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DOPO IL NAUFRAGIO DI MONTI, PREPARATEVI AL MOVIMENTO POLITICO DI PASSERA, “ITALIA EUROPA”

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1 - TWEET DI VALERIO DE MOLLI - MANAGING PARTNER THE EUROPEAN HOUSE-AMBROSETTI
Just finished the First 2014 CEO Club @TEHAmbrosetti meeting with @corradopassera Who announced He Will create a New Political Movement

Sandro Gozi Corrado Passera

2 - E' UNA LISTA ALLE EUROPEE LA VERA AMBIZIONE DI PASSERA
C.P. per "Panorama"

TWEET DI VALERIO DE MOLLI SUL PARTITO DI PASSERA

Giovedì 30 gennaio: a Panorama risulta che quel giorno il manager ed ex ministro per lo Sviluppo economico Corrado Passera lancerà la sua forza politica in vista delle elezioni europee del 25 maggio. A meno di nuovi e clamorosi ripensamenti, il partito verrà presentato sotto le mentite spoglie di movimento-associazione.

La matrice naturalmente sarà liberale, con ricette economiche molto vicine a quelle di piccoli contenitori moderati. Per esempio: Pli, Italia Aperta, Fare per fermare il declino, Partito federalista europeo. L'ambizione di Passera è riunire le forze liberali (compresa l'Ali di Oscar Giannino, titubante) sotto il suo ombrello, un'impresa non impossibile visti i numeri dei singoli partitini e movimenti.

Corrado Passera Stefano Grassi PASSERA CON LA REGINA GIOVANNA

Ma l'ex ministro non casca dal pero: sa bene che per superare la soglia dello sbarramento del 4 per cento serve ben altro. Perciò a cavallo delle ferie di Natale ha segretamente incontrato Piero Ichino, ormai il vero dominus di ciò che resta di Scelta Civica, il partito di Mario Monti. Passera e Ichino sembrano ormai d'accordo sul federarsi in un'unica lista. Che avrebbe già anche un nome, per quanto pure provvisorio: ItaliaEuropa.

ICHINO

 

OSCAR GIANNINO AD ATREJU monti casini

IL MINISTRO DELLA DIFESA ISRAELIANO ALL’ATTACCO DI KERRY: ‘HA L’OSSESSIONE DELLA PACE’

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Arturo Zampaglione per "la Repubblica"

Volano parole grosse tra la destra israeliana e il segretario di Stato americano John Kerry, impegnato in un tour de force diplomatico che lo ha già portato per dieci volte a Gerusalemme in meno di un anno. «Kerry si agita come se fosse animato da una incomprensibile ossessione e da un atteggiamento messianico», ha detto il ministro della difesa Moshe Yaolon, considerato da sempre un falco del Likud, in una conversazione privata riferita da Yedioth Ahronoth, il quotidiano più diffuso nel paese.

MUSEO OLOCAUSTO GERUSALEMME

«Se fossero vere, sarebbero parole offensive e ingrate», ha subito risposto il Dipartimento di Stato per bocca del portavoce Jen Psaki, ricordando che gli Stati Uniti fanno di tutto per sostenere la sicurezza di Israele. Il portavoce di Barack Obama, Jay Carney, ha fatto dichiarazioni sullo stesso tono.

Il battibecco tra Gerusalemme e Washington arriva in un momento particolarmente delicato. Nominato l'anno scorso al posto di Hillary Clinton, Kerry sta cercando di premere su israeliani e palestinesi perché, dopo tre anni di stallo dei negoziati, accettino uno piano preliminare che possa aprire la strada a soluzioni più serie e impegnative. Le due parti resistono. In particolare gli israeliani si oppongono a un loro ritiro completo dalla Valle del Giordano, dove vorrebbero invece mantenere una zona-cuscinetto tra la Giordania e lo stato palestinese.

EBREO ORTODOSSO SCRUTA UNA PALMA A UN MERCATO A GERUSALEMME

Senza mai smentirsi, il ministro Yaolon, che nel passato era stato anche responsabile dell'intelligence militare e capo di stato maggiore fino al ritiro da Gaza nel 2005 (cui era contrario), ha già bollato il piano di Kerry: «Non vale la carta su cui è stato scritto». A
complicare poi le acque è da un lato la volontà del primo ministro Benjamin Netanyahu di avviare nuovi insediamenti nei territori palestinesi, dall'altro il libro di memorie appena pubblicato dall'ex ministro americano alla difesa, Robert Gates, che ha definito Netanyahu un «arrogante».

ohn Kerry con il presidente Barack Obama

Subito dopo le scintille di ieri tra Yaolon e Kerry, Gerusalemme ha cercato di calmare le acque. Riferendosi al ministro che è del suo stesso partito, il Likud, Netanyahu ha osservato che i dissensi con gli Stati Uniti possono essere di sostanza, ma mai personali. Lo stesso Yaolon ha detto in una nota scritta che se esistono opinioni contrastanti con gli Usa, vanno affrontate a porte chiuse.

D'altra parte il ministro non ha smentito le frasi riportate da Yodioth, che non si limitavano a bollare l'interlocutore americano come «ossessivo». Secondo il quotidiano, infatti, Yaolon si era anche lasciato andare a una battuta ironica, con un implicito riferimento a Obama: «L'unica nostra salvezza è se Kerry vince il premio Nobel: così ci lascia finalmente in pace». Ma in serata, al termine di un incontro con Netanyahu, sono arrivate le sue scuse: «Non volevo offendere Kerry».

BENJAMIN NETANYAHU

 

IL TANDEM FOSSATI-GAMBERALE CONTRO IL DUPLEX PATUANO-ALIERTA

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Michele Arnese per www.formiche.net

MARCO FOSSATI jpeg

Non è solo la governance a dividere i due fronti azionari in Telecom Italia. Domani all'ordine del giorno del consiglio di amministrazione ci sono appunto le proposte dello scalpitante socio Marco Fossati che chiede una rivisitazione della struttura del gruppo capitanato da Marco Patuano all'insegna della public company, come ha spiegato oggi sul Corriere della Sera Vito Gamberale. Già top manager di Telecom e ora alla testa come amministratore delegato del fondo F2i, partecipato dalla Cassa depositi e prestiti, il solitamente cauto e riservato Gamberale intervistato da Fabio Tamburini ha appoggiato le tesi di Fossati.

MARCO FOSSATI jpeg

Che c'entra Gamberale? L'attivismo del manager statale di lungo corso sulla partita Telecom è ormai notorio, avendo spalleggiato nell'assemblea dei soci di Telecom la lista per il cda presentata da Asati, l'associazione dei piccoli azionisti di Telecom presieduta da Franco Lombardi, sulla quale c'era stata a sorpresa anche la benedizione di Franco Bernabè, l'ex presidente esecutivo dell'ex monopolista uscito da Telecom per dissensi con la nuova proprietà spagnola di Telefonica contraria a un aumento di capitale. Ma a prevalere è stata la lista di Telco, la scatola finanziaria dei soci italiani che stanno lasciando spazio a Telefonica.

Vito Gamberale

Che c'entra Gamberale, si diceva? F2i è un giocatore nel campo delle tlc anche perché controlla Metroweb, alla ricerca di un futuro solido che sarebbe quello di far parte della società delle reti in cui far confluire anche la rete fissa in rame di Telecom Italia. Quello della rete è uno dei dossier che vede contrapposti Fossati e Telefonica.

Infatti gli spagnoli sono fieramente contrari a forme di scorporo della rete, mentre Gamberale e la Cdp presieduta da Franco Bassanini e guidata dall'ad, Giovanni Gorno Tempini, sono da tempo a favore. E c'è chi dice in ambienti romani che Gamberale lavori sotto traccia per tornare in Telecom. Sarà vero?

VITO GAMBERALE jpeg

Ma c'è un altro tema che provoca tensioni tra i due fronti. Telecom non esclude che in caso di un'offerta succulenta per Tim Brasil possa vendere il ramo carioca (anche se il gruppo di Patuano ha ribadito che non ci sono trattative in ballo sul tema) e Telefonica vede con favore questa prospettiva per sanare i conflitti di interessi. Tim Brasil rappresenta l'asset estero più importante di Telecom Italia, ma opera nel Paese sudamericano dove è presente con un'altra società mobile concorrente, Vivo, anche Telefonica.

MARCO PATUANOFranco Bernabe

Per questa ragione l'autorità Antitrust brasiliana ha intravisto un conflitto e ha posto obblighi precisi: o Telefonica esce da Telecom o deve far entrare un altro socio con il 50% in Vivo. La partita è aperta.

 

cesar_aliertaFranco Bassanini e Giuliano Amato

CHI NON SANTELLI, KYENGE È - “I NERI SONO FORTUNATI, NON SI DEVONO TRUCCARE”

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Da www.liberoquotidiano.it

LA CONDANNA DI BERLUSCONI PELLEGRINAGGIO A PALAZZO GRAZIOLI JOLE SANTELLI E ROBERTO FORMIGONI

Un'altra gaffe sulla Kynege. A furia di parlarne può scappare qualche battuta infelice, come è successo all' ex sottosegretario al Lavoro Jole Santelli, ora deputata di Forza Italia, ospite di Agorà Rai: "I neri? Hanno la fortuna di non doversi truccare". Parole che hanno fatto subito il giro del web suscitando polemiche feroci.

Mentre la Santelli parlava in collegamento in diretta c'era pure proprio il ministro Cecile Kyenge a cui è sfuggita la freddura della forzista. Parole quelle della Santelli a cui non ha dato peso in diretta nemmeno il conduttore del programma, Gerardo Greco. Ma dopo aver visto il fuoco di polemiche sui social è intervenuto con un tweet: "JoleSantelli cartellino rosso.Nella concitazione mi è sfuggita ma su certe cose bisogna scusarsi".

MARIAGRAZIA CALABRIA GABRIELLA GIANMANCO MARIAROSARIA ROSSI CHIARA MORONI JOLE SANTELLI

E dopo le polemiche arriva anche la replica della Santelli che afferma: "Mi sembra oggettivamente un'inutile strumentalizzazione lo sdegno a scoppio ritardato su una frase estrapolata dal contesto e di significato opposto a quello che si vuol fare apparire". "Nessuno - sottolinea - durante la trasmissione, e dopo, nei commenti successivi, ha dato alcuna valenza negativa alle mie parole. Questa strumentalizzazione è vero razzismo".

 

Cecile Kyenge Kashetu DOMENICO GRISPINO E CECILE KYENGE CON LE FIGLIE MAISHA E GIULIA Laura Boldrini Gerardo Greco Guglielmo Epifani

Buttafuoco, l’erede di Pitré che anche Papa Francesco deve leggere

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Gianfranco Ferroni per www.formiche.net

Il normanno-saraceno, anzi saraceno-normanno, Pietrangelo Buttafuoco ha colpito ancora. Presentando il suo libro Bompiani "Il dolore pazzo dell'amore", il polimorfico intellettuale siciliano ha dimostrato, all'ennesima potenza, di non voler essere l'erede di Luigi Pirandello, né di Giovanni Verga, tantomeno di Giuseppe Tomasi di Lampedusa: è infatti il continuatore dell'opera di un genio quale fu Giuseppe Pitré, prode raccoglitore di novelle nei territori siculi, impegnato a non disperdere nelle fauci del tempo le storie di persone e villaggi (e amatissimo, per la sua opera enciclopedica, da Italo Calvino).

Pubblico

I VOLTI DELLA PRESENTAZIONE

Incastonato tra Giovanni Minoli e Mario Sechi, Buttafuoco, nello spazio Fandango della romana via dei Prefetti (memento Mori?), davanti a una platea dove spiccavano Carmen Llera e Chicco Testa, un appollaiato Fulvio Abbate autoesiliatosi sulla scala (ma coinvolto nell'apologia di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia), minoliani quali Giulia (la figlia, sposa di Salvatore Nastasi), Matilde Bernabei, Andrea Ettorre e tanti altri, ha riscosso applausi degni un teatro d'antan evocando le imprese di Giufà (ecco Pitré), giunto a Girgenti da Raffadali per dire una menzogna, ma graziato dal cadì (ah, i giudici di una volta, quando si era forse meno sudditi di oggi).

Minoli Buttafuoco e Sechi

E poi l'amore per una terra, la Sicilia, che nel libro viene narrata con affetto e passione: un'isola dove "al passaggio di una sottana, anche le pietre sudano" (parole che Bignami avrebbe sognato di notte per riassumere in poche parole la letteratura di Vitaliano Brancati).

LA FOTOGRAFIA DI UN'ISOLA

C'è un rispetto per il tempo passato, che poi è la garanzia dell'esistenza di un'antica civiltà: con le donne che nella borsetta avevano a portata di mano la veletta, lo zio sciupafemmine che era sposato ma "non fitto fitto", le zie che sdegnavano i pretendenti non all'altezza, tra bigodini e vestaglie, e sembra di annusare l'odore del rosolio, guardando le tovaglie di pizzo con al centro il vaso di fiori, il mobilio d'altri tempi che pareva assorto da secoli nella penombra del salotto, in attesa di una rivoluzione.

Dove tutto non doveva cambiare, con la complicità di personaggi come Maria, contadina che serviva in casa Privitera Squillaci, pronta distruggere in men che non si dica il decanter appena entrato nell'abitazione perché lì "bottiglie con il culo storto" non si dovevano vedere. "Alla verità bisogna credere, alla realtà no", scrive Buttafuoco: come alla scena che vede protagonista lo scrittore Antonio Pennacchi che scatta nel saluto romano gridando "Presente!" ai funerali dell'ultimo podestà di Latina, Ajmone Finestra.

Giovanni Minoli Pietrangelo Buttafuoco

Un rapporto fecondo, quello tra Buttafuoco e la morte, che anche nella serata romana è stato ricordato grazie a un passato che ha visto proprio lo scrittore nei panni dell'aiuto barbiere, impegnato a dover accompagnare il suo datore di lavoro nella casa di un contadino morto, che aveva bisogno di una rasatura prima di tornare definitivamente nella terra. Un uomo che, avendo sempre zappato, non era steso sul letto ma formava una mezzaluna, con una schiena ad arco che non poteva che provocare un senso di ilarità nel giovane Pietrangelo.

E in questo inferno che chiamiamo terra, Buttafuoco sottolinea che "anche i santi sono da mettere in castigo. Sono santi, è vero, ma quando stanno in cielo si prendono tutta la beatitudine del Paradiso e si scordano del proprio dovere, che è confortare gli uomini e lavorare per loro", senza dimenticare che "noi abbiamo l'emicrania mentre loro, soavissimi, hanno il cerchio di luce dietro la testa". Sì, un testo come questo lo deve leggere anche papa Francesco. Chissà se Buttafuoco ha pensato di inviare una copia al pontefice...

Fulvio Abbate e Mario Sechi Giovanni Minoli Pietrangelo Buttafuoco e Mario Sechi

 

RENZI AVREBBE IN TASCA UN ACCORDO DI MASSIMA CON FORZA ITALIA SUL MODELLO SPAGNOLO

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Francesco Bonazzi per Dagospia

DENIS VERDINI

"Aspettiamo tutti che Matteo faccia uno scivolone, così magari per qualche giorno si dà una calmata", confessa un ministro del pd, provato da due settimane di bombardamento renziano sul governo guidato dal premier Enrico Letta. Anzi, dal "sottosegretario Letta", come amano dire i cultori della sovranità di Giorgio Napolitano. Ma il segretario del partito democratico per ora non sbaglia un colpo. Anzi, forse il colpo più importante l'ha già piazzato, solo che ancora non lo si può sbandierare.

E' vero, oggi Renzie ha incontrato Angelino Alfano e hanno lungamente parlato di legge elettorale. Ma sono in molti a essere convinti che l'incontro decisivo sia stato quello di ieri con Denis Verdini. Il Rottam'attore avrebbe in tasca un accordo di massima con Forza Italia sul modello spagnolo (con ricco premio di maggioranza e bipolarismo quasi assicurato) e a questo punto ha soltanto due preoccupazioni.

RENZI NAPOLITANO

La prima è quella di tenere la carta coperta fin tanto che non ha ultimato le consultazioni e ha dimostrato tanta buona volontà e disponibilità con tutti i partiti. La seconda è che il Cavaliere, indeciso su quasi tutto, all'ultimo momento faccia saltare il tavolo e lo lasci in mutande.

Non è un caso che da dentro il Pd sia già partito il fuoco di sbarramento contro Renzi sull'eventualità che incontri "il pregiudicato Berlusconi" nella sede del partito. Un buffo divieto, visto che con Berlusconi, i predecessori di Renzi ci hanno fatto un governo.

In ogni caso il sindaco di Firenze ha ribadito via twitter che "le regole si scrivono tutte insieme, se possibile. Farle a colpi di maggioranza è uno stile che abbiamo sempre contestato". Questo tanto per rispondere ad Alfano, che sulla legge elettorale non vuole ultimatum e imposizioni, ma che quando era in Forza Italia si fece ben pochi problemi a imporre il Porcellum a colpi di maggioranza.

Angelino Alfano

Infine il tormentone del rimpasto sul quale, per dirla con Alfano, "c'è grande ipocrisia perché tutti lo vogliono ma nessuno lo dice". Il bersaniano Flavio Zanonato non sarebbe tanto dispiaciuto di lasciare il ministero dello Sviluppo economico se Renzi lo candidasse alla presidenza del Veneto.

SACCOMANNI

Mentre Fabrizio Saccomanni, in arte "Er Gelatina", rimane intoccabile all'Economia per via della suprema protezione di Mario Draghi e Giorgio Napolitano. Ma ogni giorno che passa, analizzando entrate tributarie, andamento del Pil e spesa per interessi sul debito, si chiede che senso abbia stare barricato al ministero con il terrore che a bussare alla porta sia la Troika.

 

HOLY SHIP! A MIAMI SALPA LA NAVE PIÙ STRAFATTA DEL MONDO, UN RAVE PERPETUO CON I MEJO DJ DEL MONDO

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VIDEO - HOLY SHIP! IL MEGLIO DELL'EDIZIONE 2013

 

 

Foto da www.miaminewtimes.com

HOLYSHIP

DAGOREPORT

Holy Ship! Dalle nostre parti a gennaio partiva la Concordia, a Miami invece salpa la nave più strafatta del mondo, un rave perpetuo con i mejo dj del mondo. Appuntamento al molo mercoledì scorso, destinazione: un'isola privata delle Bahamas. Durante il viaggio, più di quattromila amanti della EDM (Electronic Dance Music) hanno sballato sul ponte della Msc Divina al ritmo della musica più coatta e divertente del 2014, veleggiando su un mare di pasticche, bastoncini fluo e costumi demenziali.

HOLYSHIP

Scesi a terra, gli organizzatori hanno messo in piedi un programma ininterrotto, dallo yoga all'alba ai bagni pomeridiani, da centinaia di materassini gonfiabili alla musica che non si ferma mai sul palco della spiaggia. Gli eventi più spettacolari: il dj-set dell'olandese Tiesto, e l'arrivo in elicottero del produttore più fico del momento (e per ‘momento' si intendono gli ultimi 15 anni), Pharrell Williams, che ha fatto impazzire la folla, tra "Feds Watching" e "Let's Get Blown," chiudendo con "Lose Yourself to Dance", creata insieme ai Daft Punk.

HOLYSHIP

Per un patito dell'EDM, Holy Ship è il paradiso in cui i miti si possono toccare. 4mila persone, rispetto ai festival di elettronica di Miami o Las Vegas, è un club privé. Ed essendo tutti "costretti" tra un isolotto delle Bahamas e una mega-nave da crociera, le occasioni per incontrare Skrillex, Zedd o Gary "Destructo" Richards. Basta sganciare dai 700 (per un posto in cabina quadrupla) ai 1700 dollari (più 250 di cauzione per la sicura e impasticcata distruzione di qualche pezzo di nave), per trasformare gennaio in agosto, e tornare a casa abbronzati e con qualche simpatica malattia venerea.

holy ship pharrell williams

 

HOLYSHIP HOLYSHIP HOLYSHIP HOLYSHIP HOLYSHIP HOLYSHIP HOLYSHIP HOLYSHIP HOLYSHIP HOLYSHIP HOLYSHIP HOLYSHIP HOLYSHIP HOLYSHIP HOLYSHIP HOLYSHIP

DENIS AL VERDINI – IL RESPONSABILE DELLA MACCHINA DI FORZA ITALIA CHIUDE IL BUSINESS DI FAMIGLIA

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Andrea Giacobino per "il Mondo.it"

DENIS VERDINI

Scongiurata la nomina di Giovanni Toti a coordinatore di Forza Italia, Denis Verdini, attuale responsabile della "macchina" del partito di Silvio Berlusconi, chiude i battenti del business di famiglia. Qualche giorno fa, infatti, secondo quanto ricostruito da ilmondo.it a Scandicci nello studio del notaio Barbara Salvador si è svolta un'assemblea straordinaria di Edicity, la holding di cui Simonetta Fossombroni, moglie di Verdini, è azionista di controllo col 64%.

Denis Verdini

L'assemblea ha deciso la messa in liquidazione della società "per sopravvenuta impossibilità di conseguire l'oggetto sociale" con il voto favorevole di tutti gli altri azionisti: l'onorevole di Forza Italia Massimo Parisi con il 28% e col 4% ciascuno Luciano Belli e Giovanni Luchetti, già sindaci del Credito Cooperativo Fiorentino, la banca di cui Verdini è stato a lungo presidente e poi commissariata dalla Banca d'Italia a seguito dell'emersione di gravi irregolarità.

Denis Verdini

La liquidazione della holding è avvenuta in conseguenza della situazione critica verificatasi in tutte le controllate e le partecipate. Fra le prime, tutte controllate al 100% e tutte a suo tempo generosamente finanziate dal Credito Cooperativo Fiorentino, Ediced è stata messa in liquidazione così come Edigrafica mentre Toscana Daily News è stata dichiarata fallita.

In liquidazione (e con successiva richiesta di ammissione al concordato preventivo) è andata anche la partecipata all'11,6% Società Toscana di Edizioni (Ste), editrice de "Il Giornale della Toscana", allegato regionale de "Il Giornale". Soci di Ste, fra gli altri, sono lo stesso Verdin come persona fisica e il gruppo cementiero umbro Barbetti.

 


PER DIFENDERSI DALLA NSA NON BASTA SPEGNERE IL PC: TI SPIA ANCHE SE IL COMPUTER È SPENTO!

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Paolo Mastrolilli per ‘La Stampa'

La National Security Agency si è infiltrata in circa centomila computer in tutto il mondo, e può controllare la loro attività anche quando non sono collegati a Internet, usandoli poi per lanciare attacchi digitali. È l'ultima rivelazione di questo lungo scandalo, che arriva proprio alla vigilia del discorso con cui domani il presidente Obama annuncerà i cambiamenti e i limiti decisi per lo spionaggio elettronico.

national security agency tn

Il programma «Quantum» è stato scoperto dal «New York Times» e funziona dal 2008. Si basa sull'inserimento di sistemi di ascolto all'interno dei computer, ad esempio usando le connessioni Usb. Questi strumenti poi inviano le informazioni raccolte a stazioni chiamate Nightstand, che stanno dentro una valigetta e si possono trovare fino a otto miglia di distanza dal target.

Queste stazioni inviano poi le informazioni negli Stati Uniti, e possono spedire programmi di malware dentro i computer che intendono colpire. Grazie a un sistema di onde radio, il controllo può avvenire anche quando le apparecchiature prese di mira sono spente e non collegate alla rete. Non solo: la tecnologia si è così evoluta nel giro di appena sei anni da consentire di effettuare lo spionaggio in remoto anche senza piazzare fisicamente gli strumenti di ascolto nei computer presi di mira.

national security agency tn

Secondo l'intelligence Usa, questa capacità è stata sviluppata soprattutto per rispondere alla Cina, che aveva penetrato i sistemi americani tanto per carpire informazioni di natura economica e industriale, quanto per lanciare attacchi digitali.

Il programma «Quantum» infatti ha preso di mira soprattutto strutture come la Unit 61398 di Shanghai, sospettata di essere la base da cui l'esercito lancia gli assalti cibernetici agli Stati Uniti. La Nsa ha creato almeno due centri dati nel territorio di Pechino, usando probabilmente compagnie legittime per avere copertura.

LO SPIONAGGIO DEGLI AMERICANI IN ITALIA

La stessa tecnologia, però, è stata impiegata con successo per penetrare i network dei militari russi, i sistemi usati dalla polizia messicana e dai cartelli del narcotraffico, le istituzioni commerciali dell'Unione Europea, e Paesi impegnati nella lotta al terrorismo come Arabia Saudita, India e Pakistan. Sistemi analoghi sono stati impiegati nell'operazione Stuxnet, con cui furono bloccate mille centrifughe del programma nucleare iraniano, inviando un malware ai computer.

Washington giustifica queste operazioni con la necessità di difendersi, più che attaccare. Dice di impiegarle per la sicurezza nazionale, in particolare contro il terrorismo, a differenza della Cina che le usa anche per obiettivi economici. Pechino risponde che le attività economiche fanno parte della sicurezza nazionale.

L'intera questione sarà al centro del discorso che Obama terrà venerdì mattina, per annunciare le sue decisioni sulla riforma dello spionaggio digitale dopo il caso Snowden. Secondo le anticipazioni che circolano, il presidente sceglierà la via del compromesso per placare le reazioni internazionali, senza però sacrificare programmi giudicati indispensabili per la sicurezza dell'America.

obama spia

Il capo della Casa Bianca intende limitare l'accesso a tappeto ai dati telefonici; offrire ai cittadini stranieri, e soprattutto ai leader degli altri governi spiati, le stesse garanzie di privacy riconosciute agli americani; creare una posizione di «Public Advocate», incaricato di difendere i cittadini e rappresentare i loro interessi davanti al tribunale segreto che gestisce queste intercettazioni.

OBAMA SPIA

Nello stesso tempo, però, Obama avrebbe rifiutato alcune delle raccomandazioni più estreme ricevute, come quella di lasciare tutti i dati alle compagnie di telecomunicazioni, obbligando l'intelligence a chiederli caso per caso in maniera specifica. Inoltre il presidente non ha accettato di imporre alle agenzie di domandare ai giudici il permesso per qualunque azione di spionaggio digitale, perché sarebbe una soluzione poco pratica e capace di compromettere le operazioni.

 

 

TV SPAZZATURA - SI CHIAMA ROMAUNO ED È IL BRACCIO CATODICO DER MONNEZZA MANLIO CERRONI

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Carlo Tecce per "Il Fatto Quotidiano"

Lo chiamavano l'ottavo re di Roma oppure, per non sbagliare con le gerarchie, semplicemente il supremo. Il padrone di Malagrotta, la discarica più grande d'Europa. Ai domiciliari con l'accusa di associazione a delinquere per traffico di rifiuti e di truffa in forniture pubbliche, Manlio Cerroni classe 1926 va oltre la carica onoraria e lo spiega durante l'interrogatorio di garanzia: "Io sono un oracolo, mi devono ringraziare con un monumento. Roma poteva finire come Napoli, immondizia ovunque. Io l'ho salvata, mi definisco un salvatore della patria".

ROMAUNO TV

E ammicca: "Io non cercavo i politici. Il contrario: i politici cercavano me". Convinto. E pure con qualche ricordo. Perché l'ottavo re di Roma, se non sudditi, aveva relazioni. Ma neanche il ministro Anna Maria Cancelieri ha saputo risolvere un episodio inquietante: la richiesta d'arresto per Cerroni, lo scorso marzo, fu rubata in Procura.

Un regnante moderno, però, ha bisogno di una televisione. E l'imprenditore Manlio, che da ragazzo trasportava bovini al mattatoio di Testaccio, inaugura un'emittente su misura per un'informazione dentro il raccordo anulare, un pulpito essenziale per la miriade di consiglieri e presidenti comunali o dei Municipi, fondamentali per la capitale e il consenso nei quartieri: si chiama RomaUno.

CERRONI MANLIO

Era il 2003, dicembre. La politica è reattiva, e presente. L'entusiasmo eccessivo: il modello, dice il già anziano Manlio, è NewYorkOne. Addirittura si vocifera di un gemellaggio con gli americani. Il sindaco Walter Veltroni non vuole mancare, arriva puntuale assieme a Enrico Gasbarra (presidente della Provincia), assessori in Campidoglio e in Regione.

In dono riceve una statua di Albertone Sordi e la sistema in redazione, uffici moderni all'interno di una deliziosa palazzina che fu di Mario Del Monaco, il tenore. Il munifico Cerroni, che fattura miliardi di euro, spende circa cinque milioni di euro l'anno per mandare in giro una ventina di giornalisti con "otto motorini e due auto, di cui una bimodale benzina o elettrica", così i comunicati lo celebravano.

Manlio Cerroni

Il pubblico di RomaUno, che conquista un posto fra i canali satellitari di Sky, cresce di poche migliaia: i contatti giornalieri, nel 2013, sono stati 93.747. L'investimento non genera guadagni, anzi: l'azionista di maggioranza Cerroni, a ogni bilancio, deve confermare una perdita di quasi un milione di euro.

romauno tv

Anche la televisione locale viene collegata al primo pensiero (e affare, soprattutto) di Manlio: l'immondizia. La relazione di gestione di RomaUno, l'ultima disponibile (2012), riporta scambi "commerciali con la controllante per 1,2 milioni di euro relativi a servizi tv svolti". In sigla, la controllante è Co.La.Ri: Consorzio laziale rifiuti, un pezzo d'impero per il re (o l'imperatore) Cerroni. Veltroni non dimentica la televisione di Manlio e, per il lancio del Festival del Cinema di Roma (2006), ospita il PalaRomaUno: una sala da duemila posti, che Cerroni acquista molto volentieri. Con la stessa lungimiranza con cui comprava i terreni per le nuove discariche.

I rappresentanti di Municipio, di qualsiasi estrazione politica, vanno a riempire i palinsesti di RomaUno. E poi ci sono i cittadini, che vengono intervistati. E tanto calcio, Roma e Lazio. A 87 anni, Manlio Cerroni non accetta la misura di prevenzione, i domiciliari, e la decadenza per i titoli che ne alimentavano la leggenda nella capitale: "Nonostante un sistema burocratico folle, io ho evitato che a Roma si creasse un'emergenza come quella campana. Era inutile parlare con consulenti e specialisti: basta parlare con me". Lo stuolo di avvocati esulta: "É un leone". A RomaUno, ieri sera, c'era uno speciale sui saldi.

cerroni images

 

POTENZA DI ABRAMO - QUALE REVISIONE DELLA GOVERNANCE IN INTESA? – NESSUN INCARICO A GEORGESON

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Carlotta Scozzari per Dagospia

giovanni elena bazoli tn

Si era detto che, anche dietro pressing di Bankitalia, Intesa Sanpaolo avesse avviato la revisione della governance. E a supporto di questa tesi si aggiungeva che, alla fine del 2013, Compagnia di San Paolo, prima socia al 9,72%, insieme con Fondazione Cr Padova e Rovigo, Ente Cr Firenze e Cariplo avesse affidato un incarico alla società di consulenza Georgeson per sondare i principali investitori sugli effetti che potrebbe destare sul mercato la modifica della governance.

Una modifica che, con ogni probabilità - su ragionava sempre - avrebbe comportato per Intesa l'addio all'attuale sistema duale, incentrato su due consigli di sorveglianza (cds) e gestione (cdg), e il conseguente ritorno a quello tradizionale basato su un solo consiglio di amministrazione.

Insomma, fino a meno di un mese fa intorno alla prima banca italiana per sportelli sembrava respirarsi un'aria di cambiamento che avrebbe potuto mettere in serio pericolo la poltrona del presidente del cds, l'ottantunenne Giovanni Bazoli, confermato la primavera scorsa e in scadenza di mandato nel 2016.

Enrico Salza Giovanni Bazoli e Piero Fassino

E invece niente di tutto questo: qualsiasi ipotesi di modifica alla governance di Intesa sembra essere stata rinviata più in là nel tempo, il più vicino possibile all'assemblea per il rinnovo dei vertici del 2016. Quando cioè Bazoli potrà uscire di scena alla scadenza del mandato, e quindi da vincitore anziché da sconfitto. Quello del duale, ha dichiarato proprio oggi il presidente di Intesa, "è un tema che sicuramente entro la fine di questo mandato sarà affrontato". E più lo si farà vicino alla scadenza, meglio sarà per lui.

Profumo Presidente di Banca Mps insieme a Riffeser e Giuseppe Guzzetti il Presidente Acri la casi tutte le Fondazioni Bancarie Italiane

Ma c'è di più: secondo quanto risulta a Dagospia, al momento, non è nemmeno mai stato conferito alcun incarico ufficiale a Georgeson (nessun contratto sarebbe stato firmato). E' probabilmente anche in virtù di questo fatto che proprio ieri il numero uno di Cariplo, Giuseppe Guzzetti, a chi gli chiedeva del mandato affidato alla società di consulenza, rispondeva: "Io non ho affidato niente. Parlo di Fondazione Cariplo, ognuno è libero".

CARLO MESSINA E FRANCESCO MICHELI ALLA PRIMA DELLA SCALA 2013

Sì, perché il discorso è diverso per Compagnia di San Paolo, dove Luca Remmert sta per salire al potere al posto del presidente quasi dimissionario, Sergio Chiamparino. L'ente torinese, che negli ultimi anni spesso ha dovuto subire lo strapotere del tandem Bazoli-Guzzetti, asse che proprio negli ultimi giorno pare essersi rinsaldato, da un po' di mesi spinge per il ritorno al sistema di governance duale.

In quest'ottica è altamente probabile (e potrebbe essere solo questione di giorni) che la Compagnia possa comunque decidere di affidare l'incarico a Georgeson, anche senza Cariplo, e magari con il sostegno di Cariparo e Ente Cr Firenze. E a quel punto potrebbe essere di nuovo battaglia tra i soci torinesi e quelli milanesi di Intesa Sanpaolo.

 

Banca Intesa

IL MAGO OTELMA INCASSA LA SESTA LAUREA, STAVOLTA IN FILOSOFIA, CON IL MASSIMO DEI VOTI

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Alessandro Dell'Orto per "Libero quotidiano"

DIVINO OTELMA Il Mago Otelma e D'Alema

Quando il divino Otelma - nel pomeriggio del 15 gennaio nell'anno del Signore 2014 - si palesa agli umani dell'Università di Genova, il salone del Gran Consiglio della facoltà di filosofia - puff - si illumina di luce riflessa. Quella dei flash di fotografi, cronisti e operatori tv radunatisi per il magico evento: la sesta tesi di laurea di Marco Amleto (leggete al contrario questo suo secondo nome e vi si aprirà un mondo...) Belelli, 65 anni a maggio, testualmente (così si autodefinisce) «conte di Quistello, Primo Teurgo della Chiesa dei Viventi, Gran Maestro dell'Ordine Teurgico di Elios, Presidente Europeo dell'Ordre des Occultistes d'Europe e Nazionale dell'Ordine degli Occultisti d'Italia, del Centro Italiano di studi Astrologici e dell'Unione Astrologico- Occultista d'Italia, Fonte di Vita e Salvezza, dispensatore di Verità Archetipa, Luce dei viventi».

In due parole, il Mago Otelma. Eccolo, il divino. Sobrio. Sorridente. E nero, completamente in nero da testa a piedi come se fosse uscito da una terrena sfilata di Pitti a Firenze («Sa che ci siamo stati per davvero nei giorni scorsi? Il colore degli abiti noi però li scegliamo la mattina in base all'umore, all'ultimo minuto»): una papalina traforata («È un copricapo marocchino»), camicia («Per questo appuntamento abbiamo optato per vestiti casual, niente giacche o cravatte»), comodo pantalone largo e scarpe da ginnastica Superga da adolescente anni Ottanta.

IL MAGO OTELMA

Già, quasi da non crederci e chi si aspettava pailettes, strani cappelli e anelli spaziali resta stupefatto. Otelma ha le dita nude. Tutte («Non abbiamo voluto mettere anelli perché essendo all'Università volevamo evitare strumentalizzazioni o battute fuori luogo. Noi non abbiamo bisogno di un costume per attirare l'attenzione»), che si muovono agilmente attorno a un foglio ben in mostra.

E' la copertina della tesi di laurea specialistica del corso di Metologie Filosofiche intitolata «Nec verum illum atque onnipotentem summum deum curare opinaretur ista terrena (De Civ. Dei 3,11) - Dei, angeli e demoni nel pensiero di Agostino di Ipponia». Perché proprio questo argomento? «Perché S. Agostino é un argomento interessante, abbiamo ripreso la sua idea di demoni, angeli e divinità. Partendo dal De Civitate Dei abbiamo scoperto che per lui non c'è differenza tra loro, per lui il diavolo non è un concetto ma è una presenza, una entità fisica reale.

gaypride07 21 il mago otelma

Nella tesi abbiamo riportato anche alcuni brani di messaggi papali di Wojtyla e Bergoglio». In attesa di discutere il lavoro che lo porterà alla sesta laurea («La prima nel '75 in Scienze politiche, poi nel 2003 in Storia, poi 2006, 2008 e 2011 in antropologia»), il Mago si concede alla folla. Che non è certo da grandi occasioni: gli studenti si fanno gli affari loro e a fare compagnia a fotografi e giornalisti ci sono giusto un paio di pensionati di passaggio. I quali - ovviamente - fanno la domanda migliore mentre i cronisti zerbini prendono appunti che non capiranno mai e ogni tanto si prostrano urlando qua e là un «Maestro ci dica » piuttosto che un «Divino ci illumini».

Si diceva dei pensionati. Sul più bello una signora dall'abbigliamento variopinto dà di gomito alla vicina: «Ma questo qui dice sempre noi facciamo, noi pensiamo, noi andiamo. Ma noi chi???». Finalmente un quesito interessante che l'esperto di turno risolve seccato: «Ma come, non lo sa? Il divino è la reincarnazione di Dio e fa uso del plurale maiestatis nelle sue apparizioni pubbliche!». Sticazzi.

IL MAGO OTELMA

Nel frattempo Otelma - del quale tutto si può dire tranne che non sia gentile e disponibile -disquisisce a richiesta di religione («Papa Francesco? Ci è molto simpatico, è un soggetto molto interessante e affabile. Farà bene alla Chiesa»), di politica («Renzi spinge e chiede l'abolizione del reato di immigrazione clandestina e della Bossi-Fini, questo inevitabilmente porterà al crollo del Governo. Naturalmente il vero scopo di Renzi, a cui a nostro avviso non importa nulla della Bossi- Fini, è buttare giù il suo concorrente da Palazzo Chigi.

Diretta telefonica col divino Otelma

Il Governo Letta rischia da qui ad aprile, ma non cadrà nel 2014») e di programmi futuri («Nei prossimi giorni partiremo per l'India, dove probabilmente incontreremo i due marò. Poi torneremo in Italia il 20 febbraio per il Festival di Sanremo, perché dobbiamo assistere dei cantanti in gara e faremo un salto al Casinò per assistere altre persone.

Poi valuteremo l'ipotesi di un'altra laurea specialistica, magari alla Sorbona»). Finché, alle 16.12 del 15 gennaio nell'anno del Signore 2014, arriva il tanto atteso momento: «Sono emozionato, ma non chiedetemi una previsione. Le previsioni si fanno sugli altri, mai su se stessi». La commissione è riunita e il relatore Daniele Rolando regala subito una magia: «Parto parlando dei difetti della tesi del candidato Marco Belelli: la biografia di S. Agostino è unpo ristretta e poi ci sono un paio di refusi inaspettati».

IL DIVINO OTELMA

Ops. Ma è solo un modo per stemperare la tensione e per poi celebrare i pregi del lavoro. Che, a dire del professore, sono molti. Quando la parola passa a Otelma, però, la seconda sorpresa. «Questa frase è emblematica secondo me...». E ancora: «Questo passaggio io l'avevo già trovato nella precedente tesi del 2011».

Sì, avete capito bene: clamoroso, niente più plurale maiestatis! Dopo mezzora di dibattimento, tutti fuori in attesa del voto. Il mago Otelma è teso e - chissà se per scaramanzia - inciampa nel pronostico: «Mi aspetto il peggio, sono pessimista ». Erroraccio, perché invece sarà un trionfo da 110 e lode. «È proprio una grande soddisfazione, grazie a tutti. Venite con me nell'atrio che festeggiamo». E via con un brindisi divino. Bianco frizzante, ovviamente. Cin Cin.

 

VA IN ONDA LA SGANGHERATA FICTION SU CALABRESI E MUGHINI E MASSIMO FINI S’INCAZZANO

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Gli Anni Spezzati Il Commissario Solfrizzi nei panni di Luigi Calabresi

1. GIAMPIERO MUGHINI A DAGOSPIA
Caro Dago, e siccome non ho uno straccio di giornale su cui poter scrivere neppure il mio codice fiscale sono qui a chiederti ospitalità. A proposito di questa recente fiction televisiva dedicata al tragico destino del commissario Luigi Calabresi. Non fosse stato per due successivi articoli apparsi sul "Fatto", prima un editoriale di Marco Travaglio e adesso un commento di Massimo Fini, le critiche più diffuse di questa fiction (assai modesta) sarebbero state quelle di chi lamentava che nelle due puntate mancavano immagini dell'"autunno caldo" o immagini che raccontassero quanto fossero numerose le bombe messe all'epoca dal "terrorismo nero".

Roba che c'entrava sì ma non a tal punto con la vicenda di quel commissario di 33 anni di cui 800 intellettualoni italiani scrissero e sottoscrissero che era un assassino e un torturatore (dell'anarchico Giuseppe Pinelli) e pure non avevano in mano nulla che lo comprovasse, a parte il fatto che Pinelli s'era sfracellato cadendo dal quarto piano della questura milanese dov'era stato a lungo interrogato.

LUIGI CALABRESI

La vicenda precipua di questa fiction era tutt'altra, era la solitudine profonda di questo commissario di polizia e fino alla mattina del 17 maggio 1972, quando un ragazzo alto gli si avvicinò alle spalle mentre Calabresi stava per aprire lo sportello della 500 con cui ogni mattina andava al lavoro. Senza scorta e disarmato.

L'"autunno caldo" certo che c'era e c'era stato, e pure le bombe dei fascisti (ma anche degli anarchici). Ma il cuore del racconto televisivo è un altro. Che quando Calabresi va in aula perché ha querelato "Lotta continua", il giornale portabandiera della campagna micidiale contro di lui, in quell'aula è solo come un cane, a parte l'avvocato che gli siede accanto. Solo come un cane, e muore solo come un cane. Mentre, lo ha raccontato una volta Nando Adornato, in un liceo "bene" di Torino scoppiano gli applausi alla notizia dell'attentato.

Giampiero Mughini e Anselma Dall Olio

Ebbene, date le premesse del racconto televisivo è di certo singolare (come hanno scritto prima Travaglio e poi Fini) che nulla di nulla la fiction dedichi al chi, al come e al perché di quello che è stato il primo agguato mortale del terrorismo "rosso". La prima volta che dei "compagni" diventavano degli assassini.

Singolare sino a un certo punto. In Italia è pressoché invalicabile il muro fatto di omertà generazionale e di viltà intellettuale che copre l'assassinio Calabresi e dunque la vicenda giudiziaria fatta partire (nell'estate del 1988) dalle confessioni di Leonardo Marino, il militante di Lotta continua che guidava l'auto su cui risalì l'assassino di Calabresi.

Giampiero Mughini

Una vicenda giudiziaria infinita, suggellata da una condanna definitiva a 22 anni di Ovidio Bompressi (quello che spara), Giorgio Pietrostefani (il "duro" della Lotta continua milanese che avrebbe organizzato l'agguato), Adriano Sofri (il leader carismatico che avrebbe dato il suo suggello morale al tutto).

Una vicenda di cui meno si parla e meglio è, e difatti nella fiction se ne accenna furtivamente solo nei titoli di coda. Ne parlo per esperienza diretta. Una volta che Claudio Sabelli Fioretti mi stava interrogando e mi chiese chi fossero stati gli assassini di Calabresi, a me parve fin troppo ovvio rispondere che era stato un commando di Lotta continua e che era un bel drappello quello degli ex dirigenti di Lotta continua che sapevano com'era andata.

GIUSEPPE PINELLI

Successe il finimondo. Luca Sofri, il figlio di Adriano, scrisse che io e Sabelli eravamo dei killer. Uno dei pochi "ex" di Lotta continua che la pensavano come me, Claudio Rinaldi (il miglior direttore di giornali della mia generazione), venne intervistato dal "Corriere della Sera" e lo disse anche lui che non c'erano dubbi che a uccidere fosse stato un commando di Lc. Ebbene il redattore del gran quotidiano lombardo, appose all'intervista un titolo che era all'opposto del pensiero di Rinaldi.

GIUSEPPE PINELLI

Più tardi ho scritto un libro sull'argomento. Gelo assoluto, e a parte un bellissimo articolo del mio amico fraterno Aldo Cazzullo. Fra quelli che conoscevo ce n'erano che si dichiaravano esterrefatti che io avessi voluto scrivere un libro talmente malintenzionato. Ma chi me lo faceva fare, perché? Alcuni di quelli che si ergevano a difesa dell'innocenza di Lc, lo vedevi bene che non conoscevano una pagina che fosse una di quello sterminato materiale giudiziario.

E del resto uno scrittore e intellettuale che stimo, lo aveva scritto su una rivista da lui diretta. Che se ne vantava di non aver voluto leggere nemmeno una pagina di quelle circa 600 pagine a stampa dove sono trascritte le motivazioni della condanna di primo grado: dov'è enorme la mole di dati e di fatti che corroborano la confessione di Marino.

Perché mai avrebbe dovuto leggerle dato che il tutto si riduceva a un complotto di magistratura e polizia contro "i compagni di Lc"? Tutta robaccia, tutte invenzioni. A leggere quella sua vanteria gli mandai un sms più agro che dolce. Non mi ha mai risposto. Gelo. Silenzio. Omertà.

LOTTA CONTINUA


2. SOFRI E CALABRESI VI RACCONTO LA STORIA
Massimo Fini per "Il Fatto Quotidiano"

Nel serial documentaristico Gli anni spezzati (gli anni di piombo) Rai Uno si è anche occupata dell'omicidio del commissario Luigi Calabresi avvenuto il 17 maggio del 1972. Quella mattina mentre il commissario usciva di casa, in via Cherubini 6, e stava per salire sulla sua 500, fu avvicinato alle spalle da un uomo che sparò due colpi di pistola, uno alla nuca, l'altro alla schiena, poi risalì su una 125 blu guidata da un complice e sparì nel traffico.

É curioso che in questo documentario, nel complesso abbastanza sgangherato non si facciano mai i nomi degli assassini (se non nei titoli di coda): Adriano Sofri, il leader carismatico di Lotta Continua, Giorgio Pietrostefani, il suo braccio destro, condannati a 22 anni di carcere come mandanti, di Ovidio Bompressi e Leonardo Marino esecutori materiali del delitto (il primo sparò, il secondo guidava la 125 blu).

pagina lotta continua assassinio calabresi

Come se si volesse rimuovere dalla memoria dell'opinione pubblica non solo i responsabili di quel delitto ma anche l'ambiente in cui maturò. É strabiliante che si tenti questa obliterazione mentre, pur essendo quei fatti assai lontani, molti testimoni del tempo sono ancora vivi.

Leonardo Marino

Io sono fra questi. Nel 1972 facevo il cronista all'Avanti! e abitavo in via Verga a non più di duecento metri da via Cherubini. Fui uno dei primi ad arrivare sul luogo del delitto. Il corpo di Calabresi era già stato portato via, ma sull'asfalto c'erano ancora pozze di sangue mentre qualcuno stava spazzando via, mischiandoli a della segatura e buttandoli in una di quelle palette che servono per sbarazzarsi della spazzatura, brandelli di cervello.

Lotta Continua e il suo settimanale, di cui erano o erano stati o sarebbero stati direttori-prestanome intellettuali di più o meno chiara fama, da Piergiorgio Bellocchio a Pio Baldelli, Pasolini, Adele Cambria, Pannella, Giampiero Mughini, aveva condotto una feroce campagna contro il commissario Calabresi accusandolo di essere il responsabile della morte dell'anarchico Pino Pinelli "caduto" nella notte fra il 15 e il 16 dicembre dal quarto piano della Questura di Milano dopo tre giorni di interrogatori in seguito alla strage di Piazza Fontana avvenuta pochi giorni prima (12 dicembre).

LEONARDO MARINO NELLA SUA CREPERIE IN PROVINCIA DI LA SPEZIA

Conoscevo bene gli ambienti anarchici. Nel 1962 quando facevo la prima liceo al Berchet, un gruppo di giovanissimi anarchici aveva rapito a Milano il viceconsole spagnolo (a cui peraltro non verrà torto un capello) per cercare di impedire la condanna a morte di un antifranchista, Conill Valls.

Alcuni di quel gruppo venivano dal Berchet, ne erano usciti da pochissimo. Altri giovani anarchici, Tito Pulsinelli, Joe Fallisi, Della Savia li avevo conosciuti in seguito in uno dei bar di Brera, frequentato anche da Calabresi, poliziotto moderno, abile e accattivante, che girava in maglione, avevo incontrato anche Pino Pinelli, più anziano degli altri, sulla quarantina, che faceva il ferroviere.

OVIDIO BOMPRESSI E ADRIANO SOFRI

Pinelli era il classico anarchico d'antan, lo era culturalmente e sentimentalmente, ma come uomo era mitissimo, uno che non avrebbe fatto del male a una mosca. Che si fosse gettato dal quarto piano gridando "É la fine dell'anarchia!" andandosi a spiaccicare nel cortile della Questura, che era la versione della polizia, pareva a tutti inverosimile.

bompressi ovidio pisa

Da qui la campagna contro Calabresi (che verrà poi assolto da ogni addebito perché al momento del volo di Pinelli non era nella stanza, c'erano altri poliziotti) condotta da Lc ma anche, sia pur con toni meno accesi, dall'Espresso e dall'Avanti!. Le indagini invece di puntare su Lotta Continua, il cui giornale nel titolo e nell'editoriale di Sofri aveva sostanzialmente plaudito all'omicidio (c'era stata anche una riunione del Direttivo di Lc in cui si era discusso se attribuirsene anche materialmente la paternità) si diressero a destra.

Perché in quegli anni postsessantottini in cui quasi tutti i giornali e i giornalisti se la davano da rivoluzionari era un delitto di lesa maestà indagare a sinistra, anche se la stella a cinque punte delle Br aveva già cominciato a brillare. Mi ricordo il tempo che si perse a seguire le piste di un giovane estremista di destra, Gianni Nardi, figlio di una facoltosa famiglia di San Benedetto del Tronto. Passarono così inutilmente gli anni e alla fine l'omicidio Calabresi fu archiviato fra i tanti casi irrisolti della recente, e torbida, storia italiana.

ADRIANO SOFRI GIORGIO PIETROSTEFANI OVIDIO BOMPRESSI

Sedici anni dopo, nel 1988, Leonardo Marino, un ex operaio della Fiat, ex militante di base di Lc, che vendeva frittelle in un baracchino ambulante di Bocca di Magra, mentre molti suoi compagni di origine borghese, Sofri compreso, si erano ben sistemati nei giornali, nell'editoria, nella politica e, più in generale, nell'intellighentia, si autodenunciò per l'omicidio Calabresi: lui e Ovidio Bompressi erano stati gli esecutori materiali, Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani i mandanti.

Adriano Sofri

Marino non era un pentito, diciamo così, classico, non era in prigione, non era indagato, nessuno lo cercava, viveva tranquillo a Bocca di Magra, non aveva nessun interesse a confessare un omicidio che gli sarebbe costato undici anni di galera (anche se poi, grazie proprio alla capacità degli altri imputati a portare il processo per le lunghe, la sua pena cadrà in prescrizione, ma al momento della sua confessione Marino questo non poteva saperlo).

Al processo, iniziato nel novembre del 1989, Sofri e gli altri si difesero malissimo. Negando anche l'evidenza. Negando che esistesse un secondo livello di Lc dedito agli "espropri proletari", cioè alle rapine. Una di quelle rapine fu compiuta con la mia macchina, una Simca coupè rossa che un mio amico, Ilio Frigerio, militante di Lc, mi aveva chiesto per uscirci, disse, con una ragazza, la sera.

Il dottore Marino visita Claudio Sabelli Fioretti

Me l'avrebbe riportata la mattina dopo. E in effetti la mattina la macchina, intatta, era nel mio garage. Qualche tempo dopo Ilio mi confessò che aveva dato la mia macchina ad altri militanti di Lc che avevano bisogno di un'auto "pulita" per fare una rapina. In quanto a Pietrostefani dalle sue dichiarazioni sembrava che in Lc fosse stato solo di passaggio. Mentre tutti sapevano che se Sofri era l'ideologo Pietrostefani era il capo dell'organizzazione. "Chiedilo a Pietro", dicevano i militanti di Lc quando c'era un problema di questo genere da risolvere.

Durante i vari processi che si conclusero nel 1997 con una condanna definitiva della Cassazione, e anche dopo, venne fuori tutto il ripugnante classismo dell'entourage degli ex Lotta Continua (Roberto Briglia, Gad Lerner, Luigi Manconi, Marco Boato, Paolo Zaccagnini, Enrico Deaglio, Guido Viale): la testimonianza di Leonardo Marino non valeva niente, perché era un venditore di frittelle, un ex operaio, un plebeo, niente a che vedere con la raffinatissima intelligenza di Sofri. Una degna conclusione per chi era partito per buttare giù dal trespolo i padroni.

CLAUDIO RINALDI

Sofri ha avuto otto processi, due sentenze interlocutorie della Cassazione, una assolutoria (la cosiddetta "sentenza suicida" perché il dispositivo era volutamente in stridente contraddizione con la motivazione), quattro condanne. Ha goduto anche di un processo di Revisione, a Venezia, cosa rarissima in Italia che probabilmente nemmeno Silvio Berlusconi riuscirà a ottenere. E anche il processo di Revisione ha confermato la sentenza definitiva della Cassazione del 1997.

Nessun imputato in Italia ha mai avuto le garanzie di Adriano Sofri. Nonostante tutto ciò la potente lobby di Lotta Continua, divenuta trasversale e incistata in buona parte dei media, ha continuato a proclamare a gran voce la sua innocenza e a pretenderne la scarcerazione per grazia autoctona del Capo dello Stato.

Nel frattempo Sofri è diventato editorialista principe del più venduto settimanale di destra, Panorama, e del più importante quotidiano della sinistra, La Repubblica. Per meriti penali, suppongo, perché in tutta la sua vita Sofri ha scritto solo due pamphlet, mentre proprio la prigionia gli avrebbe dato la possibilità di scrivere, perché il carcere è un posto atroce ma ha infiniti tempi morti (Caryl Chessman, Il bandito della luce rossa, condannato a morte per dei presunti stupri, scrisse in galera quattro libri, fra cui due capolavori : Cella 2455 braccio della morte e La legge mi vuole morto).

Carlo Rossella, l'avvocato Franco La Gioia (di Fini), Rosi Greco e il CDP Massimo Varazzani

Quando, a volte, un'università o qualche liceo mi invitano a tenere lezioni di soi-disant giornalismo e, alla fine, i ragazzi mi si affollano attorno e mi chiedono come si fa a diventare giornalista, rispondo: "Uccidete un commissario di polizia o, se non avete proprio questo stomaco, prendete tangenti come Cirino Pomicino".

Indubbiamente Adriano Sofri, da giovane, aveva un indiscutibile carisma. Anche un uomo di forte personalità come Claudio Martelli ne subiva il fascino se ha chiamato Adriano uno dei suoi figli in omaggio all'amico. Io questo fascino non l'ho mai capito. Era piccolo, mingherlino, il mento sfuggente del prete, l'aspetto molliccio per nulla virile.

LOIS LERNER DELL IRS IL FISCO AMERICANO CHE HA BERSAGLIATO I GRUPPI CONSERVATORI

Ma, si sa, le vie del carisma sono misteriose. Il giornale di Lotta Continua pubblicava le foto, i nomi, gli indirizzi, i percorsi, le abitudini di fascisti o presunti tali, alcuni dei quali aggrediti sotto casa, specialità della ditta, sono finiti in sedia a rotelle. Almeno questo dovrebbe far riflettere i difensori d'ufficio di Adriano Sofri.

 

Luigi Manconi

 

csrss21 angelo bonelli paola balducci marco boato ENRICO DEAGLIOguido viale

ARMI CHIMICHE SIRIANE A GIOIA TAURO - IL SINDACO: ‘A RISCHIO LA MIA VITA’

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Da ‘ansa.it'

RENATO BELLOFIORE

E' il porto calabrese di Gioia Tauro, secondo quanto l'ANSA apprende da fonti autorevoli, quello nel quale transiteranno le armi chimiche provenienti dalla Siria che si trovano a bordo della nave danese Arc Futura. Le armi chimiche si trovano attualmente depositate in circa 1.500 container sulla nave danese che farà scalo a Gioia Tauro e poi saranno trasbordate sulla nave Cape Ray.

"Mettono a repentaglio la mia vita. Se succede qualcosa la popolazione mi viene a prendere con un forcone". Lo afferma il sindaco di Gioia Tauro Renato Bellofiore in merito al trasbordo delle armi chimiche della Siria. ''E' gravissimo - aggiunge -. Forse il ministro Bonino non sa cos'è la democrazia".

''Stiamo valutando di emettere un'ordinanza per chiudere il porto''. Lo ha detto all'Ansa Domenico Madaffari, sindaco di San Ferdinando, il comune in cui ricade il 75% del porto, tutte le banchine. ''Vedrò - ha aggiunto - con i colleghi di Gioia e Rosarno cosa si può fare con molta calma. Voci danno arrivo nave domani''

armi chimiche

E' il porto calabrese di Gioia Tauro quello nel quale transiteranno le armi chimiche provenienti dalla Siria che si trovano a bordo della nave danese Arc Futura. Lo conferma il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi alle Commissioni riunite Affari esteri e Difesa di Camera e Senato.

L'operazione di trasbordo delle armi chimiche siriane in Italia è "singola, non si ripeterà". Lo ha detto il direttore generale dell'Opac Ahmet Uzumcu alle Commissioni di Camera e Senato. ''L'operazione, che verrà completata in breve tempo, sarà svolta secondo i più alti standard di sicurezza e di tutela dell'ambiente, presso strutture specificamente attrezzate''. Lo assicura il Governo in una nota sul passaggio nel porto di Gioia Tauro delle armi chimiche siriane.

PIANA GIOIA TAURO

Si tratta della più importante operazione di disarmo negli ultimi dieci anni". Lo dice il ministro degli Esteri Emma Bonino alle Commissioni riunite Affari esteri e Difesa di Camera e Senato parlando delle operazioni per la distruzione dell'arsenale chimico siriano.

monica maggioni intervista bashar al assad EMMA BONINO E MARTIN SORRELL

 

 

LA RIVELAZIONE DI ELLE: LA STORIA DI HOLLANDE CON LA GAYET VA AVANTI DA PIÙ DI UN ANNO

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Dagotraduzione dell'articolo di Emma Thomas e Peter Allen per il "Mailonline"
www.dailymail.co.uk

Valerie si dice pronta a perdonare il compagno

L'amante di Francois Hollande si è vantat1 della sua relazione con un 'uomo politico più anziano' di lei solo pochi mesi dopo la nomina a presidente, secondo quanto emerge oggi.

Nonostante l'insistenza di Hollande sul fatto che la vicenda sia una 'questione privata', Julie Gayet è la ragazza copertina sull'ultimo numero di Elle francese.

Nel giornale è citata la sua confidenza a un amico, risalente a più di un anno fa, in cui l'attrice diceva di aver trovato 'uomo più anziano, molto diverso dai fidanzati precedenti, che è in politica'.

VALERIE E HOLLANDE

Ciò solleva il dubbio che Hollande possa aver iniziato la sua storia con la Gayet negli stessi mesi in cui ha giurato come presidente francese, nel maggio 2012.

Fu in questo momento che la sua compagna ufficiale Valerie Trierweiler, giornalista per la rivista Paris Match, ha cominciato il suo restyling come first lady di Francia, con cinque persone di staff e numerosi altri vantaggi, tra cui limousine, jet privati e case in tutta la Francia.

Pur non facendo alcun commento pubblico in maniera ufficiale, la Trierweiler ha fatto trapelare le proprie opinioni in modo molto chiaro nell'ultima edizione di Paris Match, che ospita un suo lungo articolo su di lei.
'Non c'è veleno peggiore dell'indifferenza' è una frase che le è stata attribuita, che suggerisce il fatto che Hollande possa essere stato 'distratto' con lei per molto tempo .

VALERIE IN BIKINI

Secondo il Times Manuel Valls, ministro degli Interni, avrebbe commentato che Hollande si è comportato come un 'adolescente ritardato' quando sono state pubblicate le foto del presidente in scooter.


2 - IL PRESIDENTE NON VA A TROVARE VALÉRIE, LEI RESTA IN CLINICA E RIMUGINA
Da Corriere.it
www.corriere.it

Dopo l'umiliazione, la freddezza. Non c'è pace per Valérie Trierweiler. La première dame, che ha detto di sentirsi offesa davanti all'intera Francia, subisce ora anche l'onta dell'indifferenza. Infatti, secondo fonti vicine alla giornalista, Francois Hollande non sarebbe ancora andato a trovarla dopo il ricovero in ospedale, avvenuto venerdì 10 gennaio. Lo riferisce radio Europe 1 citando l'entourage della compagna del presidente francese, secondo cui questa distanza avrebbe aumentato il suo malessere. L'Eliseo non smentisce e non conferma.

Valerie Trierweiler

Valérie Trierweiler soffre di una «fatica nervosa estrema», e dovrebbe restare all'ospedale della Pitié Salpetrière, a Parigi, ancora per qualche giorno. Nessun ricovero preventivo, niente esami di routine: Valérie rimane in ospedale per la crisi di nervi scoppiata subito dopo la confessione di Hollande, avvenuta solo in seguito alla pubblicazione del le foto del tradimento sul settimanale Closer. Sembra che uno degli interrogativi che più assillano la première dame riguardi un'ipotetica fuga di notizie dall'Eliseo: chi avrebbe avuto interesse a far trapelare la notizia del flirt clandestino?

hollande-gayet-trierweiler

La domanda resta senza risposta anche se qualche nome è già circolato. Intanto Hollande rimane fermo sulle sue posizioni: non l'ha citata mai, nemmeno una volta, durante la conferenza stampa di martedì scorso, dicendo solo che farà sapere se Valérie è ancora la sua compagna prima del viaggio ufficiale negli States.

LA VISITA A WASHINGTON
Si avvicina infatti la visita di Hollande in America. La Casa Bianca ha già riferito che l'eventuale assenza della première dame non cambia nulla a livello di intese e di colloqui strategici che i due capi di Stato avranno il prossimo 11 febbraio, nello studio Ovale.
Tuttavia molti «insider» del Palazzo hanno invece rivelato - stando a quanto riferisce il New York Times - che l' «affaire», oltre alle prevedibili polemiche, starebbe causando «un grosso mal di testa» agli addetti del protocollo presidenziale Usa.

Nell'ordine protocollare la visita di un capo di Stato è quella di più alto livello e la forma, in questi casi, conta, e non solo per l'organizzazione della cena di gala o, più banalmente, per la disposizione nelle foto ufficiali. L'Ambasciata francese di Washington, intanto, fa sapere via email che il lavoro preparatorio alla bilaterale procede, ma non fornisce alcun dettaglio sul programma della trasferta che «sarà distribuito ai media della Capitale non appena finalizzato».

 

 

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QUEL PO’ DI OSSIGENO AL CINEMA ITALIANO SI DEVE A CHECCO ZALONE - IL 3D NON TIRA: COSTA TROPPO

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Franco Montini per "la Repubblica"

LORENA BIANCHETTI CHECCO ZALONE E PIETRO VALSECCHI A SORRENTO FOTO REPUBBLICA NAPOLI

Crisi economica, pirateria e persino i nuovi modi di consumo non frenano il cinema sul grande schermo. Nel 2013 in Italia nelle sale monitorate da Cinetel, che rileva il 90% dell'intero mercato, si sono staccati 97,4 milioni di biglietti, quasi 7 milioni in più dell'anno precedente.

In un momento di crollo dei consumi, si tratta di una risultato quanto mai positivo, anche se, a ben guardare, frutto esclusivamente dello straordinario successo ottenuto da Sole a catinelle, la commedia fenomeno con Checco Zalone, che ha portato nei cinema oltre 8 milioni di spettatori e fatto lievitare la quota di mercato della produzione nazionale dal 26,5% del 2012 al 31%.

Senza Zalone, insomma, non ci sarebbe stata alcuna crescita a conferma che da qualche stagione il mercato italiano si è ormai stabilizzato su cifre più basse rispetto ad anni fa e che lievi variazioni in positivo o negativo dipendono ogni anno dalla presenza o meno di qualche film fenomeno.

checco zalone

In ogni caso, se confrontato con l'esito degli altri mercati europei, il risultato italiano resta
confortante: nel 2013, infatti, i maggiori paesi europei, Francia, Germania e Gran Bretagna, hanno fatto segnare perdite attestate attorno al 5% e la Spagna è arretrata addirittura del 17%.

Analizzando più in dettaglio i numeri del cinema 2013, presentati ieri da Agis e Anica, c'è la conferma di un'ulteriore crescita di presenze nelle multisale da cinque schermi in su e del progressivo peso sul mercato di due grandi circuiti, Uci (multinazionale inglese) e The Space (Benetton-Mediaset), che da soli controllano una sempre più consistente fetta di mercato, circa il 40%.

the space cinema

Secondo l'Anem, l'associazione degli esercenti multiplex, si trarrebbe di un elemento di sviluppo del sistema, ma l'ipotesi di un mercato segnato da un duopolio non favorisce né la concorrenza né la varietà dell'offerta. Non a caso, gli esiti della stagione sono sempre più affidati al risultato di un numero limitato di titoli: nel 2013 i 13 film di maggiore incasso hanno totalizzato il 30% delle presenze complessive.

Altro elemento che emerge chiaramente dai numeri del 2013 è il rapido declino del 3D: i film tridimensionali, che nel 2012 avevano totalizzato oltre 12,2 milioni di spettatori, nell'anno appena trascorso sono stati scelti da 7 milioni di spettatori. Un calo così consistente non può essere imputato solo ed esclusivamente al maggior costo del prezzo del biglietto dei film in 3D.

 

GILBERTO BENETTON MULTISALA UCI

BRITNEY SPEARS CONQUISTA LAS VEGAS (E POCO IMPORTA CHE CANTI IN PLAYBACK)…

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1. BRITNEY SPEARS AL PLANET HOOLYWOOD - LAS VEGAS
Da ‘youtube.com'

 


2. BRITNEY SPEARS BRUCIA LE TAPPE E FINISCE NEL LUNA PARK DI LAS VEGAS
Bruno Ruffilli per ‘La Stampa'

BRITNEY SPEARS

Appena scesi dall'aereo, alle fine delle scale mobili, c'è già lei, Britney. Accoglie i passeggeri dell'aeroporto McCarrack da un enorme poster: è bionda, spettinata da un vento artificiale, strizzata in un abito rosso e oro. Nel luna park di Las Vegas non c'è spazio per la sobrietà, e men che meno nel nuovo spettacolo di Britney Spears, che passa in rassegna tutta la sua carriera tra danzatori seminudi, effetti speciali, scenografie da videoclip.

BRITNEY SPEARS

Britney: Piece Of Me ha debuttato a fine dicembre al teatro Axis, nel casinò Planet Hollywood. Tra il pubblico della prima si sono viste Katy Perry e Selena Gomez; c'era anche un'entusiasta Miley Cyrus, che più volte ha definito la Spears uno dei suoi idoli d'infanzia. Le due hanno collaborato in un brano sul nuovo disco della giovanissima cantante (che ha approfittato del viaggio per inaugurare un locale sulla Strip subito dopo il concerto).

BRITNEY SPEARS

Britney Spears è l'ultimo grande nome del pop ad avere uno spettacolo fisso a Las Vegas: arriva dopo Celine Dion, che da anni si esibisce al Caesar's Palace (sostituita qualche volta da Elton John), Prince, Meat Loaf, Cher, senza contare il Cirque Du Soleil, con otto show, tra cui due dedicati a Michael Jackson e ai Beatles. Ma Britney è la più giovane di tutti, con i suoi 32 anni e una carriera potenzialmente ancora aperta. Anche se proprio a Las Vegas nel gennaio 2004 era cominciata la sua fase più buia, con il matrimonio con l'amico d'infanzia Jason Allen Alexander, annullato dopo 55 ore.

BRITNEY SPEARS

Poi un incidente al ginocchio che comportò la cancellazione dell'intero tour di In The Zone, la nuova relazione con il ballerino Kevin Federline, da cui ha avuto due figli, assegnati in custodia al compagno dopo la fine della storia (nel frattempo lei entrava e usciva dai centri di disintossicazione e i suoi comportamenti pubblici erano a dir poco bizzarri). Eppure è stata appena votata l'artista più amata d'America (e secondo Forbes nel 2012 era la più pagata, con 58 milioni dollari); negli ultimi dieci anni, quasi tutti i suoi album hanno debuttato al numero uno delle classifiche, anche se non sembra altrettanto fortunato l'ultimo, Britney Jean, uscito a novembre.

Due brani del disco sono nella scaletta di Britney: Piece Of Me, ed è il singolo Work Bitch ad aprire lo show. Il teatro non è grandissimo, 4600 posti, e non è difficile prevedere il tutto esaurito per le prossime date: al momento ne sono previste duecento, fino alla fine del 2015.

BRITNEY SPEARS

Britney appare in forma, anche se leggermente sovrappeso (in più la tutina color carne non le dona granché), e per quasi cento minuti balla e cambia abito con consumato professionismo. Si lancia da un albero gigantesco attraversando una foresta incantata per Toxic, fa il verso a Madonna in Gimme More, canta in un cerchio di fuoco per Circus. Canta in realtà non il verbo giusto, visto che quasi tutto lo spettacolo è in playback: ma alla fine quanti sono realmente interessati alla sua voce? Il ritmo incalza, tutti i ventiquattro brani sono riarrangiati e spesso fusi insieme, come Ops I did it Again e Baby One More Time, i due singoli che la lanciarono nel 1999. Sul palco, lei è una regina dark, con tanto di parrucca nera.

Negli anni, Britney Spears si è costruita un solido repertorio pop, ma fuori dallo studio i suoi limiti come interprete sono evidenti, quindi affidarsi alla tecnologia è una scelta saggia. Anche perché lo show è un investimento importante, per gli organizzatori come per gli spettatori: i biglietti costano fino a 2500 dollari.

 

 

BRITNEY SPEARS

TELECOM-MEDIA - PROFUMO DI PD SULLA PROSSIMA PRESIDENZA DI TELECOM ITALIA

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Francesco Bonazzi e Carlotta Scozzari per Dagospia

A Torino ancora se lo ricordano, alla vigilia delle primarie del Pd, seduto per terra vicino al sindaco Piero Fassino pur di farsi vedere al comizio di Renzie. E adesso per Francesco Profumo si prepara una poltrona di prima fila: la presidenza di Telecom Italia. Secondo quanto risulta da fonti autorevoli, l'ex ministro dell'Istruzione nel governo Monti sarebbe il prescelto degli azionisti Telecom per prendere il posto lasciato in autunno da Franco Bernabè e ora occupato ad interim dal vicepresidente Aldo Minucci, in occasione della prossima assemblea di bilancio del 16 aprile.

TELECOM c c fa a ca dd

Con l'ex rettore del Politecnico, che a Torino portò Motorola, Telecom tornerebbe ad avere la consueta presidenza "politica" e le deleghe operative dell'amministratore delegato Marco Patuano non sarebbero in alcun modo scalfite. Un "ingegnere" ben introdotto nella capitale sarebbe inoltre adatto a trattare con la politica la delicata questione della rete e del suo eventuale scorporo.

Più in generale, che vada in porto o meno la nomina di Profumo (ma il nome è forte), appare sempre più chiara la strategia dei grandi soci italiani di Telco: allentare la presa su Telecom. Dopo Nego Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, anche Mario Greco delle Generali si è convinto che nel prossimo cda converra' nominare solo "indipendenti" al fianco dei soci spagnoli.

Silvia Pellicciari Piero Fassino

E la stessa riflessione la stanno facendo in Intesa Sanpaolo, il quarto socio di Telco. Una mossa del genere consente di non essere sotto pressione con la politica e i giornali, di gestire al meglio il recupero dei crediti ed eventuali minusvalenze, e di non essere accusati di conflitti d'interesse sulle dismissioni, cosa che è già avvenuta con la vendita di Telecom Argentina e che si ripeterà con quella probabile di Tim Brasil.

RENZI E LETTAFranco Bernabe

Il tutto in attesa di decidere della sopravvivenza stessa della holding che oggi controlla il 22,4% del gruppo telefonico. E' sempre più, probabile, infatti, che i soci italiani sfruttino già la prima finestra disponibile a giugno (tra il 15 e il 30 del mese) per richiedere la scissione di Telco, così da fare scattare finalmente il "liberi tutti". Anche perché dal 2007 (quando hanno rilevato la quota di controllo da Marco Tronchetti Provera) a oggi l'investimento in Telecom per Mediobanca, Generali e Intesa ha comportato una serie continua di svalutazioni a bilancio e poco di più.

mario greco generali

 

MARIO GRECO NUOVO AD DI GENERALI AL SUO ARRIVO NELLA SEDE MILANESE DELLA COMPAGNIA

CHE FINE HA FATTO ISABELLA VOTINO? - LA “PADANIA” PUBBLICHI ANCHE L’AGENDA DI SALVINI

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Riceviamo e pubblichiamo:

Roberto Maroni e Isabella Votino

Lettera 1
Caro Dago,
più che Servillo mi è sembrato un "Serpillo".
Cyber

Lettera 2
Isabella Votino è sparita? Maroni adesso sempre solo!
Margherita

Lettera 3
L'amaro destino della sinistra italiana: Renzi parla di legge elettorale e lo vuole fare con Berlusconi. E che sarà mai! Se non parli con gli alleati, con chi devi parlare?
Tiziano Longhi

Lettera 4
Caro Dago, grazie ai miei potenti mezzi, e volendo emulare - lo ammetto - i maestri di giornalismo de La Padania, sono entrato in possesso dell'agenda di Salvini: "Ore 13 sveglia; ore 16 torneo di bocce a Lambrate; ore 19 torneo di briscola a Carugate; ore 21 gara di rutti, con Borghezio, al pub Mutande verdi di Pontida".
Pietro@ereticodarogo

Roberto Maroni e Isabella Votino

Lettera 5
Mitico Dago,
Hollande si merita in regalo il casco con raffigurata la testa di Berlusconi, e a Berlusconi invece qualcuno ha regalato la testa di Hollande.
Stefano55

Lettera 6
Caro DAGO, la cornopoli parigina s'ingrossa. Tra i suonatori ci potrebbe essere, a destra la mano di Sarkozy, a sinistra la manina del ministro degli interni Valls.
Parliamo pure di compenetrazione, ma l'organo è del solista Hollande.
Saluti, Labond

SALVINI E MARONI

Lettera 7
No Renzi, no! Se ti hanno votato è solo sperando un vento di freschezza, di gioventù. Non puoi confabulare con il vecchio, l'amuffito, il rancito, il passato, con questi 20 anni di immobilismo totale che hanno fatto arretrare il paese, NO RENZI, non deludere l'Italia! Abbiamo già Grillo che si è rivelato un pallone sgonfio, non cascarci anche tu per favore!
Steve

Lettera 8
Caro DAGO, sarà, ma il plateale inchino a 90° di casini verso Prodi, in cui tutti hanno visto solo un cafonal da copertina, a me ha subito fatto venire in mente la prima scena del PADRINO di Coppola. Baciamo le mani
BLUE NOTE

Lettera 9
Dago darling, davvero, se non ora quando ? Valérie Trierweiler for President della repubblica monarchica di Francia (Dom Tom compresi). Basta maschilismo, basta legge salica, basta invidia del pene, parità vera e subito. Svegliatevi bambine (specie quelle "narcotizzate" dai vestali di Largo Fochetti), presto sarà primavera. "Ne la quittez pas... dans la nuit froide de l'oubli".
Natalie Paav

MATTEO SALVINI COME RENATO POZZETTO

Lettera 10
Caro Dago,
adesso vediamo se la dotta e cristallina Laura Comi, che insegna la morale sempre a tutti quanti, dà il buon esempio e rinuncia alla sua immunità parlamentare europea rispondendo non per le sue opinioni (lettime !), ma alle falsità sputate addosso a Roberto Soffritti... Meglio un gesto concreto che mille parole, e noi aspettiamo fiduciosi...
Recondite Armonie

Lettera 11
"Non capisco perchè contestare il Ministro Kyenge sia un atto di razzismo mentre contestare il Presidente Maroni, qualche volta, sia un atto di democrazia". Affermazione dello stesso "Presidente" Maroni, sempre troppo modesto, specie quando utilizza quel "qualche volta".

A parte questo, non mi sembra delittuoso pubblicare l'agenda giornaliera del Ministro, che i maligni dicono essere Ministro più per motivi medianici che per meriti politici. La dr.ssa Kyenge dice che non c'è bisogno di pubblicarla in quanto presente sul sito ministeriale, ma non tutti navigano giornalmente sul sito ministeriale. Così come molto pochi leggono giornalmente "La padania"...
Giuseppe Tubi

LETTA SARKOZY HOLLANDE

Lettera 12
Nel leggere come gestiscono i nostri soldi tantissimi politici, mi è sorto un grandissimo dubbio: mica è nel loro Dna fregare gli italiani?
Annibale Antonelli

Lettera 13
Ecco qui il profondo divario che non consente oggi al sistema della previdenza di autofinanziarsi. Certo gran parte di questo buco deriva dall'assistenza. Sono le pensioni sociali; le indennità varie; le reversibilità ai superstiti. Ma anche le invalidità civili che da sole costano allo Stato oltre 17 miliardi. Tutte prestazioni che non hanno alle spalle contribuzioni versate e quindi del tutto a carico del bilancio pubblico.

OBAMA SARKOZY BERLUSCONI

Le parole sopra citate di Fabio Pavesi dicono che anche le pensioni di reversibilità ai superstiti sono alle spalle di contributi non versati commettendo un grave errore in quanto i contributi sono stati interamente versati dal congiunto deceduto. Le pensioni di reversibilità quindi non possono essere equiparate a quelle sociali.

Lettera 14
Signori di Dagospia, è dura difendere le proprie convinzioni morali, religiose ed etiche, quando tutta la canea ti abbaia addosso e cerca di morderti a morte. Le dichiarazioni di Pescante sul fatto che l'abbronzato Obama, il budino Hollande e la culona Merkel (guarda caso tutti e tre perfettamente pro Israele che tira le fila) snobbino Putin e la Russia e cerchino pretesti per delegittimare lo zar e la Chiesa Ortodossa (vedi anche le Pussy Riot manovrate dall'esterno) hanno fatto colpo.

SARKOZY E BERLUSCONI

In Italia, basta che qualcuno esprima il suo libero pensiero contro il conformismo, e arrivano subito le zecche, le mosche che si posano dappertutto, i sapienti alla Grasso, grande sessantottino pentito, i giornaloni benpensanti (nel senso che oggi "pensano" quello che va di moda) come la Stampa e la Gazzetta del Gossip e anche i Dagospioni a fare muro, a parlare di pipì fuori dal vaso, di "facciamoci riconoscere", con il sempresvegliosuquestecosemasolosuquestefacilidacavalcare PD che prende posizione sempre col solito scalfarotto.

Touadi Manconi Prodi e Casini

Niente di nuovo sotto il sole: così è purtroppo. Solo che questi signori stanno compiendo un errore madornale - ma è il destino dei lacchè e dei servi inutili e sciocchi - perchè piano piano, ma non troppo, riescono nell'impresa di far identificare agli occhi di grandissima parte del mondo (Cina, India, Africa, Russia, insomma la stragrande maggioranza della popolazione terrestre) proprio le lobby gay e lesbiche come un tutt'uno con Obama e soci. L'equazione è questa Obama= lobby gay e lesbiche.

LARA COMI

Da cui discende piatto piatto che anche tutte le operazioni di "liberazione" del mondo portate avanti dagli USA - vedi Iraq, Libia. Egitto, Afghanistan e chi più ne ha più ne metta - insieme con i compagnucci di merende Israele e Arabia Saudita, vero faro di libertà, si possono considerare condivise anche dalle suddette lobby.

E del resto, se uno è ben tutelato da personaggi che da lontano massacrano, uccidono con i droni a distanza, ne combinano di tutti i colori per dominare il mondo, torturano i prigionieri a Guantanamo, come fa a non essere simile a loro. Dimmi con chi vai.... recita l'antico adagio. Qualcosa non quadra, gente. Forse, come dice Pescante, c'è del marcio in Danimarca, là dove l'amletico abbronzato Hussein USA viene tirato per i fili e si rifà con l'invio di bambole saffiche.
Luciano.

putin obama

 

LE IMMAGINI TERRIFICANTI DEL PITONE AFRICANO CHE MANGIA IN UN SOLO BOCCONE UN'ANTILOPE

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Dagotraduzione dell'articolo del "Mailonline"
www.dailymail.co.uk

PITONE MANGIA UNANTILOPE

Mentre molti dei grandi predatori africani potrebbero buttare giù giù un'antilope - pochi potrebbero poi ingoiarla tutta.

Ma questo è proprio ciò che accade quando l'assassino si rivela essere un pitone africano.
Queste fotografie mostrano un serpente di 2 metri e mezzo che divora un giovane impala nella Moremi Game Reserve in Botswana.

Le immagini sono state catturate dal fotografo olandese Fred von Winckelmann, che ha commentato 'Il serpente ha tranquillamente inghiottito il suo pasto senza darci alcuna attenzione, così mi è stato permesso di andare a pancia in giù per ottenere foto a livello degli occhi del rettile. Siamo arrivati quando il serpente stava iniziando a slogare le mascelle intorno alla vita del antilope e in 45 minuti ha ingoiato gli ultimi zoccoli'

PITONE MANGIA UNANTILOPE

In primo luogo uccidono le loro prede avvolgendo i loro corpi intorno a loro e li frantumano utilizzando i loro potenti muscoli del corpo.
I pitoni sono in grado di deglutire tali grandi prede grazie alle mascelle con tendini, muscoli e legamenti che possono allungare a lunghezze straordinarie.

 

 

PITONE MANGIA UNANTILOPE
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