1 - SIRIA, IL GOVERNO SI E' DIMESSO...
(ANSA) - Il governo siriano si è dimesso. Lo riferisce la tv siriana. Il presidente siriano Bashar Al Assad ha accettato le dimissioni del governo, riferisce la tv di Stato. L'esecutivo guidato dal premier Muhammad Naji al Utri, zio della first lady Assma al Assad, era in carica dal 2003 e le sue dimissioni erano state annunciate in via ufficiosa da giorni, nell'ambito delle attese riforme politiche promesse dalla presidenza siriana giovedì scorso.
2 - ATTIVISTI, DISSIDENTI SCETTICI RIFORME REGIME...
(Lorenzo Trombetta per "l'ANSA") - Scetticismo e paura impregnano gli ambienti dei giovani dissidenti siriani, che in queste ore seguono nelle varie città del Paese la massiccia mobilitazione "del popolo siriano unito" inscenata oggi a favore del regime "in tutte le regioni" della Siria in attesa dell'annunciato discorso del presidente Bashar al Assad. E denunciano "arresti sommari di decine di persone" nelle ultime 48 ore.
"Mentre in strada sono in corso manifestazioni pro-regime, i servizi di sicurezza hanno arrestato stamani almeno due avvocati per i diritti umani", denuncia Wissam Tarif, uno dei pochi attivisti siriani a rilasciare dichiarazioni senza ricorrere all'anonimato. "Da due giorni ci sono notizie non confermate di gente sparita nel nulla, arrestata sulla base di un sospetto", afferma su Twitter. "E' molto triste vedere quanti nostri fratelli siriani siano costretti a scendere in strada a a far finta di gioire, quando moltissime famiglie stanno ancora piangendo i loro martiri uccisi dalle forze di sicurezza", afferma un altro attivista, "di Damasco", contattato telefonicamente attraverso Skype per aggirare i controlli della polizia segreta locale.
Da Daraa, 120 km a sud di Damasco, un professore che insegna nella capitale ma che nei giorni scorsi è tornato nel sud "in soccorso della mia famiglia", ci tiene a precisare che "a Daraa rimaniamo in piazza non perché qui siamo più disoccupati di altre province o perché siamo più affamati del resto del Paese, anche qui chiediamo libertà e dignità. Abbiamo rotto il muro della paura e l'effetto è già visibile in tutta la Siria". Contattato attraverso chat criptate il docente assicura che "la mobilitazione continuerà a Daraa e nelle altre città e regioni".
E sui social network continuano sempre più insistenti gli appelli a tornare in piazza in quella che gli attivisti anti-regime, detti "giovani del 18 marzo" prendendo spunto dalla mobilitazione dei loro coetanei egiziani "del 25 gennaio", hanno definito "il venerdì dell'unità". Intanto per oggi sono attese nel tardo pomeriggio le dimissioni del governo siriano.
"In serata", il presidente dovrebbe parlare alla nazione e annunciare le riforme "per soddisfare le richieste del popolo", tra cui la tanto invocata abrogazione della Legge d'emergenza in vigore da 48 anni. "Aspettiamo il discorso del rais, ma non siamo molto fiduciosi", afferma il giovane dissidente da Damasco. "Temiamo che le riforme che annuncerà Bashar saranno solo di facciata, per prender tempo. Il regime ha già assicurato che la legge d'emergenza sarà sostituita da una nuova legge sull'antiterrorismo".
MANIFESTANTI IN SIRIA3 - CARRARMATI IN PIAZZA MA IN SIRIA NON C'È IL PETROLIO...
Maria Giovanna Maglie per "Libero"
Non ve ne parla praticamente nessuno, sarà che il petrolio là è poco, sarà che quello è il triangolo più delicato e pericoloso degli equilibri mondiali, sarà che faceva parte dell'asse del male di Bush junior che tanto poco piaceva agli europei, ma a Damasco si decide l'ultima e definitiva svolta del nuovo caos mediorientale, coi carri armati schierati contro la folla come ha fatto Gheddafi. Ma stavolta Hillary Clinton non ha nulla da dire, lei che aveva ideato il distinguo "Bashar al Assad non è il colonnello Gheddafi" perché non fa bombardare i manifestanti.
Probabilmente si celebrerà anche qui il capolavoro della strategia di occupazione dei Fratelli (...) Musulmani e dei loro alleati più spregiudicati e incoscienti, ovvero gli Stati Uniti antioccidentali di Barak Obama, la Francia impazzita di Nicolas Sarkozy. Paroloni?
PROTESTE IN SIRIAStaremo a vedere, e dalla nostra posizione di prima linea ci toccherà vedere per forza, e constatare ancora una volta come non basti abbattere un tiranno arabo per dire che democrazia è fatta, al contrario, che in questo bagno di folla rivoluzionaria la vera storica opposizione ai regime autocratici finirà con l'essere delusa e spazzata nuovamente via, l'Egitto docet.
Che faremo allora? Accetteremo ancora decine di migliaia di profughi? Li chiameremo rifugiati politici di chi, della nuova e smagliante ritrovata democrazia pluralista di quei Paesi liberati? Il nostro unico avamposto d'Occidente in quell'area, Israele, chi lo aiuterà?
Bashar Assad dovrebbe annunciare oggi che annullerà lo stato di emergenza in vigore nel Paese dall'9 marzo del 1963, quando il partito Baath prese il potere in Siria.
Oggi il Parlamento potrebbe esprimersi sulla sezione 8 della Costituzione, modificandola in modo da permettere la formazione di altri partiti oltre a quello di governo Baath e 11 altri gruppi strettamente associati nel Fronte nazionale progressista.
La notizia, fatta circolare sapientemente soprattutto dalla diplomazia turca, il Paese alleato che si è proposto come mediatore, prelude a una ritirata del presidente, figlio debole seppur tiranno di padre che fu tiranno come pochi, Hafiz, il Leone di Damasco. Ieri però le forze di sicurezza siriane hanno aperto il fuoco a Daraa su centinaia di dimostranti che inneggiavano a favore dell'abrogazione della legge, a dimostrazione che tra riforme e repressione la scelta non è compiuta e che potrebbe finire con l'intervento esterno, non sappiamo di quale tipo.
La Siria è centro di smistamento di potere politico e terrorismo. Sul Libano esercita un protettorato spietato, cito solo nel 2005 l'uccisione dell'ex primo ministro libanese Rafiq Hariri che aveva guidato la rinascita del Paese dopo la Guerra civile, cito la protezione totale agli Hezbollah che controllano la vita politica in Libano e ai palestinesi di Hamas che impediscono la pace con Israele nella Striscia di Gaza. La Siria è il tramite dei soldi, delle armi, dell'educazione fornita a quei terroristi dall'Iran.
Ahmadinejad incontra NasrallahGli Assad sono alawiti (in origine sciiti), ma oggi l'esercito popolare è a maggioranza sunnita, pronto a mettere in discussione gli ordini del governo centrale. Il 17 febbraio scorso, decine di siriani hanno manifestato a Damasco contro l'oppressione del regime. Gli slogan della manifestazione erano simili, a quelli della piazza tunisina e di quella egiziana: «no al regime dittatoriale», «no alla polizia politica», ma Al Jazeera si è dimenticata di descriverci gli slogan di carattere religioso.
Su Facebook si è diffuso un gruppo intitolato "La rivoluzione siriana contro Bashar al Assad 2011", con settanta mila iscritti. C'è già anche l'imam guru, predica dalla moschea Omayyade di Damasco, chiede all'esercito di unirsi al popolo, e dopo la preghiera di venerdì centinaia di manifestanti si sono riversati in strada per chiedere libertà. L'intervento massiccio e violento delle forze di polizia del regime era scontato.
La dittatura in condizioni normali si giocherebbe con successo le carte dell'asse di ferro con l'Iran, la sua forza di ricatto nei confronti di Israele e quel che è peggio il rischio del terrorismo. Ieri l'agenzia ufficiale siriana Sana ha dato notizia di una telefonata del re d'Arabia Abdullah ad Assad per garantirgli il sostegno saudita. Di normale non c'è più niente, capitali disunite, diplomazie impazzite e, l'avrete notato, tranquillo resta proprio e solo il peggiore, il vero nemico dell'Occidente, l'Iran degli ayatollah.