Malcom Pagani per "l'Espresso"
ks27 robert kennedy carlo marina ripadimeanaEliminata l'identità: "Quando sillabi Kennedy, si avverte un vuoto d'aria" Bobby III è stato finalmente un ragazzo come gli altri. Pedalate, birre, feste, sigarette artigianali, fughe da fermo. Ora la sua Bologna studentesca, quel formidabile 2007 nella sede emiliana della Brown University, è diventata un film.
ks40 robert kennedy jrSi intitola "Ameriqua" e descrive le avventure di un fuori sede molto speciale, alle prese con lavoretti aleatori, pulizie casalinghe, amori, sbronze, albe inseguite sotto i portici. Il venticinquenne Bobby l'ha scritto e interpretato, fedele al ricordo di 12 mesi utili ad assorbire l'umorismo necessario a traversare i paragoni: "Kennedy è un cognome adatto a farmi sentire meglio di quanto in realtà non sia". In "Ameriqua", Bobby III viene messo alla porta dai familiari con un magro assegno.
Glenn CloseArriva a Napoli e lo derubano. Prende in prestito il furgone sbagliato e braccato dai malavitosi, risale l'Italia tra Roma e la Toscana per trovare l'Arcadia a Bologna. L'invito a diventare uomo si traduce in un esilio felice. "I miei non mi hanno mandato via da casa a calci in culo, ma non si sono impietositi quando li ho chiamati per fare la questua: "Te la caverai benissimo. Quando all'estero hai fame vengono sempre delle idee meravigliose...".
Quelle di Bobby hanno trasformato "Ameriqua" in un film semibiografico in cui ballano Glenn Close, Alec Baldwin, la figlia di Susan Sarandon (Eva Amurri) e Giancarlo Giannini nel ruolo di un ristoratore mafioso. Del suo anno con lo zaino, Kennedy non rinnega neanche l'ironia: "A Bologna ho fatto il cameriere. Mi hanno cacciato dopo una settimana. Esperienza utile: oggi lo Spritz è il mio migliore amico". Fermare il tempo, al riparo dalle aspettative, prima che la tradizione ti ricordi da dove vieni e dove devi andare se ti chiami Kennedy, può essere un'esigenza.
"La mia tribù è un baule di ricordi. Le gite a Cape Cod, i pranzi allargati, le mandrie di cugini di cui solo mia nonna conosce l'esatto numero". Quando gli chiedi qualcosa sul suo omonimo, il padre di suo padre, assassinato a Los Angeles nel giugno 1968, capisci che forse le infelicità si somigliano, ma non tutte le famiglie sono uguali. "Entro un anno spero di trasformare la mia curiosità su nonno Bobby in un film. Per ora mi documento e ogni tanto dimentico. Vidi l'affresco di Emilio Estevèz su di lui qualche anno fa. L'ho cancellato. Non è esattamente il tipo di storia che possa osservare con i pop-corn in mano".
Alec BaldwinTra speranza, rivoluzione e tragedia, Bobby III ha esplorato il sentiero in ombra. "Ameriqua" è una commedia senza recinti, un mondo ancora bambino in cui si sbaglia da non professionisti. Alla prima esperienza sono molti attori: "I miei amici bolognesi che mi conoscevano solo come Bobby". E naturalmente, l'artefice dell'impresa: "Per prepararmi non ho dormito con Shakespeare e ho buttato presto il copione in cantina. Quando sono troppo artificiose, le battute non fanno ridere. Volevo autenticità".
Deve averla trovata. "Ameriqua" arriverà al mercato di Cannes. Distributori in fila, compratori pronti all'asta. Poi l'uscita in sala, Venezia, i festival. Appassiona il nome del protagonista, attrae il moderno western messo in piedi nella casa-comune di via San Vitale, dove Bobby Kennedy divideva abitazione e spaghettate notturne con coinquilini agli antipodi. Giuseppe Sanfelice (il figlio della stanza di Moretti, qui nel ruolo del "Pisa", viveur con propensione all'alcova) e Gianluca Bazzoli, "Badoo", nichilista, cinofilo e cultore di una ricercata solitudine che il vitalismo di Bobby III incrinerà.
L'abitudine alla precarietà del Kennedy bolognese ("A Bologna dormivamo in sei, uno sull'altro") ha contagiato gli altri. Bazzoli, icona dei distretti di Polizia televisivi e diplomato al Centro Sperimentale, è entrato nel film quasi per caso: "Un po' come Sanfelice, che mancava dai set, per scelta volontaria, da più di due anni. Mi hanno detto del provino e mi sono precipitato". Il resto l'hanno fatto l'ottima conoscenza dell'inglese e un volto bergmaniano: "Abbiamo rotto biciclette, giocato a calcio contro i francesi, mangiato paste scotte, fissato la nostalgia un'età che sfugge".
Eva AmurriSi sono riconosciuti: "Quasi nessuno aveva più di 40 anni", ripercorrendo le tappe, anche esistenziali, del Bobby bolognese. L'incontro con la sua guida ai piaceri cittadini (Lele Gabellone, anche lui nel film): "Un salentino chiamato il "King" di Bologna che ha le chiavi delle discoteche cittadine e quando c'è Bari-Lecce, si chiude in ritiro spirituale riemergendone solo in caso di vittoria", dice Bazzoli, "e poi le sbornie, le imprese, l'educazione sentimentale".
Alla regia, Marco Gualtieri (produttore e inventore di Ticket One, convinto da Kennedy a margine di una cena elettorale per Obama) ha messo due ragazzi provenienti dall'esperienza di Mtv, Giovanni Consoni e Marco Bellone. I due avevano incontrato Bobby a New York, come sempre, sotto mentite spoglie: "Per giorni non mi aveva detto chi era", assicura Bellone, "ma invece di chiederci il perché del colpo di fortuna, io e Gianluca abbiamo lavorato per non sprecare l'occasione".
Interpolando i generi: "Il film ha molti registri, dal goliardico al parodistico" nel disperato tentativo di stupire: "Assediati dagli intenti sociologici, abbiamo provato a scavare con "Ameriqua" una trincea nel fantastico. I nostri cattivi sembrano quelli della banda bassotti e gli inseguimenti, quelli della Carica dei 101. Volevamo un film diverso. Un esordio che non fosse il manifesto della paura di sbagliare. Capita a tutti, ma alla nostra generazione accade più spesso". Sul risultato finale, Bellone è pudico: "Sulla pista devi correre e quando ti fermi puoi anche pensare "avrei potuto fare meglio", ma accade sempre dopo. E dopo, è troppo facile".
In America, tra fondazioni, veglie, evocazioni e memoriali, l'arrivo di un Kennedy al cinema è una notizia. Al posto della leggenda, Bobby III sventola la bandiera del sarcasmo. "Bologna è cambiata più con me negli ultimi cinque anni che nei precedenti 500" e giura che ci riproverà: " Non farò mai l'avvocato, c'è gia mio padre (Francis, il terzo degli 11 figli di Bobby ndr). Voglio continuare a inventare". Dietro a un profilo che è un salto nella memoria - l'ambientalista che da adolescente giudicava i politici dal Web sul battagliero "Ameritocracy" e trent'anni dopo Reagan, riporta a congiungersi Hollywood e Washington - sembra più vecchio.
giannini giancarloLe guance scavate, le smorfie, una somiglianza da apnea. Del nonno, gli antiapologeti mettevano in luce la determinazione: "Se Bobby odia, odia per sempre". L'odio lo uccise in diretta, per mano di Sirhan Sirhan, l'immigrato palestinese che leggeva il "Mein Kampf" e che da quasi mezzo secolo marcisce in galera tra strani oblii, balistiche che non collimano, domande di grazia respinte e annunciate riaperture del caso.
L'erede ha scelto altre luci, altre eredità. Appropriandosi, senza il rischio dell'inconsapevolezza, delle parole pronunciate da Bobby dopo la morte di Martin Luther King: "Può trionfare solo chi ha il coraggio di affrontare i grandi insuccessi". Se l'ipocrisia è il tributo che la verità rende all'errore, Bobby staccherà il telefono e si guarderà nello specchio. Altrimenti festeggerà. Non sempre l'"Ameriqua" è dall'altra parte della luna.