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ALLELUJA! - DOPO ANNI DI OMERTÀ, NELLA CHIESA CATTOLICA ROTOLANO LE PRIME TESTE PER LO SCANDALO DEI PRETI PEDOFILI

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LARCIVESCOVO DI LOS ANGELES JOSE GOMEZ LARCIVESCOVO DI LOS ANGELES JOSE GOMEZ

(AGI/REUTERS/AFP) - Con una decisione senza precedenti nella Chiesa Cattolica americana, l'arcivescovo di Los Angeles, Jose Gomez, ha annunciato di aver sollevato il suo predecessore, cardinale Roger Mahony, da tutti i suoi impegni pubblici nella Chiesa per la cattiva gestione dei presunti abusi sessuali su bambini negli anni '80 (Mahony guido' l'arcidiocesi dal 1985 al 2011); Gomez ha annunciato anche che il vescovo di Santa Barbara, Thomas J.Curry, si e' dimesso. L'annuncio e' arrivato in contemporanea con la pubblicazione sul sito della diocesi di decine di migliaia di documenti, in precedenza rimasti segreti, riguardanti il modo in cui la Chiesa gesti' le sorti di 122 sacerdoti accusati di molestie.

CARDINALE ROGER MAHONY

Gomez ha accompagnato il tutto con una lettera ai parrocchiani sottolineando che la lettura dei documenti potrebbe risultare "brutale e dolorosa". "Il comportamento descritto in quei documenti e' terribilmente odioso e diabolico. Non ci sono scuse per quel che accadde a questi bambini. I sacerdoti coinvolti avevano il dovere di essere i loro padri spirituali e fallirono. Oggi dobbiamo riconoscere quel terribile errore". La pubblicazione dei documenti e la sanzione a una figura centrale nello scandalo dei preti pedofili nella piu' grande diocesi americana segnala l'evidente volonta' di Gomez di prendere le distanze dallo scaldalo dei preti pedofili e voltare pagina.

 


NEL SUO BLITZ AMBROSIANO DRAGHI HA VISTO ANCHE ANNA MARIA TARANTOLA E FLEBUCCIO DE BORTOLI

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1. NEL SUO BLITZ AMBROSIANO DRAGHI HA VISTO ANCHE ANNA MARIA TARANTOLA E FLEBUCCIO DE BORTOLI
I contradaioli di Siena hanno capito tutto o quasi. Dopo la discesa in campo del Presidente della Repubblica che ha difeso a spada tratta il rigore esercitato dalla Banca d'Italia attraverso la Vigilanza, sono sempre più convinti che il gran polverone di MontePaschi costerà caro soprattutto a Peppiniello Mussari, ai dirigenti infedeli che hanno smanettato sui derivati, e a Gabriello Mancini, il ragioniere della Asl che presto sarà sollevato dal vertice della Fondazione.

Mussari e Draghi GIUSEPPE MUSSARI E MARIO DRAGHI

Per dirla con un proverbio toscano nel sacco avrebbero dovuto finire i re e le pedine, ma tutto fa pensare che personaggi come Draghi, Visco e il pallido Vittorio Grilli (al quale finora nessuno ha chiesto il conto delle sue responsabilità quando era al Tesoro), saranno appena sfiorati dalle torbide vicende della banca.

A pagare il prezzo più alto saranno invece le pedine, quei 6 milioni di risparmiatori e di clienti che negli ultimi mesi sono stati trattati come bischeri. A fine novembre MontePaschi ha inviato ai titolari dei conti correnti una comunicazione di "modifica unilaterale delle condizioni contrattuali" nella quale si leggeva che gli interessi sui conti deposito erano pari allo 0,000%.

GIUSEPPE MUSSARI ETTORE GOTTI TEDESCHI FERRUCCIO DE BORTOLI

La banca era andata giù pesante già tre mesi prima quando aveva portato gli interessi sui conti correnti dei suoi stessi dipendenti allo 0,15% rispetto all'1% di fine 2011. E ai bischeri arrabbiati i funzionari di MontePaschi hanno continuato a consigliare ai correntisti di portare gran parte della loro liquidità sui titoli di Stato alimentando così l'enorme fardello dei bot e btp che la banca porta a bilancio.

E quando negli ultimi tempi gli interessi dei titoli di Stato hanno cominciato a scendere, i funzionari furbetti della banca hanno consigliato ai bischeri incazzati di mettere gran parte della loro liquidità su obbligazioni Mps promettendo il 4% con cedole semestrali.

GIUSEPPE MUSSARI NELLA SUA CASA A MONTALBUCCIO

Questo giochetto è molto rischioso perché le obbligazioni della banca possono essere fra le prime a essere colpite in caso di interventi d'emergenza da parte di Bankitalia.

I contradaioli si stupiscono che i grandi giornali non dedichino nemmeno una riga alle sfortune dei 6 milioni di clienti che Peppiniello e i suoi compari hanno sempre sbandierato per affermare la forza del terzo istituto italiano.

NAPOLITANO E MUSSARI

E si chiedono anche perché nessun quotidiano dedichi almeno una riga alle società che operano nella cessione dei pacchetti di crediti e che hanno un ruolo importante quando attraverso le cosiddette commissioni di introduzione si devono pagare le stecche. Una di queste ad esempio è attiva a Roma e si chiama Officine CST ed è gestita da un certo Ubaldo Alessi, un personaggio dell'Opus Dei che ha fama di faccendiere e ha avuto incidenti di percorso nel collasso della Novagest Sim e poi dell'infelice banca MB.

È evidente che la grande stampa è più interessata a scavare sul ruolo di Gotti Tedeschi, un altro personaggio chiave legato all'Opus Dei, che probabilmente è stato cacciato dalla presidenza della banca vaticana quando Oltretevere hanno fiutato che il banchiere del Santander aveva le mani in pasta in questa e in altre vicende come ad esempio Finmeccanica.

ANTONIO VIGNI GIUSEPPE MUSSARI FOTO ANSA

A questo punto al popolo dei bischeri non resta che soddisfare la curiosità grattando dietro le notizie che toccano i personaggi di prima linea. E a questo proposito è molto interessante ciò che hanno scoperto in merito all'incontro tra Mario Draghi e il pallido Grilli rivelato da quel sito disgraziato di Dagospia.

Pare infatti che nel suo blitz ambrosiano Draghi non si sia limitato a dettare il compitino al pallido Grilli (oggi ministro e domani banchiere a Londra) che con diligenza lo ha ripetuto il giorno dopo davanti al Parlamento, ma che nelle stesse ore abbia visto, sempre a Milano, Anna Maria Tarantola, la signora dalla capigliatura barocca che fin dal 1971 si è occupata di Vigilanza alla Banca d'Italia.

napolitano draghi monti mussari visco interna nuova

Il risultato di questa riunione è stata la definizione di una linea che ha creato un formidabile fortino mediatico intorno all'Istituto di via Nazionale. E per rendere ancora più robuste le difese ecco salta fuori un altro incontro di Draghi: con l'amico di lunga data Flebuccio De Bortoli, direttore del "Corriere della Sera".

Il risultato più evidente è il cordone sanitario steso dal Corriere intorno a via Nazionale. L'operazione sembra per il momento riuscita come testimonia il richiamo di Napolitano a evitare che siano violate le trincee di Palazzo Koch e dell'Eurotower. Adesso i contradaioli si chiedono se l'argine reggerà di fronte alle rivelazioni dei prossimi giorni che potrebbero alzare il velo sui conti segreti di Peppiniello Mussari e su altre operazioni misteriose di cui la Banca d'Italia ignorava l'esistenza.

MUSSARI GRILLI GUZZETTI VISCO resize Moretti e Montezemolo


2. SCOPPIA LA PACE TRA MORETTI E MONTEZEMOLO
Nel palazzo-obitorio delle Ferrovie non erano più abituati agli strilli di Mauro Moretti.
Una certa sorpresa hanno destato le sue urla quando due giorni fa ha saputo della decisione presa a Bruxelles per aumentare la concorrenza nel settore ferroviario.
La novità è stata annunciata dal Commissario Ue per i trasporti, il 65enne ex-presidente della Banca di Estonia, che ha invocato misure drastiche per ristrutturare il mercato dei treni in Europa.

La prima reazione di Moretti è stata violenta perché a suo avviso le direttive europee assomigliano di più alle "camicie di forza" che non alle regole per aiutare l'economia. Dopo una lettura più pacata con il suo braccio destro Sciarrone, l'ira dell'ex-sindacalista di Rimini si è ammorbidita perché è stato proprio Sciarrone a fargli capire che le indicazioni di Bruxelles rispetto alla prima versione che rendeva obbligatoria la separazione della Rete ferroviaria dalla gestione dei treni, è una semplice raccomandazione.

ENNIO CASCETTAMORETTI E MONTEZEMOLO

D'altra parte le aperture della Commissione europea verso una completa liberalizzazione delle ferrovie entro il 2019 non sembrano contraddire la politica dei due concorrenti italiani, Ferrovie e Ntv di Luchino di Montezemolo.

A ben guardare la guerra che si era scatenata tra la società pubblica e la compagine dei "compagni di merenda" di Luchino, da un po' di tempo ha preso una piega più morbida. Basta guardare i prezzi che Ntv e Ferrovie fanno ai loro clienti nelle stesse fasce orarie: sono praticamente gli stessi e oscillano tra gli 86 e 88 euro per quanto riguarda la tratta Roma-Milano.

C'è da chiedersi come sia possibile che l'ex-monopolista Ferrovie e l'ultimo arrivato Ntv che dispone di un numero inferiore di treni pratichino le stesse tariffe nonostante impieghino tempi diversi per collegare i passeggeri tra le due città. C'è chi dice che ad abbassare i toni tra i due belligeranti abbiano contribuito l'ex-ministro Tiziano Treu e Franchino Bernabè, che sta spendendosi per accreditare definitivamente Moretti come candidato ideale al posto di Giuseppe Orsi in Finmeccanica.

plt43 tiziano treu

Dietro le quinte c'è però anche un altro personaggio che fa da pacificatore, ed è il professore napoletano Ennio Cascetta, un esperto di fama internazionale che punta alla presidenza dell'Authority per i Trasporti. Questo esperto è stato maltrattato dai suoi amici del Pd che non gli hanno tirato la volata per la poltrona dell'Authority e quindi ha fatto il salto nella piccola falange di Monti alla quale Luchino di Montezemolo ha dato la sua benedizione.

FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE FRANCO BERNABE

Il mediatore Cascetta si ritrova così tra un Moretti che si incazza quando a Bruxelles invocano la concorrenza e un Moretti che in Italia ha abbassato la guardia e strizza l'occhio al "montiano" Luchino patron di Ntv.


3. D'ALEMA GODE
A Massimo D'Alema le vicende di MontePaschi finora non hanno rovinato il sonno.
Il politico del Pd sta lavorando sottotraccia per aumentare il suo prestigio nell'area del socialismo europeo e non ha rinunciato all'idea di ritornare alla Farnesina.

MASSIMO DALEMA TARAK BEN AMAR

Se questa ipotesi non dovesse realizzarsi il lider Maximo continuerà ad allargare il network dei rapporti internazionali utilizzando soprattutto la fondazione "Italianieuropei".

A incoraggiarlo su questa strada è una ricerca che gli è arrivata dall'università La Sapienza dove il Dipartimento comunicazione e ricerca sociale ha esaminato 105 think tank italiani per valutarne il ruolo e il prestigio.

ie39 dalema amato

Il lavoro è stato compilato da un'e'quipe guidata dal ricercatore Mattia Diletti che ha già dato alle stampe un libro sui think tank in America e in Europa. Il risultato dell'ultima fatica condotta dentro il Dipartimento presieduto dal sociologo Mario Morcellini, è che il 41% dei think tank è di stampo politico e che il 50% è vicino al centrosinistra con un budget medio di 800mila euro.

A D'Alema è piaciuta soprattutto la tabellina finale dove si legge che il primo think tank influente in Italia è la sua fondazione "Italianieuropei", seguito a ruota dall'Aspen di Giulietto Tremonti e dal Censis di Giuseppe De Rita.

eto124 amato reichlin romiti dalema caracciolo


4. SICILIOTTI SI ATTACA AL TAR
Alla fine di ottobre i 4mila commercialisti convenuti all'hotel Quisisana di Bari per il loro congresso se l'erano date di santa ragione.

C'è mancato poco che volassero cazzotti tra il presidente Claudio Siciliotti e l'avversario Gerardo Longobardi. Il primo è un bocconiano di Udine classe 1952 diventato famoso per le sue apparizioni nel salottino del reverendo Floris quando ha sventolato una capigliatura pel di carota da fare invidia alla rossa ex-ministro Brambilla.

SICILIOTTI

Il secondo, Longobardi, è un romano di 54 anni che al congresso di Bari ha raccolto 348 voti contro i 354 di Siciliotti. Lo scarto è apparso esiguo e tale da suscitare un'infinità di polemiche con risvolti addirittura giudiziari perché i voti di Longobardi sono aumentati grazie alla mossa del commercialista Giorgio Sganga che da Cosenza ha trasferito la residenza ad Aosta pur di sostenere con il suo pacchetto di voti l'avversario di Siciliotti.

CLAUDIO SICILIOTTI CESARE DE MICHELIS LUIGI BRUGNARO

Il casino è stato così grande da richiamare l'attenzione della magistratura su Sganga e da irritare il ministro Severino che a dicembre ha deciso di commissariare l'Ordine al quale sono iscritti ben 113mila commercialisti.

Questa soluzione è apparsa indigesta al Siciliotti dalla lunga chioma che,dopo aver fatto un passo indietro, e'ricorso al Tar del Lazio. Mercoledì prossimo dovrebbe arrivare la sentenza del Tar e se il ricorso fosse accettato Siciliotti potrebbe tornare al suo posto senza bisogno di rifare le votazioni già fissate per il 20 febbraio. La sentenza è nelle mani di Franco Bianchi, il presidente della Terza Sezione del Tar del Lazio,un magistrato rigoroso e neutrale rispetto ai poteri incappucciati che considerano i commercialisti una lobby potente.

Samih Sawiris


5. SAWIRIS HA FAME

Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che il faraone egiziano Sawiris non ha abbandonato l'idea di mettere le mani su qualche azienda italiana che opera nel campo dell'informazione e dei media.

Dopo aver subito lo schiaffo di TelecomItalia quando si è affacciato offrendo 3 miliardi, il magnate egiziano pare che stia gironzolando intorno a un gruppo editoriale specializzato nell'informazione economico-finanziaria con l'idea di acquistarne il 30%".

 

SANTORO CALA SU MPS (11,3%) - DON MATTEO REPLICANTE SFIORA 7 MILIONI (25,1%) - MAMMUCCARI COI MAGHI (14%)

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Thomas Tonini per www.davidemaggio.it

Terence Hill in Don Matteo

PRIME TIME - Su Rai1 il finale della fiction (in replica) Don Matteo 8 con Terence Hill si aggiudica ben 6.908.000 ascoltatori e il 25.11% di share. La quarta e ultima puntata de La grande magia - The illusionist con Teo Mammucari su Canale5 ha raccolto 3.597.000 spettatori e il 14.01%. Il programma chiude con una media di circa 3.880.000 spettatori pari al 14.7%. Su Rai2 Criminal minds rewind ha totalizzato 1.536.000 spettatori (5.2%) nel primo episodio, 1.686.000 (5.98%) nel secondo e 1.499.000 (6.17%) nel terzo.

mammuccari

Su Italia1 Mistero, eccezionalmente di giovedì, ha totalizzato il 7.33% di share con 1.727.000 spettatori. Su Rai3 la pellicola La verità è che non gli piaci abbastanza è stata seguita da 1.372.000 spettatori (4.93%) mentre la serie The closer su Rete4 ha raccolto 1.398.000 spettatori pari al 5.04% di share. Su La7 Servizio Pubblico di Michele Santoro ha siglato l'11.34% di share con 2.630.000 spettatori.

Santoro Michele

ACCESS PRIME TIME - Testa a testa tra Striscia e i Pacchi - Su Rai1 Affari tuoi ha raccolto 6.206.000 spettatori e il 21.23% di share mentre su Canale5 Striscia la notizia con Ezio Greggio ed Enzo Iacchetti ha conquistato 6.244.000 telespettatori e il 21.32% di share. Su Italia1 CSI ha registrato il 6.25% di share con 1.774.000 spettatori e su Rete4 Walker Texas Ranger ha siglato il 5.35% con 1.545.000 individui all'ascolto. Su Rai3 Un posto al sole ha fatto segnare l'8.41% e 2.407.000 spettatori. Su La7 Otto e mezzo di Lilli Gruber è stato visto da 2.102.000 spettatori (7.26%).

PRESERALE - Cobra e Rex sopra il 6% - Su Rai1 L'eredità di Carlo Conti è stata seguita da 4.439.000 spettatori e il 21.9% di share, saliti a quota 5.637.000 (23.33%) per il gioco finale. Per Avanti un altro! di Paolo Bonolis i telespettatori sono stati 4.811.000 con il 21.83% (anteprima al 19.61% con 3.636.000). Su Italia1 CSI ha totalizzato 886.000 spettatori (3.67%). Su Rai2 Squadra speciale Cobra 11 ha interessato 1.253.000 ascoltatori (6.23%) e Il commissario Rex 1.632.000 (6.43%). Tempesta d'amore su Rete4 è stata vista da 1.528.000 telespettatori con il 6.05%. Su La7 I menù di Benedetta ha interessato 472.000 spettatori (share del 2.21%).

ANTONIO DI PIETRO - ITALIA DEI VALORI

DAYTIME POMERIGGIO - In calo le soap di Canale5 - Su Rai1 Verdetto finale ottiene il 14.32% con 2.252.000 telespettatori e a seguire in 2.302.000 si sono sintonizzati per Buon pomeriggio Italia (19.30%). La vita in diretta con Mara Venier e Marco Liorni ha registrato 2.448.000 spettatori (22.78%) nella prima parte e 2.784.000 (20.41%) nella seconda. Su Canale5 Beautiful ha raccolto 3.376.000 telespettatori con il 18.76% mentre Centovetrine ne ha totalizzati 3.232.000 (19.48%).

Uomini e donne ha conquistato il 20.57% con 2.788.000 spettatori (il Finale il 19.30% e 2.200.000) e Amici il 19.35% con 2.105.000. Barbara D'Urso e il suo Pomeriggio Cinque ottengono 1.824.000 spettatori (15.84%) nella prima parte e 1.953.000 (13.39%) nella seconda. Seltz ha raccolto su Rai2 732.000 spettatori e il 4.37% di share; a seguire la serie Senza traccia ne ottiene 803.000 (5.73%), Cold case 824.000 (7.03%), Numb3rs 686.000 (6.37%) e Las Vegas 591.000 (5.05%).

Lilli Gruber

Su Italia1 I Simpson arrivano al 9.14% e al 12.58% con 1.648.000 - 2.167.000 e Dragon Ball ottiene 1.375.000 telespettatori col 8.56%. A seguire Lupin III segna il 5.46% e il 5.30% (777.000-681.000 spettatori). Su Rete4 Lo Sportello di Forum è stato seguito da 884.000 spettatori con il 6.13%. Su Rai3 Cose dell'altro Geo ha portato a casa il 6.02% con 670.000 spettatori e Geo & Geo con Sveva Sagramola il 7.76% con 1.128.000. Su La7 Il commissario Cordier ha raccolto 590.000 spettatori (4.40%).

Bruno Vespa

SECONDA SERATA - Bene la Mannino sul 2 - Porta a porta è stato seguito da 1.575.000 spettatori pari al 15.29% di share. Lo spettacolo di Teresa Mannino Terrybilmente divagante su Rai2 ha siglato l'8.89% con 833.000 spettatori. La replica della prima puntata de Il clan dei camorristi ha raccolto su Canale5 692.000 spettatori (8.81%). La serie Bones su Rete4 al 5.71% (774.000). Omnibus notte su La7 al 3.41% (255.000).

TELEGIORNALI (edizioni meridiana e della sera in migliaia):

TG1: 3.972 - 22.28% (ore 13.30) / 5.808 - 22.16% (ore 20.00)
TG2: 2.759 - 16.89% (ore 13.00) / 1.973 - 6.99% (ore 20.30)
TG3: 2.144 - 13.18% (ore 14.20) / 2.407 - 11.83% (ore 19.00)
TG5: 3.264 - 19.82% (ore 13.00) / 5.538 - 21.08% (ore 20.00)
STUDIO APERTO: 2.308 - 17.42% (ore 12.25) / 1.132 - 6.85% (ore 18.30)
TG4: 691 - 3.98% (ore 14.00) /835 - 4.08% (ore 18.55)
TGLA 7: 879 - 4.92% (ore 13.30) / 2.281 - 8.67% (ore 20.00)

MARCO PANNELLA

SHARE PER FASCE AUDITEL - Il primo dato si riferisce al totale giornata. Di seguito, i dati delle altre fasce:

Rai 1 19,79 21,52 18,04 17,13 20,07 21,51 22,38 18,58
Rai 2 6,49 3,08 5,69 9,30 6,05 6,00 5,87 7,05
Rai 3 7,23 12,04 6,78 9,55 6,44 9,07 5,65 4,39
Rai 4 0,77 0,30 1,02 0,48 0,78 0,72 0,87 0,74
Rai 5 0,28 0,39 0,16 0,35 0,28 0,26 0,22 0,26

Rai Movie 0,85 0,85 1,25 0,56 0,75 0,30 0,94 1,45
Rai Premium 1,25 0,69 0,69 1,12 2,88 0,92 1,14 0,94
Rai YoYo 1,13 2,26 1,69 0,92 1,99 1,31 0,95 0,25
Rai Sport 1 0,38 0,46 0,72 0,29 0,58 0,52 0,23 0,25

mps

Rai Sport 2 0,15 0,12 0,21 0,06 0,13 0,07 0,12 0,40
Rai News 0,46 2,52 0,67 0,40 0,40 0,31 0,13 0,30
Rai GULP 0,36 0,79 0,67 0,44 0,31 0,57 0,16 0,08
Rai Scuola 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

Rai Storia 0,18 0,06 0,08 0,14 0,36 0,11 0,13 0,26
Rai Specializzate 5,81 8,44 7,15 4,76 8,46 5,07 4,90 4,92
RAI 39,32 45,08 37,66 40,75 41,03 41,64 38,80 34,94

Canale5 16,78 17,51 15,19 18,37 18,09 19,12 16,58 12,33
Italia1 6,36 2,41 3,93 10,51 4,77 4,10 6,63 7,66
Rete4 4,98 3,27 5,38 5,55 4,19 4,80 5,39 5,06
Boing 0,62 1,14 0,77 0,70 0,88 0,65 0,39 0,27

Teresa Mannino

Iris 1,04 0,63 1,02 0,59 1,17 1,14 1,11 1,14
La5 0,83 0,59 0,73 0,73 0,72 0,67 0,75 1,46
Mediaset Extra 0,69 0,49 0,69 0,66 1,01 0,88 0,33 0,72

Italia 2 0,64 0,27 0,64 0,42 0,50 0,97 0,64 0,75
Cartoonito 0,77 1,59 0,75 0,64 1,30 1,38 0,34 0,19
Premium Calcio HD 0,12 0,10 0,08 0,09 0,09 0,10 0,18 0,10
Mediaset Specializzate 4,70 4,82 4,69 3,83 5,66 5,79 3,75 4,61
MEDIASET 32,81 28,02 29,18 38,27 32,71 33,81 32,35 29,66

La7 5,79 3,82 5,24 2,62 2,95 4,56 9,08 9,67
Canale Italia 83 0,13 0,18 0,02 0,04 0,02 0,01 0,29 0,27
7 Gold 0,09 0,00 0,00 0,06 0,00 0,09 0,13 0,24
La7d 0,51 0,24 1,04 0,29 0,53 0,53 0,50 0,57

 

DI FRONTE ALL’INCUBO 2006, BERSANI SCEGLIE LA LINEA DURA. MA NEL PD NON TUTTI SONO D’ACCORDO CON IL CULATELLO MANNARO…

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Jena per "La Stampa" - Monti vuole tenere i partiti lontani dalle banche, guai a chi gliele tocca.


Federico Geremicca per "La Stampa"

pier luigi bersani

Se qualcuno aveva avuto dei dubbi, aveva pensato a uno scatto di nervi o magari a una battuta, bene: si era sbagliato. "Li sbraniamo" è una linea: anzi, è la linea. Voluta da Bersani e ribadita nuovamente ieri: «Non siamo delle mammolette: se pensano di fare i picchiatori con delle mammolette, si sbagliano». E Massimo D'Alema il "duro" per eccellenza - è d'accordo: «Non abbiamo ragione di temere l'accertamento della verità...».

Massimo Dalema

L'immagine è sicuramente abusata, però stavolta le cose stanno davvero così: il Partito democratico infila l'elmetto e scende in trincea, avendo capito che il caso Montepaschi si è ormai trasformato in una guerra capace di condizionare - e chissà se perfino sovvertire - l'esito dell'intera campagna elettorale.

Tutti contro il Partito democratico: a sinistra, al centro e a destra. Un accerchiamento impossibile da sopportare. «Non è consentito a nessuno sfregiare il buon nome del Pd», ha avvertito ieri un Bersani furioso come nei giorni peggiori. E i democrats lo seguono: la maggioranza perchè convinta, e qualcun altro perchè non è che si possano aprire varchi al nemico nel pieno della campagna elettorale.

MARIO MONTI AL TRUCCO

Quindi, altro che mammolette: elmetto in testa e dagli ai picchiatori. Anche perchè il caso Montepaschi oltre a evocare un temutissimo fantasma, di cui poi diremo - sta già causando danni concreti e visibilissimi. Secondo Tecnè - che registra quotidianamente per Sky le intenzioni di voto degli italiani - il vantaggio del centrosinistra sul centrodestra va progressivamente scemando: ieri, per la prima volta, è sceso sotto la soglia dei cinque punti percentuali (33,6 contro 28,7), passando da un +6,5% ad un meno rassicurante +4,9%. E tutti gli istituti di sondaggio confermano il trend: Pd-Sel sempre in vantaggio, ma decisamente in calo...

piero fassino

Troppe cose ricordano troppo da vicino l'indimenticata campagna elettorale del 2006, con la coalizione di centrosinistra largamente in vantaggio all'inizio e poi rimontata da Berlusconi, fino ad esser raggiunta e costretta - a Palazzo Madama - ad aggrapparsi ai voti dei senatori a vita, di quelli eletti all'estero e agli umori altalenanti dei comunisti alla Turigliatto. Oggi il Pd è in battaglia per evitare lo stesso, identico rischio: e come allora c'è di mezzo un'altra maledettissima banca...

unipol giovanni consorte 001 lap

E' vero che in sede giudiziaria - ma anni dopo - il famoso "abbiamo una banca" detto da Piero Fassino a Giovanni Consorte (si trattava, allora, della scalata Unipol alla Bnl) si è tradotto in una vittoria giudiziaria per l'allora segretario dei Ds: ma quell'affare - secondo ogni istituto di statistica - costò alla coalizione molti punti percentuali e, probabilmente, la piena vittoria (ben più importante) alle elezioni.

Roberto Cuillo, al tempo portavoce di Piero Fassino, è esplicito: «Ricordo benissimo quei mesi, le analogie con l'oggi sono impressionanti: non solo per l'affare Unipol-Bnl, ma anche per il tracimare di Berlusconi in ogni format tv. Il risultato? Purtroppo semplice da dire: a dicembre 2005 noi dei Ds eravamo largamente in vantaggio, ad aprile 2006 chiudemmo al Senato con poco più del 17%, avendo perso in tre mesi quasi il 5% dei voti».

MATTEO RENZI IN BICI

Il fantasma del successo che sfuma sul filo di lana - in verità - già aleggiava sul quartier generale del Pd dopo l'inattesa "salita in politica" di Mario Monti: da più di una settimana, però - con l'esplodere del caso Montepaschi - quel fantasma si è insediato stabilmente ai piani alti di Largo del Nazareno seminando acutissimi timori. C'è davvero il rischio che finisca come allora? E' giusta la linea tutta orgoglio e aggressività messa in campo dal segretario? Il Pd è davvero pienamente d'accordo con Bersani? E nel caso l'emergenza si aggravasse, esiste un "piano B" per arginarla?

STEFANO FASSINA jpeg

Che il Partito democratico sia convintamente unito e compatto dietro il segretario, lo si può escludere senza timori di smentita. Alcuni (pare perfino Rosy Bindi sia tra questi) avrebbero preferito una linea che non accantonasse del tutto la necessità di un'autocritica, convinti che «negare e basta, per sperare nel contrattacco, potrebbe non esser convincente nemmeno per i nostri stessi elettori». L'area liberal storce il naso di fronte a certi affondi di Bersani (soprattutto quando hanno per bersaglio, come da giorni, il premier Mario Monti). E personalità come Matteo Renzi tacciono per non danneggiare ulteriormente la campagna elettorale: ma avevano già messo a verbale critiche e riserve circa il sistema-Siena.

Quel che è certo, però, è che la linea non cambierà: non siamo mammolette, se ci attaccano li sbraniamo. E "piani B" non ce ne sono. «E quale dovrebbe essere il "piano B"? - si chiede Stefano Fassina, responsabile economico del Pd e vicinissimo a Bersani -. Dovremmo discutere le critiche che ci arrivano da Verdini, indagato per bancarotta fraudolenta, oppure ascoltare i consigli - chiamiamoli così - di Mario Monti che ha in lista Alfredo Monaci, che stava nel Cda di Montepaschi? La reazione dei democratici è dura ma legittima, visto che siamo stati noi ad avviare il cambiamento a Siena».

Tutti con l'elmetto, dunque, e tutti in trincea dietro Bersani. E agli attacchi si risponde colpo su colpo: «Monti dice via i partiti dalle banche? Sono d'accordo - annota il segretario -. Io aggiungo: via i banchieri dai partiti. Così siamo a posto». O, almeno, è quel che ardentemente spera...

 

CHI BOICOTTA DE MAGISTRIS? “UNA MANINA DIETRO LO STOP AGLI AUTOBUS” -GIGGINO AZZANNA IL PD E SAVIANO…

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Da Radio24

Luigi De Magistris


"Abbiamo avuto un disservizio sul rifornimento del gasolio che è durato in realtà tre ore. Tre ore di disagio per le quali mi scuso, pur non avendone responsabilità, coi cittadini". Così Luigi de Magistris, sindaco di Napoli, ospite a "24 Mattino" su Radio 24 parla del disagio sui trasporti pubblici di due giorni fa. "C'è stata una cosa un po' strana che stiamo verificando - ha detto il sindaco che ha parlato di ‘una manina per creare il disagio' -. Credo sia successo qualcosa di squallido di qualcuno che vuol fare la campagna elettorale su Napoli".

LUIGI DE MAGISTRIS NEL VIDEO CIAO AL

Alla domanda se si riferisse alla società che gestisce il trasporto pubblico o ai fornitori di carburante il sindaco ha risposto: "Stiamo verificando, purtroppo non faccio più il magistrato, però il sindaco ha possibilità per investigare. Quando le cose saranno più chiare le renderemo pubbliche". De Magistris ha anche assicurato che "gli stipendi dei dipendenti di Napoli servizi non sono a rischio. Per un anno e mezzo siamo stati sul filo del rasoio con il rischio di non pagare ma da febbraio in poi non avremo più rischi di stipendi come è stato finora".

De Magistris poi ha attaccato duramente il Pd: "Hanno governato 20 anni a Napoli e han lasciato un miliardo e mezzo di debiti e 850 milioni di disavanzo, una tragedia, hanno lasciato il Comune e la società trasporti in situazione fallimentare. A quel fallimento ci ha portato l'apparato del Pd napoletano. Sentire quelli là che han distrutto una città pontificare sui disservizi in città fa rabbia".

DE MAGISTRIS ALLO STADIO SAVIANO

Il sindaco napoletano ce l'ha anche con Roberto Saviano: "Pur avendolo invitato molte volte in un anno e mezzo non l'ho mai visto. Gli ho detto che in un momento difficile avrei avuto piacere ad averlo al mio fianco. Lui, da oltreoceano, senza conoscere i fatti, ha deciso di attaccare pesantemente con l'autorevolezza che gli è propria e questo non aiuta la città. A me farebbe piacere avere Saviano al nostro fianco, questo non accade, fa anche lui campagna elettorale e non fa niente".

Sulla politica nazionale, de Magistris si è detto sicuro che "ci sia un accordo Monti-Pd con anche Vendola. Al di là delle schermaglie da campagna elettorale, sono pronto a scommettere che l'accordo già è scritto. Da parte di ‘Rivoluzione civile' altro che desistenza ad apparati di potere. Al limite facciamo resistenza".

Infine de Magistris, nel commentare la notizia della chiusura del contenzioso di Maradona col fisco italiano, si è azzardato in un pronostico a prova di scaramanzia: "Lo invitiamo per la vittoria dello scudetto del Napoli, speriamo. Maradona a Napoli dopo tanti anni per festeggiare una vittoria del Napoli che sta andando forte". All'insistenza del conduttore se si riferisse allo scudetto di quest'anno, de Magistris ha detto: "Sì, questo, questo, speriamo".

roberto saviano e fabio fazio

 

VITTO’, CHE BRUTTA SA-FIN! - CECCHI GORI BECCA UNA CONDANNA DI 6 ANNI PER IL CRAC DELLA SAFIN CINEMATOGRAFICA

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1- CECCHI GORI: CONDANNA A 6 ANNI PER BANCAROTTA SAFIN -
ALTRE 5 CONDANNE, UNA ASSOLUZIONE. PROVVISIONALE DI 11 MILIONI

(ANSA) - Il produttore cinematografico Vittorio Cecchi Gori è stato condannato a 6 anni per il crac da 24 milioni di euro della Safin Cinematografica, società del gruppo fallita nel febbraio 2008. Inflitte altre 5 condanne ed una assoluzione. Il tribunale di Roma ha condannato gli imputati al pagamento di una provvisionale di 11 milioni e mezzo.

Vittorio Cecchi Gori

Per Cecchi Gori il pm Stefano Rocco Fava aveva sollecitato una condanna a 7 anni. La I sezione penale, presieduta da Giuseppe Mezzofiore, ha inoltre inflitto cinque anni di reclusione a Luigi Barone, collaboratore di Cecchi Gori, e tre anni a Edoardo De Memme, liquidatore della società. Quattro anni e sei mesi per Giorgio Ghini, ex presidente del collegio sindacale della Safin. Tre anni e mezzo sono stati inflitti a Vittorio Micocci e Alessandro Mattioli, ex componenti del collegio sindacale della stessa Safin.

Vittorio Cecchi Gori

Assolto l'altro liquidatore, Ettore Parlato. La I sezione ha inoltre stabilito la confisca del capitale sociale delle societa' 'Cecchi Gori, cinema e spettacolo' e New Fair Film. Confermato il sequestro delle quote delle societa' Adriano Entertainment T e Vip 1997. I reati contestati, a seconda delle singole posizioni, sono quelle di bancarotta per distrazione o dissipazione e omesso controllo sulla gestione della societa'. In particolare, per l'accusa, il dissesto sarebbe avvenuto attraverso lo spostamento dei beni, specie quote azionarie di alcune multisale romane, dalla Safin ad altre societa' del gruppo Cecchi Gori.


2- DIFENSORE, SENTENZA DOVEVA ESSERE PIU' MITE
PARTE CIVILE, CREDITI ERARIO E ENTI PREVIDENZA PER OLTRE 20 MLN

(ANSA) - ''Prendiamo atto di questa sentenza. Prima di esprimere un'opinione sull'esito di oggi dobbiamo leggere le motivazioni e quindi dovremo attendere 90 giorni. Peraltro devo dire da subito che la pena di sei anni, trattandosi di una bancarotta dove i soldi sono finiti in altre società del gruppo, doveva essere più mite''.

Lo ha affermato Massimo Biffa, difensore del produttore cinematografico, Vittorio Cecchi Gori, condannato oggi a Roma a 6 anni di reclusione per la bancarotta della Safin del 2008. Dal canto suo l'avvocato Cesare Piratino, parte civile nel processo, afferma che ''la condanna degli imputati dispiace dal punto di vista umano, ma va incontro alla realtà processuale''. Il penalista ha poi aggiunto: ''I crediti vantati dall'erario e dagli enti previdenziali ammontano ad oltre 20 milioni. La provvisionale di 11,5 milioni che è stata disposta permetterà almeno in parte il rientro nella casse della società di quanto è stato distratto''.

 

val25 cecchi gori

L’ITALIA AI MONTIANI - SAPENDO DI STARE SULLE PALLE AGLI ITALIANI, LA MERKEL SMETTE DI APPOGGIARE RIGOR MONTIS

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1 - PER I SONDAGGISTI L'EFFETTO-ANGELA NON INFLUIRÀ SUL VOTO
Fabio Martini per "la Stampa"

MERKEL-MONTI MERKEL-MONTI

Gli sherpa italiani avevano sommessamente consigliato la Cancelliera: meglio evitare elogi troppo caldi a Mario Monti. Il presidente del Consiglio voleva evitare un effetto-Merkel (confermando la vulgata che lo vuole interprete acritico dei desiderata tedeschi) e la Cancelliera ha mangiato la foglia: a differenza che nei precedenti incontri tenuti a Berlino con Monti, i giornalisti non sono stati ospitati nell'area conferenze stampa della Bundeskanzleramt ma in quella riservata agli statement (dichiarazioni senza domande) e, soprattutto la Merkel ha accreditato la versione di un Monti "antagonista" della Germania, condendo il concetto con una successiva aggiunta, nella quale si è confusa, usando termini imprecisi.

Testualmente ha detto che dall'impegno di Monti per difendere gli interessi dell'Italia «ci sono anche problemi difficili, che dobbiamo risolvere». Più tardi l'ambasciata tedesca a Roma ha diffuso la versione ufficiale dello statement, correggendo l'originario «ci sono» con un più corretto «ne conseguono».

IL SORRISO TRA ANGELA MERKEL E MARIO MONTI

Certo, la Cancelliera incappa spesso in espressioni non da purista e quindi è impossibile stabilire se il piccolo impiccio verbale sia stato determinato da un filo d'imbarazzo. Ed è altrettanto vero che la trattativa in vista del vertice europeo si profila davvero difficile e potenzialmente onerosa per l'Italia.

MERKEL MONTI

Però il messaggio che stava a cuore agli italiani alla fin fine è passato: la Merkel ha accreditato l'immagine (oltretutto corrispondente al senso dell'incontro) di un Monti difensore degli interessi nazionali e questo interessava al Professore. Ben consapevole di quale sia l'essenza dei suoi personali rapporti con Angela Merkel nell'arco degli ultimi 14 mesi: inizialmente la Cancelliera era stata decisamente sollevata dall'epifania di Monti, che aveva salvato Italia e areaeuro, ma successivamente la Merkel aveva dovuto fare i conti col crescente protagonismo italiano, una dialettica culminata in un vero e proprio incidente diplomatico col presidente del Consiglio, in coda al vertice europeo che decise lo scudo anti-spread.

Merkel, Silvio Berlusconi, Mario Monti

Ma, al di là delle cautele messe in atto, l'incontro con la Merkel può comunque determinare un "effetto", legato all'immagine non idilliaca della Cancelliera presso l'opinione pubblica italiana? Nei principali istituti di sondaggio, i responsabili non prendono in considerazione l'argomento, con una risposta sostanzialmente convergente: «Novanta secondi di immagine nei Tg della sera con le immagini di Monti e Merkel non spostano un voto».

Sostiene Roberto Weber, leader di uno degli istituti più accreditati, la triestina Swg: «Un evento di questo tipo non determina effetti rilevanti per una serie di motivi. I fatti che spostano opinioni sono soprattutto quelli che producono effetti mobilitanti nel proprio bacino elettorale, riportando al voto elettori disillusi. Poi ci sono vicende, come quella del Monte dei Paschi, che possono influire ma in questo caso più come effetto depressivo su un elettorato.

Quanto allo spauracchio della Merkel, molto difficile che agitarlo possa giovare al centrodestra, perché su quei temi lì chi dice le cose meglio è Grillo». Ma è altrettanto vero che, come fa notare Fabrizio Masia leader della Emg, che il grande equilibrio in diverse Regioni potrebbe finire per moltiplicare l'effetto di suggestioni ben mirate: «Un singolo episodio, come per esempio il più recente incontro svolto a Berlino, molto difficilmente sposta voti, ma può invece andare a collocarsi come tassello di un mosaico più grande. In altre parole, una battuta felice e infelice o un incontro come quello Merkel-Monti possono andarsi a sovrapporsi ad un giudizio sospeso e spostare opinioni. Misurare in modo impressionistico il singolo fatto, ovviamente, è impossibile».

VIGNETTA DELLA BILD - MERKEL VERSIONE SCROFA CHE ALLATTA I MAIALINI ITALIANI

2 - MA I TEDESCHI CI VEDONO MAIALINI CHE SUCCHIANO DALLA SCROFA ANGELA...
Da "Libero"

L'Italia dei professori è un maialino tricolore sorridente ai piedi di Angela Merkel che allatta stancamente altri tre maialini famelici, disegnati con i colori nazionali di Grecia, Portogallo e Spagna. A Carnevale, ogni scherzo vale. Ma una buffonata così volgare, con la cancelliera raffigurata come una scrofa («Muttersau ») adagiata con i suoi porcellini accanto ad una mangiatoia piena di lingotti delle riserve auree tedesche, nessuno poteva immaginarsela.

MERKEL SAMARAS

Tanto meno era immaginabile una simile scurrilità in occasione della visita di Mario Monti nella capitale sulla Sprea. Ma la fantasia mordente degli organizzatori del Carnevale di Colonia non conosce i confini cerimoniosi della diplomazia e la scena architettata per la prossima sfilata dei carri allegorici nella metropoli sul Reno è stata squadernata a tutta pagina dalla Bild Zeitung proprio alla vigilia del blitz berlinese di Mario Monti. Titolo del servizio: «I maialini dell'Unione Europea succhiano la cancelliera ».

MARIANO RAJOY E ANGELA MERKEL

«Sarà il carro più nudo della sfilata del lunedì grasso», è l'informazione che completa il titolo dell'articolo. Leggiamolo: «La cancelliera con i quattro porcellini nei colori nazionali di greci, portoghesi, italiani e spagnoli che ciucciano le tette strapiene di finanze!». Chissà come si divertirà la folla della sfilata. Il Lunedì grasso di Colonia è un evento di massa. Poi, nella penna dell'autore dell'articolo, sorge il dubbio: «Perché Muttersau Merkel, un po' affaticata ma relativamente soddisfatta, accetta la scena?». Punto a capo e risposta immediata della Bild Zeitung: «Angie probabilmente sa che guadagnerà parecchio con le iniezioni finanziarie ai maialini affamati. E al tempo stesso, vengono fortemente sospinte le esportazioni tedesche».

 

BANCA ARMATA - LO SCANDALO MONTEPACCHI SCOPERCHIA LA “CUPOLA” CHE HA ORGANIZZATO I DISASTRI…

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Stefano Cingolani per "il Foglio"

ABI GIUSEPPE MUSSARI

La cupola. L'intramontabile componente di ogni teorema giudiziario emerge anche nello scandalo del Montepaschi. Sì, c'è la cupola che tutto regolava e guidava: l'acquisto di Antonveneta a un prezzo esorbitante concordato via telefono tra Giuseppe Mussari e Don Emilio Botín, la distribuzione delle prebende, le tangenti (sospettate) ai politici. Adesso anche la Banca d'Italia viene presa di mira dai magistrati e dai giornali tedeschi (dalla Faz alla Welt): chiedono chiarimenti e insinuano che la Vigilanza non abbia vigilato a dovere. C'è aria da furbetti del quartierino. Anzi, peggio ancora.

Emilio Botin presidente Banco Santander

E sotto il cupolone spunta la cupoletta. Una banca nella banca o meglio un hedge fund che agiva in modo più o meno incontrollato. Sarebbe questa la seconda verità giudiziaria, stando alle ricostruzioni. Gianluca Baldassarri e i suoi gnometti collocati in posizioni chiave tra Londra, Lussemburgo e Lugano, avevano messo in piedi una triangolazione micidiale ben prima che gli venisse in mente di comprare Antonveneta.

gianluca baldassarri

Spuntano volti televisivi come Gianluca Garbi, ospite di "Ballarò col pizzetto alla Italo Balbo, il quale, quando era responsabile italiano di Dresdner Bank (è lui quello del primo contratto Alexandria) ha cercato di cacciare Antonio Rizzo oggi collaboratore del Fatto quotidiano (in arte Superbonus) e (sorpresa) esperto di derivati per Giulio Tremonti (è passato per Di Pietro, ma dice di essere socialista tendenza Rino Formica).

GIANLUCA GARBI

Insomma, il falò delle vanità per un Tom Wolfe di provincia, gente che si fa il tesoretto e poi spiffera contro gli ex compagni di merende? Le prime tracce di Santorini, il contratto rivelato da Bloomberg, risalgono al 2002. Alexandria è stato stipulato nel 2005, acquistando cdo (obbligazioni con un debito come collaterale) scambiate poi con Btp. E, via via, seguendo Anthracite o tutte le altre diavolerie. Si giocava con il differenziale dei tassi (un decimo di punto ha fatto guadagnare oltre due milioni a Baldassarri). Si speculava ben oltre lo speculabile.

ANTONIO RIZZO

Tutti sapevano. E usavano questa cornucopia per abbellire i bilanci o per ungere le ruote. La crisi del 2008 ha fatto saltare il bengodi finanziario. Ma, una volta avviato, il meccanismo di chiudere un debito aprendone un altro con soggetti diversi e tempi più lunghi, non si può più interrompere. Nessuno restituirà mai l'immenso indebitamento accumulato nel mondo.

Giulio Tremonti

Nessuno chiuderà mai i contratti per 600 e rotti miliardi di dollari (dieci volte il prodotto lordo del pianeta) stipulati a trattativa privata, fuori sportello. Bisogna spalmare, sminare. E chi lo fa? Lo stanno facendo le navi corsare, il problema è che le lettere di corsa, quindi le protezioni, restano all'interno delle stesse banche.

SIENA UNA STORIA ITALIANA PUBBLICITA MPS

Le banche che usano i depositi della clientela al dettaglio operano anche come un hedge fund. Per lo più demonizzati, chiamati locuste o peggio ancora, i fondi, quando sono davvero privati, hanno un rapporto tra impieghi e patrimonio molto superiore a quello delle banche; e il rischio viene assunto dai soci. Funzionano da snodo tra il vasto mercato e gli operatori istituzionali.

Ma se sono parte integrante delle aziende di credito creano evidenti contraddizioni. Ora Mps viene salvata con un prestito a prezzi di mercato, come voluto dall'Ue, convertibile, cioè nel 2014 può mettere il Monte nelle mani del Tesoro. Pagherebbero i contribuenti. Esistono regole secondo le quali i derivati non debbono superare una certa quota, ma la Vigilanza basata sui puri rapporti statistici ha mostrato i suoi limiti e la Banca d'Italia oggi chiede maggiori poteri.

VIGNETTA MANNELLI DAL FATTO MUSSARI E LA BANDA DEL jpeg MPS SIENA UNA STORIA ITALIANA PUBBLICITA DI BELLOCCHIO

Anche il neoliberismo bancario inaugurato con la caduta di Antonio Fazio viene rimesso in discussione ed è all'ordine del giorno separare le due attività in entità distinte, con differenti profili di rischio e una diversa dotazione di capitale, come indicato dalla Volcker rule. In Europa si sta discutendo la riforma Liikanen, ma Francia e Germania rifiutano l'idea di costringere le banche ad alzare steccati attorno alle loro attività di trading. Non è interesse delle banche italiane che, dopo le batoste di questi anni, si stanno orientando verso un diverso modello. Siena e Bruxelles non sono così lontane.

 


EL PIBE DEL FORO - PER LA SERIE “ABBIAMO SCHERZATO”, L’AUTOGOL DI MARADONA

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Da "Ansa.it"

ATTILIO BEFERA

Rimpallo di dichiarazioni sul contenzioso da 40 milioni di euro che vede contrapposti Diego Armando Maradona e il fisco italiano.

DIEGO ARMANDO MARADONA jpeg

Per l'avvocato Angelo Pisani, che ha assistito il 'pibe de oro' insieme all'avvocato Angelo Scala, Diego ha definitivamente vinto la sua battaglia con il fisco italiano e ''ora può tornare in Italia da uomo libero''. La Commissione Tributaria Centrale, ha riferito il legale, ha confermato la nullità, anche per Maradona, degli accertamenti fiscali eseguiti sul finire degli anni '80 a carico della Società Sportiva Calcio Napoli e di suoi tesserati stranieri - oltre al fuoriclasse argentino, anche i brasiliani Careca e Alemao - per compensi pagati a società estere per lo sfruttamento dei diritti di immagine.

Sempre secondo Pisani, la Commissione Tributaria ha, inoltre, evidenziato l'estinzione per condono dei giudizi fiscali a carico del Napoli e, di conseguenza, a carico di Maradona e dei due brasiliani in maglia azzurra in quegli anni. "Maradona - ha detto l'avvocato Pisani - è finalmente libero dall'incubo del fisco e dalle strumentalizzazioni a suo carico e ha dato mandato di agire in giudizio nei confronti dell'Agenzia delle Entrate e dell'Agente di riscossione per chiedere il risarcimento dei danni personali, all'immagine, patrimoniale e da perdita di chance subiti in questi anni di persecuzione con cartelle pazze: risarcimento per una somma quanto meno equivalente alla stessa pretesa ingiustamente addebitatagli, e cioé 40 milioni di euro".

DIEGO ARMANDO MARADONA jpegDIEGO ARMANDO MARADONA jpeg

Di tutt'altro parere l'Agenzia delle Entrate: "La Commissione tributaria centrale non ha annullato, né dichiarato estinto, né modificato il debito che il signor Diego Armando Maradona ha con l'erario italiano" fa sapere, sottolineando come sia stata anzi "rigettata" la richiesta di adesione al giudizio sul Napoli avanzata dal calciatore.

Nell'ambito del 'caso Maradona', le Entrate valuteranno di "avviare azioni legali, anche in sede civile, a tutela della propria immagine" per via della reiterata diffusione di notizie inesatte" da parte dei legali dell'ex giocatore "di fatti che non rispecchiano la posizione dell'Agenzia" né gli obblighi di Maradona.

 

CHI VOTA UN AMICO TROVA UN TESORO - LA SCELTA DI OBAMA DI CANDIDARE AL PENTAGONO HAGEL ROVINA UN’AMICIZIA DI LUNGA DATA

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Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"

«Vieni qui sergente!» Quando aveva bisogno di Chuck Hagel, allora senatore repubblicano del Nebraska, John McCain chiamava così il suo «compagno di banco» al Congresso. Una confidenza cementata dalla comune esperienza di guerra nel Vietnam (Chuck in fanteria, John pilota della Navy, abbattuto nei cieli di Hanoi, tutti e due pluridecorati) oltre che dalla militanza politica: due conservatori seguaci di Reagan, con la testa dura.

chuck hagel 01

Un rapporto schietto tra amici col gusto della burla: Hagel ogni tanto si presentava in ufficio con in faccia una maschera di McCain presa da un costume di Halloween. Il senatore dell'Arizona una volta inscenò un finto licenziamento di tutto lo staff di Hagel.

chuck hagel in vietnam tk wg

Ieri, però, McCain non scherzava affatto quando, nell'audizione del candidato alla guida del Pentagono davanti alla Commissione Forze armate del Senato, ha stretto alle corde Hagel che non voleva dare risposte dirette alle sue domande sull'estensione dell'impegno militare Usa in Iraq e in Afghanistan.

Interventi decisi rispettivamente nel 2007 e nel 2009 da George W. Bush e da Barack Obama. Allora Hagel bocciò quelle scelte e il suo no sull'Iraq segnò anche la rottura politica tra i due vecchi amici: McCain, inizialmente perplesso anche lui per l'invasione del Paese del Golfo, aveva poi scelto di appoggiare in pieno la linea di Bush.

John Mccain

Adesso Hagel la pensa ancora così? E' sempre convinto che anche Obama, che l'ha appena scelto come ministro della Difesa, abbia sbagliato nel 2009? L'ex senatore del Nebraska prova a spiegare perché prese quelle posizioni, ma il vecchio amico lo gela: «Senatore, deve rispondere alla mia domanda in modo diretto, mi deve dire se era nel giusto o se ammette di avere sbagliato». E quando Chuck gli replica con altrettanta durezza che non risponderà semplicemente con un sì o con un no, McCain fa calare il gelo: «Credo che la storia abbia già dato il suo giudizio sull'efficacia di quelle controffensive e lei è dalla parte sbagliata».

John Mccain

Possibile che, quando arriverà il momento di votare, McCain bocci il politico che nel 2000 fu copresidente della sua campagna per le elezioni presidenziali? L'uomo che, per stargli a fianco, sfidò George Bush e al quale McCain regalò un pubblico «sarò eternamente orgoglioso del rapporto che ci lega»? Molti pensano che la storia conti e che, al dunque, McCain non porterà fino alle estreme conseguenze la sua evidente ostilità nei confronti della candidatura di Hagel.

BARACK OBAMA

Hagel è un personaggio controverso per le posizioni che ha via via assunto, oltre che sulla guerra in Iraq e Afghanistan, anche sull'embargo nei confronti dell'Iran, il peso della lobby israeliana negli Usa, i militari gay. La Casa Bianca è ancora convinta di poter spuntare la ratifica della sua nomina quando i 26 membri della Commissione voteranno: nonostante le perplessità, diffuse anche in campo democratico, almeno 12 senatori progressisti e un repubblicano, Thad Cochran del Mississippi, voteranno per Hagel.

Sei senatori repubblicani hanno già annunciato il voto contrario, dichiarando che quella di Hagel è la scelta sbagliata per l'America. McCain ha detto cose non molto diverse, ma, come altri suoi colleghi, non ha ancora annunciato come voterà.

ohn Kerry con il presidente Barack Obama

Di certo il fantasma delle divisioni sul Vietnam, scacciato dalla politica americana con l'elezione di un presidente, Barack Obama, che aveva 14 anni alla fine di quella guerra, torna improvvisamente a condizionare le strategie internazionali degli Stati Uniti attraverso le storie intrecciate di tre protagonisti centrali: i ministri degli Esteri e della Difesa e il parlamentare più influente degli organismi di controllo del Congresso.

JOHN KERRY OBAMA

McCain e Hagel hanno rotto sull'Iraq, non sul Vietnam, è vero, ma su quella che oggi il senatore dell'Arizona chiama «la nostra profonda divergenza di vedute del ruolo globale dell'America» probabilmente pesa proprio il Vietnam e il modo diverso nel quale i due hanno vissuto quella guerra: McCain che combatteva dal cielo e che poi, abbattuto e catturato, è tornato negli Usa dopo anni di prigionia accolto da eroe.

Guerra Vietnam

Hagel, invece, dopo aver combattuto nel fango e nella giungla e aver visto morire tanti compagni, non è diventato di certo un pacifista, ma si è convinto che la guerra va presa in considerazione solo in circostanze estreme. Insomma un prudente realismo, molto diverso dall'atteggiamento di un McCain che va sempre all'assalto agitando la bandiera dell'«eccezionalismo» americano.

Certo, anche John Kerry, come Hagel, ha combattuto e sofferto nella giungla vietnamita. E, una volta tornato a casa, è diventato un fiero oppositore di quella guerra. Eppure McCain, che oggi minaccia di bocciare Hagel, ha appena dato il suo pieno appoggio alla scelta di Kerry come nuovo Segretario di Stato.

Anche qui, come spiegava ieri il Financial Times, pesa il Vietnam, ma in un altro modo: McCain era un fiero avversario del senatore democratico, tanto che andò fino in Massachusetts, il suo Stato, a fare campagna contro di lui. Ma poi i due cominciarono a lavorare insieme a Washington, impegnandosi soprattutto nella comune battaglia per il ripristino delle relazioni diplomatiche e commerciali col Vietnam. E diventarono amici.

 

Guerra Vietnam

 

L’AUTOGOL DI GOTTI-TEDESCHI - AI PM DI SIENA PARLA DI QUEI TRE MILIARDI DI DIFFERENZA PATTUITI PER ANTONVENETA

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INTERROGATO GOTTI TEDESCHI INCONTRI SEGRETI CON MUSSARI
LA PROCURA DI ROMA APRE UN FASCICOLO: MANIPOLAZIONI

Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera"

Incontri segreti con il presidente del Monte dei Paschi Giuseppe Mussari durante la trattativa per l'acquisto di Antonveneta. Si concentra anche su questo l'interrogatorio del banchiere Ettore Gotti Tedeschi di fronte ai magistrati di Siena. Parla per quattro ore il responsabile da oltre vent'anni del Banco Santander in Italia, convocato come testimone. E nega che ci siano mai stati patti illeciti.

GIUSEPPE MUSSARI ETTORE GOTTI TEDESCHI

Anzi. Giura che il prezzo fosse congruo: «Bnp Paribas aveva offerto otto miliardi di euro, Mps fu costretta a rilanciare fino a nove». Dopo di lui entra nell'ufficio dei pubblici ministeri Gabriello Mancini, presidente della Fondazione Mps e al termine della deposizione assicura: «Tutto bene, piena collaborazione».

gotti tedeschi jpeg

Mentre qui in Toscana l'attenzione è puntata sulle operazioni finanziarie effettuate durante e dopo l'acquisizione, la Procura di Roma apre un fascicolo per verificare se possano esserci state manipolazioni sul mercato cosi come ipotizzato in alcuni esposti. Ma sembra difficile che le verifiche possano essere compiute nella capitale, visto che pure su questo gli inquirenti senesi hanno avviato controlli affidati agli investigatori del Nucleo Valutario. L'eventualità che ci siano state strane movimentazioni sul titolo è già stata esplorata, non escludendo che anche nelle ultime settimane ci siano state nuove speculazioni sulle azioni Mps.

Emilio Botin

Arriva al palazzo di giustizia alle dieci Gotti Tedeschi. Nell'agenda sequestrata a Mussari c'è un appuntamento con lui fissato al 30 maggio 2007. Vale a dire sei mesi prima dell'accordo. Perché si videro? Possibile che ancora prima di acquistare Antonveneta gli spagnoli avessero già la certezza di cederla a Mps?

gianluca baldassarri

Il banchiere, che è stato anche presidente dello Ior, non nega il contatto, ma assicura di non aver avuto un ruolo nel negoziato: «L'operazione fu gestita direttamente dalla casa madre spagnola». In realtà risulterebbero altri incontri tra i due e dunque si sta cercando di scoprire quale finalità avessero e soprattutto quali accordi siano stati presi tra le parti.

Gotti esclude che «il presidente di Santander Emiliano Botin possa aver stretto patti illeciti» e poi parla di quei tre miliardi di differenza pattuiti al momento di concordare il prezzo di vendita. Santander aveva infatti acquistato Antonveneta appena due mesi prima per 6 miliardi e 300 milioni di euro ed era riuscita poi a cederla per 9 miliardi e 300 milioni, escluso un ulteriore miliardo di oneri.

«È impossibile - ha sempre sostenuto Gotti - che si possa alzare il prezzo di una banca e poi dividere la differenza con il compratore riuscendo a non contabilizzare un'uscita così cospicua. Quella cessione fu perfettamente regolare. Può darsi che al momento di vendere gli spagnoli avessero informazioni precise sul futuro di Antonveneta e questo abbia pesato sulla determinazione del prezzo».

ANTONIO RIZZO

Una tesi che non convince affatto i magistrati, secondo i quali durante la gestione Mussari al vertice di Mps agiva una vera e propria "cupola" che effettuava operazioni finanziarie e speculazioni senza avvisare gli azionisti e senza informare correttamente le Autorità di vigilanza. Un gruppo di persone che avrebbe accettato la "plusvalenza" proprio per spartirsi i soldi versati in più. E che poi, quando i conti erano ormai in profondo rosso, avrebbe messo in atto altre operazioni ad alto rischio per cercare di ripianare il debito. Soprattutto quelle sui derivati che furono tenute nascoste e dunque non contabilizzate.

Per questo, oltre ai reati specifici, è scattata l'accusa di associazione per delinquere nei confronti dello stesso Mussari, dell'ex direttore generale Antonio Vigni, dell'ex capo dell'Area Finanza Gianluca Baldassari e del suo vice Alessandro Toccafondi. Nessuno di loro è stato finora interrogato, però è possibile che ciò avvenga al termine delle deposizioni dei testimoni, quando il quadro accusatorio sarà completo e dunque sarà possibile effettuare contestazioni specifiche su fatti e circostanze.

Questa mattina sarà interrogato Antonio Rizzo, l'ex funzionario della banca tedesca Dresdner che con Mps fece affari e di fronte ai magistrati milanesi ha già dichiarato: «All'interno di Monte dei Paschi agiva la banda del 5 per cento. Era capitanata da Baldassarri e dal responsabile delle filiali di Londra Matteo Pontone. Prendevano la percentuale su ogni affare».

 

 

E’ TORNATA L’UNIONE! MASTELLA CHIUDE L’ACCORDO COL PD E ORA CI MANCA SOLO TURIGLIATTO…

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pier luigi bersani

Carlo Tarallo per Dagospia

E' tornata l'Unione! Alla coalizione di centrosinistra del 2006 mancava solo un elemento, il più importante, per completare la rimpatriata 2013: Clemente Mastella. E anche lui torna all'ovile sinistrato! Chi ha condotto la trattativa per portare i voti dell'ex Ministro a Bersani? Il candidato campano del Pd Umberto del Basso de Caro. Stando agli spifferi, l'accordo è stato sancito a Ceppaloni, a casa Mastella, nel corso di una cena. Già da qualche giorno l'artefice principale della caduta del governo Prodi starebbe mobilitando i suoi uomini in Campania e in Puglia, regioni in bilico al Senato, a sostegno del Pd. Per Culatello tutto fa brodo....

CLEMENTE MASTELLA jpeg

LA GIUNTA CALDORO TUTTA CONTRO IL PDL - MARTUSCIELLI D'ITALIA...
A proposito di uomini di Clemente: uno dei leader delle truppe mastellate è l'assessore regionale al Lavoro Severino Nappi, che sta eseguendo a menadito gli "ordini" del suo leader. Risultato? Tragicomico per gli Alfano-Carfagna-Caldoro boys, che sulla carta sarebbero al governo in Campania, ma che in realtà hanno ormai tutta la giunta schierata contro il Pdl.

GIUSEPPE DE MITA

Il vice di Caldoro, Giuseppe De Mita, e l'assessore Pasquale Sommese sono candidati con l'Udc; e il resto della giunta? Marcello Taglialatela è candidato con Fratelli d'Italia e ha il sostegno di Fulvio Martusciello; con Meloni e Crosetto sta anche Giovanni Romano; Caterina Miraglia ha il figlio Stanislao Lanzotti candidato con Grande Sud; Guido Trombetti è un tecnico di sinistra. Ce ne fosse uno che porta qualche straccio di voto al Pdl...

BASSOLINO SFOTTE GIGGINO SU TWITTER
Manine? Ma quali manine! Bassolino sfotte De Magistris, che "vede" coppole, cappucci o complotti elettorali sinistrati dietro lo stop agli autobus senza benzina e annuncia indagini. E Nonno Antonio twitta: "Ma De Magistris non deve fare indagini sul gasolio, deve farlo arrivare ai bus. E' sindaco, non pm..."

 

 

 

LO SCANDALO DEI FILOBUS DELL'EUR PORTA ALLA MADRE DI TUTTI GLI APPALTI: LA METROPOLITANA DI ROMA!

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Fulvio Fiano, Ernesto Menicucci per "Il Corriere della Sera Roma"

Dai documenti consegnati da Edoardo D'Incà Levis al pm Paolo Ielo potrebbe arrivare la svolta nell'inchiesta che vede indagato l'ex ad di Eur spa, Riccardo Mancini, per una presunta mazzetta sulla fornitura di 45 filobus sul corridoio Laurentina.

alemanno autobus Edoardo D'Incà Levis

Il mediatore che ha fatto da raccordo con la Skoda e ha sostenuto che Roberto Ceraudo, l'ex ad della Breda, gli aveva indicato la «segreteria di Alemanno» come destinazione finale di quella tangente, ha fornito le fatture false che attestano il passaggio dei soldi da una società Usa ai conti svizzeri e, quindi, allo Ceraudo.

E adesso il magistrato potrebbe avere in mano l'asso per fare chiarezza sulla vicenda. E per acquisire elementi decisivi su quello che emerge sempre più come il vero «core business» dei rapporti tra Finmeccanica e il Campidoglio, i lavori per la metro. Ansaldo Sts, altra controllata del gruppo, era la chiave d'ingresso per l'affare da due miliardi di euro.

GIANNI ALEMANNO RICCARDO MANCINI

La stima al consulente Lorenzo Cola era dal suo commercialista Marco Iannilli, entrambi indagati. Cola - racconta nel suo interrogatorio del 16 maggio scorso - incontra Mancini a inizio 2009. Quest'ultimo gli dice che prima di parlare di metropolitane pretende per intero la sua parte di soldi nell'affare filobus. E Cola corre a sollevare il problema al presidente di Finmeccanica, Pier Francesco Guarguaglini.

ROBERTO CERAUDO

Dal verbale di Cola: «Guarguaglini, seduta stante, chiama De Luca, ad di Sts, per chiedergli aggiornamenti sul punto. De Luca gli riferisce di essere in trattative con il costruttore Salini per la costituzione di un'Ati e per far partecipare ai lavori la Sts». Guarguaglini dice allora a Cola di chiudere sui filobus e occuparsi della metro. Qualche mese dopo Mancini riceve la sua parte e si procede.

LORENZO COLA

Gli accordi sono però poco vantaggiosi per Sts e Cola insiste con Mancini per riequilibrarli. Ma l'ex ad di Eur spa si innervosisce. Ecco la sua risposta, raccontata da Cola: «Mancini mi dice che comunque noi o altri, intesi come i partecipanti, dovevamo passare da loro. Che l'ad della società che si occupava delle costruzioni della metro era un suo uomo e anche dopo una eventuale assegnazione dei lavori deteneva tutte le deleghe tecniche necessarie per avere il totale controllo sulla gestione dell'Ati».

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI

In ballo c'è l'affare da 555 milioni di euro per il prolungamento (in project financing) della metro B da Rebibbia a Casal Monastero. Se lo aggiudicano Salini, Vianini e Ansaldo, che mettono le mani anche su un milione di metri cubi e sei aree da valorizzare. Il Sole24ore anticipò la notizia della vittoria di Salini, ma poi emerse che l'offerta del secondo classificato (la Cmb di Carpi) era più vantaggiosa.

salini costruttori

Il sindaco Alemanno, allora scrisse a Roma Metropolitane - società appaltante - chiedendo di «adeguare» l'offerta dei vincitori. Un'intromissione che fece drizzare le orecchie all'opposizione. La delibera, alla fine, passò ad inizio agosto, la Cmb fece ricorso ma il Tar confermò il verdetto dei tecnici di Roma Metropolitane.

BREDA MENARINI BUS

La commissione d'esame era composta da l'ex ad Federico Bortoli, Claudio Pasquali, Francesco De Santis, Domenico Sandri e Valter Di Mario. Tre di loro (Bortoli, De Santis e Di Mario) erano gli stessi che decisero l'appalto sui filobus.

 

RADICALI LIBERI - PANNELLA SALVA NICK E SCHIANTA GIGGINO: “COSENTINO LINCIATO SENZA MOTIVO, NELLE CARTE NON C’È NIENTE”

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1 - COSENTINO: PANNELLA, LINCIATO INSIEME A LANDOLFI - 'IL MIO INCONTRO CON LUI, IN CARTE PROCESSO NON C'E' NIENTE'
(ANSA) - ''Ho telefonato a Cosentino dopo aver sentito la sua conferenza stampa in tv, abbiamo poi pranzato insieme in un ristorante vicino al Senato''. Lo ha detto Marco Pannella nel corso di una conferenza stampa a Napoli per la campagna elettorale della lista Amnistia, Giustizia e Liberta'.

marco_pannella

''Il nostro parlamentare Maurizio Turco - ha raccontato Pannella - che e' anche membro della commissione sulla autorizzazioni, ha letto con attenzione le carte processuali su Cosentino e mi ha detto 'qui non c'e' niente'. Quindi gli ho detto, incontriamoci vicino al Senato, cosi' passano i senatori e i giornalisti e ci vedono''.

Nicola Cosentino e Berlusconi

''Abbiamo parlato di diversi temi - ha detto Pannella - tra cui quello dell'amnistia su cui ho chiesto a Cosentino se il Pdl in Campania potesse impegnarsi. E lui mi ha detto che di certo molti candidati sarebbero stati interessati al tema. Poi siamo andati insieme alla sede del Partito Radicale che e' li' vicino''. Pannella ha criticato il ''linciaggio che c'e' stato su Cosentino e Landolfi''.

2 - PANNELLA, NAPOLI NON E' ARANCIONE, E' ZOZZA
(ANSA) - ''Napoli non e' arancione, e' zozza''. Cosi' il leader dei radicali Marco Pannella ha risposto oggi ai giornalisti che gli chiedevano dell'amministrazione De Magistris. ''Del resto - ha detto Pannella - lo stesso De Magistris mi ha detto che si e' formato leggendo solo l'Unita'''. Pannella ha poi ricordato come dopo l'elezione a sindaco di De Magistris lui abbia contattato l'ex magistrato per ''consigliargli di parlare con Aldo Loris Rossi che avrebbe potuto illustrargli cose importanti per la citta'. Ma evidentemente ha pensato, sbagliando, che gli stessi dando dei suggerimenti per la sua giunta e non lo ha mai chiamato''.

cosentino berlusconi gg

3 - COSENTINO: CICCHITTO, GIUSTE PAROLE PANNELLA
(ANSA) - ''Marco Pannella ha fatto una bella dichiarazione sull'On. Cosentino ed e' molto significativo quello che l'On. Maurizio Turco, personalita' certamente al di sopra di ogni sospetto, rileva a proposito di cio' che 'non c'e'' nelle carte concernenti Cosentino, cioe' non c'e' la prova della 'sua colpevolezza''', E' quanto afferma Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera.

pannella


4 - COSENTINO DICA TUTTO CIÒ CHE SA
Roberto Saviano per "l'Espresso"

Nicola Cosentino viene sacrificato da Berlusconi a vantaggio di altri impresentabili perché è il più noto. Ma non solo per questo. Nicola Cosentino è forse il più potente. È la persona che sa di più e che economicamente mantiene un rapporto di indipendenza rispetto a Berlusconi e ai suoi uomini. È lui a mettere a disposizione del Pdl le sue risorse e non viceversa. Cioè non è il Pdl, come avviene per la maggior parte dei candidati, a mettere a disposizione della campagna elettorale di Cosentino le risorse del partito.

Di Cosentino si ha paura. Ecco perché lo si allontana, non certo perché è in atto un repulisti. Lo si allontana, lo si delegittima al fine di renderlo più fragile nei rapporti di potere politici. Come dire, se domani Cosentino ci attacca, o peggio, se ci ricatta, mediaticamente è facile fornire una giustificazione: il Pdl l'ha allontanato e lui trova vendetta. Ebbene, questo è il momento in cui bisognerebbe chiedere a Cosentino di prendere una decisione importante.

MARIO LANDOLFI

Questo è il momento in cui bisognerebbe chiedergli di parlare. E dire tutto ciò che sa - moltissimo - su come è stato amministrato il potere politico in Campania e non solo. Sulle vicende berlusconiane legate al ciclo dei rifiuti. Perché il potere di Cosentino è legato anche alla capacità che ha avuto di influire su sindaci e consiglieri comunali, per aprire discariche e tamponare le emergenze rifiuti che hanno angosciato il governo Berlusconi.

Nicola Cosentino ora può parlare e il mio invito è che lo faccia. Cosa ha da perdere? Sa benissimo che sarà progressivamente abbandonato dal Pdl. Sa benissimo che nessuno lo sosterrà più. Sa benissimo ormai che le dichiarazioni di amicizia di Berlusconi valgono zero. Cosentino può e deve parlare. Non si tratta di delazione, né di vendetta, come fa comodo che sembri. Si tratta dell'analisi di un percorso.

E sulla vicenda camorra lui collabori con la giustizia, indipendentemente da quale sia la sua posizione. Decida di raccontare cosa ha significato essere un politico in terra di camorra. Racconti come mai, nonostante tante parole, non ha mai contrastato i poteri criminali attraverso azioni politiche importanti.

Luigi De Magistris

Lui che ha occupato ruoli di primo piano; lui che ha avuto un peso politico enorme. E che racconti cosa abbia significato, per l'uomo politico Cosentino, essere legato da vincoli di parentela alla famiglia di Francesco Schiavone "Sandokan". Cosa abbia significato essere legato da vincoli di parentela alla famiglia di Giuseppe Russo detto "Peppe il Padrino".

Cosa ha da perdere? Il mondo berlusconiano è fatto così, oserei dire il mondo intero è fatto così. Sorrisi, abbracci e strette di mano quando servi, calci quando non servi più. Vecchio adagio, forse un po' cinico, ma da quando frequento il mondo giornalistico-editoriale-televisivo, non ho mai pensato che i rapporti che si stringono possano andare oltre il meccanismo di potere e convenienza.

ROBERTO SAVIANO

Cosentino è un uomo scaltro, è un uomo che non vive di infingimenti e mistificazioni. Cosentino sa che i sentimenti valgono zero, che l'amicizia è sinonimo di contratto, che le cene e i sorrisi servono a raggiungere degli obiettivi e che nemmeno in casa propria, se si cade, si viene rispettati. Nemmeno in casa propria, se si cade, ti viene tesa una mano. Cosentino sa tutto questo perché ce lo insegna la nostra terra sin da bambini: ci insegna a saper stare al mondo.

È ora che, per riacquistare una dignità che ha chiaramente perduto, parli. È ora che racconti, saremo in molti disposti a raccogliere le sue testimonianze e le sue analisi. È ora che dica tutto ciò che sa e rompa con "scandalo" le regole del gioco. Se non lo farà, a tutti rimarrà il sospetto - certo, solo il sospetto - che il suo silenzio e il carcere che molto probabilmente vivrà, Berlusconi avrà saputo ripagarli.

Magari aprendogli il mercato del cemento nel nord Italia; magari aprendogli la distribuzione di carburanti, che lui già ha nel Sud, anche al Nord. Certo, allo stato, restano illazioni e sospetti. Ma solo Nicola Cosentino ha il potere di fugare il pensiero che per una mancia abbia scambiato la sua libertà.

 

IL TRIBUNALE DI MILANO DICE NO AL LEGITTIMO IMPEDIMENTO, E LA TENSIONE E’ ALLE STELLE…

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Da Ansa.it

berlusconi galera

I giudici della corte d'appello di Milano hanno respinto l'istanza di rinvio per legittimo impedimento del processo Mediaset avanzata dai difensori di Silvio Berlusconi. Il processo va quindi avanti con la requisitoria. "Questo processo ha una strada segnata che passa attraverso la conferma della decisione del tribunale e riteniamo che questa ordinanza vada al di là della leale collaborazione e impedisca al cittadino Silvio Berlusconi di poter essere al pari con i suoi contendenti". Lo ha detto Niccolò Ghedini in aula criticando la decisione dei giudici di non sospendere il processo Mediaset per legittimo impedimento. Il legale ha chiesto la revoca dell'ordinanza e ha accusato i giudici di "pesanti intromissioni nella campagna elettorale".

NICCOLO GHEDINI

La corte d'appello di Milano nel rigettare l'istanza di rinvio avanzata dalla difesa di Silvio Berlusconi ha motivato spiegando che gli impegni indicati oggi dall'ex premier non possono essere considerati "impedimenti assoluti e concreti". Il leader del Pdl nel fare istanza di legittimo impedimento aveva indicato come impegni per questa mattina una riunione con gli europarlamentari e nel pomeriggio la presentazione dei candidati alle politiche della circoscrizione Lazio.

Piero Longo

I difensori di Silvio Berlusconi, imputato nel processo Mediaset, dopo la decisione dei giudici di non riconoscere il legittimo impedimento dell'ex premier per oggi e di proseguire con la requisitoria, hanno abbandonato l'aula nominando un sostituto. Per solidarietà con i difensori di Silvio Berlusconi e per protesta contro la decisione della corte d'appello di Milano di negare il legittimo impedimento di Silvio Berlusconi, anche tutti gli altri difensori (oltre a quelli dell'ex premier) degli imputati nel processo Mediaset hanno abbandonato l'aula e nominato un unico sostituto processuale.
Niccolò Ghedini e Piero Longo hanno lasciato l'aula nominando un sostituto in quanto ritengono che i giudici abbiano violato il diritto di difesa. Anche i legali degli altri imputati hanno chiesto alla corte di revocare il suo provvedimento minacciando in caso contrario di abbandonare l' aula. L'avvocato generale, Laura Bertolé Viale, ha chiesto ai giudici di rivedere la loro decisione proprio "per evitare di turbare la serenità del processo".

processo ruby Bele n Rodriguez il suo avvocato e lavvocato di Berlusconi Niccolo Ghedini

Tutti i difensori hanno lasciato l'aula, dopo aver chiesto alla corte d'appello la revoca dell'ordinanza, in quanto hanno ritenuto che siano stati violati i diritti della difesa. I giudici sono in camera di consiglio per decidere se andare avanti con il processo oppure fermarlo.
Silvio Berlusconi, attraverso i suoi legali, ha presentato un'istanza di legittimo impedimento per l'udienza di lunedi' prossimo per il processo sul caso Ruby, quando 'da programma' e' previsto la testimonianza del pm minorile Annamaria Fiorillo. L'impedimento per il processo Ruby riguarda due riunioni per la campagna elettorale.

RUBY IN AULA

La decisione dei giudici di Milano di negare il legittimo impedimento a Berlusconi "é scandalosa" perché mira a "bloccare" la campagna elettorale; per questo é necessario un intervento del Csm e del presidente Napolitano. Lo ha detto Angelino Alfano nel corso di una conferenza stampa nella sede del Pdl.
"A Milano ci sono processi assurdi contro di me, e vengono spesi tanti soldi per cose risibili". Lo ha detto Silvio Berlusconi nel corso di una conferenza stampa nella sede del Pdl.

Angelino Alfano

 


I NUOVI BUNKER PER I RICERCATI SONO RIFUGI HI-TECH MEJO DELLA CASA DI BATMAN

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Emiliano Fittipaldi per "l'Espresso"

RAFFAELE DIANA jpeg

Catello Maresca è un pm di Napoli. Più precisamente, un "cacciatore di bunker". «Già. È questo il lavoro principale quando i magistrati della Dda cercano i boss latitanti: per catturarli bisogna individuare le loro tane, le stanze invisibili dove si nascondono per anni», spiega.

Maresca di buchi ne ha trovati tanti, spesso vuoti perché già abbandonati dal latitante, a volte con gli ospiti ancora dentro. Nel dicembre 2011 ha fatto il botto: il pm, i colleghi del pool e la squadra mobile della polizia hanno sorpreso l'ultimo dei capi dei Casalesi ancora in libertà, l'imprendibile Michele Zagaria.

IL COVO DEL BOSS ZAGARIA

La storia della cattura è diventata un libro ("L'ultimo bunker"), scritto a quattro mani con Francesco Neri. Il rifugio di Zagaria era a Casapesenna, a pochi chilometri da Casal di Principe. Il bunker Maresca l'ha studiato al microscopio. «È una tana di "seconda generazione". Fino a vent'anni fa i Casalesi costruivano nascondigli piccoli, massimo due metri per due, dietro intercapedini nel muro, con botole che si spostavano a mano, come accessori solo una lampadina».

Francesco "Sandokan" Schiavone fu il primo a cambiare sistema, e sotto la sua villa si fece costruire un appartamento segreto di tre stanze, bagno e cucina, tutti i comfort e ritratto di Napoleone appeso alla parete. «I bunker di seconda generazione sono molto più grandi, dotati di ogni status symbol immaginabile. Zagaria aveva un plasma di 60 pollici, un altro tv in bagno, stereo e decoder satellitare, sistema di videocontrollo, divano, letto matrimoniale più libri sulla mafia, alle pareti santini e immagini della Madonna».

MASSIMO DI CATERINO jpeg

Se i capi i Cosa nostra in Sicilia preferiscono gli appartamenti di amici in città o case di campagna (vedi Bernardo Provenzano), Casalesi e 'ndranghetisti si sentono più sicuri sottoterra. Gli scavi dei bunker di lusso vanno fatti prima di erigere la palazzina che li coprirà come un guscio.

«A Caserta e in Calabria esistono operai specializzati nel settore, chiamati "bunkeristi". Devono realizzare un'opera complessa, visto che la tana può arrivare fino a sei metri di profondità rispetto al piano di calpestio. Oltre a ditte amiche, bisogna avere anche coperture in Comune: durante i lavori di costruzione i controlli vengono sistematicamente aggirati», chiosa Maresca.

LA VILLA DI SANDOKAN SCHIAVONE jpeg

Tecnologicamente parlando, i nuovi rifugi sono all'avanguardia. «A San Marcellino abbiamo trovato un nascondiglio con un ascensore-montacarichi alla Batman, che combaciava con il pavimento di un bagno. Per spostarlo c'era un motore molto potente, tutte le pareti erano insonorizzate». L'appartamento di Zagaria era addirittura "mobile": due binari e un sistema oleodinamico permettevano di farlo spostare di un metro, in modo che - in caso di blitz delle forze dell'ordine - il manufatto si appoggiasse alle mura della casa principale.

I sistemi sono diversi e ingegnosi: il boss Massimo Di Caterino ha costruito una botola dietro alla doccia che si apriva con un telecomando, mentre il buco di Raffaele Diana era a scomparsa dietro una dispensa. Pasquale Apicella detto "O' bellom" aveva nascosto camera da letto e bagno dietro enormi balle di fieno. «Per trovarli bisogna usare foto aeree, raggi infrarossi, ma soprattutto seguire le tracce dei "sottoservizi" usati nel bunker.

IL COVO DEL BOSS ZAGARIA jpeg

Gli scarichi del bagno, i tubi dell'acqua, i consumi dell'elettricità, l'aria condizionata necessaria per il ricircolo: i latitanti devono occultare tutto. Hanno imparato a farlo bene. Noi cacciatori, però, abbiamo imparato a conoscere le prede e le loro abitudini. Può bastare una fenditura sospetta dietro ai battiscopa o un interruttore farlocco a smascherare il trucco e chiudere la partita».

 

 

GIORNALISTI PER FORZA: I “TROMBATI” COL TESSERINO TORNERANNO IN REDAZIONE…

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Fabio Chiusi per L'Espresso.it

FRANCESCO PIONATI

Le elezioni sono il 24 e 25 febbraio, ma per molti deputati e senatori uscenti la battaglia per un posto in Parlamento si è già conclusa con una sconfitta. Sono gli esclusi, quelli che non sono riusciti ad aggrapparsi a un posto in lista o non l'hanno - più o meno volontariamente - voluto. Transfughi in cerca di una casacca introvabile o politici fedeli ma anche e soprattutto alla poltrona, giovani o meno giovani abbandonati dal partito o che abbandonano il partito per questioni di corrente o di sostanza. Per tutti loro la domanda è: e ora, fuori dal Palazzo, che faranno?

C'è chi ha le idee chiare. Su tutti, al solito, il vulcanico e controverso Giorgio Stracquadanio. L'ex berlusconiano di ferro ha fallito l'assalto alla diligenza montiana. Ma non demorde. Al lavoro sulla campagna elettorale per la regione Lombardia di Albertini, e sul «movimento politico territoriale» che - giura - ne verrà, l'ex direttore del Predellino rivela ambizioni imprenditoriali: «Abbiamo grandi progetti d'impresa», dice all'Espresso, «che metteranno a frutto la mia competenza politico-istituzionale».

Stracquadanio consulente? «Siccome molti mi interpellano anche per avere il quadro politico, gli approfondimenti, le analisi, la conoscenza dei problemi ho detto: perché non cercare di vendere quello che fino a ora ho dato gratis?», risponde. «La mia idea è prendere un marchio degli Stati Uniti, portarlo in Italia e fare analisi sugli scenari politici possibili». Del resto, «l'ho già fatto con imprese, soggetti internazionali, ambasciate». E poi, conclude, «non è che posso andare in pensione: ho 54 anni, in Parlamento sono stato solo sette... Non mi sento né esodato né rottamato».

Silvano Moffa

Altri, meno avventurosi, meditano di tornare da dove sono venuti. Per Francesco Pionati, mezzobusto televisivo ben prima della carriera che l'ha portato dall'Udc ad Alleanza di Centro e dunque a Berlusconi, significa un ritorno al giornalismo. Ma non è detta l'ultima parola: «Attualmente sono candidato alle regionali nel Lazio», dice al telefono. «Nella peggiore delle ipotesi, che poi potrebbe essere anche la migliore, rientro in Rai, col grado che avevo».

Niente male, considerato il fatto che al Tg1 era vicedirettore. E che se dovesse fallire in Regione, potrebbe sempre ripartire alla carica per la diciottesima legislatura. Perché la prossima, ne è convinto, «sarà breve e molto tormentata. Al massimo faranno una riforma elettorale, poi si torna a votare. Io penso comunque di tornare in campo, perché ho un movimento che è testato a livello nazionale e ha fatto dei buoni risultati nelle regionali. Non è che me ne resto a guardare».

Arturo Parisi - Copyright PIzzi

Anche l'ex capogruppo della banda dei Responsabili alla Camera, Silvano Moffa, seguirà lo stesso percorso: «Io sono giornalista, torno a fare il giornalista. Non è che sono un senza lavoro», risponde. Excusatio non petita. Ma approfondita: «Non sarò un precario del giornalismo, sono stato vicedirettore del 'Secolo d'Italia', all'epoca dello scomparso direttore Accame. Ero in aspettativa non retribuita, quindi tornerò al Secolo. Quello che troverò, però, non lo so. Qualche collaborazione da qualche parte la potremo spuntare». Guai a dubitarne. Nel frattempo, c'è sempre il progetto " non proprio modestissimo - di rifondare la destra e il centrodestra in Italia. Che «Fini ha umiliato, e Berlusconi eliminato». E dire che li ha sostenuti entrambi.

Ex giornalista, con tanto di trasmissione in Rai, è anche Andrea Sarubbi, noto alle cronache per avere sdoganato l'uso di Twitter nei racconti in tempo reale dei lavori parlamentari. Il Pd gli ha sbattuto la porta della candidatura in faccia. Lui tentenna, dicendosi da un lato «a disposizione se qualcuno dei candidati pensa di avere bisogno di me, o se qualcuno pensa possa essere utile». Ma dall'altro ricordando che, se quella chiamata non dovesse giungere entro le elezioni, «potrei tornare a fare il giornalista, o eventualmente anche andare all'estero, negli Stati Uniti».

La situazione è diversa dal caso Pionati: «Io sono della generazione a partita Iva. Non c'è niente di sicuro, non faccio parte della schiera dei fortunati e dei tutelati. Io sono una smentita totale a tutti quelli che dicono che la politica è un posto di porte girevoli, dove esci da una parte ed entri dall'altra, e sei tutelato a vita. A me questo non è capitato e non penso capiterà», dice Sarubbi. «Ho fatto servizio per cinque anni, e ora gambe in spalla e mi metto a lavorare»

MARCO FOLLINI

Tra gli ex colleghi di partito, Marco Follini è il meno loquace. In pochi secondi liquida il cronista ripetendo quanto va dicendo da qualche tempo: che resterà in politica, che continuerà a scrivere e che ha tutto il diritto di farlo. Nessuno glielo contesta.

Ma l'auto-analisi di Arturo Parisi è più raffinata: «Sono entrato in Parlamento nel 2000», spiega, «ma non ho aspettato il 2000 per interessarmi di politica. Ho studiato e insegnato la politica da ricercatore e docente tutto il periodo precedente, continuerò ad analizzarla e studiarla, e a difendere le mie idee». Significa che sarà di nuovo docente? «L'età dell'insegnamento è finita, ma insegnerò sì, nella mia precedente Università». Parisi non sembra soffrire particolarmente di mal d'Aula. In una recente intervista ha affermato che in Parlamento si sta solo a pigiare tasti.

All'Espresso conferma: «Questa legislatura è stato quanto di più mortificante possa capitare a chiunque». Meglio continuare le proprie battaglie, su tutte quella contro il Porcellum, per altre vie: «E' un impegno potenziato», dice, «perché tutti i problemi che in questi giorni sono stati messi tra parentesi si presenteranno ancora più forti domani, a cominciare dalla legittimità stessa del Parlamento».

Anche per Renzo Lusetti, ex collega di Parisi nella Margherita, già Dc e oggi sotto le insegne di Casini, l'impegno politico prosegue: «Vado sempre a incontri, dibattiti, discuto, faccio. Anche se una volta c'erano le ideologie, era più appassionante fare il politico». E il futuro professionale? «Io sono dirigente d'azienda in aspettativa ormai da anni, nel settore delle comunicazioni. Quindi penso rientrerò a lavorare lì. Nella vita non si sa mai, la vita è varia. Penso farò quello». Dopo cinque legislature, ha dovuto farsi da parte per via della ristrutturazione montiana?

onorevole angela napoli

Niente affatto, replica Lusetti: «Quando ho capito che tirava una brutta aria mi sono fatto da parte. Io capisco un attimo prima quando bisogna farsi da parte». Ma se gli anni di esperienza sono troppi per lui, perché non lo sono anche per lo stesso Casini e per Fini, entrambi in Parlamento dal 1983? «Perché loro sono il partito vero», risponde. «In questo tipo di discorso di partiti legati alle persone è giusto siano loro a fare questo traghettamento. Poi io penso che alla fine non ci saranno più né Udc né Fli, ma un'altra cosa che fa capo a Monti».

Per tanti abbandonati, c'è anche chi ha rifiutato il canto delle sirene di destra e di sinistra, dall'Idv a De Magistris e Ingroia. E' il caso di Angela Napoli, parlamentare uscente del gruppo misto che ha di recente abbandonato il gruppo finiano alla Camera. I motivi sono molto seri: l'accusa di Napoli è di avere subito un «colpo di mano di Bocchino» in Calabria, la sua regione. E di non essere stata sufficientemente appoggiata dal partito quando si è scoperto che un boss della 'ndrangheta, intercettato con un sodale, discuteva di eliminarla perché una sua interpellanza gli sarebbe costata otto anni di carcere e l'impossibilità di presenziare al matrimonio della figlia.

«Minacce che mi renderanno perseguibile dalla criminalità organizzata per tutta la vita», dice Napoli, da un decennio sotto scorta. Bocchino ha rispedito le accuse al mittente: «Le regole le ha fissate Mario Monti e dovrebbe prendersela con Monti che ha detto che dopo tre legislature si va a casa. Lei ne ha cinque o sei».

E poi, «Non credo che non sarà più protetta perché non sarà più parlamentare», ha aggiunto. Quanto a Fini, che fa? «In una trasmissione streaming sul Fatto Quotidiano ha detto che io sono ossessionata dalla legalità. Fino a quando sono servita sono stata la bandiera del partito, e adesso...». Dunque, che farà Angela Napoli? «Certamente non starò ferma. Al momento lavoro con la mia associazione Risveglio Ideale, creata nel 2009. Cercherò di riattivarla e rimanere presente a livello civico, in particolare per i problemi della mia regione, che vive sotto una cappa di emergenza cronica».

 

PERCHÉ NESSUNO RICORDA CHE L'EXECUTION DELL'ACQUISTO DI ANTONVENETA VOLUTO DA MUSSARI FU FATTA DA MARCO MORELLI?

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MARCO MORELLI FOTO INFOPHOTO

1 - LETTERA A DAGOSPIA
Caro Dago, sull'affare Mps permangono i punti oscuri.
1. Perché nessuno ricorda che l'execution dell'acquisto di Antonveneta voluto da Giuseppe Mussari fu fatta dal direttore finanziario Marco Morelli, che mantenne anche la carica di vicedirettore generale?
2. Perché nessuno ricorda che subito dopo l'acquisto per concretizzare l'operazione vi fu una riunione tra il dg Antonio Vigni e i tre vicedg (Morelli, Nicolino Romito e Giuseppe Menzi) con la ripartizione dei compiti e a Morelli toccò l'implementazione dell'aumento di capitale e del rafforzamento patrimoniale?
3. Perché nessuno ricorda che Morelli proveniva da quella banca americana Jp Morgan Chase, che curò poi l'emissione del fatidico Fresh?
4. Perché nessuno ricorda che Morelli aveva costituito anche una società mista col berlusconiano professor Roberto Poli (oggi consigliere Fininvest e Mondadori) e che dopo Mps finì in Intesa Sanpaolo e da pochi mesi guida in Italia BofA Merrill Lynch dove è subentrato a Luigi Gubitosi finito in Rai?
5. Perché, infine, il Corriere di oggi "nasconde" a pag. 45 la lettera degli avvocati dell'"uomo nero" Baldassarri (che curiosamente Mussari e Vigni non hanno mai nominato direttore finanziario di Mps) dalle quale scopriamo che sull'affare Lutifin è stato prosciolto a fine 2011?
Con simpatia.
Andrea

Sede MPS

2 - MPS E GIANLUCA BALDASSARRI
dal "Corriere della Sera"

In nome e per conto del dott. Gianluca Baldassarri, chiediamo la rettifica delle notizie pubblicate dal Corriere («Le mazzetta e la banda del 5% sulle operazioni spericolate», Corriere del 30 gennaio) che lo vedono coinvolto riguardo alle indagini sulla vicenda Monte dei Paschi di Siena . In un contesto di comprensibile clamore mediatico e straordinaria attenzione rispetto ad indagini che spiegano un effetto dirompente sulla Banca e sulle istituzioni, al dottor Baldassarri, ex Direttore Area Finanza Mps, vengono falsamente imputate condotte illecite allo scopo di rappresentarlo ai lettori in modo fuorviante e distorto. In particolare, viene affermato che egli apparterrebbe alla cd. «banda del 5%»

GIUSEPPE MUSSARI

poiché avrebbe abitualmente percepito indebite commissioni sulle operazioni da lui dirette, secondo quanto riferito alla Procura di Milano da Antonio Rizzo, funzionario di Dresdner Bank, per quanto appreso da Michele Cortese, altro funzionario della stessa banca. Le notizie riportate, in un contesto così delicato, sono fuorvianti e mistificatorie poiché lasciano intendere di essere fondate su accertamenti giudiziari e omettono che la magistratura milanese ha già vagliato le dichiarazioni di Rizzo nell'ambito del procedimento cd. Lutifin e le ha ritenute insuscettibili di fondare alcuna accusa nei confronti del nostro cliente, per il quale è stata chiesta e disposta l'archiviazione in data 1 agosto 2011. Il dott. Baldassarri attende serenamente lo svolgimento delle altre indagini in corso, all'esito delle quali verrà comprovata la correttezza del suo operato e la estraneità rispetto a condotte illecite.
Avv.ti Fabio Roscioli e Eleonora d'Avack

Roberto Poli

3 - RISPOSTA DI FABRIZIO MASSARO
Noi abbiamo pubblicato un'informativa della Guardia di finanza contenuta in atti giudiziari inviati dalla procura di Milano a quella di Siena. E non abbiamo mai scritto che Baldassarri a Milano è indagato. E i legali stessi confermano invece che il loro cliente è sotto indagine.

 

 

ANTITRUST E AGCOM SI SCANNANO PER LE MULTE - I GRILLINI VANNO A SCUOLA DI PARLAMENTO - REGIONE SICILIA: BATTIATO NON PER

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Giovanni Pitruzzella

A cura di Gianluca Di Feo e Primo Di Nicola per "l'Espresso"

1 - MULTE COMMERCIALI - AUTORITÀ AI FERRI CORTI
Braccio di ferro tra l'Antitrust e Agcom sul tavolo delle pratiche commerciali scorrette, quelle con cui gli operatori ingannano gli utenti a forza di messaggi pubblicitari fuorvianti. Antitrust vuole continuare a multare queste pratiche e ha già ottenuto un primo successo: Altroconsumo ha cominciato a segnalarle anche a questa Autorità oltre che ad Agcom (Autorità garante delle comunicazioni). È un esito a sorpresa, perché una sentenza del Consiglio di Stato del 2012 assegnava solo ad Agcom la competenza sulle pratiche commerciali scorrette.

L'URLO DI BEPPE GRILLO jpeg

Ma l'Antitrust non l'accetta: ritiene di poter fare ancora le multe, interpretando in tal senso un decreto del luglio 2012, successivamente modificato in legge. A quanto risulta, alcuni operatori telefonici erano molto contenti che questo compito fosse tolto dall'Antitrust, che certo non ha lesinato in multe negli ultimi anni. L'Antitrust, inoltre, avrebbe anche fatto aleggiare il rischio di una procedura d'infrazione europea sul capo dell'Italia, se avesse perso questa competenza. A. L.

2 - CINQUE STELLE - GRILLINI A SCUOLA DA LUPO
Beppe Grillo ha annunciato di volere aprire il Parlamento «come una scatoletta», ma intanto manda a studiare i suoi candidati alle politiche del mese prossimo. A Nicola Lupo, professore di Diritto costituzionale alla Luiss di Roma, ex consigliere parlamentare alla Camera e figlio del primo presidente della Cassazione, il Movimento 5 stelle ha affidato l'istruzione delle sue matricole parlamentari sulle procedure di Camera e Senato, con lezioni intensive e affollatissime. B. C.

3 - TAGLIO AI PRIVILEGI - SENATORI SENZA PERMESSO
Niente più permesso di accesso gratis del centro storico di Roma per i senatori. Merito degli ultimi tagli di Palazzo Madama, in base ai quali dalla prossima legislatura il Senato non si farà più carico, come avvenuto fino ad oggi, della tassa richiesta dal Comune di Roma per far entrare in centro i senatori con la loro automobile privata.

senato-della-repubblica LUIGI GUBITOSI

Se vorranno godere di questo privilegio, la tassa dovranno pagarsela da soli. Con un risparmio per il Senato di un milione di euro in cinque anni: il costo del permesso infatti varia, a seconda delle cilindrate, tra i 600 e gli 800 euro l'anno per ciascuna autovettura. B. C.

4 - RAI E PUBBLICITÀ - GUBITOSI VEDE ROSSO
L'annuale analisi Nielsen è impietosa: il 2012 si è chiuso con risultati assai pesanti per la Sipra, la concessionaria di pubblicità della Rai presieduta dallo stesso direttore generale della Rai Luigi Gubitosi (che siede anche nel cda di Rai Way): un meno 22,2 per cento rispetto al meno 15 del totale del settore televisivo; ricavi fermi a 778 milioni di euro, rispetto a un obiettivo stimato rivisto due volte al ribasso (prima un miliardo, poi 900 milioni su base annua).

Assunta Almirante

Con queste premesse, e con il mercato pubblicitario in generale calo, la speranza di un 2013 in crescita sembra poco più che una chimera. Insomma, la drastica cura Gubitosi - l'aver avocato a sé le decisioni strategiche, licenziato l'amministratore delegato Aldo Reali e aver assunto un nuovo direttore generale dall'esterno - non è stato finora sufficiente a migliorare la pesante situazione dei conti Sipra. M. R.

5 - DONNA ASSUNTA - GIÙ LE MANI DA VIA ALMIRANTE
Il Comune di Civitanova Marche ha deciso di eliminare dalla propria toponomastica Via Giorgio Almirante. Una scelta che ha mandato su tutte le furie la consorte, donna Assunta Almirante. «È un fatto grave, a cui la popolazione dovrebbe ribellarsi», ha detto la vedova. Ad acuire la sua ira ci ha pensato un assessore del Comune marchigiano, che si è fatto immortalare mentre mima il gesto di buttare nella spazzatura la targa intitolata al marito. Troppo, per donna Assunta, che ha deciso di andare a Civitanova «per guardare in faccia» chi ha osato farle un tale affronto. Il blitz era previsto per il 19 gennaio ma, causa maltempo, è stato rinviato. G.P.

Mastrapasqua Antonio

6 - REGIONE SICILIA - CHI HA VISTO BATTIATO?
Niente da fare: Franco Battiato di assolvere agli impegni da assessore alla Cultura della Regione Sicilia non ha proprio voglia. La continua e persistente assenza del cantautore chiamato da Rosario Crocetta a far parte della sua giunta dai lavori dell'aula e delle commissioni dell'assemblea regionale siciliana viene stigmatizzata dal presidente dell'Ars Giovanni Ardizzone. Ma Battiato fa orecchie da mercante: e mentre nel parlamento siciliano si cerca di far quadrare i conti per il Dpef, lui se ne va in giro per l'Italia, impegnato in una tournée da 25 concerti. B. C.

7 - GRANDI MANOVRE - INPS DELLE MIE BRAME
Il Pd si prepara a prendere il potere e affila le armi. Uno dei primi campi di battaglia potrebbe essere l'Inps di Antonio Mastrapasqua e ogni occasiopne è buona per saggiare il terreno. Come il piccolo pasticcio provocato da un articolo che riabilita il fascismo, comparso nella rassegna stampa dell'istituto, gestita da una società esterna, e diffuso sulla rete intranet dei dipendenti. Il deputato Pd Oriano Giovanelli ha chiesto al ministro
Elsa Fornero, con un'interrogazione parlamentare, che si faccia luce sull'accaduto ma, ammette lo stesso onorevole, «è di governance dell'istituto che si parla».

IGNAZIO LA RUSSA

L'obiettivo evidente è mettere in discussione la gestione del presidente Mastrapasqua - prorogato dal governo Monti fino al 2014, più volte entrato in rotta di collisione con Elsa Fornero sul problema degli esodati - e far convergere attorno al disegno di legge bipartisan di riforma degli enti pubblici non economici tutti gli attori interessati: sindacati, Confindustria e lo stesso parlamento, divisi oggi sulle diverse soluzioni di governance. La discussione guarda talmente avanti che già si ipotizzano tre candidature per la prossima presidenza dell'istituto: l'ex ministro Tiziano Treu, il segretario della Cisl Raffaele Bonanni e, a sorpresa, la stessa Fornero. La battaglia è insomma tutta politica e si giocherà
dopo le elezioni, o meglio dopo l'insediamento del nuovo esecutivo che uscirà dalle urne . C. O.

8 - PARLAMENTO IN CIFRE
A Cura Dell'associazione Openpolis - 368.522.874 euro è il finanziamento che i gruppi parlamentari di Camera e Senato hanno ricevuto nei 5 anni della XVI Legislatura. Stupisce la ripartizione fra i due rami del Parlamento, i senatori sono la metà dei deputati ma hanno ricevuto quasi gli stessi fondi (47%). Da ricordare come i partiti in questi 5 anni si sono divisi altri 498 milioni di euro per i rimborsi elettorali.

LAURA E TIZIANO RENZI I GENITORI DI MATTEO RENZI

9 - LA RUSSA BATTE CASSA - FRATELLI AL VERDE
I soldi ci sono ma non si spendono. Fratelli d'Italia di Ignazio La Russa, Giorgia Meloni e Guido Crisetto deve fare i conti con le spese elettorali. Il partito nasce senza aver risolto due problemi fondamentali: i fondi comuni con Pdl alla Camera e al Senato, il tesoretto di Alleanza nazionale. Per il primo è in corso una trattativa per sbloccare una parte dei finanziamenti, corrispondente al numero di deputati e senatori fuoriusciti. Ma a chiusura legislatura rimane ben poco dei dieci milioni di euro a disposizione dei gruppi parlamentari e la quota per Centrodestra nazionale si aggirerebbe attorno ai due milioni scarsi.

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La trattativa, soprattutto col tesoriere Pdl Maurizio Bernardo, al momento si è arenata. Idem per il Senato. Invece per il tesoretto della fu Alleanza nazionale l'accordo chiuso in gran segreto è di non dividere al momento i 65 milioni di euro, a cui si aggiungono altri 35 di beni immobiliari, e rinviare tutto a data da destinarsi. Intanto sul territorio i candidati e i militanti mugugnano. Le collette di autofinanziamento non bastano e La Russa corre ai ripari: i capolista di ogni collegio dovranno sborsare 50 mila euro ciascuno e destinarli alla comunicazione elettorale del partito. M. Br.

10 - PELLEGRINAGGI ILLUSTRI - RENZI VEDE LA MADONNA
Partirà l'8 aprile da Figline Valdarno, a due passi da Rignano, il paese natale del sindaco Matteo Renzi, il pellegrinaggio alla Madonna di Medjugorje. Uno dei tanti pellegrinaggi che partono dall'Italia per andare a rendere omaggio alla Madonna più amata dai vip. La novità è che ad organizzarlo sono i genitori del Rottamatore, Tiziano Renzi e la moglie Laura, molti devoti della Madonna.

Il pellegrinaggio si svolgerà sotto l'egida della parrocchia figlinese di mons. Giovanni Sassolini, il prete a cui il sindaco di Firenze è più legato. «Matteo? Difficile che venga. Chissà cosa scriverebbero i giornali», sorride Sassolini. Anche se Renzi e la moglie Agnese sono molto religiosi e una volta l'anno si ritirano in convento per partecipare agli esercizi spirituali. M.La.

11 - RETTORE ALL'INFINITO
E io mi prorogo il mandato. Renato Lauro, 73 anni, resterà rettore della seconda università di Roma fino al 2014. Come altri colleghi, anche il Magnifico di Tor Vergata si è prodotto in uno slalom tra le regole della riforma Gelmini. Così, pur essendo scaduto nella massima carica da più di un anno, potrà avvalersi della "doppia proroga". Piccolo dettaglio, tutto ciò è stato deciso da un cda anch'esso scaduto, e quasi di nascosto: la proroga del rettore non figurava neanche nell'ordine del giorno ed è stata infilata tra le "varie ed eventuali". Nel denunciare il blitz, la Cgil chiede il ritiro della delibera e un nuovo cda. R.C.

 

 

CE NE IMU AL CINEMA? - RIGOR MONTIS CON LA SUA IMU POTREBBE AVER DATO IL COLPO DI GRAZIA AI CINEMA, GIÀ MOLTO IN CRISI

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Michele Sasso per "Espresso.Repubblica.it"

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Teatri, cinema, fattorie ed aziende agricole. Tutte nel mirino dell'Imu, l'imposta municipale che ha sostituito l'Ici raccogliendo 24 miliardi di euro nel 2012. Un extra gettito che tassa gli immobili (pensato dal governo Berlusconi e realizzato da Monti) facendo entrare nelle casse dello Stato 15 miliardi per la prima e seconda casa e 9 miliardi dalle attività imprenditoriali. Una rivoluzione e un fiume di denaro, se si pensa che la vecchia Ici era di 9 miliardi complessivi, raccontata però come una catastrofe dai proprietari di sale d'essai che vivono dei biglietti che staccano.

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Il rincaro si è fatto sentire eccome, con punte di aumenti che toccano il 162 per cento in soli 12 mesi. Il pallino delle quote da applicare è in mano ai Comuni, che possono scegliere tra 0,76 e 1,06 per cento. E la differenza non è di poco conto. Milano, insieme a Torino e Napoli, è tra le grandi città che ha scelto la quota più alta e l'aumento è stato notevole: per il centralissimo cinema Arlecchino più 131 per cento, da tremila a quasi ottomila euro per la sala d'essai Mexico, all'Arcobaleno di corso Buones Aires più 154 per cento (significa 18.125 euro in più) mentre per il teatro Carcano di Porta Romana il conto è salito da 8 mila a 21 mila euro.

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«Applicare queste tariffe è assurdo - attacca Stefano Losurdo, segretario lombardo dell'Agis, associazione italiana dello spettacolo - vogliamo pagare una quota equa perché cinema e teatri lavorano su grandi volumetrie ma per poche ore al giorno, con una redditività per metro quadro non paragonabile ai grandi magazzini e alle altre attività commerciali».

TASSA IMU jpeg

La differenza tra un mall e un luogo di attrazione culturale è notevole, ma per molte giunte l'importante è far quadrare i conti. Conti che si sono fatti anche all'Agis: un cinema multisala con quattro schermi sborsa nel capoluogo lombardo 40 mila euro in tasse comunali. E i margini di guadagno si stringono sempre di più in previsione delle nuove voci di spesa per i rifiuti, in aumento deciso per il 2013. E anche su 8 euro di biglietto tra Iva, diritti siae e quota al distributore dei film, al gestore rimangono in tasca poco più di 3 euro. Significa che occorre staccare più di 10 mila ingressi solo per coprire i costi fissi. Il pericolo, senza tanti giri di parole, è la chiusura definitiva, con negozi al posto delle sale a ridisegnare la geografia delle città.

MARIO MONTI LEGGE RESTART ITALIA

«A Milano siamo passati in 30 anni da 140 schermi a 80, concentrati però in 20 strutture» continua Stefano Losurdo «Il cinema monosala è quasi impossibile che abbia redditività, ma se vengono tassate in questo modo è il colpo finale che sancisce la loro chiusura». Cancellando di fatto la Lombardia dello spettacolo: trenta milioni di biglietti venduti ogni anno, 250 milioni di euro di incassi dai soli biglietti, un migliaio di schermi cinematografici e sale polivalenti e soprattutto nessuno spazio per le molteplici voci del teatro, della musica, della danza, dello spettacolo popolare. Altre città come Roma (con una decisione della giunta dello scorso novembre), Bologna e Mantova hanno deciso invece di tenere la quota al minino consentendo ai proprietari di respirare.

CINEMA UNA SALA VUOTA

Ma se nei grossi centri sono le sale le galline dalle uova d'oro, nei paesi a vocazione agricola la grande stangata è arrivata anche per i contadini. Considerata una preziosa risorsa e riscoperto come mestiere nobile lavorare i campi e allevare animali, "la patrimoniale sulla terra" ha toccato una quota stimata in 650-700 milioni di euro. Ben lontani dai 225 milioni inizialmente previsti dal Ministero dell'Economia (90 per i terreni e 125 per i fabbricati) come sacrificio per l'intero settore.

«L'Imu peserà e tanto sui bilanci delle aziende che contano terreni incolti e capannoni», avvisavano Coldiretti, Cia, Confagricoltura e Copagri al momento della stesura del decreto Salva Italia che introduceva l'Imu. Riuscendo a strappare un accordo con il Governo Monti che in caso di eccessiva raccolta per la prima rata la seconda sarebbe stata abbassata. Puntualmente però si è verificato un caos: tassati i fabbricati cosiddetti "strumentali" come capannoni, alpeggi, stalle e fienili, con la beffa dei terreni incolti. Con esborsi di oltre 200 milioni in più rispetto all'Ici. «Così come è stata applicata è una patrimoniale a tutti gli effetti che però non segue criteri progressivi e colpisce tutti indiscriminatamente» dice Domenico Buono, responsabile fiscale di Coldiretti «I contadini non si vogliono sottrarre al pagamento ma è evidente che i calcoli sono stati sovrastimati».

Coldiretti

Le organizzazioni agricole a dicembre erano sul piede di guerra per l'imminente scadenza della seconda rata e la fine anticipata della legislatura ha complicato ulteriormente la situazione, bloccando il tanto atteso decreto che metteva al riparo dal salasso. Un bagno di sangue per 1 milione e 500 mila imprese agricole che producono cibo di qualità e si prendono cura del territorio. «Il pagamento dell'Imu ha imposto sacrifici agli agricoltori che hanno dovuto pagare un conto pesante su terreni e i fabbricanti strumentali, ma ora sarebbe ancora più grave se il Governo non rispettasse le norme per restituire gli importi ingiustamente versati», conferma il presidente Coldiretti Sergio Marini nel ricordare che per i terreni agricoli risultano versati già 534 milioni e sommando anche i fabbricati si arriva alla stima di 650-700 milioni. Risultato? Chi può molla le coltivazioni nostrane facendo crescere il fabbisogno nazionale di alimenti, soddisfatto attualmente per il 70 per cento da grano, frutta e verdura made in Italy.

Con un cortocircuito evidente: vengono tassate le fattorie ma poi arrivano finanziamenti per l'agricoltura montana, per migliorare e riconvertire la produzione, per tutelare l'ambiente naturale, le condizioni di igiene e di benessere degli animali. Qualche numero per capire meglio: i fondi Ue per lo sviluppo rurale rappresentano ancora il 40 per cento dell'intero bilancio europeo e nel 2011 grazie ai Programmi di sviluppo rurale sono arrivati ai contadini italiani circa 2 miliardi e 450 milioni di euro, di cui 1 miliardo e 240 milioni messi a disposizione da Bruxelles. Ma il tempo delle vacche grasse è finito e per il futuro le risorse saranno concentrate solo per chi effettivamente produce prodotti agricoli. E avrà resistito all'Imu che strozza.

 

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