ad esempio il direttore di "MilanoFinanza", Paolo Panerai, ha scritto sabato che si tratta di una cifra spropositata, ma questo giudizio non toglie nulla all'effetto bomba che nel mondo del credito ha avuto il "pesce d'aprile" di Corradino Passera.
Domani i vertici di IntesaSanPaolo saranno a Torino per la presentazione dei risultati 2010 che si possono leggere nel comunicato stampa di 14 pagine sul sito della banca, poi mercoledì alle 10,30 al centro congressi di via Romagnosi a Milano, Corradino presenterà il Piano di impresa che dovrebbe buttare un po' di luce sulle strategie dei prossimi anni e giustificare la richiesta agli azionisti e al mercato di una colletta stratosferica.
PAOLO PANERAILe mani nel portafoglio per trovare 5 miliardi di euro dovranno metterle prima di tutti le Fondazioni che piangono da tempo per i striminziti dividendi, ma che sotto la guida del "grande vecchio" di Cariplo, Giuseppe Guzzetti, non potranno tirarsi indietro. E insieme a loro a fare la colletta dovrebbero provvedere le Generali che detengono il 4,9% in Banca Intesa, il fondo americano BlackRock, mentre gli altri soci Credit Agricole e Carlo Tassara (la società dell'ungherese Zaleski salvato da Bazoli) non saranno della partita.
GIUSEPPE GUZZETTIInutile dire che di fronte a un'operazione straordinaria come questa c'è anche chi gode in maniera particolare: sono le sei banche del consorzio di garanzia che sotto la guida di Merrill Lynch avranno il compito di collocare sul mercato l'aumento di capitale portandosi a casa robusti guadagni.
ZALESKI - copyright PizziChi gode di meno invece è il capomastro del cantiere di Ca' de Sass (il palazzo storico con tanto di bifore e bugnato dove ha sede il vertice di Intesa) perché questa operazione straordinaria butta un'ombra molto pesante sulle sue capacità di banchiere e di manager. Fino a venerdì la storia di Corradino è stata una collezione di performances che lo hanno portato a immaginare IntesaSanPaolo come una "vera banca locale" capace di giocare al momento opportuno il ruolo di "banca di sistema".
Così ha fatto in numerose operazioni tra cui spicca il salvataggio di Alitalia con la cordata dei patrioti italiani, un'impresa che avrebbe voluto ripetere anche per Parmalat con quei compagni di merenda Luchino e Dieguito Della Valle ai quali ha staccato un assegno di 700 milioni per far volare i treni "Italo" dell'Alta Velocità.
BAZOLIMa nella storia professionale di quest'uomo che ha iniziato il suo percorso nel 1980 in McKinsey ci sono altre operazioni importanti verso Fiat, Piaggio, Prada alle quali bisogna aggiungere la soluzione di dossier di crisi profonde come quella (ricordata ieri con malizia dal giornalista Mucchetti) del gruppo Risanamento del finanziere Zunino che aveva un debito di 476 milioni con l'Istituto.
Non è roba da poco, e comunque tale da ritagliargli il profilo di un superbanchiere, relativamente giovane, dotato di una cultura tecnocratica e di passioni umane espresse non solo tra le mura domestiche con un secondo matrimonio atteso a Cernobbio prossimamente e una nuova paternità, ma anche in pubblico con una buona dose di arroganza.
TREMONTIC'è ancora chi ricorda il modo brutale con cui tre anni fa al Meeting di Rimini di "Comunione&Fatturazione", Corradino liquidò l'idea della Banca del Sud di Giulietto Tremonti dicendo "no, grazie, non ne sento un gran bisogno, serve una scossa al sistema". E addirittura c'è stato un momento in cui il tecnocrate comasco è stato indicato per la poltrona di ministro del Tesoro.
ENRICO LETTAE qui si arriva a parlare inevitabilmente del suo rapporto con Giulietto Tremonti, un rapporto dialettico che dicono sia migliorato negli ultimi tempi ma rientra a pieno titolo nella casistica dei conflitti tra primedonne. Se questa analisi ha un pizzico di verità allora si può capire meglio l'altro pesce d'aprile che ha sconvolto il mondo della finanza.
Alberto Nagel e Renato PagliaroQuesta volta a firmarlo è stato proprio Giulietto Tremonti durante il Meeting di Cernobbio. Appena sceso dall'aereo che l'ha portato da Nanchino a Milano, l'ex-tributarista di Sondrio per colpa del jet lag e per un improvviso rigurgito di nostalgia ha dichiarato che "per come è messo adesso il mondo sarebbe meglio avere la vecchia Iri e la grande Mediobanca".
Parole di questo genere hanno bloccato il respiro di Enrico Letta e le acque del lago dove si affaccia la villa dei Meeting si sono increspate all'improvviso. Il proclama neostatalista o colbertista (come scrive scandalizzato oggi su "Repubblica" il vicedirettore Massimo Giannini, il più zelante dei sapientini) fa rivoltare nella tomba Enrico Cuccia e chiunque abbia conosciuto la stagione dell'Iri e delle Partecipazioni Statali.
Soprattutto avrà lacerato l'animo di quei personaggi come Alberto Nagel e Renato Pagliaro che si stanno dissanguando nel tentativo di cancellare la lunga stagione in cui pochi cavalieri dell'Apocalisse (primo fra tutti Gianni Agnelli) ingessavano il sistema economico attraversando i cancelli di Piazzetta Cuccia. Ciò che più interessa è capire la ragione di questo pronunciamento che è arrivato a 24 ore esatte di distanza dal pesce d'aprile di Passera. La domanda di fondo è a che cosa possa servire la massa d'urto della Cassa Depositi e Prestiti e l'idea di un Fondo strategico per salvare le grandi aziende del Paese.
Franco Bassanini - Copyright PizziQualcuno ha tentato di dare una risposta e l'elenco comincia con quella Parmalat per nulla strategica che produce latte e yogurt e dove Luchino, Dieguito e i Ferrero della nutella hanno già detto di non voler mettere il becco di un quattrino. Per altri il bulldozer della Cassa Depositi e Prestiti guidata da Franco Bassanini (uno statalista sposato con la "privatizzatrice" Linda Lanzillotta) dovrebbe entrare nei business delle reti, del gas, delle telecomunicazioni e della Rai. C'è però chi si spinge più in là e avanza un'ipotesi che alla luce degli ultimi eventi non sembra peregrina.
È il caso di Angelo De Mattia, il prolifico ex-collaboratore di Fazio, adesso in Generali, che si chiede se per caso questa Cassa non serva anche un domani a sostenere le banche. Il discorso diventa a questo punto davvero delicato. L'Iri come tutti sanno nacque nel '33 per salvare le tre banche nazionali in crisi (Comit, Credito Italiano, Banco di Roma), e se è vero che le condizioni delle cinque principali banche italiane non sono per nulla paragonabili a quelle dell'epoca fascista, un pensierino in questa direzione comincia a serpeggiare.
LINDA LANZILLOTTAL'Italia non è l'Irlanda dove nei giorni scorsi si è detto che servono 34 miliardi per salvare il sistema. Tremonti non è Beneduce ma il rimpianto dell'Iri e della vecchia Mediobanca per avviare una politica industriale quando il governo è in coma, suona davvero strano.
L'unica cosa certa è che il ministro del Tesoro non sembra avere fiducia nelle cinque principali banche italiane e nemmeno di quella BancaIntesa così "sistemica" da aver bisogno di 5 miliardi. Forse qualcosa si potrà capire di più domani durante la conferenza stampa che Draghi terrà al termine della riunione del "Financial Stability Forum" che si tiene a via Nazionale con i rappresentanti del G20.
Dopo i due pesci d'aprile di Corradino e Giulietto, è il momento della chiarezza.