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TONINO DESNUDO – L’EX IDV DI DOMENICO RACCONTA NEL SUO LIBRO LE “INTERCETTAZIONI PRIVATE” ORGANIZZATE DA DI PIETRO PER INCASTRARE UN FINANZIATORE – SU INPUT DEL \"GIUDICE TONINO\", L’EX AMICO E SOCIO FONDATORE DELL’IDV SI RECÒ MICROFONATO A UN APPUNTAMENTO, REGISTRÒ IL COLLOQUIO E CONSEGNÒ IL TUTTO IN QUESTURA - \"DI PIETRO ALL’EPOCA ERA UN NORMALE CITTADINO MA PER GLI APPARATI GIUDIZIARI, ERA UN CITTADINO PIÙ UGUALE DEGLI ALTRI\"...

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Ubaldo Casotto per "Il Riformista"

antonio di pietro idv

Come ogni ex amico che si rispetti, Mario Di Domenico, avvocato abruzzese, socio fondatore dell'Italia dei valori, ha un mucchio di domande da rivolgere alla persona che è stata a lungo oggetto delle sue speranze politiche. Domande di cui dimostra di conoscere già la risposta e che hanno, dunque, più il sapore della sfida.

Antonio Di Pietro, per il suo passato (e per il suo presente: nella cornice formale di una seduta della Camera dei deputati ha chiamato «coniglio» il presidente del Consiglio) non è certo uno che tema le sfide. Accetterà quindi di buon grado il questionario che l'ex italovalorista gli ha proposto durante la conferenza stampa di presentazione del suo libro ("Il colpo allo Stato") tenuta al Circolo della Stampa di Milano.

mario di domenico - dipietro

Tra le quindici domande ben sette riguardano la natura associativa dell'Italia dei valori: è il punto sul quale si è rotto il sodalizio tra i due, ed è difficilmente sintetizzabile. Nel libro occupa ben centoventotto pagine (dalla 217 alla 345) con una coda di altre sedici (dalla 393 alla 409) e il lettore - tra statuti, modifiche di statuti, assemblee, scioglimenti, bilanci, acquisizioni di immobili, arredamento degli stessi, assegni, associazione, partito - sinceramente si perde.

Ci sono, a onor del vero, fatti circostanziati che lasciano interdetti. Ad esempio il supposto dono della bilocazione (prerogativa di qualche santo, neanche di tutti, e il pur onesto avvocato non sembra appartenere alla categoria) che vedeva il Di Domenico il 31 marzo 2003 presente contemporaneamente a Busto Arsizio ad approvare il bilancio dell'Idv e a Roma davanti al Cancelliere della XI sezione del Tribunale «per la verifica del fascicolo e costituzione in altro processo».

Foto inedita lagente dei servizi segreti USA oscurato consegna una targa a Di Pietro alla cena con Contrada nel Da Libero

Di Domenico chiede oggi a Di Pietro almeno la conferma del fatto di non essere stato convocato quel giorno a Busto Arsizio, anche se - come concluse il tribunale della cittadina lombarda - «pur volendo ammettere che il denunciante non si trovasse a Busto Arsizio, è comunque sufficiente, ai fini della validità della delibera, che il bilancio corrisponda a verità». Bilancio che valse, secondo Di Domenico, otto milioni di finanziamento pubblico all'Idv.

Altre domande dell'avvocato aquilano all'ex amico riguardano la famosa cena di Di Pietro con Bruno Contrada: la richiesta, ad esempio, di mostrare la targa ricevuta in quell'occasione da un non meglio identificato «agente del servizio segreto americano» il cui volto appare oscurato da una macchia nera nelle foto che hanno immortalato quell'evento del 15 dicembre 1992. Altre il suo presunto viaggio a Hong della primavera 1933 con visita alla sede della banca Hsbc.

Di Pietro a cena con Contrada nel a giorni dallarresto

Manca, e l'assenza stupisce, la domanda su un episodio che - nel paese delle intercettazioni diffuse ma "legali" - lascia sconcertati (se risponde al vero) per l'incrocio di rapporti fra un cittadino che fa il politico e gli apparati dello Stato preposti alla repressione e alla condanna dei crimini.
Il fatto è narrato dalla pagina 297 alla pagina 302 del libro di De Domenico. Ne riportiamo i passaggi principali.

«Nel mese di febbraio 2001, il giudice Tonino mi chiamò: "Egidio De Luca vuole finanziare l'Idv". (De Luca, ex vicedirettore del carcere romano di Rebibbia e vittima di un non mai chiarito attentato delle Brigate rosse, che lo ferirono alle gambe il 6 gennaio 1989, e inusualmente non rivendicato, è all'epoca titolare della Trio Italia).

Di Pietro nella sede dellIDV in Florida insieme a Talbott Mura Bianchini Stalk da Libero

Il «giudice Tonino» decise di andare all'appuntamento, appoggiò «il suo permesso di parlamentare europeo in bella vista sul cruscotto della mia auto: "Vai che con questo possiamo passare ovunque"» (Questa del permesso è un'altra delle lagnanze di De Domenico, il pass europeo non era tale, o non era valido per il centro di Roma, e un giorno gli arrivò il pacchetto di multe.)

«In viale Aventino 105, sede della Trio, io rimasi in macchina», Di Pietro salì da De Luca, «ma quando dopo un po' scese lo trovai visibilmente scosso. "Ha tentato d'incastrarmi. Voleva offrimi del danaro. Ha aperto un armadio e sopra un ripiano c'erano diverse banconote. Prendile sono tue, per l'Idv. Ma io non ci sono cascato. Andiamo via».

Dietro la mazzetta c'era una piccola telecamera nascosta. Tempo dopo fra i due ci fu un nuovo incontro nella sede del Parlamento europeo di Roma e Di Pietro cercò di farne ascoltare i contenuti a Di Domenico attraverso il cellulare, ma si sentiva male.

Di Pietro con gli americani foto di Silvana Mura

«Alla fine mi disse "bisogna incastrarlo diversamente"». L'occasione si prestò quando De Luca e Di Domenico si incontrarono nella sede romana dell'Udeur, appuntamento al quale l'avvocato, su consiglio del «giudice Tonino» andò «debitamente microfonato» e registrò i desideri di vendetta di De Luca nei confronti dei mandanti della fallita imboscata della telecamera, che lo avevano scaricato.

Niente male come immagine della politica, ma il bello deve ancora venire. «Qualche sera dopo, il giudice Tonino mi chiamò: "Domani verranno a casa tua alcuni agenti della Questura. Vai con loro e fai ascoltare la registrazione". Il gioco non mi piaceva più. (...) mi premunii di salvare almeno la forma: "Non fare venire a casa mia né poliziotti né carabinieri. Primo perché mia moglie non capirebbe che cosa sto combinando, e lei non sa nulla di tutto questo. Secondo perché non voglio che condomini del palazzo mi vedano scendere le scale affianco dei gendarmi in uniforme". "Non ti preoccupare - mi disse - verranno vestiti in borghese". Così fu».

I due arrivarono una domenica mattina e lo portarono alla Questura centrale di Roma in via San Vitale 15. Qui «il Capo della squadra mobile, il dr. Lamberto Giannini» gli chiese, con tono che lo indispettì, di consegnargli la registrazione. «In realtà ero lì proprio per quello, ma mi infastidì quel tentativo di far apparire tutto come una cosa normale, senza un ordine, senza un invito a comparire, senza niente... e non come una "contiguità" o illegittimo "inciucio" (...) «Se non ce la consegna spontaneamente mi farò autorizzare dal magistrato».

Di Pietro nel Falcon a due posti usato per gli spostamenti in USA

Il tempo della telefonata («finta» per Di Domenico) bastò all'avvocato per sbirciare il numero scritto sul fascicolo. Poi la consegna della cassetta, il suo riversamento, e il riaccompagnamento a casa. Il commento di De Domenico all'episodio è che «nella mia esperienza di avvocato, non mi era mai capitato un fatto del genere. (...) Il giudice Tonino all'epoca dei fatti era un normale cittadino» ma «per l'apparato della macchina giudiziaria, un cittadino più uguale degli altri». Provate voi a mandare due agenti in borghese a casa di un vostro amico affinché lo prelevino, lo portino in Questura e gli sequestrino una registrazione non autorizzata.

Quando poi De Domenico nel 2009 chiese copia di quel fascicolo, gli fu risposto negativamente perché la domanda, benché accettata, era stata depositata in ritardo all'ufficio competente, «esattamente alle ore 13,02». L'ufficio chiudeva alla 13.

Restano, a questo punto alcune domande, nostre. Doverose, se quanto raccontato nel libro risponde a verità. È questa la prassi del funzionamento della macchina della giustizia in Italia? È normale che un uomo politico "manovri" così funzionari delle forze dell'ordine? Lasciando da parte la questione della separazione delle carriere tra pm e giudici, si chiede troppo se si auspica una separazione più netta tra il proprio passato di inquisitore e il proprio presente di leader politico? O il conflitto di interessi del vicino è sempre più verde?

 


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